Corriere della sera,
19.5.2002
Ma i «cortometraggi» vanno stretti a Salvo Montalbano
Il nuovo Camilleri
Ci è già capitato di osservare, in altra occasione, come
il genere racconto vada stretto ad Andrea Camilleri, scrittore da romanzi.
Questa nuova raccolta offre la possibilità di confrontare nello
stesso volume tre «cortometraggi» imperniati sul commissario
Salvo Montalbano con tre indagini dello stesso poliziotto di più
ampio respiro, quasi dei romanzi brevi. La letteratura non si misura a
metri, ma proprio perché apprezziamo la bravura di Camilleri nell’evocare
il «genius loci», atmosfere, caratteri e ambiguità della
sua terra, elevando la sicilianità a metafora della commedia umana,
resta una punta di delusione quando la narrazione appare contratta e l’affresco
si riduce a bozzetto.
La vena di Camilleri ha bisogno di distendersi: lo scrittore introduce
poco a poco, con dosati e sapienti colpi di pennello, nel teatro dell’intrigo
dove l’ambiente (dalle maschere di paese ai tic degli agenti) è
intrinseco alla trama, all’enigma e alla soluzione; il racconto breve,
invece, per essere efficace ha bisogno di quello scarto secco proprio di
altre vocazioni. Per esempio La paura di Montalbano, il raccontino che
dà il titolo alla raccolta, adombra lo smarrimento del commissario
(e dell’autore?) di fronte agli «abissi della psiche»; ed è
un’occasione persa perché l’ostica relazione fra il pragmatico Salvo
e
Freud avrebbe prodotto ben altri effetti se sviluppata fra le passioni
sanguigne di Vigata invece di essere compressa nell’aria rarefatta di una
gita alpina. Basta voltar pagina, però, e ritroviamo Montalbano
al suo meglio: il quasi-romanzo Ferito a morte è il più classico
dei polizieschi, dove attorno al delitto ruotano figure delineate ma sfuggenti,
come la diciassettenne Grazia dalle movenze feline e lo sguardo selvatico,
dettagli che si confondono finché la logica (o l’intuizione) dell’investigatore
non pesca il filo d’Arianna per risalire il labirinto.
Il miglior Camilleri, inoltre, è quello dell’ultimo quasi-romanzo,
Meglio lo scuro: qui l’enigma appare come uno spettro affiorato dal passato
remoto, resuscitando un universo di offese e rancori, rabbie e tradimenti
racchiusi nella memoria di due donne giunte all’estremo capolinea della
vita. Con il consueto ingegno il poliziotto si fa luce persino tra le ombre,
ma qui l’autore mette di fronte Salvo, i lettori e se stesso alla vecchiaia,
sul crinale dove si offusca la memoria della vita per cedere il passo alla
morte: un territorio esistenziale dove Camilleri deve intimare l’alt al
ficcanaso Salvo Montalbano in pagine di rara intensità. Così,
i tre «cortometraggi» dall’esile trama appaiono un’aggiunta
inutile nell’economia del libro (tanto più che due sono già
stati pubblicati altrove).
Cesare Medail