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RASSEGNA STAMPA

GIUGNO 2003

 
La Sicilia, 1.6.2003
Effetto Vigata, ecco le telecamere Mediaset

Porto Empedocle. Si allarga l'effetto «Vigata». È infatti previsto per la prossima settimana l'arrivo nella cittadina marinara di una troupe della trasmissione televisiva «Verissimo», in onda tutti i giorni nel pomeriggio di Canale 5.
Uno degli appuntamenti più amati dal pubblico italiano, pronto a offrire un'ampia e prestigiosa vetrina ai luoghi raccontati da Andrea Camilleri. Gli uomini Mediaset verranno accompagnati dal sindaco empedoclino Paolo Ferrara e dall'assessore comunale al Turismo Tonino Guido al lido Marinella, alla Scala dei Turchi, a «muntagna o crastu», e soprattutto all'interno della Torre di Carlo V. Eccezionalmente per esigenze di marketing, lo storico sito abbandonato da molti anni al degrado verrà aperto per fare entrare le telecamere arrivate dalla sede palermitana di Canale 5. Un'occasione da non perdere che certifica ufficialmente il grande interesse che ha riscosso anche a livello nazionale, l'idea di accostare il nome Vigata a quello di Porto Empedocle. Una trovata che pian piano sta zittendo coloro i quali avevano manifestato scetticismo, su un'iniziativa che mira a far entrare la cittadina marinara nel circuito delle mete turistiche più rinomate culturalmente della Sicilia.
Un lavoro molto complesso che dipende anche dalla cassa di risonanza che avrà nei prossimi giorni la trasmissione delle immagini, riprese dalla troupe di «Verissimo» nei luoghi camilleriani. I tecnici e i giornalisti faranno anche un salto al bar di Stefano Albanese, ribattezzato bar «Vigata». Il «caso» del commerciante empedoclino ha varcato i confini nazionali, per il ruolo di segreteria particolare che riveste per tutti i fan del papà del commissario Montalbano. Da Albanese infatti, si recano decine di persone per farsi autografare i libri di Camilleri, dallo stesso autore. Senza dimenticare le pubblicazioni delle scrittore, tradotte in tante lingue straniere e consultabili tra un cannolo e una limonata. «L'arrivo di Mediaset nel nostro paese ci fa capire che abbiamo fatto la scelta giusta, puntando sul nome Vigata». A parlare è il sindaco Paolo Ferrara, il quale non nasconde il proprio entusiasmo in vista di una stagione che si preannuncia assai positiva sul fronte dell'afflusso di turisti. «Finalmente Porto Empedocle verrà raccontata in una trasmissione di livello nazionale per fatti di spessore culturale. Basta con i morti ammazzati o le storie di mafia», ha aggiunto il primo cittadino.
Francesco Di Mare
 
 

Il Messaggero, 2.6.2003
Nonostante la pioggia venerdì scorso erano in trecento ad ascoltare i brani del russo Akunin. Con Camilleri striscioni e parapiglia per i posti a sedere
Massenzio, che fenomeno il popolo della letteratura
In migliaia ogni sera affollano gli incontri con gli scrittori: strano evento in un paese in cui si legge poco

[...]
qui è il bello del festival romano dedicato agli scrittori. Che non ci sono serie A e serie B e non solo per la qualità del cartellone. Perché è vero che per ascoltare Camilleri letto da Zingaretti sono arrivati in quattromila e si sono quasi picchiati per trovare posto.
[...]
Alberto Guarnieri
 
 

L'Eco di Bergamo, 3.6.2003
Camilleri a teatro «Il mio Brambilla è come Berlusconi»

Il 14 luglio a Siena, nell'ambito della stagione «chigiana», Andrea Camilleri metterà in scena un allestimento teatrale di Rocco Mortelliti dal titolo «Il finto cantante», un'opera tratta da uno dei racconti dello scrittore siciliano, «Il commissario di bordo». La storia è quella di un ex politico che rivive i suoi sogni giovanili esibendosi, sotto le mentite spoglie di un cantante (scortato da guardie del corpo in borghese) all'interno di una lussuosa nave. Il che tradotto all'oggi vuol dire Silvio Berlusconi, anche se lo scrittore afferma che è tutta casualità. «Ho scritto un libretto "politico" - ha spiegato Mortelliti - il protagonista ha circa 60 anni, non è molto alto ma è piuttosto distinto, dunque non può essere equivocato. E' un politico, un uomo di punta che apprezza molto chi non la pensa come lui. E poi canta e racconta barzellette come il nostro presidente del Consiglio. I riferimenti saranno casuali, ho anche cambiato il nome al mio "cantante", che si chiamerà Brambilla...».
 
 

Meridiani n.119, “Sicilia”, anno XVI, 6.2003
Cultura
Da Camilleri a Piazzese: nel giallo vince una voglia di esotica normalità
“Silenzio, lavori in corso”. Nella stanza dei creativi siciliani sventola il cartello d’avviso. Sotto la cenere letteraria, cinematografica, pittorica e altro covano infatti interessanti novità. Si sperimenta e si cerca questa volta con un occhio più attento al mercato. E a tenere banco non è più l’impegno.

L’intrattenimento fa proseliti, assieme alla voglia di voltare pagina, dimenticando gli infernali anni Settanta e Ottanta quando la cronaca prevaleva sulla fantasia, sfornando così pamphlet più che romanzi, gialli e detective story più che narrativa d’evasione.
Un ciclo si è concluso. E alla cultura di denuncia antimafia che ha accompagnato la terribile stagione dei delitti, eccellenti e non, di Cosa Nostra -scandita dalle premonizioni e dalle denunce di Leonardo Sciascia- si è sostituita l’affabulazione di Andrea Camilleri. Come dire, dalla tragedia si è passati al bozzetto, dal sorriso amaro dell’ironia al bonario umorismo che, talvolta, sfiora il folclore. Il giallo si è fatto meno cupo, meno disperato e Montalbano ha preso il posto del capitano Bellodi e del professor Laurana.
Accantonate le domande taglienti e gli interrogativi angosciosi, affiora una Sicilia meno isola e più continente. Come se quei quattro chilometri dello Stretto si fossero ristretti. L’effetto, forse, è più ottico che reale. Ma tanto basta a rintracciare in nuovi scrittori di gialli, come il palermitano Santo Piazzese, la voglia di raccontare un’esotica normalità in cui Palermo è ancora piena di misteri, ma respira un’aria che la rende una via di mezzo tra Barcellona e Il Cairo. Giovani scrittori riscoprono un filone che da Brancati a Bufalino, passando per Consolo, ha avuto terreno fertile nell’isola. E’ una etteratura onirica e surreale che racconta di emarginati e antiche favole, nutrendosi di metafore e pastiches linguistici.
Il germe, in realtà, lo piantò Matteo Collura nel ‘79 con Associazione indigenti, epopea di poveri e disperati del ventre di Palermo che richiama i toni e le suggestioni del peruviano Scorza. Oggi il cantiere non s’arresta e fioccano gli esperimenti di Roberto Alajmo e di Giosuè Calaciura, dove la realtà isolana è più spesso trasfigurata anche quando a prevalere è la denuncia.
C’è un corrispettico cinematografico di tutto questo. Dalla denuncia sociale degli “scanazzati” -i giovani delle periferie emarginate e a rischio di arruolamento mafioso- nei film di Grimaldi si è passati alla riedizione musical di Roberta Torre. Di questa Sicilia musicale, per anni zittita dal crepitare dei kalashnikov e dagli attentati di mafia, è ricomparsa la vena con due giovani compositori. Parliamo di Ellis Island di Giovanni Sollima (libretto di Alajmo) e del Fantasma nella cabina di Marco Betta (tratto da un racconto di Camilleri). Non è un caso, forse, che lo splendido Teatro Massimo abbia riaperto i battenti solo da tre anni, dopo un cupo silenzio che sapeva di lutto. Insomma, l’isola si è trasformata più in un laboratorio creativo -libero di spaziare tra tendenze diverse- che in una scuola d’impegno in trincea. Ha perso i connotati da “frontiera” in cui si combatte una battaglia da esportare poi nel “continente”. Prevale la voglia di assimilarsi al resto d’Italia. Nel bene e nel male. Resta, comunque, il dubbio: la cultura siciliana evade per dimenticare o si è distratta nel raccontare quel che cova sotto la cenere del vulcano?
Virman Cusenza
 
 

Meridiani n.119, “Sicilia”, anno XVI, 6.2003
Articolo pubblicitario
In viaggio con la svedese
Sulle tracce del commissario Montalbano, a bordo di una comoda Volvo 'XC 90'.
Guidati dal navigatore satellitare alla ricerca dell'immaginaria Vigata, ormai più "vera" di Porto Empedocle. Passando dalla Valle dei Templi, fino a Ragusa Ibla e Punta Secca, le località dove è stato ambientato il serial televisivo.
 
 

Corriere della sera, cronaca di Roma, 4.6.2003
Il libro
Cosimo, la madre e il bimbo rapito

In un paese immaginario della Sicilia, il biciclettista Cosimo viene coinvolto nel rapimento di un bimbo. Un «noir» secco, grottesco, durissimo. Il romanzo di Roberto Alajmo, «Cuore di madre» (Mondadori), viene presentato oggi da Andrea Camilleri, presente l’autore.
MELBOOKSTORE, via Nazionale 252, ore 18.30
 
 

Il Resto del Carlino, 4.6.2003
Bologna
Commissario di ferro assediato dai bambini

Perché sei pelato? «Il motivo, a dire il vero, è ancora oscuro». Da bambino sognavi di fare l'attore? «Veramente no, anche se mi piaceva molto partecipare alle recite scolastiche». Sei amico con Camilleri? «Era il mio insegnante all'Accademia di arte drammatica. Poi ci siamo ritrovati sul set». Insomma un' intervista a più mani, o per meglio dire, a più voci: quelle dei bimbi delle scuole elementari Manzolini che ieri mattina, inaspettatamente, attorno all'ora dell'intervallo, si sono trovati di fronte il Commissario Montalbano, alias Luca Zingaretti. L'improvvisata, promossa dalla Film Commission del Comune di Bologna, è di quelle che difficilmente si potranno dimenticare. Anche perché l'attore, a Bologna ormai da un mese per le riprese del film L'Anello di Gomma del regista Ambrogio Lo Giudice, si è sempre tenuto a debita distanza dalla stampa, inviti e manifestazioni.
Di fronte alla platea di giovanissimi, Zingaretti si è invece concesso senza esitazioni, ha firmato autografi - «270, uno per tutti i bimbi della scuola» ha tenuto a precisare Luca — ha trascorso quasi un'ora col microfono in mano seduto su di un tavolo da disegno nel chiostro dell'edificio. «Che rivedrete anche nel film: nel vostro cortile abbiamo girato una scena in cui giovani seminaristi giocano a calcio, un po' come fate voi», ha detto Zingaretti approfittando dell'occasione per dare anche qualche piccola anticipazione sul film. «Io sarò un prete sullo sfondo di una Bologna anni '40. Se saranno rispettati i tempi del montaggio presenteremo L'Anello di Gomma al Festival di Venezia, nella prima settimana di settembre. Uscendo poi nelle sale prima dell'autunno». Salutando, un auspicio che si inserisce nella querelle nata attorno al futuro delle scuole Manzolini di via Sant'Isaia: «Ho appena saputo che questa scuola rischia di essere trasferita per lasciare posto alla Sovraintendenza ai beni artistici. Mi auguro che così non sia. E' un luogo che sembra fatto apposta per dei bambini».
Chiara Caliceti
 
 

Le soir, supplemento culturale, 4.6.2003
Nos choix étoilés
Livres

[…]
**** Camilleri, « Le roi Zosimo », roman (Fayard)
[…]
 
 

Corriere della sera, cronaca di Roma, 5.6.2003
Berlusconi

Andrea Camilleri dialoga con Paolo Sylos Labini in occasione dell'uscita di "Berlusconi e gli anticorpi", edito da Laterza. Intervengono Marcelle Padovani e Mario Morcellini.
Facoltà di Sociologia, via Salaria, 113, alle 17.
 
 

Gazzetta di Parma, 5.6.2003
Arriva «Soldati di pace». Saccà: «Pronte le firme per Medico in famiglia e Maresciallo Rocca»
Più soldi e più ore per la fiction della Rai

ROMA - La fiction Rai riprende il largo: più investimenti e più ore di produzione per i prossimi mesi. Via libera alla serie Omicidi con Massimo Ghini e a La tassista con Stefania Sandrelli. Lustrati anche i «gioielli di famiglia» di viale Mazzini: già in fase di sceneggiatura la quarta serie del Medico in famiglia che andrà in onda nell'autunno 2004, e la quinta del Maresciallo Rocca e di Don Matteo.
«Questi titoli popolari avranno ritmi di lavorazione diversi rispetto al passato - spiega Agostino Saccà neo direttore di RaiFiction - se prima si aspettavano oltre due anni tra una serie e l'altra ora la cadenza sarà all'incirca annuale». Per il commissario Montalbano invece la linea editoriale è diversa: nel 2004 Il birraio di Preston e Il re di Girgenti, i romanzi storici di Camilleri, diventeranno formato tv, poi si torna a lavorare con Montalbano. «In questo modo terremo viva l'attenzione del pubblico su Vigata - continua Saccà - e faremo riposare un prodotto che ci ha dato grandi soddisfazioni anche in replica».
[...]
Alessia Mattioli
 
 

Gazzetta del Sud, 5.6.2003
Agostino Saccà ha annunciato la strategia Rai nella fiction
Montalbano “a riposo” nella prossima stagione

ROMA – La Rai spenderà più soldi nella fiction. Lo ha annunciato Agostino Saccà, il nuovo direttore di Rai Fiction, ieri alla sua prima uscita pubblica in occasione della presentazione della miniserie «Soldati di pace», in onda su Raiuno l'8 e il 9 giugno. Nell'estate si apriranno 15 set, «la macchina della fiction andrà a regime sostenuto – ha detto Saccà – e la Rai avrà a disposizione lo stesso budget, 150 milioni di euro, ma avrà a disposizione risorse aggiuntive ricavate da accordi di coproduzione o con gli enti del territorio. E aumenteranno le ore di produzione: Raiuno ad esempio ci aveva chiesto 50 ore tra gennaio e maggio 2004, gliene daremo 57». Rispetto ai cosiddetti gioielli di famiglia, ossia i titoli più popolari delle serie Rai, Saccà ha precisato che «per scelta editoriale non produrremo quest'anno e forse neppure all'inizio dell'anno prossimo "Il commissario Montalbano". Nel frattempo vogliamo fare i romanzi storici di Andrea Camilleri, "Il birraio di Preston" e "Il re Girgenti". Terremo così viva l'attenzione del pubblico su Vigata e faremo riposare un prodotto che ci ha dato grandi soddisfazioni anche in replica». Per la serie di Montalbano l'accordo con il produttore Degli Esposti era già stato approvato da Saccà quando era direttore generale e ora verrà ripresentato al nuovo dg, Flavio Cattaneo, nel cda di martedì prossimo.
[...]
 
 

Il Centro, 5.6.2003
Domenica e lunedì in prima serata su Raiuno. Protagonista il pescarese Michael Reale
Storie di soldati italiani di pace
In due puntate un film per la tv ambientato in Kosovo

ROMA.
[...]
«Soldati di pace» è anche una buona occasione per fare il punto sulla fiction Rai. «Non è vero che la "fabbrica" è ferma, né che abbiamo tagliato gli investimenti», annuncia Agostino Saccà. «Ci sono già 15 set aperti e il budget per il prossimo anno è di 150 milioni, lo stesso della scorsa stagione. Anzi di più, perché stiamo cercando di incrementarlo con coproduzioni e risorse offerte dai territori locali». E se pare non ci sia più nessun progetto lasciato in sospeso, sono stati accelerati anche i tempi. Per la nuova serie di «Un medico in famiglia», ad esempio, ci vorranno poco più di 12 mesi e non i quasi tre anni intercorsi tra le passate edizioni. Lo stesso vale per il nuovo «Don Matteo», pronto già in autunno e per il «Maresciallo Rocca», del quale si vedrà la quarta serie da ottobre mentre la quinta è in fase di scrittura. Quanto a Montalbano, l'attesa è voluta... per troppo successo. «Dobbiamo far riposare il prodotto», spiega Saccà. «Ma non Camilleri, che tornerà in tv il prossimo anno con due dei suoi romanzi storici».
 
 

SILP- CGIL
Venerdì 6 giugno 2003, alle ore 20:00, al Teatro Piccolo Eliseo (Via Nazionale, 183 - Roma), dibattito pubblico su Il giro di boa di Montalbano.
Ne discutono Andrea Camilleri, Sergio Cofferati e Claudio Giardullo; modera Enrico Fierro.
 
 

Il Quotidiano, 6.6.2003
Sindaco Bologna
L'Ulivo sceglie lo 'straniero' Cofferati

Bologna - Via libera dall'Ulivo bolognese alla candidatura a sindaco di Sergio Cofferati.
[...]
«Sono come Montalbano. Ho tanti autori, non uno solo. Decideranno loro». Così Sergio Cofferati ha descritto il suo futuro politico parlando ad un dibattito pubblico sull'ultimo libro di Andrea Camilleri «Il giro di boa», stasera al teatro 'Piccolo Eliseo'.
Cofferati non ha voluto commentare direttamente la notizia della sua candidatura da parte dell'Ulivo a sindaco di Bologna. «Non ho un'idea precisa - ha detto - in materia. Credo che nella mia condizione sia difficile».
[...]
 
 

La Repubblica, 6.6.2003
Camilleri e Sylos Labini attaccano il premier
"Anche Montalbano è un anticorpo contro il regime"
"Ma i lettori criticano la politica nell´ultimo romanzo"

ROMA - Montalbano diventa antiberlusconiano? E i lettori protestano. Lo ha raccontato proprio lui, Andrea Camilleri, il padre del commissario più famoso d´Italia: «Dopo il mio ultimo romanzo molti lettori si sono indignati, "Montalbano - dicevano - non dovrebbe prendere posizione politica"». Insomma, nemmeno il commissario di Vigata è stato risparmiato dalla polemica politica. Anche lui è stato criticato perché si era schierato.
Ieri, a Roma, Camilleri ha presentato alla Sapienza il libro di Paolo Sylos Labini "Berlusconi e gli anticorpi, diario di un cittadino indignato". E, tra gli attacchi dello scrittore siciliano e quelli del noto economista, il premier non è stato certo risparmiato. «Montalbano è un anticorpo», un uomo che difende le istituzioni, spiega Camilleri. E poi punta dritto contro Berlusconi: «Gli anticorpi vengono prodotti dall´organismo in presenza di sostanze estranee. Ecco, noi ci troviamo di fronte a una sostanza estranea e oltretutto mutante, come la Sars, perché ogni giorno cambia idea. Ed è difficile polemizzare con uno che si smentisce in continuazione». Ma il più noto giallista italiano non si ferma qui, usa la parola fascismo: «Il primo segnale del fascismo è sempre stato un attacco violento alla giustizia: è da lì che può venire un nuovo regime».
Un discorso duro, ma ancora più duro forse è l´attacco di Sylos Labini: «Demonizzare Berlusconi? Non è vero che così facciamo il suo gioco. Anzi. E poi ha cominciato lui, con la demonizzazione, falsa, dei magistrati». Poi un appello: «Stiamo perdendo le conquiste di decenni. Per costruire qualcosa spesso ci vogliono molti anni, ma per perderla ne basta uno. Questo non è il momento del quieto vivere».
Ferruccio Sansa
 
 

Gazzetta del Sud, 6.6.2003
Camilleri spiega il rinvio in tv al 2005
Montalbano a riposo? Nessun motivo politico

ROMA – Andrea Camilleri tende «a escludere implicazioni politiche nella decisione della Rai di non realizzare per quest'anno altri film su Montalbano» e parla semmai di «difficoltà oggettive». «Non sono mai stati firmati altri contratti, e già molto tempo prima che, appunto, nascessero polemiche politiche – dice lo scrittore – si parla invece da un po' di tempo di realizzare per la tv qualche mio romanzo storico. Il progetto è sempre della Palomar e, siccome io a questi romanzi tengo più che a quelli di Montalbano, mi farebbe moltissimo piacere. Comunque non sono io che mi occupo direttamente di queste cose. L'unica cosa che so è che né per i gialli, né per i romanzi storici sono stati firmati per ora dei contratti». Giovedì la Rai ha annunciato un prossimo e probabile accordo con la Palomar (sarà all'esame del dg Flavio Cattaneo martedì) per la realizzazione nel 2004 del «Re di Girgenti» e del «Birraio di Preston», due romanzi storici sulla Vigata antica e di riprendere il ciclo del Commissario Montalbano nel 2005.
 
 

Panorama, 6.6.2003
Le grandi iniziative di Panorama

Un'estate in giallo. E' quella che presenta Panorama, con il numero in  edicola la prossima settimana. E sarà il più amato dei personaggi del giallo all'italiana, il commissario Salvo Montalbano, a introdurla. Venerdì prossimo infatti, con "La voce del violino" in vendita con Panorama a 2,70 euro in più sul prezzo di copertina, parte una nuova serie di dieci romanzi scritti da autori italiani e internazionali. Copertine vivaci e colorate, i dieci libri sono una ricchezza preziosa per ogni libreria.
I primi cinque volumi sono firmati da Andrea Camilleri: due avventure di Montalbano seguite da tre romanzi a metà tra il giallo e la storia. Uno dei libri che arriveranno dopo Camilleri è della barcellonese Alicia Gimenez Barlett. Altri due sono firmati dal giallista siciliano Santo Piazzese, poi arriverà un detective insolilto: il filosofo Aristotele che, grazie, alla 
fantasia della scrittrice canadese Margaret Doody, indaga su un caso di omicidio. L'ultimo romanzo, dell'inglese Penelope Fitzgerald, è ambientato nelle sale del British Museum.
UNA MUSICA CHE VI INCOLLERA' ALLE PAGINE
Una bellissima donna assassinata in una vecchia villa di Vigata, il mistero di un matrimonio mai consumato, un grande violinista che vive senza uscire dal suo appartamento in cui suona con passione e una signora che fa battere il cuore al commissario Montalbano, mettendo in discussione la stabilità della sua relazione con Livia. Sono gli ingredienti che rendono irresistibilie la lettura de "La voce del violino", il romanzo di Andrea Camilleri in edicola con "Panorama" la prossima settimana, da venerdì 13 giugno. Il libro è stato pubblicato da Sellerio nel 1997, balzando subito ai vertici delle classifiche, ed è anche diventato un film per la televisione interpretato da Luca Zingaretti.
E NELLE PROSSIME SETTIMANE...
"L'odore della notte" è il romanzo in edicola con il n. 26 di Panorama,  venerdì 20 giugno. Seguiranno, sempre di Camilleri, "La concessione del telefono (27 giugno), "Il re di Girgenti" (4 luglio) e "La stagione della caccia" (11 luglio). L'estate dei libri di Panorama continua con "Giorno da cani" di A.G. Barlett (18 luglio), "I delitti di via Medina" e "La doppia vita di M Laurent" di Santo Piazzese (25 luglio e 1 agosto), "Aristotele detecive" di M. Doody (8 agosto) e "Il fanciullo d'oro" di P. Fitgerald (15 agosto).
 
 

Il Nuovo, 7.6.2003
Camilleri: "Lunga vita a Montalbano"
Lo scrittore che ha dato vita al popolare commissario assicura: "Montalbano non lascerà la polizia nè morirà". E risponde alle polemiche che hanno accompagnato l'uscita del suo ultimo libro, Il giro di boa.

ROMA – Il commissario Montalbano non morirà. A dirlo è proprio suo "padre" Andrea Camilleri intervenuto a un dibattito sul suo ultimo chiacchieratissimo libro Il giro di boa. "Non ho una Road Map sul suo sviluppo - ha spiegato a proposito del futuro del commissario di Vigata - però escludo che lasci la polizia sbattendo la porta e che morirà". Il dibattito organizzato dal sindacato di polizia Silp e dalla Fondazione Di Vittorio ha affrontato un tema delicato come quello delle polemiche legate alla crisi del commissario siciliano dopo i fatti del G8 di Genova. Ma Camilleri è stato chiaro: “Nel libro - ha spiegato - non c'é alcuno schiaffo o sberleffo alle forze di polizia, ma semmai un abbraccio, un campanello d' allarme che non si riferiva solo al G8 ma anche ai fatti di Napoli". 
Secondo l' ex segretario della Cgil, Sergio Cofferati, le polemiche sono nate "perché l'autore ha toccato un nervo scoperto". Per Cofferati "molte delle cose successe a Genova erano previste e annunciate con grande fragore", ma dall'esperienza drammatica di Genova si è per fortuna usciti "grazie alla tenuta della forza democratica". "Dopo Genova - ha affermato il presidente della Fondazione Di Vittorio - una parte delle forze dell'ordine ha reagito, ha cercato la verità, ha preteso di difendere il proprio ruolo. E da parte sua il Movimento dei Movimenti è maturato e da allora l'unica forma di manifestazione è stato il pacifismo".
Sollecitato dal moderatore, Enrico Fierro, Camilleri ha ribadito di "non avere alcuna voglia di parlare di Micciché" che lo aveva attaccato proprio per il suo ultimo romanzo. "Se uno mi chiama - ha detto lo scrittore - assassino del popolo e io non ne centro neanche uno, mi sento offeso come assassino". A questo punto Cofferati ha aggiunto: "Micciché torni pure a Ragusa" e Fierro ha continuato: "Così il centrosinistra vincerà anche il ballottaggio".
 
 

Corriere della sera, 7.6.2003
A Roma
La lunga attesa, poi un sorriso: «Spero di non finire sugli scogli»

ROMA - E dire che per l’occasione Massimo Gibelli, che di Cofferati è l’uomo-ombra, si è persino messo il papillon a disegnini gialli. Aspetta l’ex segretario della Cgil davanti al Piccolo Eliseo dove è in programma un dibattito tra letteratura e politica con Andrea Camilleri e i poliziotti della Cgil sul caso Montalbano: si parla del G8 di Genova, del rischio «di rinsecchimento delle norme costituzionali», del futuro del commissario più famoso d’Italia, della giustizia che dev’essere uguale per tutti e non «un fatto privato di alcuni privilegiati e altri no». Ma tutti, Cofferati soprattutto, aspettano l’altra notizia. L’ok da Bologna.
[…]
Cofferati sul palco resta senza altre notizie fino alla fine quando gli porgono un’agenzia. Legge ma non commenta: prima bisogna capire bene come è andata. Dunque non si sbilancia e parla per metafore: «Sono come Montalbano. Ho tanti autori, non uno solo. Decideranno loro. Io spero solo di scegliere bene e di non finire nelle secche o sugli scogli. Se potessi dire già adesso che cosa farò, lo direi. Forse tra non molto avrò le idee più chiare», promette. I presenti si devono accontentare di un’altra notizia: Camilleri annuncia che non farà morire Montalbano e dunque ci sarà un altro libro. 
Per sapere se Cofferati farà finta di niente e incasserà la richiesta dell’Ulivo bolognese, formalmente unitaria, o se invece manderà all’aria il tavolo e tutti i dubbi degli alleati, bisogna aspettare almeno questa mattina.
 
 

La Repubblica, 7.6.2003
Il retroscena
L´ex sindacalista ieri sera era a Roma a un dibattito con Camilleri, mentre a Bologna l´Ulivo rendeva pubblica la sua candidatura
"Spero di non finire in secche o sugli scogli"
Il Cinese: "Sono come Montalbano, ho tanti autori. Decideranno loro"

L´Ulivo danza sulla tolda del Titanic. Con l´iceberg ancora nascosto nella notte. Mentre il centro-sinistra a Bologna vota un sì non certo unanime alla candidatura di Sergio Cofferati, nel teatro romano Piccolo Eliseo l´interessato discute amabilmente e senza fretta, fino a notte, di poliziotti, di criminali e di ricette culinarie con lo scrittore Andrea Camilleri, presentando il suo ultimo libro, Il giro di boa. Il papà di Montalbano potrebbe essergli d´aiuto, come gran inventore e solutore di gialli, per decifrare cosa stia succedendo nella città di cui potrebbe anche diventare sindaco fra poco più di un anno, sempre che non decida di dare entro poche ore un ceffone di quelli irrimediabili all´intera classe politica locale. Quale sia il suo personale giro di boa, Cofferati ieri sera non lo lasciava ancora intuire: «Sono come Montalbano, ho tanti autori... decideranno loro», glissa sorridendo dal palco quando le domande stuzzicate dalle notizie bolognesi si sono fatte più insinuanti, «non ho un´idea precisa, nella mia condizione è difficile... Non padroneggio bene immagini marinaresche, l´idea della boa mi spaventa. Certo il mare non è particolarmente calmo, a qualcuno mi affiderò. Spero di non finire in secche o peggio sugli scogli».
[…]
Michele Smargiassi
 
 

La Repubblica, 7.6.2003
Siamo tutti personaggi
Una nuova anagrafe letteraria
Martedì prossimo verrà presentata all´Accademia dei Lincei
L´opera in tre volumi attraversa i secoli e giunge fino ad oggi
In certi casi, e sono i più recenti, è prevalso il criterio del bestseller ma con qualche omissione: c´è Montalbano ma manca l´Adso di Eco

Un personaggio letterario conosce una morte del tutto diversa da quella delle persone fisiche. Mano a mano che esce dalla memoria dei lettori e dalla cultura condivisa diventa trasparente: diafane le palpebre, per cui distingue «i contorni degli oggetti anche ad occhi chiusi»; diafana la scatola cranica, diafano il corpo, per cui può vedere la sedia su cui è seduto. Gli sguardi altrui incominciano ad attraversarlo, diventa progressivamente parte vuota di un vuoto.
Così, almeno, Primo Levi immagina la sorte finale dei personaggi letterari che non sono avviati all´immortalità: «Comprese che il suo tempo era giunto, la sua memoria estinta e la sua testimonianza compiuta». Queste parole, in parte struggenti e in parte ("testimonianza") autobiografiche e allarmate, concludono con la dissoluzione "in luce e in vento" un singolarissimo racconto dell´autore di Se questo è un uomo. Scrittore fantastico e originale, Primo Levi si inventa l´esistenza di un "Parco" dove vivono i personaggi della letteratura, le non-persone - che a volte sono state personaggi storici - ai cui destini fatti solo di parole affidiamo il pensiero dei nostri destini, fatti di carne ed emozioni cosiddette reali.
Il racconto («Nel parco», raccolto nel volume Vizio di forma) è molto divertente. Il Narratore, che ha accesso al Parco in quanto autobiografato, viene assegnato al cottage di un altro autobiografato François Villon, che prima conviveva con Cesare (Cesare se ne è andato perché litigavano sempre per via di Vercingetorige e per via di Cleopatra, corteggiata "pesantemente" da Villon). Durante il soggiorno del Narratore arriva nel Parco il "lamentoso e crasso" Portnoy, che fortunatamente dopo un mese va a convivere con Semiramide: assieme si troveranno benissimo.
In questa bizzarra comunità, specchio deformato della vita reale, non ci sono idraulici né panettieri ma, in compenso, una legione di prostitute, «in percentuale assolutamente sproporzionata al fabbisogno effettivo». I privilegiati sono i personaggi di Dante, fra cui l´ "angelica, mostruosa", insopportabile Beatrice, e Paolo e Francesca, che passano la presumibile eternità della loro gloria letteraria a fornicare.
Il Parco dei personaggi letterari inventato da Primo Levi trova un parziale registro anagrafico in una grande opera della Utet, il Dizionario dei personaggi letterari, in tre volumi, curata da Franco Marenco. Anche lo stesso Primo Levi si merita ovviamente una voce, come protagonista di Se questo è un uomo e della Tregua. Alla pagina 1128-1129 del secondo volume convive con il Leviatano, crudele e ironico destino.
L´elenco alfabetico impone le convivenze che Levi aveva invece inventato. E viene naturale allora domandarsi come faranno Philip Marlowe e Miss Marple a chiacchierare con il terzo incomodo che li divide nel lemmario, Efisio Maronzu (protagonista di Canne al vento). O inseguire le bizzarre declinazioni dell´onomastica letteraria Dante, Dantès, Danton.
A proposito di elenco alfabetico, il sistema nome-e-cognome si alterna al sistema cognome-e-nome, il che è indifferente solo nel caso di Humbert Humbert. Così abbiamo Ingravallo, Ciccio; Gautier, Marguerite; Buddenbrook, Thomas; ma Emilio Brentani, Zeno Cosini e Eugénie Grandet. Naturalmente l´eventuale voce "Marturano, Filumena" parrebbe strana. Nei casi dei personaggi letterari, il nome è il nucleo originario della loro esistenza. Nomi che a volte sono diventati nomi comuni e parole, come nel caso di Creso o di Narciso. Nomi talvolta "parlanti", come quello di Baldus o come quello della fantastica strafalcionista Malaprop (dalla commedia I rivali del settecentesco Sheridan) che ha dato vita anche al vocabolo malapropism. Nomi senza nome (il Narratore, l´Innominato). Nomi reticenti, Josef K. e il pynchoniano V. Nomi esotici, come gli Abhymanyu e i Duryodhana del Mahabharata. I nomi dei latino-americani e quelli dei romanzi cortesi, i russi e i barocchi, Prufrock e Pinocchio.
A ogni lemma corrisponde una voce che, nello stile dell´opera che ha fatto da modello e palinsesto di questa (il Dizionario dei capolavori, Utet, 1987), insegue il personaggio nelle sue varie reincarnazioni letterarie, teatrali, musicali, cinematografiche, televisive, dopo averne tratteggiato il carattere e il destino. Non proprio voci di enciclopedia, ma più di cinquemila microsaggi che finiscono per tratteggiare la storia di quell´espediente della fantasia umana che è il personaggio letterario.
Persona-non persona, sangue d´inchiostro, identità bidimensionale eppure esemplare, il personaggio è un ripostiglio di identificazioni e mitologie possibili a disposizione di un lettore, più o meno colto, più o meno trasognato. Attraverso la griglia alfabetica del dizionario di Marenco si passa dai personaggi "pieni" a quelli "vuoti". E´ una linea di tendenza, poiché per forza di cose il Novecento - specie quello che absit iniuria si dice "tardo" - vi è molto poco rappresentato. Anche l´Italia piange: il criterio è quello di un solo personaggio per autore. Un solo personaggio da Aldo Busi (però è l´indimenticabile e profetico Celestino Lometto, dal suo libro forse maggiore Vita standard di un venditore provvisorio di collant), uno solo da Gianni Celati, uno solo da Giuseppe Pontiggia (il Professore del Giocatore invisibile), mentre nella generazione recente sono rappresentati Baricco col suo Novecento e la Tamaro di Va´ dove ti porta il cuore. La scelta è lasciata ai bestsellers, la cui rappresentatività è attestata dal mercato: sui valori letterari è presto per giudicare: infatti c´è Montalbano e c´è - in una scheda appassionata e per niente snob - Harry Potter.
Fuori di Italia non c´è DeLillo, non c´è McEwan e neanche Stephen King, c´è il Portnoy di Philip Roth (ma è ben lontano da Semiramide), un solo Kundera, niente Amis o Houellebecq...
Non lo si dice per il frusto giochetto del "chi c´è" e del "chi non c´è": un´opera del genere non è la pagina della cultura di un giornale, che deve dare un campione dell´esistente la cui rappresentatività sia anche quantitativa. Qui si scommette sulla durata dei fenomeni e allora, casomai, stupisce che, a fronte di Montalbano (Camilleri), non ci siano Guglielmo o Adso per Umberto Eco. In termini di prospettiva questo potrebbe nuocere al dizionario, ma sono chiaramente questioni di dettaglio. Il dizionario porta il lettore ad affacciarsi sugli scenari del contemporaneo da un terrazzino novecentesco: il panorama che si scorge mostra il risvolto letterario della più generale dissoluzione del soggetto, ma non è ancora materia da enciclopedia. Oggi il mito si è svuotato, l´identificazione è negativa e in absentia e non è il caso di decidere in merito a opere su cui il tempo non ha ancora emesso le sue necessarie sentenze. E poi un dizionario del personaggio della tarda e della post-modernità dovrebbe certamente tenere conto dell´allargamento dei canali di passaggio della narrazione, e dovrebbe contemplare Snaporaz e Dylan Dog, la Laura Palmer di Twin Peaks e probabilmente anche la Lara Croft dei videogame.
Un´opera del genere è dunque utilissima, ma richiederebbe il complemento di un´opera speculare: occorrerebbe rovesciare la clessidra e partire dall´erosione attuale, per risalire a ritroso.
Nel Parco immaginato da Primo Levi ci sono personaggi senza volto, sfuggenti e silenziosi: sono i personaggi "mal riusciti", la cui permanenza nel Parco è assai limitata nel tempo. Forse la loro assenza dal dizionario Utet è ciò che meglio rappresenta la letteratura contemporanea, il suo connaturale anonimato. 
Stefano Bartezzaghi
 
 

Il Sole 24 Ore, 8.6.2003
Articolo in cui Salvatore Silvano Nigro, a seguito delle dichiarazioni di Gianfranco Miccichè del mese precedente, definisce Camilleri "un untore, manzonianamente".
 
 

La Sicilia, 9.6.2003
A giorni l'inaugurazione
Si attende l'arrivo di Camilleri per installare in città le nuove targhe Porto Empedocle-Vigata

PORTO EMPEDOCLE -  Sono finalmente arrivate le tabelle stradali sulle quali campeggia la scritta «Porto Empedocle Vigata». A prenderle in consegna dalla ditta di Caserta che le ha realizzate su commissione, sono stati Andrea e Luigi Gangarossa, rispettivamente padre figlio, titolari di un'azienda specializzata nell'effettuazioni di lavori stradali. Nel magazzino di Via Lincoln, Andrea Gangarossa ha sistemato i cartelli con tanta cura, conscio del valore non solo economico delle «preziose» indicazioni viarie. Si tratta di 4 cartelli catarinfrangenti di colore bianco, all'estremità dei quali sono raffigurati il simbolo di Porto Empedocle e quello dell'Europa Unita. In mezzo, sullo sfondo bianco, campeggia la grande scritta Porto Empedocle, con sotto quella più piccola «Vigata», per richiamare la città immaginaria creata dalla fantasia dello scrittore Andrea Camilleri. Ancora più giù, alla base della tabella è raffigurata la dicitura «comune a prevalente economia turistica».
In tutto, sono 4 i cartelli stradali che verranno piazzati, probabilmente già nelle prossime ore, all'altezza degli ingressi principali della cittadina marinara. Nelle intenzioni dell'amministrazione comunale però, ci sarebbe in animo di inaugurare le nuove tabelle alla presenza del papà del commissario Montalbano, atteso nella sua Vigata la prossima settimana. 
Su queste 4 tabelle stradali Porto Empedocle punta molto in vista di un rilancio in termini di attrazione turistica, sfruttando l'effetto trainanto del successo di Andrea Camilleri.
F.D.M.
 
 

Il Manifesto, 10.6.2003
Epifani: «Votiamo sì per i diritti»
La Cgil lancia l'ultima settimana di campagna per il referendum sull'estensione dell'articolo 18: «La vittoria del sì si inscrive nella strategia del sindacato ed è in continuità con le lotte dell'anno scorso». Epifani propone due ore di sciopero contro il maxidecreto che precarizza il lavoro. Sostegno da parte dell'Arci e di Gino Strada

ROMA. Un sì sulla strada delle riforme. Chi vota sì il 15 e 16 giugno prossimo inverte la rotta, si oppone al disastro verso cui il governo Berlusconi sta portando il paese. La Cgil, compatta con i suoi quadri e delegati, forte del legame intessuto negli ultimi due anni con associazioni come l'Arci e i movimenti per la pace, dalla Fiera di Roma lancia l'ultima settimana di campagna per il referendum, ricordando che il voto di domenica e lunedì prossimi non è affatto la fine, ma una tappa importante verso un modello di società alternativo a quello che stanno disegnando governo e Confindustria, con la complicità in molti casi di Cisl e Uil. E dopo l'ultimo attacco dell'esecutivo, inferto con il maxidecreto che punta a precarizzare milioni di lavoratori, la mobilitazione non è più rinviabile: «Ora che la riforma Biagi si appresta ad essere attuata il referendum sull'articolo 18 è ancora più necessario - dice il segretario generale Cgil Guglielmo Epifani - E' un referendum che la Cgil non ha promosso, ma dato che estende un diritto, la vittoria del sì può certamente rafforzare il cammino delle riforme per estendere i diritti a tutti i lavoratori. Vittoria del sì, che impedirebbe anche qualsiasi manomissione dell'articolo 18 per chi lo ha già». Tra le adesioni al sì, anche quelle di Gino Strada, Andrea Camilleri, Don Luigi Ciotti, Moni Ovadia, e giuslavoristi come Alleva e Ghezzi.
[...]
Antonio Sciotto
 
 

l'Unità, 11.6.2003
Cofferati e Camilleri sul «giro di boa di Montalbano»: un anticorpo politico

Il commissario Montalbano, con il suo recente “giro di Boa” fa discutere. S’è visto anche venerdì sera, 6 giugno, quando, al teatro Piccolo Eliseo di Roma, dinanzi a una platea affollata, per circa due ore, Andrea Camilleri, (scrittore e “creatore” del personaggio Montalbano) Sergio Cofferati e Claudio Giardullo (segretario generale Silp-Cgil), hanno parlato del famoso commissario e della sua ultima vicenda.
L'incontro pubblico, promosso dal Silp-Cgil (Sindacato lavoratori di Polizia) e dalla Fondazione Di Vittorio e moderato dal giornalista de «l'Unità» Enrico Fierro, si è dimostrato un’importante e piacevole occasione per affrontare, trasversalmente, temi e questioni dell’attualità politica. E non solo. È bastato prendere spunto dalle riflessioni di Montalbano, dal modo in cui questo personaggio guarda al G8 di Genova per cominciare a chiedersi quanto le accuse mosse da alcuni esponenti del governo (in particolare il viceministro dell’economia Gianfranco Micciché) fossero fondate. Si può leggere questo “giro di boa”, questa specie di crisi personale e professionale del commissario come un attacco alle forze dell’ordine, come una scelta narrativa dal fine strumentale e politico contro il governo? In realtà basterebbe leggere, senza prevenzioni, le pagine del libro, (edito da Sellerio) i dialoghi fra Montalbano e Augello per capire che le cose non stanno affatto così, anzi. Come ha spiegato l’autore, parlando della sua amicizia con i poliziotti e dei discorsi fatti con questi su alcune vicende come quella della Uno Bianca o, appunto del G8, ciò che sta all’origine della “nottata di Montalbano” è «l’odore di sofferenza avvertito fra i poliziotti offesi da quanto accaduto, da certi fatti», ha spiegato Camilleri. «Se ho colto alcuni aspetti - ha detto lo scrittore – è perché li ho visti nelle loro facce. Come quando un maresciallo dei carabinieri, dopo i fatti di Genova, mi disse “dottore abbiamo perso tutti”. Montalbano non poteva non notare queste cose, lui è un uomo di buon senso».
Lo stupore, dunque, è nel registrare il moto d’indignazione che questo libro avrebbe suscitato e anche nel prendere atto, con amarezza, che alcuni lettori hanno chiesto perché Montalbano si occupasse di politica. «Forse – ha commentato l’autore – si vuole una letteratura digestiva, la mia già lo è, ma non può trasformarsi in bicarbonato». Del resto, fin dal primo romanzo era evidente che le storie di Montalbano fossero connotate dai forti tratti politici e sociali. «In un articolo Giuliano Ferrara ha parlato di schiaffo, sberleffo – ha notato Camilleri – ma non c’è niente di tutto questo, e poi mi chiedo chi è il vero amico? Quello che lascia perseverare nell’errore o quello che ti dice che stai sbagliando?». E parlando di avversari ha detto lo scrittore che fra poco compirà 78 anni, «se vogliamo parlare di Micciché che devo dire? Fa onore avere degli avversari che considero come tali ma con chi mi chiama “assassino” quando io non ne ho centrato nemmeno uno… che dire?». Ironie a parte, il punto comunque rimane quello dell’attenzione a certi avvenimenti, del campanello d’allarme rispetto a quanto accaduto a Genova, ma anche a Napoli, e allo scollamento provocato, in quelle circostanze, tra società civile e forze dell’ordine. E ben venga se il libro contribuisce a sollevare o risollevare questo problema, che non può essere messo a tacere.
Problema su cui il giornalista dell’Unità ha richiamato più volte l’attenzione dei presenti, chiedendo come fosse potuto accadere quello che poi è successo a Genova e cosa da allora era cambiato. Di fronte a queste domande, secondo Giardullo, «non può essere lasciata in secondo piano la dimensione politica della questione»: ciò che va considerato è quello che era, (ed è ancora, probabilmente), l’obiettivo politico del governo, ovvero: cambiare il modello dell’ordine pubblico. Passare da un modello preventivo a quello repressivo. «Accanto al cambiamento del modello – ha precisato il segretario Silp Cgil - si è cercato di delegittimare la piazza, ci sono stati degli errori strategici e soprattutto minacce alle forze di polizia che hanno prodotto una miscela esplosiva, su cui ancora c’è da discutere, ma ha fatto sì che pochi potessero imbrattare la divisa di molti». Altro aspetto fondamentale della questione è, però, anche quello messo in evidenza da Sergio Cofferati: l’informazione, la propaganda mediatica che, con grande anticipo crearono un clima negativo, di estrema tensione. «Il rischio dell’incidente non era più una probabilità, ma nell’immaginario collettivo era diventato attraverso l’ossessiva campagna di intimidazione, una certezza. E le ragioni – ha precisato Cofferati - erano quelle già dette, l’idea di alterare l’ordine pubblico».
Fortunatamente, è stato sottolineato, c’è stata una tenuta del tessuto democratico e si è riusciti a ricostruire un rapporto con la società civile che sembrava lacerato drammaticamente. La prova c’è stata nella manifestazione di Firenze ma anche in tutte le manifestazioni successive, fino a quelle più recenti, dove si è visto che le forme del pacifismo sono le uniche forme con cui la società civile vuole manifestare. Parole queste che insieme a un lungo applauso, hanno accompagnato l’auspicio che il lavoro di Camilleri sia un esempio, un monito a fare «cultura non estraniandosi dal mondo, dalla società civile, ma addentrandosi nel proprio tempo».
Potrebbe essere proprio questo modo di guardare e raccontare la realtà, un valido anticorpo al “ nuovo fascismo” di cui parlava Sciascia (citato da Camilleri); un anticorpo necessario come quelli prodotti dal dialogo tra società civile e forze dell’ordine, e dalla formazione, ha ricordato Giardullo, di queste, organizzata e seguita non solo dall’esecutivo ma da commissioni parlamentari specifiche. Oltre il fascino e il piacere letterario, allora, anche in veste di “anticorpo” ci si augura che Montalbano, dopo il “giro di Boa”, continui la sua avventurosa vita di commissario. Il pubblico e gli intervenuti al dibattito sono d’accordo. Applausi.
t.f.
 
 

RaiNews24, 12.6.2003

Stamattina alle 6:15 è andata in onda un'intervista al Sommo, durante la quale ha letto la famosa ricetta degli arancini di riso, ha parlato della lingua siciliana come lingua del cuore vs. l'italiano come lingua della razionalità e della figura di Salvo Montalbano come specchio del padre.
Forse è possibile scovarla nell'archivio del sito di RaiNews24.
Marina
 
 

Gazzetta del Sud, 12.6.2003
Modica. Le dichiarazioni del vice ministro Miccichè
Il “caso” Camilleri blocca il Consiglio

MODICA – Montalbano e Camilleri fanno litigare centrodestra e centrosinistra. Il consiglio comunale boccia la proposta censura del centrosinistra al viceministro Gianfranco Miccichè e approva invece, con i voti della maggioranza, un ordine del giorno che mette in risalto la necessità di promuovere ancora di più l'immagine del territorio ibleo grazie alla serie del commissario Montalbano. Di ben altro tono l'ordine del giorno del centrosinistra che mirava a stigmatizzare l'atteggiamento assunto da Miccichè nel corso di una sua recente visita in provincia e nel corso della quale l'esponente forzista aveva criticato l'enfasi verso la serie televisiva del commissario Montalbano e chiuso le porte del ministero agli amministratori dell'Ulivo. Per il centrosinistra questi atteggiamenti andavano censurati ma la maggioranza ha sottolineato come Miccichè abbia parlato solo da uomo di partito e, soprattutto, in una occasione non ufficiale.
[...]
Duccio Gennaro
 
 

La Sicilia, 12.6.2003
Palazzo di citta'
Condono fiscale, in Consiglio approvato il regolamento

Ragusa. Seduta consiliare caratterizzata soprattutto dall'approvazione del regolamento sul condono fiscale.
[...]
E' seguita una discussione su un recente intervento fatto in campagna elettorale a Ragusa dal viceministro Gianfranco Miccichè e riguardante il personaggio dei testi di Andrea Camilleri. Respinto l'ordine del giorno proposto dall'opposizione, mentre il Centrodestra ne ha approvato uno suo.
Gi. Bu.
 
 

La Repubblica, ed. di Palermo, 13.6.2003
La lingua dei padri
Slang, dialetti e neologismi così parla l´italiano del Duemila
Tramonta la cultura contadina e Bossi ripropone il "lumbard" in chiave ideologica
L´immagine ha soppiantato le parole. E con il piercing i giovani comunicano
Alla facoltà di Lettere il preside Ruffino apre un convegno che vedrà fra gli altri l´intervento di Umberto Eco

La lingua italiana è un pentolone dentro il quale bolle di tutto: l´immagine, tanto carnale quanto efficace, è del preside della facoltà di Lettere Giovanni Ruffino, organizzatore delle due giornate di studio. Di tutto cosa? Termini stranieri, contorsionismi dialettali, idiomi giovanili, abbreviazioni mutuate dai codici informatici, elaborazioni specialistiche, traduzione in parole di nuove esperienze tecnico-sociali, appiattimenti incipienti, tormentoni televisivi, banalizzazioni letterarie. E qualche impennata inventiva. Tutto in movimento, come atomi che si dimenano e si compattano senza fermarsi mai. E questa evoluzione, non lineare ma intrecciata, viene resa evidente dal manifesto, istoriato da quindici volti, che annuncia il convegno: da don Milani a Sordi, da Mike Bongiorno e da Bossi ai giovani trasformati dal piercing e ai messaggini via telefono cellulare.
La lingua precede e segue i cambiamenti sociali. E quando la società si appiattisce la segue nel torpore. «Non bisogna avere paura delle contaminazioni, interne ed esterne - dice Ruffino - più una lingua si trasforma più è viva. Gli atteggiamenti protezionisti sono deleteri e producono effetti devastanti. Basti ricordare le ridicolaggini del fascismo per averne la prova. Nessun argine può reggere alla piena dirompente della lingua».
Ecco ora alcune considerazioni preliminari, che poi saranno i temi del dibattito tra gli studiosi e gli esperti: Eco, De Mauro, Riotta, Tranfaglia, Laterza, Lo Piparo, Nino Buttitta, Bartezzaghi, Goilino, nomi pesanti del mondo culturale. Primo, uno studio statistico dimostra che mentre fino a pochi anni fa il patrimonio linguistico di una persona media era di tremila parole, oggi, nonostante la scuola di massa e i profondi cambiamenti che hanno investito il mondo, è ridotto della metà.
Secondo, la centralità del linguaggio si è spostata dalla parola all´immagine: gli oggetti e i colori hanno surclassato la bocca nel campo della comunicazione. Terzo, il contenitore è diventato più importante del contenuto (quanto conta in un tg la sostanza delle notizie e quanto la, edulcorata o esasperata, messa in scena di esse?). Quarto, la televisione che in una prima fase ha avuto il merito di essere lo strumento unificante della lingua nazionale, ora ne è diventata l´estintore che la spegne. Quinto, non basta acquisire i termini di una lingua: per comunicare compiutamente è indispensabile impossessarsi del codice psichico di chi quella lingua parla; ad esempio, l´espressione "mani pulite" letteralmente significa una cosa, ma nell´immaginario collettivo un´altra. Sesto, il dialetto, talora ideologizzato, oscilla tra l´anacronistico arroccamento localistico e la resistenza all´imperante globalizzazione. Settimo, il monoculturalismo ha finito con lo sclerotizzare i vari poli periferici, che un tempo erano centri attivi di elaborazioni della cultura orale; l´universo contadino, per fare un esempio, una volta egemone, fucina di innovazioni linguistiche, è ormai afasico, senza parola, perché è irrilevante il suo peso economico.
Ottavo, la potenza militare e finanziaria si irradia su tutti i segmenti della vita: prima erano spagnoli, inglesi, olandesi e francesi a veicolare commerci e lingue, oggi sono gli Usa. «Il predominio linguistico - sintetizza Ruffino - è la conseguenza di altre forme di dominio». Ieri, oggi e domani.
Che fare per garantire la rivitalizzazione della lingua in questi tempi di appiattimento? «Le semplificazioni sono accompagnate da complicazioni - dice Ruffino - È in questo scenario che bisogna affrontare l´affascinante sfida sulla lingua, sul suo presente e sul suo futuro. E la via della salvezza non sta in valorizzazioni locali, come fa Bossi, con ridicole proposte di grammatiche dialettali; né restando passivi ad assistere che la televisione trasformi l´Italia in un immenso Grande fratello; né tantomeno ribellandosi all´insinuarsi dei nuovi forestierismi. Il dialetto è stato un elemento fondamentale per rinvigorire l´italiano. Pasolini, Buttitta, Gadda. D´Arrigo, Sciascia, Camilleri, Morante, hanno dato una grossa spinta verso il rinnovamento del linguaggio. Non solo letterario».
Il preside propone la sua ricetta per la quadratura del cerchio: «L´equilibrio tra lingua madre, dialetti, slang giovanili, neologismi stranieri, codici tecnici, si deve cercare partendo dal basso, cominciando a formare una classe docente nei licei e nelle università, in grado di spiegare ai giovani i meccanismi della trasmissione linguistica e della sua continua elaborazione. La scuola, nella sua ultima deriva, ha purtroppo intrapreso la via dell´involuzione in questo campo: basti pensare alla totale disattenzione nei confronti dei nuovi soggetti stranieri che, in questa società multietnica, entrano sempre più numerosi nelle nostre aule».
Lo studioso vede nella televisione il pericolo maggiore: «Smarrita sulla via degli ascolti la funzione unificante, la televisione, pubblica o privata cambia poco, ormai trascina sempre più, anche sul piano linguistico, il paese verso il basso». Il piercing tanto vituperato, per il docente è una rispettabile forma di linguaggio, attraverso cui i giovani comunicano emozioni e disagi. «Il piercing ha quasi mille anni - dice - Nel 1200 è "entrato" con i normanni nell´Inghilterra del Sud e nella Sicilia occidentale. Oggi ce lo troviamo ovunque. È davvero affascinante vedere come le parole camminano nel tempo e nello spazio».
Senza la parola saremmo devitalizzati, ridotti a niente. In "Cento anni di solitudine" di Gabriel Garcia Marquez gli abitanti di Macondo, angosciati da una progressiva perdita della memoria, scrivono su ogni oggetto il nome per evitare di dimenticarlo. Senza il nome nulla esiste, infatti, niente si può comunicare agli altri. Provare con un semplice giochino mentale per credere. Scrive il poeta Ignazio Buttitta «un popolo è povero e servo senza la lingua dei padri. È perduto per sempre». Ma anche una lingua che si fossilizza in memoria dei padri è destinata ad agonizzare. Per sempre.
Tano Gullo
 
 

Il Mattino, 13.6.2003
Appuntamenti

È nato l’«Osservatorio bambini e media», e la Campania è la prima regione italiana a sperimentare il progetto che ha come scopo quello di far conoscere ai ragazzi di età compresa tra i 6 e i 18 anni le risorse dei mezzi di comunicazione. L’Osservatorio, costituito dalla fondazione Banco di Napoli, insegnerà dunque ad utilizzare in modo critico questi strumenti, cercando di formare, tra le nuove generazioni, degli utenti attivi. Ad alcuni intellettuali italiani come Umberto Eco, Giuseppe Tornatore, Antonio Ghirelli ed Andrea Camilleri il vicepresidente vicario della Fondazione, Raffaele Picardi, ha inviato una lettera «perché collaborino alla redazione di un Manifesto sulle responsabilità dei media e su come migliorare il rapporto con i ragazzi». «Dalla Campania - ha spiegato Picardi - l’Osservatorio si estenderà a tutto il Paese».
[...]
 
 

Il Tempo, 14.6.2003
Cinquemila personaggi, andando in ordine alfabetico da Abbondio a Zivago, ...

... ma, è chiaro, risalendo anche molto indietro nel tempo ad altri eroi della letteratura mondiale, per raccontare tutto sommato noi stessi, se vogliamo per riscoprire secolo dopo secolo le costanti dell'animo umano. Sul piano strettamente stilistico si direbbe che il progredire dell'arte dello scrivere sia rimasto sostanzialmene fedele ad una regola fondamentale, quella di rendere interessante (accattivante , intrigante, appassionante) un personaggio grazie a quel semplice accorgimento strutturale che lo sottrae per un po' alla vista del pubblico per farglielo ritrovare poi , poco o tanto rinnovato, vivificato dalla provvidenziale uscita di scena. Un gioco di luci e di ombre che nel romanzo, epico o romantico che sia, ha sempre avuto successo.
Quanto al carattere invece le mutazioni sono state e rimangono parecchie da un secolo all'altro, con un aspetto in particolare che concerne il nostro tempo: l'insicurezza di cui danno prova gli eroi della letteratura contemporanea. Sì, è la ricerca di un ubi consistam, nel secolo breve delle due guerre che ha cancellato tutte le certezze. ma anche negli ultimi vent’anni, quando caduto il Muro, anche le contrapposizioni ideologiche sono andate in frantumi. Per fare solamente alcuni esempi, dal dottor Zivago di Pasternak al piccolo Oskar Matzerath di Günter Grass, via va fino al commssario Montalbano di Camilleri, e così continuando quasi all'infinito.
Sono alcune fra le constatazioni che vengono in mente dopo una prima visione dell'opera ponderosa, meritoria, fondamentale della Utet, che in tre tomi di qualcosa come 2210 pagine (euro 309.00), intitolati: «Dizionario dei personaggi letterari» (una sorta di seguito del precedente «Dizionario dei capolavori») ha raccolto la piu straordinaria galleria di ritratti che tutti insieme compongono il panorama letterario mondiale; personaggi storici, fantastici, immaginari, di letterature antiche ed esotiche, eroi mitologici, epici, biblici. Incontriamo così Amleto, Desdemona, Emma Bovary e il citato Zivago, ma anche il Gatto con gli stivali, Pippi Calzelunghe e la Fata Turchina, Alessandro il Grande e Alessandro Nevski, Genghiz Khan, Cleopatra e Napoleone accanto a Robinson Crusoe, Noè, il capitano Nemo e Ulisse, e poi Siva, Zeus, Odino, fino a personaggi senza nome (Il Narratore, Il Lettore, L'Analfabeta, Lo Sconosciuto, Lo Straniero, o L'uomo invisibile).
Alle diverse voci hanno collaborato 216 specialisti, coordinati per aree geo-culturali da Adriano Boscaro, Oscar Botto, Daniela De Agostini, Marino Freschi, Mario Materassi, Irma Piovano, Giovanna Spendel, Gabriella Uluhogian (più una introduzione di Franco Marenco).
Una cavalcata fuor di dubbio affascinant, dal più lontano passato fino ai nostri giorni, quando nel tirare le somme si finisce col capire che è la mancanza di più precisi punti di riferimento (sopra parlavamo di insicurezza) l'aspetto maggiore dell'uomo (o del personaggio) contemporaneo. E per chiarire meglio quale sia l'attualità di noi stessi bisogna dunque citare «L'uomo senza qualità» di Musil, «Ulisse» di Joyce, il commissario Ingravallo di Gadda, avviluppato nei meandri della vita, Drogo di Buzzati, in attesa metafisica nel «Deserto dei Tartari», naturalmente in versione meno alta ma con quel dubbio siciliano che ha fatto audience Camilleri con Montalbano.
Zivago di Pasternak non sa reagire altro che in termini di personale disperazione al dramma della guerra civile che imperversa in Russia; l’Oskar Matzerath di Günter Grass, il bambino de «Il tamburo di latta» che si rifiuta di crescere, e smette realmente di farlo all'età di tre anni, che nell'etica si comporta come una banderuola esposta al vento, che nella politica non si riconosce in nessuna causa, che diffida della giustizia e dell'ordine pubblico dopo essere sfuggito alla punizione dei delitti di cui si accusa, laddove finisce in un manicomio criminale per ciò che non ha commesso.
Può piacere o no che in tale modo stiano le cose; ma è un fatto che l'uomo d'oggi non sfugge troppo a una tale catalogazione. Di conseguenza un uomo (un personaggio) se non tutto in buona parte da ricostruire.
Raffaello Uboldi
 
 

L'Eco di Bergamo, 15.6.2003
Cofferati si ferma a Bologna. Per ora

Ma come? Si ferma a Bologna la lunga marcia di Sergio Cofferati? Da via Caldarese, sede dell'Ulivo bolognese, al quartier generale dei Ds di via Nazionale a Roma, ci sono ancora 371 chilometri. Eppure è ormai ufficiale: il Cinese sfiderà il coriaceo sindaco della Casa delle libertà Giorgio Guazzaloca nelle elezioni di primavera del 2004.
[...]
Certo pochi potevano prevedere che l'inequivocabile successo cofferatiano accumulato nella manifestazione del 23 marzo 2002 al Circo Massimo, quell'oceano di bandiere rosse che manifestavano sull'articolo 18, sgorgasse in questa candidatura. Quando Sabrina Ferrilli in mezzo a tre milioni di manifestanti definì Sergio «il Totti della sinistra», Camilleri assicurò che «Montalbano è Cofferatiano» e Nanni Moretti disse di sognare un ticket Cofferati-Prodi alla guida dell'Ulivo.
[...]
Francesco Anfossi
 
 

La Sicilia, 15.6.2003
Porto Empedocle
La mastodontica «Minerva 2» ha fatto scalo nella giornata di ieri

Trecento turisti britannici invece dei clandestini. Una maxi nave da crociera al posto delle carrette del mare. Sulla banchina del porto empedoclino, ieri mattina, si sono viste facce molto più allegre, rispetto a quelle segnate dalla sofferenza dei giorni scorsi.
Alle sette in punto, infatti, dalla «Minerva 2» è sceso un folto gruppo di attempati villeggianti diretti in visita alla Valle dei Templi, con in programma anche una veloce capatina in quel di Vigata, ad ammirare i luoghi di Andrea Camilleri.
[...]
Qualcuno non ha voluto perdere il piacere di andare a visitare i luoghi raccontati da Andrea Camilleri nelle sue opere.
[...]
Francesco Di Mare
 
 

Il Messaggero, 16.6.2003
I premi intitolati al regista teatino
Majano tra amarcord e fiction
Da Ghini a Camilleri, da Goggi a De Carmine, da Chevalier a Bobulova

Tre giorni di manifestazioni nel nome di Anton Giulio Majano, il padre dello sceneggiato televisivo italiano. Il Teatro Marrucino ha ospitato convegni e proiezioni in occasione della seconda edizione del premio nazionale intitolato al grande regista di origini teatine. Sabato sera la serata finale con le premiazioni in un teatro affollato nonostante la calda serata. Ma a riscaldare il cuore dei presenti alcuni personaggi che hanno fatto la storia della televisione italiana. E non per nulla la giuria, presieduta dal maestro Ugo Gregoretti (che ha brillantemente anche condotto la serata) e composta da Giorgio Arlorio, Aurelio Bigi, Oreste De Fornari ed Emilio Ravel, oltre ai protagonisti dell’ultima stagione televisiva, ha voluto consegnare premi speciali alla carriera. Particolarmente commosso Renato De Carmine, interprete del primo romanzo sceneggiato di Anton Giulio Majano ”Piccole donne”: un grande attore sia di teatro che di televisione, anche se non ha avuto altrettanto fortuna al cinema. Un peccato davvero, anche se De Carmine ci ha regalato interpretazioni indimenticabili.
Un tuffo nel passato e per molti sabato sera una sorpresa col premio speciale assegnato al «più memorabile enfant prodige» dello sceneggiato italiano, Roberto Chevalier interprete di David Copperfield, sempre di Majano. Infine terzo premio speciale a Bianca Maria D’Amato, inteprete della serie ”Il Commissario Montalbano”.
Un premio alla carriera, «per l’alto contributo artistico dato in molti sceneggiati televisivi» di Majano, per Loretta Goggi, prima di diventare una star del varietà televisivo. Tanti applausi per lei, che ha voluto deliziare il pubblico del Marrucino con una esuberante e divertente esibizione.
Come miglior protagonista femminile premiata Barbara Bobulova, per lo sceneggiato ”La Cittadella” (Rai1); protagonista femminile sempre per la Cittadella premiato Massimo Ghini. Come autore del Commissario Montalbano premiato Andrea Camilleri, mentre Alberto Sironi ha ricevuto il premio per la miglior trasposizione televisiva. Infine miglior regista Giacomo Campiotti per ”Zivago” (Canale5).
 
 

La Nuova Ferrara, 17.6.2003
Solidarietà
Leo Gullotta al Borgatti di Cento

CENTO. Sarà una eccezionale anteprima nazionale quella che vedrà, lunedì 23 giugno alle ore 21.15, al Teatro Borgatti di Cento, l'esibizione dell'attore Leo Gullotta, accompagnato dall'Ensemble di musica siciliana antica Al Qantarah. Titolo del percorso poetico-musicale è "Lapilli. Voci e suoni da un'isola", percorso che attraverserà la produzione letteraria siciliana a partire da Federico II e Cielo D'Alcamo, passando per Tommasi di Lampedusa per arrivare ai contemporanei Ignazio Buttitta e Andrea Camilleri. L'ingresso, ad inviti, andrà a favore dell'Ospedale domiciliare oncologico. Per informazioni e prevendita chiamare l'associazione a Ferrara al numero 0532-201819.
 
 

Gazzetta di Reggio, 18.6.2003
Dieci anni per «La Luba»
Festa per la compagnia teatrale di Guastalla

GUASTALLA. Compie dieci anni di vita la compagnia teatrale «La Luba», nata nel 1993 all'interno dell'istituto Russell di Guastalla: in quell'occasione fu scelto, per la messa in scena, il copione di Eugene Ionesco «La cantatrice calva». Da allora il gruppo si è misurato con varie tipologie di autori: il teatro inglese di Shakespeare, quello tedesco di Kleist, senza dimenticare commediografi francesi o statunitensi.
Per l'occasione i ragazzi del gruppo hanno scelto di rappresentare per la prima volta un'opera italiana: si è trattato de «La scomparsa di Patò», romanzo epistolare di Andrea Camilleri, adattato a commedia, per la regia di Fabrizio Salsi (scene di Maddalena Letari ed organizzazione di Evelina Ferrari).
La difficoltà maggiore è stata rappresentata dal dialetto siciliano, in cui il testo è stato recitato: insegnanti e studenti di origine siciliana sono stati di grande aiuto agli attori per imparare la pronuncia corrette.
E' stato messo in scena il caso del rag. Antonio Patò, onesto funzionario di banca scomparso dopo aver recitato la parte di Giuda nella rappresentazione del Venerdì Santo. I rappresentanti delle forze dell'ordine devono cercare di risolvere il caso, tra le pressioni nemmeno troppo discrete delle autorità, che vogliono evitare scandali, e le più diverse supposizioni della gente del posto o di eccentrici visitatori.
Si arriva, alla fine, ad una conclusione differente dalla verità, ma che accontenta tutti i personaggi.
Gabriele Maestri
 
 

La Libre Belgique, 19.6.2003
HISTORIQUE
Il était un roi à Agrigente
Dans une langue explosive, Camilleri recrée les splendeurs du XVIIIe siècle sicilien
Le Roi Zosimo, Andrea Camilleri, traduit de l’italien par Dominique Vittoz, préfacé par Mario Fusco, Fayard, 373 pp., env. 20 euros

Et-il possible que vous ayez résisté à la «camilleromania», cette ferveur italienne qui déferle sur l'Europe depuis quelques années et met au goût du jour la Sicile, dans tous ses particularismes? Il faut reconnaître qu'Andrea Camilleri frappe fort. Il y a d'abord la série du commissaire Salvo Montalbano, un fin limier plein d'humour, passionné par la littérature et la bonne chère et qui mène subtilement l'enquête du côté de Vigàta, une petite ville qui est la transposition littéraire de Port Empedocle, près d'Agrigente, où l'écrivain est né en 1925 - citons deux titres de prédilection: «Chien de faïence» et «L'Opéra de Vigàta». Il y a également les récits ou chroniques inspirés de l'histoire de son île, comme «Un massacre oublié», ou «Indulgences à la carte». C'est à cette veine qu'appartient «Le Roi Zosimo», un extraordinaire roman historique qui met en scène un épisode peu connu du passé de Girgenti (l'ancien nom d'Agrigente).
DÉFI RELEVÉ
En 1718, alors que pèse lourdement sur l'île des dieux la domination espagnole, un jeune paysan fomente une révolte et se fait proclamer roi après avoir neutralisé la garnison piémontaise (les jeux politiques avaient, en effet, fait basculer entre-temps la Sicile sous la tutelle du roi de Savoie). Il s'oppose à la noblesse et entreprend de réorganiser le pouvoir politique, le temps de donner consistance à quelques beaux rêves utopiques où le peuple pourrait survivre plus dignement. Il conçoit ainsi de nouvelles lois qu'il grave sur l'écorce dénudée du sorbier de son jardin... Mais la jacquerie sera de courte durée et le vaillant réformateur finira à la potence.
Retracer l'existence de cet inconnu au destin exceptionnel était un beau défi, que Camilleri relève merveilleusement. Il reconstitue avec jubilation un XVIIIe siècle sicilien fort contrasté. Tout y est: les saveurs, les goûts, les paysages, les traditions, les couleurs, les jeux des enfants, les souffrances quotidiennes des paysans, l'orgueil de la noblesse, les diableries et les visions, les mots rares pour désigner des réalités oubliées... Ainsi pour dire, dès sa protohistoire, Zosimo, ce personnage vraiment hors du commun, l'écrivain ne recule devant aucun artifice littéraire, et en joue avec un sens inouï de la parodie: cela va de la verve des nouvelles médiévales au rythme frénétique des épopées néoclassiques, en passant par l'aspect édifiant des textes hagiographiques ou le sérieux des chroniques attentives aux moindres particularismes du temps et l'exprimant dans une langue riche et multiple.
RÉJOUISSANCE LINGUISTIQUE
Car bien sûr on retrouve ici cette fameuse langue de Camilleri, à nulle autre pareille: un subtil mélange d'italien et de sicilien, avec, ici, - vérité historique oblige - quelques tirades en espagnol (je vous recommande particulièrement les effusions érotiques de l'épouse du vice-roi). La traductrice, Dominique Vittoz, a choisi un parler composite fait d'ancien français, de dialecte franco-provençal et de bribes d'espagnol. On lit d'abord très lentement ce texte étrange dont on n'est pas sûr de saisir toutes les nuances. Et puis, grâce au glossaire aimablement proposé en fin de volume, grâce aux échos de patois d'enfance ou aux restes de grammaire comparée des langues romanes et puis, surtout, grâce à la virtuosité du récit, on est emporté dans une jouissance linguistique rare.
Marie-France Renard
 
 

Gazzetta del Sud, 19.6.2003
Nostro sondaggio tra gli studenti: sette su 10 sconoscono autori viventi (tranne Camilleri e Follet) e i pochi che leggono quotidiani preferiscono quelli sportivi
Credono di superare la solitudine tuffandosi in Internet

Fatta eccezione per i testi scolastici, i giovani studenti leggono pochissimi libri, per lo più i classici consigliati dagli insegnanti. Sette su dieci ragazzi intervistati sconoscono le opere degli scrittori viventi, ad eccezione di Camilleri e Follet.
[...]
Clelia Tomaselli
 
 

La Sicilia, 21.6.2003
Effetto «Montalbano»
«Finanziamo il commissario»

Scicli. La Rai non ha i soldi per pagare la produzione della fiction del commissario Montalbano? I Comuni della provincia di Ragusa creino un consorzio per contribuire a finanziare la realizzazione della nuova serie. E' il senso della proposta che il consigliere provinciale dell'Udc, Orazio Ragusa, ha rivolto al presidente dell'ente di viale del Fante, Franco Antoci. Una conferenza di servizio tra tutti i Comuni della provincia per portare avanti una posizione comune nei confronti dei vertici della Rai,che non ha ancora chiuso l'accordo con la Palomar di Carlo degli Esposti, per finanziare la produzione della nuova serie del telefilm, che ha raggiunto punte anche di nove milioni di telespettatori, sia nelle prime visioni che nelle repliche. Per il consigliere provinciale la strada da percorrere è questa. E delle polemiche innescate da Gianfranco Miccichè, che ha definito uno «scrittore prezzolato dalla sinistra» Andrea Camilleri? Il capogruppo consiliare dell'Udc non lo dice, ma è chiara la sua distanza. Insomma, che sia vera l'ipotesi che l'accordo tra Rai e Palomar sia saltato per problemi di natura economica o che sotto ci siano problemi di etichetta politica, Orazio Ragusa ritiene che i motivi della Rai siano «poco convincenti». L'idea è chiara: se i problemi che stanno alla base del mancato rinnovo del contratto alla Palomar sono di natura economica, una parte della spesa potrebbero caricarsela a questo punto i comuni della provincia iblea, sgomberando così il campo dalle insinuazioni di carattere politico.
G. S.
 
 

Corriere della sera, cronaca di Roma, 21.6.2003
Quarantamila innamorati delle lettere
Bilancio positivo del festival degli scrittori a Massenzio. «Diventerà un appuntamento fisso»

L'anno scorso, si era detto, erano stati «più o meno quarantamila». Ma il dato era approssimativo. Quest'anno invece, sempre con l'ingresso gratuito, ma con i biglietti staccati uno ad uno, il numero è ufficiale ed è stato possibile registrarlo con una certa precisone: quarantamila effettivi, fra romani e turisti, hanno assistito alle serate del Festival delle Letterature, manifestazione organizzata per il secondo anno consecutivo dal Comune, che ha portato sul palco della Basilica di Massenzio «una parte del meglio della letteratura mondiale», come l'ha definita ieri il sindaco Veltroni in sede di bilancio finale. Da Pennac a Camilleri (entrambi nettamente in testa nella hit parade delle presenze) un fiume ininterrotto di persone ha assistito in religioso silenzio ai «reading» letterari senza «dibattito» che per un mese esatto hanno animato l'imponente scenografia archeologica. Una formula che si è rivelata vincente, e che ha visto gli autori, sul palco, impegnati a leggere un testo inedito sul tema «passato-futuro», con l'accompagnamento di attori e musicisti di professione. «Visto il successo il Festival continuerà - ha annunciato ieri il sindaco Veltroni - e diventerà un appuntamento permanente».
[…]
Un pubblico giovane soprattutto, in gran parte tra i venti e i trent'anni, notato in particolare durante la serata con protagonista lo scrittore italo-americano Don DeLillo, che nella classifica delle presenze ha fatto registrare il terzo «pienone» (3.900 biglietti), tallonato dal «reading» inaugurale del 21 maggio, tutto al femminile, con Doris Lessing e Valeria Moriconi. Al secondo posto, il duo Andrea Camilleri-Luca Zingaretti, volto del Montalbano televisivo, al quale hanno assistito 4.500 persone: 2.500 sedute, duemila in piedi o accovacciate sulla ghiaia, e chissà quante altre rimaste fuori per un tutto esaurito che ieri sera si è ripetuto per Auster, ultimo a «leggersi» in questo Festival 2003 di via dei Fori Imperiali, che ha visto anche la partecipazione di Jonathan Lethem, Jeffrey Eugenides, Susan Sontag, Alice Sebold, Irina Denezhkina, Dacia Maraini, Paco Ignacio Taibo II e Hanif Kureishi.
 
 

Il Messaggero, 21.6.2003
Undici serate, 40.000 presenze Veltroni: «Parole come emozioni»

[…]
Picco di presenze e di giovani, quindi, specie in due serate, il 27 maggio per Andrea Camilleri e il 5 giugno per Daniel Pennac: 5.000 a testa. «Ha dell’incredibile. La gente ha sfondato i cancelli per vedere Pennac», spiega la curatrice artistica del Festival e direttrice della Casa delle Letterature, Maria Ida Gaeta. «Per Camilleri, le file erano iniziate già dal pomeriggio. Molti sono stati costretti a vederlo sul grande schermo, davanti al Colosseo».
[…]
Claudia Rocco
 
 

L'Unione sarda, 21.6.2003
Presentato a Tempio l’ultimo romanzo di un autore siciliano che ha analogie stilistiche con i giallisti sardi
La mafia “indagata” da un thriller coraggioso
Allegoria e poetica nel “Soffio della valanga” del biologo Santo Piazzese

Il commissario di polizia Vittorio Spotorno è costretto da un duplice omicidio a riepilogare la sua vita. Uno dei due picciotti crivellati in una 127 azzurra è Rosario, suo compagno d’infanzia. A Palermo, città amara teatro della vicenda dentro al quale Spotorno è costretto a muoversi per mestiere e anche per una sorta di amore d’appartenenza sarà la Dama Bianca, inquietante figura di donna che il commissario segue con intuito prepotente, a portare Spotorno alla soluzione di un intrigo, denso di morti ammazzati e di colpi di scena, che non sembrava quello che era.
Questo, a maglie larghe, il canovaccio dal quale si sviluppa Il soffio della valanga, nuovo romanzo del biologo palermitano Santo Piazzese (edito da Sellerio per cui ha anche scritto I delitti di Medina-Sindona e La doppia vita di M. Laurent). Durante la recente presentazione a Tempio organizzata dalla libreria “Max 88” Piazzese ha spiegato di avere abbandonato La Marca, investigatore protagonista degli altri romanzi, e di aver adottato Spotorno, un vero commissario istituzionale, perché questo ha il preciso dovere di lottare, coraggiosamente, contro una mafia più attenta di un tempo, meno chiassosa ma non per questo meno temibile. E anche il libro è coraggioso. Entra nel connettivo delicato dell’ambiente mafioso con l’arma del giallo, un genere letterario che molti considerano letteratura umile, nel senso di semplice, da vita vissuta. Umile, dice Marcello Fois, che di bei gialli ne sa costruire, ma non genuflessa. Ecco, Il soffio della valanga è un libro coraggioso per questa umiltà non genuflessa.
Ci troviamo di fronte a un giallo diverso da quelli che si leggono in questo momento: come quelli dei nostri grandi già consacrati, Giulio Angioni e Marcello Fois (in Sardegna c’è un’autentica fioritura di gialli di prim’ordine), di Diego De Silva, di Massimo Carlotto. Diverso anche dai romanzi di Camilleri che ha avuto il grande merito di sdoganare il giallo regionale, se così possiamo chiamarlo. Molto presente, nel libro di Piazzese, è invece la lezione di Sciascia; se non altro per la constatazione quasi distaccata della realtà-mafia con la quale si deve convivere, come con l’Etna e la siccità. Diverso, ma con qualcosa di forte in comune con i romanzi degli altri autori citati: l’ancoraggio alla terra d’origine, sindrome benefica alla quale tutti si sentono legati.
Ma è anche un libro poetico. E allegorico. Un’allegoria riassunta dal titolo. La parola (usata nella sua integrità dialettale solo quando, al confronto con la lingua, si presenta più pregnante e definita) scorre fluida nell’ordito narrativo, libero dalle virgolette del discorso diretto, uscendo dai suoi margini, come la lava e la valanga, e garantendo un soffio nuovo che investe anche il lettore costretto a restare fuori dalla treccia della corrente. E questo che cos’è se non la metafora della vita?
Franco Fresi
 
 

Gazzetta del Sud, 22.6.2003
Fiction su Togliatti Mussolini e Nenni

Cannes
[…]
Quanto al futuro del commissario Montalbano, Saccà ha ricordato che «il 24 giugno il cda della Rai dovrebbe approvare l'accordo quadro con Carlo Degli Esposti, che prevede la realizzazione di altri quattro film con Montalbano e di due romanzi storici di Camilleri, "La concessione del telefono" e "Il re di Girgenti"». L'accordo contempla anche l'acquisto al 50% dei diritti di tutti i racconti di Camilleri. Nota Saccà: «Il turismo svedese e norvegese si è sestuplicato in Sicilia grazie a Montalbano».
[…]
 
 

Il Messaggero, 22.6.2003
Una fiction su Nenni, Togliatti e Mussolini

Cannes
[…]
Un altro progetto di fiction che vedremo probabilmente il prossimo anno è legato a Capri e prenderà il nome dell’isola di cui racconta la storia. Saccà è convinto che, come già per Montalbano, questa linea di prodotti aiuti lo sviluppo del sistema paese. Le fiction Rai sono infatti vendute all’estero e legarle a luoghi italiani può aiutare, e non poco, il turismo. D’altra parte è vero che, per legarsi al commissario di Camilleri, un paese ha perfino cambiato nome.
Al. Gu.
 
 

Il Mattino di Padova, 22.6.2003
Valentino Lago

La compagnia Patavina di prosa Valentino Lago di Padova, con lo spettacolo «Mentre i treni passavano», di Barbara Ammanati, è tra le cinque finaliste del Premio Città di Vigata (la città immaginaria del Commissario Montalbano), che si svolgerà dal 7 al 13 luglio prossimo a Porto Empedocle. Presidente della giuria del festival è Andrea Camilleri, noto scrittore ma soprattutto per oltre quarant'anni regista, autore teatrale e sceneggiatore televisivo, oltre che docente dell'Accademia di arte drammatica di Roma; vicepresidente Fioretta Mari. La compagnia padovana si esibirà venerdì 11 luglio.
 
 

Stilos, 24.6.2003
Considerazioni e dubbi sulla serialità di un personaggio come Salvo Montalbano
Un personaggio in cerca di Faulkner
Anticipazione del saggio Gli scrittori sognano pecore di carta?, in uscita ai primi di Luglio sul 3° numero di NAE,
rivista di Cagliari

Anziché riecheggiare una volta di più i modelli di riferimento che la critica - me compresa - ha evidenziato principalmente finora, vale a dire Maigret e Pepe Carvalho, le circostanze e gli ambienti in cui Montalbano opera negli ultimi narrativi sembrano avere un diverso passo che ci conduce più lontano, ad ambienti morbosi ed asfissianti propri di un altro profondo Sud, quello degli Stati Uniti. Più precisamente al Mississippi della prima metà del Novecento narrato da Faulkner e che Camilleri omaggia ne L'odore della notte: uno stato dell'Unione i cui abitanti, con misero orgoglio d'un tempo che fu, non ancora dimentichi della bruciante sconfitta della guerra di secessione e anzi pervicacemente abbarbicati al ricordo di tradizioni leggendarie, drammaticamente negano l'evidenza dello sfacelo e l'inevitabilità delle trasformazioni della società che pure già li scuote.
Le somiglianze del commissario siciliano con i noti detective europei sono lapalissiane e più volte ci si è soffermato lo stesso autore, dai rapporti con i Simenon televisivi al tributo dichiarato a Vazquez Montalban fin dal nome scelto per il protagonista delle sue storie. Altrove ho cercato di sottolineare gli espliciti debiti letterari di Camilleri nei confronti di altri Maestri della letteratura che è riduttivo chiamare siciliana, Pirandello e Sciascia. Viceversa, aldilà dell'analogia del nome inventato che maschera il toponimo reale, tra Vigàta, nella provincia di Montelusa, e Jefferson, capoluogo inesistente dell'immaginaria contea di Yoknapatawptha di tanti narrativi di Faulkner, la contiguità è sicuramente più sottile e sfumata. Le affinità di Camilleri con la scrittura di Faulkner si ricavano non tanto da riferimenti concreti, quanto dal tipo di atmosfere, di sensazioni, di cadenze del racconto, di respiro narrativo, nonché da qualche notazione stilistica non dissimile: il frequente ricorso all'indiretto libero, il linguaggio talvolta colloquiale con bruschi passaggi ad altri registri linguistici dovuti al cambio di focalizzazione. Inoltre, uno degli interpreti principali del claustrofobico universo faulkneriano, Gavin Stevens, "paladino designato della giustizia, del vero e del bene", si trova ad agire in un contesto degradato e asfittico, alle prese con delinquenti per destino, piuttosto che per scelta; con famiglie disgregate il cui unico legame è costituito dall'orgoglio, dall'odio e dall'avidità; con cupe figure di profittatori che hanno premeditato rancorosamente e a lungo i loro delitti. Impressioni che si possono in qualche modo ricavare da alcuni dei narrativi di Montalbano, specie in taluni racconti: si pensi all'adolescente plagiato autore di una strage di Un diario del '43, alla laida figura dello stupratore di Catarella risolve un caso, al parricida senza scrupoli di Stiamo parlando di miliardi, all'uxoricida per procura di Il gatto e il cardellino, alla nipote assassina di Ferito a morte.
Faulkner (come poi Camilleri) offre una minuziosa raffigurazione fisica di tanti personaggi, talvolta persino del loro abbigliamento, mentre di Stevens (come di Montalbano) non abbiamo un ritratto effettivo: si sa che è un uomo di vaste letture di una cinquantina d'anni (negli anni Quaranta), celibe, che fuma la pipa, gioca a scacchi e cerca di portare avanti un'interminabile traduzione della Bibbia dal greco antico. È un investigatore dilettante - fa l'avvocato - ma ha il dono dell'intuizione, che narcisisticamente non condivide con nessuno, il pallino dell'indagine solitaria che conduce completando un puzzle mentale i cui pezzi trovano sempre la loro corretta destinazione. Talvolta aspetta che l'indiziato compia un errore o lo induce con l'inganno a tradirsi, ovvero lascia che la pietà abbia il sopravvento sull'affermazione della verità: "A me interessa la verità innanzitutto", diceva lo sceriffo. "Anche a me", ribatteva lo zio Gavin. "È così rara. Ma mi premono di più la giustizia e gli esseri umani".
Certo le indagini di Stevens, come del resto quelle di Montalbano, sono quanto di più lontano dal romanzo poliziesco d'azione, sfuggono dalle classificazioni e dalle griglie interpretative e mettono in subbuglio i critici tanto avversati da Camilleri, i quali tendono a inserire ogni libro nel "suo bravo recintino debitamente palettato": l'inchiesta è solo un pretesto per tratteggiare una terra desolata e depressa, soffocata dalla calura e dalle convenzioni, votata alla rovina, in cui traluce dei padri la fiera virtù ed è radicata la mitizzazione del passato, ma in cui non c'è la forza, né la volontà, nemmeno forse la dignità e la purezza necessarie per risorgere. Sicuramente la visione di Camilleri riguardo alla sua Sicilia non è così tragica, ma la sfiducia nei confronti del genere umano è palpabile fin da La gita a Tindari, quando Montalbano comincia a dare i primi segni di nausea nei confronti del suo mestiere, che lo costringe a rapportarsi con situazioni e personaggi sordidi, privi di qualunque remora. Quando ritrova i cadaveri martoriati degli anziani coniugi Griffo il pur esperto commissario ha una vertigine, barcolla, fugge via ad immergere la testa in un mucchio d'alghe per riprendere a respirare, giacché solo l'odore di mare può decontaminarlo da tanto raccapriccio; così come Gavin Stevens, allontanandosi da un carcere saturo di corruzione ed ingiustizia, "era contento di quel caldo, disse; contento di sudare, e di espellere insieme al sudore il sapore e l'odore del luogo che aveva appena lasciato". Frase che anche Montalbano potrebbe benissimo pronunciare.
Nessuna identità di tempo, di luogo, di mestiere fra i due personaggi, quindi; li unisce solo una vaga rassomiglianza biografica - l'età, lo stato civile - e caratteriale - l'istinto della caccia, la passione per la lettura e per le elucubrazioni solitarie. Ma hanno in comune anche la stessa compassionevole pietà, unita a una certa tendenza alla noncuranza, se non al disprezzo, per le procedure dello Stato di cui pure sono servitori; e una sorta di disincantato, ironico cinismo misto alla consapevolezza dell'orrore nei confronti dei sentimenti alterati che albergano nei propri simili e ne muovono l'agire. Condividono emozioni e percezioni simili in contesti differenti, il deep South e la Sicilia della malavita organizzata, con lo stesso coraggio azzardato e disarmato di chi basa il proprio comportamento su principi che non riescono a stare al passo con i tempi.
Simona Demontis
 
 

La Sicilia, 24.6.2003
Avanguardia. Cambia l'immagine della nostra terra grazie alla nuova visione del contradditorio culturale mediterraneo

Un incantevole tramonto, il mare, le spiagge, il sole, ma pure la siccità e i tanti problemi che tormentano, da un tempo interminabile, la sua popolazione. Questa è Agrigento con i suoi spigoli, le sue contraddizioni, i paradossi, il fatalismo, le incertezze e, nel contempo, il fascino che attrae i visitatori ammirati, che spinge i suoi più sensibili figli a «cantarne» pregi e difetti espressi con rabbia, forza, dolore che si mescolano o lasciano il posto all'amore filiale, alla devozione e al rispetto per la propria terra. Qui una travolgente passione per lo scrivere è madre di saggi, romanzi, novelle, drammi e poesie. Qui città reali o immaginarie, Girgenti, Regalpetra, Vigata sono l'ambientazione ideale in cui vivono personaggi altrettanto fittizzi ma così veri come la gente di Sicilia, figlia dell'antica colonizzazione, della dominazione, del mal governo e di una cultura multirazziale che non ha pari al mondo. «Siciliani gente d'ingegno acuto e sospetto, nata per le controversie» diceva Cicerone circa duemila anni fa quando Roma ne fece una colonia e aprì la via alla depredazione dei beni naturali e non della Sicilia.
Oggi «Montalbano sono!» è l'esclamazione più ricorrente che richiama l'attenzione dei lettori e dei telespettatori e che diffonde un'immagine nuova e fresca della Sicilia. E' questa la visione che il resto del mondo ha dei siciliani, ed in particolare degli agrigentini, attraverso i nostri scrittori che, volenti o nolenti, diventano veicolo di idee, concetti e talora preconcetti sulla nostra gente e sulla nostra terra?
Da Pirandello a Camilleri, dall'Unità d'Italia alla globalizzazione, qualcosa è cambiato. Il siciliano statico, si è mosso, si affaccia sul mondo e non lo guarda soltanto, ne è attore spesso protagonista. Certo bisogna operare una distinzione alla Camilleri.
Bisogna stabilire se siamo siciliani di scoglio o siciliani di mare aperto. Non più se siamo mafiosi o meno. Forse non è necessario nemmeno stabilire cosa gli altri pensano di noi quanto quello che noi riteniamo di essere o siamo. E' questo il sostanziale invito che ci rivolgono i nostri scrittori che meglio e più di altri ci osservano e conoscono, con la passione che li distingue e, infine, ci rappresentano.
Chi li legge avverte il sentimento forte che li lega alla nostra terra ed ai suoi abitanti attraverso i loro personaggi. Oggi il popolo dei vacanzieri italiani o stranieri viene a trascorrere le vacanze in Sicilia con uno spirito diverso che rivolge l'attenzione alle bellezze naturali archeologiche e ai luoghi di Montalbano. Cosa è realmente cambiato?
Giusy Galvano
 
 

Corriere della sera, 24.6.2003
DISCUSSIONI. Etichette e letteratura
Ma l’avventura

Con una certa sorpresa, sull’aereo che dall’Italia mi porta nelle Asturie, scopro di essere l’oggetto delle attenzioni del Secolo d’Italia, almeno per quanto riguarda i miei intendimenti letterari - nessun accenno all’estremismo delle mie dichiarazioni - cui si sono aggiunte, il giorno successivo, quelle di Matteo Collura in una nota sul Corriere della Sera (19 giugno), che a parte il definirmi «anarcoide irregolare» (e perché non «anarchico regolare»? Giuro che scrivo tutti i giorni e non cambio idea così frequentemente), sembra avvalorare la mia ossessione per il ritorno alle passioni nel romanzo. Non mi rende felice essere preso a pretesto per una polemica sullo stato della letteratura italiana e ancor meno per una discussione alla quale non sono in grado di partecipare, perché non leggo in italiano e non posso far altro che seguire le opere di alcuni vostri connazionali (pochi, per sfortuna) attraverso le traduzioni in spagnolo. E, comunque, non sono disposto a intraprendere crociate in maniera astratta contro «l’ombelichismo» o il minimalismo. Non si può criticare la letteratura per quello che «dovrebbe essere» ed è una perdita di tempo cercare di togliere ossigeno a chi scrive. Alla fine, ci saranno sempre altri lettori per altri scrittori. E pretendere che quello che uno desidera leggere e quello che uno desidera scrivere sia l’obbligatorio, il necessario e il politicamente corretto, non è solo un atto delirante di mancanza di umiltà, ma è anche parte della stupidità di non riconoscere la bellezza della differenza e la necessità di un’offerta molteplice. Come lettore, non rinuncio per questo a desiderare, nel nostro oscuro e imperialista inizio di millennio, romanzi dominati dalle passioni, gloriosamente ricchi di aneddoti fortemente storicizzati con personaggi che ancora si tagliano le vene per amore, che siano pieni di trucchi narrativi e di strizzatine d’occhio e che mi sconcertino e mi catturino. Chiedo alla letteratura una riflessione sociale che oggi il giornalismo non sembra in grado di fare, un contributo alla mia educazione che l’educazione ufficiale non offre e una componente utopica che il pensiero politico dei giorni nostri non riesce a darci.
Per i cacciatori di scrittori e gli inventori di etichette dirò che come lettore sono favorevole a un nuovo romanzo di avventura ispirato a un realismo lievemente kafkiano, dotato di senso dell’umorismo e di una buona dose di sperimentazione letteraria. Questo è quello che mi piace leggere. E curiosamente alcune volte l’ho trovato (tutto o in parte) in autori non solo latinoamericani, ma anche italiani come Sciascia e Calvino e lo ritrovo in altri italiani come l’Eco de Il nome della rosa, l’amico Lucarelli de L’isola dell’angelo caduto, Andrea Camilleri, Laura Grimaldi, i Wu Ming, l’Evangelisti delle cronache fantastiche o Bruno Arpaia de L’angelo della storia.
Se questo è quello che cerco da lettore, è anche quello cui aspiro con un esito che dovranno stabilire i miei lettori e non io, da scrittore, e tento di evitare come peste bubbonica il semplicismo aneddotico del bestseller e lo sperimentalismo vano dei perseguitori della monarchia letteraria.
Riguardo alle mie inclinazioni politiche desidero dire a Matteo Collura che non sono «uno scrittore assimilato alla sinistra, anche se tendenzialmente anarchica», ma un antifascista dichiarato e un sostenitore pienamente convinto della Prima Internazionale, prima della frattura fra libertari e statalisti (anche se ammetto di subire profondamente il fascino di Sandokan, Sciascia, Dashiell Hammett, Santana e Robin Hood).
Paco Ignacio Taibo II
 
 

Daily Media (quotidiano del settore marketing, non in edicola), 25.6.2003
RAI
Il CdA apre a Santoro, nuove fiction su "Montalbano"

Seduta intensa ieri per il consiglio di amministrazione della Rai, che ha affrontato la questione di Michele Santoro, ma anche altri argomenti.
[...]
Il CdA di Viale Mazzini si e', quindi, occupato di fiction, decidendo di dare il via libera alla realizzazione di quattro film tv su "Montalbano": due tratti da due romanzi storici di Andrea Camilleri.
L'accordo prevede anche l'acquisizione al 50% dei diritti su tutti i racconti di Camilleri non ancora portati sul video.
[...]
 
 

Gazzetta del Sud, 25.6.2003
“Veto” di Ciampi al DDL Gasparri, il ministro smentisce
Schiarita sul caso Santoro, accertamenti su Giorgino. Gruber forse va via
Cda Rai, cambiano le regole?

[...]
Inoltre il Cda di Viale Mazzini si è occupato di fiction. Ha deciso di dare il via libera alla realizzazione di quattro film tv su Montalbano: due tratti da due romanzi storici di Camilleri, che sono «Il re di Girgenti» e l'altro da scegliere tra «La concessione del telefono» e «Il birraio di Preston». L'accordo prevede anche l'acquisizione al 50% dei diritti su tutti i racconti di Andrea Camilleri non ancora portati sul video.
[...]
Elena G. Polidori
 
 

Corriere della sera, 25.6.2003
Dopo la sentenza del giudice favorevole al conduttore e il ricorso dell’azienda 
Rai, disgelo con Santoro «Ci presenti 3 proposte»
Ieri l’offerta del Cda, soddisfatta la Annunziata

[...]
Infine è stato approvato un piano per la realizzazione di 4 nuovi film su Montalbano (altra decisione di sapore politico, visto che si era aperta una polemica sull’«antiberlusconismo» dello scrittore Andrea Camilleri e sullo slittamento di alcune puntate della fiction). 
P. Co.
 
 

Il Messaggero, 25.6.2003
Dopo Cannes
Cda Rai, proposte a Gruber e Santoro
Annunziata: «Lilli deve restare». Chiesti 3 progetti al conduttore di Sciuscià. Giorgino a rischio censura

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Infine, una buona notizia per gli amanti della fiction e della letteratura italiana contemporanea: la Rai ha un’opzione per tradurre in immagini i prossimi quattro romanzi di Camilleri.
Alberto Guarnieri
 
 

L'Express, 27.6.2003
Spécial été. Des pages pour la plage
Andrea Camilleri

Andrea Camilleri a deux casquettes. Sous la première s'illustre le très populaire commissaire Montalbano. Sous la seconde se trament des polars historiques qui se situent dans la Sicile du passé. C'est à cette veine qu'appartient Le Roi Zosimo. Nous sommes à Agrigente, au début du XVIIIe siècle, lorsque la populace affamée désarme les puissants, trucide quelques notables et nomme un nouveau roi aussi improvisé que fantasque, le paysan Michele Zosimo. Sur ces faits véridiques, l'écrivain transalpin brode un divertissement rabelaisien où se mêlent les dialectes locaux, le folklore, la féerie et la peinture d'une époque qui croyait encore aux miracils. Derrière l'éphémère Zosimo, c'est une Sicile assez délirante qui renaît, entre Sciascia, Boccace et Rocambole. Avec, en prime, une traduction française qui s'inspire du patois provençal pour restituer toute la truculence de la langue camilleresque. Savoureux!
André Clavel
Le Roi Zosimo, par Andrea Camilleri. Trad. de l'italien par Dominique Vittoz. Fayard, 385 p.
 
 

La Repubblica, ed. di Roma, 27.6.2003
Cortellesi, Gullotta e Camilleri per le serate teatral-musicali
Otto appuntamenti a Villa Pamphilj. Canti di mala storie di vita e "Cuore"

Suoni, parole, silenzi sul palco naturale di Villa Pamphilj. E´ ispirata al tema della comunicazione, verbale ma non solo, la XIII edizione de "I concerti nel parco", rassegna culturale curata e diretta da Teresa Azzaro. Otto appuntamenti, dal 4 al 26 luglio, nella scenica cornice di Villa Doria Pamphilj per incontrare tanti spettacoli fuori dalle righe che entrano e si slabbrano nella definizione di teatro colto, musicale, comico. E concerti. Ma andiamo per ordine. Il sipario si alza il 4 luglio su una prima assoluta dedicata a Lapilli, voci e suoni dall´isola. Un percorso poetico musicale per raccontare una Sicilia lontana dagli stereotipi, recitato da Leo Gullotta accompagnato in musica dall´Ensemble Al Qantharah, tra note siciliane antiche e prosa moderna firmata da Ignazio Buttitta e Andrea Camilleri (che sarà presente alla serata).
[...]
Geraldine Schwarz
 
 

La Stampa - Tutto Libri, 28.6.2003
La nostra pazzesca normalità

Negli ultimi anni è diventato di moda interrogarsi sulle possibilità future dell'intrattenimento elettronico. Ci si domanda che forme prenderà, se la massiccia diffusione di console abbia realmente creato un mass market. Se questo media, con budget da far rabbrividire produzioni cinematografiche come Il signore degli anelli, si debba considerare una nuova forma d'arte. Osservando l'andamento delle vendite, e la qualità dei prodotti, risulta chiaro che le software house rischiano sempre meno. Creare un videogame costa troppo. Un team di sviluppo occupa una media di cinquanta persone per un anno e mezzo, e neanche colossi come Sega, Capcom o Id si possono permettere errori. La fantasia, l'innovazione, la creatività, slegate dalle esigenze del marcato potranno essere gestite? Sull'insegnamento del cinema vedremo nascere piccole etichette indipendenti con grandi idee? Questi pensieri mi rimbalzano in testa come la vecchia pallina del "Pong", mentre guardo ammirata il bel disegno sulla copertina del cartone animato interattivo La voce del violino, disponibile per PC e Mac. IM*MEDIA, www.immediaonline.com, è arrivata alla sua terza avventura digitale per Sellerio e continua a non smentirsi. Difficile catalogare i suoi lavori, potremmo chiamarli cartoni animati interattivi, videogame d'artista o sorprendenti libri parlanti con cui giocare e perdersi. Forse la risposta si trova nella stessa Voce del violino, a svelarci l'arcano è la signora Clementina Vasile Cozzo. L'anziana maestra narra la storia d'Edipo, poi rivolgendosi a Montalbano dice: "Cosa significa libro giallo, romanzo poliziesco? Non mi sono mai piaciute le etichette". La voce del violino è estranea agli schemi di gioco ed editoriali. È una scommessa che Antonio Sellerio sta portando avanti con IM*MEDIA. Un azzardo curato maniacalmente nel doppiaggio, nella fedeltà al testo dell'autore, nelle atmosfere e nei colori dei disegni. Se pensate sia bastato il testo di Camilleri per determinare il risultato vi sbagliate. Un'opera d'intrattenimento elettronico non ha i tempi della lettura, l'interattività, il coinvolgimento del lettore-giocatore, devono andare a braccetto con la trama, e in questo caso anche i menù di gioco possono essere importanti. Il futuro dell'intrattenimento elettronico è legato alle idee, l'informatica e i bit&byte sono uno strumento da dominare per dare una forma alla visione. Se tutto il commissariato di Vigata pensava che Catarella non capisse "Una beata minchia di informaticcia", Sellerio e IM*MEDIA questo binomio l'hanno compreso benissimo.
AlessandraC.@kinakuta.it
 
 

Sabato 28 e domenica 29 giugno 2003 il Touring Club Italiano organizza Ragusa e dintorni: l'itinerario di Montalbano
Nella provincia del barocco, un percorso da Punta Secca a Scoglitti tra borghi costieri, spiagge, paesaggi suggestivi, testimonianze umane dalla preistoria ai giorni nostri. Visita di Ragusa Ibla, Modica, Scicli e del castello di Donnafugata. Con i consoli di Palermo. Tel. +39.091.6262816, cell. +39.336.798289.
 
 

La Repubblica, 28.6.2003
I requisiti storici di un genere popolare
Viaggio nel cuore del giallo
Anche il narratore può essere l´assassino come dimostrò una volta Agatha Christie
Sciascia è stato un maestro nel recuperare grandi polizieschi dimenticati
Anticipiamo una parte della "lectio magistralis" su "Grandezza e decadenza del romanzo giallo" che terrà a Bari lunedì alle 18 nell´Aula Aldo Moro della Facoltà di Giurisprudenza, in occasione della laurea honoris causa in Lingue e Letterature Straniere che l´Università di Bari gli ha conferito.

La casa editrice Sellerio, che ha approfittato, finché visse, della profonda competenza in materia di Leonardo Sciascia, all´origine di riscoperte di grandi gialli come Due rampe per l´abisso di Rex Stout o La fine è nota di Geoffrey Holiday Hall, ha tenuto fede al suo insegnamento pubblicando spesso romanzi gialli di maggiore o minor valore, riscoprendo figure dimenticate come Friedrich Glauser e aprendo la strada del successo a Andrea Camilleri. L´ultima infornata di gialli Sellerio è particolarmente adatta a delineare una breve storia del genere, che sembra avere trionfato su ogni altra forma narrativa, anche filmica o televisiva. In quanto esiste un «plot», una trama narrativa, questa trama è ormai gialla anche se ciò non è espressamente indicato. Basta aprire la tv per accorgersene. Sicché titoli come «Nel segno del giallo» hanno scarso senso, se non per antifrasi: in effetti la maggior parte dei film di questa rubrica televisiva non sono affatto gialli, bensì hanno come protagonista uno psicopatico che è l´opposto di quello del giallo, essendo incapace di intendere e di volere.
Un esempio della confusione dei linguaggi oggi imperante: si chiama giallo ciò che giallo non è, «lucus a non lucendo». Enunciamo qui brevemente il giallo come l´intendiamo noi: 1), l´assassino deve essere capace di intendere e di volere; egli può essere coadiuvato da una intera organizzazione ma quando agisce agisce individualmente; 2), egli viene individuato da vari indizi coordinati da un detective che non fa necessariamente parte della polizia, spesso ne ironizza i metodi e generalmente non è sposato; 3), questo detective si piazza all´interno della logica del delinquente, che finisce per intendere pienamente. In un romanzo di Edgar Wallace, Il quarto flagello, il delinquente che si appresta a sterminare tutti i londinesi e il detective che lo ferma sono addirittura fratelli, secondo la dicotomia buono/scellerato, per cui la possibilità di capire l´avversario è data a priori dalla consanguineità; 4), la difficoltà nell´appurare la verità è dovuta al fatto che si vive in una società omogenea, in cui chiunque può essere l´assassino (anche il narratore, come nel caso famoso di Agatha Christie, Dalle nove alle dieci (Why didn´t they ask Evans?), poiché alla fine della corsa c´è sempre l´«auri sacra fames», che in epoca capitalistica è propria di tutti.
Questa che possiamo chiamare «democrazia del giallo» e che ha finito per imperare dappertutto, poiché la morte è l´unica cosa che eguaglia «equo pede/pauperum tabernas/regumque turres» e l´unica che, cessate le differenze individuali, caratterizza la finitezza dell´individuo, si attua particolarmente bene in ambito ristretto, tra le zitelle che attorniano la Miss Marple della Christie a St. Mary´s Mead o nel villaggio di Cabot Cove in cui si svolgono le interminabili serie televisive della «Signora in giallo» o negli ambienti teatrali e cinematografici prediletti un po´ dappertutto nel giallo.
Fissate così le caratteristiche del genere nella sua «epoca classica» (che può continuare fino ai nostri giorni, vista la sua continuità e dilatazione), passiamo a esaminare le novità di Sellerio in ordine cronologico. Il primo volume che attira la nostra attenzione è il nº 510 della collana «La memoria», La follia dei Monkton di Wilkie Collins, che meglio di altri libri dello stesso autore pubblicati nella stessa collana è atto a esemplificare il faticoso processo per cui il romanzo giallo si stacca dal filone del romanzo tout court. Apparentemente si tratta di un´anticipazione del problema dello psicopatico oggi dilagante, per di più dovuto a una tabe ereditaria, ma mentre oggi gli psicopatici sono all´ordine del giorno e non turbano minimamente la democrazia del giallo, allora erano custoditi in robusti armadi vittoriani e non si esibivano volentieri. Sicché si capisce che il sodale e datore di lavoro di Collins, Charles Dickens, si rifiutasse di pubblicarlo nella rivista da lui diretta. Collins era suo amico, ma ancor più amici erano i suoi lettori, che allora non avrebbero gradito un tema così delicato.
Il mistero delle tre orchidee di Augusto De Angelis (n. 509 della stessa collana) corrisponde invece ai dettami del giallo classico. De Angelis (1888-1944) è il primo giallista italiano importante, ciò che non significa, come afferma il risvolto, che abbia «inventato il giallo all´italiana», ma semplicemente che ha ambientato in Italia, e in particolare a Milano, motivi e personaggi propri della narrativa anglosassone, così come Arnoldo Mondadori negli anni Trenta riprese dall´editore londinese Victor Gollancz la copertina gialla nella sua fortunata collana dei libri gialli, destinata a soppiantare con questa definizione coloristica il termine «romanzo poliziesco». Nell´ambientazione milanese, De Angelis - che era, si noti bene, romano di origine - avrà un degno continuatore in Giorgio Scerbanenco, di origine straniera e spesso ristampato da Garzanti. «All´italiana» sono tutt´al più le difficoltà che questi pionieri ebbero ad affrontare. Il regime fascista aveva scarsa simpatia per un genere fondato sull´assassinio che metteva in dubbio l´onnipotenza della polizia. Nel libro di De Angelis il detective è un commissario di polizia e i delinquenti vengono d´oltreoceano e hanno la determinazione di veri americani, mentre il commissario De Vincenzi è un intellettuale italiano amante della musica e delle belle arti. La scena è la casa di mode di Cristiana O´ Brian, sita in corso del Littorio (oggi corso Matteotti) al nº 14.(...) Ora sul letto della O´Brian si trova il cadavere di Valerio, losco individuo che fa da galoppino a madama O´Brian, con accanto un´orchidea che getta la predetta signora in un mare di disperazione. Ne apprenderemo le ragioni in seguito: la O´Brian è stata sposata a un farabutto internazionale di nome Moran che aveva l´abitudine di portarle un´orchidea ogni volta che ricompariva dopo aver perpetrato qualche misfatto. La donna era scappata a Milano perché non ne voleva più sapere del gangster, che evidentemente l´aveva scovata. E cosi è. Crediamo di essere in porto quando è il gangster che muore con la sua brava orchidea accanto. L´assassina sarà certo la ex moglie, colei che è collegata sin dall´inizio con i delitti, avendo trovato in camera sua il primo cadavere e la prima orchidea. Così fa finta di credere il commissario De Vincenzi, ma così non è.
Qui occorre inserire una parentesi sull´inverosimiglianza, un ingrediente del giallo che può esserci ma può anche non esserci, come in ogni opera di finzione, e che quindi non abbiano annoverato tra quelli indispensabili. Ma a guardar bene ogni giallo, appartenendo al genere del romanzo «autoriale», in cui l´autore fa e disfa a suo piacimento, contiene qualche inverosimiglianza, salvo qualche capolavoro della Christie. Ora è proprio contro la Christie e il suo famoso romanzo Assassinio sull´Orient Express, da cui è stato tratto anche un film, che si appuntano gli strali di Raymond Chandler, uno dei massimi rappresentanti del giallo americano hard boiled, in uno scritto teorico che è in qualche modo il manifesto della nuova scuola. Non staremo a difendere la verosimiglianza di questo romanzo perché non esiste. In un vagone del famoso treno si trovano riuniti un arcifarabutto che è riuscito sempre a farla franca grazie all´inefficienza della polizia e le sue vittime o i parenti di esse, che evidentemente hanno prenotato e riempito il vagone in cui si è peraltro insinuato un temibile ometto di nome Hercule Poirot. Uno dopo l´altro le vittime o i loro parenti immergono il coltello nel corpo del farabutto, che così risulta colpito da ben diciassette pugnalate (se ricordo bene). Anziché ammirare l´acume di Poirot, che riesce a dipanare la complicata matassa, Chandler da un punto di vista piattamente naturalistico si meraviglia dell´inverosimiglianza di un cadavere ottenuto «a fette». (...)
Con Un matrimonio d´amore di Dashiell Hammet (nº 508) passiamo nel regno del hard boiled, di cui Hammet è considerato il fondatore. (...) Basta un´apposizione per definire due caratteristiche essenziali del giallo «hard boiled» nei confronti di quello di tradizione inglese: l), è scritto assai meglio, tant´è vero che un mio collega, il germanista inglese S. S. Prawer, autore di uno studio su questo tipo di giallo, sospetta che il mio entusiasmo per la Christie e per il suo inglese quasi basico sia dovuto alla mia scarsa conoscenza di questa lingua; 2), il peso del racconto si sposta dal binomio assassino/vittima al detective e alla sua personalità. Nel racconto in questione il detective Rush è di una bruttezza senza pari, che ha bisogno di un´intera pagina per essere descritta. Tale bruttezza sarà antitetica alla bellezza dell´autore, il quale pare che fosse bellissimo e affascinante, certo più di Agatha Christie. Aveva lavorato presso l´agenzia Pinkerton e quindi conosceva bene i suoi colleghi, belli e brutti, e i delitti che perseguivano o che commettevano essi stessi. Infatti gli anni passati da Pinkerton erano serviti a persuaderlo dell´inesistenza di un discrimine tra buoni e cattivi, su cui era fondato il giallo tradizionale. Pagatemi abbastanza, e divento un killer, sicché sarà più facile trovare anime candide tra costoro che tra i benintenzionati. Il titolo italiano di questo racconto è ironico solo a metà. Henry Bangs è un farabutto in combutta con una donna di nome Madeline, entrambi ordiscono la morte di tale Falsoner e fanno in modo da attribuirla alla nipote Sara, unica erede di un mucchio di dollari, che Bangs aveva preventivamente sedotto e sposato. L´idea è che o Sara viene accusata di omicidio oppure il malloppo passa a lei, che prima o dopo sarà soppressa. Senonché Bangs ha imparato ad apprezzare le virtù di Sara ed è Madeline ad essere fatta fuori da lui.
Non c´è dubbio: questa storia è più «realistica» di qualsiasi romanzo della Christie, poiché non solo non esiste una netta divisione tra buoni e cattivi, sicché un killer può nutrire teneri sentimenti, ma il caso riprende il ruolo che aveva perduto. Non che il giallo classico fosse privo di elementi accidentali, anzi ne pullulava, ma essi avevano carattere «autoriale», erano un´invenzione dell´autore (esempio: la data d´arrivo del marito della padrona della casa di moda nel giallo delle tre orchidee), mentre qui hanno il ruolo che viene loro attribuito nella vita quotidiana, dove si può pensare di tutto salvo che il killer si innamori della vittima designata.
Cesare Cases
 
 

La Stampa, 29.6.2003
Andrea Camilleri legge l'ultimo libro di Francesco De Filippo: il giovane Pjota alla conquista di una nuova vita

L’Affondatore di gommoni, edito da Mondadori, è il secondo romanzo di Francesco De Filippo, napoletano classe 1960, giornalista dell’Ansa. Il primo, intitolato Una storia anche d’amore, era stato pubblicato da Rizzoli nel 2001: apriva la fortunata collana «Sintonie», dedicata a una letteratura italiana certamente non usuale, anzi tendente sostanzialmente alla «stralunatezza», vale a dire a una visione stravolta della realtà. E il protagonista di quel primo romanzo, Teodoro Faxa, e la città di fantasia (ma poi non tanta), Maciullina, dove la vicenda si svolgeva, parvero essere stati confezionati su misura proprio per gli intenti di quella collana, anche se ciò non era nelle intenzioni dell’autore e dell’editore.
A prima vista, i due romanzi di De Filippo possono apparire diversissimi tra di loro. Il primo è scritto tutto in terza persona, il secondo tutto in prima. Il primo romanzo è ambientato in un luogo immaginario, però non è difficile individuarvi Napoli (ma se l’autore preferisce darle un nome diverso avrà le sue buone ragioni), nel secondo romanzo i luoghi si chiamano col loro nome reale, Durazzo, Valona, Italia, Otranto, Napoli, Milano. Poi ci sono delle differenze apparenti che a ben vedere però non sono tali. Principale tra tutte, l’uso del tempo.
In Una storia anche d’amore il tempo, pur rigorosamente scandito («impiegò undici anni, quattro mesi e ventiquattro giorni per dirgli che lo amava»), è così dilatato narrativamente da arrivare a una sorta di atemporalità; per contro, il giovane protagonista albanese di L’Affondatore di gommoni, Pjota Barnovic, è completamente privo del senso del tempo. Dice di avere, all’inizio del romanzo, «sedici anni quasi diciassette», forse perché i suoi genitori glielo hanno detto, ma non sa distinguere se una cosa è accaduta l’anno avanti o trent’anni prima. Ma questo, dicono i suoi compatrioti, è dovuto al fatto che Pjota è un genio, sa tutto, ha letto tutto e quindi è naturale che alcune cose rimangano fuori dalla sua testa, non ci trovano più posto. Infatti Pjota ha letto fin da piccolo tutto quello che gli capitava tra le mani, anche in lingue straniere che ha imparato da autodidatta, pure in latino, e quando il padre ha scoperto questo suo «vizio» da perdigiorno i libri glieli ha bruciati, ma è stato inutile perché Pjota li ha mandati tutti a memoria. E ha continuato a raccogliere libri, a leggerli e a nasconderli in una grotta segreta. Ma è un genio anche per altre cose. «Conosco tutte le onde, i venti, la costa, le profondità, so navigare con le stelle ma preferisco la strumentazione di bordo, bussola, sonar, scandaglio, e so pilotare il gommone, il cabinato, il gozzo, il peschereccio e barche più grandi, entrobordo e fuoribordo e poi conosco i motori»... Così si autopresenta a un boss della malavita, Razy, che prima di prenderlo nella sua banda lo fa sottoporre a un crudele rito d’iniziazione, detto della «merda nera» (sono pagine atroci e felicissime). In breve Pjota conquista la fiducia di Razy. Che talvolta se lo porta a letto. Del resto, anche il padre e il fratello maggiore di Pjota hanno abusato di lui. Mi accorgo di usare un verbo sbagliato, abusare, perché Pjota non lo considera un abuso, ma un fatto naturale che può capitare, una faccenda virile, tra uomini. Del resto, in tutto il romanzo di De Filippo, non c’è mai una presa di posizione moralistica, l’autore si limita a raccontare fatti, semmai spetta al lettore trarre, se vuole, delle conclusioni. E non è merito da poco. Solo Pjota conosce le coordinate di un luogo segreto del mare, molto al largo, una secca sulla quale Razy gli farà affondare di volta in volta dei gommoni nei quali sono nascosti sacchetti ben sigillati di droga. Un enorme tesoro in fondo al mare. Sennonché, a ogni viaggio, Pjota riesce a risparmiare il carburante che gli viene dato, e che è appena bastevole per andare ad affondare il gommone e tornare: lo nasconde in tante tanichette che cala sopra un’altra secca poco distante. Perché Pjota non ha che un sogno: scappare in Italia. E in Italia infatti arriva, salvato in mare dai militari italiani, mentre Razy lo insegue intuendone il tradimento.
Qui finisce la prima parte del romanzo, il cosiddetto «diario di Pjota»: certamente la più suggestiva perché De Filippo riesce a rappresentare, con grande abilità narrativa, un mondo certo reale ma con tratti quasi favolistici, ancora governato da regole primitive e tribali, violento e spietato ma anche, a modo suo, generoso e aperto. Il rischio era che la seconda parte, quella che racconta la vita in Italia di Pjota, dovendo di necessità riferirsi a delle situazioni delle quali quotidianamente giornali e televisioni ci parlano, scadesse nell’andamento cronachistico. De Filippo evita brillantemente questo pericolo. Bastano a dimostrarlo le splendide pagine dell’arrivo di Pjota a Napoli. Pur nella narrazione di ogni possibile degrado sociale, prostituzione femminile e maschile, spaccio e perfino omicidio, il fascino del racconto consiste nel fatto che l’autore vede e ci fa vedere tutto attraverso lo sguardo incantato e persino incredibilmente ancora candido di Pjota. Nei cinque anni che resta in Italia da clandestino, il sogno di Pjota di diventare italiano non si realizzerà. Ma egli raggiungerà una sorta di paradossale maturazione quando compirà due gesti dei quali forse non si riteneva capace. Il primo gesto: uccidere un uomo non per denaro o per rivalità tra bande, ma per vendicare la morte di una giovanissima prostituta, Blerina, della quale si era innamorato. Il secondo: regalare, per pura generosità, una grossa somma e un biglietto aereo per il Canada a una ragazza che non vuole prostituirsi. Quando ritorna in Albania apprende di essere ricordato come una leggenda e in quella leggenda egli finalmente si annulla in una sorta di deflagrazione mentale, diventando quello che forse avrebbe dovuto e voluto essere: un pastore semianalfabeta. Attenzione, però: L’Affondatore di gommoni non è un romanzo sull’immigrazione o dell’immigrazione, semmai è un romanzo nell’immigrazione. Voglio dire che l’immigrazione clandestina qui va considerata per quello che è: il contesto eccezionale per un personaggio d’eccezione. Perché in conclusione questo romanzo a me è parso una bella, affascinante, crudelissima e terribile favola dei nostri tempi. Come una favola era, più scopertamente, Una storia anche d’amore.
Andrea Camilleri
 
 

Il Sole 24 Ore, 29.6.2003
Via libera della Regione alle Strade dei sapori

Palermo. Dopo le Strade del vino, in Sicilia si taglia il nastro delle Strade dell'olio e delle Strade dei sapori.
[...]
I Parchi letterari: ci possono essere anche [...] e, magari, Camilleri a... Vigata.
[...]
Lelio Cusimano
 
 

Corriere della sera, 30.6.2003
Nuove mode. Cresce il "bookcrossing": ed è un boom di recensioni anonime
Leggi Eco e Calvino. Poi stroncali online
Prima di scambiarsi un volume, lo si giudica in poche righe
Molte bocciature impietose, ma pure encomi ed equivoci

[...]
... il "bravo" Camilleri (che "non delude mai" anche se "rasenta sempre più spesso il manierismo", secondo ilmagodilussino...
[...]
"Il giro di boa" "non è uno dei migliori, la trama è troppo verbosa" (pecoranera).
[...]
Paolo Di Stefano
 
 

Le soir, 30.6.2003
Monde

[...]
A l'etranger, on l'accuse d'etre un fasciste, un nouveau Mussolini. Les Italiens de tous bords refusent ce genre d'analogie. Pour eux Benito avait une ideologie; celle de Silvio se limite a gagner de l'argent, n'importe comment. Il a introduit, explique l'ecrivain Andrea Camilleri, ce que j'appelle la morale du motorino, ces scooters qui envahissent les villes, en roulant sur les trottoirs, brulent les feux rouges et finissent par tuer des gens. Berlusconi a encore baisse le niveau ethique, qui n'etait deja pas tres eleve en Italie.
[...]
Vanja Luksic
 
 

A hierro muere (revista del nuevo policial hispanoamericano), 6.2003
Un neopolicial a la siciliana
“Si Leonardo Sciascia, en lugar de ser maestro de escuela, hubiera hecho oposiciones en la policía, habría sido mejor que Maigret y Pepe Carvalho juntos.”
Andrea Camilleri: Un mes con Montalbano

El epígrafe alude a las dos vertientes del género policial en que abrevó Andrea Camilleri (1925, Porto Empedocle, provincia de Agrigento, Sicilia). Precisamente su comisario siciliano lleva el nombre de Salvo Montalbano en honor al creador del detective Pepe Carvalho, el escritor Manuel Vázquez Montalbán, quien, en el prólogo del libro que menciona la cita, lo vincula “a la atmósfera ética, cultural y estética que ha hecho posibles a Sciascia, Bufalino y Consolo, con los que Camilleri ha compartido la obsesiva inmediatez de los cuatro puntos cardinales que envuelve a toda isla”, y concluye que “se integra como una de las aportaciones más rejuvenecedoras de la sociedad literaria europea de la presente década”.
Según manifestaciones del propio autor, terminó de diseñar al protagonista en El perro de terracota, libro que exhibe una prosa segura y concisa –sin  excluir la elegancia ni las imágenes–, y suma habilidad para hacer dialogar a los personajes. Camilleri describe con desparpajo el desprejuiciado comportamiento de sus excéntricas criaturas y reproduce su lujurioso vocabulario. La novela registra hechos y situaciones con un sesgo conductista propio del estilo hardboiled que caracterizó al thriller norteamericano. Pero, como apunta Vázquez Montalbán, el escritor siciliano está más cerca de Georges Simenon, cuya serie del inspector Maigret adaptó para la televisión italiana, aunque una perspectiva latinoamericana admitiría emparentarlo con Mario Conde, el introspectivo y atormentado policía cubano forjado por Leonardo Padura.
Camilleri hace desfilar, con tono burlón y personal humorismo, a políticos ineptos que actúan en un ámbito dominado por la corrupción. Una galería de personajes vitales y exultantes se mueven en el laberinto de una imaginativa trama que se complica con ágiles giros de la acción. Y se desarrolla un fascinante suspenso a través de la información que se reserva el autor (diálogos al oído y mención de conversaciones importantes que no se transcriben).
La historia de El perro de terracota fue inspirada por la obra La gente de la cueva, de Taufik al-Hakim, que Camilleri estudió junto a sus alumnos en la Academia de Arte Dramático Silvio d´Amico, en Roma, donde imparte clases de dirección de teatro. Hay una sucesión de asesinatos y de ajustes de cuentas entre pandillas mafiosas que luchan por el poder. Surgen, además, numerosas acciones emparentadas con el relato de aventuras, matiz que hace ganar dinamismo al ritmo narrativo.
Pese a su simpatía, que –como en Pepe Carvalho y Mario Conde– se exterioriza en sus excesos gastronómicos (“Pero tengo unos langostinos para hacer a la plancha que no están para comérselos sino para soñarlos.”), Montalbano siempre se encuentra a punto de golpear a un subordinado y amenaza continuamente con mandar a los sospechosos a la cárcel. Ello no obsta para que convoque en su texto a famosos artistas y a enjundiosas obras literarias. Así, silba la Sinfonía N° 8, Inconclusa de Schubert, recuerda un monólogo de Hamlet, menciona el cuadro Juegos infantiles de Pieter Brueghel, al pintor Hieronymus Bosh, la novela Pylon de Faulkner, y Manau tupapau, una pintura de Gauguin. Además, es un solterón empedernido que mantiene un eterno romance con su novia Livia, quien reside en Boccadasse, Génova.
Un mes con Montalbano reúne treinta cuentos, de manera que si se lee uno por día se terminará el libro en el plazo indicado en el título, aunque lo más aconsejable es quedarse una noche sin dormir y despacharlo de un tirón.
Los relatos despliegan un regodeo costumbrista que muestra la vitalidad de una población (la de Vigàta, Sicilia) proclive al escándalo y a los chismes de vecinos. Camilleri es sabrosamente italiano en su picardía y no deja de solazarse con el adulterio, una institución al parecer bastante generalizada en la isla, como se puede apreciar en “Un asunto delicado”. Este humor corrosivo y lacerante se torna contagioso cuando describe a las rotundas mujeres sicilianas.
Esta colección de cuentos transmite la sensación de que en el autor anida una máquina generadora de historias, con un ingenio mayúsculo para armar originales intrigas policiales, y que no subestima el efecto final, siendo “El yac”el mejor ejemplo. Tampoco desestima el aliento trágico ni el tono melancólico, palpables en “Amor”.
La referencia literaria cobra vuelo en “Las siglas”, pues la víctima deja trazado en la arena de la playa el nombre de Poe para que Salvo Montalbano recurra a los Cuentos del autor norteamericano y descubra en “El manuscrito escrito en una botella” la clave que lo llevará a la resolución del crimen. “Mano de artista” también apela a la alusión erudita con una sugestiva evocación de El manuscrito encontrado en Zaragoza, de Jan Potocki, un cuento cincelado por el arte de un genial orfebre.
Camilleri luce una potencia expresiva poco común, que alcanza una calidad superlativa en el  registro del paisaje: “Aprovechaba esos momentos para crearse una Sicilia ya desaparecida, dura y agreste, una llanura quemada, amarillo paja, interrumpida de vez en cuando por los dados blancos de las casuchas de los campesinos”.
Germán Cáceres
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011