ROMA. «Ho piccoli gusti musicali un po' rognosi e diversi da quelli
di Montalbano» - spiega Andrea Camilleri - seduto accanto al compositore
Marco Betta che sta traducendo in opera lirica, con il libretto e la regia
di Rocco Mortelliti, i suoi otto racconti di «Il commissario di bordo»,
il primo dei quali debutta a Bergamo il 13 dicembre.
Il creatore del commissario Montalbano confessa di ascoltare essenzialmente
musica moderna. «Amo molto Alban Berg e il suo "Wozzek", sento spesso
Schoemberg. Anche la lirica classica, che ascolto a occhi chiusi, preferendo
non andare a vederla, perché da vecchio uomo di teatro sarei distratto
da tante cose che non mi tornerebbero. Detesto quei mie colleghi che trasferiscono
l'Aida negli anni della guerra in Vietnam: idiozie totali».
Non corre rischi simili il suo commissario di bordo Cecè Collura,
cui darà voce e corpo Vincenzo La Scola, con al fianco Katia Ricciarelli
e Luciana Serra, che saranno gli interpreti principali di «Il fantasma
della cabina», opera in due atti con scene di Italo Grassi. E' il
primo di quattro spettacoli, che tradurranno tutti gli otto racconti gialli
della raccolta di Camilleri: il secondo appuntamento è per il 2003
alla Chigiana con due atti unici, «Il finto cantante» e «Che
fine ha fatto la piccola Irene». Poi sarà la volta di altri
due racconti e infine di un'opera che ne ingloberà tre. «Il
fantasma della cabina» sarà a gennaio a Lucca, a febbraio
a Messina, a fine 2003 a Roma, quindi a Lecce e Messina.
Ad apertura e chiusura del palcoscenico il ticchettio di una macchina
da scrivere e la voce dello stesso Camilleri che racconta in breve chi
è Cecè Collura e come mai, da un commissariato di polizia,
sia finito commissario di bordo su una nave da crociera, dove si troverà
a dover risolvere vari misteri.
Marco Betta parla, a proposito di questo progetto in quattro tempi
dice che «ognuno è collegato agli altri anche musicalmente,
con figure musicali e temi che tornano». Per il compositore «la
musica è una struttura parallela al testo, con cui interagisce ora
come dialogo, ora per fusione, ora per contrasto».
Il compositore, del resto, il suo lavoro lo vede «legato alla
grande tradizione del melodramma, ma proiettata nell'oggi e nel futuro,
con particolare attenzione al ritmo e suggestione del teatro. I cantanti
saranno tutti anche attori, ci sono arie e anche concertati, ma pure momenti
di semplice prosa con sottofondo musicale in sincrono, come si trattasse
di un film».
Lo scrittore, invece, ricorda la sua prima e unica regia, proprio al
Donizetti di Bergamo nel 1958, di un'opera lirica, «Don Giovanni
decollato» di Alfredo Sangiorgi da Martoglio: «Il mio tentativo
fu quello quasi disperato di riuscire a far ridere con la musica seriale
di Sangiorgi, un impegno che segnò la mia vita e mi fece da allora
rinunciare alla lirica.
Di «Il fantasma nella cabina» non ha ascoltato una nota
e dice di volerselo «godere tutto il giorno della prima, proprio
come mi godo Montalbano in televisione, senza saperne nulla prima. Sono
gli altri, in questi casi ad avere il peso delle responsabilità.
C'è il regista, gli attori, il compositore e il mio testo di partenza
è l'ultima cosa che conta».
Sono sette milioni e trecentomila le copie vendute in totale dei libri
di Andrea Camilleri. Lo rende noto lo stesso scrittore, commentando gli
eccezionali ascolti tv raggiunti dal suo "Montalbano" e facendo notare
che «questo non fa però aumentare i suoi lettori, che restano
pochi, perchè siamo in un paese che non legge».
Proprio per questo la più grande soddisfazione è «quando
qualcuno mi confessa di non aver mai letto un libro prima dei miei e ora
che li ha finiti vorrebbe un consiglio su cosa leggere. Io gli dico di
cominciare dai titoli che ogni tanto cita lo stesso Montalbano».
Camilleri spiega che i suoi «sono lettori affezionati, fedeli, ma
in tutto, in un paese di 50 milioni di persone, saranno 500 mila. Sembrano
una moltitudine perché ognuno compra tutti i titoli e guarda se
gliene manca uno, nemmeno fossero figurine della Panini».
Scrive a macchina, non al computer e, appena finito un testo, racconta
di sentire «il bisogno di leggerlo ad alta voce, perché solo
così sento dove stavo sbagliando, avverto il ritmo e il procedere
del senso». E' un uomo di teatro, ha insegnato all'Accademia d'Amico
e ha fatto il regista e gli resta l'amore per le cose di una volta, «quelle
scene dipinte che a apertura di sipario ondeggiano, ma poi entra l'attore
che riesce a farti credere che quelle case di tela siano vere».
Così il mestiere di autore di gialli racconta di averlo imparato
quando fu delegato di produzione tv per la realizzazione degli ormai storici
Maigret, «andando a bottega da Diego Fabbri, che sceneggiava i romanzi
di Simenon, procedendo come un orologiaio che smonta e rimonta meccanismi.
Fu una scuola da cui ebbi molto, molto di più che qualche suggestione
per la mia scrittura successiva».
Qualcuno lo provoca dicendo che il record di 10 milioni di spettatori
con Montalbano è da Sanremo e che ora la tv chiamerà lui
e il suo commissario a presentare il Festival: «Sono cifre incredibili,
inspiegabili, comunque io nei panni del professor Dulbecco non mi ci vedo.
In caso, se vuole, ci andrà Zingaretti».