La stampa 09.05.2001

Torna Zingaretti con un Montalbano finalmente sereno
ROMA Hanno proprio ragione quelli che sostengono che un film più è radicato nella realtà di un paese e più può piacere anche all’estero. «Il commissario Montalbano» che torna su Raidue oggi e mercoledì prossimo, sarà infatti presentato il 17 in Svezia dove, nel mese di giugno, verranno trasmessi dal primo canale nazionale tutti e sei i film fino ad oggi realizzati sul personaggio creato da Andrea Camilleri. Francia e Germania, per loro conto, li hanno già acquistati: l’una ne ha mandati in onda i primi quattro, l’altra si appresta a mandarli in onda tutti insieme. Ma hanno anche ragione quelli che dicono che i film si dividono sostanzialmente in due categorie: quelli belli e quelli brutti. «Montalbano» che rientra nella categoria dei bei film per cura dei particolari, ricostruzione delle atmosfere, interpretazione di Zingaretti, scelta degli altri attori, attenzione al linguaggio nel rispetto di quello voluto dal suo autore, trova con facilità mercati stranieri pronti ad accoglierlo. Dunque, come sempre sono due i film che Alberto Sironi, assistito da Francesco Bruni e dallo stesso Camilleri, ha realizzato quest’anno per la produzione di Carlo Degli Esposti al costo di 8 miliardi e 800 milioni. Solo che uno, «La gita a Tindari», è tratto da un romanzo e l’altro, «Tocco d’artista», da un racconto breve, un esperimento che se dovesse funzionare potrebbe indurre la Rai, che ne ha acquisito i diritti, a trasformare in immagini anche altri racconti dello scrittore siciliano. Il primo, «La gita a Tindari», è un intricata vicenda che ha al suo centro il traffico d’organi con annesso sfruttamento dei minori gestito da organizzazioni mafiose e da chirurghi senza scrupoli. Il secondo, «Tocco d’artista», parte come un sucidio per diventare una indagine sull’usura e sui metodi criminali con cui vengono perseguitati i debitori. Nonostante il tragico sfondo di entrambe le inchieste, in questa serie Montalbano appare meno cupo, meno burbero, più capace di lampi di ironia e di momenti di serenità. Perché? Lo spiega Luca Zingaretti: «Con il regista abbiamo ricostruito un percorso psicologico del personaggio. Montalbano ha attraversato la crisi dei cinquant’anni, ha perso suo padre prima di riuscire ad avere una spiegazione con lui, ha un rapporto con la sua donna che gli appare irrisolto. In questi ultimi due racconti, la crisi è superata. E per renderlo evidente anche allo spettatore distratto abbiamo scelto di fargli indossare un cappotto, lui che era sempre in giacca, immaginando fosse il cappotto del padre trovato in un armadio e preso come segno di pacificazione con la figura del genitore». Legatissimo al personaggio di Montalbano che continuerà a interpretare finché la cosa gli sembrerà giusta e interessante, Zingaretti, che ha appena finito di girare un film tv su Perlasca e si appresta a fare una nuova versione di «Incompreso», ha sostenuto di non aver fatto in questi anni troppa tv a discapito del cinema o del teatro, ma di aver solo fatto una tv di qualità che, in quanto tale, resta più impressa al pubblico. Tutti personaggi buoni, i suoi, da eroe involontario, da servitore della giustizia, da paladino della moralità pubblica: come mai? «Sono filoni. Al cinema, per un tempo lunghissimo, mi hanno fatto fare il cattivo pensando sapessi fare solo quello. In tv si sono accorti che so fare il buono e me lo fanno fare. Solo in teatro un attore viene considerato per la sua capacità espressiva e basta». Le dispiace essere etichettato? «Capita a molti. Hopkins, che pure è un magnifico interprete, sarà ricordato dal grande pubblico soprattutto per Hannibal the cannibal così come Gino Cervi con Maigret. Se io fossi ricordato unicamente per Montalbano ne sarei felice. Ho quarant’anni e, dopo un momento di smarrimento, come Nanni Moretti mi sento un magnifico quarantenne».

Simonetta Robiony