La Repubblica, 14.7.2002
LO SCRITTORE. Andrea Camilleri: l´isola a secco per colpa degli speculatori
"E il mio Montalbano restò insaponato..."
Nei miei racconti il commissario entra nella doccia con l´angoscia di non riuscire a finirla

RACALMUTO (AGRIGENTO) - Il commissario Salvo Montalbano esce al naturale con una sfilza di improperi: mentre è tutto insaponato sotto la doccia è finita l´acqua. Disavventura normale nella Sicilia dai rubinetti perennemente a secco. Andrea Camilleri proietta nel suo personaggio il rapporto tormentato con l´isola della sete. Lo scrittore, ieri a Racalmuto per una mostra di fotografie sul teatro "Regina Margherita", tanto caro a Leonardo Sciascia, racconta la sua vita assetata.
«Montalbano nei miei racconti entra nella doccia con il dubbio che da un momento all´altro possa mancare l´acqua. È quello che capita a me nella vita. Chi nasce in Sicilia si porterà sempre dietro l´angoscia dell´acqua limitata, razionata».
Qual è il primo pensiero che le viene in mente quando si parla di emergenza idrica?
«Che è il problema di sempre. Ho settantasette anni e in tutto questo tempo ogni volta che sono ritornato in Sicilia ho inseguito l´acqua. Ricordo che da ragazzo non c´era l´acqua corrente nelle case. Ho ancora in mente le foto di centinaia di brocche in fila nelle fontanelle pubbliche in attesa del turno».
Dove viveva in quegli anni?
«In campagna e ci rifornivano con i muli sellati con i zimmili, che contenevano due brocche per ogni lato della soma. Risparmiare l´acqua era una necessità. E quando mia madre, anni dopo, venne a vivere a Roma con me si portò dietro la psicosi della sete. Ricordo che una volta la vidi correre come un´ossessa nel bagno urlando "Dio mio, mi sono scordata il rubinetto aperto". Non fu facile farle capire che non era successo niente e che l´acqua c´era sempre».
Sete come ineluttabilità del destino?
«Assolutamente no. Sete per colpa degli uomini. È una storia atavica che affonda le sue radici in anni di dissesto spaventoso. Per troppo tempo le cose sono andate alla deriva e ora i nodi giungono al pettine. Il dramma purtroppo non riguarda solo la Sicilia. Ormai l´emergenza è nazionale. E per quanto riguarda la nostra isola fa rabbia la consapevolezza che l´acqua c´è. E pure in abbondanza. Viene mal cercata, sprecata, rubata, tanto che hanno dovuto mettere i militari armati a protezione della poca rimasta».
Lei si riferisce chiaramente alla sicilinettitudine dei nostri amministratori. Nel suo libro "La forma dell´acqua" c´è la metafora che il liquido non ha forma, assume le sembianze di chi vi si immerge. E nella realtà?
«L´acqua assume l´aspetto umano dell´incuria, della cattiva amministrazione. Il volto inetto di chi da anni non risolve il problema e di chi sulla sete specula».
Che estate l´aspetta a Porto Empedocle?
«Assetata. Sono rassegnato a vivere un agosto all´asciutto. Quando in paese arriveranno in massa emigranti e vacanzieri le risorse non basteranno».
Come farete per cucinare, per lavarvi?
«Faremo. Fortunatamente vicino alla nostra c´è la casa disabitata di un cugino. Ci riforniremo lì».
Tano Gullo