Andrea Camilleri è da ieri dottore in lingue e letterature straniere.
Lo scrittore ha aperto la sua lectio doctoralis con un riferimento biblico
alla distruzione della Torre di Babele e alla nascita delle tante lingue
che «hanno fornito all'umanità opere immortali alle quali
l'uomo si è abbeverato nel suo crescere» e alla loro presunta
scomparsa. Scomparsa sulla quale il celebre autore si interroga domandandosi
se non sia «sopravvissuto nemmeno un traduttore, un interprete di
queste lingue». Il traduttore infatti non è solo il depositario
di parole, suoni e meccanismi linguistici, ma anche e soprattutto di tradizioni
e culture che sopravvivono alle lingue stesse. Ne è un esempio la
considerazione conclusiva di Camilleri: «Da mesi e mesi l'Onu, parlando
tutti convenzionalmente la stessa lingua, l'inglese, non riesce a dare
una definizione, valida per qualsiasi dizionario, della parola terrorismo».
Conferendo la laurea ad honorem all'illustre siciliano, il professor Mario
Negri, preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere ha
riconosciuto allo scrittore il grande merito di essere diventato un esponente
emblematico della nostra letteratura in tutta Europa. La straordinaria
statura culturale dell'inventore del commissario Montalbano è stata
stigmatizzata dal professor Sergio Pautasso, ordinario di Letteratura italiana
contemporanea nel corso della Laudatio in cui ha sottolineato come l'opera
narrativa di Camilleri sia riuscita a dare vita ad un microcosmo che racchiude
il senso storico del mondo. Il rettore Giovanni Puglisi ha sottolineato
invece come sia «giusto e comprensibile che Milano, intrisa di culture
e sensibilità diverse, onori e celebri lo scrittore agrigentino,
così come aveva già fatto con gli esponenti della sicilianità
più autentica: Sciascia, Pirandello e Quasimodo». «Milano
apre le sue porte e la sua Università - ha detto Puglisi - ad un
intellettuale irrequieto e coerente, espressione di mediterraneità
e insieme di europeismo, riconoscendo in lui, manzonianamente, l'espressione
identitaria di un'italianità, oggi più che mai carica delle
esperienze e diversità regionali».
Angela Marinetti
Conversazione con l'illustre siciliano. La scrittura e i suoi effetti
collaterali. Finirà prima Montalbano o il suo autore?
Camilleri e l'elogio della Babele delle lingue
Allo scrittore la laurea honoris causa dell'Università IULM
di Milano
«Questa non è l'ultima laurea di una Facoltà di
Lingue e Letterature Straniere in estinzione ma la prima di una Facoltà
di Lingue, Letterature e Culture moderne nascente», così il
rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione Iulm di
Milano Giovanni Puglisi ha voluto presentare il primo laureato ad honorem
della nuova era. Il neo laureato è nientemeno che Andrea Camilleri.
Nato a Porto Empedocle 77 anni fa, vive a Roma dal 1948: regista, autore
teatrale e televisivo, saggista autore di racconti e poesie, ex docente
di istituzioni di regia all'Accademia di Arte Drammatica di Roma, sposato,
padre di tre figlie e nonno di quattro nipoti. La scrittura l'ha scoperta
tardi, quando ha lasciato il lavoro di regista e scenaggiatore. L'esordio
risale al 1978 con “Il corso delle cose” (Lalli): da allora ad oggi Camilleri
ha venduto in Italia la bellezza di 7 milioni e mezzo di libri. Quello
che ha venduto di più? “Gli arancini di Montalbano” con 800mila
copie (ma vanno considerate le diverse edizioni in cui è uscito);
segue l'“Odore della notte” con 525mila copie (in un'unica edizione). «Quando
ho cominciato a scrivere - raccontava ieri in una chiacchierata con la
stampa - avevo come tutti la legittima aspirazione che quanto scrivevo
raggiungesse gli altri. E quando Elvira Sellerio (una dei suoi primi editori)
mi telefonava entusiasta perché avevamo venduto 5mila copie non
mi montavo la testa. Nel '97 le copie sono salite a 187mila, e io ero perplesso.
Nel '98 a 980mila e la cosa ha cominciato a preoccuparmi». Tradotto
in tutti i paesi del mondo (tranne Russia, Cina e Paesi Arabi), Camilleri
è diventato un fenomeno multimediale (dai suoi libri sono stati
tratti fumetti animati e cd rom) di dimensioni quasi planetarie, con un
fans club con tanto di sito internet e che lo segue ovunque (anche ieri
a Milano). Scrivere romanzi di successo porta inevitabilmente effetti collaterali:
quello di ieri però, per lo scittore siciliano era «assolutamente
insperato». Con lui nell'aula magna della Libera Università
di Lingue e Comunicazione doveva esserci anche Elvira Sellerio, assente
invece per motivi di salute. A lei comunque il rettore Giovanni Puglisi
ha assegnato il sigillo d'oro dell'Università Iulm. Durante la conversazione
più volte l'attenzione è tornata su Milano, città
del Giallo Mondadori, città di Scherbanenko, città dove Camilleri
ha lavorato a lungo alla Rai di Corso Sempione, a cui è profondamente
legato, ma dove - assicura - non ambienterà mai un suo romanzo.
«Amo scrivere di cose che mi sento di conoscere. Ambientare un romanzo
in una città che non si conosce è facilissimo: basta procurarsi
una buona guida. Ma il problema non è l'ambientazione topografica.
Importanti sono i codici di comportamento. Sapere perché una persona
si comporta in un certo modo, che cosa pensa, come si muove. Io preferisco
descrivere il mio villaggio meglio che posso». Altro elemento cruciale,
nella prosa come nella conversazione di Camilleri è la lingua. Ed
è anche per la sua ricerca linguistica che l'università milanese
ha deciso di conferirgli la laurea honoris causa. «“Lui” - dice parlando
di sè in terza persona - non adopera il siciliano. Su una struttura
italiana ci mette la “passolina” (l'uva passa, in sciliano)». Certo,
tradurre i suoi libri in francese, inglese o giapponese non dev'essere
facile. Come tradurre un verbo come “tambasiare”: in siciliano alzarsi,
non lavarsi e passare il tempo facendo tutte quelle cose inutili ma assolutamente
irrinunciabili come raddrizzare un quadro, contemplare una cartolina senza
leggerla e via oziando? E' per questo che la coscienza di molti traduttori
si materializza in fax che gli arrivano da tutto il mondo con richieste
di aiuto. Alcuni creano veri e propri glossari, altri lasciano la parola
in siciliano cercando poi di spiegarla al meglio. «Non ho pretese
di rinnovare la lingua italiana», si schermisce. «Se il mio
modo di scrivere apporta un aiuto di linfa all'albero della lingua italiana,
tanto meglio». Un ultimo pensiero al commissario Montalbano, il personaggio
che lo ha reso popolare in libreria e sul piccolo schermo. A chi gli chiede
che futuro avrà, se si sposerà e quando, risponde con una
riflessione: «Dovete pensare che il padre di Montalbano (cioè
lui) ha 77 anni anni. Allora mi sembra più legittimo chiedersi:
chi finirà prima, Montalbano o il suo autore»?
Angela Marinetti