RACALMUTO (AGRIGENTO) - Il commissario Salvo Montalbano esce al naturale
con una sfilza di improperi: mentre è tutto insaponato sotto la
doccia è finita l´acqua. Disavventura normale nella Sicilia
dai rubinetti perennemente a secco. Andrea Camilleri proietta nel suo personaggio
il rapporto tormentato con l´isola della sete. Lo scrittore, ieri
a Racalmuto per una mostra di fotografie sul teatro "Regina Margherita",
tanto caro a Leonardo Sciascia, racconta la sua vita assetata.
«Montalbano nei miei racconti entra nella doccia con il dubbio
che da un momento all´altro possa mancare l´acqua. È
quello che capita a me nella vita. Chi nasce in Sicilia si porterà
sempre dietro l´angoscia dell´acqua limitata, razionata».
Qual è il primo pensiero che le viene in mente quando si parla
di emergenza idrica?
«Che è il problema di sempre. Ho settantasette anni e
in tutto questo tempo ogni volta che sono ritornato in Sicilia ho inseguito
l´acqua. Ricordo che da ragazzo non c´era l´acqua corrente
nelle case. Ho ancora in mente le foto di centinaia di brocche in fila
nelle fontanelle pubbliche in attesa del turno».
Dove viveva in quegli anni?
«In campagna e ci rifornivano con i muli sellati con i zimmili,
che contenevano due brocche per ogni lato della soma. Risparmiare l´acqua
era una necessità. E quando mia madre, anni dopo, venne a vivere
a Roma con me si portò dietro la psicosi della sete. Ricordo che
una volta la vidi correre come un´ossessa nel bagno urlando "Dio
mio, mi sono scordata il rubinetto aperto". Non fu facile farle capire
che non era successo niente e che l´acqua c´era sempre».
Sete come ineluttabilità del destino?
«Assolutamente no. Sete per colpa degli uomini. È una
storia atavica che affonda le sue radici in anni di dissesto spaventoso.
Per troppo tempo le cose sono andate alla deriva e ora i nodi giungono
al pettine. Il dramma purtroppo non riguarda solo la Sicilia. Ormai l´emergenza
è nazionale. E per quanto riguarda la nostra isola fa rabbia la
consapevolezza che l´acqua c´è. E pure in abbondanza.
Viene mal cercata, sprecata, rubata, tanto che hanno dovuto mettere i militari
armati a protezione della poca rimasta».
Lei si riferisce chiaramente alla sicilinettitudine dei nostri amministratori.
Nel suo libro "La forma dell´acqua" c´è la metafora
che il liquido non ha forma, assume le sembianze di chi vi si immerge.
E nella realtà?
«L´acqua assume l´aspetto umano dell´incuria,
della cattiva amministrazione. Il volto inetto di chi da anni non risolve
il problema e di chi sulla sete specula».
Che estate l´aspetta a Porto Empedocle?
«Assetata. Sono rassegnato a vivere un agosto all´asciutto.
Quando in paese arriveranno in massa emigranti e vacanzieri le risorse
non basteranno».
Come farete per cucinare, per lavarvi?
«Faremo. Fortunatamente vicino alla nostra c´è la
casa disabitata di un cugino. Ci riforniremo lì».
Tano Gullo