Ritorna in libreria, per la gioia dei suoi ammiratori e lettori, il
commissario Montalbano, questa volta protagonista di sei storie, divise
in tre racconti lunghi e tre racconti brevi. E naturalmente scala subito
le vette delle classifiche e vi si posiziona stabilmente. Con Andrea Camilleri,
il papà letterario del celebre poliziotto di Vigàta, non
c'è competizione. Quando lo scrittore siciliano, di Porto Empedocle,
decide di far uscire un suo libro, sbaraglia il campo; la critica letteraria,
magari, storce il naso, ma i lettori lo premiano, ormai il rapporto è
consolidato e il credito appare irrevocabile. Bella soddisfazione, non
c'è dubbio, per un autore che pure, in anni passati, si è
visto respingere dagli editori i suoi primi lavori letterari. Camilleri
adesso pubblica con la stessa scansione delle stagioni, esce per l'inverno,
s'affaccia in primavera, esplode in estate e poi si gode l'autunno. E pubblica
con chi vuole. È fedele con il romanzo a Elvira Sellerio, che lo
ha lanciato, fa incursioni con Rizzoli e Mondadori, si concede per amicizia
a piccole case editrici, come la Libreria dell'Orso di Pistoia. Il sogno
di ogni scrittore, che è quello di scegliersi l'editore, poter dire
di sì oppure no e stabilire le date dell'uscita dei suoi libri,
si è realizzato in Andrea Camilleri. Da qualche settimana, negli
scaffali di tutte le librerie italiane, ci sono i suoi due ultimi lavori,
«La linea della Palma», libro-conversazione in cui si racconta
a Saverio Lodato (Rizzoli, pagine 414, euro 16,50) e «La paura di
Montalbano» (Mondadori, pagine 322, euro 15,80). Montalbano, in quest'occasione,
mantiene la sua personalità schiva, si tiene come al solito distante
dalle gerarchie e dal potere, si muove controvoglia da quella ormai mitica
cittadina di Vigàta e continua a risolvere i casi ingarbugliati
con quel suo fiuto innato di vero poliziotto. Crescono, come personaggi,
intorno al poliziotto scontroso e tuttavia simpatico e umano, i suoi collaboratori
più famosi, lo scaltro Fazio e il fantastico Catarella, il centralinista
campione delle anomalie lessicali che ha ormai, tra i lettori, i suoi cultori
fissi e divertiti. Catarella avanza nelle pagine di Camilleri e diventa
così indispensabile nell'attività di Montalbano, tanto da
far assistere il pubblico degli ammiratori, al crearsi di una precisa relazione
tra l'esistenza del buffo poliziotto e l'attività onirica del commissario
che finisce col sognarlo in storie e azioni investigative che hanno insieme
del comico e del drammatico. È la conferma che il mondo di Montalbano
si riduce sempre più a quelle stanze disadorne, abitate da quei
poliziotti campionario di una varia umanità, in un commissariato
di un profondo sud, dove nascono storie antiche e moderne che Camilleri,
amante di Pirandello e Sciascia, intreccia ormai con consumata abilità.
In «La paura di Montalbano», s'incontra, più che negli
altri libri, il Camilleri regista e sceneggiatore, attento a ricreare nella
pagina situazioni e narrazioni con un taglio teatrale o cinematografico,
veri e propri resoconti, fatti di descrizioni minuziose e precise, che
fanno lievitare l'immagine e inducono il lettore a partecipare all'azione.
«Giorno di febbre», «Ferito a morte», «Un
cappello pieno di pioggia», «Il quarto segreto», «La
paura di Montalbano» e «Meglio lo scuro», sono i titoli
delle sei avventure in cui si tuffa il commissario Montalbano con la sua
solita caparbietà, fatta di scorza dura di navigato poliziotto,
sotto la quale si cela l'animo sensibile dell'uomo semplice e normale,
come tanti altri nella vita di ogni giorno. Un uomo che fa del rischio
e del pericolo la sua ragione di vita e che tuttavia dimostra di avere
paura, come sottolinea il titolo del nuovo libro di Camilleri. La paura
di Montalbano non è una paura fisica, ma piuttosto un'angoscia esistenziale,
che scopre durante una gita in montagna con l'eterna fidanzata Livia. È
proprio la montagna, aspra, dura e severa, che fa nascere a lui, uomo di
mare, un senso di timoroso rispetto. Lontano dalla sua Vigàta, Montalbano
si sente estraneo, una sorta d'alieno impacciato e frastornato e capisce
che ha ragione la fidanzata, lui si «scantava» di calarsi «negli
abissi dell'animo umano». Aveva paura degli strapiombi della montagna;
ma non era il terrore del precipizio che l'angosciava, bensì il
fatto che al fondo di quei burroni ci avrebbe immancabilmente trovato uno
specchio, che rifletteva la sua faccia. In fondo il personaggio nato dalla
fantasia e dalla macchina per scrivere di Andrea Camilleri, è un
Montalbano che fa il poliziotto nel mondo di oggi, con tutte le sue storture,
le regole violate o non rispettate, costellato di tragedie e circostanze
comiche. E dentro, con Montalbano, ci stanno i Fazio e i Catarella e poi
la compagna Livia, il maresciallo dei carabinieri Verruso, che sa di avere
poche settimane di vita a causa di una terribile malattia, ma desidera
ugualmente fare il suo dovere fino all'ultimo giorno di vita, la picciotta
dagli sguardi selvatici Grazia Giangrasso, la signora Giulia Dalbono e
il vecchio compagno di scuola Ernesto Lapis, che abita nei pressi di Piazza
Mazzini, guarda caso vicino a quel palazzo di vetro con il cavallo davanti
all'ingresso, sede della Rai, dove per decenni, Andrea Camilleri ha lavorato
da regista, sceneggiatore e produttore. E nei dintorni, durante le pause
del lavoro si sarà ritrovato tante volte a «tambasiare»,
termine intraducibile per i non siciliani e per i non lettori di Montalbano.
Pazienza!
Domenico Nunnari