ROMA - «La Rai è un'azienda maledetta: la puoi biasimare,
odiare, ma in fondo al cuore continui ad amarla. È misterioso questo
rapporto». Andrea Camilleri strappa un applauso lungo, affettuosissimo,
nella sala degli Arazzi della Rai dove insieme al direttore generale Agostino
Saccà inaugura il Master degli autori, iniziativa per «valorizzare
le risorse umane». L'ultimo corso interno risale al '68, adesso,
vista la concorrenza feroce con Mediaset, riapre «la fabbrica per
l'ideazione del prodotto». Camilleri ha lavorato in Rai per quarant'anni.
«È importante che la Rai pensi di privilegiare l'enorme quantità
di forze che ha dentro di sé e che ha lasciato a ghetto per anni.
lo sono stato come Blob» racconta, «il fluido che si infila
ovunque. Ho fatto tutto, mi manca solo di fare il cameraman. Nel tempo
ho notato che la tecnologia andava avanti e gli uomini indietro. Uno come
me - le mie idee politiche le conoscono porci e cani - soffre quando pensa
che la Rai non va dove lui vorrebbe. Ma questa è democrazia, se
Dio vuole. Difendete le vostre idee. Tanti torti stanno dalla parte dei
capi, ma i torti stanno anche nell'acquiescenza. Vi scontrerete contro
i paletti messi da altri: l'importante è sapere fino a che punto
si può cedere al compromesso. Un autore ha dei doveri verso il pubblico:
la libertà di ispirazione deve arrivare allo spettatore».
Camilleri, che oggi sarà in piazza a Roma con Moretti, rivela che
per dieci anni ha coltivato un sogno: raccontare l'avventura dei "ragazzi
di Via Panisperna". «Ho fallito, poi il progetto è venuto
fuori da un'altra parte». Saccà gli offre di raccontare i
ragazzi di Via Cernaia, la storia del gruppo di ingegneri della Ra che
a Torino sperimentò 1’alta definizione e la tv digitale.
Silvia Fumarola