Il Venerdì di Repubblica, 13.12.2002
Confondermi è un delitto
Sono siciliano, scrivo gialli. Ma che c'entra Camilleri?
Usa, anche lui, il dialetto. Pubblica, anche lui, da Sellerio. Santo Piazzese, però, non ne può più dei paragoni. E giunto al terzo libro...

Santo Piazzese è un temerario. Nato a Palermo, dove vive e lavora -insegna biologia all'Università- nel 1996, in pieno ciclone Camilleri, presenta all'editore Sellerio un noir metropolitano, I delitti di via Medina-Sidonia, ambientato nella sua città, ricco di inflessioni dialettali e felice nella ricostruzione delle atmosfere locali. Il protagonista, Lorenzo La Marca, non è un professionista del crimine come il Commissario Montalbano, ma, guarda caso, un professore di biologia, che inciampa casualmente in un delitto. La Marca, uomo colto e raffinato, sentimentale e ironico, è un miscuglio meridionale di Philip Marlowe e Philo Vance, e piace immediatamente ai lettori. Il librio viene rapidamente esaurito e ristampato 11 volte. Due anni dopo Piazzese torna con una seconda avventura del detective-biologo, La doppia vita di M. Laurent, nove edizoni, traduzioni in Francia e Germania, il progetto di un  film tv.
Altri quattro anni, e riecco il professore  in questi giorni in libreria con un terzo blues palermitano: Il soffio della valanga.
Ma stavolta il protagonista è cambiato. Il fascinoso e sensuale La Marca diventa una figura secondaria, una comparsa, un amico del nuovo protagonista, il commissario Spotorno (già noto al lettori di Piazzese), abile detective, ma molto meno seduttivo.
Ora che ci eravamo affezionati al commissario Lorenzo La Marca le tira fuori il malinconico Spotorno...
In genere si dice che siano gli scrittori a creare i personaggi, ma il rapporto autore-protagonista non è sempre così univoco. E io rischiavo di sentirmi asfissiato, strangolato. La Marca è un personaggio piuttosto invadente.
Che fa: parla male del suo alter ego?
No, anzi, io e lui siamo molto simili, condividiamo i gusti per i libri, il cinema e la musica. ma ci dividono parecchie cose, a cominciare dallo stato civile. Lui  è un single convinto, e io sono felicemente sposato da 23 anni.
Allora perchè questa scelta?
La Marca non è un poliziotto, nè un avvocato penalista, tantomeno un magistrato o un medico legale. Insomma non è una persona che per mestiere ha a che fare con i morti ammazzati. Perciò ha cominciato a pesarmi l'idea di costruire un terzo e magari un quarto romanzo in cui continuava a imbattersi nei cadaveri. Nella realtà non succede. Anche negli anni in cui a Palermo c'era un morto ammazzato al giorno, a me non è mai capitato di vedere un cadavere in strada. Va bene la prima, passi la seconda, ma alla terza i parenti, quando ti vedono, comincerebbero a cambiare strada...
E così ha pescato un personaggio che nei libri precedenti era soltanto di contorno, un tipo un po' grigetto.
Ma più aderente alla realtà. Certo Spotorno non è brillante in società come La Marca, non ama l'ostentazione, ma ha un grande spessore umano e civile.
Come reagisce quando la definiscono l'anti Camilleri?
Malissimo, come può immaginare. Perchè pur essendo un suo estimatore, penso che abbiamo poche cose in comune.
Scrive noir d'ambiente siciliano, usando il dialetto e pubblicando con lo stesso editore e nella stessa collana: le sembra non avere niente in comune con Camilleri e Montalbano?
Il primo libro, I delitti di via Medina-Sidonia, l'avevo scritto negli anni '80, ma ho aspettato il 1995 per presentarlo all'editore. Per motivi etici.
Motivi etici?
Sì, in quegli anni a Palermo era cominciata una guerra di mafia con un bollettino spaventoso di sangue: 150 vittime all'anno. Poi la morte di Giovanni Falcone e di  Paolo Borsellino. In quel clima non me la sono sentita di proporre un romanzo siciliano che non parlasse di mafia. E così ho aspettato. Camilleri l'ho letto per la prima volta mentre il libro era già.in stampa. Elvira Sellerio mi consigliò La stagione della caccia.
Nei primi due libri la mafia era solo adombrata, mai protagonista, come se lei fosse più interessato alle vicende umane. Nel nuovo romanzo Cosa Nostra firma una serie di ammazzatine. Uno dei tanti cambiamenti di rotta.
Sì, la mafia appare come mandante, anche se poi sapere chi preme il grilletto può essere superfluo, almeno in un romanzo, perchè i killer sono interscambiabili.
Spotorno nel primo libro si lamenta perchè non esistevano più a Palermo i sani e misteriosi delitti con tanto di movente e struttura psicologica, a causa della mafia che oscura tutto. Vale ancora?
Molto meno. Con la morte di Falcone e Borsellino gli omicidi di mafia si sono ridotti drasticamente. Ma nel periodo dei maxi processi, delle mattanze mafiose non si parlava mai di delitti comuni, che quando accadeva venivano relegati nelle pagine interne del giornale.
Tra Chandler. Montalban e Camilleri, chi sceglie come maestro?
Il primo mi ha formato, il secondo mi ha inflenzato, il terzo lo apprezzo da lettore.
Brunella Schisa