Il Messaggero 14.11.2000
FRA RACCONTO E DOSSIER
In quelle pagine le mille voci
di una Sicilia grottesca e reticente
UNA botola che, come da copione, si apre durante la rappresentazione popolare della Passione
di Cristo. Ma, invece di far metaforicamente sprofondare nelle fiamme dell'Inferno, per la gioia del
pubblico ingenuo e partecipe, il traditore Giuda, quella botola fa letteralmente scomparire il suo
più che volenteroso interprete, l'attore e ragioniere Antonio Patò. Un incidente, un omicidio, una
fuga? Siamo a Vigata, il microcosmo siciliano che Andrea Camilleri ancora una volta setaccia in
lungo e largo, ma questa volta spostandosi nel tempo, a fine Ottocento (La scomparsa di Antonio
Patò, Mondadori, 254 pagine, 28.000 lire, da oggi in libreria). Dunque: l'imbuto scenico inghiotte
nel nulla l'ottimo cassiere della locale banca, che poi tanto irreprensibile non è perché — protetto
da un parente sottosegretario — ha fatto strani viaggi a Palermo, ha richiesto denari prestati che
erano stati già restituiti, forse ha avuto rapporti con un mafioso. E diventa l'ossatura
drammaturgica che si snoda in un continuo "dossier". Riprodotti nella forma (anche grafica)
"originaria", parlano nel romanzo soltanto i documenti, incastrati come in una collana dalla
preziosità barocca, vero Arcimboldo dalle tante pezze foniche: cronache di giornali d'epoca,
rapporti di polizia e carabinieri, boatos racchiusi nelle scritte murarie, notarelle di eruditi,
pompose missive dove l'italiano si storpia nella più aulica delle dissimulazioni. Celata dietro la
comica e goffa inerzia burocratica degli inquirenti, dietro la furba volontà censoria degli apparati
che vogliono mettere a tacere il marcio della vicenda, dietro il palcoscenico degli ammicchi
paesani risucchiati nella chiacchiera infinita del commento, ecco la lingua — pasticciata e
"oggettiva" — di Camilleri: una sorta di scintillante, infallibile orecchio registrato sull'ascolto dei
molti livelli scritti e parlati, dialettali e gergali. Tutta schierata dalla parte della più grottesca e
paziente verisimiglianza, mimetizzata fino in fondo nei verbali di polizia (anticipiamo quello che
ufficializza la scomparsa di Patò denunziata dalla moglie), nel tratto giornalistico delle cronache
d'epoca, nel passo sontuoso e vacuo della gergatura che nega "verità" all'investigazione. Aprendo
la botola, Camilleri scartavetra un autentico rosario di usanze popolari, costumi e cattivi costumi
che arrivano fino oggi, reticenze, omertà, silenzi rappresentati nel teatrino comunitario che è
specchio di un teatro ben più vasto e tentacolare. Nella scansione del "dossier", si esercita un
occhio amabilmente grottesco: senza violare le regole del "giallo" con sorpresa finale, esso ne
smonta e rimonta i pezzi in un meccano di confortevole commedia sociale, rodata nella
individuazione di figure e di situazioni ambientali, secondo uno schema di sostanziale agio per la
lettura.
RENATO MINORE