ROMA «DA noi, se qualcosa ci piace molto, ci coinvolge, si dice
che ci fa sangue. Ebbene, per me, l´incontro con la storia dei Guaita
e degli Alliata è stato un vero coup de foudre»: così
Andrea Camilleri ha descritto il suo rapporto con una Sicilia che non c´è
più, quella delle grandi casate di sangue blu. Lo scrittore siciliano,
Dacia Maraini e Nino Borsellino hanno presentato ieri, alla Libreria Bibli,
il bel libro di memorie, Isola perduta di Gianni e Orietta Guaita (introduzione
di Marcello Sorgi, Rizzoli editore). E´ la storia di una famiglia
raccontata a più voci: da Orietta Alliata, aristocratica figlia
del duca di Salaparuta, e da Gianni Guaita.
Antifascista, toscano, liberalsocialista, Gianni si fece rapire il
cuore non solo da Orietta ma anche dalla sua non facile terra. I suoi ricordi
coprono gli anni dal `36 al `60 e si soffermano con pagine molto avvincenti
sul dopoguerra, quando in Sicilia le più giovani generazioni coltivavano
il sogno di un rinnovamento e di un radicale cambiamento. «Un tentativo
di cambiamento che il libro ben rappresenta», ha rilevato il critico
Borsellino. «Il racconto dei Guaita è quello di una aristocrazia
abituata a vivere di rendita. Ma che tenta con tutti i mezzi di andare
contro la tradizione, di modernizzarsi e di diventare imprenditrice».
Una nobiltà che comunque sa anche ridere e sorridere: così
Dacia Maraini, che le vicende degli Alliata ben le conosce in quanto nipote
di Orietta, commenta le memorie di famiglia. «Dai ricordi di Gianni
e Orietta appare un´isola ironica e coraggiosa», ha detto la
narratrice. «Raccontano una Sicilia della non violenza».
m. s.