Fahrenheit, RADIO 3 RAI, 5.7.2002
Camilleri
Andrea Camilleri sarà ospite della puntata di oggi per raccontarsi nella veste di lettore. Lo scrittore siciliano svelerà le sue passioni letterarie, come quella per Conrad, e le sue antipatie. Oltre alle memorie autobiografiche anche un accenno alle predilezioni del commisario Montalbano, il celebre protagonista di tanti romanzi di Camilleri.

Le parole, i racconti di Andrea Camilleri sul modo di leggere, il “suo” modo di leggere.

Non credo che ci sia un libro che rappresenti meglio la vita, si può creare una cooperativa di libri che finiscono, messi tutti assieme e letti l’uno appresso all’altro, col rappresentare la vita.
Ma poi la domanda: è così importante che un libro rappresenti la vita?
Noi siamo prismatici. Dire che siamo… che il nostro cervello è come quello degli altri, è un po’ sbagliato, ha una forma tutta da prisma… e allora non si può… perché se uno si legge solo Verga si fa una certa idea dei Siciliani e se si legge Brancati che idea si fa, tanto per restare nell’ambito catanese? Se ne fa tutta un'altra. Poi evitiamo di scendere fino a Ercolino Patti perché allora diventa tutta un’altra immagine. No, credo che l’unico modo per capire, attraverso la scrittura – se si può capire attraverso la scrittura – la Sicilia, l’unico è veramente il percorso storico, cioè a dire Verga, Capuana, il siciliano, anche se non lo era, De Roberto - perché I Viceré sono appunto uno dei romanzi chiave per capire la Sicilia - e poi naturalmente Pirandello, Sciascia e gli altri.
Vede, per esempio, anche recentemente in campagna mi è franato il settimanale, cioè quel mobile dove uno tiene i vestiti, la biancheria per una settimana. Essendo mobili siciliani, che sono importanti nella Sicilia, la loro frana può anche comportare la morte di qualcuno che ci si trova accanto, di passaggio. Il problema è stato quali libri scegliere, perché i  libri, con questo peso, e col fatto che il falegname arriva quando si decide lui, finiscono un po’ con l’essere, come posso dire, marchiati da questo peso. Quindi ho scelto dei libri di poesia che mi erano stati mandati e che avevo giudicati assolutamente ignobili. Pepe li brucia… io è una cosa che non riuscirei a fare manco pagato… ecco, vede, ho detto che erano ignobili quei libri, eppure li tengo, a casa, non li ho mica buttati. Sono arrivato a un livello che ormai mi devo liberare di tanti libri e allora ho pensato di mandare dei libri utili ma che a me non servono più, dei libri leggibili ma che a me non servono più, di mandarli alle carceri. Sono stato a Rebibbia, ho visto che  hanno una biblioteca splendida e allora mandiamo dei buoni libri a questa gente… altri, seguendo un antico consiglio di Sciascia, mandarli alla biblioteca comunale. Per esempio, a me scrivono una o due biblioteche comunali… mi hanno scritto dicendomi: “non abbiamo i soldi per comprare i suoi libri, eppure li vorremmo”… io glieli ho mandati… che è un’ ottima cosa.
Capitò questo: che questi libri di mio padre, che erano bellissimi perché… - questo libro era pubblicato nella Biblioteca Economica Sonzogno, ancora mi ricordo perfino  le illustrazioni di copertina, questo e altri libri, della Treves, per esempio, dove lessi e ne rimasi incantato Chesterton, per esempio - tutta la biblioteca paterna andò distrutta durante lo sbarco degli Americani e quindi non ho più nulla di quell’epoca, più niente, se non due libri che mi sono portato appresso. Fu un grandissimo dolore, ma insomma, pazienza, in quei tempi pensavi che l’unica era salvare la vita, sapere che i tuoi cari erano vivi, che se l’erano “scapolata”… quella era la cosa più importante, poi eri disposto a perdere tutto, voglio dire, pur di sapere che stavano bene… sono stati giorni terribili, quelli. Ecco, mi è pesato poco, se devo dire, perché c’era la grande gioia, la grande compensazione che tutto era andato bene.
Invece mi capitò, due giorni prima dello sbarco, che un reparto tedesco - non si sa bene perché ma era successo già, diciamo il 25 luglio e questi ancora erano lì – sparò con un cannoncino contro la casa del fascio del paesino dove io mi trovavo con i miei, che era Serradifalco, in provincia di Caltanissetta. Poi l’indomani io ci passai, lì davanti… non c’ero mai entrato in quella casa, e vidi un tesoro che era rappresentato per esempio da diecine di libri delle Edizioni della Voce: Slataper, Boine, Renato Serra… bene, ne agguantai una trentina e me li portai a casa, e qualcuno ancora circola per casa.
Quello è stato un piccolo compenso – perché erano libri rari a trovarsi – del danno patito a Porto Empedocle, coi libri di papà che scomparirono… avevano tutti il timbro della Federazione fascista, ma si vede che li avevano presi in blocco, li avevano distribuiti… ma erano intonsi, erano proprio… io li ho tagliati, questi libri.
[trascrizione a cura di Paola Rossi]