Messaggero veneto, 11.6.2002
Camilleri parla di sé e della Sicilia
In un libro di Saverio Lodato. Voci di consacrazione nei Meridiani di Mondadori

Andrea Camilleri racconta e si racconta. Lo fa con il giornalista e scrittore Saverio Lodato, che esplora la sua vita guidato dalla mappa di una sensibilità insospettabile nel creatore del rude Montalbano. Ma l'anima umana, si sa, è volubile e imprevedibile, e Camilleri si apre in squarci di sereno di leopardiana memoria, dando alla sua vita riflessi ora cupi, ora cangianti.
Così La linea della palma diventa anche per Camilleri il percorso che lo stesso Sciascia indicò come metafora dello spostamento della sicilianità. Tra gli ultimi siciliani illustri, che ha sempre considerato Sciascia un maestro, Camilleri sembra voglia seguirlo, soprattutto nella difficile direzione del sociale, dove imperano le dicotomie più evidenti e l'infezione della mafia contagia strati sempre più consistenti dell'isola. Lodato ha sottoposto Camilleri a una specie di terzo grado incalzante e mai cerimonioso, e lo scrittore non ha avuto problemi a raccontare il mondo dell’infanzia e della giovinezza, la famiglia, le difficoltà incontrate prima di diventare uno scrittore di successo, e quanto sia raro «mantenere la propria libertà di giudizio mentre fuori infuriano il fascismo e la guerra».
Si snoda sotto gli occhi del lettore un percorso di vita denso di ricordi e di riflessioni, immagini idilliche ma anche forti espressioni sulla mafia vecchia e nuova, un percorso sui tanti disastri incombenti su una terra dilaniata da pregiudizi atavici. Il trasferimento a Roma, la lunga esperienza del teatro e della televisione, i travasi emozionali come elementi di coagulo in una sofferta vicenda esistenziale fino all'esplosione come autore di successo sono le tappe significative di un viaggio che oggi si potrebbe definire portentoso. Nel mezzo gli affetti familiari, gli studi, la malattia e la morte del padre, i primi approcci con la letteratura e la partecipazione ai concorsi poetici, subito lodato da Bo e Ungaretti. In un concorso fu finalista con Zanzotto, Pasolini, Danilo Dolci, Maria Corti, David Maria Turoldo. «Allora avevamo tutti vent'anni – sospira Camilleri –. La giuria aveva avuto il fiuto, aveva individuato gente che allora era solo alle primissime armi. È una cosa impressionante questo piccolo documento che tengo religiosamente».
Negli ultimi tre capitoli del libro, l'intervistato risponde a domande che riguardano l'attualità. La riflessione politica, la conoscenza della storia e una grande tensione morale in Camilleri sono molto intrecciate. «Credo che gli italiani – dice – abbiano una vera forza interiore che si manifesta sotto forma di voglia d'irrisione, derisione, sarcasmo verso se stessi. Ma è comunque una forza che può produrre grossi risultati al di fuori delle divisioni politiche». E via di questo passo, con severe ammonizioni da siciliano avveduto ma anche prudente, e da uomo che conosce il mondo e ne valuta le scansioni, gli scoraggiamenti, le iperboli. Per Lodato, il suo interlocutore ha le idee sempre chiare su ogni argomento, ed è facile entrare in sintonia con lui, senza stabilire particolari codici di comunicazione. Un'intesa che ha prodotto un libro intimo e sorprendente, forte, ma anche tenero, soffuso di una letizia impegnata che il poeta Camilleri prima e il narratore poi hanno tramutato in esegesi esistenziale. Un libro che è quasi una premessa alla consacrazione editoriale dello scrittore di Porto Empedocle. Negli ambienti letterari circola una voce secondo cui, il tutto Camilleri (per ora) a breve dovrebbe essere pubblicato da Mondadori in due volumi dei Meridiani. È l'ingresso dei classici in pompa magna. Ma non sarà troppo presto affiancarlo ad autori come Calvino, Tolstoj, Proust, Manzoni?
F.M.