Avere idee, grande preparazione, tenacia, fiducia in se stessi, ma anche
umiltà. Sono i cinque requisiti che per Andrea Camilleri non devono
mai mancare in una persona che vuole riuscire in uno dei campi in cui lui
è maestro, sia esso la regia (teatrale e televisiva), la produzione
televisiva, la sceneggiatura o la scrittura.
"In qualsiasi campo - spiega l'autore empedoclino a Roma Lavoro News
- non soltanto letterario, il problema è avere idee; in secondo
luogo, avere fiducia in esse. La persistenza di questa fiducia credo sia
una chiave importante per riuscire".
Prendiamo ad esempio la regia. Che consigli possiamo dare a un giovane
che intende intraprendere questa prestigiosa, ma difficile, carriera?
"Ho visto scomparire centinaia di registi, specie in teatro; gente
che si improvvisa e dopo due anni scompare perché non ha idee, perché
soltanto una congiuntura economica positiva ha consentito loro il successo
di un momento. E' molto più serio, invece, avere idee, confrontarle
con la cultura contemporanea, e avere un senso estremo delle proprie capacità
e dei propri limiti".
Basta questo? Camilleri, lei non crede alla preparazione?
"Certo. Occorre affrontare il lavoro come fa l'atleta. L'atleta ha
una lunga preparazione alle spalle. Soltanto allora gareggia, e lo fa cosciente
dei suoi limiti e delle sue possibilità. E può darsi che
gli vada bene".
Dunque, un consiglio fondamentale che possiamo dare ai nostri lettori
è: no al dilettantismo?
"Non si può essere dilettanti in nessuna materia. Nel migliore
dei casi, magari si può aver un pizzico di notorietà ma è
assolutamente effimera. Mi spiego meglio: qualcuno potrebbe improvvisarsi
trapezista? Se voglio fare il trapezista devo avere una enorme preparazione.
E' lo stesso se voglio fare il pianista: occorrono grandi sacrifici".
Questo ragionamento vale anche per la scrittura?
"Lo scrittore non nasce come un fungo. Scrittori non si nasce. Si nasce
con un dono, con una forte propensione alla scrittura. Il resto è
lettura e seria disciplina: scrivere pagina su pagina per giungere alla
massima espressione".
E' questa anche, più in generale, la legge del successo professionale?
"Spesso il successo è affidato al caso. Ma comunque bisogna
starci con la fede, come si dice. Anche se si ricevono dei rifiuti per
i propri lavori. Credere in se stessi senza una becera sopravvalutazione,
con coscienza dei propri limiti: un centometrista sa di non poter fare
una maratona".
Quale consiglio darebbe a chi ha dieci libri nel cassetto?
"Sembrerò crudele, ma il consiglio è di rileggerli e
riscriverli tutti. Nella scrittura ci sono esercizi preparatori: leggendo
un libro c'è una frase che ti ha preso. Bene, bisogna analizzare
perché ti ha preso e studiare come lo scrittore ha composto la frase,
insomma carpirne il mestiere che c'è dietro quella frase e cercare
successivamente di riprodurla. Così, è importante capire
perché è stato adoperato un aggettivo e perché, al
posto di quello, un altro avrebbe alterato il senso o il suono della frase.
Bisogna scoprire la tecnica della scrittura, che non è la scuola
di scrittura".
Tutto qui?
"No. Poi, ci si affida alla fortuna, anche se non è solo questione
di essere graziati dalla dea bendata. E' necessario possedere una sorta
di testardaggine assoluta, superiore alla testardaggine di quelli che nelle
case editrici ti dicono di no. Come si sa, l'Italia è un popolo
di scrittori, le povere case editrici sono sommerse; ma quello italiano
non è un popolo di lettori. Sono due milioni 300mila gli italiani
che ogni anno leggono un libro e ancora meno quelli che leggono più
di un libro. I due milioni 300mila, però, sono tutti scrittori".
Spesso, forse proprio perché sommerse di manoscritti, le case
editrici, sbagliano nella valutazione. Innumerevoli sono i casi di pregevoli
opere che sono state rifiutate.
"Si, è vero, sono tantissimi ad esempio i casi post-mortem.
Mi viene in mente un grande scrittore, Guido Morselli. Soltanto quando
si sparò, si accorsero che era un grande scrittore. In vita gli
avevano sempre rifiutato la pubblicazione delle sue opere. Sconsiglio però
di suicidarsi, anche perché un successo post-mortem non frega niente
all'autore".
Alessandra Mortelliti