Andrea Camilleri, ormai noto internazionalmente come scrittore, in particolare
per i suoi gialli siciliani col commissario Montalbano, si è occupato
di teatro quasi tutta la vita, allievo anche lui dello storico maestro
di tante generazioni, Orazio Costa. Teatro in radio e tv e teatro in palcoscenico,
come regista.
E ora fa i conti e ci rende conto di questa su passione con un libricino
gustoso, un piccolo dizionario «incredibilmente lacunoso»,
come dice lui stesso, e tutt'altro che scientifico, costruito come è
su visioni personali e ricordi o aneddoti, che va da Arlecchino a Testo.
E da questo lavoro esce, raccontato con quell'affabilità e tenerezza
che Camilleri riserva ai suoi personaggi più cari, un teatro ormai
praticamente sparito, quello di ottimi attori che hanno bisogno del suggeritore,
di scene madri, serate d'onore e registi in cerca del proprio ruolo, di
critici di grande levatura, ma anche di quegli aspetti che gli sono propri
e ancora ne formano la base, nonostante l'arrivo dei computer e dei filmati:
improvvisazioni, incidenti, amore e cura artigianale.
In appendice una introduzione personale, il resoconto di un incontro
sul tema col pubblico, e due «prefazioni fuori posto» di Andrea
Scarpa, che ha curato anche la redazione del volume e racconta come sia
nata l'idea del libro.
«Il viaggio dentro il teatro di un uomo che ha fatto teatro è,
inevitabilmente, la storia della sua vita», afferma Camilleri, avvertendo
anche «In quel preciso momento in cui si spengono o si abbassano
le luci, non proviamo nessuna paura per il semplice motivo che siamo degli
incoscienti puri e totali. Il teatro può fare un danno o un bene
spaventosi».