La Repubblica, ed. di Palermo, 11.4.2002
L'intervista alla figlia di Pizzuto
Due famiglie, due vite i racconti di una figlia

«Mio padre? Un rivoluzionario silenzioso e consapevole, con un gran senso dell'ironia». Giovanna Friscia, nata Pizzuto, è una minuta e vulcanica ottantenne con mille ricordi in testa e intere scatole piene zeppe di fotografie e racconti del padre scrittore. Nella sua casa a pochi metri dal castello della Zisa sono appoggiati sui tavolini i libri scritti da Antonio Pizzuto. E la gatta Piccina regna indisturbata, saltando su sedie e tavoli per ascoltare meglio i racconti della padrona. E andando all'indietro nel tempo si ricompongono le vicende complicate di un uomo dalle vite parallele, diviso tra due famiglie, una "regolare" con la moglie Lina e i figli Maria e Giovanni, e l'altra "speciale", con Erminia e la figlia Giovanna, che racconta: «Ho conosciuto i miei fratelli a 27 anni, ma non per questo ho avuto meno amore».
Come si divideva Pizzuto tra il lavoro di vicepresidente della commissione internazionale di polizia criminale e quello di padre?
«Benissimo, è stato un padre presente. Io sono nata solo un anno prima di mia sorella Maria ma lui era già sposato. Così ogni sera aspettava che mi addormentassi per ripresentarsi la mattina dopo al mio risveglio. Avevo cinque anni quando gli chiesi "Papà perché vai via e poi torni?". Rimase malissimo».
Cosa accadde dopo?
«Fui messa in collegio e nel giorno di visita vedevo i miei genitori. Poi papà partì per Roma con l'altra famiglia, lo vedevo saltuariamente ma ci scrivevamo sempre. A un certo punto decisi di scappare con Nanni, fidanzato che sarebbe diventato mio marito per 33 anni. Io avevo 18 anni, lui 17. Organizzammo la fuitina verso Roma per raggiungere papà e bussare alla sua porta il giorno dopo. Lui aprì sorpreso e disse "Ma la mamma lo sa?". Poi Nanni si imbarcò in una serie di avventure con il cinema e l'editoria, producendo alcuni film, tra cui "Lo sceicco bianco"».
Antonio Pizzuto è considerato uno dei maggiori scrittori italiani, sicuramente non dei più facili. Era consapevole di questo?
«Sì, certamente, ma lui amava vivere in uno splendido isolamento. Però quando Gianfranco Contini dedicò a papà molte pagine sull'enciclopedia degli scrittori italiani e a Pasolini poche righe, quest'ultimo si offese. Mi comunicò in modo assoluto l'amore per la letteratura, mi insegnò a leggere e a nove anni mi regalò "I Miserabili", dicendomi di saltare le parti che non mi piacevano e seguire le avventure dei personaggi».
Lei per molti anni ha insegnato materie letterarie...
«Lo faccio ancora adesso per qualche nipote. Tra i miei allievi c'è stato Franco Maresco».
Tra gli autori siciliani contemporanei chi ama di più?
«Ho letto tutto Camilleri, che adopera il siciliano un po' come faceva papà. Ma devo dire che il mio preferito è Santo Piazzese. Avevo anche cercato il suo numero sull'elenco telefonico, ma non ho avuto il coraggio di chiamarlo».
Paola Nicita