Gazzetta del Sud, 28.6.2002
Tra il comico e il drammatico, le nuove imprese del commissario creato da Camilleri
Montalbano e l'angoscia esistenziale
Dal mondo della fantasia a quello reale costellato di tragedie

Ritorna in libreria, per la gioia dei suoi ammiratori e lettori, il commissario Montalbano, questa volta protagonista di sei storie, divise in tre racconti lunghi e tre racconti brevi. E naturalmente scala subito le vette delle classifiche e vi si posiziona stabilmente. Con Andrea Camilleri, il papà letterario del celebre poliziotto di Vigàta, non c'è competizione. Quando lo scrittore siciliano, di Porto Empedocle, decide di far uscire un suo libro, sbaraglia il campo; la critica letteraria, magari, storce il naso, ma i lettori lo premiano, ormai il rapporto è consolidato e il credito appare irrevocabile. Bella soddisfazione, non c'è dubbio, per un autore che pure, in anni passati, si è visto respingere dagli editori i suoi primi lavori letterari. Camilleri adesso pubblica con la stessa scansione delle stagioni, esce per l'inverno, s'affaccia in primavera, esplode in estate e poi si gode l'autunno. E pubblica con chi vuole. È fedele con il romanzo a Elvira Sellerio, che lo ha lanciato, fa incursioni con Rizzoli e Mondadori, si concede per amicizia a piccole case editrici, come la Libreria dell'Orso di Pistoia. Il sogno di ogni scrittore, che è quello di scegliersi l'editore, poter dire di sì oppure no e stabilire le date dell'uscita dei suoi libri, si è realizzato in Andrea Camilleri. Da qualche settimana, negli scaffali di tutte le librerie italiane, ci sono i suoi due ultimi lavori, «La linea della Palma», libro-conversazione in cui si racconta a Saverio Lodato (Rizzoli, pagine 414, euro 16,50) e «La paura di Montalbano» (Mondadori, pagine 322, euro 15,80). Montalbano, in quest'occasione, mantiene la sua personalità schiva, si tiene come al solito distante dalle gerarchie e dal potere, si muove controvoglia da quella ormai mitica cittadina di Vigàta e continua a risolvere i casi ingarbugliati con quel suo fiuto innato di vero poliziotto. Crescono, come personaggi, intorno al poliziotto scontroso e tuttavia simpatico e umano, i suoi collaboratori più famosi, lo scaltro Fazio e il fantastico Catarella, il centralinista campione delle anomalie lessicali che ha ormai, tra i lettori, i suoi cultori fissi e divertiti. Catarella avanza nelle pagine di Camilleri e diventa così indispensabile nell'attività di Montalbano, tanto da far assistere il pubblico degli ammiratori, al crearsi di una precisa relazione tra l'esistenza del buffo poliziotto e l'attività onirica del commissario che finisce col sognarlo in storie e azioni investigative che hanno insieme del comico e del drammatico. È la conferma che il mondo di Montalbano si riduce sempre più a quelle stanze disadorne, abitate da quei poliziotti campionario di una varia umanità, in un commissariato di un profondo sud, dove nascono storie antiche e moderne che Camilleri, amante di Pirandello e Sciascia, intreccia ormai con consumata abilità. In «La paura di Montalbano», s'incontra, più che negli altri libri, il Camilleri regista e sceneggiatore, attento a ricreare nella pagina situazioni e narrazioni con un taglio teatrale o cinematografico, veri e propri resoconti, fatti di descrizioni minuziose e precise, che fanno lievitare l'immagine e inducono il lettore a partecipare all'azione. «Giorno di febbre», «Ferito a morte», «Un cappello pieno di pioggia», «Il quarto segreto», «La paura di Montalbano» e «Meglio lo scuro», sono i titoli delle sei avventure in cui si tuffa il commissario Montalbano con la sua solita caparbietà, fatta di scorza dura di navigato poliziotto, sotto la quale si cela l'animo sensibile dell'uomo semplice e normale, come tanti altri nella vita di ogni giorno. Un uomo che fa del rischio e del pericolo la sua ragione di vita e che tuttavia dimostra di avere paura, come sottolinea il titolo del nuovo libro di Camilleri. La paura di Montalbano non è una paura fisica, ma piuttosto un'angoscia esistenziale, che scopre durante una gita in montagna con l'eterna fidanzata Livia. È proprio la montagna, aspra, dura e severa, che fa nascere a lui, uomo di mare, un senso di timoroso rispetto. Lontano dalla sua Vigàta, Montalbano si sente estraneo, una sorta d'alieno impacciato e frastornato e capisce che ha ragione la fidanzata, lui si «scantava» di calarsi «negli abissi dell'animo umano». Aveva paura degli strapiombi della montagna; ma non era il terrore del precipizio che l'angosciava, bensì il fatto che al fondo di quei burroni ci avrebbe immancabilmente trovato uno specchio, che rifletteva la sua faccia. In fondo il personaggio nato dalla fantasia e dalla macchina per scrivere di Andrea Camilleri, è un Montalbano che fa il poliziotto nel mondo di oggi, con tutte le sue storture, le regole violate o non rispettate, costellato di tragedie e circostanze comiche. E dentro, con Montalbano, ci stanno i Fazio e i Catarella e poi la compagna Livia, il maresciallo dei carabinieri Verruso, che sa di avere poche settimane di vita a causa di una terribile malattia, ma desidera ugualmente fare il suo dovere fino all'ultimo giorno di vita, la picciotta dagli sguardi selvatici Grazia Giangrasso, la signora Giulia Dalbono e il vecchio compagno di scuola Ernesto Lapis, che abita nei pressi di Piazza Mazzini, guarda caso vicino a quel palazzo di vetro con il cavallo davanti all'ingresso, sede della Rai, dove per decenni, Andrea Camilleri ha lavorato da regista, sceneggiatore e produttore. E nei dintorni, durante le pause del lavoro si sarà ritrovato tante volte a «tambasiare», termine intraducibile per i non siciliani e per i non lettori di Montalbano. Pazienza!
Domenico Nunnari