L'Espresso 13.05.2001 o 03.05.2001??

L'ULTIMO ROMANZO DEL CONSIGLIERE DI AMATO
 

DALLA FINESTRA DEL SUO STUDIO SI vedono il Quirinale, la colonna di Marco Aurelio e, in basso, il cortile di Palazzo Chigi in restauro. «Quando saranno finiti i lavori la vista sarà più bella, ma dopo le elezioni io qui probabilmente non ci starò più», commenta Domenico Cacopardo, consigliere di Stato e scrittore, l'unico giallista che abbia mai avuto uno studio così vicino a un presidente del Consiglio: oggi come consigliere di Amato, prima accanto a D'Alema.

Dopo un primo libro passato in sordina il suo secondo romanzo, "L'endiadi del dottor Agrò" (Marsilio), è arrivato alla terza edizione, accompagnato da una quantità di recensioni che lo scrittore italiano medio può soltanto sognare. Ma se gli si chiede quante sono ispirate dal libro e quante dalla sua posizione di grand commis, lui ribatte: «Sono sempre stato un uomo di partito e di fazioni, prima nella Fgci, poi nel Psi, adesso nei Ds: non credo certo all'oggettività della storia». Anche il paragone inevitabile con Andrea Camilleri lo liquida prima con una battuta («Vendo ancora troppo poco...»), poi con una frecciata: «Lui non è uno scrittore impegnato, io sì». E se gli si chiede conto del ruolo poco invidiabile riservato all'unico omosessuale del libro, ricorda le sue prese di posizione a favore del Gay Pride e spiega di aver raccontato «un personaggio che sia la mentalità dei siciliani che quella dei burocrati romani rendono ricattabile».

Il posto d'onore sulla scrivania di Cacopardo lo occupa un gadget antistress di spugna a forma di pasticca gigante di Viagra: «Un regalo di mio genero», ridacchia imbarazzato. E precisa, per scacciare ogni identificazione con il protagonista dell'"Endiadi": «Non ho un'amante altoatesina. Non vivo a Letojanni e non sono in pensione come il consigliere Rovini». E non rischia nemmeno di essere ammazzato da qualcuno che potrebbe riconoscersi nel libro, come si legge nell'inquietante "Nota dell'autore" che chiude il romanzo. «Quella frase era la chiusa del manoscritto di Rovini», spiega: «Solo alla fine ho avuto l'idea di spostarla, in modo che sembrasse riferita a me».

Quella "Nota" è l'idea che dà un po' di pepe alla trama, in cui un ex magistrato e la sua amante vengono uccisi proprio quando lui sta per pubblicare un giallo ispirato a fatti di cronaca. L'indagine si limita a un'attenta lettura del manoscritto, e poi a legare i due elementi delle "endiadi" del titolo, cercando le somiglianze tra i personaggi e i conoscenti delle vittime. Un gioco che affascina anche i lettori: «Ho fatto una decina di presentazioni in Sicilia, e ogni volta qualcuno mi dice di aver riconosciuto uno dei personaggi», racconta Cacopardo. Non si è lasciato tentare dal gioco dei riconoscimenti Massimo D'Alema. Nel presentare il libro, lui si è limitato a una gelida precisazione da velista: «Ti sbagli, il libeccio dalle tue parti non batte forte come scrivi». Era il primo libro di narrativa che presentava: forse dopo quella frecciata spera che nessuno glielo chieda più.

Angiola Codacci -Pisanelli