Il Sole 24 Ore 13.05.2001
TELESPONDA 

Montalbano sono, non caporale

«Montalbano sono»: così si presenta il poliziotto di Andrea Camilleri e ormai anche di Luca Zingaretti. Non importa dove si trovi. Al telefono, di fronte a un mafioso ipocrita, sulla scena d'un delitto o vicino a una bella donna: sempre il commissario Salvo Montalbano pronuncia chiaro il proprio nome, e lo sottolinea con quel «sono». Non si tratta solo d'un tratto linguistico, d'una abitudine della sua terra. C'è anche una fierezza quieta, nel suo presentarsi, nel suo orgoglioso dichiararsi. E ne ha ben donde, come direbbe il principe Antonio de Curtis, che di uomini/uomini e di uomini/caporali si intendeva. Buone storie, regìa più che professionale, recitazione (quasi sempre) ottima: tutto questo spiega solo in parte il gusto di chi abbia seguito i due ultimi episodi della serie, Una gita a Tindari e Tocco d'artista. C'è qualcosa, in quel gusto, che non riguarda l'intreccio, che non dipende dall'invenzione narrativa, e che neppure si esaurisce nelle immagini splendidamente fotografate d'una Sicilia antica ed eterna, inondata di sole e piena di ombre. Si tratta d'una cosa semplice e tuttavia inusuale nella nostra misera tivù: Montalbano è un uomo, anzi è una persona che inviteremmo ben volentieri a cena. Non è un "protagonista" da Maurizio Costanzo Show, il nostro commissario (poche iatture "sociali" eguaglierebbero quella d'averne uno a cena). Non cerca il successo che danno l'opportunismo e il conformismo mascherati da personalità e originalità. Non si arruffiana servilmente i forti, non deride vilmente i deboli. E non se ne fa un merito. Dà l'idea di considerarlo ancor meno d'un dovere, e forse addirittura un piacere. Non è nemmeno un "vincente" da Survivor, per quanto deciso e tenace e talvolta temerario sia nel suo lavoro. Anzi, proprio per questo non lo è. Non insegue fantasmi eroici (o eroicomici). Non ne ha bisogno: gli basta quel che è, per avere di sé un'immagine soddisfacente. Non si affatica in palestra, coltivando rambismi muscolari e mentali tipici degli uomini/caporali. E’ già solido quanto basta, e in entrambe le dimensioni, per quanto attorno ai fianchi, quando è in costume da bagno, mostri qualche segno d’una moderata ma convinta passione per la pasta (la veduta d'assieme è comunque più che dignitosa). E non è un macho, il nostro Salvo. Al contrario, gli piacciono le donne: non le caccia. Con loro è curioso, forse un po’ timido, di certo tenero. A proposito: un giorno, nel tentativo di buttar giù una porta - lui che appunto non è un survivor -, si ritrova con la spalla sinistra dolorante e bluastra. E qui gli capita d'essere medicato da un'affascinante, morbida signora bionda. Ma non ci prova, e neppure dà l'impressione di pensarci. Lontana, la sua Livia non ne sarebbe contenta. Tuttavia, anche gli uomini per bene hanno un dio che li protegge. Infatti, è lei che ci pensa, tanto motivata quanto dolce. Il risultato? Proprio quello che tutti auspicheremmo. Dopo, soddisfatto come chiunque altro, lui ha però l'accortezza umana e la dignità di sentirsi (moderatamente) in colpa, e telefona a Livia. Che cosa farà, ora? Le dirà tutto? Certo no. Non è un caporale, il nostro commissario, ma una persona. Non ha bisogno di sgravarsi la coscienza, scaricandone il peso sulla sua donna. Un motivo in più per tenergli un posto pronto alla nostra tavola, nella speranza di sentirgli dire «Montalbano sono». E ne avrebbe ben donde, non c'è dubbio.

Als Ob