Sette Agosto 2001
Montalbano è nervoso e ce l’ha con i sette nani
Un imbroglione, uno di quelli che ruba i risparmi promettendo ai suoi
avidi clienti interessi strepitosi, sparisce col bottino. Sparisce anche
uno dei suoi impiegati mentre un'altra, una signorina sulla cinquantina,
aspetta l'improbabile se non impossibile ritorno del principale che ama
perdutamente (di uno di quegli amori autunnali, ultimi, che sono feroci
ed esclusivi come il primo). A rigore, non dovrebbe trattarsi di un caso
per Montalbano, il commissario non ama le scatole cinesi delle finanziarie,
a lui piace il delitto classico. Degli uomini di finanza dice a un certo
punto del romanzo: "La loro testa funziona solo in quel verso, per il resto
sono sprovveduti, goffi, limitati, primitivi, perfino assolutamente stronzi,
ma ingenui mai". Ritratto che se corrisponde a verità ci induce
a tristi pensieri sulle sorti dell'Italia odierna che proprio di uomini
così ha fatto eroi nazionali. Quell'impiegata che sembra la sentinella
del Milite Ignoto (una volta, vedete, gli eroi nazionali erano poveri sconosciuti),
che si ostina a tenere aperto l'ufficio, intriga il commissario. Mai come
in questa inchiesta Montalbano è di malumore. Colpa del questore
che cerca di fregarlo, e colpa anche del mondo che si frega da solo. Un
esempio. Il commissario ha tra le sue abitudini quella di recarsi a riflettere
all'ombra di un antichissimo ulivo saraceno. Ma una notte non trova più
l'ulivo, abbattuto per fare spazio a una villetta con giardino e statue
dei sette nani. Un impeto vandalico assale Montalbano che lo sfoga contro
l'obbrobrio edilizio. La descrizione dell'ulivo agonizzante che il commissario
accarezza come si fa con un animale alla fine è una pagina di dolore
che lascia nel lettore una ferita aperta anche a romanzo chiuso. Come accade
a ogni nuova inchiesta (la serie di Montalbano è un’opera in progress,
i personaggi cambiano col passare del tempo come le persone vere) qualcosa
muta nel complesso rapporto tra Montalbano e il suo numero due, Mimì
Augello, che questa volta perde qualche punto: non si comporta da gentiluomo
con una bella ragazza dopo un'avventura amorosa e canna completamente l’inchiesta
sul mago della finanza. Novità importante (vedete riferisco quanto
avviene nel romanzo così come un tempo si aggiornavano per lettera
fidanzate, parenti o amici lontani degli sviluppi intercorsi), qualcosa
è cambiato anche tra Montalbano e la sua eterna fidanzata. Sapete
(e non eravamo i soli) quanto la detestavamo, ma la ritroviamo tenera e
malinconica, molto migliorata. Il suo eroe non è più un ragazzo
ma Camilleri con delicatezza accenna mosse narrative da romanzo di formazione.
Quel romanzo di formazione difficile da scrivere che è il romanzo
di formazione che non ci tocca da ragazzi ma da grandi. Complimenti vivissimi,
come sempre, a don Andrea.
Antonio D'Orrico