Panorama 09.02.2001

Maledetto, mi ammazzerai
L'ANTICAMILLERI - DOMENICO CACOPARDO RACCONTA I MISTERI ITALIANI

I fatti narrati sono frutto della mia fantasia» scrive Domenico Cacopardo nella pagina finale, isolata dal contesto, del suo secondo romanzo siciliano, L'endiadi del dottor Agrò (Marsilio editore, 181 pagine, 25 mila lire), un giallo di mafia che la critica più avvertita ha già segnalato come l'alternativa, anzi l'antidoto, a Camilleri. A questo punto la «Nota dell'autore» continua con stile rituale, come fosse un post scriptum del giallo di mafia: «Tuttavia, uno dei personaggi descritti è grandemente ispirato alla realtà: a qualcuno che, per quanto ho capito, è capace di tutto... Se mai leggerà questo libro, sarà tentato dall'idea di ammazzarmi o di farmi ammazzare». Infine, colpo di scena che vale tutto il racconto: «Ho lasciato il suo nome nelle mani di un notaio. Cosicché questo omicidio, se mai verrà commesso, costituirà il suo errore fatale». Un espediente narrativo smaccato che non dovrebbe suscitare alcuna curiosità se non lo si mettesse in relazione con la biografia professionale del suo autore. Consigliere di Stato, 64 anni, capelli grigi portati con asciutta sobrietà, Domenico Cacopardo, detto Mimmo, ha lavorato per anni in prima linea sul fronte dei lavori pubblici in Italia. È stato, dal 1969, vicecapo di gabinetto e capo della segreteria tecnica di Salvatore Lauricella, ministro socialista dei Lavori pubblici. Magistrato alle acque di Venezia e poi capo di gabinetto di Gianni De Michelis, ministro delle Partecipazioni statali e Lavoro, fin dal 1986, poi capo di gabinetto di Carlo Scognamiglio, presidente del Senato prima e in seguito ministro della Difesa, consigliere di Massimo D'Alema e Giuliano Amato a Palazzo Chigi e commissario per la tragedia del Cermis... Il romanzo si compone di due storie, un'endiadi appunto, che si incastrano l'una nell'altra. La trama di mafia è sostenuta da un racconto minuzioso e serrato, tanto coinvolgente quanto misurato, dei meccanismi burocratici di Tangentopoli: storie di pratiche false, di fascicoli scambiati e di bustarelle, di appalti forzati a Palermo come a Torino, di archivisti assassinati. Ed è senza molto sforzo che nel giornalista di Paese sera assassinato si sente l'eco del caso di Mauro De Mauro, fatto sparire dalla mafia mentre indagava sull'omicidio del dirigente comunista Pio La Torre. E lo scandalo Serse (Servizio segreto) fa venire in mente non solo lo scandalo del Sisde, ma anche l'omicidio dell'Olgiata. Per non parlare della vulgata giornalistica intorno al «suicidio» sospetto di Sergio Castellari, direttore generale del ministero delle Partecipazioni statali nella prima metà degli anni Novanta. Interrogato con decisione, Cacopardo ha cercato di nascondersi dietro il segreto d'autore. Alla fine concede una sola battuta: «La storia non è reale. Ma è realistica». Speriamo che il seguito sia solo romanzesco.