Andrea Camilleri entra nella prestigiosa categoria dei grandi autori
della letteratura, ai quali viene dedicato un volume dei Meridiani Mondadori.
Un onore concesso a pochi, fra i quali Calvino, Pasolini, Montale. Per
l'inventore del commissario Montalbano ed autore di raffinati romanzi storici,
che ha venduto qualcosa come 7 milioni e mezzo di libri, conquistando lettori
di vari continenti, è un giusto riconoscimento. Un nuovo tassello
di un successo senza precedenti. Camilleri, con la sua scrittura avvincente,
con i suoi gialli filosofici e pieni d'ironia, la sua lingua originale,
mix geniale di dialetto ed italiano, ha avvicinato ed avvicina alla lettura,
persone che non avevano mai preso un libro in mano. Ed in una tradizione
letteraria elitaria ed aristocratica, come quella italiana, è un
grande merito. Con la sua lingua sui generis e scoppiettante, ed una struttura
narrativa chiara ed armoniosa, riesce ad unire ricerca linguistica e divulgazione
democratica. Un innovatore della grande tradizione veristica, che appresa
la lezione di Verga, riletto in chiave brancatiana, la rielabora costruendo
dei romanzi tra Sciascia e Le Carré, con uno stile ironico, che
trae dal comico lo strumento per la comprensione della realtà. In
buona sostanza l'aspetto tragico-drammatico della tradizione veristica,
quel senso deterministico proprio della temperie del positivismo ottocentesco,
viene sciolto dallo stile ironico e divertente di Camilleri.
Ma l'ironia, è solo uno strumento, dietro il quale si cela la
filosofia camilleriana, fondata sul contrasto fra illuminismo e scetticismo.
Ne La forma dell'acqua, Camilleri riflette pirandellianamente sulla pluralità
della verità, che assume le molteplici forme dell'acqua. Attraverso
questa metafora e l'avvincente storia che inaugura la serie letteraria
del comissario Salvo Montalbano, Camilleri parla ai suoi lettori della
Sicilia, della sua storia e della sua cultura. Riflettendo sulla pluralità
della verità, fa diventare la Sicilia metafora del mondo, strumento
di ricerca della complessità della realtà. Emergono sin da
questa prima opera diversi livelli di interpretazione, diversi piani di
lettura delle opere di Camilleri. Dal piano narrativo a quello storico,
a quello filosofico. Piani di lettura, che si colgono appieno nei romanzi
storici, capolavori quali Un filo di fumo, La stagione della caccia, Il
Birraio di Preston, Il re di Girgenti, e sono ovviamente più sfumati
nei romanzi incentrati su Montalbano. Nel volume dei Meridiani Mondadori,
si può ripercorrere la storia seriale di Montalbano, seguire il
filo della fantasia narrativa di Camilleri, la sua verve inesauribile.
E rileggere così romanzi di grande successo, La forma dell'acqua,
Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, La voce del violino, La gita
a Tindari, L'odore della notte, ed ancora i racconti. Il tutto corredato
da una introduzione di Nino Borsellino, da una "Cronologia" di Antonio
Franchini, e da un saggo di Mauro Novelli, curatore del testo e di una
ottima bibliografia critica, molto utile per chi voglia studiare la letteratura
di Camilleri.
Per comprendere appieno l'affascinante e complessa dimensione della
creazione ed evoluzione letteraria di Montalbano è assai interessante
anche la lettura del commissario Salvo Montalbano spiegato ed interpretato
da Andrea Camilleri, in Montalbano a viva voce, edito da Mondadori. Un
libro che segue il più corposo La paura di Montalbano (Mondadori)
nel quale vi sono anche tre lunghi racconti inediti: dei romanzi brevi,
utilissimi a capire l'evoluzione psicologica del commissario siciliano.
Sì, perché Montalbano non è un personaggio statico,
ma è in continua mutazione, così come è cangiante
il fluire dell'esistenza. Un fluire che non è necessariamente lineare
e teleologico, ma un modificarsi fatto di progressi e ripensamenti, conquiste
e sconfitte. In questo divenire privo di sintesi hegeliana, Montalbano
si ritrova così come in alcuni romanzi precedenti a fare i conti
con la propria vita, con il presente ed i lati oscuri del suo carattere.
La ricerca della verità che collima con la risoluzione dei misteri
che gli si presentano nella sua vita da poliziotto, a volte lo fa restare
in superficie, gli fa evitare di scavare nei meandri dell'animo umano,
direbbe Montalbano con piglio ironico. In realtà nei romanzi di
Andrea Camilleri, tale analisi psicologica vi è, anche se smussata,
camuffata, ed ancor di più emerge in quelli storici, dove filosofia
e psicologia, sono abilmente disvelate nella struttura corale, teatrale
e dialettica della sua narrativa. Ma nei romanzi incentrati sul commissario
Montalbano, per via della rapidità della scrittura, dell'avvincente
ritmo tipico del giallo, queste analisi sono più sfumate. E forse
è l'autore medesimo, a volerle nascondere, perché in Camilleri
vi è molto di Montalbano, probabilmente più di quanto si
possa pensare.
Per fugare ogni dubbio, basta leggere con attenzione, l'introduzione
di Montalbano a viva voce. "Alcune cose che so di Montalbano", non è
un manifesto letterario, è qualcosa di più. Non vi è
solo una ricostruzione critico-letteraria della nascita di Montalbano,
vi è la radice umana e psicologica del commissario, che collima
con la produzione narrativa medesima di Camilleri.
Montalbano ha un valore simbolico e concreto nella produzione scritturale
dell'autore siciliano, che con il suo linguaggio, il suo uso sapiente e
geniale del dialetto, ha conquistato milioni di lettori in Italia, in Europa,
e persino in Asia, nel lontano Giappone.
Camilleri scrive: "il personaggio cominciò a perseguitarmi,
lo dico seriamente. Si verificò il fenomeno, che io credevo potesse
essere di natura soltanto letteraria, del personaggio che passa dall'immaginazione
alla realtà". Camilleri parla con il suo personaggio, gli promette
di scriverne ancora, perché Montalbano è una sorta di suo
alter ego. Ancora Camilleri scrive: "A proposito della crescita, dell'evoluzione
del personaggio, posso aggiungere un'altra cosa, contingente, ma vera:
l'occasione ha fatto sì che io sia riuscito a scrivere dei racconti
su Montalbano, ma attualmente, in questo preciso momento, non sarei in
grado di scrivere un romanzo su Montalbano. Non è uno scherzo, è
che dopo il G8 non ne sono più capace. Un personaggio che fa parte
della polizia e che ha certe idee, quando si trova di fronte a quello che
è capitato al G8, dove una parte della polizia non si è certo
comportata bene, che fa? E' possibile far finta di niente?".
Montalbano è un uomo di sinistra, che crede nei valori della
democrazia, ma è soprattutto un uomo libero che non si fa ingabbiare
dagli schematismi classici, è uno che pensa con la sua testa. Non
va contro gli operai che scioperano per il posto di lavoro, anzi è
con loro solidale; è critico nei confronti dei ministri che si lasciano
scappare frasi infelici. Ed ancora al commissario "non piace il governo
di centro-destra", ma "coglie in castagna anche i politici di diverso colore
politico". Montalbano assomiglia al suo inventore, con le sue simpatie
e le sue idiosincrasie, i suoi moti d'animo genuini, il suo essere aperto
e gioviale, alternato a fasi nelle quali diventa "mutanghero" e pensoso.
Montalbano non è un personaggio statico ed astratto, strumento letterario
per disvelare misteri, come i personaggi di altri grandi scrittori e giallisti
del passato (si pensi al Maigret di Simenon), è invece un personaggio
vitale, con le sue emozioni, la sua ironia, la sua curiosità verso
il mondo. Se non si coglie questo passaggio, non si capisce il fenomeno
letterario Camilleri; la storia e la società rivivono nei suoi romanzi
nella forma semplice della vita quitidiana, con tutte le sue plurime sfaccettature,
le sue contraddizioni. Camilleri nei suoi romanzi storici affronta anche
questioni metafisiche, si pensi nel Re di Girgenti pubblicato da Sellerio,
in particolare al capitolo finale nel quale il protagonista Zosimo affronta
la morte, affidandosi dapprima alla memoria, che è storia e conoscenza,
ma fermandosi poi davanti all'ignoto, poiché si rende conto che
è inutile dare significato a ciò che non si può dire.
Un passaggio che rimanda chiaramente al Trattato logico-filosofico di Wittegenstein.
Nei romanzi nei quali invece è protagonista Montalbano, i riferimenti
filosofici e psicologici sono tratteggiati, accennati, ma narrativamente
chiari. E Camilleri estrinseca nelle paure di Montalbano, le paure quotidiane
degli uomini. "Era vero, Livia aveva ragione. Lui aveva paura, si scantava
di calarsi negli "abissi dell'animo umano" (...) Aveva scanto perché
sapeva benissimo che, raggiunto il fondo di uno qualsiasi di questi strapiombi,
ci avrebbe immancabilmente trovato uno specchio. Che rifletteva la sua
faccia". E da questo passo tratto da La paura di Montalbano, nel quale
è Montalbano a parlare, all'altro libro edito da Mondadori nel quale
Camilleri racconta: "proprio l'anno scorso mia moglie mi disse questa frase,
che io trovai bellissima e che credo risponda alla verità: "Il fatto
è che tu stai scrivendo una lunga biografia di tuo padre attraverso
Montalbano". Ma quanto assomiglia Camilleri al padre? Probabilmente parecchio.
E Camilleri dalla Sicilia, dal mondo nel quale ha vissuto la sua infanzia
e la sua prima giovinezza ha tratto molto. Si pensi a Catarella, un personaggio
comico, del quale lo scrittore ne racconta così la nascita: "Non
volevo farne una macchietta, avevo in mente una persona precisa, don Paolino
Castelli, una specie di attendente di mio padre. Era don Paolino Castelli
che diceva "ho una malattia venerea". E come la pigliasti? Non lo so, so
solo che va e viene, venerea". L'ironia di Montalbano è connaturata
all'estro di Camilleri, e poi questo commissario è così colto
che sembra uno scrittore, un regista teatrale, non vi pare?
"Duemila pagine: ma come ho fatto a scrivere così tanto?"
"Ho avuto la prima copia originale del volume il giorno stesso della
laurea ad honorem che mi è stata conferita a Milano. Quindi è
stata una doppia gioia. E come aver ricevuto due lauree nello stesso giorno".
Camilleri commenta così l'uscita del volume Storie di Montalbano,
pubblicato nei prestigiosi Meridiani Mondadori. Con ironia e franchezza
aggiunge: "Avere fra le mani un volume di quasi 2000 pagine, mi ha fatto
subito pensare, ma come ho fatto a scrivere tanto? Il che mi ha dato una
grande soddisfazione, è la testimonianza di quanto ho "travagliato".
Ed ho lavorato molto". Camilleri fa una breve pausa, poi spiega: "Vede,
un romanziere non è un poeta, che può anche essere ermetico,
la sua scrittura è nettamente diversa. Il romanziere deve sviluppare
una storia, anzi più storie. Sono contento di aver scritto tanto.
E lo dico senza l'intenzione o il gusto di provocare i critici".
Nella scelta della Mondadori, vi è anche la consacrazione del
giallo?
"L'operazione della Mondadori è coraggiosa ed intelligente.
Capisco che questo possa far storcere la bocca a molti, ma con questa
operazione culturale si assiste all'abbattimento dello steccato fra letteratura
e paraletteratura, il giallo viene riconosciuto per quello che veramente
è, autentica letteratura. Che tale scelta culturale avvenga sul
mio nome, mi emoziona ancora di più".
In buona sostanza è una scelta contro i vetusti luoghi comuni?
"Certo. E' un'operazione culturale e non commerciale. Il prestigio
dei Meridiani Mondadori rende omaggio al giallo, lo riconosce come vera
letteratura".
In questo libro sono raccolte le "Storie di Montalbano", senza i romanzi
storici e ci avviciniamo già alle 1700 pagine...
"Eh, sì. Sono molto contento di questo. Il volume dei Meridiani
mi fa vedere anche materialmente la consistenza del mio lavoro. Sarà
concretezza siciliana non lo so, ma è molto bello vedere nell'insieme
il proprio lavoro".
Ma proprio non le interessano le critiche di coloro che dicono: ha
scritto molto, troppo?
"Francamente no. Ho scritto tanto, e vabbè, pazienza! Mi dicano
qual'è l'unità di misura dello scrivere, dopo ci regoliamo.
Del resto nella storia della letteratura vi sono gli autori stitici e quelli
prolifici. Appartengo senza ombra di dubbio alla seconda categoria. E ne
sono felice. E poi veramente queste discussioni sullo scriver molto o poco,
tipiche di una parte della critica italiana non le capisco. Pensi a Dante
e Leopardi. Puoi dire che Dante ha scritto troppo rispetto a Leopardi.
O Leopardi, troppo poco. Suvvia, sono discorsi che lasciano il tempo che
trovano".
Salvo Fallica