Programma della

 XXVIII edizione del Premio Letterario Internazionale Mondello - Città di Palermo
Venerdì 29 novembre 2002, Palermo, Palazzo Ziino (Via Dante, 53)
Ore 10:30
Tavola rotonda sull'opera dello scrittore svedese Per Olov Enquist, vincitore del Premio come autore straniero per Il medico di corte (Iperborea).
Ore 16:30
Tavola rotonda sull'opera di Andrea Camilleri, vincitore del Premio come autore italiano per Il re di Girgenti (Sellerio); partecipano Andrea Camilleri, Nino Borsellino, Salvatore Silvano Nigro, Gianni Puglisi, Natale Tedesco.
Tavola rotonda sull'opera di Luciano Erba, Premio speciale della Giuria per la raccolta Poesie 1951-2001 (Mondadori).
Sabato 30 novembre 2002, ore 18:00, Mondello, Hotel Palace (Viale Principe di Scalea)
Cerimonia di consegna dei Premi.
L'ingresso alle manifestazioni è libero.



La Repubblica, ed. di Palermo, 29.11.2002
Camilleri democratico e popolare

Se ha ancora un senso parlare di Camilleri – che oggi viene premiato con il Mondello per Il Re di Girgenti – come di un caso letterario, ciò può farsi in rapporto all´ascolto, al successo, che la sua opera riscuote nel pubblico dei più diversi lettori, di tutte le età. Ma è ormai chiaro che ci troviamo davanti a uno scrittore il cui genio inventivo non è esploso in tarda età. La sua vocazione è insieme sorgiva e antica, così come la sua formazione intellettuale è complessa e di lunga lena. Neppure può sorprendere la quantità delle narrazioni seriali, nel mentre egli ci testimonia dello spessore delle sue doti con opere più impegnate. In realtà pure i migliori romanzi di un giallismo impuro sono composti con una forte attenzione costruttiva – soprattutto nella delineazione dei caratteri – costituendo l´aspetto, la figura più leggera e sorniona della sua proposta narrativa nuova.
Sorprendente, straordinario dunque non è il Re di Girgenti solo per l´intensità dell´elaborazione, la cura della struttura, la ricercatezza delle occorrenze linguistiche; straordinario, fuori del comune manifestarsi della letteratura italiana contemporanea, è questo romanzo che fa rientrare la contemporaneità nel grande solco della letteratura carnevalesca. Veniamo da una letteratura penitenziale; tranne rari casi, Calvino da una parte, Malerba e Sanguineti dall´altra, una quaresima di sinistra, dove la trasgressione è interdetta da un´opaca nube ideologica, quando non sa usufruire dell´ironia di Sciascia.
(Tra parentesi: solo negli ultimi tempi, con le esplicite dichiarazioni politiche su "Micromega" o su "l´Unità", si è diffusa la consapevolezza del pieno impegno etico-civile di Camilleri, ma già da tempo la trasgressione linguistica si accompagnava con questo. E per coloro che non se n´erano accorti leggendo i romanzi, o volevano al solito prese di posizioni extraletterarie, sarebbe bastato un articolo sulla "Repubblica" di Palermo dove Andrea Camilleri giostrava con ironia, tra filosofia e mafia, o meglio tra le opinioni in proposito di un proclamatosi filosofo, che aveva mostrato di avere un´idea "pazzagliesca" della mafia.)
Peraltro Camilleri è convinto che «uno scrittore si impegna all´atto della scrittura». La persistenza dell´intenzione del romanzo civile, a partire dal Birraio di Preston, si nasconde a sguardi superficiali nel segno ludico della sua scrittura. Di esso è parte integrante l´uso del siciliano o di altri dialetti non per effetti volgarmente comici, ma per due idee centrali che guidano la costruzione romanzesca: la carnevalizzazione, appunto, e la consapevolezza, espressa una volta da Jahier che «ogni dialetto rappresenta una terra e un sangue che deve trovare luogo così nella patria, come nella lingua italiana». Una verità attestata in opere eterodosse ma dove c´è il meglio dello sperimentalismo narrativo italiano, a cominciare dalle "novelle della guerra" di Federico De Roberto, a Camilleri ben note, a finire a Gadda.
Il segno ludico trasmesso nella scrittura di Camilleri è democratico, popolare; ma ciò, compreso dal lettore comune, non è stato egualmente capito dalla maggior parte dei critici che non ritenevano quella di Camilleri una delle strade praticabili per rispondere all´appiattimento della narrativa di consumo. La globalizzazione - con l´uso di temi, di riti: l´opzione per il giallo, il comportamento sessuale e culinario - viene ribaltata, rivoltata come un guanto, e spesso appare la sua parte ruvida. Camilleri è ben avvertito del nuovo conformarsi del villaggio globale. Ma da un´ottica isolana vuole alimentare i segni della diversità, sottolineare le differenze, rinsanguare e ricostituire l´identità siciliana (un´identità impura perché riconosce il diverso, plurale, dove rientra nel Re di Girgenti anche l´uso della lingua spagnola), quella che permette agli scrittori siciliani di disegnare come una controstoria del processo unitario di omologazione; paradossalmente un minuscolo anticipo di quella mondiale odierna.
Il suo ricostituire un´identità contro è un modo ineludibile di far intendere ciò che di oppositivo e di vitale batte nel greve, anche grande, corpo dell´omologazione. Una prova del battito diverso dei molteplici, tuttavia persistenti cuori del mondo sono appunto i dialetti, il cui nuovo uso contrastativo accompagna i mutamenti sociolinguistici nel segno del globalismo. In Camilleri la pratica di innesti (innesti non inserti) dialettali è la manifestazione prima di tutto di un´omofonia interiore, che provoca lo scarto-scatto dello stile. Contro la convenzionalità della maggior parte della narrativa odierna, Camilleri, come il cavallo del giovane Sklovskij, procede obliquamente. È alla tipica "mossa del cavallo" che lo scrittore deve la possibilità di invenzione di una nuova convenzionalità; e mi permetto di ricordare che di una mossa del cavallo parlavo prima ancora che Camilleri adottasse come titolo di un suo recente volume questa espressione di Bachtin: ancora una volta un´allusione colta con cui egli gioca alla metaletteratura. La stranezza fruttuosa di questo procedere è evidente nel Re di Girgenti, il nuovo portentoso parto folenghiano dove ascoltiamo cose inaudite e assistiamo a mostruosità e incantesimi.
In quest´ottica si può trovare la strada che porta Il re di Girgenti all´opera di Teofilo Folengo. Il racconto della nascita e della crescita di Zosimo si svolge nel segno dell´eccezionalità, del paradosso, che già contraddistinse quello dell´infanzia di Baldus. E per tutto il romanzo assistiamo alla straordinarietà della sfrenatezza del sesso, della goduria della gola; tuttavia la dote di Camilleri è quella di narrare di un mondo tumultuoso, di icastica dissacrazione, con leggerezza. Paradossalmente anche nell´uso del lessico più scurrile, lo scrittore tende a fargli perdere, o a limitare, la sua gravezza con un avvolgimento musicale. E difatti nel romanzo possiamo trovare la scheggia di una sorprendente poetica della levità naturale: «Doviva essere, la poesia fatta sul serio e non per sgherzo, come un venticeddro leggio leggio che pettinava l´erba, metteva in ordine le foglie dell´àrbolo, cangiava la forma delle nuvoli, faceva addiventare musica le pampine della vite».
Natale Tedesco