Andrea Camilleri racconta e si racconta. Lo fa con il giornalista e
scrittore Saverio Lodato, che esplora la sua vita guidato dalla mappa di
una sensibilità insospettabile nel creatore del rude Montalbano.
Ma l'anima umana, si sa, è volubile e imprevedibile, e Camilleri
si apre in squarci di sereno di leopardiana memoria, dando alla sua vita
riflessi ora cupi, ora cangianti.
Così La linea della palma diventa anche per Camilleri il percorso
che lo stesso Sciascia indicò come metafora dello spostamento della
sicilianità. Tra gli ultimi siciliani illustri, che ha sempre considerato
Sciascia un maestro, Camilleri sembra voglia seguirlo, soprattutto nella
difficile direzione del sociale, dove imperano le dicotomie più
evidenti e l'infezione della mafia contagia strati sempre più consistenti
dell'isola. Lodato ha sottoposto Camilleri a una specie di terzo grado
incalzante e mai cerimonioso, e lo scrittore non ha avuto problemi a raccontare
il mondo dell’infanzia e della giovinezza, la famiglia, le difficoltà
incontrate prima di diventare uno scrittore di successo, e quanto sia raro
«mantenere la propria libertà di giudizio mentre fuori infuriano
il fascismo e la guerra».
Si snoda sotto gli occhi del lettore un percorso di vita denso di ricordi
e di riflessioni, immagini idilliche ma anche forti espressioni sulla mafia
vecchia e nuova, un percorso sui tanti disastri incombenti su una terra
dilaniata da pregiudizi atavici. Il trasferimento a Roma, la lunga esperienza
del teatro e della televisione, i travasi emozionali come elementi di coagulo
in una sofferta vicenda esistenziale fino all'esplosione come autore di
successo sono le tappe significative di un viaggio che oggi si potrebbe
definire portentoso. Nel mezzo gli affetti familiari, gli studi, la malattia
e la morte del padre, i primi approcci con la letteratura e la partecipazione
ai concorsi poetici, subito lodato da Bo e Ungaretti. In un concorso fu
finalista con Zanzotto, Pasolini, Danilo Dolci, Maria Corti, David Maria
Turoldo. «Allora avevamo tutti vent'anni – sospira Camilleri –. La
giuria aveva avuto il fiuto, aveva individuato gente che allora era solo
alle primissime armi. È una cosa impressionante questo piccolo documento
che tengo religiosamente».
Negli ultimi tre capitoli del libro, l'intervistato risponde a domande
che riguardano l'attualità. La riflessione politica, la conoscenza
della storia e una grande tensione morale in Camilleri sono molto intrecciate.
«Credo che gli italiani – dice – abbiano una vera forza interiore
che si manifesta sotto forma di voglia d'irrisione, derisione, sarcasmo
verso se stessi. Ma è comunque una forza che può produrre
grossi risultati al di fuori delle divisioni politiche». E via di
questo passo, con severe ammonizioni da siciliano avveduto ma anche prudente,
e da uomo che conosce il mondo e ne valuta le scansioni, gli scoraggiamenti,
le iperboli. Per Lodato, il suo interlocutore ha le idee sempre chiare
su ogni argomento, ed è facile entrare in sintonia con lui, senza
stabilire particolari codici di comunicazione. Un'intesa che ha prodotto
un libro intimo e sorprendente, forte, ma anche tenero, soffuso di una
letizia impegnata che il poeta Camilleri prima e il narratore poi hanno
tramutato in esegesi esistenziale. Un libro che è quasi una premessa
alla consacrazione editoriale dello scrittore di Porto Empedocle. Negli
ambienti letterari circola una voce secondo cui, il tutto Camilleri (per
ora) a breve dovrebbe essere pubblicato da Mondadori in due volumi dei
Meridiani. È l'ingresso dei classici in pompa magna. Ma non sarà
troppo presto affiancarlo ad autori come Calvino, Tolstoj, Proust, Manzoni?
F.M.