Panorama, 4/5/2001
Commissario Montalbano, il caso Carvalho è tuo
Il privato del personaggio s'intreccia con casi umani di alta tensione
emotiva. Nella Gita a Tindari, Montalbano si trova a indagare su un reticolo
di spaventosa ferocia umana, partendo dalla morte di un uomo e dalla scomparsa
di due anziani coniugi. Il poliziotto s'indigna. «La denuncia sociale»
dice lo scrittore spagnolo «è implicita in Camilleri che fa
del suo sbirro un uomo giusto, sia pure nel limite impostogli dalla legge.
È un personaggio positivo, capace di ribellarsi e di subire il disprezzo».
Nel Tocco d'artista (tratto da un racconto), Montalbano s'immerge in una
storia privata. Le suggestioni di Pirandello sono visibili. Luca Zingaretti
va a frugare nei segreti di due fratelli e mette le mani nel marcio privato.
Spesso un compito simile è toccato a Carvalho. Questo è anche
il punto d'incontro dei due autori. Spiega Montalbán: «Separare
il noir dal romanzo d'avventura o d'amore è un razzismo letterario.
Alcuni lo hanno capito, altri no. Sia io che Camilleri non siamo scrittori
mimetici, quelli cioè che ripetono una formula, pedissequamente.
Io parto dalla trama gialla per fare una cosa diversa». Sia il siciliano
sia lo spagnolo adorano Sciascia. E verso lo scrittore di Racalmuto hanno
un debito artistico. Montalbán dice di lui: «Era una fusione
straordinaria di Manzoni, Voltaire, Kafka e Chandler, era un uomo di grande
lettura politica, di fenomenale intuito sulla doppia verità che
si nascondeva dietro la guerra fredda e i rapporti tra Dc e Pci. Sciascia
arrivava sempre a descrizioni politiche eccellenti». Camilleri non
fa mistero della sua ammirazione per Sciascia, del quale era intimo amico.
Gli investigatori invecchiano. Anche i Maigret vanno in pensione. E Carvalho?
«Lo lascio cadere nel passato» rivela Montalbán «o
lo faccio immergere in una nuova attività. Intanto si fa un viaggio
intorno al mondo. Nel frattempo sono alle prese con un romanzo d'amore,
una specie di rappresentazione dell'ipocrisia sulla falsariga dei racconti
di re Artù». C'è molto mistero «italiano»
nei romanzi di Montalbán. Pepe Carvalho non è un dipendente
dello stato, come Montalbano, «quindi è più libero,
è un outsider, un vero voyeur della realtà, dotato di grande
libertà di sguardo». Oggi l'irrequieto Pepe ha circa 60 anni.
Il suo creatore non sa bene che far fare a «questo figlio di Frankestein
che ha intrecciato la militanza nella sinistra e l'arruolamento nella Cia».
Chiediamo se il commissario Montalbano, seppur sbirro, sia credibile. «È
fatto a misura di Camilleri, del suo sentire» risponde il narratore
di Barcellona «quindi è poco verosimile come funzionario di
stato, a meno di non avere una fiducia illimitata nelle istituzioni».
Montalbán sa che il suo collega siciliano non nutre questa ipotetica
fiducia, ma gli concede il perdono letterario tenendo a sottolineare che
«un poliziotto lavora più per l'ordine che per la giustizia,
e questo in tutti i regimi politici». Ben lontani, aggiunge, dal
«ridicolo Poirot della Agatha Christie, una caricatura del privato,
così indigesto anche per la sua stessa creatrice». Se Poirot
era imbarazzato dalle figure femminili, un rebus che non sapeva proprio
risolvere se non nella ritrosia e nella timidezza, sia Carvalho sia Montalbano
sono sanguigni e fantasiosi dinanzi alle donne. Al primo si affianca la
formosa Charo, di professione prostituta, nell'ultimo romanzo rediviva
dopo una parentesi solitaria ad Andorra. Al secondo la bionda Linda, genovese,
presente sia con le telefonate sia a Vigata, dove arriva sempre con timore
di essere rimpiazzata e fiduciosa di un futuro matrimonio. Il commissario
Montalbano, nell'ultimo episodio, sfiora i turbamenti di una certa Anna
Tropeano, innamorata del poliziotto. Il privato del personaggio s'intreccia
con casi umani di alta tensione emotiva. Nella Gita a Tindari, Montalbano
si trova a indagare su un reticolo di spaventosa ferocia umana, partendo
dalla morte di un uomo e dalla scomparsa di due anziani coniugi. Il poliziotto
s'indigna. «La denuncia sociale» dice lo scrittore spagnolo
«è implicita in Camilleri che fa del suo sbirro un uomo giusto,
sia pure nel limite impostogli dalla legge. È un personaggio positivo,
capace di ribellarsi e di subire il disprezzo». Nel Tocco d'artista
(tratto da un racconto), Montalbano s'immerge in una storia privata. Le
suggestioni di Pirandello sono visibili. Luca Zingaretti va a frugare nei
segreti di due fratelli e mette le mani nel marcio privato. Spesso un compito
simile è toccato a Carvalho. Questo è anche il punto d'incontro
dei due autori. Spiega Montalbán: «Separare il noir dal romanzo
d'avventura o d'amore è un razzismo letterario. Alcuni lo hanno
capito, altri no. Sia io che Camilleri non siamo scrittori mimetici, quelli
cioè che ripetono una formula, pedissequamente. Io parto dalla trama
gialla per fare una cosa diversa». Sia il siciliano sia lo spagnolo
adorano Sciascia. E verso lo scrittore di Racalmuto hanno un debito artistico.
Montalbán dice di lui: «Era una fusione straordinaria di Manzoni,
Voltaire, Kafka e Chandler, era un uomo di grande lettura politica, di
fenomenale intuito sulla doppia verità che si nascondeva dietro
la guerra fredda e i rapporti tra Dc e Pci. Sciascia arrivava sempre a
descrizioni politiche eccellenti». Camilleri non fa mistero della
sua ammirazione per Sciascia, del quale era intimo amico. Gli investigatori
invecchiano. Anche i Maigret vanno in pensione. E Carvalho? «Lo lascio
cadere nel passato» rivela Montalbán «o lo faccio immergere
in una nuova attività. Intanto si fa un viaggio intorno al mondo.
Nel frattempo sono alle prese con un romanzo d'amore, una specie di rappresentazione
dell'ipocrisia sulla falsariga dei racconti di re Artù».