RASSEGNA STAMPA
GIUGNO 2003
La Sicilia, 1.6.2003
Effetto Vigata, ecco le telecamere Mediaset
Porto Empedocle. Si allarga l'effetto «Vigata». È
infatti previsto per la prossima settimana l'arrivo nella cittadina marinara
di una troupe della trasmissione televisiva «Verissimo», in
onda tutti i giorni nel pomeriggio di Canale 5.
Uno degli appuntamenti più amati dal pubblico italiano, pronto
a offrire un'ampia e prestigiosa vetrina ai luoghi raccontati da Andrea
Camilleri. Gli uomini Mediaset verranno accompagnati dal sindaco empedoclino
Paolo Ferrara e dall'assessore comunale al Turismo Tonino Guido al lido
Marinella, alla Scala dei Turchi, a «muntagna o crastu», e
soprattutto all'interno della Torre di Carlo V. Eccezionalmente per esigenze
di marketing, lo storico sito abbandonato da molti anni al degrado verrà
aperto per fare entrare le telecamere arrivate dalla sede palermitana di
Canale 5. Un'occasione da non perdere che certifica ufficialmente il grande
interesse che ha riscosso anche a livello nazionale, l'idea di accostare
il nome Vigata a quello di Porto Empedocle. Una trovata che pian piano
sta zittendo coloro i quali avevano manifestato scetticismo, su un'iniziativa
che mira a far entrare la cittadina marinara nel circuito delle mete turistiche
più rinomate culturalmente della Sicilia.
Un lavoro molto complesso che dipende anche dalla cassa di risonanza
che avrà nei prossimi giorni la trasmissione delle immagini, riprese
dalla troupe di «Verissimo» nei luoghi camilleriani. I tecnici
e i giornalisti faranno anche un salto al bar di Stefano Albanese, ribattezzato
bar «Vigata». Il «caso» del commerciante empedoclino
ha varcato i confini nazionali, per il ruolo di segreteria particolare
che riveste per tutti i fan del papà del commissario Montalbano.
Da Albanese infatti, si recano decine di persone per farsi autografare
i libri di Camilleri, dallo stesso autore. Senza dimenticare le pubblicazioni
delle scrittore, tradotte in tante lingue straniere e consultabili tra
un cannolo e una limonata. «L'arrivo di Mediaset nel nostro paese
ci fa capire che abbiamo fatto la scelta giusta, puntando sul nome Vigata».
A parlare è il sindaco Paolo Ferrara, il quale non nasconde il proprio
entusiasmo in vista di una stagione che si preannuncia assai positiva sul
fronte dell'afflusso di turisti. «Finalmente Porto Empedocle verrà
raccontata in una trasmissione di livello nazionale per fatti di spessore
culturale. Basta con i morti ammazzati o le storie di mafia», ha
aggiunto il primo cittadino.
Francesco Di Mare
Il Messaggero, 2.6.2003
Nonostante la pioggia venerdì scorso erano in trecento ad ascoltare
i brani del russo Akunin. Con Camilleri striscioni e parapiglia per i posti
a sedere
Massenzio, che fenomeno il popolo della letteratura
In migliaia ogni sera affollano gli incontri con gli scrittori: strano
evento in un paese in cui si legge poco
[...]
qui è il bello del festival romano dedicato agli scrittori.
Che non ci sono serie A e serie B e non solo per la qualità del
cartellone. Perché è vero che per ascoltare Camilleri letto
da Zingaretti sono arrivati in quattromila e si sono quasi picchiati per
trovare posto.
[...]
Alberto Guarnieri
L'Eco di Bergamo,
3.6.2003
Camilleri a teatro «Il mio Brambilla è come Berlusconi»
Il 14 luglio a Siena, nell'ambito della stagione «chigiana»,
Andrea Camilleri metterà in scena un allestimento teatrale di Rocco
Mortelliti dal titolo «Il finto cantante», un'opera tratta
da uno dei racconti dello scrittore siciliano, «Il commissario di
bordo». La storia è quella di un ex politico che rivive i
suoi sogni giovanili esibendosi, sotto le mentite spoglie di un cantante
(scortato da guardie del corpo in borghese) all'interno di una lussuosa
nave. Il che tradotto all'oggi vuol dire Silvio Berlusconi, anche se lo
scrittore afferma che è tutta casualità. «Ho scritto
un libretto "politico" - ha spiegato Mortelliti - il protagonista ha circa
60 anni, non è molto alto ma è piuttosto distinto, dunque
non può essere equivocato. E' un politico, un uomo di punta che
apprezza molto chi non la pensa come lui. E poi canta e racconta barzellette
come il nostro presidente del Consiglio. I riferimenti saranno casuali,
ho anche cambiato il nome al mio "cantante", che si chiamerà Brambilla...».
Meridiani n.119, “Sicilia”, anno XVI, 6.2003
Cultura
Da Camilleri a Piazzese: nel giallo vince una voglia di esotica
normalità
“Silenzio, lavori in corso”. Nella stanza dei creativi siciliani sventola
il cartello d’avviso. Sotto la cenere letteraria, cinematografica, pittorica
e altro covano infatti interessanti novità. Si sperimenta e si cerca
questa volta con un occhio più attento al mercato. E a tenere banco
non è più l’impegno.
L’intrattenimento fa proseliti, assieme alla voglia di voltare pagina,
dimenticando gli infernali anni Settanta e Ottanta quando la cronaca prevaleva
sulla fantasia, sfornando così pamphlet più che romanzi,
gialli e detective story più che narrativa d’evasione.
Un ciclo si è concluso. E alla cultura di denuncia antimafia
che ha accompagnato la terribile stagione dei delitti, eccellenti e non,
di Cosa Nostra -scandita dalle premonizioni e dalle denunce di Leonardo
Sciascia- si è sostituita l’affabulazione di Andrea Camilleri. Come
dire, dalla tragedia si è passati al bozzetto, dal sorriso amaro
dell’ironia al bonario umorismo che, talvolta, sfiora il folclore. Il giallo
si è fatto meno cupo, meno disperato e Montalbano ha preso il posto
del capitano Bellodi e del professor Laurana.
Accantonate le domande taglienti e gli interrogativi angosciosi, affiora
una Sicilia meno isola e più continente. Come se quei quattro chilometri
dello Stretto si fossero ristretti. L’effetto, forse, è più
ottico che reale. Ma tanto basta a rintracciare in nuovi scrittori di gialli,
come il palermitano Santo Piazzese, la voglia di raccontare un’esotica
normalità in cui Palermo è ancora piena di misteri, ma respira
un’aria che la rende una via di mezzo tra Barcellona e Il Cairo. Giovani
scrittori riscoprono un filone che da Brancati a Bufalino, passando per
Consolo, ha avuto terreno fertile nell’isola. E’ una etteratura onirica
e surreale che racconta di emarginati e antiche favole, nutrendosi di metafore
e pastiches linguistici.
Il germe, in realtà, lo piantò Matteo Collura nel ‘79
con Associazione indigenti, epopea di poveri e disperati del ventre di
Palermo che richiama i toni e le suggestioni del peruviano Scorza. Oggi
il cantiere non s’arresta e fioccano gli esperimenti di Roberto Alajmo
e di Giosuè Calaciura, dove la realtà isolana è più
spesso trasfigurata anche quando a prevalere è la denuncia.
C’è un corrispettico cinematografico di tutto questo. Dalla
denuncia sociale degli “scanazzati” -i giovani delle periferie emarginate
e a rischio di arruolamento mafioso- nei film di Grimaldi si è passati
alla riedizione musical di Roberta Torre. Di questa Sicilia musicale, per
anni zittita dal crepitare dei kalashnikov e dagli attentati di mafia,
è ricomparsa la vena con due giovani compositori. Parliamo di Ellis
Island di Giovanni Sollima (libretto di Alajmo) e del Fantasma nella cabina
di Marco Betta (tratto da un racconto di Camilleri). Non è un caso,
forse, che lo splendido Teatro Massimo abbia riaperto i battenti solo da
tre anni, dopo un cupo silenzio che sapeva di lutto. Insomma, l’isola si
è trasformata più in un laboratorio creativo -libero di spaziare
tra tendenze diverse- che in una scuola d’impegno in trincea. Ha perso
i connotati da “frontiera” in cui si combatte una battaglia da esportare
poi nel “continente”. Prevale la voglia di assimilarsi al resto d’Italia.
Nel bene e nel male. Resta, comunque, il dubbio: la cultura siciliana evade
per dimenticare o si è distratta nel raccontare quel che cova sotto
la cenere del vulcano?
Virman Cusenza
Meridiani n.119, “Sicilia”, anno XVI, 6.2003
Articolo pubblicitario
In viaggio con la svedese
Sulle tracce del commissario Montalbano, a bordo di una comoda Volvo
'XC 90'.
Guidati dal navigatore satellitare alla ricerca dell'immaginaria Vigata,
ormai più "vera" di Porto Empedocle. Passando dalla Valle dei Templi,
fino a Ragusa Ibla e Punta Secca, le località dove è stato
ambientato il serial televisivo.
Corriere della sera,
cronaca di Roma, 4.6.2003
Il libro
Cosimo, la madre e il bimbo rapito
In un paese immaginario della Sicilia, il biciclettista Cosimo viene
coinvolto nel rapimento di un bimbo. Un «noir» secco, grottesco,
durissimo. Il romanzo di Roberto Alajmo, «Cuore di madre» (Mondadori),
viene presentato oggi da Andrea Camilleri, presente l’autore.
MELBOOKSTORE, via Nazionale 252, ore 18.30
Il Resto
del Carlino, 4.6.2003
Bologna
Commissario di ferro assediato dai bambini
Perché sei pelato? «Il motivo, a dire il vero, è
ancora oscuro». Da bambino sognavi di fare l'attore? «Veramente
no, anche se mi piaceva molto partecipare alle recite scolastiche».
Sei amico con Camilleri? «Era il mio insegnante all'Accademia di
arte drammatica. Poi ci siamo ritrovati sul set». Insomma un' intervista
a più mani, o per meglio dire, a più voci: quelle dei bimbi
delle scuole elementari Manzolini che ieri mattina, inaspettatamente, attorno
all'ora dell'intervallo, si sono trovati di fronte il Commissario Montalbano,
alias Luca Zingaretti. L'improvvisata, promossa dalla Film Commission del
Comune di Bologna, è di quelle che difficilmente si potranno dimenticare.
Anche perché l'attore, a Bologna ormai da un mese per le riprese
del film L'Anello di Gomma del regista Ambrogio Lo Giudice, si è
sempre tenuto a debita distanza dalla stampa, inviti e manifestazioni.
Di fronte alla platea di giovanissimi, Zingaretti si è invece
concesso senza esitazioni, ha firmato autografi - «270, uno per tutti
i bimbi della scuola» ha tenuto a precisare Luca — ha trascorso quasi
un'ora col microfono in mano seduto su di un tavolo da disegno nel chiostro
dell'edificio. «Che rivedrete anche nel film: nel vostro cortile
abbiamo girato una scena in cui giovani seminaristi giocano a calcio, un
po' come fate voi», ha detto Zingaretti approfittando dell'occasione
per dare anche qualche piccola anticipazione sul film. «Io sarò
un prete sullo sfondo di una Bologna anni '40. Se saranno rispettati i
tempi del montaggio presenteremo L'Anello di Gomma al Festival di Venezia,
nella prima settimana di settembre. Uscendo poi nelle sale prima dell'autunno».
Salutando, un auspicio che si inserisce nella querelle nata attorno al
futuro delle scuole Manzolini di via Sant'Isaia: «Ho appena saputo
che questa scuola rischia di essere trasferita per lasciare posto alla
Sovraintendenza ai beni artistici. Mi auguro che così non sia. E'
un luogo che sembra fatto apposta per dei bambini».
Chiara Caliceti
Le soir, supplemento
culturale, 4.6.2003
Nos choix étoilés
Livres
[…]
**** Camilleri, « Le roi Zosimo », roman (Fayard)
[…]
Corriere della sera,
cronaca di Roma, 5.6.2003
Berlusconi
Andrea Camilleri dialoga con Paolo Sylos Labini in occasione dell'uscita
di "Berlusconi e gli anticorpi", edito da Laterza. Intervengono Marcelle
Padovani e Mario Morcellini.
Facoltà di Sociologia, via Salaria, 113, alle 17.
Gazzetta di Parma,
5.6.2003
Arriva «Soldati di pace». Saccà: «Pronte le
firme per Medico in famiglia e Maresciallo Rocca»
Più soldi e più ore per la fiction della Rai
ROMA - La fiction Rai riprende il largo: più investimenti e più
ore di produzione per i prossimi mesi. Via libera alla serie Omicidi con
Massimo Ghini e a La tassista con Stefania Sandrelli. Lustrati anche i
«gioielli di famiglia» di viale Mazzini: già in fase
di sceneggiatura la quarta serie del Medico in famiglia che andrà
in onda nell'autunno 2004, e la quinta del Maresciallo Rocca e di Don Matteo.
«Questi titoli popolari avranno ritmi di lavorazione diversi
rispetto al passato - spiega Agostino Saccà neo direttore di RaiFiction
- se prima si aspettavano oltre due anni tra una serie e l'altra ora la
cadenza sarà all'incirca annuale». Per il commissario Montalbano
invece la linea editoriale è diversa: nel 2004 Il birraio di Preston
e Il re di Girgenti, i romanzi storici di Camilleri, diventeranno formato
tv, poi si torna a lavorare con Montalbano. «In questo modo terremo
viva l'attenzione del pubblico su Vigata - continua Saccà - e faremo
riposare un prodotto che ci ha dato grandi soddisfazioni anche in replica».
[...]
Alessia Mattioli
Gazzetta del Sud,
5.6.2003
Agostino Saccà ha annunciato la strategia Rai nella fiction
Montalbano “a riposo” nella prossima stagione
ROMA – La Rai spenderà più soldi nella fiction. Lo ha
annunciato Agostino Saccà, il nuovo direttore di Rai Fiction, ieri
alla sua prima uscita pubblica in occasione della presentazione della miniserie
«Soldati di pace», in onda su Raiuno l'8 e il 9 giugno. Nell'estate
si apriranno 15 set, «la macchina della fiction andrà a regime
sostenuto – ha detto Saccà – e la Rai avrà a disposizione
lo stesso budget, 150 milioni di euro, ma avrà a disposizione risorse
aggiuntive ricavate da accordi di coproduzione o con gli enti del territorio.
E aumenteranno le ore di produzione: Raiuno ad esempio ci aveva chiesto
50 ore tra gennaio e maggio 2004, gliene daremo 57». Rispetto ai
cosiddetti gioielli di famiglia, ossia i titoli più popolari delle
serie Rai, Saccà ha precisato che «per scelta editoriale non
produrremo quest'anno e forse neppure all'inizio dell'anno prossimo "Il
commissario Montalbano". Nel frattempo vogliamo fare i romanzi storici
di Andrea Camilleri, "Il birraio di Preston" e "Il re Girgenti". Terremo
così viva l'attenzione del pubblico su Vigata e faremo riposare
un prodotto che ci ha dato grandi soddisfazioni anche in replica».
Per la serie di Montalbano l'accordo con il produttore Degli Esposti era
già stato approvato da Saccà quando era direttore generale
e ora verrà ripresentato al nuovo dg, Flavio Cattaneo, nel cda di
martedì prossimo.
[...]
Il
Centro, 5.6.2003
Domenica e lunedì in prima serata su Raiuno. Protagonista il
pescarese Michael Reale
Storie di soldati italiani di pace
In due puntate un film per la tv ambientato in Kosovo
ROMA.
[...]
«Soldati di pace» è anche una buona occasione per
fare il punto sulla fiction Rai. «Non è vero che la "fabbrica"
è ferma, né che abbiamo tagliato gli investimenti»,
annuncia Agostino Saccà. «Ci sono già 15 set aperti
e il budget per il prossimo anno è di 150 milioni, lo stesso della
scorsa stagione. Anzi di più, perché stiamo cercando di incrementarlo
con coproduzioni e risorse offerte dai territori locali». E se pare
non ci sia più nessun progetto lasciato in sospeso, sono stati accelerati
anche i tempi. Per la nuova serie di «Un medico in famiglia»,
ad esempio, ci vorranno poco più di 12 mesi e non i quasi tre anni
intercorsi tra le passate edizioni. Lo stesso vale per il nuovo «Don
Matteo», pronto già in autunno e per il «Maresciallo
Rocca», del quale si vedrà la quarta serie da ottobre mentre
la quinta è in fase di scrittura. Quanto a Montalbano, l'attesa
è voluta... per troppo successo. «Dobbiamo far riposare il
prodotto», spiega Saccà. «Ma non Camilleri, che tornerà
in tv il prossimo anno con due dei suoi romanzi storici».
SILP- CGIL
Venerdì 6 giugno 2003, alle ore 20:00, al Teatro Piccolo Eliseo
(Via Nazionale, 183 - Roma), dibattito pubblico su Il giro di boa di Montalbano.
Ne discutono Andrea Camilleri, Sergio Cofferati e Claudio Giardullo;
modera Enrico Fierro.
Il Quotidiano, 6.6.2003
Sindaco Bologna
L'Ulivo sceglie lo 'straniero' Cofferati
Bologna - Via libera dall'Ulivo bolognese alla candidatura a sindaco di Sergio Cofferati.
[...]
«Sono come Montalbano. Ho tanti autori, non uno solo. Decideranno loro». Così Sergio Cofferati ha descritto il suo futuro politico parlando ad un dibattito pubblico sull'ultimo libro di Andrea Camilleri «Il giro di boa», stasera al teatro 'Piccolo Eliseo'.
Cofferati non ha voluto commentare direttamente la notizia della sua candidatura da parte dell'Ulivo a sindaco di Bologna. «Non ho un'idea precisa - ha detto - in materia. Credo che nella mia condizione sia difficile».
[...]
La Repubblica, 6.6.2003
Camilleri e Sylos Labini attaccano il premier
"Anche Montalbano è un anticorpo contro il regime"
"Ma i lettori criticano la politica nell´ultimo romanzo"
ROMA - Montalbano diventa antiberlusconiano? E i lettori protestano.
Lo ha raccontato proprio lui, Andrea Camilleri, il padre del commissario
più famoso d´Italia: «Dopo il mio ultimo romanzo molti
lettori si sono indignati, "Montalbano - dicevano - non dovrebbe prendere
posizione politica"». Insomma, nemmeno il commissario di Vigata è
stato risparmiato dalla polemica politica. Anche lui è stato criticato
perché si era schierato.
Ieri, a Roma, Camilleri ha presentato alla Sapienza il libro di Paolo
Sylos Labini "Berlusconi e gli anticorpi, diario di un cittadino indignato".
E, tra gli attacchi dello scrittore siciliano e quelli del noto economista,
il premier non è stato certo risparmiato. «Montalbano è
un anticorpo», un uomo che difende le istituzioni, spiega Camilleri.
E poi punta dritto contro Berlusconi: «Gli anticorpi vengono prodotti
dall´organismo in presenza di sostanze estranee. Ecco, noi ci troviamo
di fronte a una sostanza estranea e oltretutto mutante, come la Sars, perché
ogni giorno cambia idea. Ed è difficile polemizzare con uno che
si smentisce in continuazione». Ma il più noto giallista italiano
non si ferma qui, usa la parola fascismo: «Il primo segnale del fascismo
è sempre stato un attacco violento alla giustizia: è da lì
che può venire un nuovo regime».
Un discorso duro, ma ancora più duro forse è l´attacco
di Sylos Labini: «Demonizzare Berlusconi? Non è vero che così
facciamo il suo gioco. Anzi. E poi ha cominciato lui, con la demonizzazione,
falsa, dei magistrati». Poi un appello: «Stiamo perdendo le
conquiste di decenni. Per costruire qualcosa spesso ci vogliono molti anni,
ma per perderla ne basta uno. Questo non è il momento del quieto
vivere».
Ferruccio Sansa
Gazzetta del Sud,
6.6.2003
Camilleri spiega il rinvio in tv al 2005
Montalbano a riposo? Nessun motivo politico
ROMA – Andrea Camilleri tende «a escludere implicazioni politiche
nella decisione della Rai di non realizzare per quest'anno altri film su
Montalbano» e parla semmai di «difficoltà oggettive».
«Non sono mai stati firmati altri contratti, e già molto tempo
prima che, appunto, nascessero polemiche politiche – dice lo scrittore
– si parla invece da un po' di tempo di realizzare per la tv qualche mio
romanzo storico. Il progetto è sempre della Palomar e, siccome io
a questi romanzi tengo più che a quelli di Montalbano, mi farebbe
moltissimo piacere. Comunque non sono io che mi occupo direttamente di
queste cose. L'unica cosa che so è che né per i gialli, né
per i romanzi storici sono stati firmati per ora dei contratti».
Giovedì la Rai ha annunciato un prossimo e probabile accordo con
la Palomar (sarà all'esame del dg Flavio Cattaneo martedì)
per la realizzazione nel 2004 del «Re di Girgenti» e del «Birraio
di Preston», due romanzi storici sulla Vigata antica e di riprendere
il ciclo del Commissario Montalbano nel 2005.
Panorama, 6.6.2003
Le grandi iniziative di Panorama
Un'estate in giallo. E' quella che presenta Panorama, con il numero
in edicola la prossima settimana. E sarà il più amato
dei personaggi del giallo all'italiana, il commissario Salvo Montalbano,
a introdurla. Venerdì prossimo infatti, con "La voce del violino"
in vendita con Panorama a 2,70 euro in più sul prezzo di copertina,
parte una nuova serie di dieci romanzi scritti da autori italiani e internazionali.
Copertine vivaci e colorate, i dieci libri sono una ricchezza preziosa
per ogni libreria.
I primi cinque volumi sono firmati da Andrea Camilleri: due avventure
di Montalbano seguite da tre romanzi a metà tra il giallo e la storia.
Uno dei libri che arriveranno dopo Camilleri è della barcellonese
Alicia Gimenez Barlett. Altri due sono firmati dal giallista siciliano
Santo Piazzese, poi arriverà un detective insolilto: il filosofo
Aristotele che, grazie, alla
fantasia della scrittrice canadese Margaret Doody, indaga su un caso
di omicidio. L'ultimo romanzo, dell'inglese Penelope Fitzgerald, è
ambientato nelle sale del British Museum.
UNA MUSICA CHE VI INCOLLERA' ALLE PAGINE
Una bellissima donna assassinata in una vecchia villa di Vigata, il
mistero di un matrimonio mai consumato, un grande violinista che vive senza
uscire dal suo appartamento in cui suona con passione e una signora che
fa battere il cuore al commissario Montalbano, mettendo in discussione
la stabilità della sua relazione con Livia. Sono gli ingredienti
che rendono irresistibilie la lettura de "La voce del violino", il romanzo
di Andrea Camilleri in edicola con "Panorama" la prossima settimana, da
venerdì 13 giugno. Il libro è stato pubblicato da Sellerio
nel 1997, balzando subito ai vertici delle classifiche, ed è anche
diventato un film per la televisione interpretato da Luca Zingaretti.
E NELLE PROSSIME SETTIMANE...
"L'odore della notte" è il romanzo in edicola con il n. 26 di
Panorama, venerdì 20 giugno. Seguiranno, sempre di Camilleri,
"La concessione del telefono (27 giugno), "Il re di Girgenti" (4 luglio)
e "La stagione della caccia" (11 luglio). L'estate dei libri di Panorama
continua con "Giorno da cani" di A.G. Barlett (18 luglio), "I delitti di
via Medina" e "La doppia vita di M Laurent" di Santo Piazzese (25 luglio
e 1 agosto), "Aristotele detecive" di M. Doody (8 agosto) e "Il fanciullo
d'oro" di P. Fitgerald (15 agosto).
Il Nuovo, 7.6.2003
Camilleri: "Lunga vita a Montalbano"
Lo scrittore che ha dato vita al popolare commissario assicura: "Montalbano
non lascerà la polizia nè morirà". E risponde alle
polemiche che hanno accompagnato l'uscita del suo ultimo libro, Il giro
di boa.
ROMA – Il commissario Montalbano non morirà. A dirlo è
proprio suo "padre" Andrea Camilleri intervenuto a un dibattito sul suo
ultimo chiacchieratissimo libro Il giro di boa. "Non ho una Road Map sul
suo sviluppo - ha spiegato a proposito del futuro del commissario di Vigata
- però escludo che lasci la polizia sbattendo la porta e che morirà".
Il dibattito organizzato dal sindacato di polizia Silp e dalla Fondazione
Di Vittorio ha affrontato un tema delicato come quello delle polemiche
legate alla crisi del commissario siciliano dopo i fatti del G8 di Genova.
Ma Camilleri è stato chiaro: “Nel libro - ha spiegato - non c'é
alcuno schiaffo o sberleffo alle forze di polizia, ma semmai un abbraccio,
un campanello d' allarme che non si riferiva solo al G8 ma anche ai fatti
di Napoli".
Secondo l' ex segretario della Cgil, Sergio Cofferati, le polemiche
sono nate "perché l'autore ha toccato un nervo scoperto". Per Cofferati
"molte delle cose successe a Genova erano previste e annunciate con grande
fragore", ma dall'esperienza drammatica di Genova si è per fortuna
usciti "grazie alla tenuta della forza democratica". "Dopo Genova - ha
affermato il presidente della Fondazione Di Vittorio - una parte delle
forze dell'ordine ha reagito, ha cercato la verità, ha preteso di
difendere il proprio ruolo. E da parte sua il Movimento dei Movimenti è
maturato e da allora l'unica forma di manifestazione è stato il
pacifismo".
Sollecitato dal moderatore, Enrico Fierro, Camilleri ha ribadito di
"non avere alcuna voglia di parlare di Micciché" che lo aveva attaccato
proprio per il suo ultimo romanzo. "Se uno mi chiama - ha detto lo scrittore
- assassino del popolo e io non ne centro neanche uno, mi sento offeso
come assassino". A questo punto Cofferati ha aggiunto: "Micciché
torni pure a Ragusa" e Fierro ha continuato: "Così il centrosinistra
vincerà anche il ballottaggio".
Corriere della sera,
7.6.2003
A Roma
La lunga attesa, poi un sorriso: «Spero di non finire sugli
scogli»
ROMA - E dire che per l’occasione Massimo Gibelli, che di Cofferati
è l’uomo-ombra, si è persino messo il papillon a disegnini
gialli. Aspetta l’ex segretario della Cgil davanti al Piccolo Eliseo dove
è in programma un dibattito tra letteratura e politica con Andrea
Camilleri e i poliziotti della Cgil sul caso Montalbano: si parla del G8
di Genova, del rischio «di rinsecchimento delle norme costituzionali»,
del futuro del commissario più famoso d’Italia, della giustizia
che dev’essere uguale per tutti e non «un fatto privato di alcuni
privilegiati e altri no». Ma tutti, Cofferati soprattutto, aspettano
l’altra notizia. L’ok da Bologna.
[…]
Cofferati sul palco resta senza altre notizie fino alla fine quando
gli porgono un’agenzia. Legge ma non commenta: prima bisogna capire bene
come è andata. Dunque non si sbilancia e parla per metafore: «Sono
come Montalbano. Ho tanti autori, non uno solo. Decideranno loro. Io spero
solo di scegliere bene e di non finire nelle secche o sugli scogli. Se
potessi dire già adesso che cosa farò, lo direi. Forse tra
non molto avrò le idee più chiare», promette. I presenti
si devono accontentare di un’altra notizia: Camilleri annuncia che non
farà morire Montalbano e dunque ci sarà un altro libro.
Per sapere se Cofferati farà finta di niente e incasserà
la richiesta dell’Ulivo bolognese, formalmente unitaria, o se invece manderà
all’aria il tavolo e tutti i dubbi degli alleati, bisogna aspettare almeno
questa mattina.
La Repubblica, 7.6.2003
Il retroscena
L´ex sindacalista ieri sera era a Roma a un dibattito con
Camilleri, mentre a Bologna l´Ulivo rendeva pubblica la sua candidatura
"Spero di non finire in secche o sugli scogli"
Il Cinese: "Sono come Montalbano, ho tanti autori. Decideranno loro"
L´Ulivo danza sulla tolda del Titanic. Con l´iceberg ancora
nascosto nella notte. Mentre il centro-sinistra a Bologna vota un sì
non certo unanime alla candidatura di Sergio Cofferati, nel teatro romano
Piccolo Eliseo l´interessato discute amabilmente e senza fretta,
fino a notte, di poliziotti, di criminali e di ricette culinarie con lo
scrittore Andrea Camilleri, presentando il suo ultimo libro, Il giro di
boa. Il papà di Montalbano potrebbe essergli d´aiuto, come
gran inventore e solutore di gialli, per decifrare cosa stia succedendo
nella città di cui potrebbe anche diventare sindaco fra poco più
di un anno, sempre che non decida di dare entro poche ore un ceffone di
quelli irrimediabili all´intera classe politica locale. Quale sia
il suo personale giro di boa, Cofferati ieri sera non lo lasciava ancora
intuire: «Sono come Montalbano, ho tanti autori... decideranno loro»,
glissa sorridendo dal palco quando le domande stuzzicate dalle notizie
bolognesi si sono fatte più insinuanti, «non ho un´idea
precisa, nella mia condizione è difficile... Non padroneggio bene
immagini marinaresche, l´idea della boa mi spaventa. Certo il mare
non è particolarmente calmo, a qualcuno mi affiderò. Spero
di non finire in secche o peggio sugli scogli».
[…]
Michele Smargiassi
La Repubblica, 7.6.2003
Siamo tutti personaggi
Una nuova anagrafe letteraria
Martedì prossimo verrà presentata all´Accademia
dei Lincei
L´opera in tre volumi attraversa i secoli e giunge fino ad oggi
In certi casi, e sono i più recenti, è prevalso il criterio
del bestseller ma con qualche omissione: c´è Montalbano ma
manca l´Adso di Eco
Un personaggio letterario conosce una morte del tutto diversa da quella
delle persone fisiche. Mano a mano che esce dalla memoria dei lettori e
dalla cultura condivisa diventa trasparente: diafane le palpebre, per cui
distingue «i contorni degli oggetti anche ad occhi chiusi»;
diafana la scatola cranica, diafano il corpo, per cui può vedere
la sedia su cui è seduto. Gli sguardi altrui incominciano ad attraversarlo,
diventa progressivamente parte vuota di un vuoto.
Così, almeno, Primo Levi immagina la sorte finale dei personaggi
letterari che non sono avviati all´immortalità: «Comprese
che il suo tempo era giunto, la sua memoria estinta e la sua testimonianza
compiuta». Queste parole, in parte struggenti e in parte ("testimonianza")
autobiografiche e allarmate, concludono con la dissoluzione "in luce e
in vento" un singolarissimo racconto dell´autore di Se questo è
un uomo. Scrittore fantastico e originale, Primo Levi si inventa l´esistenza
di un "Parco" dove vivono i personaggi della letteratura, le non-persone
- che a volte sono state personaggi storici - ai cui destini fatti solo
di parole affidiamo il pensiero dei nostri destini, fatti di carne ed emozioni
cosiddette reali.
Il racconto («Nel parco», raccolto nel volume Vizio di
forma) è molto divertente. Il Narratore, che ha accesso al Parco
in quanto autobiografato, viene assegnato al cottage di un altro autobiografato
François Villon, che prima conviveva con Cesare (Cesare se ne è
andato perché litigavano sempre per via di Vercingetorige e per
via di Cleopatra, corteggiata "pesantemente" da Villon). Durante il soggiorno
del Narratore arriva nel Parco il "lamentoso e crasso" Portnoy, che fortunatamente
dopo un mese va a convivere con Semiramide: assieme si troveranno benissimo.
In questa bizzarra comunità, specchio deformato della vita reale,
non ci sono idraulici né panettieri ma, in compenso, una legione
di prostitute, «in percentuale assolutamente sproporzionata al fabbisogno
effettivo». I privilegiati sono i personaggi di Dante, fra cui l´
"angelica, mostruosa", insopportabile Beatrice, e Paolo e Francesca, che
passano la presumibile eternità della loro gloria letteraria a fornicare.
Il Parco dei personaggi letterari inventato da Primo Levi trova un
parziale registro anagrafico in una grande opera della Utet, il Dizionario
dei personaggi letterari, in tre volumi, curata da Franco Marenco. Anche
lo stesso Primo Levi si merita ovviamente una voce, come protagonista di
Se questo è un uomo e della Tregua. Alla pagina 1128-1129 del secondo
volume convive con il Leviatano, crudele e ironico destino.
L´elenco alfabetico impone le convivenze che Levi aveva invece
inventato. E viene naturale allora domandarsi come faranno Philip Marlowe
e Miss Marple a chiacchierare con il terzo incomodo che li divide nel lemmario,
Efisio Maronzu (protagonista di Canne al vento). O inseguire le bizzarre
declinazioni dell´onomastica letteraria Dante, Dantès, Danton.
A proposito di elenco alfabetico, il sistema nome-e-cognome si alterna
al sistema cognome-e-nome, il che è indifferente solo nel caso di
Humbert Humbert. Così abbiamo Ingravallo, Ciccio; Gautier, Marguerite;
Buddenbrook, Thomas; ma Emilio Brentani, Zeno Cosini e Eugénie Grandet.
Naturalmente l´eventuale voce "Marturano, Filumena" parrebbe strana.
Nei casi dei personaggi letterari, il nome è il nucleo originario
della loro esistenza. Nomi che a volte sono diventati nomi comuni e parole,
come nel caso di Creso o di Narciso. Nomi talvolta "parlanti", come quello
di Baldus o come quello della fantastica strafalcionista Malaprop (dalla
commedia I rivali del settecentesco Sheridan) che ha dato vita anche al
vocabolo malapropism. Nomi senza nome (il Narratore, l´Innominato).
Nomi reticenti, Josef K. e il pynchoniano V. Nomi esotici, come gli Abhymanyu
e i Duryodhana del Mahabharata. I nomi dei latino-americani e quelli dei
romanzi cortesi, i russi e i barocchi, Prufrock e Pinocchio.
A ogni lemma corrisponde una voce che, nello stile dell´opera
che ha fatto da modello e palinsesto di questa (il Dizionario dei capolavori,
Utet, 1987), insegue il personaggio nelle sue varie reincarnazioni letterarie,
teatrali, musicali, cinematografiche, televisive, dopo averne tratteggiato
il carattere e il destino. Non proprio voci di enciclopedia, ma più
di cinquemila microsaggi che finiscono per tratteggiare la storia di quell´espediente
della fantasia umana che è il personaggio letterario.
Persona-non persona, sangue d´inchiostro, identità bidimensionale
eppure esemplare, il personaggio è un ripostiglio di identificazioni
e mitologie possibili a disposizione di un lettore, più o meno colto,
più o meno trasognato. Attraverso la griglia alfabetica del dizionario
di Marenco si passa dai personaggi "pieni" a quelli "vuoti". E´ una
linea di tendenza, poiché per forza di cose il Novecento - specie
quello che absit iniuria si dice "tardo" - vi è molto poco rappresentato.
Anche l´Italia piange: il criterio è quello di un solo personaggio
per autore. Un solo personaggio da Aldo Busi (però è l´indimenticabile
e profetico Celestino Lometto, dal suo libro forse maggiore Vita standard
di un venditore provvisorio di collant), uno solo da Gianni Celati, uno
solo da Giuseppe Pontiggia (il Professore del Giocatore invisibile), mentre
nella generazione recente sono rappresentati Baricco col suo Novecento
e la Tamaro di Va´ dove ti porta il cuore. La scelta è lasciata
ai bestsellers, la cui rappresentatività è attestata dal
mercato: sui valori letterari è presto per giudicare: infatti c´è
Montalbano e c´è - in una scheda appassionata e per niente
snob - Harry Potter.
Fuori di Italia non c´è DeLillo, non c´è
McEwan e neanche Stephen King, c´è il Portnoy di Philip Roth
(ma è ben lontano da Semiramide), un solo Kundera, niente Amis o
Houellebecq...
Non lo si dice per il frusto giochetto del "chi c´è" e
del "chi non c´è": un´opera del genere non è
la pagina della cultura di un giornale, che deve dare un campione dell´esistente
la cui rappresentatività sia anche quantitativa. Qui si scommette
sulla durata dei fenomeni e allora, casomai, stupisce che, a fronte di
Montalbano (Camilleri), non ci siano Guglielmo o Adso per Umberto Eco.
In termini di prospettiva questo potrebbe nuocere al dizionario, ma sono
chiaramente questioni di dettaglio. Il dizionario porta il lettore ad affacciarsi
sugli scenari del contemporaneo da un terrazzino novecentesco: il panorama
che si scorge mostra il risvolto letterario della più generale dissoluzione
del soggetto, ma non è ancora materia da enciclopedia. Oggi il mito
si è svuotato, l´identificazione è negativa e in absentia
e non è il caso di decidere in merito a opere su cui il tempo non
ha ancora emesso le sue necessarie sentenze. E poi un dizionario del personaggio
della tarda e della post-modernità dovrebbe certamente tenere conto
dell´allargamento dei canali di passaggio della narrazione, e dovrebbe
contemplare Snaporaz e Dylan Dog, la Laura Palmer di Twin Peaks e probabilmente
anche la Lara Croft dei videogame.
Un´opera del genere è dunque utilissima, ma richiederebbe
il complemento di un´opera speculare: occorrerebbe rovesciare la
clessidra e partire dall´erosione attuale, per risalire a ritroso.
Nel Parco immaginato da Primo Levi ci sono personaggi senza volto,
sfuggenti e silenziosi: sono i personaggi "mal riusciti", la cui permanenza
nel Parco è assai limitata nel tempo. Forse la loro assenza dal
dizionario Utet è ciò che meglio rappresenta la letteratura
contemporanea, il suo connaturale anonimato.
Stefano Bartezzaghi
Il Sole 24 Ore,
8.6.2003
Articolo in cui Salvatore Silvano Nigro, a seguito delle dichiarazioni di
Gianfranco Miccichè del mese precedente, definisce Camilleri "un untore, manzonianamente".
La Sicilia, 9.6.2003
A giorni l'inaugurazione
Si attende l'arrivo di Camilleri per installare in città
le nuove targhe Porto Empedocle-Vigata
PORTO EMPEDOCLE - Sono finalmente arrivate le tabelle stradali
sulle quali campeggia la scritta «Porto Empedocle Vigata».
A prenderle in consegna dalla ditta di Caserta che le ha realizzate su
commissione, sono stati Andrea e Luigi Gangarossa, rispettivamente padre
figlio, titolari di un'azienda specializzata nell'effettuazioni di lavori
stradali. Nel magazzino di Via Lincoln, Andrea Gangarossa ha sistemato
i cartelli con tanta cura, conscio del valore non solo economico delle
«preziose» indicazioni viarie. Si tratta di 4 cartelli catarinfrangenti
di colore bianco, all'estremità dei quali sono raffigurati il simbolo
di Porto Empedocle e quello dell'Europa Unita. In mezzo, sullo sfondo bianco,
campeggia la grande scritta Porto Empedocle, con sotto quella più
piccola «Vigata», per richiamare la città immaginaria
creata dalla fantasia dello scrittore Andrea Camilleri. Ancora più
giù, alla base della tabella è raffigurata la dicitura «comune
a prevalente economia turistica».
In tutto, sono 4 i cartelli stradali che verranno piazzati, probabilmente
già nelle prossime ore, all'altezza degli ingressi principali della
cittadina marinara. Nelle intenzioni dell'amministrazione comunale però,
ci sarebbe in animo di inaugurare le nuove tabelle alla presenza del papà
del commissario Montalbano, atteso nella sua Vigata la prossima settimana.
Su queste 4 tabelle stradali Porto Empedocle punta molto in vista di
un rilancio in termini di attrazione turistica, sfruttando l'effetto trainanto
del successo di Andrea Camilleri.
F.D.M.
Il Manifesto, 10.6.2003
Epifani: «Votiamo sì per i diritti»
La Cgil lancia l'ultima settimana di campagna per il referendum sull'estensione
dell'articolo 18: «La vittoria del sì si inscrive nella strategia
del sindacato ed è in continuità con le lotte dell'anno scorso».
Epifani propone due ore di sciopero contro il maxidecreto che precarizza
il lavoro. Sostegno da parte dell'Arci e di Gino Strada
ROMA. Un sì sulla strada delle riforme. Chi vota sì il
15 e 16 giugno prossimo inverte la rotta, si oppone al disastro verso cui
il governo Berlusconi sta portando il paese. La Cgil, compatta con i suoi
quadri e delegati, forte del legame intessuto negli ultimi due anni con
associazioni come l'Arci e i movimenti per la pace, dalla Fiera di Roma
lancia l'ultima settimana di campagna per il referendum, ricordando che
il voto di domenica e lunedì prossimi non è affatto la fine,
ma una tappa importante verso un modello di società alternativo
a quello che stanno disegnando governo e Confindustria, con la complicità
in molti casi di Cisl e Uil. E dopo l'ultimo attacco dell'esecutivo, inferto
con il maxidecreto che punta a precarizzare milioni di lavoratori, la mobilitazione
non è più rinviabile: «Ora che la riforma Biagi si
appresta ad essere attuata il referendum sull'articolo 18 è ancora
più necessario - dice il segretario generale Cgil Guglielmo Epifani
- E' un referendum che la Cgil non ha promosso, ma dato che estende un
diritto, la vittoria del sì può certamente rafforzare il
cammino delle riforme per estendere i diritti a tutti i lavoratori. Vittoria
del sì, che impedirebbe anche qualsiasi manomissione dell'articolo
18 per chi lo ha già». Tra le adesioni al sì, anche
quelle di Gino Strada, Andrea Camilleri, Don Luigi Ciotti, Moni Ovadia,
e giuslavoristi come Alleva e Ghezzi.
[...]
Antonio Sciotto
l'Unità, 11.6.2003
Cofferati e Camilleri sul «giro di boa di Montalbano»:
un anticorpo politico
Il commissario Montalbano, con il suo recente “giro di Boa” fa discutere.
S’è visto anche venerdì sera, 6 giugno, quando, al teatro
Piccolo Eliseo di Roma, dinanzi a una platea affollata, per circa due ore,
Andrea Camilleri, (scrittore e “creatore” del personaggio Montalbano) Sergio
Cofferati e Claudio Giardullo (segretario generale Silp-Cgil), hanno parlato
del famoso commissario e della sua ultima vicenda.
L'incontro pubblico, promosso dal Silp-Cgil (Sindacato lavoratori di
Polizia) e dalla Fondazione Di Vittorio e moderato dal giornalista de «l'Unità»
Enrico Fierro, si è dimostrato un’importante e piacevole occasione
per affrontare, trasversalmente, temi e questioni dell’attualità
politica. E non solo. È bastato prendere spunto dalle riflessioni
di Montalbano, dal modo in cui questo personaggio guarda al G8 di Genova
per cominciare a chiedersi quanto le accuse mosse da alcuni esponenti del
governo (in particolare il viceministro dell’economia Gianfranco Micciché)
fossero fondate. Si può leggere questo “giro di boa”, questa specie
di crisi personale e professionale del commissario come un attacco alle
forze dell’ordine, come una scelta narrativa dal fine strumentale e politico
contro il governo? In realtà basterebbe leggere, senza prevenzioni,
le pagine del libro, (edito da Sellerio) i dialoghi fra Montalbano e Augello
per capire che le cose non stanno affatto così, anzi. Come ha spiegato
l’autore, parlando della sua amicizia con i poliziotti e dei discorsi fatti
con questi su alcune vicende come quella della Uno Bianca o, appunto del
G8, ciò che sta all’origine della “nottata di Montalbano” è
«l’odore di sofferenza avvertito fra i poliziotti offesi da quanto
accaduto, da certi fatti», ha spiegato Camilleri. «Se ho colto
alcuni aspetti - ha detto lo scrittore – è perché li ho visti
nelle loro facce. Come quando un maresciallo dei carabinieri, dopo i fatti
di Genova, mi disse “dottore abbiamo perso tutti”. Montalbano non poteva
non notare queste cose, lui è un uomo di buon senso».
Lo stupore, dunque, è nel registrare il moto d’indignazione
che questo libro avrebbe suscitato e anche nel prendere atto, con amarezza,
che alcuni lettori hanno chiesto perché Montalbano si occupasse
di politica. «Forse – ha commentato l’autore – si vuole una letteratura
digestiva, la mia già lo è, ma non può trasformarsi
in bicarbonato». Del resto, fin dal primo romanzo era evidente che
le storie di Montalbano fossero connotate dai forti tratti politici e sociali.
«In un articolo Giuliano Ferrara ha parlato di schiaffo, sberleffo
– ha notato Camilleri – ma non c’è niente di tutto questo, e poi
mi chiedo chi è il vero amico? Quello che lascia perseverare nell’errore
o quello che ti dice che stai sbagliando?». E parlando di avversari
ha detto lo scrittore che fra poco compirà 78 anni, «se vogliamo
parlare di Micciché che devo dire? Fa onore avere degli avversari
che considero come tali ma con chi mi chiama “assassino” quando io non
ne ho centrato nemmeno uno… che dire?». Ironie a parte, il punto
comunque rimane quello dell’attenzione a certi avvenimenti, del campanello
d’allarme rispetto a quanto accaduto a Genova, ma anche a Napoli, e allo
scollamento provocato, in quelle circostanze, tra società civile
e forze dell’ordine. E ben venga se il libro contribuisce a sollevare o
risollevare questo problema, che non può essere messo a tacere.
Problema su cui il giornalista dell’Unità ha richiamato più
volte l’attenzione dei presenti, chiedendo come fosse potuto accadere quello
che poi è successo a Genova e cosa da allora era cambiato. Di fronte
a queste domande, secondo Giardullo, «non può essere lasciata
in secondo piano la dimensione politica della questione»: ciò
che va considerato è quello che era, (ed è ancora, probabilmente),
l’obiettivo politico del governo, ovvero: cambiare il modello dell’ordine
pubblico. Passare da un modello preventivo a quello repressivo. «Accanto
al cambiamento del modello – ha precisato il segretario Silp Cgil - si
è cercato di delegittimare la piazza, ci sono stati degli errori
strategici e soprattutto minacce alle forze di polizia che hanno prodotto
una miscela esplosiva, su cui ancora c’è da discutere, ma ha fatto
sì che pochi potessero imbrattare la divisa di molti». Altro
aspetto fondamentale della questione è, però, anche quello
messo in evidenza da Sergio Cofferati: l’informazione, la propaganda mediatica
che, con grande anticipo crearono un clima negativo, di estrema tensione.
«Il rischio dell’incidente non era più una probabilità,
ma nell’immaginario collettivo era diventato attraverso l’ossessiva campagna
di intimidazione, una certezza. E le ragioni – ha precisato Cofferati -
erano quelle già dette, l’idea di alterare l’ordine pubblico».
Fortunatamente, è stato sottolineato, c’è stata una tenuta
del tessuto democratico e si è riusciti a ricostruire un rapporto
con la società civile che sembrava lacerato drammaticamente. La
prova c’è stata nella manifestazione di Firenze ma anche in tutte
le manifestazioni successive, fino a quelle più recenti, dove si
è visto che le forme del pacifismo sono le uniche forme con cui
la società civile vuole manifestare. Parole queste che insieme a
un lungo applauso, hanno accompagnato l’auspicio che il lavoro di Camilleri
sia un esempio, un monito a fare «cultura non estraniandosi dal mondo,
dalla società civile, ma addentrandosi nel proprio tempo».
Potrebbe essere proprio questo modo di guardare e raccontare la realtà,
un valido anticorpo al “ nuovo fascismo” di cui parlava Sciascia (citato
da Camilleri); un anticorpo necessario come quelli prodotti dal dialogo
tra società civile e forze dell’ordine, e dalla formazione, ha ricordato
Giardullo, di queste, organizzata e seguita non solo dall’esecutivo ma
da commissioni parlamentari specifiche. Oltre il fascino e il piacere letterario,
allora, anche in veste di “anticorpo” ci si augura che Montalbano, dopo
il “giro di Boa”, continui la sua avventurosa vita di commissario. Il pubblico
e gli intervenuti al dibattito sono d’accordo. Applausi.
t.f.
RaiNews24, 12.6.2003
Stamattina alle 6:15 è andata in onda un'intervista al Sommo,
durante la quale ha letto la famosa ricetta degli arancini di riso, ha
parlato della lingua siciliana come lingua del cuore vs. l'italiano come
lingua della razionalità e della figura di Salvo Montalbano come
specchio del padre.
Forse è possibile scovarla nell'archivio del sito di RaiNews24.
Marina
Gazzetta del Sud,
12.6.2003
Modica. Le dichiarazioni del vice ministro Miccichè
Il “caso” Camilleri blocca il Consiglio
MODICA – Montalbano e Camilleri fanno litigare centrodestra e centrosinistra.
Il consiglio comunale boccia la proposta censura del centrosinistra al
viceministro Gianfranco Miccichè e approva invece, con i voti della
maggioranza, un ordine del giorno che mette in risalto la necessità
di promuovere ancora di più l'immagine del territorio ibleo grazie
alla serie del commissario Montalbano. Di ben altro tono l'ordine del giorno
del centrosinistra che mirava a stigmatizzare l'atteggiamento assunto da
Miccichè nel corso di una sua recente visita in provincia e nel
corso della quale l'esponente forzista aveva criticato l'enfasi verso la
serie televisiva del commissario Montalbano e chiuso le porte del ministero
agli amministratori dell'Ulivo. Per il centrosinistra questi atteggiamenti
andavano censurati ma la maggioranza ha sottolineato come Miccichè
abbia parlato solo da uomo di partito e, soprattutto, in una occasione
non ufficiale.
[...]
Duccio Gennaro
La Sicilia, 12.6.2003
Palazzo di citta'
Condono fiscale, in Consiglio approvato il regolamento
Ragusa. Seduta consiliare caratterizzata soprattutto dall'approvazione
del regolamento sul condono fiscale.
[...]
E' seguita una discussione su un recente intervento fatto in campagna
elettorale a Ragusa dal viceministro Gianfranco Miccichè e riguardante
il personaggio dei testi di Andrea Camilleri. Respinto l'ordine del giorno
proposto dall'opposizione, mentre il Centrodestra ne ha approvato uno suo.
Gi. Bu.
La Repubblica,
ed. di Palermo, 13.6.2003
La lingua dei padri
Slang, dialetti e neologismi così parla l´italiano del
Duemila
Tramonta la cultura contadina e Bossi ripropone il "lumbard" in chiave
ideologica
L´immagine ha soppiantato le parole. E con il piercing i giovani
comunicano
Alla facoltà di Lettere il preside Ruffino apre un convegno
che vedrà fra gli altri l´intervento di Umberto Eco
La lingua italiana è un pentolone dentro il quale bolle di tutto:
l´immagine, tanto carnale quanto efficace, è del preside della
facoltà di Lettere Giovanni Ruffino, organizzatore delle due giornate
di studio. Di tutto cosa? Termini stranieri, contorsionismi dialettali,
idiomi giovanili, abbreviazioni mutuate dai codici informatici, elaborazioni
specialistiche, traduzione in parole di nuove esperienze tecnico-sociali,
appiattimenti incipienti, tormentoni televisivi, banalizzazioni letterarie.
E qualche impennata inventiva. Tutto in movimento, come atomi che si dimenano
e si compattano senza fermarsi mai. E questa evoluzione, non lineare ma
intrecciata, viene resa evidente dal manifesto, istoriato da quindici volti,
che annuncia il convegno: da don Milani a Sordi, da Mike Bongiorno e da
Bossi ai giovani trasformati dal piercing e ai messaggini via telefono
cellulare.
La lingua precede e segue i cambiamenti sociali. E quando la società
si appiattisce la segue nel torpore. «Non bisogna avere paura delle
contaminazioni, interne ed esterne - dice Ruffino - più una lingua
si trasforma più è viva. Gli atteggiamenti protezionisti
sono deleteri e producono effetti devastanti. Basti ricordare le ridicolaggini
del fascismo per averne la prova. Nessun argine può reggere alla
piena dirompente della lingua».
Ecco ora alcune considerazioni preliminari, che poi saranno i temi
del dibattito tra gli studiosi e gli esperti: Eco, De Mauro, Riotta, Tranfaglia,
Laterza, Lo Piparo, Nino Buttitta, Bartezzaghi, Goilino, nomi pesanti del
mondo culturale. Primo, uno studio statistico dimostra che mentre fino
a pochi anni fa il patrimonio linguistico di una persona media era di tremila
parole, oggi, nonostante la scuola di massa e i profondi cambiamenti che
hanno investito il mondo, è ridotto della metà.
Secondo, la centralità del linguaggio si è spostata dalla
parola all´immagine: gli oggetti e i colori hanno surclassato la
bocca nel campo della comunicazione. Terzo, il contenitore è diventato
più importante del contenuto (quanto conta in un tg la sostanza
delle notizie e quanto la, edulcorata o esasperata, messa in scena di esse?).
Quarto, la televisione che in una prima fase ha avuto il merito di essere
lo strumento unificante della lingua nazionale, ora ne è diventata
l´estintore che la spegne. Quinto, non basta acquisire i termini
di una lingua: per comunicare compiutamente è indispensabile impossessarsi
del codice psichico di chi quella lingua parla; ad esempio, l´espressione
"mani pulite" letteralmente significa una cosa, ma nell´immaginario
collettivo un´altra. Sesto, il dialetto, talora ideologizzato, oscilla
tra l´anacronistico arroccamento localistico e la resistenza all´imperante
globalizzazione. Settimo, il monoculturalismo ha finito con lo sclerotizzare
i vari poli periferici, che un tempo erano centri attivi di elaborazioni
della cultura orale; l´universo contadino, per fare un esempio, una
volta egemone, fucina di innovazioni linguistiche, è ormai afasico,
senza parola, perché è irrilevante il suo peso economico.
Ottavo, la potenza militare e finanziaria si irradia su tutti i segmenti
della vita: prima erano spagnoli, inglesi, olandesi e francesi a veicolare
commerci e lingue, oggi sono gli Usa. «Il predominio linguistico
- sintetizza Ruffino - è la conseguenza di altre forme di dominio».
Ieri, oggi e domani.
Che fare per garantire la rivitalizzazione della lingua in questi tempi
di appiattimento? «Le semplificazioni sono accompagnate da complicazioni
- dice Ruffino - È in questo scenario che bisogna affrontare l´affascinante
sfida sulla lingua, sul suo presente e sul suo futuro. E la via della salvezza
non sta in valorizzazioni locali, come fa Bossi, con ridicole proposte
di grammatiche dialettali; né restando passivi ad assistere che
la televisione trasformi l´Italia in un immenso Grande fratello;
né tantomeno ribellandosi all´insinuarsi dei nuovi forestierismi.
Il dialetto è stato un elemento fondamentale per rinvigorire l´italiano.
Pasolini, Buttitta, Gadda. D´Arrigo, Sciascia, Camilleri, Morante,
hanno dato una grossa spinta verso il rinnovamento del linguaggio. Non
solo letterario».
Il preside propone la sua ricetta per la quadratura del cerchio: «L´equilibrio
tra lingua madre, dialetti, slang giovanili, neologismi stranieri, codici
tecnici, si deve cercare partendo dal basso, cominciando a formare una
classe docente nei licei e nelle università, in grado di spiegare
ai giovani i meccanismi della trasmissione linguistica e della sua continua
elaborazione. La scuola, nella sua ultima deriva, ha purtroppo intrapreso
la via dell´involuzione in questo campo: basti pensare alla totale
disattenzione nei confronti dei nuovi soggetti stranieri che, in questa
società multietnica, entrano sempre più numerosi nelle nostre
aule».
Lo studioso vede nella televisione il pericolo maggiore: «Smarrita
sulla via degli ascolti la funzione unificante, la televisione, pubblica
o privata cambia poco, ormai trascina sempre più, anche sul piano
linguistico, il paese verso il basso». Il piercing tanto vituperato,
per il docente è una rispettabile forma di linguaggio, attraverso
cui i giovani comunicano emozioni e disagi. «Il piercing ha quasi
mille anni - dice - Nel 1200 è "entrato" con i normanni nell´Inghilterra
del Sud e nella Sicilia occidentale. Oggi ce lo troviamo ovunque. È
davvero affascinante vedere come le parole camminano nel tempo e nello
spazio».
Senza la parola saremmo devitalizzati, ridotti a niente. In "Cento
anni di solitudine" di Gabriel Garcia Marquez gli abitanti di Macondo,
angosciati da una progressiva perdita della memoria, scrivono su ogni oggetto
il nome per evitare di dimenticarlo. Senza il nome nulla esiste, infatti,
niente si può comunicare agli altri. Provare con un semplice giochino
mentale per credere. Scrive il poeta Ignazio Buttitta «un popolo
è povero e servo senza la lingua dei padri. È perduto per
sempre». Ma anche una lingua che si fossilizza in memoria dei padri
è destinata ad agonizzare. Per sempre.
Tano Gullo
Il Mattino,
13.6.2003
Appuntamenti
È nato l’«Osservatorio bambini e media», e la Campania
è la prima regione italiana a sperimentare il progetto che ha come
scopo quello di far conoscere ai ragazzi di età compresa tra i 6
e i 18 anni le risorse dei mezzi di comunicazione. L’Osservatorio, costituito
dalla fondazione Banco di Napoli, insegnerà dunque ad utilizzare
in modo critico questi strumenti, cercando di formare, tra le nuove generazioni,
degli utenti attivi. Ad alcuni intellettuali italiani come Umberto Eco,
Giuseppe Tornatore, Antonio Ghirelli ed Andrea Camilleri il vicepresidente
vicario della Fondazione, Raffaele Picardi, ha inviato una lettera «perché
collaborino alla redazione di un Manifesto sulle responsabilità
dei media e su come migliorare il rapporto con i ragazzi». «Dalla
Campania - ha spiegato Picardi - l’Osservatorio si estenderà a tutto
il Paese».
[...]
Il Tempo, 14.6.2003
Cinquemila personaggi, andando in ordine alfabetico da Abbondio
a Zivago, ...
... ma, è chiaro, risalendo anche molto indietro nel tempo ad
altri eroi della letteratura mondiale, per raccontare tutto sommato noi
stessi, se vogliamo per riscoprire secolo dopo secolo le costanti dell'animo
umano. Sul piano strettamente stilistico si direbbe che il progredire dell'arte
dello scrivere sia rimasto sostanzialmene fedele ad una regola fondamentale,
quella di rendere interessante (accattivante , intrigante, appassionante)
un personaggio grazie a quel semplice accorgimento strutturale che lo sottrae
per un po' alla vista del pubblico per farglielo ritrovare poi , poco o
tanto rinnovato, vivificato dalla provvidenziale uscita di scena. Un gioco
di luci e di ombre che nel romanzo, epico o romantico che sia, ha sempre
avuto successo.
Quanto al carattere invece le mutazioni sono state e rimangono parecchie
da un secolo all'altro, con un aspetto in particolare che concerne il nostro
tempo: l'insicurezza di cui danno prova gli eroi della letteratura contemporanea.
Sì, è la ricerca di un ubi consistam, nel secolo breve delle
due guerre che ha cancellato tutte le certezze. ma anche negli ultimi vent’anni,
quando caduto il Muro, anche le contrapposizioni ideologiche sono andate
in frantumi. Per fare solamente alcuni esempi, dal dottor Zivago di Pasternak
al piccolo Oskar Matzerath di Günter Grass, via va fino al commssario
Montalbano di Camilleri, e così continuando quasi all'infinito.
Sono alcune fra le constatazioni che vengono in mente dopo una prima
visione dell'opera ponderosa, meritoria, fondamentale della Utet, che in
tre tomi di qualcosa come 2210 pagine (euro 309.00), intitolati: «Dizionario
dei personaggi letterari» (una sorta di seguito del precedente «Dizionario
dei capolavori») ha raccolto la piu straordinaria galleria di ritratti
che tutti insieme compongono il panorama letterario mondiale; personaggi
storici, fantastici, immaginari, di letterature antiche ed esotiche, eroi
mitologici, epici, biblici. Incontriamo così Amleto, Desdemona,
Emma Bovary e il citato Zivago, ma anche il Gatto con gli stivali, Pippi
Calzelunghe e la Fata Turchina, Alessandro il Grande e Alessandro Nevski,
Genghiz Khan, Cleopatra e Napoleone accanto a Robinson Crusoe, Noè,
il capitano Nemo e Ulisse, e poi Siva, Zeus, Odino, fino a personaggi senza
nome (Il Narratore, Il Lettore, L'Analfabeta, Lo Sconosciuto, Lo Straniero,
o L'uomo invisibile).
Alle diverse voci hanno collaborato 216 specialisti, coordinati per
aree geo-culturali da Adriano Boscaro, Oscar Botto, Daniela De Agostini,
Marino Freschi, Mario Materassi, Irma Piovano, Giovanna Spendel, Gabriella
Uluhogian (più una introduzione di Franco Marenco).
Una cavalcata fuor di dubbio affascinant, dal più lontano passato
fino ai nostri giorni, quando nel tirare le somme si finisce col capire
che è la mancanza di più precisi punti di riferimento (sopra
parlavamo di insicurezza) l'aspetto maggiore dell'uomo (o del personaggio)
contemporaneo. E per chiarire meglio quale sia l'attualità di noi
stessi bisogna dunque citare «L'uomo senza qualità»
di Musil, «Ulisse» di Joyce, il commissario Ingravallo di Gadda,
avviluppato nei meandri della vita, Drogo di Buzzati, in attesa metafisica
nel «Deserto dei Tartari», naturalmente in versione meno alta
ma con quel dubbio siciliano che ha fatto audience Camilleri con Montalbano.
Zivago di Pasternak non sa reagire altro che in termini di personale
disperazione al dramma della guerra civile che imperversa in Russia; l’Oskar
Matzerath di Günter Grass, il bambino de «Il tamburo di latta»
che si rifiuta di crescere, e smette realmente di farlo all'età
di tre anni, che nell'etica si comporta come una banderuola esposta al
vento, che nella politica non si riconosce in nessuna causa, che diffida
della giustizia e dell'ordine pubblico dopo essere sfuggito alla punizione
dei delitti di cui si accusa, laddove finisce in un manicomio criminale
per ciò che non ha commesso.
Può piacere o no che in tale modo stiano le cose; ma è
un fatto che l'uomo d'oggi non sfugge troppo a una tale catalogazione.
Di conseguenza un uomo (un personaggio) se non tutto in buona parte da
ricostruire.
Raffaello Uboldi
L'Eco di Bergamo,
15.6.2003
Cofferati si ferma a Bologna. Per ora
Ma come? Si ferma a Bologna la lunga marcia di Sergio Cofferati? Da
via Caldarese, sede dell'Ulivo bolognese, al quartier generale dei Ds di
via Nazionale a Roma, ci sono ancora 371 chilometri. Eppure è ormai
ufficiale: il Cinese sfiderà il coriaceo sindaco della Casa delle
libertà Giorgio Guazzaloca nelle elezioni di primavera del 2004.
[...]
Certo pochi potevano prevedere che l'inequivocabile successo cofferatiano
accumulato nella manifestazione del 23 marzo 2002 al Circo Massimo, quell'oceano
di bandiere rosse che manifestavano sull'articolo 18, sgorgasse in questa
candidatura. Quando Sabrina Ferrilli in mezzo a tre milioni di manifestanti
definì Sergio «il Totti della sinistra», Camilleri assicurò
che «Montalbano è Cofferatiano» e Nanni Moretti disse
di sognare un ticket Cofferati-Prodi alla guida dell'Ulivo.
[...]
Francesco Anfossi
La Sicilia, 15.6.2003
Porto Empedocle
La mastodontica «Minerva 2» ha fatto scalo nella giornata
di ieri
Trecento turisti britannici invece dei clandestini. Una maxi nave da
crociera al posto delle carrette del mare. Sulla banchina del porto empedoclino,
ieri mattina, si sono viste facce molto più allegre, rispetto a
quelle segnate dalla sofferenza dei giorni scorsi.
Alle sette in punto, infatti, dalla «Minerva 2» è
sceso un folto gruppo di attempati villeggianti diretti in visita alla
Valle dei Templi, con in programma anche una veloce capatina in quel di
Vigata, ad ammirare i luoghi di Andrea Camilleri.
[...]
Qualcuno non ha voluto perdere il piacere di andare a visitare i luoghi
raccontati da Andrea Camilleri nelle sue opere.
[...]
Francesco Di Mare
Il Messaggero,
16.6.2003
I premi intitolati al regista teatino
Majano tra amarcord e fiction
Da Ghini a Camilleri, da Goggi a De Carmine, da Chevalier a Bobulova
Tre giorni di manifestazioni nel nome di Anton Giulio Majano, il padre
dello sceneggiato televisivo italiano. Il Teatro Marrucino ha ospitato
convegni e proiezioni in occasione della seconda edizione del premio nazionale
intitolato al grande regista di origini teatine. Sabato sera la serata
finale con le premiazioni in un teatro affollato nonostante la calda serata.
Ma a riscaldare il cuore dei presenti alcuni personaggi che hanno fatto
la storia della televisione italiana. E non per nulla la giuria, presieduta
dal maestro Ugo Gregoretti (che ha brillantemente anche condotto la serata)
e composta da Giorgio Arlorio, Aurelio Bigi, Oreste De Fornari ed Emilio
Ravel, oltre ai protagonisti dell’ultima stagione televisiva, ha voluto
consegnare premi speciali alla carriera. Particolarmente commosso Renato
De Carmine, interprete del primo romanzo sceneggiato di Anton Giulio Majano
”Piccole donne”: un grande attore sia di teatro che di televisione, anche
se non ha avuto altrettanto fortuna al cinema. Un peccato davvero, anche
se De Carmine ci ha regalato interpretazioni indimenticabili.
Un tuffo nel passato e per molti sabato sera una sorpresa col premio
speciale assegnato al «più memorabile enfant prodige»
dello sceneggiato italiano, Roberto Chevalier interprete di David Copperfield,
sempre di Majano. Infine terzo premio speciale a Bianca Maria D’Amato,
inteprete della serie ”Il Commissario Montalbano”.
Un premio alla carriera, «per l’alto contributo artistico dato
in molti sceneggiati televisivi» di Majano, per Loretta Goggi, prima
di diventare una star del varietà televisivo. Tanti applausi per
lei, che ha voluto deliziare il pubblico del Marrucino con una esuberante
e divertente esibizione.
Come miglior protagonista femminile premiata Barbara Bobulova, per
lo sceneggiato ”La Cittadella” (Rai1); protagonista femminile sempre per
la Cittadella premiato Massimo Ghini. Come autore del Commissario Montalbano
premiato Andrea Camilleri, mentre Alberto Sironi ha ricevuto il premio
per la miglior trasposizione televisiva. Infine miglior regista Giacomo
Campiotti per ”Zivago” (Canale5).
La
Nuova Ferrara, 17.6.2003
Solidarietà
Leo Gullotta al Borgatti di Cento
CENTO. Sarà una eccezionale anteprima nazionale quella che vedrà,
lunedì 23 giugno alle ore 21.15, al Teatro Borgatti di Cento, l'esibizione
dell'attore Leo Gullotta, accompagnato dall'Ensemble di musica siciliana
antica Al Qantarah. Titolo del percorso poetico-musicale è "Lapilli.
Voci e suoni da un'isola", percorso che attraverserà la produzione
letteraria siciliana a partire da Federico II e Cielo D'Alcamo, passando
per Tommasi di Lampedusa per arrivare ai contemporanei Ignazio Buttitta
e Andrea Camilleri. L'ingresso, ad inviti, andrà a favore dell'Ospedale
domiciliare oncologico. Per informazioni e prevendita chiamare l'associazione
a Ferrara al numero 0532-201819.
Gazzetta
di Reggio, 18.6.2003
Dieci anni per «La Luba»
Festa per la compagnia teatrale di Guastalla
GUASTALLA. Compie dieci anni di vita la compagnia teatrale «La
Luba», nata nel 1993 all'interno dell'istituto Russell di Guastalla:
in quell'occasione fu scelto, per la messa in scena, il copione di Eugene
Ionesco «La cantatrice calva». Da allora il gruppo si è
misurato con varie tipologie di autori: il teatro inglese di Shakespeare,
quello tedesco di Kleist, senza dimenticare commediografi francesi o statunitensi.
Per l'occasione i ragazzi del gruppo hanno scelto di rappresentare
per la prima volta un'opera italiana: si è trattato de «La
scomparsa di Patò», romanzo epistolare di Andrea Camilleri,
adattato a commedia, per la regia di Fabrizio Salsi (scene di Maddalena
Letari ed organizzazione di Evelina Ferrari).
La difficoltà maggiore è stata rappresentata dal dialetto
siciliano, in cui il testo è stato recitato: insegnanti e studenti
di origine siciliana sono stati di grande aiuto agli attori per imparare
la pronuncia corrette.
E' stato messo in scena il caso del rag. Antonio Patò, onesto
funzionario di banca scomparso dopo aver recitato la parte di Giuda nella
rappresentazione del Venerdì Santo. I rappresentanti delle forze
dell'ordine devono cercare di risolvere il caso, tra le pressioni nemmeno
troppo discrete delle autorità, che vogliono evitare scandali, e
le più diverse supposizioni della gente del posto o di eccentrici
visitatori.
Si arriva, alla fine, ad una conclusione differente dalla verità,
ma che accontenta tutti i personaggi.
Gabriele Maestri
La Libre Belgique,
19.6.2003
HISTORIQUE
Il était un roi à Agrigente
Dans une langue explosive, Camilleri recrée les splendeurs du
XVIIIe siècle sicilien
Le Roi Zosimo, Andrea Camilleri, traduit de l’italien par Dominique
Vittoz, préfacé par Mario Fusco, Fayard, 373 pp., env. 20
euros
Et-il possible que vous ayez résisté à la «camilleromania»,
cette ferveur italienne qui déferle sur l'Europe depuis quelques
années et met au goût du jour la Sicile, dans tous ses particularismes?
Il faut reconnaître qu'Andrea Camilleri frappe fort. Il y a d'abord
la série du commissaire Salvo Montalbano, un fin limier plein d'humour,
passionné par la littérature et la bonne chère et
qui mène subtilement l'enquête du côté de Vigàta,
une petite ville qui est la transposition littéraire de Port Empedocle,
près d'Agrigente, où l'écrivain est né en 1925
- citons deux titres de prédilection: «Chien de faïence»
et «L'Opéra de Vigàta». Il y a également
les récits ou chroniques inspirés de l'histoire de son île,
comme «Un massacre oublié», ou «Indulgences à
la carte». C'est à cette veine qu'appartient «Le Roi
Zosimo», un extraordinaire roman historique qui met en scène
un épisode peu connu du passé de Girgenti (l'ancien nom d'Agrigente).
DÉFI RELEVÉ
En 1718, alors que pèse lourdement sur l'île des dieux
la domination espagnole, un jeune paysan fomente une révolte et
se fait proclamer roi après avoir neutralisé la garnison
piémontaise (les jeux politiques avaient, en effet, fait basculer
entre-temps la Sicile sous la tutelle du roi de Savoie). Il s'oppose à
la noblesse et entreprend de réorganiser le pouvoir politique, le
temps de donner consistance à quelques beaux rêves utopiques
où le peuple pourrait survivre plus dignement. Il conçoit
ainsi de nouvelles lois qu'il grave sur l'écorce dénudée
du sorbier de son jardin... Mais la jacquerie sera de courte durée
et le vaillant réformateur finira à la potence.
Retracer l'existence de cet inconnu au destin exceptionnel était
un beau défi, que Camilleri relève merveilleusement. Il reconstitue
avec jubilation un XVIIIe siècle sicilien fort contrasté.
Tout y est: les saveurs, les goûts, les paysages, les traditions,
les couleurs, les jeux des enfants, les souffrances quotidiennes des paysans,
l'orgueil de la noblesse, les diableries et les visions, les mots rares
pour désigner des réalités oubliées... Ainsi
pour dire, dès sa protohistoire, Zosimo, ce personnage vraiment
hors du commun, l'écrivain ne recule devant aucun artifice littéraire,
et en joue avec un sens inouï de la parodie: cela va de la verve des
nouvelles médiévales au rythme frénétique des
épopées néoclassiques, en passant par l'aspect édifiant
des textes hagiographiques ou le sérieux des chroniques attentives
aux moindres particularismes du temps et l'exprimant dans une langue riche
et multiple.
RÉJOUISSANCE LINGUISTIQUE
Car bien sûr on retrouve ici cette fameuse langue de Camilleri,
à nulle autre pareille: un subtil mélange d'italien et de
sicilien, avec, ici, - vérité historique oblige - quelques
tirades en espagnol (je vous recommande particulièrement les effusions
érotiques de l'épouse du vice-roi). La traductrice, Dominique
Vittoz, a choisi un parler composite fait d'ancien français, de
dialecte franco-provençal et de bribes d'espagnol. On lit d'abord
très lentement ce texte étrange dont on n'est pas sûr
de saisir toutes les nuances. Et puis, grâce au glossaire aimablement
proposé en fin de volume, grâce aux échos de patois
d'enfance ou aux restes de grammaire comparée des langues romanes
et puis, surtout, grâce à la virtuosité du récit,
on est emporté dans une jouissance linguistique rare.
Marie-France Renard
Gazzetta del Sud,
19.6.2003
Nostro sondaggio tra gli studenti: sette su 10 sconoscono autori viventi
(tranne Camilleri e Follet) e i pochi che leggono quotidiani preferiscono
quelli sportivi
Credono di superare la solitudine tuffandosi in Internet
Fatta eccezione per i testi scolastici, i giovani studenti leggono pochissimi
libri, per lo più i classici consigliati dagli insegnanti. Sette
su dieci ragazzi intervistati sconoscono le opere degli scrittori viventi,
ad eccezione di Camilleri e Follet.
[...]
Clelia Tomaselli
La Sicilia, 21.6.2003
Effetto «Montalbano»
«Finanziamo il commissario»
Scicli. La Rai non ha i soldi per pagare la produzione della fiction
del commissario Montalbano? I Comuni della provincia di Ragusa creino un
consorzio per contribuire a finanziare la realizzazione della nuova serie.
E' il senso della proposta che il consigliere provinciale dell'Udc, Orazio
Ragusa, ha rivolto al presidente dell'ente di viale del Fante, Franco Antoci.
Una conferenza di servizio tra tutti i Comuni della provincia per portare
avanti una posizione comune nei confronti dei vertici della Rai,che non
ha ancora chiuso l'accordo con la Palomar di Carlo degli Esposti, per finanziare
la produzione della nuova serie del telefilm, che ha raggiunto punte anche
di nove milioni di telespettatori, sia nelle prime visioni che nelle repliche.
Per il consigliere provinciale la strada da percorrere è questa.
E delle polemiche innescate da Gianfranco Miccichè, che ha definito
uno «scrittore prezzolato dalla sinistra» Andrea Camilleri?
Il capogruppo consiliare dell'Udc non lo dice, ma è chiara la sua
distanza. Insomma, che sia vera l'ipotesi che l'accordo tra Rai e Palomar
sia saltato per problemi di natura economica o che sotto ci siano problemi
di etichetta politica, Orazio Ragusa ritiene che i motivi della Rai siano
«poco convincenti». L'idea è chiara: se i problemi che
stanno alla base del mancato rinnovo del contratto alla Palomar sono di
natura economica, una parte della spesa potrebbero caricarsela a questo
punto i comuni della provincia iblea, sgomberando così il campo
dalle insinuazioni di carattere politico.
G. S.
Corriere della sera,
cronaca di Roma, 21.6.2003
Quarantamila innamorati delle lettere
Bilancio positivo del festival degli scrittori a Massenzio. «Diventerà
un appuntamento fisso»
L'anno scorso, si era detto, erano stati «più o meno quarantamila».
Ma il dato era approssimativo. Quest'anno invece, sempre con l'ingresso
gratuito, ma con i biglietti staccati uno ad uno, il numero è ufficiale
ed è stato possibile registrarlo con una certa precisone: quarantamila
effettivi, fra romani e turisti, hanno assistito alle serate del Festival
delle Letterature, manifestazione organizzata per il secondo anno consecutivo
dal Comune, che ha portato sul palco della Basilica di Massenzio «una
parte del meglio della letteratura mondiale», come l'ha definita
ieri il sindaco Veltroni in sede di bilancio finale. Da Pennac a Camilleri
(entrambi nettamente in testa nella hit parade delle presenze) un fiume
ininterrotto di persone ha assistito in religioso silenzio ai «reading»
letterari senza «dibattito» che per un mese esatto hanno animato
l'imponente scenografia archeologica. Una formula che si è rivelata
vincente, e che ha visto gli autori, sul palco, impegnati a leggere un
testo inedito sul tema «passato-futuro», con l'accompagnamento
di attori e musicisti di professione. «Visto il successo il Festival
continuerà - ha annunciato ieri il sindaco Veltroni - e diventerà
un appuntamento permanente».
[…]
Un pubblico giovane soprattutto, in gran parte tra i venti e i trent'anni,
notato in particolare durante la serata con protagonista lo scrittore italo-americano
Don DeLillo, che nella classifica delle presenze ha fatto registrare il
terzo «pienone» (3.900 biglietti), tallonato dal «reading»
inaugurale del 21 maggio, tutto al femminile, con Doris Lessing e Valeria
Moriconi. Al secondo posto, il duo Andrea Camilleri-Luca Zingaretti, volto
del Montalbano televisivo, al quale hanno assistito 4.500 persone: 2.500
sedute, duemila in piedi o accovacciate sulla ghiaia, e chissà quante
altre rimaste fuori per un tutto esaurito che ieri sera si è ripetuto
per Auster, ultimo a «leggersi» in questo Festival 2003 di
via dei Fori Imperiali, che ha visto anche la partecipazione di Jonathan
Lethem, Jeffrey Eugenides, Susan Sontag, Alice Sebold, Irina Denezhkina,
Dacia Maraini, Paco Ignacio Taibo II e Hanif Kureishi.
Il Messaggero,
21.6.2003
Undici serate, 40.000 presenze Veltroni: «Parole come emozioni»
[…]
Picco di presenze e di giovani, quindi, specie in due serate, il 27
maggio per Andrea Camilleri e il 5 giugno per Daniel Pennac: 5.000 a testa.
«Ha dell’incredibile. La gente ha sfondato i cancelli per vedere
Pennac», spiega la curatrice artistica del Festival e direttrice
della Casa delle Letterature, Maria Ida Gaeta. «Per Camilleri, le
file erano iniziate già dal pomeriggio. Molti sono stati costretti
a vederlo sul grande schermo, davanti al Colosseo».
[…]
Claudia Rocco
L'Unione sarda,
21.6.2003
Presentato a Tempio l’ultimo romanzo di un autore siciliano che ha
analogie stilistiche con i giallisti sardi
La mafia “indagata” da un thriller coraggioso
Allegoria e poetica nel “Soffio della valanga” del biologo Santo Piazzese
Il commissario di polizia Vittorio Spotorno è costretto da un
duplice omicidio a riepilogare la sua vita. Uno dei due picciotti crivellati
in una 127 azzurra è Rosario, suo compagno d’infanzia. A Palermo,
città amara teatro della vicenda dentro al quale Spotorno è
costretto a muoversi per mestiere e anche per una sorta di amore d’appartenenza
sarà la Dama Bianca, inquietante figura di donna che il commissario
segue con intuito prepotente, a portare Spotorno alla soluzione di un intrigo,
denso di morti ammazzati e di colpi di scena, che non sembrava quello che
era.
Questo, a maglie larghe, il canovaccio dal quale si sviluppa Il soffio
della valanga, nuovo romanzo del biologo palermitano Santo Piazzese (edito
da Sellerio per cui ha anche scritto I delitti di Medina-Sindona e La doppia
vita di M. Laurent). Durante la recente presentazione a Tempio organizzata
dalla libreria “Max 88” Piazzese ha spiegato di avere abbandonato La Marca,
investigatore protagonista degli altri romanzi, e di aver adottato Spotorno,
un vero commissario istituzionale, perché questo ha il preciso dovere
di lottare, coraggiosamente, contro una mafia più attenta di un
tempo, meno chiassosa ma non per questo meno temibile. E anche il libro
è coraggioso. Entra nel connettivo delicato dell’ambiente mafioso
con l’arma del giallo, un genere letterario che molti considerano letteratura
umile, nel senso di semplice, da vita vissuta. Umile, dice Marcello Fois,
che di bei gialli ne sa costruire, ma non genuflessa. Ecco, Il soffio della
valanga è un libro coraggioso per questa umiltà non genuflessa.
Ci troviamo di fronte a un giallo diverso da quelli che si leggono
in questo momento: come quelli dei nostri grandi già consacrati,
Giulio Angioni e Marcello Fois (in Sardegna c’è un’autentica fioritura
di gialli di prim’ordine), di Diego De Silva, di Massimo Carlotto. Diverso
anche dai romanzi di Camilleri che ha avuto il grande merito di sdoganare
il giallo regionale, se così possiamo chiamarlo. Molto presente,
nel libro di Piazzese, è invece la lezione di Sciascia; se non altro
per la constatazione quasi distaccata della realtà-mafia con la
quale si deve convivere, come con l’Etna e la siccità. Diverso,
ma con qualcosa di forte in comune con i romanzi degli altri autori citati:
l’ancoraggio alla terra d’origine, sindrome benefica alla quale tutti si
sentono legati.
Ma è anche un libro poetico. E allegorico. Un’allegoria riassunta
dal titolo. La parola (usata nella sua integrità dialettale solo
quando, al confronto con la lingua, si presenta più pregnante e
definita) scorre fluida nell’ordito narrativo, libero dalle virgolette
del discorso diretto, uscendo dai suoi margini, come la lava e la valanga,
e garantendo un soffio nuovo che investe anche il lettore costretto a restare
fuori dalla treccia della corrente. E questo che cos’è se non la
metafora della vita?
Franco Fresi
Gazzetta del Sud,
22.6.2003
Fiction su Togliatti Mussolini e Nenni
Cannes
[…]
Quanto al futuro del commissario Montalbano, Saccà ha ricordato
che «il 24 giugno il cda della Rai dovrebbe approvare l'accordo quadro
con Carlo Degli Esposti, che prevede la realizzazione di altri quattro
film con Montalbano e di due romanzi storici di Camilleri, "La concessione
del telefono" e "Il re di Girgenti"». L'accordo contempla anche l'acquisto
al 50% dei diritti di tutti i racconti di Camilleri. Nota Saccà:
«Il turismo svedese e norvegese si è sestuplicato in Sicilia
grazie a Montalbano».
[…]
Il Messaggero,
22.6.2003
Una fiction su Nenni, Togliatti e Mussolini
Cannes
[…]
Un altro progetto di fiction che vedremo probabilmente il prossimo
anno è legato a Capri e prenderà il nome dell’isola di cui
racconta la storia. Saccà è convinto che, come già
per
Montalbano, questa linea di prodotti aiuti lo sviluppo del sistema paese.
Le fiction Rai sono infatti vendute all’estero e legarle a luoghi italiani
può aiutare, e non poco, il turismo. D’altra parte è vero
che, per legarsi al commissario di Camilleri, un paese ha perfino cambiato
nome.
Al. Gu.
Il
Mattino di Padova, 22.6.2003
Valentino Lago
La compagnia Patavina di prosa Valentino Lago di Padova, con lo spettacolo
«Mentre i treni passavano», di Barbara Ammanati, è tra
le cinque finaliste del Premio Città di Vigata (la città
immaginaria del Commissario Montalbano), che si svolgerà dal 7 al
13 luglio prossimo a Porto Empedocle. Presidente della giuria del festival
è Andrea Camilleri, noto scrittore ma soprattutto per oltre quarant'anni
regista, autore teatrale e sceneggiatore televisivo, oltre che docente
dell'Accademia di arte drammatica di Roma; vicepresidente Fioretta Mari.
La compagnia padovana si esibirà venerdì 11 luglio.
Stilos, 24.6.2003
Considerazioni e dubbi sulla serialità di un personaggio come
Salvo Montalbano
Un personaggio in cerca di Faulkner
Anticipazione del saggio Gli scrittori sognano pecore di carta?,
in uscita ai primi di Luglio sul 3° numero di NAE,
rivista di Cagliari
Anziché riecheggiare una volta di più i modelli di riferimento
che la critica - me compresa - ha evidenziato principalmente finora, vale
a dire Maigret e Pepe Carvalho, le circostanze e gli ambienti in cui Montalbano
opera negli ultimi narrativi sembrano avere un diverso passo che ci conduce
più lontano, ad ambienti morbosi ed asfissianti propri di un altro
profondo Sud, quello degli Stati Uniti. Più precisamente al Mississippi
della prima metà del Novecento narrato da Faulkner e che Camilleri
omaggia ne L'odore della notte: uno stato dell'Unione i cui abitanti, con
misero orgoglio d'un tempo che fu, non ancora dimentichi della bruciante
sconfitta della guerra di secessione e anzi pervicacemente abbarbicati
al ricordo di tradizioni leggendarie, drammaticamente negano l'evidenza
dello sfacelo e l'inevitabilità delle trasformazioni della società
che pure già li scuote.
Le somiglianze del commissario siciliano con i noti detective europei
sono lapalissiane e più volte ci si è soffermato lo stesso
autore, dai rapporti con i Simenon televisivi al tributo dichiarato a Vazquez
Montalban fin dal nome scelto per il protagonista delle sue storie. Altrove
ho cercato di sottolineare gli espliciti debiti letterari di Camilleri
nei confronti di altri Maestri della letteratura che è riduttivo
chiamare siciliana, Pirandello e Sciascia. Viceversa, aldilà dell'analogia
del nome inventato che maschera il toponimo reale, tra Vigàta, nella
provincia di Montelusa, e Jefferson, capoluogo inesistente dell'immaginaria
contea di Yoknapatawptha di tanti narrativi di Faulkner, la contiguità
è sicuramente più sottile e sfumata. Le affinità di
Camilleri con la scrittura di Faulkner si ricavano non tanto da riferimenti
concreti, quanto dal tipo di atmosfere, di sensazioni, di cadenze del racconto,
di respiro narrativo, nonché da qualche notazione stilistica non
dissimile: il frequente ricorso all'indiretto libero, il linguaggio talvolta
colloquiale con bruschi passaggi ad altri registri linguistici dovuti al
cambio di focalizzazione. Inoltre, uno degli interpreti principali del
claustrofobico universo faulkneriano, Gavin Stevens, "paladino designato
della giustizia, del vero e del bene", si trova ad agire in un contesto
degradato e asfittico, alle prese con delinquenti per destino, piuttosto
che per scelta; con famiglie disgregate il cui unico legame è costituito
dall'orgoglio, dall'odio e dall'avidità; con cupe figure di profittatori
che hanno premeditato rancorosamente e a lungo i loro delitti. Impressioni
che si possono in qualche modo ricavare da alcuni dei narrativi di Montalbano,
specie in taluni racconti: si pensi all'adolescente plagiato autore di
una strage di Un diario del '43, alla laida figura dello stupratore di
Catarella risolve un caso, al parricida senza scrupoli di Stiamo parlando
di miliardi, all'uxoricida per procura di Il gatto e il cardellino, alla
nipote assassina di Ferito a morte.
Faulkner (come poi Camilleri) offre una minuziosa raffigurazione fisica
di tanti personaggi, talvolta persino del loro abbigliamento, mentre di
Stevens (come di Montalbano) non abbiamo un ritratto effettivo: si sa che
è un uomo di vaste letture di una cinquantina d'anni (negli anni
Quaranta), celibe, che fuma la pipa, gioca a scacchi e cerca di portare
avanti un'interminabile traduzione della Bibbia dal greco antico. È
un investigatore dilettante - fa l'avvocato - ma ha il dono dell'intuizione,
che narcisisticamente non condivide con nessuno, il pallino dell'indagine
solitaria che conduce completando un puzzle mentale i cui pezzi trovano
sempre la loro corretta destinazione. Talvolta aspetta che l'indiziato
compia un errore o lo induce con l'inganno a tradirsi, ovvero lascia che
la pietà abbia il sopravvento sull'affermazione della verità:
"A me interessa la verità innanzitutto", diceva lo sceriffo. "Anche
a me", ribatteva lo zio Gavin. "È così rara. Ma mi premono
di più la giustizia e gli esseri umani".
Certo le indagini di Stevens, come del resto quelle di Montalbano,
sono quanto di più lontano dal romanzo poliziesco d'azione, sfuggono
dalle classificazioni e dalle griglie interpretative e mettono in subbuglio
i critici tanto avversati da Camilleri, i quali tendono a inserire ogni
libro nel "suo bravo recintino debitamente palettato": l'inchiesta è
solo un pretesto per tratteggiare una terra desolata e depressa, soffocata
dalla calura e dalle convenzioni, votata alla rovina, in cui traluce dei
padri la fiera virtù ed è radicata la mitizzazione del passato,
ma in cui non c'è la forza, né la volontà, nemmeno
forse la dignità e la purezza necessarie per risorgere. Sicuramente
la visione di Camilleri riguardo alla sua Sicilia non è così
tragica, ma la sfiducia nei confronti del genere umano è palpabile
fin da La gita a Tindari, quando Montalbano comincia a dare i primi segni
di nausea nei confronti del suo mestiere, che lo costringe a rapportarsi
con situazioni e personaggi sordidi, privi di qualunque remora. Quando
ritrova i cadaveri martoriati degli anziani coniugi Griffo il pur esperto
commissario ha una vertigine, barcolla, fugge via ad immergere la testa
in un mucchio d'alghe per riprendere a respirare, giacché solo l'odore
di mare può decontaminarlo da tanto raccapriccio; così come
Gavin Stevens, allontanandosi da un carcere saturo di corruzione ed ingiustizia,
"era contento di quel caldo, disse; contento di sudare, e di espellere
insieme al sudore il sapore e l'odore del luogo che aveva appena lasciato".
Frase che anche Montalbano potrebbe benissimo pronunciare.
Nessuna identità di tempo, di luogo, di mestiere fra i due personaggi,
quindi; li unisce solo una vaga rassomiglianza biografica - l'età,
lo stato civile - e caratteriale - l'istinto della caccia, la passione
per la lettura e per le elucubrazioni solitarie. Ma hanno in comune anche
la stessa compassionevole pietà, unita a una certa tendenza alla
noncuranza, se non al disprezzo, per le procedure dello Stato di cui pure
sono servitori; e una sorta di disincantato, ironico cinismo misto alla
consapevolezza dell'orrore nei confronti dei sentimenti alterati che albergano
nei propri simili e ne muovono l'agire. Condividono emozioni e percezioni
simili in contesti differenti, il deep South e la Sicilia della malavita
organizzata, con lo stesso coraggio azzardato e disarmato di chi basa il
proprio comportamento su principi che non riescono a stare al passo con
i tempi.
Simona Demontis
La Sicilia, 24.6.2003
Avanguardia. Cambia l'immagine della nostra terra grazie alla nuova
visione del contradditorio culturale mediterraneo
Un incantevole tramonto, il mare, le spiagge, il sole, ma pure la siccità
e i tanti problemi che tormentano, da un tempo interminabile, la sua popolazione.
Questa è Agrigento con i suoi spigoli, le sue contraddizioni, i
paradossi, il fatalismo, le incertezze e, nel contempo, il fascino che
attrae i visitatori ammirati, che spinge i suoi più sensibili figli
a «cantarne» pregi e difetti espressi con rabbia, forza, dolore
che si mescolano o lasciano il posto all'amore filiale, alla devozione
e al rispetto per la propria terra. Qui una travolgente passione per lo
scrivere è madre di saggi, romanzi, novelle, drammi e poesie. Qui
città reali o immaginarie, Girgenti, Regalpetra, Vigata sono l'ambientazione
ideale in cui vivono personaggi altrettanto fittizzi ma così veri
come la gente di Sicilia, figlia dell'antica colonizzazione, della dominazione,
del mal governo e di una cultura multirazziale che non ha pari al mondo.
«Siciliani gente d'ingegno acuto e sospetto, nata per le controversie»
diceva Cicerone circa duemila anni fa quando Roma ne fece una colonia e
aprì la via alla depredazione dei beni naturali e non della Sicilia.
Oggi «Montalbano sono!» è l'esclamazione più
ricorrente che richiama l'attenzione dei lettori e dei telespettatori e
che diffonde un'immagine nuova e fresca della Sicilia. E' questa la visione
che il resto del mondo ha dei siciliani, ed in particolare degli agrigentini,
attraverso i nostri scrittori che, volenti o nolenti, diventano veicolo
di idee, concetti e talora preconcetti sulla nostra gente e sulla nostra
terra?
Da Pirandello a Camilleri, dall'Unità d'Italia alla globalizzazione,
qualcosa è cambiato. Il siciliano statico, si è mosso, si
affaccia sul mondo e non lo guarda soltanto, ne è attore spesso
protagonista. Certo bisogna operare una distinzione alla Camilleri.
Bisogna stabilire se siamo siciliani di scoglio o siciliani di mare
aperto. Non più se siamo mafiosi o meno. Forse non è necessario
nemmeno stabilire cosa gli altri pensano di noi quanto quello che noi riteniamo
di essere o siamo. E' questo il sostanziale invito che ci rivolgono i nostri
scrittori che meglio e più di altri ci osservano e conoscono, con
la passione che li distingue e, infine, ci rappresentano.
Chi li legge avverte il sentimento forte che li lega alla nostra terra
ed ai suoi abitanti attraverso i loro personaggi. Oggi il popolo dei vacanzieri
italiani o stranieri viene a trascorrere le vacanze in Sicilia con uno
spirito diverso che rivolge l'attenzione alle bellezze naturali archeologiche
e ai luoghi di Montalbano. Cosa è realmente cambiato?
Giusy Galvano
Corriere della sera,
24.6.2003
DISCUSSIONI. Etichette e letteratura
Ma l’avventura
Con una certa sorpresa, sull’aereo che dall’Italia mi porta nelle Asturie,
scopro di essere l’oggetto delle attenzioni del Secolo d’Italia, almeno
per quanto riguarda i miei intendimenti letterari - nessun accenno all’estremismo
delle mie dichiarazioni - cui si sono aggiunte, il giorno successivo, quelle
di Matteo Collura in una nota sul Corriere della Sera (19 giugno), che
a parte il definirmi «anarcoide irregolare» (e perché
non «anarchico regolare»? Giuro che scrivo tutti i giorni e
non cambio idea così frequentemente), sembra avvalorare la mia ossessione
per il ritorno alle passioni nel romanzo. Non mi rende felice essere preso
a pretesto per una polemica sullo stato della letteratura italiana e ancor
meno per una discussione alla quale non sono in grado di partecipare, perché
non leggo in italiano e non posso far altro che seguire le opere di alcuni
vostri connazionali (pochi, per sfortuna) attraverso le traduzioni in spagnolo.
E, comunque, non sono disposto a intraprendere crociate in maniera astratta
contro «l’ombelichismo» o il minimalismo. Non si può
criticare la letteratura per quello che «dovrebbe essere» ed
è una perdita di tempo cercare di togliere ossigeno a chi scrive.
Alla fine, ci saranno sempre altri lettori per altri scrittori. E pretendere
che quello che uno desidera leggere e quello che uno desidera scrivere
sia l’obbligatorio, il necessario e il politicamente corretto, non è
solo un atto delirante di mancanza di umiltà, ma è anche
parte della stupidità di non riconoscere la bellezza della differenza
e la necessità di un’offerta molteplice. Come lettore, non rinuncio
per questo a desiderare, nel nostro oscuro e imperialista inizio di millennio,
romanzi dominati dalle passioni, gloriosamente ricchi di aneddoti fortemente
storicizzati con personaggi che ancora si tagliano le vene per amore, che
siano pieni di trucchi narrativi e di strizzatine d’occhio e che mi sconcertino
e mi catturino. Chiedo alla letteratura una riflessione sociale che oggi
il giornalismo non sembra in grado di fare, un contributo alla mia educazione
che l’educazione ufficiale non offre e una componente utopica che il pensiero
politico dei giorni nostri non riesce a darci.
Per i cacciatori di scrittori e gli inventori di etichette dirò
che come lettore sono favorevole a un nuovo romanzo di avventura ispirato
a un realismo lievemente kafkiano, dotato di senso dell’umorismo e di una
buona dose di sperimentazione letteraria. Questo è quello che mi
piace leggere. E curiosamente alcune volte l’ho trovato (tutto o in parte)
in autori non solo latinoamericani, ma anche italiani come Sciascia e Calvino
e lo ritrovo in altri italiani come l’Eco de Il nome della rosa, l’amico
Lucarelli de L’isola dell’angelo caduto, Andrea Camilleri, Laura Grimaldi,
i Wu Ming, l’Evangelisti delle cronache fantastiche o Bruno Arpaia de L’angelo
della storia.
Se questo è quello che cerco da lettore, è anche quello
cui aspiro con un esito che dovranno stabilire i miei lettori e non io,
da scrittore, e tento di evitare come peste bubbonica il semplicismo aneddotico
del bestseller e lo sperimentalismo vano dei perseguitori della monarchia
letteraria.
Riguardo alle mie inclinazioni politiche desidero dire a Matteo Collura
che non sono «uno scrittore assimilato alla sinistra, anche se tendenzialmente
anarchica», ma un antifascista dichiarato e un sostenitore pienamente
convinto della Prima Internazionale, prima della frattura fra libertari
e statalisti (anche se ammetto di subire profondamente il fascino di Sandokan,
Sciascia, Dashiell Hammett, Santana e Robin Hood).
Paco Ignacio Taibo II
Daily Media (quotidiano del settore marketing, non in edicola), 25.6.2003
RAI
Il CdA apre a Santoro, nuove fiction su "Montalbano"
Seduta intensa ieri per il consiglio di amministrazione della Rai, che
ha affrontato la questione di Michele Santoro, ma anche altri argomenti.
[...]
Il CdA di Viale Mazzini si e', quindi, occupato di fiction, decidendo
di dare il via libera alla realizzazione di quattro film tv su "Montalbano":
due tratti da due romanzi storici di Andrea Camilleri.
L'accordo prevede anche l'acquisizione al 50% dei diritti su tutti
i racconti di Camilleri non ancora portati sul video.
[...]
Gazzetta del Sud,
25.6.2003
“Veto” di Ciampi al DDL Gasparri, il ministro smentisce
Schiarita sul caso Santoro, accertamenti su Giorgino. Gruber forse
va via
Cda Rai, cambiano le regole?
[...]
Inoltre il Cda di Viale Mazzini si è occupato di fiction. Ha
deciso di dare il via libera alla realizzazione di quattro film tv su Montalbano:
due tratti da due romanzi storici di Camilleri, che sono «Il re di
Girgenti» e l'altro da scegliere tra «La concessione del telefono»
e «Il birraio di Preston». L'accordo prevede anche l'acquisizione
al 50% dei diritti su tutti i racconti di Andrea Camilleri non ancora portati
sul video.
[...]
Elena G. Polidori
Corriere della sera,
25.6.2003
Dopo la sentenza del giudice favorevole al conduttore e il ricorso
dell’azienda
Rai, disgelo con Santoro «Ci presenti 3 proposte»
Ieri l’offerta del Cda, soddisfatta la Annunziata
[...]
Infine è stato approvato un piano per la realizzazione di 4
nuovi film su Montalbano (altra decisione di sapore politico, visto che
si era aperta una polemica sull’«antiberlusconismo» dello scrittore
Andrea Camilleri e sullo slittamento di alcune puntate della fiction).
P. Co.
Il Messaggero,
25.6.2003
Dopo Cannes
Cda Rai, proposte a Gruber e Santoro
Annunziata: «Lilli deve restare». Chiesti 3 progetti al
conduttore di Sciuscià. Giorgino a rischio censura
[...]
Infine, una buona notizia per gli amanti della fiction e della letteratura
italiana contemporanea: la Rai ha un’opzione per tradurre in immagini i
prossimi quattro romanzi di Camilleri.
Alberto Guarnieri
L'Express, 27.6.2003
Spécial été. Des pages pour la plage
Andrea Camilleri
Andrea Camilleri a deux casquettes. Sous la première s'illustre
le très populaire commissaire Montalbano. Sous la seconde se trament
des polars historiques qui se situent dans la Sicile du passé. C'est
à cette veine qu'appartient Le Roi Zosimo. Nous sommes à
Agrigente, au début du XVIIIe siècle, lorsque la populace
affamée désarme les puissants, trucide quelques notables
et nomme un nouveau roi aussi improvisé que fantasque, le paysan
Michele Zosimo. Sur ces faits véridiques, l'écrivain transalpin
brode un divertissement rabelaisien où se mêlent les dialectes
locaux, le folklore, la féerie et la peinture d'une époque
qui croyait encore aux miracils. Derrière l'éphémère
Zosimo, c'est une Sicile assez délirante qui renaît, entre
Sciascia, Boccace et Rocambole. Avec, en prime, une traduction française
qui s'inspire du patois provençal pour restituer toute la truculence
de la langue camilleresque. Savoureux!
André Clavel
Le Roi Zosimo, par Andrea Camilleri. Trad. de l'italien par
Dominique Vittoz. Fayard, 385 p.
La Repubblica,
ed. di Roma, 27.6.2003
Cortellesi, Gullotta e Camilleri per le serate teatral-musicali
Otto appuntamenti a Villa Pamphilj. Canti di mala storie di vita e
"Cuore"
Suoni, parole, silenzi sul palco naturale di Villa Pamphilj. E´
ispirata al tema della comunicazione, verbale ma non solo, la XIII edizione
de "I concerti nel parco", rassegna culturale curata e diretta da Teresa
Azzaro. Otto appuntamenti, dal 4 al 26 luglio, nella scenica cornice di
Villa Doria Pamphilj per incontrare tanti spettacoli fuori dalle righe
che entrano e si slabbrano nella definizione di teatro colto, musicale,
comico. E concerti. Ma andiamo per ordine. Il sipario si alza il 4 luglio
su una prima assoluta dedicata a Lapilli, voci e suoni dall´isola.
Un percorso poetico musicale per raccontare una Sicilia lontana dagli stereotipi,
recitato da Leo Gullotta accompagnato in musica dall´Ensemble Al
Qantharah, tra note siciliane antiche e prosa moderna firmata da Ignazio
Buttitta e Andrea Camilleri (che sarà presente alla serata).
[...]
Geraldine Schwarz
La
Stampa - Tutto Libri, 28.6.2003
La nostra pazzesca normalità
Negli ultimi anni è diventato di moda interrogarsi sulle possibilità
future dell'intrattenimento elettronico. Ci si domanda che forme prenderà,
se la massiccia diffusione di console abbia realmente creato un mass market.
Se questo media, con budget da far rabbrividire produzioni cinematografiche
come Il signore degli anelli, si debba considerare una nuova forma d'arte.
Osservando l'andamento delle vendite, e la qualità dei prodotti,
risulta chiaro che le software house rischiano sempre meno. Creare un videogame
costa troppo. Un team di sviluppo occupa una media di cinquanta persone
per un anno e mezzo, e neanche colossi come Sega, Capcom o Id si possono
permettere errori. La fantasia, l'innovazione, la creatività, slegate
dalle esigenze del marcato potranno essere gestite? Sull'insegnamento del
cinema vedremo nascere piccole etichette indipendenti con grandi idee?
Questi pensieri mi rimbalzano in testa come la vecchia pallina del "Pong",
mentre guardo ammirata il bel disegno sulla copertina del cartone animato
interattivo La voce del violino, disponibile per PC e Mac. IM*MEDIA, www.immediaonline.com,
è arrivata alla sua terza avventura digitale per Sellerio e continua
a non smentirsi. Difficile catalogare i suoi lavori, potremmo chiamarli
cartoni animati interattivi, videogame d'artista o sorprendenti libri parlanti
con cui giocare e perdersi. Forse la risposta si trova nella stessa Voce
del violino, a svelarci l'arcano è la signora Clementina Vasile
Cozzo. L'anziana maestra narra la storia d'Edipo, poi rivolgendosi a Montalbano
dice: "Cosa significa libro giallo, romanzo poliziesco? Non mi sono mai
piaciute le etichette". La voce del violino è estranea agli schemi
di gioco ed editoriali. È una scommessa che Antonio Sellerio sta
portando avanti con IM*MEDIA. Un azzardo curato maniacalmente nel doppiaggio,
nella fedeltà al testo dell'autore, nelle atmosfere e nei colori
dei disegni. Se pensate sia bastato il testo di Camilleri per determinare
il risultato vi sbagliate. Un'opera d'intrattenimento elettronico non ha
i tempi della lettura, l'interattività, il coinvolgimento del lettore-giocatore,
devono andare a braccetto con la trama, e in questo caso anche i menù
di gioco possono essere importanti. Il futuro dell'intrattenimento elettronico
è legato alle idee, l'informatica e i bit&byte sono uno strumento
da dominare per dare una forma alla visione. Se tutto il commissariato
di Vigata pensava che Catarella non capisse "Una beata minchia di informaticcia",
Sellerio e IM*MEDIA questo binomio l'hanno compreso benissimo.
AlessandraC.@kinakuta.it
Sabato 28 e domenica 29 giugno 2003 il Touring Club Italiano organizza
Ragusa
e dintorni: l'itinerario di Montalbano
Nella provincia del barocco, un percorso da Punta Secca a Scoglitti
tra borghi costieri, spiagge, paesaggi suggestivi, testimonianze umane
dalla preistoria ai giorni nostri. Visita di Ragusa Ibla, Modica, Scicli
e del castello di Donnafugata. Con i consoli di Palermo. Tel. +39.091.6262816,
cell. +39.336.798289.
La Repubblica, 28.6.2003
I requisiti storici di un genere popolare
Viaggio nel cuore del giallo
Anche il narratore può essere l´assassino come dimostrò
una volta Agatha Christie
Sciascia è stato un maestro nel recuperare grandi polizieschi
dimenticati
Anticipiamo una parte della "lectio magistralis" su "Grandezza e decadenza
del romanzo giallo" che terrà a Bari lunedì alle 18 nell´Aula
Aldo Moro della Facoltà di Giurisprudenza, in occasione della laurea
honoris causa in Lingue e Letterature Straniere che l´Università
di Bari gli ha conferito.
La casa editrice Sellerio, che ha approfittato, finché visse,
della profonda competenza in materia di Leonardo Sciascia, all´origine
di riscoperte di grandi gialli come Due rampe per l´abisso di Rex
Stout o La fine è nota di Geoffrey Holiday Hall, ha tenuto fede
al suo insegnamento pubblicando spesso romanzi gialli di maggiore o minor
valore, riscoprendo figure dimenticate come Friedrich Glauser e aprendo
la strada del successo a Andrea Camilleri. L´ultima infornata di
gialli Sellerio è particolarmente adatta a delineare una breve storia
del genere, che sembra avere trionfato su ogni altra forma narrativa, anche
filmica o televisiva. In quanto esiste un «plot», una trama
narrativa, questa trama è ormai gialla anche se ciò non è
espressamente indicato. Basta aprire la tv per accorgersene. Sicché
titoli come «Nel segno del giallo» hanno scarso senso, se non
per antifrasi: in effetti la maggior parte dei film di questa rubrica televisiva
non sono affatto gialli, bensì hanno come protagonista uno psicopatico
che è l´opposto di quello del giallo, essendo incapace di
intendere e di volere.
Un esempio della confusione dei linguaggi oggi imperante: si chiama
giallo ciò che giallo non è, «lucus a non lucendo».
Enunciamo qui brevemente il giallo come l´intendiamo noi: 1), l´assassino
deve essere capace di intendere e di volere; egli può essere coadiuvato
da una intera organizzazione ma quando agisce agisce individualmente; 2),
egli viene individuato da vari indizi coordinati da un detective che non
fa necessariamente parte della polizia, spesso ne ironizza i metodi e generalmente
non è sposato; 3), questo detective si piazza all´interno
della logica del delinquente, che finisce per intendere pienamente. In
un romanzo di Edgar Wallace, Il quarto flagello, il delinquente che si
appresta a sterminare tutti i londinesi e il detective che lo ferma sono
addirittura fratelli, secondo la dicotomia buono/scellerato, per cui la
possibilità di capire l´avversario è data a priori
dalla consanguineità; 4), la difficoltà nell´appurare
la verità è dovuta al fatto che si vive in una società
omogenea, in cui chiunque può essere l´assassino (anche il
narratore, come nel caso famoso di Agatha Christie, Dalle nove alle dieci
(Why didn´t they ask Evans?), poiché alla fine della corsa
c´è sempre l´«auri sacra fames», che in
epoca capitalistica è propria di tutti.
Questa che possiamo chiamare «democrazia del giallo» e
che ha finito per imperare dappertutto, poiché la morte è
l´unica cosa che eguaglia «equo pede/pauperum tabernas/regumque
turres» e l´unica che, cessate le differenze individuali, caratterizza
la finitezza dell´individuo, si attua particolarmente bene in ambito
ristretto, tra le zitelle che attorniano la Miss Marple della Christie
a St. Mary´s Mead o nel villaggio di Cabot Cove in cui si svolgono
le interminabili serie televisive della «Signora in giallo»
o negli ambienti teatrali e cinematografici prediletti un po´ dappertutto
nel giallo.
Fissate così le caratteristiche del genere nella sua «epoca
classica» (che può continuare fino ai nostri giorni, vista
la sua continuità e dilatazione), passiamo a esaminare le novità
di Sellerio in ordine cronologico. Il primo volume che attira la nostra
attenzione è il nº 510 della collana «La memoria»,
La follia dei Monkton di Wilkie Collins, che meglio di altri libri dello
stesso autore pubblicati nella stessa collana è atto a esemplificare
il faticoso processo per cui il romanzo giallo si stacca dal filone del
romanzo tout court. Apparentemente si tratta di un´anticipazione
del problema dello psicopatico oggi dilagante, per di più dovuto
a una tabe ereditaria, ma mentre oggi gli psicopatici sono all´ordine
del giorno e non turbano minimamente la democrazia del giallo, allora erano
custoditi in robusti armadi vittoriani e non si esibivano volentieri. Sicché
si capisce che il sodale e datore di lavoro di Collins, Charles Dickens,
si rifiutasse di pubblicarlo nella rivista da lui diretta. Collins era
suo amico, ma ancor più amici erano i suoi lettori, che allora non
avrebbero gradito un tema così delicato.
Il mistero delle tre orchidee di Augusto De Angelis (n. 509 della stessa
collana) corrisponde invece ai dettami del giallo classico. De Angelis
(1888-1944) è il primo giallista italiano importante, ciò
che non significa, come afferma il risvolto, che abbia «inventato
il giallo all´italiana», ma semplicemente che ha ambientato
in Italia, e in particolare a Milano, motivi e personaggi propri della
narrativa anglosassone, così come Arnoldo Mondadori negli anni Trenta
riprese dall´editore londinese Victor Gollancz la copertina gialla
nella sua fortunata collana dei libri gialli, destinata a soppiantare con
questa definizione coloristica il termine «romanzo poliziesco».
Nell´ambientazione milanese, De Angelis - che era, si noti bene,
romano di origine - avrà un degno continuatore in Giorgio Scerbanenco,
di origine straniera e spesso ristampato da Garzanti. «All´italiana»
sono tutt´al più le difficoltà che questi pionieri
ebbero ad affrontare. Il regime fascista aveva scarsa simpatia per un genere
fondato sull´assassinio che metteva in dubbio l´onnipotenza
della polizia. Nel libro di De Angelis il detective è un commissario
di polizia e i delinquenti vengono d´oltreoceano e hanno la determinazione
di veri americani, mentre il commissario De Vincenzi è un intellettuale
italiano amante della musica e delle belle arti. La scena è la casa
di mode di Cristiana O´ Brian, sita in corso del Littorio (oggi corso
Matteotti) al nº 14.(...) Ora sul letto della O´Brian si trova
il cadavere di Valerio, losco individuo che fa da galoppino a madama O´Brian,
con accanto un´orchidea che getta la predetta signora in un mare
di disperazione. Ne apprenderemo le ragioni in seguito: la O´Brian
è stata sposata a un farabutto internazionale di nome Moran che
aveva l´abitudine di portarle un´orchidea ogni volta che ricompariva
dopo aver perpetrato qualche misfatto. La donna era scappata a Milano perché
non ne voleva più sapere del gangster, che evidentemente l´aveva
scovata. E cosi è. Crediamo di essere in porto quando è il
gangster che muore con la sua brava orchidea accanto. L´assassina
sarà certo la ex moglie, colei che è collegata sin dall´inizio
con i delitti, avendo trovato in camera sua il primo cadavere e la prima
orchidea. Così fa finta di credere il commissario De Vincenzi, ma
così non è.
Qui occorre inserire una parentesi sull´inverosimiglianza, un
ingrediente del giallo che può esserci ma può anche non esserci,
come in ogni opera di finzione, e che quindi non abbiano annoverato tra
quelli indispensabili. Ma a guardar bene ogni giallo, appartenendo al genere
del romanzo «autoriale», in cui l´autore fa e disfa a
suo piacimento, contiene qualche inverosimiglianza, salvo qualche capolavoro
della Christie. Ora è proprio contro la Christie e il suo famoso
romanzo Assassinio sull´Orient Express, da cui è stato tratto
anche un film, che si appuntano gli strali di Raymond Chandler, uno dei
massimi rappresentanti del giallo americano hard boiled, in uno scritto
teorico che è in qualche modo il manifesto della nuova scuola. Non
staremo a difendere la verosimiglianza di questo romanzo perché
non esiste. In un vagone del famoso treno si trovano riuniti un arcifarabutto
che è riuscito sempre a farla franca grazie all´inefficienza
della polizia e le sue vittime o i parenti di esse, che evidentemente hanno
prenotato e riempito il vagone in cui si è peraltro insinuato un
temibile ometto di nome Hercule Poirot. Uno dopo l´altro le vittime
o i loro parenti immergono il coltello nel corpo del farabutto, che così
risulta colpito da ben diciassette pugnalate (se ricordo bene). Anziché
ammirare l´acume di Poirot, che riesce a dipanare la complicata matassa,
Chandler da un punto di vista piattamente naturalistico si meraviglia dell´inverosimiglianza
di un cadavere ottenuto «a fette». (...)
Con Un matrimonio d´amore di Dashiell Hammet (nº 508) passiamo
nel regno del hard boiled, di cui Hammet è considerato il fondatore.
(...) Basta un´apposizione per definire due caratteristiche essenziali
del giallo «hard boiled» nei confronti di quello di tradizione
inglese: l), è scritto assai meglio, tant´è vero che
un mio collega, il germanista inglese S. S. Prawer, autore di uno studio
su questo tipo di giallo, sospetta che il mio entusiasmo per la Christie
e per il suo inglese quasi basico sia dovuto alla mia scarsa conoscenza
di questa lingua; 2), il peso del racconto si sposta dal binomio assassino/vittima
al detective e alla sua personalità. Nel racconto in questione il
detective Rush è di una bruttezza senza pari, che ha bisogno di
un´intera pagina per essere descritta. Tale bruttezza sarà
antitetica alla bellezza dell´autore, il quale pare che fosse bellissimo
e affascinante, certo più di Agatha Christie. Aveva lavorato presso
l´agenzia Pinkerton e quindi conosceva bene i suoi colleghi, belli
e brutti, e i delitti che perseguivano o che commettevano essi stessi.
Infatti gli anni passati da Pinkerton erano serviti a persuaderlo dell´inesistenza
di un discrimine tra buoni e cattivi, su cui era fondato il giallo tradizionale.
Pagatemi abbastanza, e divento un killer, sicché sarà più
facile trovare anime candide tra costoro che tra i benintenzionati. Il
titolo italiano di questo racconto è ironico solo a metà.
Henry Bangs è un farabutto in combutta con una donna di nome Madeline,
entrambi ordiscono la morte di tale Falsoner e fanno in modo da attribuirla
alla nipote Sara, unica erede di un mucchio di dollari, che Bangs aveva
preventivamente sedotto e sposato. L´idea è che o Sara viene
accusata di omicidio oppure il malloppo passa a lei, che prima o dopo sarà
soppressa. Senonché Bangs ha imparato ad apprezzare le virtù
di Sara ed è Madeline ad essere fatta fuori da lui.
Non c´è dubbio: questa storia è più «realistica»
di qualsiasi romanzo della Christie, poiché non solo non esiste
una netta divisione tra buoni e cattivi, sicché un killer può
nutrire teneri sentimenti, ma il caso riprende il ruolo che aveva perduto.
Non che il giallo classico fosse privo di elementi accidentali, anzi ne
pullulava, ma essi avevano carattere «autoriale», erano un´invenzione
dell´autore (esempio: la data d´arrivo del marito della padrona
della casa di moda nel giallo delle tre orchidee), mentre qui hanno il
ruolo che viene loro attribuito nella vita quotidiana, dove si può
pensare di tutto salvo che il killer si innamori della vittima designata.
Cesare Cases
La Stampa, 29.6.2003
Andrea Camilleri legge l'ultimo libro di Francesco De Filippo: il
giovane Pjota alla conquista di una nuova vita
L’Affondatore di gommoni, edito da Mondadori, è il secondo
romanzo di Francesco De Filippo, napoletano classe 1960, giornalista dell’Ansa.
Il primo, intitolato Una storia anche d’amore, era stato pubblicato
da Rizzoli nel 2001: apriva la fortunata collana «Sintonie»,
dedicata a una letteratura italiana certamente non usuale, anzi tendente
sostanzialmente alla «stralunatezza», vale a dire a una visione
stravolta della realtà. E il protagonista di quel primo romanzo,
Teodoro Faxa, e la città di fantasia (ma poi non tanta), Maciullina,
dove la vicenda si svolgeva, parvero essere stati confezionati su misura
proprio per gli intenti di quella collana, anche se ciò non era
nelle intenzioni dell’autore e dell’editore.
A prima vista, i due romanzi di De Filippo possono apparire diversissimi
tra di loro. Il primo è scritto tutto in terza persona, il secondo
tutto in prima. Il primo romanzo è ambientato in un luogo immaginario,
però non è difficile individuarvi Napoli (ma se l’autore
preferisce darle un nome diverso avrà le sue buone ragioni), nel
secondo romanzo i luoghi si chiamano col loro nome reale, Durazzo, Valona,
Italia, Otranto, Napoli, Milano. Poi ci sono delle differenze apparenti
che a ben vedere però non sono tali. Principale tra tutte, l’uso
del tempo.
In Una storia anche d’amore il tempo, pur rigorosamente scandito
(«impiegò undici anni, quattro mesi e ventiquattro giorni
per dirgli che lo amava»), è così dilatato narrativamente
da arrivare a una sorta di atemporalità; per contro, il giovane
protagonista albanese di L’Affondatore di gommoni, Pjota Barnovic,
è completamente privo del senso del tempo. Dice di avere, all’inizio
del romanzo, «sedici anni quasi diciassette», forse perché
i suoi genitori glielo hanno detto, ma non sa distinguere se una cosa è
accaduta l’anno avanti o trent’anni prima. Ma questo, dicono i suoi compatrioti,
è dovuto al fatto che Pjota è un genio, sa tutto, ha letto
tutto e quindi è naturale che alcune cose rimangano fuori dalla
sua testa, non ci trovano più posto. Infatti Pjota ha letto fin
da piccolo tutto quello che gli capitava tra le mani, anche in lingue straniere
che ha imparato da autodidatta, pure in latino, e quando il padre ha scoperto
questo suo «vizio» da perdigiorno i libri glieli ha bruciati,
ma è stato inutile perché Pjota li ha mandati tutti a memoria.
E ha continuato a raccogliere libri, a leggerli e a nasconderli in una
grotta segreta. Ma è un genio anche per altre cose. «Conosco
tutte le onde, i venti, la costa, le profondità, so navigare con
le stelle ma preferisco la strumentazione di bordo, bussola, sonar, scandaglio,
e so pilotare il gommone, il cabinato, il gozzo, il peschereccio e barche
più grandi, entrobordo e fuoribordo e poi conosco i motori»...
Così si autopresenta a un boss della malavita, Razy, che prima di
prenderlo nella sua banda lo fa sottoporre a un crudele rito d’iniziazione,
detto della «merda nera» (sono pagine atroci e felicissime).
In breve Pjota conquista la fiducia di Razy. Che talvolta se lo porta a
letto. Del resto, anche il padre e il fratello maggiore di Pjota hanno
abusato di lui. Mi accorgo di usare un verbo sbagliato, abusare, perché
Pjota non lo considera un abuso, ma un fatto naturale che può capitare,
una faccenda virile, tra uomini. Del resto, in tutto il romanzo di De Filippo,
non c’è mai una presa di posizione moralistica, l’autore si limita
a raccontare fatti, semmai spetta al lettore trarre, se vuole, delle conclusioni.
E non è merito da poco. Solo Pjota conosce le coordinate di un luogo
segreto del mare, molto al largo, una secca sulla quale Razy gli farà
affondare di volta in volta dei gommoni nei quali sono nascosti sacchetti
ben sigillati di droga. Un enorme tesoro in fondo al mare. Sennonché,
a ogni viaggio, Pjota riesce a risparmiare il carburante che gli viene
dato, e che è appena bastevole per andare ad affondare il gommone
e tornare: lo nasconde in tante tanichette che cala sopra un’altra secca
poco distante. Perché Pjota non ha che un sogno: scappare in Italia.
E in Italia infatti arriva, salvato in mare dai militari italiani, mentre
Razy lo insegue intuendone il tradimento.
Qui finisce la prima parte del romanzo, il cosiddetto «diario
di Pjota»: certamente la più suggestiva perché De Filippo
riesce a rappresentare, con grande abilità narrativa, un mondo certo
reale ma con tratti quasi favolistici, ancora governato da regole primitive
e tribali, violento e spietato ma anche, a modo suo, generoso e aperto.
Il rischio era che la seconda parte, quella che racconta la vita in Italia
di Pjota, dovendo di necessità riferirsi a delle situazioni delle
quali quotidianamente giornali e televisioni ci parlano, scadesse nell’andamento
cronachistico. De Filippo evita brillantemente questo pericolo. Bastano
a dimostrarlo le splendide pagine dell’arrivo di Pjota a Napoli. Pur nella
narrazione di ogni possibile degrado sociale, prostituzione femminile e
maschile, spaccio e perfino omicidio, il fascino del racconto consiste
nel fatto che l’autore vede e ci fa vedere tutto attraverso lo sguardo
incantato e persino incredibilmente ancora candido di Pjota. Nei cinque
anni che resta in Italia da clandestino, il sogno di Pjota di diventare
italiano non si realizzerà. Ma egli raggiungerà una sorta
di paradossale maturazione quando compirà due gesti dei quali forse
non si riteneva capace. Il primo gesto: uccidere un uomo non per denaro
o per rivalità tra bande, ma per vendicare la morte di una giovanissima
prostituta, Blerina, della quale si era innamorato. Il secondo: regalare,
per pura generosità, una grossa somma e un biglietto aereo per il
Canada a una ragazza che non vuole prostituirsi. Quando ritorna in Albania
apprende di essere ricordato come una leggenda e in quella leggenda egli
finalmente si annulla in una sorta di deflagrazione mentale, diventando
quello che forse avrebbe dovuto e voluto essere: un pastore semianalfabeta.
Attenzione, però: L’Affondatore di gommoni non è un
romanzo sull’immigrazione o dell’immigrazione, semmai è
un romanzo nell’immigrazione. Voglio dire che l’immigrazione clandestina
qui va considerata per quello che è: il contesto eccezionale per
un personaggio d’eccezione. Perché in conclusione questo romanzo
a me è parso una bella, affascinante, crudelissima e terribile favola
dei nostri tempi. Come una favola era, più scopertamente, Una
storia anche d’amore.
Andrea Camilleri
Il Sole 24 Ore,
29.6.2003
Via libera della Regione alle Strade dei sapori
Palermo. Dopo le Strade del vino, in Sicilia si taglia il nastro delle
Strade dell'olio e delle Strade dei sapori.
[...]
I Parchi letterari: ci possono essere anche [...] e, magari, Camilleri
a... Vigata.
[...]
Lelio Cusimano
Corriere della sera,
30.6.2003
Nuove mode. Cresce il "bookcrossing": ed è un boom di recensioni
anonime
Leggi Eco e Calvino. Poi stroncali online
Prima di scambiarsi un volume, lo si giudica in poche righe
Molte bocciature impietose, ma pure encomi ed equivoci
[...]
... il "bravo" Camilleri (che "non delude mai" anche se "rasenta sempre
più spesso il manierismo", secondo ilmagodilussino...
[...]
"Il giro di boa" "non è uno dei migliori, la trama è
troppo verbosa" (pecoranera).
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Paolo Di Stefano
Le soir, 30.6.2003
Monde
[...]
A l'etranger, on l'accuse d'etre un fasciste, un nouveau Mussolini.
Les Italiens de tous bords refusent ce genre d'analogie. Pour eux Benito
avait une ideologie; celle de Silvio se limite a gagner de l'argent, n'importe
comment. Il a introduit, explique l'ecrivain Andrea Camilleri, ce que j'appelle
la morale du motorino, ces scooters qui envahissent les villes, en roulant
sur les trottoirs, brulent les feux rouges et finissent par tuer des gens.
Berlusconi a encore baisse le niveau ethique, qui n'etait deja pas tres
eleve en Italie.
[...]
Vanja Luksic
A hierro muere (revista del nuevo policial hispanoamericano), 6.2003
Un neopolicial a la siciliana
“Si Leonardo Sciascia, en lugar de ser maestro de escuela, hubiera
hecho oposiciones en la policía, habría sido mejor que Maigret
y Pepe Carvalho juntos.”
Andrea Camilleri: Un mes con Montalbano
El epígrafe alude a las dos vertientes del género policial
en que abrevó Andrea Camilleri (1925, Porto Empedocle, provincia
de Agrigento, Sicilia). Precisamente su comisario siciliano lleva el nombre
de Salvo Montalbano en honor al creador del detective Pepe Carvalho, el
escritor Manuel Vázquez Montalbán, quien, en el prólogo
del libro que menciona la cita, lo vincula “a la atmósfera ética,
cultural y estética que ha hecho posibles a Sciascia, Bufalino y
Consolo, con los que Camilleri ha compartido la obsesiva inmediatez de
los cuatro puntos cardinales que envuelve a toda isla”, y concluye que
“se integra como una de las aportaciones más rejuvenecedoras de
la sociedad literaria europea de la presente década”.
Según manifestaciones del propio autor, terminó de diseñar
al protagonista en El perro de terracota, libro que exhibe una prosa segura
y concisa –sin excluir la elegancia ni las imágenes–, y suma
habilidad para hacer dialogar a los personajes. Camilleri describe con
desparpajo el desprejuiciado comportamiento de sus excéntricas criaturas
y reproduce su lujurioso vocabulario. La novela registra hechos y situaciones
con un sesgo conductista propio del estilo hardboiled que caracterizó
al thriller norteamericano. Pero, como apunta Vázquez Montalbán,
el escritor siciliano está más cerca de Georges Simenon,
cuya serie del inspector Maigret adaptó para la televisión
italiana, aunque una perspectiva latinoamericana admitiría emparentarlo
con Mario Conde, el introspectivo y atormentado policía cubano forjado
por Leonardo Padura.
Camilleri hace desfilar, con tono burlón y personal humorismo,
a políticos ineptos que actúan en un ámbito dominado
por la corrupción. Una galería de personajes vitales y exultantes
se mueven en el laberinto de una imaginativa trama que se complica con
ágiles giros de la acción. Y se desarrolla un fascinante
suspenso a través de la información que se reserva el autor
(diálogos al oído y mención de conversaciones importantes
que no se transcriben).
La historia de El perro de terracota fue inspirada por la obra La gente
de la cueva, de Taufik al-Hakim, que Camilleri estudió junto a sus
alumnos en la Academia de Arte Dramático Silvio d´Amico, en
Roma, donde imparte clases de dirección de teatro. Hay una sucesión
de asesinatos y de ajustes de cuentas entre pandillas mafiosas que luchan
por el poder. Surgen, además, numerosas acciones emparentadas con
el relato de aventuras, matiz que hace ganar dinamismo al ritmo narrativo.
Pese a su simpatía, que –como en Pepe Carvalho y Mario Conde–
se exterioriza en sus excesos gastronómicos (“Pero tengo unos langostinos
para hacer a la plancha que no están para comérselos sino
para soñarlos.”), Montalbano siempre se encuentra a punto de golpear
a un subordinado y amenaza continuamente con mandar a los sospechosos a
la cárcel. Ello no obsta para que convoque en su texto a famosos
artistas y a enjundiosas obras literarias. Así, silba la Sinfonía
N° 8, Inconclusa de Schubert, recuerda un monólogo de Hamlet,
menciona el cuadro Juegos infantiles de Pieter Brueghel, al pintor Hieronymus
Bosh, la novela Pylon de Faulkner, y Manau tupapau, una pintura de Gauguin.
Además, es un solterón empedernido que mantiene un eterno
romance con su novia Livia, quien reside en Boccadasse, Génova.
Un mes con Montalbano reúne treinta cuentos, de manera que si
se lee uno por día se terminará el libro en el plazo indicado
en el título, aunque lo más aconsejable es quedarse una noche
sin dormir y despacharlo de un tirón.
Los relatos despliegan un regodeo costumbrista que muestra la vitalidad
de una población (la de Vigàta, Sicilia) proclive al escándalo
y a los chismes de vecinos. Camilleri es sabrosamente italiano en su picardía
y no deja de solazarse con el adulterio, una institución al parecer
bastante generalizada en la isla, como se puede apreciar en “Un asunto
delicado”. Este humor corrosivo y lacerante se torna contagioso cuando
describe a las rotundas mujeres sicilianas.
Esta colección de cuentos transmite la sensación de que
en el autor anida una máquina generadora de historias, con un ingenio
mayúsculo para armar originales intrigas policiales, y que no subestima
el efecto final, siendo “El yac”el mejor ejemplo. Tampoco desestima el
aliento trágico ni el tono melancólico, palpables en “Amor”.
La referencia literaria cobra vuelo en “Las siglas”, pues la víctima
deja trazado en la arena de la playa el nombre de Poe para que Salvo Montalbano
recurra a los Cuentos del autor norteamericano y descubra en “El manuscrito
escrito en una botella” la clave que lo llevará a la resolución
del crimen. “Mano de artista” también apela a la alusión
erudita con una sugestiva evocación de El manuscrito encontrado
en Zaragoza, de Jan Potocki, un cuento cincelado por el arte de un genial
orfebre.
Camilleri luce una potencia expresiva poco común, que alcanza
una calidad superlativa en el registro del paisaje: “Aprovechaba
esos momentos para crearse una Sicilia ya desaparecida, dura y agreste,
una llanura quemada, amarillo paja, interrumpida de vez en cuando por los
dados blancos de las casuchas de los campesinos”.
Germán Cáceres
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