Chissà se stasera alla cena organizzata in suo onore gli si smorcherà
il pititto, lo stesso che si scatena in Salvo Mntalbano quando affronta
la mezzachilata di polipetti alla trattoria San Calogero. E chissà
se, alla fine della cena, qualcuno tornerà a casa con la voglia
di mettersi sul comodino uno dei suoi libri.
Oggi Pordenone si inchina davanti ad Andrea Camilleri, ospite di pordenonelegge.it.
Alle 19 con un incontro in piazzetta San Marco, alle 20.30 con una cena
al Moderno.
Nessuno in Italia, negli ultimi anni, ha avuto lo stesso successo di
Andrea Camilleri. E nessuno l’ha avuto nel “suo” modo: utilizzando una
lingua inventata e sconosciuta, che adopera il dialetto siciliano (e, in
un caso, anche il genovese) e che racconta la parabola di un uomo attraverso
le sue inchieste.
Ma attenzione: Camilleri non è solo Montalbano, così
come come Simenon non è stato solo Maigret. Lo immaginiamo: quando
Camilleri sceneggiava le inchieste che avevano per protagonista Gino Cervi,
dopo una giornata di lavoro si ritagliava il suo spazio per dare corpo
e forma a Montalbano: come Maigret cocciuto e mangione, come Maigret trionfatore
ma solo alla fine, come Maigret a volte sconfitto. Persino la squadra è
“importata”: Janvier come Fazio, Lucas come Catarella. I fidi ispettori
collocati accanto ai poliziotti del comissariato, con la ciliegina di Mimì
Augello, lo sciupafemmine.
Ma non ha copiato, non si è neppure ispirato. Ha solo sognato,
trasportato le brume della Normandia nel sole dell’immaginaria Vigata,
il freddo del Nord alle giornate ventose del Mediterraneo. E sembra di
vederli, l’uno accanto all’altro: Maigret con il cappottone e la pipa tra
i denti, Montalbano con la giacca aperta, le mani in tasca e la sigaretta
in bocca a farsi una passiata sul molo. A raccontarsi i casi della loro
vita.
Immaginiamo: per tutti sarà un’emozione, parlare “di pirsona
pirsonalmente” con Andrea Camilleri. La voce rauca per le troppe sigarette,
gli occhi curiosi sotto le sopracciglia folte, la bella faccia da vecchio
cher ne ha viste troppe.
Nei suoi libri (basta Montalbano, adesso) affiora una passione civile
e il gusto della libertà. L’Italia di oggi vista con gli occhi di
inizio secolo. La scomparsa di Patò (un gioiello, come La mossa
del cavallo), con i suoi giornali di centro-destra e di centro-sinistra,
con le sue lotte tra poteri (carabinieri contro poliziotti), con il suo
sottosegretario di Stato che trama nell’ombra e con la banca del paese
depredata di tutto, è l’Italia di oggi. La storia di Patò,
raccontata con i rapporti, le lettere e le minacce, le veline e gli interrogatori
è la storia di questo nostro povero paese che sta precipitando.
E i
dilettanti tronfi e boriosi che troviamo nelle pagine, sono gli stessi
che tutti i giorni popolano le cronache dei giornali.
Prima delle elezioni del 2001, Camilleri ha scritto alcune lettere
immaginarie a un amico. Era spaventato dal futuro e dalle conseguenze di
una scelta politica. Questo giornale le ha pubblicate: andatele a rileggere
e scoprirete che la realtà ha superato le sue paure. Ma per fortuna,
ci sono i libri e Camilleri è un porto sicuro.
Marco Galvi