Stilos (supplemento letterario de La Sicilia) 02.10.2001
Zosimo, eroe anzi "vinto"
Michele Zosimo, figura a metà tra Ivanhoe e Don Chisciotte più
volte ripresa dalla letteratura epica, nel conio di Camilleri nasce ridendo
e muore con una risata. E' un calco intenzionale quello nel quale Camilleri
ho voluto plasmare il suo contadino-re creandolo non a immagine di un guitto
burlesco quanto piuttosto di un eroe disincantato. Zosimo ride infatti
del mondo perché è ben consapevole che non potrà cambiarlo,
cosciente perciò di poter vivere e condividere con il suo popolo
non più che un sogno. "Facci sognare" sembrano invocare i suoi seguaci,
avvertiti che è una velleità quello cui possono ardire -
non più che una trasgressione alla norma. Camilleri non crede nelle
rivolte popolari e nelle "sorti progressive". La sua è una visione
lampedusiana della storia, inclinata dal lato della restaurazione e dei
poteri costituiti, ciò che pero lo spinge a farsene beffe, a renderli
gioco di un giullare di strada, un quisque de populo che dà
conto di una impertinenza. Ma c'è di più.
E' vero che Camilleri, riscrivendo la vita di Zosimo, deve tenersi
al dato storico circa la caduta del suo regno, ma nulla gli impedirebbe
(dopo averlo ingradato in una vita messianica e divinatoria inventata di
pianta) di tenere a lungo il contadino-re sul trono cucendogli addosso
vicende intrepide e in arsi. Invece lo porto al patibolo poco dopo l'incoronazione,
nulla dicendoci di possibili res gestae compiute con il sigillo
della maestà, ciò che avrebbe pur circonfuso l'eroe di un
dippiù del succés d'estime che l'autore pur
procura abbondantemente di accrescergli prima della conquista del trono,
non lesinando mezzi per metterlo sotto una luce quanto più favorevole,
da eroe scottiano e dumasiano. Si è che Camilleri non vuole dare
luogo all'idea di un re siciliano che riesca a regnare e trasceglie la
caducità dei conativi sforzi di indipendenza a favore della recursiva
insemprazione del dominio straniero.
L'unico atto che re Zosimo annuncia è la "nazionalizzazione"
dei feudi e la spartizione delle terre ai contadini: è l’atto che
lo perde perché la nobiltà locale, che pure preferisce lui
ai confiscatori savoiardi, gli gira le spalle e lo spodesta mandandolo
sulla forca. Hanno senz'altro spinto Camilleri a frequentare questa direzione
i ricordi legati, nell'immediato dopoguerra, al movimento contadino per
l'occupazione delle terre, dopo i decreti Gullo e Segni per lo sfruttamento
delle terre incolte: movimento giunto a un momentaneo successo (che mise
la febbre al mondo contadino e lo spauracchio ai proprietari terrieri)
per poi rimanere soffocato in una secca reazione del blocco di potere agrario.
Zosimo, al pari, non riesce a rendere esecutivo il suo decreto e veste
perciò i panni di Don Chisciotte, che stinge il suo sogno di hidalgo
in una denervata clownerie: con la differenza che Camilleri non
irride mai il suo eroe dalla trista figura, che prende anzi sul serio fino
a parteggiare per lui.
Ma ancor più che con Zosimo Camilleri si identifica con il capitano
di giustizia Montaperto, il quale usa al re-contadino ogni onore chiamandolo
"maestà" anche nel momento dell'arresto e dicendogli (in una parodia
sciasciana che richiama don Mariano e Bellodi): "Siete uomo degno del massimo
rispetto", dandogli pure del voi.
Zosimo non è Giufà nell'officina di Camilleri di tipi
siciliani. Semmai si voglia vederlo come l'anologon di altre figure
di ribelli siciliani di umili e perdenti origini, si può pensare
a Polifemo (il primo siciliano che si batte contro gli invasori) e a Ducezio
(che guida gli schiavi alla rivolta e si fa anch'egli re) - entro un mondo
dove gli eroi popolari siciliani, fino a Giuliano, nascono per vivere e
morire da "vinti". Lo stato di perenne sottomissione che aduggia lo spirito
di un popolo che nel suo grammelot non coniuga mai il futuro si
è calcinato alfine nell'organon dei narratori siciliani,
da Verga a Camilleri, il cui orecchio si è messo all'ascolto della
risacca per echeggiarne i patemi e le utopie come dolenti contastorie.
E Camilleri proprio questo ha fatto elicendo un cuntu dalla storia:
è entrato nel castello di Atlante con tutto il suo malaimé
di
siciliano "vinto" che si cura con i sogni.
Gianni Bonina