Libertà, 28.8.2002
L'analisi
Elogio del libro giallo
Alcuni scrittori senza rinunciare alla struttura tradizionale del "thrilling" hanno saputo arricchire le loro opere di un piacevole alone intellettuale portandole a un eccellente livello artistico.
I romanzi polizieschi sono stati considerati a lungo ed erroneamente come un semplice genere di intrattenimento ai margini della produzione letteraria vera e propria

Senza dubbio uno dei generi letterari più apprezzati dai lettori durante il periodo estivo è il genere giallo. Nomi illustri come Agatha Christie, George Simenon, Stephen King, Ellery Queen (solo per citare quelli universalmente più noti) campeggiano sulle copertine di un numero spropositato di libri e allietano i rilassati ospiti di spiagge, alberghi e pensioni vacanza. Il "giallo" è ritenuto uno dei generi di maggiore successo non solo d'estate, ma durante tutto l'anno; senza dubbio, nel carente mercato editoriale, costituisce uno dei capisaldi più accertati. Eppure per molto tempo i romanzi polizieschi sono stati tacciati di scarsa letterarietà: al pari della letteratura sentimentale e di quella fantascientifica, si catalogava il giallo come puro "genere d'intrattenimento". Posizioni più moderate o quantomeno oculate sono state però adottate dagli studiosi più moderni: uno per tutti può essere Spinazzola. Egli sostiene la necessità di calibrare con enorme attenzione il giudizio letterario, in nome dell'innegabile varietà dell'offerta, e dunque verosimilmente della qualità. Per questo motivo, se certo "giallo" è da ritenersi innegabilmente poco artistico (per ovvietà degli esiti, per banalità dell'intreccio o della figura dell'investigatore), è altrettanto certo che possono esistere altre proposte di scrittura, in grado di contaminare il genere di largo consumo - nel nostro caso, il poliziesco appunto - con tratti solitamente appartenenti a letteratura più alta (ad esempio, digressioni filosofico-esistenziali, scorci veristi, impliciti ma vibranti scandagli interiori, …). Le illuminanti riflessioni di Spinazzola ci pongono dinnanzi ad un quesito: dobbiamo concludere che il "giallo" sia mero genere d'intrattenimento o possiamo attribuirgli il titolo di letteratura? La giusta risposta accetta entrambe le possibilità: esistono infatti innumerevoli romanzi polizieschi e altrettanti scrittori di "gialli", ma solo alcuni di essi paiono esser riusciti a nobilitare il genere. In che modo? Già lo si è accennato sopra: sottraendo il prodotto della loro arte ad esiti scontati e per questo mediocri, e aggiungendo alla "gabbia" (come diceva Sciascia) tipica della struttura del "giallo" una serie di atmosfere e suggestioni di stampo diverso. Non si tratta però di pure elucubrazioni mentali! Il giallo infatti, persino nella sua struttura base più banale, può farsi espressione di un tratto filosofico-esistenziale molto profondo: la ricerca dell'assassino, il tentativo di ritrovare il bandolo della matassa, fuor di metafora, altro non rappresentano che l'attitudine più tipica dell'uomo: il porsi delle domande. Esse possono essere di vario tipo: ci si può chiedere cosa preferiamo mangiare a cena, perché il bus è in ritardo, oppure ci si può domandare quale sia la nostra origine, se Dio esiste… La nostra vita allora si può davvero leggere come un "giallo" in fieri, poggiati come siamo su alcune assillanti domande: "cosa succederà adesso?", "perché accadono certe cose?", … Ora, ritornando alla base del discorso, occorre dire che taluni scrittori hanno compreso a pieno questa natura filosofico-esistenziale del romanzo poliziesco e l'hanno sottolineata con garbo. Senza cioè rinunciare alla struttura tradizionale del "giallo", hanno arricchito i propri romanzi di una piacevole aura intellettuale, che ha fatto degli stessi innegabili esempi di ottima letteratura. Se volessimo fare qualche nome, (ma qui per semplicità mi limito a citare solo pochissimi esempi) credo potremmo ricordare, tra gli altri, due scrittori come Sciascia o Dürrenmatt. E' ovviamente ridondante il mio giudizio su questi due autori (il primo forse a noi più noto, in quanto siciliano; il secondo, svizzero): ovvio è che si tratta di due eccellenti scrittori, attivi in vari settori, ma forse maggiormente noti per la loro attività di giallisti. I loro romanzi costituiscono eloquenti esempi di quello che qui stiamo cercando di definire come "giallo di qualità". Non per nulla, ormai lontana la temperie culturale positivistica (che con evidenza ancora influenzava i romanzi di Agatha Christie o di Arthur Conan Doyle, fra gli altri), l'investigatore di Sciascia o di Dürrenmatt cessa di essere delineato come figura eccezionale, invincibile e dotata di un'intelligenza sopraffina, per tornare invece tra i mortali, tra gli uomini di tutti i giorni, con i loro mali e con i loro problemi. Se volessimo citare due esempi concreti, mi pare adeguato un riferimento a "Il cavaliere e la morte" di Sciascia o a "Il giudice e il suo boia" di Dürrenmatt. Ebbene, nei due romanzi la figura dei detectives viene delineata in modo tutt'altro che eroico, e per di più, manca in entrambi l'happy ending (lieto fine)! Infatti il protagonista del romanzo di Sciascia è affetto dal cancro, è spesso dolorante a causa del suo male, ha il vizio del fumo; nonostante una salute vacillante, egli risolve mirabilmente il caso, ma subito dopo viene assassinato dai malavitosi. Un discorso simile si può fare anche per "Il giudice e il suo boia": è vero infatti che in questo testo l'investigatore non viene ucciso, ma è altrettanto vero che egli è malato ed il romanzo si conclude con il suo trasporto in ospedale, dopo la brillante risoluzione dell'ennesimo caso. Che dire poi di Camilleri e del suo Salvo Montalbano? In questo caso si fa palese il tratto "umano" del Commissario e delle sue indagini (si pensi ad esempio all'eloquente titolo dell'ultimo volume della serie: "La paura di Montalbano"). Ormai è lontanissima l'eloquenza del giallo di matrice ottocentesca e primo-novecentesca e sono portati agli estremi i risvolti di Sciascia (innegabile punto di riferimento dell'eccellente Camilleri). Credo sia ora più chiaro ciò che si è detto poc'anzi, nel tentativo di delineare le caratteristiche del così detto "giallo di qualità": come dimostrano gli esempi, ciò che viene a mancare non è l'intreccio tradizionale del "giallo", la struttura portante rimane infatti intatta; a mutare sono invece una serie di piccoli elementi (come ad esempio la figura dell'investigatore) che, considerati uno per uno, e poi inseriti debitamente nell'insieme, donano al testo uno spessore tutto nuovo, "esistenziale", come già si è detto. Il romanzo cessa cioè di essere un semplice racconto e diventa qualcosa di più: forse una nuova occasione di riflessione sull'uomo e sulla sua esistenza.
Salvatore Mortilla