Il Giorno 30.10.2001
Camilleri balla con la Storia

Il più vasto dei romanzi di Andrea Camilleri: 450 pagine. Molta Storia unita all'invenzione: una grande peste, gli spagnoli, i Savoiardi, i contadini. Un eroe, Zosimo, condannato poi a morte. Due o tre generazioni alla ribalta fra Sei e Settecento. Questo e altro è Il re di Girgenti (Sellerio), che ha accentuato anche la dialettalità, unita ora alla lingua spagnola con esito accettabile ma arduo (ed è il dialetto più brado a dominare). E l'altro è offerto infine dal versante ideologico-politico, vòlto, attraverso la povera gente, al riscatto sociale, all'utopia. Zosimo diventa nella fantasia dell'autore il re di Girgenti e dovrà pagare lo sgarro alla Storia e ai veri potenti, lui che è potente solo nell'anima.
Uomini ai confini del “sopramondo”
Questi alcuni dei temi fondamentali nell'ambiziosissimo romanzo, che succhia, come quasi tutti gli altri di Camilleri, l'aria, la lingua, la terra antica della provincia agrigentina, contrassegnata dai ben noti centri di Montelusa, Vigata eccetera. Basta la peste a scoprire le carte visti i precedenti illustri. C'è però ben altro nella fitta trama della materia, che appartiene al gusto e alle deliberate scelte di chi scrive: la componente fantastica e surreale innanzi tutto, determinante nel finale ma attiva ovunque in un mondo che ha cancellato il confine tra la realtà tangibile e quella metafisica: il termine inteso alla lettera come sopramondo chiamato ad agire tra gli uomini e nella durissima vita di tutti i giorni attraverso un barocchismo talora scatenato.
Ma c'è tutto l'altro che appartiene alla vitalità di Camilleri: l'amore e il sesso, e la famiglia, che lega ogni parte del libro; e quel senso della vita che anima ogni spicchio cancellando anche la barriera del passato, così rivissuto con perfetta adesione. E il segno costante, pur nel traboccare della violenta e brutta realtà, di una nobiltà d'animo e infine anche di costumi cui il romanzo dedica un forte omaggio.
La danza dei fatti e delle persone
Il lettore, preso in diverse ricostruzioni e attese, si chiede se non si potesse sveltire il racconto in certe parti. Ma la risposta, nel rispetto della letteratura, non è agevole e dovrebbe prescindere dallo scrittore stesso, che ama in un certo modo la lingua, la sua musica, la danza dei fatti e quella insondabile degli uomini: e la letteratura con tutte le sue malìe, le invenzioni e la sovrana libertà. E naturalmente questa Sicilia, da cui ha tratto, oramai, infinite pregevoli pagine; e che è totalmente sangue suo, realtà e cosmo insostituibile.
Non conosciamo i segreti dei cassetti dello scrittore, giunto tardi alla pubblicazione e al successo. Crediamo però di capire che Il re di Girgenti non si scrive sulla spinta di un'estrosa primavera (come le altre già molte pagine, anche le più brevi e veloci) pure se l'autore è dotato di una quasi strepitosa facilità d'intuizione ed esecuzione. E la Sicilia risale ancora una volta con la sua storia e tutto il suo essere sulla cattedra che conosciamo.
Claudio Marabini