La Repubblica,
ed. di Palermo, 16.1.2002
La scuola degli scrittori da Pirandello a Camilleri
AGRIGENTO - Avreste mai immaginato che Luigi Pirandello fosse poco brillante
in italiano e addirittura somaro in latino? Un cinque e un tre nel primo
bimestre, prontamente riscattati con due otto nell'esame autunnale di riparazione,
dimostrano la personalità complessa dello scrittore, futuro premio
Nobel. Siamo nel 1879 al liceo classico Scinà di Agrigento, che
sarà ribattezzato Empedocle nel 1901, e questo è tipicamente
pirandelliano. Così come l'approdo dello scrittore nella scuola.
Il giovane Pirandello, empedoclino nato per sbaglio in territorio agrigentino
nel 1862, era stato iscritto dal padre Stefano, fervente garibaldino, all'istituto
professionale. Aveva bisogno di un contabile per la sua attività
di commerciante di zolfo e non aveva voluto sentire ragione. Ma Luigi,
che odiava i numeri, con la complicità dello zio paterno Innocenzo
Ricci Gramitto, garibaldino della prima ora anche lui, si iscrisse allo
Scinà all'insaputa del padre. Nel registro di accettazione è
annotato: «Raccomandato dal signor professore Gramitto», appunto
lo zio che di quella scuola era docente.
Tra i suoi compagni di classe, terza A, Empedocle Mirabile, che sarebbe
diventato un insigne giurista e Edoardo Sclafani, futuro sindaco di Agrigento.
L'amico del cuore era Antonio Gubernatis che negli anni successivi gli
avrebbe raccontato le vicende pirandelliane dell'agrigentino, fonte di
ispirazione per lo scrittore. Il più bravo della classe però
era Giuseppe Sala, tutti dieci e due «nei», un nove in italiano
scritto e un otto in latino. Ma tra gli agrigentini illustri non c'è
traccia di lui. A dimostrazione che scuola e vita non sempre vanno a braccetto.
Il curatore dell'archivio della scuola, «ammassato» in
una stanza angusta, è Biagio Milano, insegnante di educazione fisica
con la passione per la storia.
Il professore consulta i registri con la solennità di un sacerdote.
Tira fuori una pagella dopo l'altra: ecco quella di Andrea Camilleri, tutti
sei e due sette: italiano e cultura militare. Ecco quella del generale
Carlo Alberto dalla Chiesa: tutti sei e un solo sette in italiano. Ecco
quella di Michele Guardì, Re Mida della televisione, regista di
grido: 4 in matematica e chimica e sufficienza stiracchiata nelle altre
materie.
«Con i numeri ero una bestia - ricorda Guardì - Sono riuscito
a maturarmi solo perché all'esame mi hanno chiesto un'espressione
che un secondo prima di sedermi davanti alla commissione mi aveva spiegato
il mio compagno Pietro Attard, altrimenti sarei ancora tra i banchi».
«Ricordo il mio liceo con grande nostalgia - continua - erano anni
bellissimi, di rispetto e sentimenti. C'era il preside Cecè Sanvito,
un uomo impenetrabile che si scioglieva di fronte a ogni forma di sofferenza
umana. Aveva un debole per i fuori sede e per chiunque avesse problemi
familiari. Le gite scolastiche erano un momento in cui si annullavano le
distanze. Una volta a Erice ballai con la professoressa Del Bosco, di matematica,
al suono della chitarra suonata da un mio compagno. Erano anni in cui la
scuola cominciava a cambiare e gli studenti diventavano via via soggetti
attivi».
Quando Enzo Lauretta, docente e scrittore di successo, spiegava Pirandello,
faceva affacciare gli studenti dalla finestra e indicava il pino del Caos.
«Per noi Pirandello, oltre a essere un Nobel, era uno di famiglia».
Guardì, già allora aveva deciso che da grande avrebbe
fatto televisione. «Quando il fratello della mia professoressa di
filosofia, La Rosa - dice - diventò campione di "Campanile sera"
rappresentando Monreale, per me fu una emozione fortissima».
Sono tanti gli uomini illustri maturati all'Empedocle Scinà
dal 1861, anno di fondazione. Lo storico Biagio Milano, tra l'altro parente
alla lontana di Pirandello, fa un elenco lunghissimo: Nicolò Gallo,
ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Lauricella, grande matematico,
Libertino Alaimo, antifascista fondatore del giornale satirico "La scopa",
Gaspare Ambrosini, presidente della Corte costituzionale, Salvatore Vita,
banchiere in Germania, Corrado Carnevale, discusso giudice della Cassazione,
la cui madre insegnò nella stessa scuola, Enzo Di Pisa, musicista
e uomo di teatro. E poi, una sfilza di politici, Totò Cuffaro, Luigi
Giglia, ex ministro, Enrico La Loggia, ministro, Ippolito Onorio De Luca,
senatore, Giuseppe Sinesio. Milano ci accompagna in due stanze segrete:
il laboratorio di chimica, pieno di strumenti antichi, tenuti in efficienza
dall'assistente tecnico Francesco Giambrone, e il museo delle scienze naturali
con centinaia di animali impagliati nel 1880: tra le curiosità,
un gigantesco orso e un ornitorinco.
La stanza del preside, luminosissima, si affaccia sul panorama «più
bello del mondo»: a destra Porto Empedocle, a sinistra i templi,
davanti il mare africano. «Il nostro è un liceo classico tradizionale
- dice Giuseppe Patti, da cinque anni a capo dell'istituto - Abbiamo apportato
qualche aggiustamento inserendo lo studio del diritto e ricorrendo a esperti
esterni per l'insegnamento delle lingue al ginnasio. Ai ragazzi del liceo
diamo l'opportunità di frequentare corsi pomeridiani di lingue col
pagamento di un piccolo contributo, indispensabile per evitare l'assenteismo».
Gli studenti sono contenti della loro scuola, ma la vorrebbero più
innovativa. «Al liceo le lingue e l'informatica non sono contemplate
nel piano di studi - dice Vincenzo Cuffaro, terza C, rappresentante degli
studenti, e Mario Baldacchino, terza G - e questo oggi è penalizzante
per gli sbocchi lavorativi». A Lucia Riggio, invece, sta bene l'apertura
al diritto: «Tanto le lingue - dice - le posso studiare per i fatti
miei».
Lillo Sciortino, di filosofia, è uno dei docenti storici: «Oggi
gli studenti sono poco impegnati. Nel Sessantotto, invece, esprimevano
un grande spirito critico che da sempre contraddistingue il nostro istituto.
Non bisogna dimenticare che sorse in contrapposizione con il seminario
vescovile. Primo preside infatti fu Gaetano Gallo, uno spretato».
A Porto Empedocle vivono Pepè Fiorentino e Fofò Gallo,
poeta e scrittore, amici di sempre di Camilleri. Ricordano le irrequietezze
giovanili e i fervori letterari del creatore di Montalbano. «Eravamo
abbastanza vivaci, però pervasi da grandi furori artistici e letterari.
La casa di Camilleri era una sorta di salotto dove passavamo giornate intere
a parlare di cinema, teatro e letteratura. Andrea, che era il più
curioso tra noi, ci trascinava a teatro: una volta venne Strehler a Porto
Empedocle e gli spettatori eravamo in 15, solo il nostro gruppo di amici».
E poi il via vai sulla littorina e le lunghe giornate a zonzo quando marinavano
le lezioni. «Anche quando facevo il pendolare a bordo di sgangherate
corriere - racconta l'empedoclino Antonio Martorana, oggi preside al Garibaldi
di Palermo - al passaggio a livello scendevamo facevamo man bassa di limoni
e poi ce li tiravamo addosso. Ma erano altri tempi».
Tano Gullo