Messaggero Veneto, 25.6.2002
Nel mondo del commissario Salvo, ispirato all’autore dalla figura del padre
Fenomenale Montalbano
Sette storie raccolte in volume e lette in cd da Andrea Camilleri

Non c'è due senza tre. Raramente il proverbio è menzognero e nel caso di Camilleri è infallibile. Come annunciato, è già in libreria la confezione Mondadori che contiene un libro di 109 pagine e due cd audio di 150 minuti, in cui lo scrittore siciliano, con voce bene impostata, legge sette racconti compresi in Un mese con Montalbano e Gli arancini di Montalbano). Oltre ai sette racconti, il libro contiene una lunga conversazione tra Andrea Camilleri, Renata Colorni e Antonio Franchini sul tema Salvo Montalbano, in cui lo scrittore spiega com'è nato il famoso commissario che non ha alcuna parentela con Pepe Carvalho, il detective creato dallo spagnolo Vázquez Montalbán, se non quella del cognome che, fra l'altro, è diffusissimo in Sicilia.
«Quando ho cominciato a scrivere libri gialli – confessa Camilleri – è chiaro che non ero uno sprovveduto. Cioè a dire, gialli prima di allora non n'avevo scritti, però come lettore avevo un lungo elenco di benemerenze che risaliva alla mia infanzia. E avevo gusti molto precisi. Per esempio, Sherlock Holmes non mi piaceva, perché non mi piaceva il metodo scientifico, non mi piaceva quel giochetto, quel meccanismo privo di vere motivazioni, senza una vera società attorno». A spingerlo sulla via del romanzo poliziesco, è stata anche la nota affermazione di Sciascia secondo cui la «gabbia del giallo è un esercizio salutare e utilissimo per lo scrittore, perché lo obbliga, lo costringe a giocare col lettore ad armi pari».
Montalbano è diventato con gli anni, libro dopo libro, un personaggio che di fittizio ormai ha ben poco. O nulla. La sua anticonvenzionalità, ma soprattutto la sua umanità ha qualcosa di vissuto, d'autentico. Doti che erano del padre di Camilleri, e che lui quasi inconsciamente riproduce nei suoi libri. È stata la moglie a farglielo notare: «Stai scrivendo una lunga biografia di tuo padre attraverso Montalbano». Ecco così svelato il mistero di tanto carisma.
«Mio padre – scrive Camilleri – era un uomo d'enorme coraggio fisico, una qualità che gli ho sempre invidiato. Una volta eravamo andati a caccia io e lui in un luogo perso... quando a un certo punto sbucò uno da un cespuglio e ci intimò mani in alto». Il disgraziato gli prese i fucili, ma il padre dello scrittore con una mossa abile lo bloccò e si riprese le armi, umiliandolo con un solo guizzo. Questo fatto chiarisce la piena assimilazione del personaggio allo scrittore che opera su una traccia umana di grande pienezza morale, istintiva, forte e nitida. Ritraendo il padre nel suo commissario, Camilleri compie una sorta di associazione cosciente, conferendo all'uomo della finzione gli scatti di una realtà estrapolata dalla memoria in cui è riposta l'icona di un affetto immutato. In questa operazione rituale, le funzioni della vita acquistano una loro precisa materialità eludendo il sogno e la letteratura, per stamparsi nell'elogio del bene e del male come intuizioni rappresentative d'una filosofia modesta nelle espressioni, ma capitale nella concezione.
Sta in queste variabili anche la lettura-recitazione di Camilleri. Gli scarti dialettali acquistano nella sua dizione il suono di una lingua antica che è espressione fonetica, ma anche motivazione ancestrale dei sentimenti e delle origini. Nei due cd lo scrittore forse parla con la cadenza della voce del padre, per rendere più seducente l'ascolto a se stesso. Piccoli segreti di un grande successo che adesso ci raggiunge anche con la voce dell'autore, il quale sigla storie di tutti i giorni ed espone la valenza degli uomini della terra di Sicilia, impersonati da un uomo dal destino universale scolpito nell’«estrema fedeltà» alla sua donna, alla vita e al dovere.
Francesco Mannoni