La Repubblica 16.09.2001
Camilleri, humor rosso e nero
Parla il padre di Montalbano vincitore del Premio Satira al Forte
ROBERTO INCERTI
FORTE DEI MARMI - «Mi danno molti premi ma di solito non vado
a ritirarli. Faccio un'eccezione stavolta, perché sono fiero che
sia stato riconosciuto l'aspetto satirico della mia opera». Già,
il «Premio satira politica di Forte dei Marmi» edizione numero
ventinove, ha un finale a sorpresa visto che premia nella sezione letteratura
il satirico che non ti aspetti, Andrea Camilleri.
«Nei miei romanzi – dice lui – non c'è più satira
politica che sociale. Scrivo romanzi gialli che fanno anche ridere. Mi
fa poi molto piacere che il Premio Satira sia stato assegnato nel 1980,
a Leonardo Sciascia". In effetti i protagonisti dei romanzi di Camilleri,
un po' come quelli di Sciascia, diventano vittime delle viltà e
delle sopraffazioni del potere. Sentendo che si parla di satira politica,
la signora Camilleri appare un attimo e dice: «Mi raccomando Andrea
controllati. Quando parli di satira e di politica, ti lasci troppo andare!».
Cosa ne pensa della situazione della satira oggi?
«E' certamente meno violenta di quella che potevano fare riviste
del passato come ‘L'Asino' o ‘Il Becco giallo'. Pensi che io, che sono
sempre stato comunista, leggevo di nascosto Guareschi e mi divertivo un
sacco. Adesso i satirici sono più contenuti. Anche a me piace fare
scritti satirici, ma cerco di non mancare di rispetto a nessuno».
Lei prima delle elezioni ha pubblicato su «Micromega» delle
lettere elettorali che ironizzavano sul Polo. Adesso che Berlusconi è
capo del governo si è pentito?
«Assolutamente no. E poi vede, un vecchio comunista come me a
forza di bastonature è diventato democratico. Se gli italiani hanno
votato Berlusconi è giusto che se lo tengano».
Facciamo un esempio della sua satira politica.
«Ho scritto cose di questo tipo: "Alla presenza del presidente
del consiglio e delle più alte cariche dello Stato, sua Eccellenza
Destruso ha cominciato a parlare alle 10 del mattino e ha terminato fra
applausi scroscianti alle 18. Ha anche letto come suo costume alcune pagine
bianche. Molti fra i presenti travolti da quell'inarrestabile fiume di
eloquenza hanno dovuto far ricorso al pronto soccorso"».
Dopo la tragedia che si è svolta in America in questi giorni,
è più difficile fare satira?
«Certamente è molto più difficile. Chi se la sente
può fare satira su tutto. Però, di fronte a certi episodi
credo che anche i professionisti della satira si trovino disarmati. Ma
si sentono disarmati anche i politici. Perfino Bertinotti si autocensura.
Non è possibile improvvisarsi guerrieri».
Eppure in questi giorni si respirano venti di guerra...
«Guardi, ieri sera ero di fronte alla tv, ed avrei baciato il
nostro ministro degli esteri quando ha affermato: per l'amor del cielo,
non parliamo di guerra».
Tornando al rapporto fra satira e romanzi. Entrambi sono generi spesso
trascurati dalla grande critica.
«Sicuramente, scrivendo romanzi gialli ho rinunciato ad entrare
nell'Olimpo della letteratura. I critici considerano il giallo un genere
paraletterario. Altrettanta poca considerazione ha la satira».
Chi sono i vignettisti che lei stima di più?
«Per me, il migliore è Massimo Bucchi. Più invecchia
e più diventa bravo. Un piccolo gradino sotto collocherei Altan».
Intanto il 29° Premio Satira Politica è stato assegnato
anche a Giancarlo Stella per il giornalismo, a Franco e Agostino Origone
per la grafica, a Ale e Franz per il cabaret, al vignettista iraniano Ali
Divandari, a riviste come «Private eye» e «Maalox».