La Repubblica,
ed.di Palermo, 14.3.2002
Le onde blu del Mediterraneo non ispirano gli autori siciliani
Intensamente blu. Pronto a inondare gli orizzonti dei quattro punti
cardinali. È una emozione che ci invidiano. È un mare, quello
di Sicilia, troppo vicino per abitarlo con la fantasia e troppo lontano
per farne un protagonista letterario. Ignazio Apolloni, scrittore palermitano,
ha da poco pubblicato dei racconti che, in svariate forme, nascono "dalla
parte del mare". Ma quante altre pagine siciliane ricordiamo in riva a
quel mare, il Mediterraneo, sviscerato da Matvejevic? Gli autori isolani
hanno scritto grandi storie che sbucano dai vicoli e che si impolverano
nelle campagne ma poche sono le avventure che si inebriano sulla cresta
dell'onda di mari stevensoniani o conradiani. Pochi. Solo una famiglia
di pescatori di Acitrezza che hanno ispirato il verista Verga e una summa
marina novecentesca scaturita nel ventennale "Orcynus Orca" di Stefano
D'Arrigo. A guardare la Sicilia dal mare sono stati più quei viaggiatori
che sul finire del Settecento venivano da terre di grandi letterature di
mare: da Goethe a Guy de Maupassant a Houel.
«La letteratura siciliana del Novecento - precisa il critico
letterario Massimo Onofri - è centripeta e centrifuga, e, soprattutto,
poco attenta al mare che sta in mezzo». La storia tormentata delle
invasioni delle nostre coste rimane l'unico appiglio per spiegare il motivo
per cui gli autori siciliani disertano il "libro più superbo" (così
Tabucchi definisce il mare). Sciascia aveva ragione quando parlava di paura
atavica e diffidenza nei confronti di un mare che ci ha da sempre portato
gli invasori? Lo chiediamo ad alcuni scrittori.
«Il mare non è solo lo Stretto che attraversa Vittorini
- afferma Vincenzo Consolo, autore de "Lo spasimo di Palermo" - quando
inaugura con le sue conversazioni la letteratura "in movimento" in Sicilia.
In realtà, tutta la produzione italiana è di terraferma,
statica perché la nostra è una civiltà comunale, sebbene
patria di grandi navigatori e di forti repubbliche marinare. Il mare è
anche quello della conoscenza, da dove è arrivata la civiltà;
è l'infinita via che si attraversa per il bisogno di sapere e per
ritornare. La paura del mare è anche quella simboleggiata da Padron'Ntoni:
angoscia per l'ignoto».
Consolo si sente un siciliano che è andato via ma non sa ritornare
a causa del genocidio peggiore, quello della memoria. Esistono però
ancora due specie di siciliani: quelli di mare aperto e quelli di scoglio.
«Pericolo, ostilità e solo recentemente luogo di villeggiatura:
questo è stato spesso il mare - racconta la scrittrice di "Bagheria"
Dacia Maraini - Le stesse ville settecentesche di Bagheria, luoghi di vacanze,
erano in campagna e il viaggio che fa Marianna Ucrìa è un
seminaufragio».
Mentre oggi Montalbano si affaccia dalla finestra della sua casa camilleriana
in riva al mare, nella lirica le acque diventano poesia fluviale solo con
Quasimodo. «Il mare è il fuoco di un vulcano sotterraneo che
si esprime per correnti - afferma l'autrice di "La pupa di zucchero", Silvana
Grasso - Ci da solo la certezza dell'incertezza e l'unica illusione di
possedere la natura. Il mare è una via di fuga e domina il siciliano
come una prostituta. L'isolano ha paura dell'esodo perché ha paura
di essere altro da sé. Il siciliano non vuole altri viaggi che quelli
all'interno del mito, perché riconosce solo le divinità di
Gea, la terra e Vulcano».
Un mare siciliano dove Roberto Alajmo racconta la tragedia dell'aereo
diretto ad Ustica, un mare che affiora nei racconti sulla marina di Palermo
raccolti in "Strada colonna" o che bagna Mondello in "La peste bis" di
Fulvio Abbate. Onde fluttuanti, infine, dove nascono i racconti di Paolo
Taggi ("Di niente del mare"). «Il Mediterraneo è l'unione
di due civiltà, due religioni - afferma l'autrice di "Penelope",
Silvana La Spina - Anche nel romanzo che sto scrivendo c'è una Catania
che voglio ritorni ad essere una città di mare perché, anche
se per Sciascia dal mare venivano li turchi, la Sicilia deve tornare al
suo destino di ponte nel Mediterraneo».
Dedicata al mare c'è un'intera collezione della Sellerio diretta
dall'appassionato velista Salvatore Mazzarella, autore anche di libri marinari,
tra cui "Dell'isola Ferdinandea e di altre cose". La storia di quell'isola
apparsa e scomparsa che costituisce l'ultima uscita dei ventotto romanzi
e che ha ripreso anche Filippo d'Arpa al suo debutto. Nella collezione
Sellerio dalla copertina azzurra, inoltre, a comparire sono solo due nomi
di siciliani: quello del direttore e quello incrostato di salsedine di
Verga in compagnia dei Malavoglia.
Legata al mare sin dal suo nome, Palermo ospita alla Cala, di fronte
al porto, un tempo abitata da case con le finestre rivolte verso l'entroterra,
una vera "libreria del mare". Uno spazio azzurro affollato per lo più
da portolani, manuali tecnici firmati in Sicilia, avventure e storie di
tutti gli oceani. Tra i pescherecci ormeggiati davanti c'è la casabarca
"Lisca bianca", con cui la coppia palermitana Albeggiani, ha dato forma
all'aspirazione più grande: il giro del mondo sul veliero.
Rossana Campisi