ROMA - La gente lo ama perché non si mette sull´attenti, non gli trema la coda, non ha timori reverenziali, non si sognerebbe di catalogare l´umanità in base ai soldi o al potere. «Montalbano è un uomo libero», dice Luca Zingaretti, «per questo ci piacerebbe assomigliargli». Chi ha amato i libri di Andrea Camilleri (esce a giorni il primo di due Meridiani Mondadori dedicati all´opera dello scrittore) ritroverà, da stasera su RaiUno, le nuove avventure del commissario di Vigata: L´odore della notte, e poi i tre film tratti dai racconti: Gli arancini di Montalbano, Gatto e cardellino e Il senso del tatto che inaugura la serie. La regia è sempre di Alberto Sironi, profondo conoscitore della psicologia di quest´uomo che ha pudore dei sentimenti, tiene - con somma soddisfazione delle lettrici - a debita distanza la fidanzata Livia (Katharina Bohm) e mostra un lato umanissimo quando adotta il cane Orlando, orfano del padrone ucciso.
Zingaretti, dopo quattro anni com´è cambiato Montalbano?
«Non saprei, forse è cambiato dopo la morte del padre,
è maturato, ha sofferto e non ha saputo neanche farsi consolare.
Ma è rimasto uguale a se stesso: non lecca i piedi a nessuno, può
contare sulla stima dei suoi uomini. Prendiamo il rapporto col questore:
lui non sente la gerarchia, non rispetta un incapace solo perché
ha i gradi. E poi ha i suoi ritmi di vita: nuota, mangia, piace alle donne
senza muovere un dito. In quel suo modo di presentarsi: «Montalbano
sono», c´è il suo approccio col mondo. Penso che a molti
uomini piacerebbe essere come lui».
Parliamo un po´ dei rapporti con le donne: una fuga continua.
Allontana Livia, la svedese, tutte le malcapitate che cercano di attirare
la sua attenzione.
«Montalbano è seduttore suo malgrado. In questi nuovi
film ci sono due situazioni delicate: una ragazza che fa la smorfiosa e
lo provoca chiamandolo paparino, e una bella donna che cerca di farlo capitolare,
ma lui alla fine le dà l´altolà. Tante volte, almeno
io la vedo così, è quasi imbarazzato ma se lo sfidano, reagisce...
Intendiamoci, il suo pudore deriva da una signorilità di altri tempi,
non dall´essere incapace. E poi è fedele».
E si intenerisce davanti al cane del cieco.
«Ma una piccola crepa nel suo carattere apparentemente duro c´era,
in qualche episodio è stata stuccata e non era visibile, ma si è
allargata con gli anni. Montalbano si è sempre tenuto lontano dall´emotività,
un po´ come quelli che per paura di commuoversi cercano di non andare
all´opera».
I film da Camilleri sono spesso citati come esempio di qualità
televisiva. Ora debuttano su RaiUno: sente la responsabilità?
«Il miglior modo, per un attore, di gestire queste cose è
non occuparsene. Non faccio le cose perché mi convengono ma perché
mi entusiasmano. Montalbano è un personaggio che continua a darmi
tantissimo, la gente mi avvicina con grande affetto: siamo stati confortati
dalla risposta del pubblico. Farlo diventare un eroe da lunga serialità
comporterebbe inevitabilmente, una minor qualità. Questi sono film
in cui è importante la trama gialla, ma soprattutto l´atmosfera
che vi si respira, i luoghi, i colori. Per questo il produttore Carlo degli
Esposti non ha mai pensato di far diventare i film dei telefilm».
Aveva messo in conto che Montalbano le avrebbe cambiato la carriera?
«Vorrei citare il grande Anthony Hopkins, che rispondendo alla
centesima domanda a proposito di Hannibal the cannibal disse: «Per
me non è il personaggio più importante ma è il più
celebre». Io voglio fare tante cose, sono giovane, ma al contrario
di Hopkins so che Montalbano resterà il personaggio più caro».
Che sta preparando?
«Sto girando Doppio agguato con Isabella Ferrari, un film d´azione
di Renato De Maria sul sequestro Belardinelli, poi preparo per l´Amref
un documentario sui bambini che vivono a Gulu, un villaggio a nord dell´Uganda,
colpito dal virus di Ebola. Sta scrivendo i testi mia moglie Margherita.
Sarò banale ma è vero: l´Africa ti cambia la vita».
Silvia Fumarola