La Repubblica, ed. di Palermo, 10.3.2002
Il convegno
Troppo eros, Camilleri e il tedesco va kaputt
I traduttori dello scrittore hanno chiuso le giornate di studi il convegno

Insomma, è o non è un grande scrittore Andrea Camilleri? Per due giorni questa domanda ha fatto il giro delle bocche dei critici e degli studiosi radunati per il convegno "Il caso Camilleri", che si è concluso ieri pomeriggio, dopo un'intensa tavola rotonda. Dagli interventi che si sono susseguiti emerge che Camilleri non è di certo una «mezza calzetta, per dirla con lo scrittore. Di questo avviso è sembrato Nunzio La Fauci, che ieri mattina ha condotto un'originale analisi linguistica delle pagine di Camilleri, definito «nonno tragediatore». Paolo Mauri, invece, partendo da una disamina del ruolo del dialetto nella letteratura del Novecento, ha messo in evidenza anche il piacevole e riuscito «riciclo postmoderno» che di Pirandello e Sciascia ha fatto Camilleri.
L'incursione nell'universo delle traduzioni ha fatto registrare un'impennata. «Tra i romanzi come tra i vini, ci sono quelli che viaggiano bene e quelli che viaggiano male», scriveva Calvino a proposito della riuscita di certe traduzioni. Ma come viaggiano i romanzi di Camilleri? Non sono tutti rose e fiori, nel senso che una semplice traduzione del dialetto nella lingua di arrivo rovinerebbe tutto. «Il dialetto non va tradotto, ma trattato nei suoi diversi livelli», dice Moshe Kahn, il traduttore tedesco di alcuni romanzi di Camilleri che, nel suo intervento, ha esposto anche le difficoltà incontrate per riprodurre in tedesco il linguaggio erotico di Camilleri: «Il tedesco - ha precisato Kahn - non è affatto una lingua erotica. Per me è stata un'operazione disgustosa, perché la mia lingua ambienta sempre le cose più esplicite nella zona anale, per cui ho dovuto fare un trapianto dei riferimenti in altre zone». Dominique Vittoz, traduttrice francese, si è lanciata invece in una dura, puntuale e antipatriottica requisitoria contro il rigido centralismo che in fatto di lingua vige in Francia, in forza del quale il patrimonio linguistico regionale è stato quasi spazzato via, perché corrotto e subalterno. Per tradurre bene Camilleri, ha concluso la Vittoz, occorre recuperare la parlata francoprovenzale di Lione, che conserva ancora risorse intatte, utili per creare un francese meticcio in grado di rendere le sfumature del camillerese. Ma cosa provano invece i lettori francesi, quando si trovano tra le mani una nuova avventura di Montalbano? A rispondere a questa domanda è stato Serge Quadruppani, traduttore e scrittore. «Per un francese leggere Camilleri è innanzitutto una soddisfazione dei sensi, che proviene da quella mistura di odori e sapori di cui è pieno un romanzo».
E Camilleri? «In questo convegno ho imparato tante cose di me che non sapevo - ha detto alla fine lo scrittore - Direi però di smetterla di parlare di "caso Camilleri" perché pubblico poesie dal 1948. Mandavo i miei messaggi in bottiglia da Porto Empedocle a Palermo e il giornale "L'Ora" pubblicava i miei racconti pur senza conoscermi».
Salvatore Ferlita