Gazzetta del Sud, 23.7.2002
Montalbano si “scanta”
Andrea Camilleri  - Le paure di Montalbano

Il commissario Montalbano è un uomo normale, anche se nella professione eccelle per abilità, intuito e grande deontologia professionale. Il libro di Camilleri che sta riscuotendo grande successo, è diviso in sei racconti; tre racconti lunghi e tre brevi; solo i racconti lunghi sono inediti. La cosa che più colpisce dal punto di vista
linguistico è che l'autore scrive nel suo ormai solito linguaggio non più originale: il siculo-italiano. La prima cosa che si nota è che il commissario Montalbano fa venire in mente il celebre Maigret: li accomuna oltre la grande perizia, il gusto del cibo e una certa irruenza.
Il commissario non lavora da solo, ma possiede ottimi collaboratori che lo aiutano nel suo non facile lavoro; il commissario ha anche un'intelligente amica amante di nome Livia, che sa intervenire al momento giusto con suggerimenti azzeccati, per quanto riguarda la soluzione dei vari casi di delitti; i racconti brevi non possono definirsi polizieschi in senso stretto: sono piuttosto la storia di tre incontri occasionali; il più grottesco è senza dubbio «Un cappello pieno di pioggia» uscito nel quotidiano «La Repubblica». Il cappello pieno di pioggia è in realtà un gran cappello pieno di droga caduto dalla testa di un ragazzotto che sotto una bufera di pioggia e vento, a Roma, va a finire ai piedi di Montalbano che si trovava nella capitale per una sua inchiesta; va da sé che anche il commissario inseguiva il suo cappello; il tutto davanti alla Questura di Roma. Tutti vanno a finire in questura compreso il commissario che si vede abbracciato da un collega che gli dice di averlo aiutato a catturare un trafficante di droga. In tutti i racconti inediti che si svolgono a Vigàta, un microscopico paesino siciliano, si nota con quale perizia, da vero sbirro, si muova il commissario Montalbano. Nel racconto «Ferito a morte», il commissario riesce abilmente a sbrogliare una matassa delittuosa che svela come un certo Gerlando Piccolo sia stato ucciso dalla nipote Grazia che, rimasta orfana dei genitori, era stata allevata dallo zio Gerlando e dalla moglie Titina; morta la zia la furba Grazia era divenuta l'amante dello zio sconosciuto in paese come un «succhia sangue» un vero e proprio usuraio. Il suo cliente più affezionato è un forte giocatore d'azzardo di cui Grazia è veramente innamorata. Saranno questi due delinquenti ad istigare il povero Dindò, un commesso di bottega, ad uccidere Gerlando Piccolo, approfittando dell'amore che lui prova per la bruna e «tracagnotta» Grazia. E sarà questa donnaccia a ucciderlo, dopo che lui ha ucciso lo zio,
prelevando «un revarbaro» preso da «un cascione» nella camera da letto dell'usuraio. È da notare che un filo di umorismo, dovuto anche all'estroso linguaggio, unisce e fa sorridere e ridere il lettore. Il racconto breve, ma non pubblicato, è quello che dà il titolo al libro «La paura di Montalbano». Riportiamo, per dare un'idea chiara al lettore ciò che è scritto in terza di copertina, naturalmente in siculo-italiano. «Era vero, Livia aveva ragione. Lui aveva paura “si scantava” di calarsi negli “abissi dell'animo umano” (...) Aveva scanto perché sapeva benissimo che, raggiunto il fondo di uno qualsiasi di questi strapiombi, ci avrebbe immancabilmente trovato uno specchio.
Che rifletteva la sua faccia. Perché si legge la parola strapiombi? Perché nel suddetto racconto Montalbano si trova a risolvere un delitto, come dire, virtuale in quanto né l'assassino potenziale viene arrestato, né la vittima muore. I due sono praticamente marito e moglie; ma lo sbirro Montalbano riesce a far parlare il marito che, anche potendo, non ha prestato soccorso alla moglie che resta penzoloni in uno strapiombo in alta montagna; pochi minuti bastano alla donna per capire che il marito voleva liberarsi di lei, in quanto il marito, e lo dirà al commissario, aveva una relazione con un'altra donna; ma donna si salverà sia per l'aiuto del marito pentito sia per la forza fisica di Montalbano». Che dire altro? Che non stupisce la celebrità di Camilleri e si comprende come molti sperano di poterlo incontrare ed essere «taliati» da lui.
Titti Calfapietra