La Voce di Crema, 9.3.2002
Camilleri, caso letterario da studiare all'Università
Il tributo di Palermo al "suo" scrittore
In pochi anni, ormai lo sanno tutti, è diventato un caso letterario
grazie ai suoi intricati "gialli". Così ad Andrea Camilleri, creatore
del commisario Montalbano, Palermo dedica due giorni di incontri.
Camilleri è in fondo lo scrittore che è riuscito a imporre
il dialetto siciliano nelle quote alte della letteratura a cavallo del
terzo millennio. Camilleri, lavorando sulla storia così come sul
giallo più classico (riveduto e adatto al suo personale gusto),
ha da una parte dato dignità di lingua al siciliano, dall'altra
avvicinato un pubblico amplissimo all'anima popolare della Sicilia, quella
che da intellettuale Camilleri rappresenta magistralmente.
Il dialetto rivalutato
Il siciliano utilizzato nei suoi libri da Andrea Camilleri, padre-creatore,
tra l'altro, del commissario Montalbano, non solo ha ridato vita a uno
straordinario dialetto ma lo ha posto al centro di un vero e proprio dibattito
culturale.
Palermo- Seduto in prima fila nel trecentesco Palazzo Steri, sede del
rettorato dell'Università palermitana, che organizza il convegno
con la casa editrice Sellerio, Andrea Camilleri (autore di tanti fortunati
romanzi, tra i quali "Il ladro di merendine", IL birraio di Preston", "La
gita a Tindari", "Il corso delle cose", "La scomparsa di Patò",
"Gli arancini di Montalbano", e l'ultimo "Il re di Girgenti") ha ascoltato
in religioso silenzio gli interventi di docenti, intellettuali, giornalisti.
A seguire la "festa per il nonno" c'erano anche la moglie, una delle tre
figlie, Mariolina, e i nipotini, Francesco e Silvia, di otto e sei anni.
Dopo le prime due ore, nell'intervallo, nello splendido portico del
palazzo Steri già sede del Tribunale dell'Inquisizione, Camilleri
si "è concesso" a giornalisti e lettori. Mentre cercava di prendere
un po' d'aria, il pubblico l'ha letteralmente sommerso di richieste di
autografi: c'è abituato, del resto. I lettori, venuti anche in gruppo
da ogni parte della Sicilia, hanno salutato l'"eroe letterario".
Il docente catanese Salvatore Nigro, tra i relatori, ha sottolineato
l'importanza della lingua usata da Camilleri che ha definito:"Un dialetto
inventato baroccamente. Una lingua che fa pensare a quella "Tempesta" shakespeariana
tradotta da Edoardo De Filippo".
Il commissario di Camilleri, famoso anche per il suo modo di rispondere
o di presentarsi ("Montalbano sono"), è stato messo ai "raggiX"
in più di un intervento. Piero Dorfles l'ha definito un "poliziotto
anti-istituzionale, un personaggio che indaga a modo suo e a questo sembra
legata la struttura del successo dei libri di Camilleri".
Montalbano sarebbe "un teorico del giallo", secondo il giornalista
Beppe Benvenuto, che ha ricostruito la genesi del poliziotto, il cui nome
è legato al cognome dello scrittore catalano Montalban, come lo
stesso Camilleri, appassionato anche di Sciascia ("da cui tutto mi divide
e tutto mi unisce"), Gogol, Brancati e Gadda, ha più volte ammesso.
Il convegno, inaugurato dal rettore dell'Università di Palermo,
Giuseppe Silvestri, e moderato dal preside della facoltà di Lettere
e Filosofia, Giovanni Ruffino, proseguirà oggi e sarà concluso
da "Considerazioni a margine" fatte dallo stesso Camilleri.
Il critico Angelo Guglielmi, parlando durante il convegno, ha paragonato
lo scrittore di Porto Empedocle a James Joyce. "Il dialetto che utilizza
- ha detto Guglielmi - è una sua invenzione che può usare
soltanto lui.
A differenza di Manzoni che impose una scrittura universale alla quale
tutti avrebbero dovuto rifarsi, quella di Camilleri è una lingua
inutilizzabile da altri. E' un vero scrittore moderno come Joyce. E se
a volte non capisco le parole dialettali ne riesco, sempre e comunque,
a coglierne il reale senso che, non per forza, è quello logico".
Sulla questione legata alla "sicilianità" si è pure soffermato
il direttore editoriale del "Sole 24 ore", Antonio Calabrò, che
ha parlato dell'"identità siciliana" di cui Camilleri sa dare lezione.
Sulla più recente produzone letteraria di Camilleri hanno, poi,
parlato Ermanno Paccagnini, Jana Vizmuller e Gioacchino Lanza Tomasi, soprintendente
del "San Carlo" di Napoli e figlio adottivo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa,
che ha dedicato il suo intervento al rapporto tra realtà e invenzione
nel "Re di Girgenti".