Libertà, 16.10.2002
La cerimonia
«Milano apre le porte ad un intellettuale irrequieto»
Il rettore Giovanni Puglisi esalta le culture e le sensibilità diversa

Andrea Camilleri è da ieri dottore in lingue e letterature straniere. Lo scrittore ha aperto la sua lectio doctoralis con un riferimento biblico alla distruzione della Torre di Babele e alla nascita delle tante lingue che «hanno fornito all'umanità opere immortali alle quali l'uomo si è abbeverato nel suo crescere» e alla loro presunta scomparsa. Scomparsa sulla quale il celebre autore si interroga domandandosi se non sia «sopravvissuto nemmeno un traduttore, un interprete di queste lingue». Il traduttore infatti non è solo il depositario di parole, suoni e meccanismi linguistici, ma anche e soprattutto di tradizioni e culture che sopravvivono alle lingue stesse. Ne è un esempio la considerazione conclusiva di Camilleri: «Da mesi e mesi l'Onu, parlando tutti convenzionalmente la stessa lingua, l'inglese, non riesce a dare una definizione, valida per qualsiasi dizionario, della parola terrorismo». Conferendo la laurea ad honorem all'illustre siciliano, il professor Mario Negri, preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere ha riconosciuto allo scrittore il grande merito di essere diventato un esponente emblematico della nostra letteratura in tutta Europa. La straordinaria statura culturale dell'inventore del commissario Montalbano è stata stigmatizzata dal professor Sergio Pautasso, ordinario di Letteratura italiana contemporanea nel corso della Laudatio in cui ha sottolineato come l'opera narrativa di Camilleri sia riuscita a dare vita ad un microcosmo che racchiude il senso storico del mondo. Il rettore Giovanni Puglisi ha sottolineato invece come sia «giusto e comprensibile che Milano, intrisa di culture e sensibilità diverse, onori e celebri lo scrittore agrigentino, così come aveva già fatto con gli esponenti della sicilianità più autentica: Sciascia, Pirandello e Quasimodo». «Milano apre le sue porte e la sua Università - ha detto Puglisi - ad un intellettuale irrequieto e coerente, espressione di mediterraneità e insieme di europeismo, riconoscendo in lui, manzonianamente, l'espressione identitaria di un'italianità, oggi più che mai carica delle esperienze e diversità regionali».
Angela Marinetti
 

Conversazione con l'illustre siciliano. La scrittura e i suoi effetti collaterali. Finirà prima Montalbano o il suo autore?
Camilleri e l'elogio della Babele delle lingue
Allo scrittore la laurea honoris causa dell'Università IULM di Milano

«Questa non è l'ultima laurea di una Facoltà di Lingue e Letterature Straniere in estinzione ma la prima di una Facoltà di Lingue, Letterature e Culture moderne nascente», così il rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione Iulm di Milano Giovanni Puglisi ha voluto presentare il primo laureato ad honorem della nuova era. Il neo laureato è nientemeno che Andrea Camilleri. Nato a Porto Empedocle 77 anni fa, vive a Roma dal 1948: regista, autore teatrale e televisivo, saggista autore di racconti e poesie, ex docente di istituzioni di regia all'Accademia di Arte Drammatica di Roma, sposato, padre di tre figlie e nonno di quattro nipoti. La scrittura l'ha scoperta tardi, quando ha lasciato il lavoro di regista e scenaggiatore. L'esordio risale al 1978 con “Il corso delle cose” (Lalli): da allora ad oggi Camilleri ha venduto in Italia la bellezza di 7 milioni e mezzo di libri. Quello che ha venduto di più? “Gli arancini di Montalbano” con 800mila copie (ma vanno considerate le diverse edizioni in cui è uscito); segue l'“Odore della notte” con 525mila copie (in un'unica edizione). «Quando ho cominciato a scrivere - raccontava ieri in una chiacchierata con la stampa - avevo come tutti la legittima aspirazione che quanto scrivevo raggiungesse gli altri. E quando Elvira Sellerio (una dei suoi primi editori) mi telefonava entusiasta perché avevamo venduto 5mila copie non mi montavo la testa. Nel '97 le copie sono salite a 187mila, e io ero perplesso. Nel '98 a 980mila e la cosa ha cominciato a preoccuparmi». Tradotto in tutti i paesi del mondo (tranne Russia, Cina e Paesi Arabi), Camilleri è diventato un fenomeno multimediale (dai suoi libri sono stati tratti fumetti animati e cd rom) di dimensioni quasi planetarie, con un fans club con tanto di sito internet e che lo segue ovunque (anche ieri a Milano). Scrivere romanzi di successo porta inevitabilmente effetti collaterali: quello di ieri però, per lo scittore siciliano era «assolutamente insperato». Con lui nell'aula magna della Libera Università di Lingue e Comunicazione doveva esserci anche Elvira Sellerio, assente invece per motivi di salute. A lei comunque il rettore Giovanni Puglisi ha assegnato il sigillo d'oro dell'Università Iulm. Durante la conversazione più volte l'attenzione è tornata su Milano, città del Giallo Mondadori, città di Scherbanenko, città dove Camilleri ha lavorato a lungo alla Rai di Corso Sempione, a cui è profondamente legato, ma dove - assicura - non ambienterà mai un suo romanzo. «Amo scrivere di cose che mi sento di conoscere. Ambientare un romanzo in una città che non si conosce è facilissimo: basta procurarsi una buona guida. Ma il problema non è l'ambientazione topografica. Importanti sono i codici di comportamento. Sapere perché una persona si comporta in un certo modo, che cosa pensa, come si muove. Io preferisco descrivere il mio villaggio meglio che posso». Altro elemento cruciale, nella prosa come nella conversazione di Camilleri è la lingua. Ed è anche per la sua ricerca linguistica che l'università milanese ha deciso di conferirgli la laurea honoris causa. «“Lui” - dice parlando di sè in terza persona - non adopera il siciliano. Su una struttura italiana ci mette la “passolina” (l'uva passa, in sciliano)». Certo, tradurre i suoi libri in francese, inglese o giapponese non dev'essere facile. Come tradurre un verbo come “tambasiare”: in siciliano alzarsi, non lavarsi e passare il tempo facendo tutte quelle cose inutili ma assolutamente irrinunciabili come raddrizzare un quadro, contemplare una cartolina senza leggerla e via oziando? E' per questo che la coscienza di molti traduttori si materializza in fax che gli arrivano da tutto il mondo con richieste di aiuto. Alcuni creano veri e propri glossari, altri lasciano la parola in siciliano cercando poi di spiegarla al meglio. «Non ho pretese di rinnovare la lingua italiana», si schermisce. «Se il mio modo di scrivere apporta un aiuto di linfa all'albero della lingua italiana, tanto meglio». Un ultimo pensiero al commissario Montalbano, il personaggio che lo ha reso popolare in libreria e sul piccolo schermo. A chi gli chiede che futuro avrà, se si sposerà e quando, risponde con una riflessione: «Dovete pensare che il padre di Montalbano (cioè lui) ha 77 anni anni. Allora mi sembra più legittimo chiedersi: chi finirà prima, Montalbano o il suo autore»?
Angela Marinetti