La Nuova Sardegna, 31.10.2002
«E ora provo con la lirica»
Diventa un'opera «Il commissario di bordo» di Camilleri

ROMA. «Ho piccoli gusti musicali un po' rognosi e diversi da quelli di Montalbano» - spiega Andrea Camilleri - seduto accanto al compositore Marco Betta che sta traducendo in opera lirica, con il libretto e la regia di Rocco Mortelliti, i suoi otto racconti di «Il commissario di bordo», il primo dei quali debutta a Bergamo il 13 dicembre.
Il creatore del commissario Montalbano confessa di ascoltare essenzialmente musica moderna. «Amo molto Alban Berg e il suo "Wozzek", sento spesso Schoemberg. Anche la lirica classica, che ascolto a occhi chiusi, preferendo non andare a vederla, perché da vecchio uomo di teatro sarei distratto da tante cose che non mi tornerebbero. Detesto quei mie colleghi che trasferiscono l'Aida negli anni della guerra in Vietnam: idiozie totali».
Non corre rischi simili il suo commissario di bordo Cecè Collura, cui darà voce e corpo Vincenzo La Scola, con al fianco Katia Ricciarelli e Luciana Serra, che saranno gli interpreti principali di «Il fantasma della cabina», opera in due atti con scene di Italo Grassi. E' il primo di quattro spettacoli, che tradurranno tutti gli otto racconti gialli della raccolta di Camilleri: il secondo appuntamento è per il 2003 alla Chigiana con due atti unici, «Il finto cantante» e «Che fine ha fatto la piccola Irene». Poi sarà la volta di altri due racconti e infine di un'opera che ne ingloberà tre. «Il fantasma della cabina» sarà a gennaio a Lucca, a febbraio a Messina, a fine 2003 a Roma, quindi a Lecce e Messina.
Ad apertura e chiusura del palcoscenico il ticchettio di una macchina da scrivere e la voce dello stesso Camilleri che racconta in breve chi è Cecè Collura e come mai, da un commissariato di polizia, sia finito commissario di bordo su una nave da crociera, dove si troverà a dover risolvere vari misteri.
Marco Betta parla, a proposito di questo progetto in quattro tempi dice che «ognuno è collegato agli altri anche musicalmente, con figure musicali e temi che tornano». Per il compositore «la musica è una struttura parallela al testo, con cui interagisce ora come dialogo, ora per fusione, ora per contrasto».
Il compositore, del resto, il suo lavoro lo vede «legato alla grande tradizione del melodramma, ma proiettata nell'oggi e nel futuro, con particolare attenzione al ritmo e suggestione del teatro. I cantanti saranno tutti anche attori, ci sono arie e anche concertati, ma pure momenti di semplice prosa con sottofondo musicale in sincrono, come si trattasse di un film».
Lo scrittore, invece, ricorda la sua prima e unica regia, proprio al Donizetti di Bergamo nel 1958, di un'opera lirica, «Don Giovanni decollato» di Alfredo Sangiorgi da Martoglio: «Il mio tentativo fu quello quasi disperato di riuscire a far ridere con la musica seriale di Sangiorgi, un impegno che segnò la mia vita e mi fece da allora rinunciare alla lirica.
Di «Il fantasma nella cabina» non ha ascoltato una nota e dice di volerselo «godere tutto il giorno della prima, proprio come mi godo Montalbano in televisione, senza saperne nulla prima. Sono gli altri, in questi casi ad avere il peso delle responsabilità. C'è il regista, gli attori, il compositore e il mio testo di partenza è l'ultima cosa che conta».
Sono sette milioni e trecentomila le copie vendute in totale dei libri di Andrea Camilleri. Lo rende noto lo stesso scrittore, commentando gli eccezionali ascolti tv raggiunti dal suo "Montalbano" e facendo notare che «questo non fa però aumentare i suoi lettori, che restano pochi, perchè siamo in un paese che non legge».
Proprio per questo la più grande soddisfazione è «quando qualcuno mi confessa di non aver mai letto un libro prima dei miei e ora che li ha finiti vorrebbe un consiglio su cosa leggere. Io gli dico di cominciare dai titoli che ogni tanto cita lo stesso Montalbano». Camilleri spiega che i suoi «sono lettori affezionati, fedeli, ma in tutto, in un paese di 50 milioni di persone, saranno 500 mila. Sembrano una moltitudine perché ognuno compra tutti i titoli e guarda se gliene manca uno, nemmeno fossero figurine della Panini».
Scrive a macchina, non al computer e, appena finito un testo, racconta di sentire «il bisogno di leggerlo ad alta voce, perché solo così sento dove stavo sbagliando, avverto il ritmo e il procedere del senso». E' un uomo di teatro, ha insegnato all'Accademia d'Amico e ha fatto il regista e gli resta l'amore per le cose di una volta, «quelle scene dipinte che a apertura di sipario ondeggiano, ma poi entra l'attore che riesce a farti credere che quelle case di tela siano vere».
Così il mestiere di autore di gialli racconta di averlo imparato quando fu delegato di produzione tv per la realizzazione degli ormai storici Maigret, «andando a bottega da Diego Fabbri, che sceneggiava i romanzi di Simenon, procedendo come un orologiaio che smonta e rimonta meccanismi. Fu una scuola da cui ebbi molto, molto di più che qualche suggestione per la mia scrittura successiva».
Qualcuno lo provoca dicendo che il record di 10 milioni di spettatori con Montalbano è da Sanremo e che ora la tv chiamerà lui e il suo commissario a presentare il Festival: «Sono cifre incredibili, inspiegabili, comunque io nei panni del professor Dulbecco non mi ci vedo. In caso, se vuole, ci andrà Zingaretti».