Gazzetta del Mezzogiorno, 7.10.2002
INTERVISTA. L'attore annuncia i nuovi progetti e conferma: Avessi potuto scegliere, avrei fatto il calciatore
Luca, una vita da mediano
Zingaretti: Il mio Montalbano così siculo e shakespeariano

Modi ruvidi, ironia tagliente, buongustaio anarchico, il Montalbano di Luca Zingaretti, sanguigno ma intimorito dalle donne, idolo tv di milioni di spettatori che si riconoscono nel carattere di questo commissario fuori degli schemi, riappare in autunno, probabilmente cambiando canale (da Raidue a Raiuno) ma, dopo l'ennesimo, prevedibile successo, si prepara a una lunga licenza: in teatro. Dalla stagione 2003-04, il volto della giustizia tele-romanzesca assumerà le sembianze fosche e infide di Riccardo III, uno dei personaggi più neri del teatro elisabettiano.
 Dalla tv al teatro: un tradimento, un ritorno o una svolta?
 «Erano ormai tre anni che non rimettevo piede in scena. Finora mi ero dedicato a un teatro ''carbonaro'', in tour su piccole ribalte, con partner insolite e con esiti felici, come nel caso di due commedie trapiantate dall'Off Broadway, Tre alberghi, con Isabella Ferrari, e Separazione, con Margherita Buy».
 Dopo i ruoli levigati su piccolo schermo, il Riccardo III non rischia di sconcertare il suo pubblico?
 «Già in televisione ho dato di me immagini molto diverse tra loro, dalla serie di Montalbano a Giorgio Perlasca, lo Schindler italiano, fino a Incompreso dove, su Canale 5, ero il padre ''cattivo''. Il mio pubblico s'è da tempo abituato a vedermi sotto molte angolature. Per qualsiasi attore è un vantaggio essere camaleontico, senza ridursi a fotocopia di un unico carattere».
 Quale mezzo preferisce per esprimersi?
 «Mi diverto a fare tutto, tv, cinema, teatro. Adesso, dopo tanta tv, ho voglia di teatro. Che non nasconde affatto l'intenzione di voltare le spalle al piccolo o al grande schermo. Anche la contrapposizione tra cinema e televisione è da tempo finita. Pure economicamente, la situazione si è ribaltata. Meno male che, oggi, per gli attori di cinema, c'è la tv. Nelle ultime due stagioni, non c'è mai stato un ruolo adatto per uno della mia generazione».
 La tv è un suo rifugio anche come spettatore?
 «Non la guardo troppo. I programmi che seguo sono le news, le inchieste, i documentari. Oltre, naturalmente, agli eventi sportivi. Il calcio, come noto, è una passione tutt'altro che spenta. Se non avessi fatto l'attore, sarei sicuramente sceso in campo: come mediano».
 Quest'estate, al Vieste Film Fest s'è visto un assaggio del Montalbano d'autunno: che altro può anticipare?
 «Sono quattro episodi, con i quali si dovrebbe chiudere il ciclo cominciato tre anni fa, sei film al ritmo di due all'anno. La messa in onda è prevista tra ottobre e novembre, probabilmente si passerà da Raidue a Raiuno. Un episodio è tratto dall'ultimo romanzo di Andrea Camilleri, L'odore della notte. Gli altri tre, dai racconti, tra cui Gli arancini di Montalbano e Il senso del tatto. Sono stati girati in gran parte a Favignana e nelle Egadi».
 Quando ha conosciuto Camilleri?
 «Era stato il mio professore all'Accademia d'arte drammatica a Roma, dove insegnava regia televisiva. Anni dopo, in libreria, trovai per caso un suo libro su uno scaffale, l'ho comprato per simpatia. La lettura mi ha folgorato, ho intuito che se ne poteva trarre un magnifico film, tanto che mi era venuta l'idea di comprane i diritti: era Il ladro di merendine. Quando sono stato scelto, dopo un mese di provini, ho subito chiamato Camilleri, che mi ha fatto i complimenti con calore. Quando si dice il destino...».
 Quali aspetti apprezza nelle pagine su Montalbano?
 «Il gusto del paradosso, la leggerezza, la capacità di trovare l'eccezionale nel normale. E l'ironia costante, la costruzione di un mondo sospeso, appeso a un altro tempo, anche se ambientato con assoluta precisione e riconoscibilità nei nostri giorni. Ma questo modo di giocare a rimpiattino con la realtà più prossima è tipico della Sicilia e dei suoi scrittori».
Pier Cardinali