la Repubblica - Venerdì, 24 novembre 2000 - pagina 54
IN VETTA CAMILLERI CHE SUPERA COELHO

Novità in vetta alla classifica di questa settimana: Andrea Camilleri con "La scomparsa di Patò", la storia del tentativo di far luce sulla misteriosa sparizione di un ragioniere durante una rappresentazione sacra, fa il suo ingresso in classifica conquistando immediatamente la prima posizione. Ormai puntualmente ogni suo libro diventa un caso editoriale. Una nuova entrata si rintraccia anche al decimo posto: si tratta di Roberto Gervaso con "Appassionate", ritratti di quattordici donne, dominatrici o dominate, comunque protagoniste del loro tempo. In salita Bruno Vespa con "Scontro finale" e Maria Venturi con "Incantesimo", mentre Luis Sepúlveda si conferma in settima posizione con "Le rose di Atacama". Perdono alcune posizioni Paulo Coelho con "Il diavolo e la Signorina Prym", che scende in seconda posizione, e Ken Follett, al terzo posto con "Codice a zero". In discesa anche "Gli arancini di Montalbano" di Andrea Camilleri (quinto), "Solstizio d'inverno" di Rosamunde Pilcher (sesto) e Vittorio Messori con "Dicono che è risorto" (nono). Ricordiamo che la classifica è stata effettuata dall'Istituto Cirm esplorando sessanta librerie a rotazione, tra cui alcune del Gruppo librerie informatizzate Libris. La settimana di rilevazione va dal 15 al 21 novembre.


la Repubblica - Venerdì, 17 novembre 2000 - pagina 54
COELHO E FOLLETT SEMPRE IN TESTA

Nessun cambiamento questa settimana alla vetta della top ten, forse in attesa dei sommovimenti che sicuramente si osserveranno in periodo di strenne natalizie: Paulo Coelho con Il diavolo e la Signorina Prym (primo), Ken Follett con Codice a zero (secondo) e Andrea Camilleri con la versione supereconimica de Gli arancini di Montalbano confermano le posizioni conquistate la settimana scorsa. A dare un po' di movimento alla classifica ci sono però due nuove entrate: Bruno Vespa che arriva subito al quinto posto con Scontro finale, la ricostruzione dei fatti che hanno portato al duello RutelliBerlusconi, e una storia d'amore tra due persone che si incontrano nel momento sbagliato, Incantesimo, di Maria Venturi che entra tra i libri più venduti della settimana al nono posto. In salita Rosamunde Pilcher con Solstizio d'inverno (quarto) e Dicono che è risorto, di Vittorio Messori, che si colloca in sesta posizione. Al contrario perdono quota Le rose di Atacama di Luis Sepúlveda (settimo), Harry Potter e la pietra filosofale di Joanne K. Rowling (ottavo) e L'uomo della mia vita di Manuel Vázquez Montálban (decimo). La classifica è stata effettuata dall'Istituto Cirm esplorando 60 librerie a rotazione.

www.ilnuovo.it 14.11.2000

Riappare Camilleri senza Montalbano
Si chiama "La scomparsa di Patò" il nuovo romanzo dello scrittore siciliano. Che stravolge le sue regole e impianta una storia dossier, costruita interamente su una serie di documenti (inventati) di fine ottocento. MILANO - Vigata, Agrigento, 21 marzo 1890. La piazza principale del paese si incupisce delle decine di donne vestite di nero, lentamente a raccolta intorno alla scena centrale. Pesanti si sollevano i canti popolari, gli inni della Passione di Cristo... Il nuovo romanzo di Andrea Camilleri è ambientato ancora una volta in Sicilia, nella sua Vigata agrigentina.

...Il Venerdì Santo entra nel vivo con la scena del Crocifisso immolato nei canti del "Mortorio", la Sacra rappresentazione secondo il cavalier D'Orioles. L'atmosfera è gravida d'attesa per la scena della botola, quella che si apre e risucchia il Giuda traditore...

Il nuovo romanzo di Andrea Camilleri trae lo spunto da un appunto di Sciascia che, in A ciascuno il suo, accenna alla scomparsa di un tranquillo bancario, Antonio Patò, risucchiato dalla botola mentre impersonava la parte di Giuda, durante la Passione del Venerdì Santo. ...E la botola si apre, facendo sprofondare il Giuda, ma il ragionier Patò, rispettabile funzionario della Banca di Trinacria, scelto con cura per la parte del traditore, non riemerge più...

Il nuovo romanzo di Andrea Camilleri si chiama La scomparsa di Patò ed è in uscita per Mondadori (254 pagg, 28mila lire). Lo scrittore agrigentino ritorna, con una svolta, narrativa e linguistica, che tiene lontano il commissario Montalbano (del tutto assente nel romanzo). Una storia vera, un plot fantastico, un retroterra culturale e ambientale vero, un metodo narrativo completamente inventato, fatto di dossier e documenti ricostruiti minuziosamente secondo il linguaggio dell'epoca.

Unni sinni iiti Patò, dove è finito Patò? E' la domanda che riempie le tavole e i bar di Vigata, nei giorni successivi la scomparsa del ragioniere. Lo grida anche una scritta che campeggia sui muri della cittadina e che dà fiato alle mille bocche silenziose della Sicilia di Camilleri. A parlare, infatti, non sono le bocche. Non sono i dialoghi. Non sono i monologhi. In una magistrale metafora della Sicilia che parla con i silenzi, l'autore dà fiato ai documenti. Dossier, materiale di inchiesta poliziesca, cronache di giornali dell'epoca, manifesti e scritte anonime.

Tutto inventato. Tutto ricostruito attraverso i codici e gli stilemi linguistici di fine ottocento. Tutto affidato alla lingua che codificava le inchieste e la letteratura popolare. L'invenzione diventa strumento linguistico, il calco fedele per la riproduzione dei codici di quel dialetto che solo Camilleri ha dimostrato di saper non raccontare, non riprodurre: totalmente inventare. Il resto è semplicemente Camilleri. Le acrobazie linguistiche, la grottesca esaltazione della cultura popolare che fa da sostrato ad una ricerca raffinatissima di ricostruzione di una intera epoca. L'integrazione di dialetti che si intersecano come gli anelli di una catena a ripetere. Spinta dall'ossessione a raccontare, testimoniare, riprodurre.

Intanto monta il mistero, come nella migliore tradizione camilleriana. Le domande lasciano lo spazio alle supposizioni, ai sospetti, cupi, sulle responsabilità dell'accaduto. Chi ha ucciso Patò? Ma poi, è stato davvero ucciso? Il motivo della scomparsa pervade la letteratura siciliana, da Vittorini a Pirandello. La scomparsa, come paura archetipica di non esserci più. Di scomparire, magari senza essere morto, ma solo di non essere più parte integrante di quel mondo a parte che è la Sicilia.

La scomparsa di Patò è prima di tutto un esperimento, a discapito di quanti hanno additato l'autore siciliano di scarsa tendenza alla sperimentazione. Ma la scomparsa di Patò è anche un sigillo alla tradizione narrativa siciliana, che torna alla documentazione, alla scrittura di inchiesta, come Sciascia che sapeva parlare anche solo con dei freddi verbali di polizia. E la scomparsa di Patò è anche il ritorno di uno scrittore che dimostra di saper intersecare modi e strutture narrative diverse dentro lo stesso scheletro portante. Dove la storia non è che lo spunto. Per parlare.

Roberta Scorranese

La Repubblica 12.11.2000

Betta, musica maestro per la fiaba di Camilleri
C’era una volta un nonno che raccontava una fiaba alla nipotina. Un nonno che a occhio a croce ha le fattezze canute e bonarie di Andrea Camilleri, autore di una favola che aspetta solo di avere un respiro musicale per essere raccontata al grande pubblico. È il progetto che incrocia le strade dello scrittore empedoclino e del compositore palermitano Marco Betta, protagonisti di un’inedita collaborazione per conto dell’associazione Angelo Mariani di Ravenna. L’appuntamento è a febbraio, al teatro Alighieri di Ravenna, quando il festival "Ravenna musica 2001" proporrà il "Concerto di Carnevale": una fiaba di Camilleri musicata da Betta nell’ambito del tema del festival, che abbina musica e letteratura. L’incontro fra lo scrittore e il musicista è avvenuto quest’estate a Porto Empedocle, nella casa del papà del commissario Montalbano, quando è maturata l’idea del concerto ravennate. Di lì a poco è nata la favola di Camilleri, di cui adesso Betta sta rifinendo la partitura. Per Camilleri la scrittura di una favola è l’ultima digressione di un percorso che lo vede cimentarsi con la biografia (quella di Pirandello) e il teatro (l’adattamento della novella "La cattura" per lo Stabile di Catania dopo "Tanto rumore per nulla" di Shakespeare). Il direttore artistico del Teatro Massimo, invece, è reduce dall’esperienza dell’inno mediterraneo, commissionato dall’Accademia del Mediterraneo e dal Cims ed eseguito ad Hamman, in Giordania, lo scorso ottobre sotto la direzione di Gaetano Colajanni. «Una grande soddisfazione», commenta Betta. L’inno, infatti, è stata eseguito in un momento di crisi dell’area mediorientale, cosicché la musica una vola di più è suonata come un messaggio per la pace Nel carnet di Betta c’è anche una "Sinfonia dei nuovi giocattoli" che gli ha chiesto l’Orchestra Verdi di Milano. Nei negozi di dischi, invece, tira bene la vendita del cd che contiene la sua colonna sonora del film "Il manoscritto del principe": un lavoro che gli ha già fruttato due premi.


la Repubblica - Venerdì, 10 novembre 2000 - pagina 58
ANCORA CAMILLERI IN ATTESA DEL NUOVO ROMANZO

Sono tre le novità nella classifica di questa settimana. Fra i primi dieci libri più venduti arriva al terzo posto la versione supereconomica de Gli arancini di Montalbano (Mondadori), un libro di Andrea Camilleri che raccoglie una serie di racconti dedicati alle inchieste del commissario di Vigata. Per Camilleri non si tratta, ovviamente, di una novità. Il suo nome figura con assoluta continuità nelle classifiche, sia quella generale che quella della narrativa italiana. Inoltre è atteso per i prossimi giorni un nuovo romanzo dello scrittore agrigentino. Al quinto posto si piazza un'altra campionessa di best seller, Rosamunde Pilcher, della quale è appena uscito il nuovo romanzo, Solstizio d'inverno (Mondadori). Terza novità è Dicono che è risorto, un libro dello scrittore cattolico Vittorio Messori (edito da Sei) che si presenta come un'indagine sulla Resurrezione di Cristo. L'altro cambiamento in classifica riguarda il vertice, dove Il diavolo e la signorina Prym di Paulo Coelho (Bompiani), alla sua terza settimana in graduatoria, scalza dal primo posto Codice a zero di Ken Follett (Mondadori). Ricordiamo che la classfica dei libri è stata effettuata dall'Istituto Cirm esplorando sessanta librerie a rotazione, tra cui alcune del Gruppo librerie informatizzate Libris.


la Repubblica - Venerdì, 3 novembre 2000 - pagina 7
di MARINA GARBESI

Da Biagi a Camilleri, da Celli alla Hack, tra i vip un coro di nostalgia per le vecchie elementari
QUANDO IL "SIGNOR MAESTRO" FACEVA LEGGERE STEINBECK

E il neuropsichiatra Bollea avverte: "Prima di rompere il vecchio modello, mettiamoci dentro programmi nuovi. Poi si vedrà" I PERSONAGGI

ROMA - Se lo ricordano tutti, il nome. Della "signora maestra". O del "signor maestro". Sarà un caso? No, ovviamente. Il nome lo sussurrano con nostalgica empatia. Lo evocano subito, e si capisce che non è un ricordo remoto da disseppellire. Il "maestro" è sempre lì, e ha segnato la tua storia. La tua carriera. La tua vita. Come le elementari, lui "non può sparire". Enzo Biagi: "Il mio si chiamava Dallari, maestro Dallari. In quinta ci faceva il cinema a scuola. Il "segno di Zorro", mi pare ancora di vederla, la zeta sui muri... Era moderno, senza rompere le scatole. Senza sbandierarlo, cioè. Ti forgiava, ti accudiva... ci ha insegnato a vivere. Io, quasi contemporaneo del conte di Cavour, resto del parere, poi, che la sintassi non sia un pregiudizio borghese. E noi l' italiano lo imparavamo. Adesso c' è Internet, benissimo. Ma davvero c' era bisogno di buttar via le elementari?". è chiaro come la pensa Biagi. "L' educazione, a quell' età, più che nozioni è esempio. è presenza. Assorbi un modello di comportamento, non un principio enunciato. Serve un maestro, insomma, non un professore. Mi ricordo quando ebbi la scarlattina. Si moriva allora di scarlattina. Il maestro mi scrisse una lettera: caro Enzo Biagi, guardando il tuo banco hai lasciato un vuoto... io facevo gli scongiuri, mio padre piangeva commosso. Nel delirio della febbre credetti che mi avesse scritto Tarquinio Prisco. Ma mi sentii in un abbraccio d' affetto che non ho scordato". Pierluigi Celli, direttore generale della Rai: "Si chiamava Dellagiovampaola, era un maestro straordinario. Io ho fatto le elementari a Verrucchio, minuscolo paese di Romagna: lui, ogni pomeriggio, ci portava a casa sua, la classe intera, per continuare la scuola. Suggeriva a ognuno un tema da approfondire. A me faceva leggere tanti libri, perfino Steinbeck, le prime traduzioni degli scrittori americani... Avevo dieci anni. Per me, figlio di muratore, era un sogno". La riforma, come la vede un supermanager? "Per piantare un albero che generi folti rami, cioè per specializzarsi con successo, servono ampie e solide radici. Una formazione di base vasta e fertile. Non sono convinto che razionalizzare il tempo sia utile sempre. Bisogna anche, in principio, saperlo perdere. Non metter fretta ai giovanissimi perché si ultraspecializzino. Perder tempo dà la possibilità di sbagliare, e a volte sbagliare, e imparare dagli errori, è redditizio. La scuola di base deve continuare a insegnare anche questo. Sperimentare, sbagliare, correggersi". "Sciascia, quando gli diedero una laurea honoris causa, commentò: grazie, ma io sono un maestro, e tale rimango. Con la "m" minuscola, specificò. Un orgoglio ben mirato", osserva Andrea Camilleri, lo scrittore che in una scuola hanno scelto come libro di testo al posto del Manzoni. "Sulla riforma non posso prender posizione, non sono preparato. Le elementari furono cruciali anche per me. Ero figlio unico di una famiglia della buona borghesia. Andai alla scuola pubblica, tra pescatori e carrettieri che mi hanno insegnato la vita. Avevo un maestro con la minuscola, il "signor maestro Vinti"... una cosa è certa: un maestro sceglie questo mestiere per una vocazione che non necessita a un professore. Il "signor maestro Vinti" era imperturbabile. E quell' imperturbabilità mi ha fatto comprendere tante cose. Si metteva al nostro livello, non ci umiliava, eppure restava un mito. Io e il mio compagno di banco facemmo un gioco: infilare quante più parole in una riga. Una calligrafia da formiche. Lui, il maestro, non ci rimproverò. Accettò la sfida e ci disse: io sarei riuscito a metterne almeno due in più. Da quel momento sapemmo che con lui si poteva dialogare". Margherita Hack, astrofisica: "Quel che trovo comunque azzeccato, nella riforma, è la riduzione di un anno dell' intero curriculum scolastico. I nostri laureati arrivano sul mercato del lavoro a 27-30 anni, più tardi dei colleghi europei. Ma il vero guaio è che ci arrivano, spesso, senza saper scrivere in italiano. Sono più informati ma più ignoranti. Comunque, io le elementari le avrei lasciate così come sono. Casomai, renderei più severi gli esami e i controlli sul rendimento individuale". "è vero, non sanno scrivere...", sospira lo scrittore Marco Lodoli, professore in un professionale romano. "E non sanno leggere, anche le cose semplici". Lui aveva la maestra Castelli, una "mamma" paziente. "Si sta facendo ancora molta teoria, molto esercizio accademico su questa riforma. La scuola quotidiana è da riempire poi con altri gesti, anche minimi ma essenziali. Che suscitino ammirazione, imitazione. Educazione". Giovanni Bollea, decano della neuropsichiatra infantile: "Facciamoli pure iniziare a cinque anni, che l' ultimo anno dell' asilo è una noia. Ma per favore non distruggiamo il ciclo elementare. Portiamolo a sei anni, invece, e poi quattro di medie e quattro di superiori. Attorno ai 10-11 anni i bambini cominciano a ragionare come i grandi, in modo deduttivo e non più solo induttivo. Lo stacco esiste e non ha senso abolirlo. I ragazzini oggi sono più svegli di vent' anni fa? Vero, ma questo aiuta a ridurre il trauma del passaggio alle medie inferiori. Un contenitore unico, per i sette anni "di base", non era urgente né auspicabile. Prima di rompere il vecchio modello, mettiamoci dentro programmi nuovi. Poi si vedrà".

la Repubblica - Venerdì, 3 novembre 2000 - pagina 48
SCRITTORI STRANIERI IN PRIMO PIANO

Nessuna novità in una classifica che è quasi fotocopia della precedente. Tutti rigorosamente stranieri, a conferma d'una crescente inclinazione dei nostri lettori per la letteratura non di casa propria. Peccato per il bellissimo libro di Giuseppe Pontiggia, «Nati due volte», che nonostante la permanenza in vetta nella tabella della narrativa italiana non riesce a sfondare nella top ten generale. Così s'assiste al paradosso che l'ultimo degli autori stranieri il francese Jacq con «Paneb» precede il primo degli italiani, Pontiggia appunto. Tra gli stranieri, primeggiano quelli d'area anglosassone, a cominciare da Ken Follett, un maestro del genere "bestseller", per chiudere con l'inglese Rowling, la mamma del fortunato Harry Potter che continua a d avere un grande seguito tra i ragazzini di tutto il mondo. Tra gli italiani, gli autori più venduti sono sempre gli stessi. Camilleri continua a spopolare con ben quattro titoli tra i primi dieci della nostra narrativa. Anche Baricco si difende, con «Oceano mare», in ottava posizione e «NovecentoÝ un monologo», sesto dei tascabili. Tra i supertascabili arriva primo De Carlo, con «Nel momento». Ricordiamo che la classifica è stata realizzata dall'Istituto Cirm, esplorando sessanta librerie a rotazione tra cui alcune del Gruppo Librerie Informatizzate Libris. La settimana di rilevazione va dal 25 al 31 ottobre ottobre.