Con tre racconti brevi e tre miniromanzi raccolti nel volume "La paura
di Montalbano", ritorna il commissario più amato d'Italia. Luoghi
e atmosfere sono quelle familiari a chi ama Montalbano e Camilleri: il
commissario di Vigata e i piatti di triglie da gustare "con la concentrazione
di un bramino indù"; le battute a raffica in mezzo siciliano; le
litigate al telefono con Livia, la fidanzata lontana e i dialoghi surreali
con Catarella, il poliziotto imbranato (che però in queste pagine
si riscatta, aiutando il capo a sbrogliare uno dei misteri...). L'unico
cambiamento riguarda proprio lui, Montalbano.
POLIZIOTTO NON EROE
Niente rivoluzioni, per carità. Semplicemente, come recita la
nota introduttiva, il commissario "cresce. Si modifica di avventura in
avventura. Diventa, a seconda dei casi, più saggio o più
ribelle, più duro o più sensibile al dolore del mondo". In
una parola, ancora più uomo ed esposto a quella "paura" che da il
titolo ad uno dei racconti. Un sentimanto che non sfiora gli eroi (Montalbano,
per fortuna, non lo è), ma tocca per forza chi è appassionato
all'umano. E sa che infilandosi "negli abissi dell'animo" (come fa dire
Camilleri a una delle comparse, usando l'ironia dei luoghi comuni) e calandosi
dentro il mistero del male, si finisce per trovare sempre "uno specchio
che riflette la tua faccia". Da leggere.
Emanuele Braga