Il Sole 24 Ore (suppl. "Domenica"), 15.12.2002
Arioso e noioso il Camilleri in musical

Alla fine si scopre che sono tutti portoghesi. Lui, lei, l'altra: il commissario Cecé Collura, la signorina Meneghetti, la giornalista Biroli. In crociera senza aver pagato il biglietto. E a Cecé va doppiamente bene, perché all'ultimo trova pure la ganza con cui festeggiare in cabina (anche lei senza biglietto).
Un pò senza ci sentiamo anche noi - senza preda, senza meta - uscendo dal Donizetti, dopo Il fantasma della cabina di Marco Betta, su libretto di Rocco Mortelliti, ispirato a un racconto di Camilleri. Prima esecuzione a Bergamo - il "mondiale" in locandina è di buon auspicio, ma suona un pò megalomane - e poi ricca tournée. Negli ultimi tre mesi è stato tutto un pullulare di prime dei nostri: Ambrosini alla Biennale, Sollima a Palermo, Francescono a Bruxelles, Guarnieri a Venezia. Ora Betta. Mai come quest'anno l'autunno si è presentato ricco di doni. Segno che l'opera si muove. Soprattutto si è smossa certa caparbietà dei teatri nel torturare Turandot e Barbieri. Meglio una novità di oggi che una copia sbiadita del grande repertorio. Meglio un contemporaneo, pazienza se minore, dell'ennesima fatica di rispolverare i minori del passato, serenamente dimenticati.
Betta ha un'idea furbetta: usare il Camilleri famoso, per una musica di tutto riposo. (Scusate le rime, ma così era il libretto di Mortelliti, scandito più che il sor Pampurio arcicontento, difficile da scrollare, l'indomani). I momenti migliori li ritagliano alcuni ariosi, scopertamente pucciniani, che Vincenzo La Scola porge tra il divertito e l'appassionato. E' bravissimo il tenore, nel fare il siciliano, cioé se stesso. Anche nell'inciampare nei parlati (ma non sentiva il suggeritore? Lo scandiva tutta la sala). Katia Ricciarelli e Luciana Serra portano comunque la zampata delle prime donne che sanno cos'è il palcoscenico. Ma si ammosciano su canzoncine vuote. Su due personaggi così - l'attrice e la giornalista, entrambe palesemente da rottamare - si vorrebbe una vocalità spiritosa, ricca, caratterizzante. Invece la frusta bandiera dei neoromantici si ammaina tristemente su filastrocche glassate. Mesti giri di note, guai una modulazione, con piccola orchestra soft a lato. E' bellissimo invece, e davvero sprona il ritmo narrativo, l'impianto scenico di Italo Grassi. Con continui spunti che chiamano il musical: questo potrebbe essere l'approdo per Il fantasma della cabina. Ma a patto di riscrivere da capo la partitura, intingendola di bollicine frizzanti e scatenando il mortorio del palcoscenico.
Carla Moreni