Il tempo 09.09.2001
Le regioni Sicilia e Veneto promuovono l’insegnamento facoltativo alle
medie e alle elementari
Il dialetto cerca un posto a scuola
Diecimila sussidiari gratis agli scolari con la storia della Serenissima
ROMA - Il dialetto si studia a scuola. Una volta invece proprio a scuola
era proibito parlare in dialetto. Tempi che cambiano, favoriti dal un regionalismo
che rivendica autonomia economica, politica e anche culturale, che rendono
possibile due proposte. Una dalla Sicilia e un’ altra dal Veneto. In entrambi
i casi l’obiettivo è di recuperare una tradizione ed una cultura
non solo linguistica, una modo per preservare un patrimonio di generazioni
che, anche grazie alle espressioni dialettali ha costruito una cultura.
Sarà anche merito di Andrea Camilleri che con i suoi romanzi
colorati di dialetto, ha recuperato il valore di forme espressive, relegate
ai margini della cultura - se dal prossimo anno scolastico in Sicilia gli
studenti potranno frequentare lezioni di «dialetto». L'idea
è dell'assessore regionale alla Pubblica istruzione, Fabio Granata,
che ha deciso di rilanciare in questo modo l'uso del dialetto nell'isola.
Questa volta, a differenza dell'obbligo per gli scolari d'indossare i grembiulini,
annunciato nei giorni scorsi, la possibilità di introdurre l'insegnamento
del dialetto come materia di studio viene lasciata alla libera decisione
dei direttori scolastici e dei presidi. Gli istituti che decideranno di
adottare la novità, dovranno comunque presentare la domanda entro
il prossimo 30 novembre.
In Veneto invece l’obiettivo è quello di introdurre dall’inizio
dell’anno scolastico un’ora di veneto alla settimana. La novità
viene dall’assessore alla Cultura della giunta regionale Ermanno Serrajotto
che mercoledì prossimo presenterà già un sussidiario
veneto, realizzato dalla Regione, che verrà spedito a tutte le scuole
elementari e medie. Un libro che si intitola «Noi Veneti» che
sarà distribuito gratuitamente in diecimila copie per raccontare
ai ragazzi e al contempo invogliarli la storia, le tradizioni, i costumi
e il dialetto della loro regione.
Una volta a scuola vigeva il principio dell’omologazione linguistica
e guai agli scolari che parlavano in dialetto, anche solo poche parole,
frutto della vita di famiglia, del mondo che c’era al di là del
cortile della scuola. Si veniva ripresi, sgridati ed era difficile per
uno scolaretto alle prime armi capire fino in fondo il perché di
questi rimproveri. Adesso, sarà merito della globalizzazione, dell’idea
federalista che in Italia si fà strada, che nelle scuole si riscopre
il gusto di una espressione antica e cara. Capace di evocare nei grandi
frammenti della propria giovinezza, in grado di stabilire un ponte tra
le generazioni. Un modo prezioso per capirsi meglio e di più. L’identità
è fatta di tanti piccole cose e probabilmente riscoprirle anche
attraverso il dialetto aiuta a comprendere la realtà circostante
e a migliorare la propria integrazione.
Il dizionario veneto realizzato dal professor Manlio Cortellazzo si
divide in una parte storica, con le vicende della Serenissima, una parte
su usi e costumi e tradizioni venete, l’ultima invece è composta
da racconti e poesie in dialetto.
In Veneto «l’iniziativa è stata accolta positivamente
dall’opinione pubblica - ha spiegato l’assessore regionale alla Cultura
Serrajotto - Spero che gli insegnanti aderiscano all’iniziativa e vogliano
deidicare un’ora di lezione alla settimana. I nostri ragazzi fin da piccoli
devono essere spinti a conoscere il loro territorio e la storia del popolo
a cui appartengono. Conoscere le proprie radici culturali è importante
per le nuove generazioni».