Le parole, i racconti di Andrea Camilleri sul modo di leggere, il “suo” modo di leggere.
Non credo che ci sia un libro che rappresenti meglio la vita, si può
creare una cooperativa di libri che finiscono, messi tutti assieme e letti
l’uno appresso all’altro, col rappresentare la vita.
Ma poi la domanda: è così importante che un libro rappresenti
la vita?
Noi siamo prismatici. Dire che siamo… che il nostro cervello è
come quello degli altri, è un po’ sbagliato, ha una forma tutta
da prisma… e allora non si può… perché se uno si legge solo
Verga si fa una certa idea dei Siciliani e se si legge Brancati che idea
si fa, tanto per restare nell’ambito catanese? Se ne fa tutta un'altra.
Poi evitiamo di scendere fino a Ercolino Patti perché allora diventa
tutta un’altra immagine. No, credo che l’unico modo per capire, attraverso
la scrittura – se si può capire attraverso la scrittura – la Sicilia,
l’unico è veramente il percorso storico, cioè a dire Verga,
Capuana, il siciliano, anche se non lo era, De Roberto - perché
I Viceré sono appunto uno dei romanzi chiave per capire la Sicilia
- e poi naturalmente Pirandello, Sciascia e gli altri.
Vede, per esempio, anche recentemente in campagna mi è franato
il settimanale, cioè quel mobile dove uno tiene i vestiti, la biancheria
per una settimana. Essendo mobili siciliani, che sono importanti nella
Sicilia, la loro frana può anche comportare la morte di qualcuno
che ci si trova accanto, di passaggio. Il problema è stato quali
libri scegliere, perché i libri, con questo peso, e col fatto
che il falegname arriva quando si decide lui, finiscono un po’ con l’essere,
come posso dire, marchiati da questo peso. Quindi ho scelto dei libri di
poesia che mi erano stati mandati e che avevo giudicati assolutamente ignobili.
Pepe li brucia… io è una cosa che non riuscirei a fare manco pagato…
ecco, vede, ho detto che erano ignobili quei libri, eppure li tengo, a
casa, non li ho mica buttati. Sono arrivato a un livello che ormai mi devo
liberare di tanti libri e allora ho pensato di mandare dei libri utili
ma che a me non servono più, dei libri leggibili ma che a me non
servono più, di mandarli alle carceri. Sono stato a Rebibbia, ho
visto che hanno una biblioteca splendida e allora mandiamo dei buoni
libri a questa gente… altri, seguendo un antico consiglio di Sciascia,
mandarli alla biblioteca comunale. Per esempio, a me scrivono una o due
biblioteche comunali… mi hanno scritto dicendomi: “non abbiamo i soldi
per comprare i suoi libri, eppure li vorremmo”… io glieli ho mandati… che
è un’ ottima cosa.
Capitò questo: che questi libri di mio padre, che erano bellissimi
perché… - questo libro era pubblicato nella Biblioteca Economica
Sonzogno, ancora mi ricordo perfino le illustrazioni di copertina,
questo e altri libri, della Treves, per esempio, dove lessi e ne rimasi
incantato Chesterton, per esempio - tutta la biblioteca paterna andò
distrutta durante lo sbarco degli Americani e quindi non ho più
nulla di quell’epoca, più niente, se non due libri che mi sono portato
appresso. Fu un grandissimo dolore, ma insomma, pazienza, in quei tempi
pensavi che l’unica era salvare la vita, sapere che i tuoi cari erano vivi,
che se l’erano “scapolata”… quella era la cosa più importante, poi
eri disposto a perdere tutto, voglio dire, pur di sapere che stavano bene…
sono stati giorni terribili, quelli. Ecco, mi è pesato poco, se
devo dire, perché c’era la grande gioia, la grande compensazione
che tutto era andato bene.
Invece mi capitò, due giorni prima dello sbarco, che un reparto
tedesco - non si sa bene perché ma era successo già, diciamo
il 25 luglio e questi ancora erano lì – sparò con un cannoncino
contro la casa del fascio del paesino dove io mi trovavo con i miei, che
era Serradifalco, in provincia di Caltanissetta. Poi l’indomani io ci passai,
lì davanti… non c’ero mai entrato in quella casa, e vidi un tesoro
che era rappresentato per esempio da diecine di libri delle Edizioni della
Voce: Slataper, Boine, Renato Serra… bene, ne agguantai una trentina e
me li portai a casa, e qualcuno ancora circola per casa.
Quello è stato un piccolo compenso – perché erano libri
rari a trovarsi – del danno patito a Porto Empedocle, coi libri di papà
che scomparirono… avevano tutti il timbro della Federazione fascista, ma
si vede che li avevano presi in blocco, li avevano distribuiti… ma erano
intonsi, erano proprio… io li ho tagliati, questi libri.
[trascrizione a cura di Paola Rossi]