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RASSEGNA STAMPA

LUGLIO 2003

 
Le grandi guide di Quattroruote - Auto italiana n.20, 7.2003
Le strade più belle d’Italia. 100 incantevoli itinerari per godersi la vita (e la guida)
Itinerario 100. Ragusa-Noto
Alla ricerca del Commissario

Quando la fantasia di Andrea Camilleri diede alla luce Salvo Montalbano, il commissario di polizia di Vigàta, probabilmente già lo aveva immaginato muoversi in questi luoghi, tra Ragusa e Agrigento. Ma furono i produttori della fiction a scovare i punti esatti dove oggi possiamo ripercorrere le tappe delle avventure del poliziotto più celebre d’Italia. Così Vigàta, Marinella, Montelusa, Marina di Vigàta corrispondono a Scicli, Punta Secca, Ragusa e Donnalucata. Nel viaggio che vi proponiamo ritroverete i luoghi del telefilm, ma non solo; potrete respirare la sicilianità autentica di cui i libri di Camilleri sono intrisi. Partiamo da Ragusa, dal rione Ibla: vero gioiello del barocco siciliano, il quartiere sorge su un’altura di fronte al colle sul quale si sviluppa la città moderna. Lasciate l’auto e inoltratevi nelle stradine che portano al cuore di Ibla, una piazza lunga e stretta, in cima alla quale c’è il Duomo di S. Giorgio. Questa, in tv, è la piazza di Vigàta. Facendovi guidare dagli itinerari pedonali ammirerete vicoli, palazzi e chiese. Riprendete l’auto e seguite la direzione di Modica: vi troverete sulla statale 115 che corre a mezza costa lungo una gola scavata da un torrente. Il percorso è molto suggestivo: Modica sorge sulla sommità di un canyon e voi passerete su viadotti altissimi e panoramici che sovrastano le gole. Prima di entrare in centro, svoltate a destra sulla provinciale 42 per Scicli. La strada scorre in mezzo alla campagna per una decina di chilometri e, all’improvviso, arriva sul ciglio di una vallata: sotto c’è Scicli. Cercate il Municipio: quello è il Commissariato di Vigàta. E’ tutto come nel film, manca solo la “Tipo” del commissario posteggiata fuori. A pochi metri, c’è Palazzo Iacono, che nella fiction è la questura di Montelusa. Riprendete l’auto e seguite per Donnalucata: sul lungomare ritroverete Marina di Vigàta. La strada prosegue lungo la costa verso Marina di Ragusa e oltre, in direzione di Capo Scaramia e Punta Secca. Quando vi avvicinate a questo borgo di pescatori, fatevi guidare dal faro: vi porterà dritti alla casa del commissario. Tornate a Donnalucata e proseguite sulla strada costiera, in direzione di Sampieri: questo tratto passa in una zona ancora molto selvaggia e incontaminata. Avvicinandosi a Sampieri si nota la ciminiera dell’antica fornace del Pisciotto. Questa è La Mannara, luogo di uno dei tanti delitti su cui indaga Montalbano. Seguite ancora la strada verso Pozzallo, attraversatela e proseguite per Siracusa-Pachino. Vi troverete a correre a fianco di dune di sabbia fine. La strada, all’altezza di Marza va all’interno: Pachino è vicina e vi ritroverete in una vallata piena di serre, dove si coltivano i pomodorini che accompagnano spesso i piatti di Adelina, la cameriera del Commissario. Da Pachino seguite per CapoPassero: arriverete a Portopalo, il paese più meridionale della Sicilia. Uscendo dal paese verso Marzamemi troverete una splendida tonnara abbandonata. Seguite ancora la costa in direzione di Marzamemi, un piccolo borgo di pescatori costruito su una minuscola baia. Per raggiungere l’ultima tappa dovrete seguire per Siracusa. Il giro non poteva non concludersi nella patria del barocco siciliano: Noto, con la sua cattedrale semi-distrutta da un terremoto, sta tornando all’antico splendore grazie a un lento restauro e regala immagini da favola quando, al tramonto, il tufo dei suoi fregi si tinge di rosa.
 
 

Corriere della sera, cronaca di Roma, 1.7.2003
Le barzellette più vendute de «Il giro di boa»
Dribbling in libreria
Il capitano della Roma vola al terzo posto

Settantacinquemila copie nella prima settimana di apparizione nelle librerie e nelle edicole, un’impennata impressionante nelle classifiche degli autori più venduti in Italia. C’è poco da scherzare, anche se parliamo di barzellette. Francesco Totti, numeri alla mano, è più letto di Simenon, di Deaver, di Vonnegut, di Isabel Allende, di Forsyth. Proprio lui: l’ex pupone inseguito dalle battutacce che sadicamente lo dipingono ignorante, credulone, imbranato. La (coraggiosa) raccolta di boutades che lo perseguitano è al terzo posto nella classifica dei libri più venduti, preceduta solo dal romanzo erotico di Paulo Coelho («Undici minuti») e dal «grande dittatore» di Daniel Pennac («Ecco la storia»). «Tutte le barzellette su Totti. Raccolte da me», pubblicato da Mondadori nella «Biblioteca umoristica», 112 pagine, prezzo di copertina 9 euro, un look grafico di estrema semplicità, la tripla introduzione di Maurizio Costanzo, del sindaco Walter Veltroni e del presidente dell’Unicef-Italia Giovanni Micali e una breve nota dello stesso Totti («quando mi hanno parlato per la prima volta di questa raccolta ho fatto finta di non capire... poi ho pensato che forse mi sarei divertito...»), è diventato in un paio di settimane un caso letterario. Lanciato il 16 giugno, il libro in pochi giorni ha fatto irruzione nella top-100 dei titoli distribuiti via Internet e soprattutto nelle graduatorie delle vendite nazionali raccolte da Demoskopea. 
Come illustrato dal «Corriere della sera» nella pagina dei libri di domenica scorsa, ha scavalcato «Il giro di boa», «l’inchiesta più dura del commissario Montalbano» per definizione dello stesso Andrea Camilleri. Un intrigo avvincente, innescato dal ritrovamento di un cadavere in alto mare. Possibile che la sequela di battute stile-carabinieri possa affascinare i lettori più dell’ultima opera dell’inventore del Maigret italiano? Possibile eccome. Lo dice, più in generale, la singolarità di un mercato editoriale dove i «poetici» momenti catarchici di Fabio Oreglio o i vaniloqui di «Sconsolata»-Anna Maria Barbera vendono quanto o più di Eco, di Grisham, dello stesso Veltroni, ben più lontano nell’hit-parade con il suo «Il disco del mondo» e, appunto, di Camilleri.
Il formidabile autore di Montalbano, con grande serenità, ci dice qui accanto che è del tutto normale: la gente ha voglia di ridere, di distrarsi, di non pensare. Specie in questi giorni di ombrelloni spalancati sotto il sole rovente. Nessuno stupore, nessuno scandalo. Semmai, la consolazione di constatare che l’autoironia paga. E anche la generosità. Perché i proventi del libro di Totti saranno devoluti all’Unicef e al servizio di teleassistenza sociale del Comune di Roma. Si può negare che ridere faccia bene? 
Stefano Petrucci
 

L’INTERVISTA 
Lo scrittore: non ci vedo nulla di sconvolgente

Buona sera, Andrea Camilleri. Il suo (bellissimo) «Il giro di boa» è stato appena superato nelle vendite da «Tutte le barzellette di Totti». Che effetto le fa? «Sinceramente, nessun effetto particolare. Non è la prima volta che succede, non sarà l’ultima. In fondo il libro è un oggetto, ognuno sceglie quello che gli piace di più, soggettivamente. Qualcuno potrebbe anche dire: l’importante è che si legga, che si vendano i libri».
Giusto. Ma è normale che una raccolta di barzellette piaccia di più di una storia del commissario Montalbano?
«È così normale che succede... Anche certe opere di Disney balzano puntualmente ai primi posti. Per non parlare di un fenomeno recente come quello di Harry Potter: con il tam-tam partito dagli Stati Uniti ci si ritrova tutti sommersi in un batter d’occhio. Io comunque insisto: non ci vedo proprio nulla di sconvolgente. Se questo tipo di libri attira acquirenti, si vede che la voglia degli italiani di distrarsi in questi anni è fortissima».
Ecco: ma perché non distrarsi piuttosto con una bella storia?
«Ci si distrae in tanti modi, se si decide di farlo con la lettura: con un romanzo d’amore, una biografia storica, un saggio, un giallo e, perché no, anche una raccolta di barzellette. Semmai, il problema è un altro...».
Quale, Camilleri?
«Bisognerebbe che queste classifiche di vendite fossero elaborate con un altro criterio. L’errore è quello di farne una generale, senza suddivisione per categorie letterarie. Perché mescolare violini, tromboni, fischietti e pianoforti? Così, guardando il venduto e basta, è pressoché inevitabile che Harry Potter, che per carità ha la sua dignità, scavalchi Simenon, la Allende e chiunque altro. Ma, ripeto, non è assolutamente un problema».
Torniamo un istante a Totti: qual è il suo rapporto con lo sport?
«Semplicemente, non ce l’ho. Alla tivù al massimo guardo qualche gara di Formula uno: sarà perché non ho mai preso la patente e resto affascinato dalle prodezze dei piloti. Per il resto, niente. Credo di essere uno dei pochissimi italiani a non aver mai seguito il calcio. Ma anche questo è un problema soltanto mio: è una mia carenza, diciamo pure così».
Il suo ultimo libro, terzo o quarto nelle classifiche, è magnifico. Ne è contento?
«Molto. Anche perché è forse la mia opera più intensa. Di sicuro quella che ha ricevuto maggiori critiche politiche. Ma neanche troppe, in fondo. Anzi, a pensarci bene, me ne aspettavo parecchie di più...». 
St. Pe.
 
 

La Repubblica, 1.7.2003
Domani insieme al giornale la raccolta di racconti sul commissario più famoso d´Europa
Andrea Camilleri. Montalbano come Maigret al di là del bene e del male
I suoi libri ormai sono tradotti in lappone e in lingua tuareg
L´iniziale messa al bando con i rifiuti delle principali case editrici

Nei giorni scorsi alla Basilica di Massenzio, a Roma, in una delle serate dedicate alla lettura di testi letterari, con l´autore che stava in disparte non fingendo nessun imbarazzo, mentre aspettava di dire quattro parole spiritose sul suo lavoro, ogni angolo è stato preso d´assalto da visitatori costituitisi in bande, al grido di "Montalbano"... Tutti gli autori invitati a Roma per il ciclo, ad esempio Paul Auster, hanno ricevuto una buona, a volte ottima accoglienza. Ma nulla di paragonabile al quella per Andrea Camilleri, oramai tradotto in lappone e in damashek (lingua tuareg) e per Luca Zingaretti, un simpatico e bravo attore, che nella serie televisiva si esprime in un siciliano approssimativo, riducibile a "Montalbano sono"... Numerosi anni fa, quando uno dei suoi primi romanzi, tra la sorpresa generale (anche sua e dell´editore Sellerio) divenne un best seller a Bolzano, con il suo fare tra lo scettico e l´ironico Andrea telefonò agli amici annunciando: «Sono diventato uno scrittore mitteleuropeo. Già vedo Magris che sta preparando un saggio».
Adesso il fenomeno è diventato talmente vasto e planetario, che certe perplessità, non sulla qualità delle opere, ma sulle effettive ragioni di questo successo senza fine (e che ha scatenato invidie grandi come montagne in un paese dove la media delle prime tirature si aggira sulle sei-settemila copie) sono aumentate. Una volta ad Andrea ho chiesto come, secondo lui, sarebbe stato trattato uno scrittore non conosciuto se si fosse presentato a un qualsiasi editore con un testo che iniziava così: «S´arrisbigliò malamente: i linzòla, nel sudaticcio del sonno agitato per via del chilo e mezzo di sarde a beccafico che la sera prima si era sbafato, gli si erano strettamente arravugliatete torno torno il corpo». Si fece una grande risata: «Credo che ancora starebbe rotolando per le scale della casa editrice, dopo essere stato preso a pedate». Parlava con cognizione di causa, perché il suo primo libro alla fine degli anni Sessanta, venne rifiutato prima dalla Mondadori e poi da tre o quattro altri editori. Questa iniziale messa al bando, quasi altrettanto inspiegabile nella sua assolutezza della vastità del successo futuro, lo fece stare talmente male che per quasi dieci anni non scrisse più. Poi la lunga mano del caso e la sua testardaggine lo portarono, fortunatamente, in via Siracusa 50, a Palermo, dove l´aspettava da sempre Elvira Sellerio. Ma anche i suoi primi libri con la copertina blu non hanno avuto, almeno all´inizio, quella partenza in verticale, da missile interplanetario, come ad esempio Il nome della Rosa di Umberto Eco.
Ho provato più volte a stendere un elenco sommario delle ragioni più evidenti del fenomeno che porta il suo nome. Sono venuti fuori quasi dei luoghi comuni: il fascino della Sicilia e di certi ambienti isolani, descritti com´erano trenta o quaranta anni fa, quando Camilleri era giovane e ancora i siciliani mantenevano modi comportamentali e di pensiero assolutamente peculiari e diversi da quelli degli altri italiani, modi poi sommersi dall´omologazione generale. La Sicilia era ancora un continente, non una regione, che Leonardo Sciascia aveva raccontato con grande finezza e sottigliezza, forse troppo sottilmente da poter essere veramente compreso dai non siciliani, mentre le storie di Montalbano sono esposte molto più in chiaro. Un incedere narrativo sobrio, questa volta assai poco siciliano, con cui lo scrittore narrava fatti luttuosi, in un certo senso simile al tono di Simenon, apprezzato dai lettori, perché evitava di drammatizzare e di tragediare. La straordinaria abilità di Camilleri nella sceneggiatura, riscontrabile ovunque nei suoi lavori, che gli derivava dall´essere stato a lungo regista televisivo. E infine il colpo di genio di allontanare sullo sfondo la mafia, non per ignorare o sminuire la gravità del fenomeno, ma perché aveva capito che quell´ingombrante presenza in primo piano impediva di parlare di qualsiasi altra cosa. Avevo trovato e aggiunto all´elenco anche piccoli, eleganti trucchi, come il diminuire graduale dell´uso del dialetto mano a mano che l´intreccio si complicava, per non affaticare inutilmente i lettori. Ma alla fine tutto questo - mi sembrava - non arrivava a giustificare i milioni di copie.
Una delle regole più certe dell´universo libresco è che il successo non ha regole, com´è fin troppo ovvio. Tuttavia un paragone con alcuni celeberrimi protagonisti di storie seriali d´oltralpe, provenienti da mercati editoriali più ricchi e sperimentati, mi sembra utile. Montalbano è stato il primo personaggio della letteratura italiana, sia pure di consumo, che ha raggiunto un tale grado di riconoscibilità e di popolarità da vivere di vita propria, come Maigret e come Hercule Poirot, figure talmente al di là del bene e del male, che non importa più se siano al centro di un romanzo ben congegnato: basta che ci siano e che dicano e facciano le stesse identiche cose che facevano e dicevano nel precedente romanzo e in quello ancora prima. La ripetitività di azioni e di gesti, di modi di dire e di situazioni, normalmente un difetto della costruzione letteraria, diventa in questi casi l´elemento essenziale del romanzo, di cui l´autore, suo malgrado, deve assolutamente tener conto perché qualsivoglia variante ai fondamentali verrebbe preso dai lettori come un tradimento. (Lo stesso tipo di delusione quando apriamo una bottiglia di un famoso vino e non siamo in grado di riconoscere il decantato aroma).
Credo che Camilleri fosse lontanissimo dal prevedere una sorte simile, quando cominciò a abbozzare il personaggio durante la stesura de Il birraio di Preston, una delle sue opere più riuscite, (esattamente come i romanzi di Simenon sono infinitamente superiori a quelli con il ripetitivo, noioso e però insostituibile, immortale Maigret). Fino a quel momento la sua tecnica di scrittura era quella di un outsider anomalo, che si divertiva a iniziare un libro non da quello che poi sarà catalogato come primo capitolo, seguito dal secondo e così via, ossia secondo una scansione temporale, ma dalla parte del romanzo che lo stimolava di più. Improvvisamente decise che doveva assolutamente scrivere come si supponeva scrivesse un autentico creatore di fiction e magari di feuilleton e al posto di una notte buia e tempestosa, scelse un´alba. Da allora tutti i romanzi di Montalbano iniziano all´alba.
Non so se avesse in mente un precedente letterariamente glorioso, il commissario Ingravallo di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, che Gadda ha descritto con i capelli ricci e neri che formavano sulla fronte "uno gnommero". Certamente si ricordava benissimo di un precedente cinematografico, lo stesso Ingravallo con l´aspetto rude e franco di Pietro Germi, regista e protagonista della riduzione cinematografica. Ma queste erano soltanto vaghe immagini che non si sono mai veramente precisate in una fisionomia, perché le descrizioni di Montalbano fatte da Camilleri attengono al carattere, non ai lineamenti: scapolo, di carattere brusco, lettore di Bufalino, fidanzato con una ragazza genovese che vede di tanto in tanto, quasi senza amici con l´eccezione di un compagno di scuola, giornalista di sinistra di una televisione locale e di una fantastica svedese - mito di tutta una generazione - che vorrebbe mangiarselo vivo, trattata con noncuranza poco credibile. Un uomo che dedica quasi tutto il suo tempo libero tra la pasta con le sarde e le passeggiate a mare, sempre camminando non sulla sabbia (un proverbio molto citato da Andrea dice, approssimativamente, «Fottere in piedi e camminare na rina, portano l´uomo alla rovina»), ma sul duro della battigia. Un tipo che non si fida di nessuno, che fa sempre di testa sua e che alla moglie di Camilleri, una donna schiva ed estremamente intelligente, ricorda sempre di più suo suocero.
Un mese con Montalbano, il libro ora in vendita con Repubblica, rappresenta una sorta di paradosso, perché i trenta racconti che lo compongono, di varia natura e lunghezza, sono stati scritti in un certo senso per liberarsi del commissario, diventato ad un dato momento della carriera letteraria di Camilleri, un´ossessione e nella sua immaginazione anche un pericolo: quello di essere ricordato solo come autore di romanzi polizieschi. Per evitare di essere ingoiato dal personaggio che cresceva di mole e di fama ogni giorno di più, ha fatto come quei ragazzi di una novella russa (Le memorie di un cacciatore di Turgenev), che stanno attraversando la steppa gelata sopra una carrozza inseguita da un branco di lupi famelici e che per rallentare la loro corsa, gli gettano dei pezzi di carne. Il risultato di questa tecnica antilupo è stato un altro libro con il commissario più famoso d´Europa, raccontato, cioè sbranato e degustato più rapidamente e saporitamente del solito.
Stefano Malatesta
 
 

L'Echo, 1.7.2003
LIVRES Le Roi Zosimo d’Andrea Camilleri, chez Fayard
Un Roi paysan breughelien
La Sicile du XVIe est frappée par deux fléaux, les Espagnols èt les limaces. Ne pouvant excommunier les premiers, grands inquisiteurs, le curé Uhu se venge sur les secondes. Ici, le Diable est partout jusque dans les cornes des cocus.

Quand il n’écrit pas des romans policiers, Andrea Camilleri s’adonne au roman historique mais celui-ci est d’un autre ordre, l’auteur à succès invente la chronique paysanne féerique, brodée autour de la biographie veridique du Roi Zosimo, un cul-terreux couronné par le peuple. Plus truculent, plus drôle, plus irrévérencieux, plus poétique il n’y a pas. Rabelaisienne, cette chanson de geste, écrite en italien mâtiné d’archaïsmes, est admirablement traduite par Dominique Vittoz, qui transpose les expressions siciliennes en vieux français de Lyon. Régalant! Ne vous laissez pas dérouter par ces fenottes (femmes) et autres dépendeurs d’andouilles, je n’ai découvert qu’à la fin qu’il y avait un glossaire, tant, mises dans le contexte, sont savoureuses et compréhensibles ces tournures imagèes.
Zosimo, fils de petits paysans est né dans un grand éclat de rire; a peine tenait-il assis qu’il parlait déjà, à six ans il lisait le grec et le latin. Cousin spirituel de Thyl l’espiègle, il jouera des tours pendables aux occupants ibériques et rendra naturellement la justice dans cette contrée coincée entre la mitre et le casque militaire. Camilleri, pas plus que Zosimo, n’aime le goupillon et le bâton, ils se vengent des profiteurs en tirant la barbe aux grands propriétaires terriens vendus à l’occupant et les pieds des policiers vendus aux premiers et aux seconds. Loin de Rome et du Pape, les querelles se règlent là moins par décrets que par coups de fourche. Au pays de Breughel nous savons cela, car lesquels plus que nous, occupés par les mêmes, sont proches des Siciliens du XVIe ? Les potences et les corbeaux sont les mêmes.
La famine qui règne sur ces terres arides met tout le monde au régime sec, sauf les notables, qui échappent à la réquisition des reserves. «Angelo Tuttolomondo, baron de la Ricottella, ayant ouï la demande du maire, gloutit sans dire pipette la clé de sa cassette qui n’était pas petite et personne ne comprit comment elle avait pu lui descendre par la gargamelle. On l’accolleta et on lui emboqua un litre de purge de cheval dans la gargate». Aux grands maux les grands  remèdes. La suite est encore plus succulente mais la décence nous ampêche de la retranscrire, ce qui vous donnera le plaisir de la découvrir. Car tout ce que l’on pourrait écrire n’arrive pas à la cheville, que dis-je, à l’orteil de ce roman picaresque, bien que d’Agrigente. Les hommes et les femmes y ont du tempérament et du sentiment, les conquistadors ont aussi parfois du cœur, qui hument les paysannes comme on respire le vent du soir. Au coin d’un champ, on croise un brigand  poète qui détrousse en vers, des presque saints, des diables cachés dans les mitres, des miraculés, un juge intègre, ou des tortionnaires inventifs qui assomment leurs prisonniers à coups de prières ininterrompues. Vous l’aurez compris, Camilleri n’aime pas du tout les curés plus prompts à sauver les âmes contre indulgences qu’a aider le pauple frappé par des impôts iniques, la sécheresse quand ce n’est pas la peste. Le petit peuple de Montelusa se choisira Zosimo pour roi, lui dont la bannière très explicite dit par devant quel derrière le taureau devrait encorner! Un livre que l’on lâche avec regret et qui se lit avec dans l’oreille la saveur des expressions populaires, faites pour être dites à la veillée. Car Montelusa, petit village déshérité mai fier, achetè avec ses habitants par quelque oligarque puis revendu, comme toute la Sicile, aux nouveaux maîtres du Traité d’Utrecht, est une sorte de village gaulois résistant encore et toujours à l’envahisseur. Libre à chacun d’en tirer les conclusions qu’il voudra. Zosimo, lui, plane encore tel un cerf-volant au-dessus de sa légende, vantant l’arme suprême: l’imagination, et par temps clair on entend son rire qui claque au vent.
Sophie Creuz
 
 

Il Manifesto, 1.7.2003
Taglio basso
Immunità, il referendum che divide
L'iniziativa popolare contro il «lodo Berlusconi» non convince Ds e Margherita

[...]
Anche i Verdi non condividono l'attendismo ulivista. Ma la Margherita ha gioco facile nel ricordare ad «alcuni esponenti del centrosinistra» il recente disastro del referendum sull'articolo 18. Una nota velenosa alla quale Pecoraro Scanio risponde che i promotori dell'iniziativa andranno avanti anche da soli. Accompagnati da alcune personalità vicine al centrosinistra come l'astrofisica Margherita Hack, i presidenti di Antigone Stefano Anastasia e dell'Anpi Arrigo Boldrini, artisti come Andrea Camilleri, Paolo Rossi, Mario Monicelli, Milva ed Enzo Jannacci, che hanno firmato su Rinascita un appello a favore del referendum.
[...]
M. BA.
 
 

La Sicilia, 2.7.2003
Teatro a Porto Empedocle
Presentata la rassegna «Città di Vigata»

E' stata presentata alla stampa la prima edizione della rassegna nazionale di teatro premio "Città di Vigata" che si svolgerà dal 7 al 13 luglio. L'idea della manifestazione è nata lo scorso aprile allorquando il noto scrittore Andrea Camilleri cedeva al suo Comune di nascita, Porto Empedocle, la possibilità di fregiarsi anche del nome di Vigata, l'ipotetico paese da lui inventato e dove opera l'oramai famosissimo commissario Salvo Montalbano. Da qui l'idea di istituire un premio teatrale che desse spazio al teatro di qualità proposto da compagnie del teatro di base. Affidata la direzione artistica all'attore regista Giovanni Volpe, l'operazione è partita. Hanno risposto al bando 56 compagnie con altrettanti lavori teatrali e dopo un paziente e attento lavoro si è giunti all'individuazione di sei spettacoli. In particolare "Le cinque rose di Jennifer" a cura della Compagnia "I Lazzari" di Salerno che aprirà la manifestazione il 7 luglio per proseguire con la Compagnia "La Tartaruga" di Pisa che l'otto metterà in scena "Sono venuta solo per telefonare" di Rossella Gagliardi; il 9 sarà il turno del Gruppo teatrale "Sant'Elena" di Perugia che proporrà lo spettacolo "Non tutte le volpi finiscono in pellicceria", il 10 la Compagnia "Controscena" proporrà "Sinceramente bugiardi" di Alan Ayckbourn, l'11 sarà il turno della Compagnia "Valentina Lago" con "Mentre i treni passano" di Barbara Ammanati e infine il 12 luglio, fuori concorso, la Compagnia "ContaminaZio" metterà in scena l'opera di Ruccello "Ferdinando". Domenica 13 gran galà di premiazione alla presenza anche dello scrittore Andrea Montalbano che è il presidente della giuria mentre vicepresidente è Fioretta Mari. Gli spettacoli sono in programma in piazza Kennedy alle 21.15.
g.r.
 
 

Il Mattino, 2.7.2003
Capello: «Un premio alla sua intelligenza ed autoironia»
Il Totti da ridere fa boom in libreria

Era prevedibile che il libro «Tutte le barzellette su Totti: raccolte da me» avesse un successone. Ma che in due settimane vendesse 150mila copie piazzandosi davanti all’ultima fatica di Camilleri era impensabile. Un gol da favola per il capitano giallorosso che è un campione e, soprattutto, un bravo ragazzo. Vince l’autoironìa ed è una lezione per tutti. Nella hit parade letteraria delle ultime due settimane Montalbano il commissario s’è dovuto fare da parte, cedere il posto a questo personaggio che s’è raccontato attraverso le battute create da altri. È come se il poliziotto di Camilleri avesse dovuto cedere il posto ad un libro sulle gags sui carabinieri. Confronto impossibile.
[...]
Fabio Capello, il tecnico della Roma, è stato tra i primi a complimentarsi col suo capitano: «Bravo Francesco, un premio alla tua intelligenza ed alla tua ironìa». Capello, lettore accanito di Camilleri, ha sottolineato: «Non mi sorprende che la raccolta di Totti abbia battuto l’ultimo libro dell’autore siciliano: l’ho vista nascere e l’ho letta, è un libro per l’estate e diverte».
Adolfo Mollichelli
 
 

La Nazione, 3.7.2003
Un'archivista alle prese con gli intrighi dei vip
«Fuga di notizie», romanzo del pm von Borries

PRATO — Nella vita è pubblico ministero nella procura di Prato. Ma Christine von Borries, attualmente «prestata» alla procura generale di Palermo, è anche una scrittrice. Sta per uscire, per Il Ponte editore di Firenze, «Fuga di notizie», opera prima del sostituto procuratore. Un'esordio che può contare, e scusate se è poco, sulla presentazione di Andrea Camilleri. Già, proprio il papà del commissario Montalbano che al romanzo di Christine von Borries dà un imprimatur che fa capire che merita di essere letto: la scioltezza di racconto: «Ha una scrittura lineare che non si perde in rivoli collaterali... Non procede mai per colpi di scena. La sua abilità consiste nella scelta, e nella tenuta, di una felice tecnica di racconto».
Un colpo di scena, se vogliamo, può essere considerata la scelta dalla protagonista del romanzo: che non poteva che essere donna, ma non è un magistrato, come qualcuno potrebbe immaginare conoscendo l'autrice e la sua professione. Von Borries ha scelto Irene Bettini, vicedirettrice dell'ufficio decimo del Sisde. Praticamente un «topo d'archivio» che, proprio in virtù della propria efficienza sul lavoro, viene scelta dal coprotagonista Roberto Taddei, che ha il compito di indagare su cosiddetti vip, politici, finanzieri, imprenditori e banchieri e sui loro possibili legami con la criminalità organizzata, per capire come funziona l'archivio. E' un romanzo d'indagine, più che un giallo, ha detto lo chaperon Camilleri. E piacerà sicuramente a chi cerca nei romanzi, più che l'azione e il delitto per il delitto, l'analisi e l'intreccio. Che sono poi, e non è un caso, abilità tipiche di un magistrato inquirente.
lau.g.
 
 

Agenzia Video Informazioni, 3.7.2003
Leo Gullotta legge Camilleri
A Vallo di Nera, nell’ambito della rassegna “Vi racconto come racconto”

Perugia. Il racconto ed i suoi misteri svelati con ironia e grande emozione da due protagonisti di sicuro richiamo come l’istrionico Leo Gullotta ed il grande scrittore siciliano Andrea Camilleri.
Ieri sera presso la Chiesa di Santa Maria, a Vallo di Nera, questa inedita coppia ha concluso la rassegna “Vi racconto come racconto” incentrata sui meccanismi della scrittura, sui segreti della narrazione, sui diversi modi di comunicare.
Ai due è stato affidato l’arduo compito di coinvolgere il pubblico in un incontro che ha avuto come tema principale l’uso e l’importanza del dialetto nel racconto e la sua presenza in tutte le tradizioni popolari. Argomento questo studiato a perfezione dal grande attore e dallo scrittore, entrambi siciliani,  che hanno fatto dell’utilizzo della loro lingua uno dei cavalli di battaglia di una carriera di indiscusso successo.
Camilleri, impossibilitato a partecipare di persona, è stato comunque presente in video conferenza dalla sua casa romana. E’ stata proiettata all’interno della chiesa sul grande schermo, permettendo allo scrittore di fare il punto sulla sua produzione, che si distingue in due grandi filoni, quello del romanzo storico, di grande impatto linguistico e di geniale invenzione strutturale, e quello più consueto, ma ugualmente fantasioso e linguisticamente innovativo, dei gialli con il commissario Montalbano.
In particolare Camilleri ha spiegato il suo modo di raccontare, dalle ascendenze letterarie che lo legano a Pirandello, fino ai mille aspetti di una carriera clamorosa.
Oltre a leggere alcuni brani scelti dalle opere di Camilleri, Leo Gullotta ha intrattenuto il numeroso pubblico accorso ad ascoltarlo sul rapporto lingua-dialetto nelle varie forme di comunicazione, dal cinema al teatro fino alla televisione.
“Camilleri - ha detto Leo Gullotta - nei suoi romanzi ha dato vita al nostro dialetto facendolo assurgere a vera forma letteraria. Il suo successo è dato da questo perfetto connubio tra l’utilizzo del siciliano e la sua terra. Nei suoi racconti lo scrittore  ci parla di una Sicilia fatta di piccole cose, con i suoi sapori, le sue ricette culinarie, la sua storia  ma sempre con il suo modo ironico e distaccato, in questa atmosfera nascono e si sviluppano le sue storie che hanno fatto conoscere in tutto il mondo le vicende del commissario Montalbano di Licata [sic! NdCFC]”.
Così si è felicemente conclusa la rassegna “Vi racconto come racconto”, che ha portato a Vallo di Nera i massimi esponenti della letteratura italiana e non solo: si è iniziato con Loriano Macchiavelli (in coppia con Francesco Guccini) re indiscusso del noir e del mistero contemporaneo, per proseguire con Danila Comastri Montanari (ovvero come conciliare la storia antica con il giallo moderno) e lunedì scorso con Altan e Traverso con i riflettori puntati tra immagine, suono e multimedialità. Parallelo alla rassegna c’è un concorso riservato ai racconti che traggano origine da miti, leggende e storie popolari: è aperto a componimenti in prosa e in versi, in dialetto o in lingua, da presentare alla “Casa dei racconti” entro il 10 giugno.
Sonia Terzino
 
 

Sette, supplemento del Corriere della sera, 3.7.2003
Terzo grado. Mariarosa Mancuso interroga Giulio Nascimbeni
Quel sopravvalutato di Camilleri

[...]
Sopravvalutati?
"I libri di Andrea Camilleri".
[...]
 
 

Corriere della sera, cronaca di Milano, 3.7.2003
Sherlockiana: gli scrittori risolveranno il caso?
Il Comune, proprietario dell’immobile, reclama affitti arretrati per un totale di 45 mila euro

Questa volta il caso lo risolveranno tutti insieme, il commissario Curreli, l’Alligatore, il detective Frank Ottobre e tanti altri personaggi di libri gialli: o, meglio, lo risolveranno i loro autori. Il caso è quello di «La Sherlockiana» di Tecla Dozio, la «Libreria del giallo» di via Peschiera 1, che rischia la chiusura perché non ce la fa più a pagare l’affitto del locale: per salvarla, gli scrittori che l’hanno frequentata negli ultimi anni si stanno mobilitando. C’è un conto corrente per raccogliere i soldi necessari a coprire il debito e c’è un appello a colleghi e lettori per salvare una libreria piccola, decentrata, che però negli ultimi anni ha visto nascere il fenomeno della nuova letteratura, non solo gialla, di scuola milanese. A far partire la cordata di solidarietà è stato Marcello Fois, il «papà» del commissario Curreli dei libri «Meglio morti» e «Ferro recente», che ha lanciato l’allarme. Proprio a Fois chiediamo di spiegare l’idea del salvataggio. «C’è un debito pregresso con il Comune, proprietario dei locali, che ammonta a 45 mila euro - spiega Fois -. Per risolvere l’emergenza occorre ripianare il debito, che va giustamente pagato. Vogliamo cercare di salvare questa libreria. Nella mia opinione è un patrimonio milanese che i milanesi conoscono poco, ma che ha un peso specifico anche in Europa; gli scrittori internazionali di thriller e gialli, quando arrivano a Milano, passano alla Libreria del giallo per incontri e presentazioni; e poi qui ci siamo incontrati noi autori, io, Lucarelli, Pinketts, Camilleri e tanti altri, ed è qui che sono nati tanti progetti editoriali, antologie, anche il Festival del giallo di San Pellegrino Terme. E’ l’ora di restituire tutto quello che la libreria ci ha dato».
Insomma, una culla per la nuova letteratura. E’ d’accordo Massimo Carlotto, autore di libri come «La verità dell’Alligatore», che aggiunge: «A me è capitato di trovarmi lì e di veder entrare studenti che cercavano materiale per una tesi: è la più importante libreria dedicata al giallo d'Italia, la più fornita, ed è un punto di riferimento non solo per i lettori, ma per gli scrittori, per il dibattito culturale che è nato proprio lì, in questi anni, sul romanzo giallo».
Esordisce con una battuta Giorgio Faletti, creatore del personaggio di Frank Ottobre nel libro «Io uccido»: «Questa vicenda, in bene, è una specie di "Misery non deve morire". Ma sì, perché la "Libreria del giallo", o il "Derby" del cabaret dei tempi andati, sono quei posti di Milano che ti restano nel cuore. Li vivi un po’ come un’altra stanza di casa tua: dare una mano a salvare questa libreria è un po’ come dare una mano a salvare il tuo tinello!».
Insomma, gli scrittori ripetono, tutti, che questa libreria è una fucina di idee. E sollevano un problema che riguarda in genere le piccole librerie: la crisi di tanti piccoli negozi che vendono un prodotto culturale e si fanno, spesso, organizzatori di cultura. Lo sottolinea Barbara Garlaschelli, autrice di trame inquietanti al femminile come «Alice nell’ombra» o «Sirene»: «I lettori magari scelgono il megastore sotto casa, invece della libreria specializzata che però è un luogo diverso, anche per l’atmosfera, se si pensa che nella libreria di Tecla siamo nati tutti noi autori di questa nuova scuola milanese. Quindi, io dico: va bene coprire il buco, ma resta il fatto che se non si comprano i libri, le librerie, specie quelle piccole, chiudono».
Una delle parti in gioco è il Comune, in particolare il Demanio, proprietario dei locali. «Per legge - spiega l’assessore Giancarlo Pagliarini - il Comune usa i propri beni per se stesso o per scopi istituzionali, per esempio le scuole; il resto dev’essere affittato a prezzi di mercato. E i prezzi di mercato non li facciamo noi. Soluzioni pratiche: dare i locali all'assessorato alla Cultura, che poi avrebbe però lo stesso problema. Altra possibilità: se la libreria fosse un’associazione culturale onlus, potremmo applicare all’affitto il 70 per cento di sconto, come facciamo con altre 220 onlus. Infine, c’è il comodato gratuito: ma lo deve dare la giunta».
Insomma, il caso è aperto. Intanto, Fois sta ricevendo centinaia di risposte all’appello, non solo da autori ma da lettori e amici. E a tutti, indica un numero di conto corrente: Banca Etica, filiale di Milano, via Santa Tecla 5, c/c 109167, abi 05018, cab 01600, causale contributo Libreria del giallo. 
Ida Bozzi
 
 

Corriere della sera, cronaca di Roma, 4.7.2003
Villa Pamphilj
Leo Gullotta: viaggio nella Sicilia di «Lapilli, voci e suoni dall’isola»

S’inaugura stasera a Villa Pamphilj la nuova edizione della rassegna «I Concerti nel Parco», che propongono una prima assoluta: «Lapilli, voci e suoni dall'isola», un viaggio poetico musicale in Sicilia dai tempi di Federico II fino ai romanzi di di Andrea Camilleri, la cui presenza stasera è stata annunciata. I protagonisti saranno Leo Gullotta e l'Ensemble Al Qantarah. Un percorso poetico-musicale che parte da Cielo D'Alcamo, incontra Tomasi di Lampedusa e sfocia nella forza corrosiva dei versi di Buttitta e nel personaggio di Montalbano. Un inno d'amore per un'isola affascinante e tormentata, scandito al ritmo di un ricchissimo apparato strumentale.
VILLA DORIA PAMPHILJ, Palazzina Corsini, per «I Concerti nel Parco», alle ore 21,30, tel. 06.5816987
 
 

Il Messaggero, 4.7.2003
Gullotta: declamo secoli di Sicilia
Luca Della Libera

«Immagini un bel terrazzo siciliano in una sera stellata d'estate, dal quale raccontare al pubblico un viaggio attraverso la storia, le emozioni e le contraddizioni della mia terra». Leo Gullotta è il protagonista di "Lapilli, voci e suoni dall'isola", lo spettacolo che in prima assoluta inaugura stasera alle 21,30 "I concerti nel parco" a Villa Doria Pamphili. Con lui i musicisti di Al Qantarah, un gruppo siciliano specializzato nel recupero del repertorio etnico e medievale della propria terra. Lo compongono Fabio Accurso, Roberto Bolelli, Igor Niego, Donato Sansone e Fabio Tricomi. Suonano strumenti curiosi, molti dei quali d'origine araba. Il loro è un lavoro decennale di ricerca sulla musica siciliana, basato soprattutto sul confronto tra i repertori del Medioevo colto e la tradizione orale tutt'oggi in vita. Prosegue Gullotta: «Si parte da Federico II, con la sua lirica Dolce lo mio drudo , e si arriva ad Andrea Camilleri, con La scomparsa di Patò e La concessione del telefono , attraverso Cielo D'Alcamo, estratti dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, per concludersi con la lirica caustica ed orgogliosa di Ignazio Buttitta; il tutto senza piedistalli ed evitando i classici luoghi comuni sulla Sicilia».
Informazioni allo 065816987. Biglietto: 8 euro, riduzioni per i residenti del Municipio XVI, Go Card e Associazione I Vespri siciliani.
 
 

Il Messaggero, 4.7.2003
Rassegna sotto le stelle
Maree, appuntamenti con le culture in viaggio

Concerti, balletti, spettacoli teatrali, trekking spettacolo a cavallo di muli attraverso la Valserra ed i monti Martani e poi ancora degustazione di prodotti tipici delle terre di cui si metteranno in scena le tradizioni antiche. E’ la quarta edizione di Maree - Culture in viaggio, la rassegna messa a punto dall’Arci e dal Comune di Terni.
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Lo sguardo si poserà sulla Sicilia e sulla Liguria. Oltre all’esibizione dei gruppi folklorici liguri in programma per il 12 luglio a Piediluco, ci sarà Leo Gullotta & Al Quantarah , il 3 agosto all’Anfiteatro. Si tratta di un incontro tra l’attore siciliano e la musica antica di quella terra. Voci e suoni dall’isola che formano un percorso poetico musicale che parte da Federico secondo e Cielo d’Alcamo, incontra Tommasi di Lampedusa ed arriva ad Andrea Camilleri. Prima dello spettacolo ci sarà la degustazione di vini siciliani. Si tratta di prodotti realizzati con le uve coltivate nei territori confiscati alla mafia.
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Lucilla Piccioni
 
 

La città di Salerno, 4.7.2003
Lucarelli, Camilleri e Faletti sono gli italiani più letti. Tra gli stranieri vanno bene John Grisham e Jeffrey Deaver
Brividi gialli per un'estate di suspense
Agatha Christie cede il trono ad una nuova generazione d'autori novita' in libreria

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Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli sono sicuramente l'apice di un fenomeno che vede nel sorprendente esordio di Giorgio Faletti il segnale di una nuova scuola giallistica italiana. Camilleri ormai è un vero e proprio marchio di fabbrica tanto da ispirare fenomeni di vero e proprio attaccamento passionale per i suoi libri. «Mi è capitato più volte di vedere persone che non sembrano leggere libri, se non quelli di Camilleri - afferma Luca Morro della libreria Guida - il fenomeno è tale che capita di vedere ogni mese queste persone entrare in libreria e chiedere se l'ultimo di Camilleri è uscito oppure no».
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Antonello Comunale
 
 

Gazzetta del Mezzogiorno, 4.7.2003
Vogliono abbatterli a Bisceglie
Salvate quegli alberi un treno di ricordi

L'albero a cui tendevi... Apprendo che Greenpeace ha mobilitato fior di scrittori per una campagna mondiale in difesa degli alberi. Da Camilleri a Dacia Maraini, da Benni a Fernanda Pivano, da De Carlo a Erri De Luca, si sono tutti schierati in difesa degli alberi; anche se, ogni novanta copie dei loro libri, dei nostri libri, costa al mondo un albero di media grandezza.
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Marcello Veneziani
 
 

Giornale di Brescia, 5.7.2003
Arancini e polipetti, indizi di buona cucina siciliana
Il commissario Montalbano non si priva del piacere di un buon pasto
Gli investigatori a tavola - 3

Montalbano è un cognome piuttosto diffuso in Sicilia, e altrettanto lo è Montalbán in Spagna. Entrambi sono entrati nella storia del romanzo poliziesco, perché il Montalbán spagnolo (o meglio catalano) è il «papà» di pepe Carvalho, vulcanico detective sempre affamato, mentre il Montalbano siculo è il celebre commissario inventato da Andrea Camilleri e diventato un successo editoriale e televisivo degli ultimi anni. Il punto di contatto non è casuale, perché i due scrittori si conoscono e si frequentano, si scambiano esperienze e ricette di cucina, e quando Camilleri dovette battezzare il suo poliziotto, gli venne spontaneo chiamarlo come il suo amico. Le affinità tra i due personaggi non finiscono qui, anche se Pepe Carvalho è un investigatore privato e Montalbano, invece, è un commissario della Polizia di Stato. I due sono uniti, oltre che dalla maniera spesso spregiudicata di condurre le indagini, anche dalla passione per la buona cucina. Entrambi si divertono davanti ai fornelli, ed entrambi sono portati spesso dal lavoro a frequentare trattorie di infimo ordine, dove però qualche volta si mangia bene: come, per esempio, quella di Filippo, dove Montalbano finisce una notte. Nella sala i tavoli sono deserti, e questo è sempre un indizio preoccupante; prima di ordinare, il commissario sottopone Filippo a un terzo grado gastronomico: «M’hanno detto che lei sa fare benissimo i polipi alla napoletana», gli dice, e l’oste replica: «Giusto dissero». «Ma ci mette i passaluna (olive) di Gaeta?», incalza il poliziotto. «Certo. E ci metto macari (anche) la chiapparina. Di Pantelleria», ossia i capperi di Pantelleria. Ma mentre Filippo prepara i polipi, due balordi irrompono nel ristorante e sparano contro il commissario, mentre il povero Filippo si dispera e prega. Uscito illeso dall’agguato, Montalbano si ricorda di non aver ancora mangiato. «Corre da Filippo che roteava gli occhi come un pazzo, lo schiaffeggia e gli dice: "Forza, che i polipetti s’abbruciano!"» La trattoria preferita del commissario è quella di Calogero, sempre pronto a riservargli piatti speciali, a base di pesce ovviamente. Ci sono sempre i polipetti «che si squagliano in bocca: non ha bisogno di adoperare i denti», gli dice Calogero. Con le spigole, «dopo averci messo qualche goccia del "condimento del carrettiere", vale a dire oglio aromatizzato con aglio e peperoncino, se la prese più comoda», perché il commissario è del parere che a tavola non s’invecchia. Un’altra volta si fermò in un ristorante sulla strada per Mazara del Vallo e «si sbafò un sauté di vongole col pangrattato, una porzione abbondante di spaghetti in bianco con le vongole, un rombo al forno con origano e limone caramellato. Completò con uno sformatino di cioccolato amaro con salsa all’arancia». E di nuovo la sera, sulla via del ritorno, passando davanti a quel luogo di tentazione non resistette: fece una proibitissima conversione a «u» e si precipitò direttamente dal cuoco, per chiedergli «senza manco salutarlo: "Ma lei, le triglie di scoglio, come le cucina?"» Ma non sempre Montalbano mangia al ristorante e si tratta così bene. Una sera in casa apre il frigorifero e «non ci trova nenti di speciali: un barattolo d’aulive, uno d’angiovi (alici) e tanticchia di tumazzo (formaggio)». Per fortuna Concetta, la nipote di Adelina, la donna che provvede a rassettargli la casa e gli cucina qualcosa, gli ha fatto una sorpresa, lasciandogli nel forno «un piatto di patati consati, semplicissimo, che poteva essere nenti e poteva essere tutto a seconda della mano che dosava il condimento, e faceva interagire cipolla con capperi, olive con aceto e zucchero, sale col pepe». A conclusione di quella rustica ma saporita cena, scrive Camilleri nel romanzo L’odore della notte, «si mise a mangiare pane e tumazzo, non perché avesse ancora appetito, ma per pura ingordigia». Non per nulla suo padre fin da quando era piccolo l’aveva definito «"liccu cannarutu", che significa esattamente goloso e ingordo». Qualche volta, poi, Adelina gli fa trovare un vassoio di appetitosi arancini, un piatto la cui preparazione richiede «due giornate sane sane». Il primo giorno si cuoce «un aggrassato di vitellone e di maiale a foco lentissimo per ore e ore, con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico»; e il secondo giorno si cucina il risotto, «quello che chiamano alla milanisa, ma senza zaffirano, pi carità!», a cui si aggiungono uova, pisellini e besciamella e naturalmente «la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!)»; infine con l’impasto si fanno tante palle di riso, grandi come un’arancia: «Si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio, si lasciano scolare sulla carta e alla fine, ringraziannu u Signuruzzu, si mangiano». Montalbano, esigente com’è in fatto di palato, rifugge dagli inviti a pranzo di colleghi e superiori, ma una volta che si trova solo a Natale si lascia irretire dal vice-questore Valente: la sua accettazione a condividerne il desco è «puro masochismo», perché la moglie di Valente cucina «come i picciliddri quando mischiano in una scodella mollica di pane, zucchero, peperoni e tutto quello che trovano a portata di mano, e poi te l’offrono dicendo che ti hanno preparato il mangiare». Meglio gli va un’altra volta, alle nozze d’argento di Fazio: «La moglie, in cucina, sapeva dove mettere la mano. (…) La signora s’assuperò, la pasta ’ncasciata fece leccare le dita, e il brusciuluni (un rollé con dentro ovo sodo, salame e pecorino a pezzetti) si volatilizzò». Ovvio che uno a cui piace tanto la buona tavola detesti mangiare sandwiches seduto nell’erba… Un giorno la sua eterna fidanzata Livia, scesa in Sicilia dalla sua Boccadasse in cima al Tirreno, organizza un picnic sulla spiaggia. «Livia pigliò canticchiando la valigetta refrigerante, l’aprì. Il pinnichich! Montalbano chiuse gli occhi per non vedere l’orrore. Eccoli lì: la tovaglietta a riquadri, i bicchieri di plastica, le bottigliette di birra, i tovaglioli di carta, i quattro panini già col rispettivo ripieno». Fortuna vuole che un colpo di vento faccia volare via tovaglietta e vettovaglie: «Rotolando, le due metà dei panini s’aprirono lasciando cadere il contenuto: frittatina, formaggio, prosciutto si coprirono di un sottile strato di rena». E mentre Livia conclude sconsolata che bisognerà tornare a casa, lui non può nascondere un perfido sorriso mentre dice ipocritamente: «Dio, come mi dispiace».
Carlo Scaringi
 
 

Il Sole 24 Ore, 6.7.2003
Ex Libris
Camilleri nel carrello

Tra un mazzo di prezzemolo, lo shampoo al limone e le fettine magre, nel carrello della spesa scivola - discretamente, magari - anche l'ultimo successo di Wilbur Smith o, meglio, di Andrea Camilleri. E, anche se non è detto che siano le donne a fare la spesa, il supermercato è decisivo nei comportamenti d'acquisto dei libri.
[...]
Stefano Salis
 
 

l'Unità, 7.7.2003
Una signora in giallo

Irene Bettini è la giovane vicedirettrice dell'ufficio decimo del Sisde, ufficio non operativo perché in realtà è semplicemente l'enorme archivio computerizzato dell'organizzazione, il luogo dove ogni informazione passata e presente, viene catalogata e memorizzata nel più assoluto segreto.
Il lavoro di Irene non è certamente né esaltante né avventuroso, ma la giovane è orgogliosa di avere fatto del suo ufficio un esempio di efficienza e sicurezza.
A questo punto, devo avvertire i lettori: non fidatevi mai degli archivisti.
Un autore inglese ha scritto due volumi, sotto il titolo complessivo Sezione casi archiviati, dove un mite ispettore di Scotland Yard, addetto appunto alla classificazione dei faldoni e degli scartafacci, risolve, attenendosi solo ai documenti che gli capitano sotto gli occhi, complesse indagini svolte anni prima e mai giunte a soluzione. E del resto, Giorgio Scerbanenco, nei suoi “gialli” degli anni quaranta, non elesse a protagonista Arthur Jelling, archivista della polizia di Boston?
Tornando alla storia di cui parliamo, un giorno, regolarmente autorizzato, si presenta a Irene Roberto Taddei, un bel quarantenne direttore dell'ufficio sesto, quello che ha il compito d'indagare su gruppi e uomini di spicco, politici, finanzieri, imprenditori, banchieri, indirettamente collegati con la criminalità organizzata. Taddei vuole sapere tutto sul funzionamento dell'archivio, come vi arrivano i dati, come vengono classificati, in che ordine, le modalità d'accesso ai dati stessi e le forme di consultazione. Irene non può che aderire alla richiesta, anche se per spiegare il complesso funzionamento dell'archivio ci vorranno giorni e giorni di lavoro. Fortunatamente per la ragazza, Taddei è un uomo tutt'altro che disprezzabile, una piacevolissima compagnia.
Qui si racchiude l'inizio di Fuga di notizie (Il Ponte Editore, pagine 215, euro 15), agile e intrigante romanzo d'esordio di Christine van Borries.
Questo romanzo è una delle molteplici prove tutte concorrenti a dimostrare la profonda trasformazione che negli ultimi anni il romanzo cosiddetto “giallo” ha subito e continua a subire. Un esempio lampante è che in Fuga di notizie il fatto delittuoso è posizionato quasi a metà del romanzo e non si tratta nemmeno di un omicidio, bensì del grave ferimento di Roberto Taddei.
Tradizionalmente, il delitto era invece il punto di partenza di tutto il racconto, nessun editor avrebbe mai permesso la
pubblicazione di un “giallo” senza un morto più o meno sanguinolento già nel primo capitolo.
L'evolversi, il raffinarsi del romanzo poliziesco può essere racchiuso in un'acuta osservazione di Todorov quando scrive che la caratteristica costitutiva del romanzo poliziesco contemporaneo si è notevolmente spostata “sull'ambiente rappresentato, attorno a personaggi e atteggiamenti particolari”. La punta più alta, la vetta di questo radicale mutamento in Italia la si è avuta col romanzo giallo a tutti gli effetti di un grande di un grande scrittore che giallista non era. Mi riferisco a Carlo Emilio Gadda e al suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana che apparve in volume nel 1957. Per il delitto sul quale indaga il commissario Francesco Ingravallo detto don Ciccio non si troverà il colpevole e quindi quando il romanzo poliziesco sembra essere messo in scacco è proprio in questo scacco che trova, paradossalmente, la vittoria della partita. Non è la scoperta del colpevole e la sua condanna che interessano Gadda. Cosa gli interessa? La Roma fascista di quel periodo, i personaggi nobili e popolani, i riti e i miti del tempo osservati attraverso lo sguardo ironico e disincantato del commissario. E soprattutto a Gadda interessa la ricerca di un linguaggio che nel Pasticciaccio raggiunge esiti assoluti.
E quindi, tutto ciò premesso, a mio avviso Fuga di notizie più che un romanzo giallo o poliziesco è un romanzo d'indagine.
Un'indagine che la protagonista è costretta a promuovere sia all'interno dei suoi stessi sentimenti (non tanto quelli che l'hanno portata a legarsi a Taddei, quanto il rapporto, molto ben narrato, che lei ha col padre il quale sembra sapere assai di più di quanto non dica), sia all'esterno, cioè nell'ambiente del suo lavoro quotidiano per scoprire le ragioni che hanno sconvolto le sue normali abitudini d'impiegata proiettandola all'interno di un mondo violento e corrotto.
All'autrice va riconosciuta una notevole scioltezza di racconto. Ha una scrittura lineare che non si perde in rivoli collaterali. E' come se avesse sempre presente la basilare raccomandazione di Gilbert Keith Chesterton, l'inventore di padre Brown: “il primo e fondamentale principio è che lo scopo di un racconto di mistero, così come di ogni racconto e di ogni mistero, non è l'oscurità bensì la luce. Il racconto è scritto per il momento in cui finalmente il lettore capisce, non per i tanti preliminari nei quali non capisce”. L'autrice non procede mai per vistosi colpi di scena. La sua abilità consiste nella scelta, e nella tenuta, di una felice tecnica di racconto la quale le consente una narrazione che pare scorrere quieta e fluida, solo di tanto in tanto agitata da leggere increspature (chiamatele pure perplessità, inquietitudini, curiosità della protagonista) o da piccoli gorghi (chiamateli pure situazioni ambigue, accadimenti non facilmente spiegabili a prima vista). Increspature o gorghi che però costantemente denunziano, per accumulo o per moltiplicazione, una nascosta tensione, una corrente sottomarina che inevitabilmente, alla fine, emergerà in tutta la sua drammatica evidenza.
Andrea Camilleri
 
 

La Sicilia, 9.7.2003
«Il turismo più del nome»
Polemica.
La Pro Loco di Porto Empedocle prende posizione sulla vicenda Vigata

«Invece di accapigliarsi sul nome del paese, perchè non si pensa a pulire le strade, rendendole vivibili?».
Ad alcuni giorni dall'affissione del manifesto anti-Vigata, da parte di un comitato di cittadini nostalgici della vecchia denominazione del paese, giunge una voce controcorrente. E' quella della Pro Loco empedoclina, o vigatese che dir si voglia, il cui presidente Paolo Savatteri non usa mezzi termini.
«La polemica sollevata è esagerata rispetto all'entità dei fatti, considerato che in pratica la parola Vigata risulta aggiunta alla segnaletica stradale e in qualche depliant turistico. Semmai - sottolinea il capo della Pro Loco marinara - si dovrebbe contestare l'incongruenza dell'iniziativa, in mancanza di una contestuale azione da parte dell'Amministrazione comunale, al fine di rendere il paese più presentabile e turisticamente proponibile. Risulta allora quantomai singolare che nella città dove l'erogazione idrica ha raggiunto turni non compatibili con la vocazione turistica, o che i servizi erogati alla popolazione non sono efficienti, nasca un comitato cittadino non per risolvere i problemi reali della comunità, ma per una questione che appare assolutamente irrilevante».
Savatteri incalza ancora: «senza dimenticare che le problematiche legate all'accoglienza turistica non sono affrontate nella giusta maniera, vedi la condizione delle spiagge, l'aspetto del centro storico, la pulizia delle strade, l'arredo urbano inesistente, le fioriere senza fiori e ridotte a cestini portarifiuti».
Il tutto, a poche ore dal ritorno nella sua Vigata di Andrea Camilleri, pronto a «tambasiari» fino alla fine del mese in un paese che spera di farsi apprezzare non solo nella fantasia.
Francesco Di Mare
 
 

La Nazione, 9.7.2003
Cronache Regionali

SIENA — «È' passato il tempo in cui Bach faceva allegramente, a piedi, un lungo viaggio per andare ad ascoltare un concerto. Oggi la musica arriva a domicilio esonerando l'uditorio da qualsiasi sforzo. Il senso musicale non può, però, essere acquisito né sviluppato senza esercizio». L'appunto di Stravinskij sprona il pubblico a una ginnastica mentale (d'ascolto e di educazione) per poterlo annoverare come un «complice del compositore». Tra gli intenti dell'Accademia Musicale Chigiana di Siena, guidata da Aldo Bennici, vi è verosimilmente anche questo.
[...]
Poi i due appuntamenti con l'opera lirica: «Il mistero del finto cantante» e «Che fine ha fatto la piccola Irene?». Due atti unici musicati da Marco Betta su testi di Andrea Camilleri, anche questi in prima assoluta, il 14 e il 15 al Teatro dei Rozzi.
[...]
David Toschi
 
 

La Repubblica, 9.7.2003
Giancarlo Fusco cacciatore di storie
La riscoperta di un giornalista narratore di grande talento

Gian Carlo Fusco era un giornalista narratore di grande talento, e un personaggio singolare, un cacciatore di storie grottesche, pietose e spietate; bravissimo a sorprendere i colori del sordido e dello squallore. Un cronista venturoso, che per rispetto della realtà da raccontare metteva un po´ del suo nell´evocare fatti e garbugli, tragedie ridicole, destini rovinosi (non sempre criminali). I suoi libri sono quasi sempre raccolte di «servizi» pubblicati da quotidiani o settimanali; il più noto è Le rose del ventennio (1958, ristampato nel 2000). Ora l´editore Sellerio ripresenta, con una nota di Andrea Camilleri, un´altra operetta memorabile: Gli indesiderabili (pagg. 160, euro 9), uscita da Longanesi nel 1962.
Chi erano i titolari dell´appellativo? Quasi tutti ex gangster, si intende di origine italiana, con trascorsi più o meno lunghi di emigrati clandestini e di pistole facili, rispediti dal governo degli Stati Uniti a quello italiano intorno al 1945. Tra questi malavitosi o ex sicari da pochi soldi, veniva incluso qualche onesto anarchico irriducibile classificato «pericoloso sovversivo». Il libro di Fusco offre una galleria di ritratti, un campionario vivacissimo, tanto crudo quanto comicamente compassionevole, di questa umanità italica dell´altro secolo.
Uno solo dei ritratti ha, benché rattenuta, una forza epica: la storia, che conclude al meglio la piccola saga stracciona, dell´anarchico Ezio Taddei, scrittore e puro seguace di Errico Malatesta. Scampò alle pallottole della mafia, morì nel 1956 al Policlinico di Roma. Il medico, al momento del ricovero, gli trovò il cuore in condizioni disastrate: «E´ come se glielo avessero calpestato», disse.
Alfredo Giuliani
 
 

La Stampa, 9.7.2003
Camilleri: e io presi la bicicletta e andai ai templi
Dalla prefazione a "Leggermente fuori fuoco", autobiografia di Robert Capa edita da Contrasto
 
 

Il Corriere dell'Umbria, 9.7.2003
Compagnia Teatrale Amatoriale
Il 13 luglio a Porto Empedocle
Riconoscimento per Sant'Enea

Perugia. Grande riconoscimento per la compagnia teatrale amatoriale Sant'Enea, di Perugia, che partecipa alla prima rassegna nazionale di teatro "Premio Città di Vigàta", che si tiene a Porto Empedocle fino al 13 luglio prossimo. L'idea della manifestazione è nata lo scorso aprile, quando lo scrittore Andrea Camilleri ha concesso a Porto Empedocle, dove è nato, la possibilità di fregiarsi anche del nome di Vigàta, il paese da lui inventato e reso famoso con le vicende del commissario Montalbano. È nata così l'idea di istituire un premio teatrale che desse spazio alle piccole e grandi realtà della penisola.
Hanno risposto al bando 56 compagnie teatrali da tutta Italia. Sono state selezionate cinque finaliste che si disputeranno il Premio. Tra queste, appunto, la compagnia Sant'Enea, che proporrà stasera "Non tutte le volpi finiscono in pellicceria", di Gianni Orsetti, per la regia di Giorgio De Virgillis. La compagnia Sant'Enea, fondata nel 1979, è un gruppo storico nell'ambito del teatro amatoriale umbro. Sorta spontaneamente per la volontà di un gruppo di amici che avevano in comune la passione per il teatro, ha privilegiato gli spazi decentrati, le piazzette, i teatrini di paese, intesi come ambiti da rivitalizzare, portando lo spettacolo a diretto contatto con il pubblico. La presidenza della giuria tecnica è stata affidata allo stesso Camilleri coadiuvato dall'attrice Fioretta mari, che è anche insegnante di dizione e recitazione.
Alessandro Piobbico
 
 

La Repubblica, ed. di Palermo, 10.7.2003
Il personaggio
Una giallista al Palazzo di giustizia

Magistrato per lavoro, scrittrice per passione. Christine von Borries, pubblico ministero di Prato «applicata» su sua richiesta alla Procura generale di Palermo, ha pubblicato "Fuga di notizie", un giallo intricato e appassionante, edito da "Il Ponte" di Firenze. In libreria a Palermo da oggi, il romanzo di Christine von Borries vanta il giudizio favorevole di Andrea Camilleri, che nella presentazione scrive: «L´abilità della scrittrice consiste nella scelta di una felice tecnica di racconto che le consente una narrazione quieta e fluida. Increspature o gorghi, pur presenti, denunziano una nascosta tensione, una corrente sottomarina che alla fine emergerà in tutta la sua drammatica evidenza».
Protagonista del romanzo è Irene Bettini, vicedirettrice dell´ufficio decimo del Sisde, dove ogni informazione viene catalogata nel più assoluto segreto. Giovane, preparata ed efficiente, Irene viene scelta da Roberto Taddei, direttore dell´ufficio sesto, che indaga su politici e imprenditori e sui loro possibili legami con la criminalità organizzata, per capire come funziona l´archivio. Christine von Borries è nata a Barcellona 38 anni fa da padre tedesco e da madre torinese.
Come è nata l´idea di scrivere un romanzo giallo?
«Ho sempre avuto la passione per la scrittura, ma non avevo mai avuto il coraggio di tentare questa strada. Alcuni anni fa mi sono decisa. Ho affittato una casa sull´isola di Brac, in Croazia, a un´ora di traghetto da Spalato, e in quattro settimane ho buttato giù una prima bozza. Ho scelto il genere giallo perché, essendo alle prime armi, era quello che sentivo a me più congeniale».
Quando ha conosciuto Andrea Camilleri?
«Sei anni fa. Mi trovavo a Firenze per la presentazione di un suo libro e, al termine dell´incontro, mi fermai a parlare con lui. Da lì è nata una bella amicizia. Poi gli feci leggere il mio racconto, rimasto in un cassetto della mia scrivania. Fu molto disponibile. Mi diede molti consigli che mi hanno aiutato a perfezionare lo stile narrativo».
Camilleri ha definito il suo libro, più che un giallo o un poliziesco, un romanzo d´indagine.
«L´analisi e l´intreccio prevalgono sull´azione. Ho dato maggior spazio alla descrizione dell´ambiente rappresentato, dei personaggi e dei loro atteggiamenti, ma non mancano i colpi di scena e un finale imprevedibile».
Lei ha già scritto il seguito di "Fuga di notizie".
«Prima di pubblicarlo aspetto di vedere come sarà accolto dal pubblico il primo. Per scriverlo stavolta sono andata in Sardegna, sull´isola della Maddalena. Si intitolerà "Salto nel buio" e sarà il seguito del primo giallo. La protagonista sarà sempre Irene Bettini, che questa volta lascerà il lavoro d´archivio per condurre sul campo un´indagine».
Come mai ha deciso di venire in Sicilia?
«Dopo aver lavorato come sostituto procuratore ad Alba, in Piemonte, e a Prato, ero desiderosa di fare un´esperienza professionale presso una grande Procura e così ho scelto di farmi trasferire per sei mesi a Palermo. E proprio in Sicilia scriverò, in estate, il mio terzo giallo. Ancora una volta ho scelto un´isola».
Marcello Greco
 
 

La Sicilia, 10.7.2003
Al via «Guardando il mare»

Agrigento. E' stato presentato ieri il calendario delle manifestazioni nell'ambito dell'iniziativa denominata: «Guardando il mare», viaggio sentimentale all'Emporio delle Emozioni. L'organizzazione è del Parco letterario «Luigi Pirandello» «Nelcerchiodelcaos».
[...]
Sono previsti anche gli incontri con l'autore a cominciare da quello, molto atteso, con lo scrittore empedoclino Andrea Camilleri che già lo scorso anno fu presente alla manifestazione riuscendo a calamitare l'attenzione di oltre un migliaio di persone. Gli altri incontri saranno con Pasquale Hamel, Natale Tedesco, Pio Nono Licata e Toti Ferlita. Saranno anche organizzate delle cene letterarie, visite guidate, concerti e mostre.
«Guardando il mare» è una delle opere più belle di Luigi Pirandello tanto che è stata scelta dagli organizzatori dell'iniziativa quale titolo della kermesse estiva. Chiaro il riferimento al mare africano da parte di Pirandello, un mare che amava tantissimo. Inoltre l'iniziativa è rivolta a tutti i turisti che affollano la nostra città in questi due mesi estivi e per l'occasione sarà possibile anche visitare la ristrutturata casa Natale dello scrittore, premio Nobel agrigentino.
Per informazioni sui viaggi sentimentali e quindi per partecipare bisogna chiamare il numero telefonico: 0922 - 512415.
Gaetano Ravanà
 
 

La Sicilia, 10.7.2003
Al premio città di Vigata «Sinceramente bugiardi»

Quarto appuntamento, stasera, alla villa Kennedy di Porto Empedocle, con la rassegna teatrale «Premio città di Vigata». La compagnia «Controscena» di Milano metterà in scena l'opera «Sinceramente bugiardi» di Alan Ayckbourn per la regia di Antonio Rosti. Commedia brillante che mette in scena due coppie alla prese con una interminabile serie di equivoci. Una coppia è sposata e desidererebbe non esserlo, l'altra non lo è e lo vorrebbe tanto. Le due coppie si ritroveranno a Villa dei Salici in una radiosa giornata estiva che nessuno potrà più dimenticare. Gli interpreti maschili sono Mario Nuzzo e Demetrio Triglia mentre i personaggi femminili sono Erica Nagel e Roberta Piccicuto che vestiranno rispettivamente i panni di Sheila e Ginny. L'ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti. Allo spettacolo sarà presente il regista Andrea Camilleri.
 
 

Le monde des livres, 11.7.2003
Camilleri, entre Simenon et Dumas
Le prolifique auteur sicilien donne l’un de ses meilleurs livres
LE ROI ZOSIMO (Il re di Girgenti) d’Andrea Camilleri.
Traduit de l’italien par Dominique Vittoz.
Préface de Mario Fusco, Fayard, 384 p., 20 euro.

En cinq ans, 19 romans d’Andrea Camilleri ont été publiés en français. Quand on sait qu’il s’agit, à cause de la particularité de son style, qui même à un italien parfois archaïque et rare des néologismes et des termes régionaux, de l’un des écrivains italiens les plus difficiles à traduire, on a de quoi être surpris. Le succès de cet auteur longtemps confidentiel a éclaté lorsque son personnage, le commissaire Montalbano de la ville -imaginaire - de Vigàta dans la province - elle réelle - d’Agrigente est soudain devenu populaire, sa notoriété étant augmentée par la television.
Camilleri a inventé un personnage, un langage, deux univers (car son œuvre est partagée en une série policière et un filon historique), un ton ironique, insolent, poétique.
Né en 1925, il n’a publié son premier livre qu’en 1978 - découvert par l’historien de l’art et de la littérature Salvatore Silvano Nigro - : autrement dit, à un âge relativement avancé; à un moment où il avait déjà derrière lui une carrière professionnelle de metteur en scène de théâtre et de scénariste de la télévision. Ses lecteurs se comptent désormais par millions. Il a bouleversé l’èconomie de la maison d’édition palermitaine Sellerio à laquelle il a assuré une veritable rente.
UNE MANNE
En France, il suffit de voir la façon dont les editeurs se sont partagé cette manne pour comprendre que le cas Camilleri n’est pas ordinaire: Fleuve Noir, Mille et une nuits, Metailié, Gallimard (avec la collection la plus pointue, c’est-a-dire “Le Promeneur”), Falmmarion et Fayard publient à un rythme effréné cet écrivait dont la fertilité évoque celle de Simenon, dont l’intelligence politique rappelle celle de son compatriote Sciascia, dont le pittoresque lexical et la liberté syntaxique peuvebt être apparentées aux trouvailles des ecrivains caribéens. Enfin, Camilleri a en Dominique Vittoz une traductrice exceptionnelle qui transpose son délire verbal en vieux français et en dialecte lyonnais. Comble du paradoxe, le lecteur français a besoin d’un glossaire (fourni en fin de volume) pour comprendre une phrase sur deux! Et, ici, s’ajoute de l’espagnol…
C’est en lisant par hasard un opuscule historique, en 1994, que Camilleri dit avoir eu l’idée de ce gros roman qui prend pour héros un paysan meneur d’une jacquerie dans la Sicile du XVIIIe siècle. Peu après son homoloque napolitain Masaniello, Michele Zosimo dirige, en effet, une révolte où se mêlent disette, peste, complots cléricaux, émeutes contre un roi de la famille indésirable de Savoie.
Camilleri à laissé jouer sa fantaisie, à partir d’un minimum, d’informations sur ce personnage à demi légendaire, qui tient du prophète et du brigand mythique à la Mandrin, et en s’appuyant sur une connaisance, elle,  très profonde de l’histoire de la Sicile et de son peuple. Plusieurs essais (1) ont prouvé l’érudition de cet écrivain soucieux de justice sociale: sa culture et ses critiques gênent la droite berlusconienne  qui l’a fait savoir. Curieusement, ce n’est toutefois pas la partie strictement politique de cette fresque historique qui apparaît comme la plus passionnante.
C’est plutôt ce qui précède la naissance de son héros et ce qui entoure sa mort: le dernier chapitre, qui est la montée à l’échafaud, est remarqueblement poétique, et le premier, qui raconte la vie de son père Gisuè, possède une vivacité  sensuelle, endiablée. Un enfant de Dumas, pensera un lecteur français. Un enfant de Manzoni, pensera un lecteur italien. On est dans un univers de manipulation, de domination, de sadisme social, où les êtres simples et beaux se révoltent.
L’intrigue compliquée qui aboutit à la naissance du héros est en elle-même un petit roman merveilleux. Avec une mention pour les scenes sexuelles, assez inénarrables (saint Jean de la Croix y met même son grain de sel). Version à la fois  grivoise et érudite d’un conte de fées, que la langue fantaisiste de Camilleri rend légère, gaie, imprévue.
René de Ceccatty
(1) Indulgences à la carte et Un massacre oublié (Gallimard, 2002) ou encore sa biographie de Pirandello (Flammarion, 2002).
 
 

La Sicilia, 11.7.2003
Lo scrittore dà forfait alla rassegna teatrale
Camilleri «disperso» a Vigata

«Che fine ha fatto Camilleri?» Tutti se lo chiedono a Vigata, ma in pochi sanno svelare il mistero.
Il papà del commissario Montalbano è tornato nella sua Porto Empedocle lunedì scorso, il giorno dell'inaugurazione della rassegna tetrale nazionale «Città di Vigata». Gli spettatori erano già seduti per assistere alla prima rappresentazione, in prima fila tutti hanno notato una sedia vuota, quella destinata proprio a Camilleri, coinvolto direttamente nella manifestazione, in quanto presidente di giuria. «Era molto stanco e a preferito rimanere a casa per riprendersi dallo stress del viaggio», hanno detto i bene informati per giustificare l'assenza dello scrittore, reduce da una stagione assai impegnativa. Stessa storia nelle due sere successive: «Deve riposarsi», ha fatto sapere la moglie, tanto da far nascere qualche preoccupazione tra i fans.
Ieri mattina, dopo un paio di giorni di voci che si sono rincorse freneticamente su possibili malanni «diplomatici», è trapelato che Camilleri ha la pressione arteriosa troppo alta, nulla di preoccupante, ma quanto basta a far consigliare al suo medico curante di prescrivergli una overdose di vita appartata, lontano da frizzi e lazzi.
Solo una «tampasiata» ogni tanto, quando il sole non picchierà troppo forte, per andare a trovare l'amico Stefano Albanese al Bar Vigata e bere qualcosa di fresco.
Il riposo forzato ha costretto lo scrittore a «dimettersi» dalla carica di presidente della giuria, in quanto assente alle prime due rappresentazioni.
In pochi però immaginano un Camilleri steso sul letto a non fare nulla. Secondo quanto filtrato tra i vicoli di via Roma, lo scrittore starebbe scrivendo le prime righe della sua nuova opera letteraria. Di cosa si tratti nessuno lo sa, ma a giudicare dal successo ottenuto negli ultimi anni, la notizia preannuncia risvolti assai interessanti. Più o meno lo stesso interesse che comincia a farsi spazio a Porto Empedocle, sul momento in cui si potrà vedere Camilleri a spasso in via Roma, magari con accanto gli amici di un tempo, come l'avvocato Gaglio.
In giro nella sua Vigata, da quattro giorni in festa per la rassegna nazionale di teatro di base, organizzata dall'amministrazione comunale e dall'associazione culturale «Terra di Vigata», diretta da Mario Silvano. Ogni sera mille persone assistono alle esibizioni delle compagnie giunte da tutta l'Italia. La presenza di Camilleri è comunque attesa per il galà finale della rassegna previsto per domenica prossima.
F. D. M.
 
 

Il Venerdì di Repubblica, 11.7.2003
La mia Babele
Tre gialli per l'estate

La verità è un cane segna l'ingresso nella giallistica di Nicola Quatrano, valente magistrato a Napoli. Il protagonista è non a caso il giovane pm Francesco Cardarelli alle prese con un intricato caso di omicidi in uno dei quali è rimasto ucciso il suo collaboratore. Il merito del racconto sta nell'andamento labirintico, così simile alla realtà. Quatrano porta il lettore in una galleria di specchi e lì a lungo lo lascia a interrogarsi su quale delle tante imrnagini sia quella che rimanda alla realtà. La tecnica accresce fascino e suspense, rafforzando la metafora di una vicenda che allude all'Italia in cui viviamo. Il titolo è spiegato nella narrazione e commentato da Andrea Camilleri nella bella prefazione.
Corrado Augias
 
 

La Sicilia, 11.7.2003
«Restauriamo il centro storico»
Ferrara. Il sindaco di P. Empedocle ha trovato la soluzione alla mancanza di posti letto per turisti

Fare del centro storico una sorta di maxi albergo. Questo è il sogno del sindaco empedoclino Paolo Ferrara, che nei prossimi giorni effettuerà un accurato soprallugo nella zona più antica della cittadina marinara, facendosi accompagnare dal capo dell'ufficio tecnico. L'intento del primo cittadino è quello di valutare le condizioni di staticità di quegli immobili vetusti e abbandonati dai legittimi proprietari, quindi vuoti da decenni. Un immenso patrimonio strutturale che l'amministrazione comunale non vuol disperdere.
Sfruttando i finanziamenti dell'Unione europea per la rivitalizzazione dei centri storici, Ferrara vuole insediare in Via Vittoria, Seddio e negli altri «budelli» limitrofi, vere e proprie case albergo, per compensare la cronica mancanza di posti letto per turisti.
A Porto Empedocle «tirano la carretta» dell'accoglienza solo due alberghi, entrambi di qualità, ma inadeguati quando arriva l'estate con migliaia di villeggianti diretti soprattutto nella Valle dei Templi. Agrigento meta dei visitatori di tutto il mondo, ma anche il centro empedoclino, da quest'anno Vigata, terra natia di Andrea Camilleri. Il sindaco e la sua amministrazione si sono infatti resi conto che i turisti di Porto Empedocle dovranno pur sempre andare a dormire da qualche parte.
Per evitare che la mancanza di posti letto possa distogliere il villeggiante appassionato del commissario Montalbano dalla voglia di visitare Porto Empedocle è necessario dunque correre ai ripari. E quale migliore occasione della rivitalizzazione del centro storico cittadino, fino a oggi abitato solo da qualche anziano e da una folta colonia di cani randagi che bivaccano nel parcheggio pluripiano, mai ultimato. Attorno alla mastodontica struttura, si abbarbicano una serie di casupole antiche, i cui proprietari non si sono mai curati di effettuarvi lavori di mantenimento, lasciandole al loro destino. Qualcuna di queste case diroccate è stata rasa al suolo dalla ruspa, messa in moto la scorsa estate dopo un crollo che per poco non causò una tragedia. Da quel giorno è scattata l'opera di monitoraggio del centro storico empedoclino, dal quale si è avuta la conferma che la zona non è da buttare o da mummificare.
Al posto delle mummie infatti, il sindaco Ferrara vuol piazzarci le case albergo per i turisti.
«Penso - ha detto il primo cittadino -sia giusto sfruttare tutto quanto di buono ha questo paese. La zona interessata nei mesi scorsi dalle demolizioni per motivi di sicurezza si presenta oggi sicura, ma non pienamente valorizzata».
Una volta effettuato l'accurato sopralluogo nel centro storico, i rappresentanti del comune andranno a cercare i proprietari degli alloggi abbandonati, per chiedere loro la disponibilità a cedere le strutture al patrimonio municipale, oppure se hanno intenzione di mantenerne la proprietà, provvedendo però a restaurarle. L'intento è quello di riportare la vita in un angolo della cittadina marinara che potrebbe diventare il fiore all'occhiello della Porto Empedocle dei prossimi anni.
Francesco Di Mare
 
 

La Sicilia, 11.7.2003
Teatro e musica nell'estate marsalese

Un'estate ricca di appuntamenti musicali, di teatro, di incontri culturali e di intrattenimento di vario genere, nel centro storico e nelle circoscrizoni, per soddisfare le aspettative e i gusti dei marsalesi e dei turisti che verranno a godersi le attrattive della città.
[...]
E poi, il 24 agosto in piazza Carmine «Un viaggio con Montalbano», proposto dal professore Lorenzo Calamia, per apprezzare la valenza linguistica di Camilleri.
Jana Cardinale
 
 

Il Tirreno, 11.7.2003
Santa Fiora diventa il paese della musica
Ospiti la Morante, Antonioni e Camilleri
 
 

La Stampa, 13.7.2003
L'Isola dei soli

Andrea Camilleri legge "Cuore di madre" di Roberto Alajmo: nella tragedia di tre solitudini, una metafora della condizione umana
 
 

La Repubblica, 13.7.2003
Il caso
È ispirato al premier il protagonista dell´opera tratta da Camilleri che debutta a Siena
In scena un Berlusconi da crociera

PALERMO - Il misterioso cantante imbarcato sulla nave da crociera è in realtà un importante presidente: porta scarpe col rialzo, racconta barzellette imbarazzanti e ha la ricetta segreta per sistemare l´Italia. Insomma, il Joe Bolton de Il mistero del finto cantante, l´opera da camera di Marco Betta tratta dal racconto di Camilleri che va in scena domani e martedì al teatro dei Rozzi di Siena, è una caricatura di Berlusconi. Il regista Rocco Mortelliti, autore del libretto, dice che il suo è un omaggio al presidente del consiglio, anche se in scena la qualifica del miliardario non viene mai pronunciata. «Lo spettacolo è tutta un´allusione - spiega Mortelliti - Io mi sono ispirato a Berlusconi per creare questo personaggio».
A interpretare il finto cantante sarà Ugo Dighero, ex padre Puglisi nella fiction di Albano. Per lui Marco Betta ha composto «delle melodie italiane stile anni Sessanta-Settanta che si intrecciano con un tessuto di musica classica contemporanea dai toni malinconici». L´opera, abbinata a Che fine ha fatto la piccola Irene?, fa parte del progetto dedicato al commissario Collura, il fratello minore di Montalbano ideato da Camilleri, costretto a indagare su una nave da crociera dopo una sparatoria. Cecè Collura sarà il tenore Luca Canonici, il soprano Denia Mazzola interpreterà la signora Spoto, il comandante della nave è il baritono Fabio Previati. «Questo Joe Bolton è un miliardario che torna sulla nave da crociera dove ha cominciato la sua carriera di comunicatore per rivivere i momenti più belli della sua vita - spiega Mortelliti - Tutti impazziscono per lui ma Collura si insospettisce perché scopre che porta i baffi finti. E quando smaschera la sua vera identità resta a bocca aperta. Alla fine, in accappatoio, Bolton telefona a un amico americano per spiegargli "l´Italia che ha in mente" e lentamente vola verso la graticcia del teatro grazie a un marchingegno».
Mario Di Caro
 
 

La Repubblica, 13.7.2003
Anche il Cavaliere in un'operina in prima alla Chigiana
Berlusconi e il giallo di Camilleri

Un ex politico rivive i sogni di gioventù esibendosi sotto le mentite spoglie di un cantante su una lussuosa nave da crociera. Con un riferimento esplicito a Silvio Berlusconi. Un soggetto innocente tinto però di giallo da Andrea Camilleri, a un racconto del quale si ispira «Il mistero del finto cantante», atto unico riscritto per il teatro e diretto da Rocco Mortelliti, genero dello scrittore - domani e martedì ore 21.15 al Teatro dei Rozzi per la Settimana musicale senese. Dalla raccolta di racconti «Il commissario di bordo» è cavata anche la seconda operina della serata, «Che fine ha fatto la piccola Irene?». Entrambe commissioni chigiane in prima assoluta musicate da Marco Betta. L'allestimento fa parte di un progetto a lunga gittata - inaugurato nel dicembre scorso a Bergamo con «Il fantasma della cabina» - che prevede quattro riduzioni operistiche da Camilleri. Protagonista il commissario di bordo Cecè Collura. Betta, compositore siciliano allievo di Gentilucci e Sciarrino, uso a fondere la musica delle antiche culture mediterranee a quella del nostro tempo e alla tradizione classica, ha cominciato a collaborare con il conterraneo Camilleri nel 2001 per la fiaba musicale «Magaria». Le operine dal «Commissario di bordo» appartengono al genere del Singspiel.
La recitazione convive con il canto: vi sono arie, duetti, concertati, così come recitazione sulla musica. Il cast è composto da Ugo Dighero, Denia Mazzola, Luca Canonici, Leonardo De Lisi. Federico Longo sul podio del Gruppo strumentale dell'Accademia Chigiana. Biglietti 6-20 euro. Info 057722091.
G.M.
 
 

Corriere della sera, 13.7.2003

Nel Corriere della Sera di oggi, in un articolo dove si cita quali libri leggeranno questa estate alcuni personaggi (Ciampi, Fiorello, Camilleri e altri) sono rimasta colpita dal calciatore Totti, che ha detto che è rimasto colpito dal commissario Montalbano alla tv e quindi si e' preso qualche libro di Camilleri per leggerli.
(segnalazione di Adriana)
 
 

La Sicilia, 14.7.2003
Prima oggi a Siena di due operine di Mortelliti e Betta ispirate a Camilleri

Dopo il successo al «Donizetti» di Bergamo con «Il Fantasma della Cabina», Rocco Mortelliti firma la regia e il libretto di due nuovi atti unici «Il mistero del finto cantante» e «Che fine ha fatto la piccola Irene?», commissionati per l'Accademia Chigiana dal direttore artistico Aldo Bennici, in scena in prima esecuzione assoluta stasera alle 21.15 (replica domani) al Teatro dei Rozzi di Siena. Musicate dal compositore siciliano Marco Betta le due operine sono tratte dai racconti «Il Commissario di bordo» di Andrea Camilleri.
 
 

La Repubblica, 14.7.2003
Il giudice, un giallo e la verità di Shakespeare
Nicola Quatrano, "La verità è un cane", Pironti

Nicola Quatrano, cinquant'anni, è magistrato a Napoli. In passato ha svolto il ruolo di pubblico ministero nella stagione di Mani Pulite. Ora ha scritto questo romanzo, un giallo. Protagonista è Francesco Cardarelli, giovane magistrato scrupoloso, forse "troppo" scrupoloso. Il cane (e la verità) del titolo sono tratti dal "Re Lear" di Shakespeare. Un libro che, come spieaga Andrea Camilleri nell'introduzione, "una volta cominciato è impossibile non finirlo".
 
 

La Sicilia, 15.7.2003
Il mistero buffo siciliano dell'Accademia di Sicilia

S'inizierà il 25 luglio prossimo la tournée estiva dell'Accademia teatrale di Sicilia con lo spettacolo "Mistero buffo siciliano". Il debutto sarà all'interno della Mediterranea Expò che si tiene a San Leone. Secondo appuntamento il 2 agosto del premio "Castello del Duca" che si svolgerà a Ioppolo Giancaxio. Mistero buffo siciliano è un viaggio all'interno della sicilianità con canti e racconti popolari, musiche d'epoca, poesia d'amore e di sdegno, proverbi, vanniate e brani tratti dalle pagine di Pirandello, Buttitta, Sciascia e Camilleri. Lo spettacolo coordinato dal regista Enzo Alessi è stato già presentato in diversi centri dell'isola e inoltre a Stoccarda, Tubinga, Savona, Loano, Varazze, Kalzruhe, Hennigen ed altri centro europei. Ovunque il successo è stato pieno grazie alla bravura di attori e musicisti. Lo spettacolo è previsto anche alla rassegna "Teatrando".
 
 

Carmilla, 16.7.2003
Camilleri secondo De Cataldo. E viceversa.
Proponiamo un incontro tra due dei massimi autori italiani di noir. Giancarlo De Cataldo, l'autore di Romanzo criminale recensisce Il giro di boa, l'ultimo Montalbano di Andrea Camilleri. Lo scrittore siciliano presenta subito di seguito Romanzo criminale del narratore-magistrato...

IL GIRO DI BOA
di Giancarlo De Cataldo

Più nirbuso che mai, il commissario Montalbano medita addirittura le dimissioni. La Polizia della caserma Diaz e di Napoli proprio non gli va giù. Così come non gli va giù che la legge Cozzi-Pini (alias Bossi-Fini) abbia trasformato validi funzionari in cacciatori di clandestini in fuga da miseria, massacri e carestia, e il Belpaese che fu in un’arcigna repubblichetta dominata dall’ossessione dell’invasore coperto di stracci e di cicatrici. Dimissioni, peraltro, sempre annunciate e mai pronunciate: e perché una volta ci si mette di traverso il catafero saponificato di un morto ignoto, forse addirittura resuscitato; e poi c’è un picciliddro nivuro nivuro che dev’essere riconsegnato alla madre (ma non sarà una falsa madre?) e poi e poi…
E poi, soprattutto, c’è quell’irriducibile sentimento di giustizia che ti impedisce sempre e comunque di voltare la testa dall’altra parte davanti alle schifezze del “Migliore dei Mondi Possibili”… Così Montalbano resta: e a dispetto dell’ottusità dei superiori e delle paturnie della lontana Livia, dell’astiosa propaganda di Televigàta e delle avancés della (troppo) vicina Ingrid, si tuffa (letteralmente) nella sua indagine più rischiosa, sino a giungere a capo di una maledetta storiaccia intrisa della terribile violenza che quotidianamente infliggiamo ai più deboli e ai più indifesi. E noi lettori accogliamo, una volta di più, il miracolo di questo nobile e anziano signore che, a quasi ottant’anni, invece di sfornare ricalchi di una riuscitissima e amatissima formula, testardamente percorre strade nuove, illuminando, con il faro fascinoso di una scrittura ormai familiare, l’inquieta “notte italiana” del nostro difficile presente.

ROMANZO CRIMINALE
di Andrea Camilleri
 
 

l'Unità, 16.7.2003
A Siena le avventure, in musica, del commissario Cecè Collura di Camilleri
Pare proprio il vecchio Silvio!

Siena. Mii!!! Che camurria ci aspetta! Ma niente paura, la spirènzia di Camilleri aggiusterà tutto. Ai successi del commissario Montalbano lui ha aggiunto quelli dei commissario Cecè Collura che sbroglia tutte le cose stramme a bordo di una nave in crociera. Qui le serate sono illegiadrite da un finto cantante, Jon Bolton, che intrattiene i passeggeri con canzoni degli Anni Sessanta. Sempre protetto da una guardia dei corpo che impone gli applausi, Jon racconta persino barzellette. Ma la curiosità fimmina è, e si avviano ricerche sul cantante. Risulta che si tratti di un tal Brambilla di Milano, che ha fatto fortuna e vuol rievocare il suo difficile ingresso nella vita, quale chansonnier a bordo di navi in crociera. Cecè, il commissario, se ne accorge che «chisto tutta sta voce non pare che l'havi», ma gli riconosce la capacità di far credere alla gente che la Luna è quadrata. Cecè vuole saperne di più. Lo osserva quando, prima di cantare, si rivolge a questo o a quella con un bel «mi consenta», anche per raccontare una barzelletta. Spesso, poi, Cecè vede che Bolton poggia le mani sui baffetti, come per fissarli meglio lì dove stanno. E così, un «mi consenta» qua, un «mi consenta» là, un «comunista» borbottato ad una tastiera che non vuole sparire quando lui schiocca le dita, spingono Cecè ad approfondire le ricerche. Si saprà che del cantante è finto non soltanto il nome di Bolton, ma anche quello di Brambilla, per cui Cecè vorrebbe informare la polizia. Ma si ferma tutto, e la camurria cresce. Il comandante (che sapeva ogni cosa) soffia nell’orecchio del commissario - imponendo il segreto - la vera identità dei cantante che è «il presidente del ...» puntini puntini, per cui nessuno saprà o chiederà più nulla. Sono otto i racconti di Camilleri dedicati al commissario di bordo, Cecè Collura, trasformati in libretti d'opera da Rocco Mortelliti (per l'occasione anche regista), affidati alla musica di Marco Betta, che si accosta al ciclo del commissario Collura. Ne ha già realizzati tre, ed è lieto di dar musica alle camurrìe segnalate da Andrea Camilleri, con l'ansia di rievocare canti antichi della Sicilia e del Mediterraneo, tramandati anche dalle nenie dei muezzin, tra i quali s'inseriscono risonanze dei jazz e di canzoni dei tempo che fu. Viene ripresa da Betta la tradizione del «Singspiel», cioè l'alternarsi, nel prevalente testo recitato, di suoni, canzoni e anche vere e proprie «arie». Il nucleo orchestrale, ben diretto da Federico Longo, è composto di dieci strumenti (quintetto d'archi, pianoforte, tromba, flauto, clarinetto e percussioni), liberati da camurrìe foniche, appagati da un melodiare tranquillo, intenso, anche appassionato. 
Al Mistero del finto cantante si è aggiunto quello intitolato Che fine ha fatto la piccola Irene?, puntato sulla affettuosa follia d'una madre che accudisce una bambola (le ricorda la figlioletta morta da cinque anni), anche correndo a darle il latte, appena sente che Irene piange. E il commissario scopre che il pianto proveniva da un registratore. Qui c'è la camurrìa di un presunto rapimento, che dà poi allo svolgersi della vicenda un coinvolgente crescendo drammatico. I suoni si fanno più emozionati e frammentati, più internamente partecipi, e sfocianti alla fine in una commossa «pietas». Nei panni della madre, è stata applauditissima Denia Mazzola, soprano di forte temperamento. Cantanti anch'essi di rilievo, oltre che vivacissimi attori, erano, nella precedente opera - con al centro il finto cantante e cioè il verissimo Ugo Dighero - Luca Canonici (il commissario), Fabio Previati (il comandante) e Paolo Ghigo, Patrizia Orciani, Leonardo De Lisi. Brillante e funzionale l'allestimento di Italo Grassi. Il tutto si è svolto nell'antico Teatro Dei Rozzi dove, per accrescere la gloria dell'Accademia Chigiana, che ha in corso la LX Settimana Musicale, il 1 agosto suonerà Maurizio Pollini. Le vicende del Commissario Collura avranno un seguito, a Roma, nel Teatro Nazionale, e lì contiamo di incontrare Andrea Camilleri, presente nello spettacolo senese con la registrazione d'una sua Introduzione e una sua Conclusione amara di previsioni (altre camurrìe in arrivo), dopo l'ultima "tirata" di Cecè: «... sfilano orrori di genti ca soffri ed è china di duluri. Chi troppo e chi nenti. C'è gente chi mori, pi fare arricchire autri ca dicunu: pensiamo nui pi vui ...».
Erasmo Valente
 
 

La Sicilia, 16.7.2003
Camilleri solo voce in 2 operine di Betta

Siena.  La voce grassa, cavernosa, e lievemente ironica, di Andrea Camilleri, registrata su nastro, apre e chiude le due operine da camera «Il mistero del finto cantante» e «Che fine ha fatto la piccola Irene» che su libretto di Rocco Mortelliti, regista dell'allestimento, e musica di Marco Betta, hanno debuttato in prima assoluta al Teatro dei Rozzi di Siena per la Settimana dell'accademia chigiana. Anche se il libretto non gli appartiene, Camilleri è l'essenza dell'operazione ricavata da un suo racconto «Il commissario di bordo»: quindi fa bene a intervenire. Si tratta della seconda parte di un ciclo operistico cominciato con «Il fantasma nella cabina». Eccolo venire in soccorso della rappresentazione per spiegare ciò che si vedrà in scena: un intrigo di personaggi indefinibili, tra i quali un misterioso cantante da piano bar (evidente l'allusione al Silvio Berlusconi pre-imprenditore); e, alla fine, ciò che si è visto: la vicenda piuttosto virtuale di una bambina rapita ma che non esiste se non nella fantasia malata di una madre invasata. Un messaggio, quello di Camilleri, per rassicurare lo spettatore sulle regole del gioco che per diversi motivi a tratti appare inesplicabile. La storia nella prima parte ha un andamento da commedia musicale, con situazioni da epoca dei «telefoni bianchi», poi, nella seconda parte del dittico, si vira verso il melodramma. In fondo, come ci ricorda Camilleri, si tratta di fatti che non si sa fino a che punto veri e fino a che punto finti, in bilico fra l'autentico e il falso. Rispunta così un pirandellismo di maniera caro allo scrittore. La musica di Betta è di un sinfonismo leggero, un commento alle azioni puntuale e delicato, godibile, bene eseguita dal gruppo strumentale dell'Accademia Chigiana diretto da Federico Longo. Bravi gli interpreti, che si alternano fra canto e recitazione: Luca Canonici, Fabio Previati, Leonardo De Lisi, Ugo Dighero, Paola Ghigo ma su tutti brilla Denia Mazzola che canta soavemente e accoratamente nel ruolo della madre vittima delle sue illusioni. Pubblico preso, prodigo di applausi.
Ettore Zocaro
 
 

La Sicilia, 16.7.2003
Dimenticato Pirandello

Dopo la «Vigata» camilleriana, ecco che salta fuori l'«Inisa» pirandelliana.
Da quando l'amministrazione comunale di Porto Empedocle ha deciso di associare al nome storico del paese, quello della località nata dalla fantasia di Andrea Camilleri, a qualcuno i conti hanno cominciato a non tornare più.
L'ultimo a rimanere perplesso, ma solo in ordine cronologico, è Paolo Cilona, storico agrigentino, appassionato dell'arte pirandelliana e per questo promotore di un'«operazione verità», tesa a riscoprire il valore del passato. «Inisa è il nome che Pirandello era solito dare nelle sue opere alla Porto Empedocle di cui era figlio e nella quale viveva. Inisa da Asini, come definiva alcuni empedoclini dei quali però aveva grande rispetto. Quegli stessi empedoclini che, diversi decenni dopo - sottolinea Cilona - si sono resi responsabili di un'iniziativa esclusivamente commerciale, e senza rispetto per il passato. Hanno dimenticato quel Luigi Pirandello, le cui mirabili opere sono immortali e che potrebbero essere davvero sfruttate dai contemporanei, per dare anche sviluppo economico e sociale». Invece, nella cittadina marinara hanno preferito sfruttare l'effetto generato dal papà del commissario Montalbano, piazzando la parola «Vigata» nei cartelli stradali, posti all'ingresso del paese.
«Avrebbero dovuto mettere Porto Empedocle-Inisa - spiega Cilona - in onore di colui il quale tanto ha fatto per questa terra che oggi, si fa attrarre dalle sirene del commercio che, alla lunga, svaniscono senza lasciare nulla di concreto».
Secondo l'appassionato di storia, «un esempio di come non porti a nulla di buono lo sfruttamento dei fenomeni letterari del momento arriva da Racalmuto, dove se non fosse per una Fondazione, nessuno ricorderebbe Leonardo Sciascia. La stessa cosa rischia di accadere a Porto Empedocle, dove tra dieci anni tutti si chiederanno il perché del nome Vigata, accanto a quello tradizionale del paese». Intanto, Cilona preannuncia la «campagna» di settembre, sul fronte della ricerca delle radici storiche della cultura locale. «Chiedendoci che fine abbia fatto il rispetto di Pirandello, daremo vita a una serie d'inziative tese a far capire a tutti l'errore fatto a Porto Empedocle», che per Cilona e «Inisa», ma che tanti empedoclini ormai amano chiamare Vigata.
Francesco Di Mare
 
 

La Repubblica, 16.7.2003
L'attore interpreta il nuovo antieroe della serie di RaiUno diretta da Riccardo Milani. Nel cast Omero Antonutti e Luisa Ranieri
La Omicidi. Ghini: io, commissario senza pistola

[...]
Lazzaro sembra parente stretto di Montalbano.
"Mi piace il paragone, idelamente si assomigliano, ma per il suo ruolo, il mio personaggio si occupa solo di morti. Squadra omicidi, lo dice il nome. Purtroppo capita che gli assassini non facciano errori: la realtà che raccontiamo è dura, il buonismo è abolito".
[...]
Silvia Fumarola
 
 

La Repubblica, 19.7.2003
In scena a Siena due operine di Marco Betta tratte da Camilleri
Quel finto cantante fa pensare a Berlusconi
Tornano le avventure del commissario Cecè
Un uomo politico ricco, milanese e quasi calvo torna a fare il cantante da crociera

SIENA - Dopo "Il fantasma della cabina" il commissario Cecè Collura si cimenta in altre due operine di Marco Betta tratte da Camilleri. Nel "Mistero del finto cantante" il solerte commissario di bordo individua ben presto l´uomo politico ricchissimo, milanese, tracagnotto e quasi calvo nel cantante da crociera che intrattiene i passeggeri con tanto successo. Il fatto è che avendo fatto in gioventù, appunto, il cantante da crociera, l´uomo ricchissimo torna momentaneamente a farlo per irresistibile nostalgia. C´è tutto: guardia del corpo, portavoce, consistente rinforzo dei tacchi delle scarpe, maquillage continuo, mania delle pacche sulle spalle, delle barzellette e delle canzoni. In più, aspirazione massima non prossima ma possibile, egli si assume in cielo.
In "Che fine ha fatto la piccola Irene?", l´infallibile Cecè è alle prese con un rapimento di neonata, e scopre subito che non c´è rapimento semplicemente perché non c´è neonata. C´è bensì una madre pazza che, avendo perduto da anni la figlia, non si rassegna e la rivive in una bambola con pianto incorporato che spaccia per figlia. La prima operina ha spunti comici che il regista, nonché autore della riduzione, Rocco Mortelliti, sfrutta e ravviva con facilità. La seconda non ha tale vantaggio e apre le porte al sentimentalismo: riesce quindi anche scenicamente meno viva.
Marco Betta da quando ha buttato alle ortiche la tonaca dell´avanguardia (allievo di Gentilucci e di Sciarrino) e abbracciato l´idea della musica facile, immediatamente comunicativa, è sempre più facile e si risparmia anche parecchio. Nella prima opera, visto l´argomento, l´approdo è la canzone: che sia anni 60 è trascurabile. Non che Betta scriva canzoni ma utilizza i mezzi della canzone. E il continuo ron-ron ereditato dal minimalismo, quell´eterno basso continuo ritmatissimo, lo aiuta a trovare l´aura canzonettistica. Nell´altra è l´aria operistica a sezioni ripetitive e intenzioni disperate a fornire il clima propizio. Tanto che gli interventi di Collura, del Comandante e degli altri risultano incongrui, come se appartenessero a altre opere.
Esecuzione musicale e scenica ineccepibile. Dirige i dieci bravi allievi della Chigiana Federico Longo, a sua volta allievo della classe di Gelmetti. Ricordiamo l´ottimo Cecè di Luca Canonici, Denia Mazzola nel ruolo della madre pazza e l´attore Ugo Dighero nel ruolo del canterino. Mortelliti, con le scene essenziali di Italo Grassi, compone uno spettacolo piacevole, inventivo e applauditissimo.
Michelangelo Zurletti
 
 

Il Gazzettino, 19.7.2003
Il miglior spettacolo della prima...

Il miglior spettacolo della prima edizione del festival teatrale "Città di Vigata", la città del commissario Montalbano che nella realtà porta il nome di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, è stato "Mentre i treni passano" di Barbara Ammanati prodotto dalla "Compagnia Patavina di Prosa Valentino Lago" di Padova, regia di Roberto Ceccato. Questa la motivazione del premio: "Per la capacità di ricreare un'atmosfera, per la perfetta aderenza ai personaggi da parte degli interpreti, per la precisione nella messa in scena". Prestigiosa la giuria presieduta da Andrea Camilleri, che ha consegnato il premio, e dalle attrici Fioretta Mari e Ida Carrara, moglie del compianto Turi Ferro. Premiati anche due interpreti maschili del gruppo padovano: Roberto Ceccato e Paolo Domenichelli. Al primo ("per il perfetto uso dello strumento vocale e la potente dizione e per l'alta prova d'attore nell'interpretazione") sono andati il premio del pubblico come miglior interprete maschile e il medesimo premio della giuria (ex equo con il salernitano Antonello De Rosa intenso interprete de "Cinque rose per Jennifer" di Annibale Ruccello); al secondo il premio della giuria come miglior attore non protagonista "per l'intensità e originalità nell'interpretazione del personaggio del capostazione Albert". Le compagnie selezionate provenivano da tutt'Italia. Il direttore del festival Giovanni Volpe ha voluto prediligere nella selezione una linea di ricerca su testi e messe in scena contemporanei. Ai valori tecnici e interpretativi ha invece guardato la giuria che si è avvalsa della prestigiosa presenza dello scrittore, ma prima ancora regista e autore teatrale e televisivo, Andrea Camilleri.
 
 

Corriere della sera, 19.7.2003
Commenti
Tutti lettori di gialli. Per dimenticare gli incubi di casa
Record di «thriller»: cinque milioni di italiani dichiarano di averne finito almeno uno nell’ultimo anno

Il giallo trionfa in letteratura, al cinema, in televisione. Ne parlano tutti, specie in Italia. Fioriscono saggi sull'argomento e articoli di giornale (gli ultimi sono di Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri) sul genere poliziesco, sul thriller, sul mistero, sul noir. Un’indagine realizzata dall’esperto di editoria Giovanni Peresson e pubblicata dal Giornale della Libreria ci informa che in tre anni la narrativa gialla è quasi raddoppiata: dal ’98 al 2001 siamo passati da 296 titoli a 563 l’anno.
La stessa indagine svela che più di cinque milioni di italiani dichiarano di aver letto almeno un giallo negli ultimi dodici mesi. Almeno uno. Incredibile. Il successo del thriller è confermato da un’inchiesta recente di Margherita d’Amico sul Corriere, secondo cui in spiaggia sarà un’estate tra noir e giallo.
Che cos'è questa voglia italiana di mistero, questa passione per un genere tradizionalmente negletto nel nostro Paese? Un mutamento del gusto o qualcosa che coinvolge anche la mentalità collettiva? Nel giro di pochi anni siamo diventati un popolo di produttori e di consumatori di mistero, di intrecci polizieschi, di noir. E' vero che la vita si preoccupa di sfornarcene a volontà, ma non basta. Non basta leggere tutti i giorni le cronache di fatti di sangue e di violenze più o meno spietate. Dunque?
Dunque, la letteratura offre quel tanto che è sufficiente a raggiungere la dose quotidiana di crudeltà di cui abbiamo bisogno. Sarà così? Non è detto. Diceva Pirandello che a differenza dell'arte la vita può fare a meno della verosimiglianza. E' più fantasiosa e imprevedibile. «In effetti - dice lo scrittore Carlo Lucarelli in un'intervista - quando scrivi devi continuamente chiederti se la storia sia credibile agli occhi del lettore». Se un narratore racconta la storia di un tale che per diciotto anni tutte le mattine esce di casa dicendo a sua moglie che va a lavorare (da medico) e invece se ne sta a zonzo tutto il giorno.
Se uno scrittore racconta una storia del genere, ci sarà sempre un lettore pronto a obiettare: ma come è possibile che la moglie, per diciotto lunghi anni, non telefoni una sola volta in ospedale per cercare il marito? Com'è possibile che prima o poi quel bugiardo non venga scoperto? Obiezione legittima. Poi ti accorgi che quel narratore (il francese Emmanuel Carrère) nel suo libro («L'avversario») ha raccontato fedelmente una vicenda davvero accaduta: davvero quel tale, per diciotto lunghi anni, ha fatto credere a sua moglie di essere un medico, salvo poi eliminare la moglie stessa e i due figli quando la verità stava venendo a galla.
La realtà può rivelarsi più incredibile, incongruente e contraddittoria della finzione. «A sangue freddo» di Truman Capote è l'esatta ricostruzione di un crimine feroce perpetrato nell'America fine anni '50, le cui contraddizioni solo la cruda realtà di quegli anni poteva concepire. E allo scrittore non restava altro che cercare di riprodurla. La vicenda autobiografica che James Ellroy narra ne «I miei luoghi oscuri», e cioè il terribile omicidio subito da sua madre negli anni Cinquanta, non potrebbe mai e poi mai essere il risultato di un'invenzione. Imperfetta e labirintica com'è. Siamo nella non fiction novel. Ma il giallo delle origini, rispetto a questo genere tipicamente americano, era tutt'altra cosa, intrattenimento per una borghesia colta.
Allora, si potrebbero capovolgere le cose. Forse l'insorgere della ferocia quotidiana raccontata dalla cronaca (specie in Italia) ha finito per depotenziare nelle fondamenta il thriller , il giallo, il noir , che per questo oggi è destinato a essere sempre più, anzi più che mai, un genere di intrattenimento (ritorno alle origini?). Dunque, di successo. I bambini mostri dell'ultimo libro di Eraldo Baldini faranno paura. Ma non vogliamo certo confrontarli con Erika... I serial killer di Faletti sono sicuramente più «gradevoli» di Minghella e Bilancia. Negli anni in cui la cronaca italiana irrompe nelle case con assassini che oltrepassano ogni immaginazione, il giallo d'autore, bello o brutto che sia, finisce per essere una buona terapia. Un po' come i cosiddetti reality show televisivi: li guardiamo con piacere perché sappiamo che la realtà è un'altra cosa.
C'è un patto inconfessato, tra produttore e consumatore, che stabilisce l'inganno. Si dirà che è sempre così, in letteratura: ma per il giallo c'è qualcosa di più. Forse di perverso. Meglio essere ingannati che immergerci nella crudezza insostenibile della vita. Già De Sanctis parlava di una costante vocazione dell'italiano all'autoinganno. Ora, se i gialli migliori sfuggono a questa vocazione, anzi vi si oppongono restituendoci da punti di vista inediti l'orrore del nostro tempo (ma molti si compiacciono di somigliare a certi sceneggiati tv), ciò non toglie che non contribuiscano a questo autoinganno. Buoni prodotti, che alzano il livello medio della letteratura e di cui i critici possono ragionevolmente compiacersi. Ma il cui successo ricorda ciò che il filosofo Baudrillard ha detto, recentemente, a proposito di «Matrix». Un modo efficace per mettere sotto chiave i nostri incubi.
Paolo Di Stefano
 
 

La Nazione, 21.7.2003
Spezia
La pm Ilda all'Eco del mare

FIASCHERINO DI LERICI — Eccola, Ilda Boccassini, impegnatissimo pubblico ministero dei clamorosi processi di Milano contro Berlusconi e altri, puntuale, nel fine settimana, a prendersi in bikini la prima (lo testimonia il colore bianchissimo della pelle) tintarella. E' arrivata sabato nella spiaggia dei vip dell'Eco del Mare di Fiascherino, dove le è stato riservato un posto in prima fila. Ilda «la rossa» — assicurano i vicini di ombrellone, era in compagnia di una amica, bionda, con la quale ha condiviso le ore di relax dedicate in parte alla lettura dell'ultimo libro di Camilleri. In disparte, sulla terrazza, hanno vigilato, sabato e ieri, sulla sua sicurezza e sulla sua riservatezza, due immancabili uomini della scorta.
 
 

Selezione Reader's Digest, 7.2003
Montalbano je suis...
... in francese si direbbe je suis Montalbano. Ma come si fa a rendere all’estero la difficile prosa di Andrea Camilleri? I suoi traduttori raccontano. 

“Montalbano sono!” Perché piace questo personaggio semplice, misantropo, disincantato e sarcastico? Forse perché è un burbero, ma di una durezza un po’ goffa, e di grande sensibilità e umanità. Un vincente per il solo fatto di essere leale e onesto fino in fondo. Il fatto è che il commissario disegnato da Andrea Camilleri piace anche all’estero, dove la particolare lingua dello scrittore siciliano potrebbe non essere assaporata, nelle sue tante sfumature, come da noi.
Montalbano oggi è conosciuto da francesi, tedeschi, portoghesi, spagnoli, greci, olandesi, danesi, norvegesi, finlandesi, svedesi. E poi da croati, polacchi, cechi, ungheresi, lituani, russi. Lo leggono anche in Turchia, Israele, Giappone, Corea, Stati Uniti. Come è stato però possibile riprodurre (e far piacere) storie così circoscritte a un ambiente e a una cultura tanto diversa, e scritte in una lingua così particolare? Insomma, che razza di vita hanno fatto i traduttori di Camilleri, per mettere nella loro lingua quel “Montalbano sono”?
FRANCIA
Siciliano e marsigliese
Una “r” arrotolata e dura, simile a quella siciliana, si usa anche nel sud della Francia. È quanto ha pensato Serge Quadruppani, scrittore e traduttore parigino adottato (per amore) dalla Sicilia, che con metodo e fantasia è riuscito a ottenere un risultato più che discreto: “Dovevo far sentire la diversità delle tre lingue usate da Camilleri” dice Quadruppani “e quindi ho usato il francese normale per tradurre l’italiano normale, mentre per l’italiano - siciliano di Camilleri ho preso in prestito parole ed espressioni dialettali al sud della Francia”. Per fare un esempio, “picciliddro”, bambino, dalle parti di Marsiglia si dice “minou”. “Purtroppo, però, i dialetti francesi non hanno un vocabolario così vasto come il siciliano”, spiega ancora il traduttore “e quindi alcuni termini sono andati persi: non c’è per esempio, un corrispettivo del siciliano ‘taliare’ (guardare) o di ‘spiare’ (domandare). Questo naturalmente dipende dal fatto che la Francia è stata unificata molto prima rispetto all’Italia, dove le lingue regionali sono ancora molto vivaci”. Le frasi in siciliano stretto sono invece state riportate così com’erano, traducendole tra parentesi. La casa editrice Fleuve Noir gli ha dato fiducia, facendogli tradurre tutta la serie di Montalbano. E insieme ci hanno “inzertato”, che, tradotto dal camillerese, significa che hanno centrato il colpo: il Maigret di Sicilia parla una lingua tutta sua, originale ed esilarante, e i suoi gialli vendono in media 30-40 mila copie ciascuno. Oggi Camilleri è l’autore italiano più letto in Francia e Quadruppani, suo amico, va spesso a trovarlo a Roma, città d’adozione di entrambi. Lui, il traduttore, ha una compagna palermitana (la traduttrice dei suoi libri in italiano), e per questo è doppiamente legato alla terra di Sicilia.
GERMANIA
Il rigore non è mai troppo
È l’altro paese europeo dove Camilleri è amatissimo. Moshe Khan (sotto, nella foto) ha rinunciato a qualsiasi libertà linguistica nel tradurre per la Wagenbah i suoi romanzi storici (da “La mossa del cavallo” a “Il re di Girgenti”) e altri libri come “Biografia del figlio cambiato” e “Le inchieste del commissario Collura” (una specie di epigono di Montalbano, al quale Camilleri fa risolvere una serie di misteri su una nave da crociera, e che lo scrittore farà forse incontrare con lo stesso Montalbano in uno dei suoi prossimi gialli). Non era concepibile l’uso dei dialetti, come il bavarese, usato nel sud della Germania: non avrebbe reso la mediterraneità del linguaggio. “Non c’è bisogno di alterare il linguaggio, perché le storie e l’ambientazione sono chiare di per sé”, dice Kahn, “così come la funzione del dialetto: ne ‘La mossa del cavallo’ per esempio, il dialetto genovese è trattato da Camilleri come una lingua forestiera anche per i lettori italiani.
Per ‘La concessione del telefono’  e ‘Il re di Girgenti’, ambientati rispettivamente nel 1800 e nel 1700, ho invece giocato con il tedesco antico e con quello stile indefinibile e aulico, che noi chiamiamo ‘della cancelleria’, e che è usato nelle lettere delle autorità”. Il rigore teutonico sembra comunque aver pagato in termini di successo: ogni titolo vende, nell’arco di due anni, almeno 80 mila copie. E Khan nel 2001 ha vinto un premio come miglior traduttore dall’italiano al tedesco.
PORTOGALLO
Un “vocabolario - Camilleri”
Dove i dialetti non esistono affatto, i traduttori non hanno potuto ricorrervi, anche se lo avessero voluto. Simonetta Neto (sopra, nella foto), madrelingua italiana, ha tradotto in portoghese per la Difel Difusao tutti i romanzi della serie di Montalbano, tranne l’ultimo, “Il giro di boa”. “La conoscenza della lingua di partenza è molto più importante, soprattutto in questo caso. Ho cercato di utilizzare forme che corrispondessero il più possibile a una lingua colto-popolare come è quella di Camilleri, e mi hanno aiutato amici siciliani”. Ne è venuto fuori un linguaggio colloquiale, non letterario, divertente quasi quanto l’originale. Anche in questo caso le frasi in dialetto stretto sono state lasciate così com’erano, spiegate con note a piè pagina. “Nonostante si sia perso inevitabilmente qualcosa, abbiamo avuto un buon successo”, assicura Simonetta. Andrea Camilleri è uno degli autori italiani più conosciuti in Portogallo, dopo Umberto Eco e Antonio Tabucchi. Lei, personalmente, ne ha tradotti altri, alcuni siciliani come Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino. Ma per Camilleri, solo per lui, si è creato un suo vocabolario personale: “L’ho chiamato proprio “vocabolario Camilleri”: è stato possibile e comodo farlo, perché sono tante le espressioni e le parole che si ripetono”.
OLANDA
La precedenza a Catarella
La casa editrice olandese Serena ha fatto tradurre da Patti Krone e Yond Boeke tutta la serie di Montalbano. Tranne, naturalmente, "Il giro di boa", da poco uscito qui in Italia. Anche in questo caso, il metodo di traduzione è stato vagliato e concordato con l'editore. ”Abbiamo cercato di darci regole particolari, per rendere il dialetto e il linguaggio strambo di alcuni personaggi, come Catarella (lo svampito centralinista del comando di Polizia)”, dice Annaserena Ferruzzi, italiana residente ad Amsterdam da circa trent'anni, fondatrice della Serena Libri, l'unica casa editrice olandese che, da quando è nata, nel 1997, pubblica solo romanzi tradotti dall'italiano.
"Sarebbe stato assurdo far parlare il commissario Montalbano in un dialetto dei nostri, come il frisone: sappiamo benissimo che i romanzi sono ambientati in Sicilia. Inoltre, la lingua olandese è anche un po' più “seria” di quella italiana, con cui possiamo usare molto più disinvoltamente termini volgari. Comunque i libri sono divertenti lo stesso, anche se qualcosa è andato perduto."
C'è stato anche un discreto successo di vendita (circa 1500 copie per i primi libri), specialmente se paragonato agli altri autori italiani. Solo "Il giorno della civetta" di Sciascia, dice l'editrice, è stato venduto quanto i gialli di Camilleri.
DANIMARCA
Stratificazione di stili
Nella terra di Amleto, Cecilia Jakobsen ha tradotto "La forma dell'acqua", "Il cane di terracotta" e "Il ladro di merendine" (che ancora deve uscire), per la casa editrice Fremad. "Ho rispettato la stratificazione di voci e di stili adottati da Camilleri, e ho cercato di usare molta fantasia e agilità linguistica. La resa danese non è poi così male, è vivace e divertente, e ha ottenuto un eccellente successo di critica."
Come tutti gli altri traduttori, Jakobsen si è trovata di fronte al siciliano popolaresco di Adelina, al 'taliano' di Catarella, al siciliano dolce dell'infanzia di Montalbano, al linguaggio colto e cordiale del primo questore, al 'burocratese' di certi impiegati e politici, alla stizzosità di Livia, al sarcasmo caustico di Nicolò Zito e della voce narrante, e via dicendo.
"Ho usato tutti i mezzi che mi offre la lingua danese, per seguire ogni cambio di tono e di registro stilistico", continua la traduttrice. "Tradurre i libri di Camilleri è il lavoro più divertente che mi sia potuto capitare. Catarella, per esempio, che pure mi ha creato non poche difficoltà, mi ha anche regalato dei momenti di grandissima ilarità, anche se non riuscirò mai a render giustizia alla calorosa comicità di cui è dotato questo personaggio." Ma a volte il compito è stato impossibile, ed espressioni come "madunnuzza beddra", o "càlia e simenza", che sono i semi di ceci e di grano abbrustoliti, sono rimaste tali e quali.
FINLANDIA
Aiuto dagli amici siciliani
Helina Kangas lavora per la più importante casa editrice finlandese, la Wsoy. Le sue traduzioni della serie di Montalbano costituiscono un’operazione più che sicura. “La forma dell’acqua” è uscito tre mesi fa, e se ne è parlato molto. “C’è un sito internet (www.vigata.org) dove si trova un grosso vocabolario delle parole camilleriane. E poi mi sono fatta aiutare da alcuni amici siciliani”, dice la traduttrice, che spiega come nemmeno nel suo caso sia stato possibile attingere ai dialetti locali: “Le nostre culture sono troppo diverse: così ho preferito usare un linguaggio normale ma molto vivace, colorito, colloquiale, a volte un po’ arcaico. Le frasi in dialetto stretto, invece, le ho lasciate tali e quali, traducendole poi in finlandese. Il fatto di lasciare inalterati termini come “Ciao”, “Amore”, “Signora”, oltre all’ambientazione in Sicilia, offre comunque un colore particolare alle storie”.
UNGHERIA
Effetto straordinario
La traduttrice è Lukacsi Margit, una ragazza di trentacinque anni che, per tradurre Camilleri, si è fatta aiutare da un professore italiano di origine lucana, residente in Ungheria da parecchio tempo. "In Ungheria non esistono dialetti forti come quelli italiani, e così ho dovuto creare una lingua immaginaria e artificiale, e vi ho inserito parole arcaiche." La sua intenzione, dice, era più che altro di produrre sul lettore un effetto di "straordinarietà": "Credo però di esserci riuscita. Ne è venuto fuori un linguaggio divertente, perché è molto diverso dalla lingua dominante, anche se perfettamente comprensibile". Il successo di pubblico, però, deve ancora venire, anche perché i quattro libri sono usciti tutti insieme lo scorso anno, ed è stata indubbiamente un’operazione complicata. La casa editrice è tedesca, ha una filiale in Ungheria, dove però non è molto conosciuta.
TURCHIA
Fantasia e movimento
Camilleri è arrivato in Turchia superando tutte le difficoltà relative a una traduzione in una lingua tanto diversa. Erdal Turan (nella foto) ha tradotto “La mossa del cavallo” e “La gita a Tindari”. Per il primo, sostiene, non ha avuto molti problemi, perché è lo stesso Camilleri a spiegare le parti che sono in dialetto genovese. Per quanto riguarda Montalbano, ha fatto ricorso prima a un vocabolario italiano-siciliano e a quello “camilleriano” che si trova su www.vigata.org. Ha usato a sua volta molta fantasia per movimentare il linguaggio e il risultato, secondo le persone che gli sono vicine, è stato positivo. Per il successo di pubblico, però, ancora bisogna attendere.
GIAPPONE
Un dialetto per tutti
Lo scrittore Chigusa Ken, autore di testi come “Dante e suoi discepoli” e “Come pensano gl’italiani” (ha cioè dedicato un’intera carriera alla nostra letteratura) ha tradotto per Kadowaka, “La voce del violino” e “Il ladro di merendine”.
“Per capire il dialetto di Montalbano, ho usato il dizionario siciliano-italiano di Arnaldo Forni”, spiega. Ma anch’egli ha dovuto creare una lingua giapponese artificiale, per riprodurre il gusto del dialetto.
“Per fortuna in Giappone i dialetti sono moltissimi, perciò è stato semplice inventarne uno che ne comprendesse molti. Credo che ne sia uscito un linguaggio divertente”.
Nonostante ciò, non tutte le 10 mila copie stampate sono state vendute.
Laura Lombari
 
 

Il Messaggero, 22.7.2003
Il caso
Girotondi e ds lanciano “tele-fai da te”
Una tv con talk show e comizi via satellite per protesta contro «il monopolio dell’informazione»

ROMA La piazza, certo: quella di stasera a Roma a due passi dal Senato, contro la legge Gasparri che sta per passare. Ma anche una promessa, anzi uno scoop: quello della televisione “fai da te” anzi due: una targata Girotondi e l’altra timbrata Ds che proprio in queste ore stanno nascendo con un precipitoso parto gemellare. La legge Gasparri, vista da sinistra, è semplicemente un sopruso. La legge sul conflitto di interessi, vista da sinistra ma anche un po’ da centro e da destra, è la riprova che il premier-magnate vuole gelosamente tenersi il suo impero comunicativo senza cederne una briciola. In più, agli occhi del popolo ulivista, l’avvento in Italia di Sky tivvu non farà che aggiungere una sottocostola quella del sodale berlusconiano Rupert Murdoch al corpaccione duopolistico Rai-Mediaset nella mani del Cavaliere. Però c’è LaSette? Che cosa? Quella televisione affidata all’orco forzista Giuliano Ferrara con “8 e mezzo”?
Così ragionano i girotondini. E questi sono i pensieri diffusi in molte parti dei Ds. Dunque, si è pensato di aggrapparsi al satellite. 
[...]
E attraverso parabolica e decoder, oltre che tramite il circuito di Italia Sette e di altre decine di emittenti locali, stanno cominciando a venir diffusi in tutta l’Italia e anche in Europa una serie di format realizzati direttamente dal movimento di Nanni Moretti. E curati dal bolognese Gianfranco Mascia che fra l’altro è autore con il regista di “Aprile” del recente libro “Dì qualcosa di sinistra”. Le parole per dirlo saranno interviste a personaggi famosi (Andrea Camilleri farà da star). Inchieste e talk show (il Santoro di TeleGirotondi non potrà essere Michelechi, sennò gli si ingarbugliano le cause in corso con la Rai). Dirette delle manifestazioni (a cominciare da quelle di stasera a piazza Navona) e lunghi documentari di 36 minuti. Già pronti e in parte mandati in onda venerdì scorso alla stessa ora di “Porta a Porta”.
[...]
Sul satellite girotondino, intanto ha debuttato uno dei nomi forti della programmazione: lo scrittore Carlo Lucarelli. Lamentandosi davanti alle telecamere: «Per noi autori di “gialli”, è problematico questo governo. Perché sta depenalizzando tutti i reati e noi non sappiamo più che cosa scrivere». O addirittura: «Non avrei mai potuto immaginare un “noir” nel quale il presidente del Consiglio fosse un assassino e non potesse essere processato». Poi arrivano i titoli di coda della trasmissione, con il logo “La legge è uguale per tutti meno”.
E adesso si vedrà se la legge (dell’audience) assolverà TeleGirotondi o sarà “ingiusta” come nel caso di Silvio l’impunito.
Mario Ajello
 
 

Libertà, 23.7.2003
Libri. “Gli indesiderabili” è l'inchiesta di Gian Carlo Fusco sui mafiosi italoamericani spediti in Italia dopo la guerra
Il ritorno a casa dei “picciotti” di Al Capone

Infuriava la guerra, sessant'anni fa, in quel tratto del Mediterraneo oggi battuto dalle carrette dei clandestini in fuga verso un miraggio di benessere e di libertà. Sulla costa africana gli Alleati, dopo avere sbaragliato i tedeschi di Rommel e gli italiani a El Alamein, aspettavano il momento giusto per attraversare il mare e sbarcare in Sicilia.
Intanto avevano preparato il terreno facendo arrivare dagli Stati Uniti alcune centinaia di italiani con qualche conto in sospeso con la giustizia: in molti casi si trattava di piccola manovalanza del crimine, ma non mancavano i "pezzi da novanta", da Lucky Luciano a Vito Genovese, il cui aiuto si rivelò prezioso per le truppe alleate.
Fu così che quando, nei primi giorni del luglio 1943, cominciarono gli sbarchi in Sicilia, gli angloamericani trovarono un'accoglienza favorevole da parte della popolazione e della "onorata società", la cui organizzazione si mise subito al loro servizio. Dopo avere risalito gran parte della Penisola insieme agli angloamericani, i mafiosi furono rispediti in America per scontare le condanne provvisoriamente sospese, ma una volta conclusa vittoriosamente la guerra il governo di Washington volle pagare il suo debito di riconoscenza nei loro confronti e ne rispedì in Italia quasi seicento. Gli "indesiderabili" arrivarono per nave, insieme alle scatolette del Piano Marshall. Viaggiarono in classe turistica, con un piccolo gruzzolo in ricordo di anni di baldoria e di delitti, e si stabilirono in piccoli paesi del Meridione, soprattutto in Sicilia, dove vissero in povertà, qualcuno rimuginando antiche vendette, la maggior parte cullandosi nella nostalgia dell'America lontana.
Solo pochi fortunati, come Lucky Luciano, continuarono a vivere come erano sempre vissuti, tra ristoranti alla moda, belle donne, cavalli e scommesse; una passione, quella delle corse di cavalli, che il boss si portò dietro fino alla morte, quando un infarto lo stroncò all'ippodromo di Agnano. Sulle tracce di questi "indesiderabili" si pose negli anni Cinquanta Gian Carlo Fusco, straordinario narratore e giornalista specializzato in fatti di costume e di malcostume. Fusco passò intere giornate con loro, soprattutto con i più poveri e sconosciuti, i manovali dimenticati della grande stagione del gangsterismo italoamericano, quando l'America era stata messa in ginocchio dalle malefatte di Al Capone, genio del crimine incastrato dalla giustizia grazie a una banale questione di tasse non pagate.
Adesso, a cinquant'anni di distanza, quell'inchiesta torna alla luce in un volumetto intitolato appunto Gli indesiderabili (Sellerio, 158 pagine, 9,00 euro), nel quale Fusco offre la prova migliore delle sue inimitabili qualità di cronista.
Attraverso le storie di una decina di gangsters in pensione, egli dipinge con vivezza un'epoca al tempo stesso violenta e romantica, raccontata con le parole dei suoi stessi protagonisti. C'è il vecchio gangster Frank Frigenti che tenta di estorcere a giornalisti creduloni in cerca di scoop qualche migliaio di lire promettendo loro una valigia di documenti che naturalmente esiste solo nella sua fantasia. E c'è un piccolo boss come Salvatore di Fonzi, che negli anni Trenta tutti chiamavano, racconta Fusco, "Saver Li Fonzi, detto Surgy (abbreviazione di surgeon, chirurgo) per la sua riconosciuta bravura col maneggiare gli arnesi del mestiere: coltello, rasoio, lesina da calzolaio, ago curvo da veleria fissato a un manico di legno duro, punteruolo spezzaghiaccio, qualsiasi lama di fortuna". Gian Carlo Fusco lo incontrò a Napoli, nello stesso ristorante frequentato abitualmente da Lucky Luciano, che però quel giorno non c'era: "Il commendatore, sabato e domenica, quando non va a Ischia o a Capri per ricrearsi, lo trovate al galoppo di Agnano. Va pazzo per i cavalli!", lo informò il cameriere mentre gli indicava il tavolo a cui Di Fonzo pranzava con la moglie.
Il colloquio con questo "indesiderabile" - "Quello in America ci ha arricchito i beccamorti, signo'", gli disse ancora il cameriere - apre un'altra finestra sul gangsterismo americano, attraverso il racconto dell'interrogatorio che Di Fonzo aveva subito nel 1951 dinanzi alla Commissione senatoriale sul banditismo presieduta dal senatore Estes Kefauver. Quando Kefauver l'aveva invitato a dire tutto quello che sapeva su Frank Costello, Alberto Anastasia e Vincent Mangano, Di Fonzo aveva replicato: "Mister senator, io che posso sapere? Io sono la metà di zero. Io posso dirvi solo questo, che voi americani siete nati dentro una 'saffe' (che laggiù sarebbe la cassaforte) coi pezzi da cento sotto la testa per cuscino. E vostra madre, invece del sonaglino, vi moveva monete d'oro vicino all'orecchio. Ma noi laggiù, nel napoletano, siamo nati dove i vostri cani non vorrebbero stare. Abbiamo succhiato sangue invece di latte e mangiato le porcherie che voi, qui, non gettate nemmeno ai 'piggi' (che in America sarebbero i porci)... Ma per non vivere come porci, cosa potevamo fare noi, disgraziati, figli di disgraziati, nipoti di disgraziati, fratelli, cugini e compari di disgraziati?
Noi potevano solo scampare a una vita da porci, solo facendo cose da porci." Fra i tanti personaggi incontrati da Fusco c'è anche Napoleone "Lu" Grisafi, rimpatriato nel 1952 senza una lira in tasca. Fu salvato dalla miseria più totale da un maresciallo dei carabinieri che gli procurò un posto di guardiano in una masseria: ebbe così un tetto e un pasto caldo, ma questo non fu sufficiente a metterlo al riparo dall'odio, un odio antico e inestirpabile, a causa del quale sarebbe stato ucciso nel 1955, al termine di una lunga catena di vendette trasversali.
A circa vent'anni dalla sua morte, avvenuta nel 1984 all'età di sessantanove anni, Gian Carlo Fusco viene riscoperto con colpevole ritardo: se la Sellerio nei mesi scorsi ha riproposto i libri più significativi del giornalista spezzino - come Le rose del Ventennio, sugli anni del fascismo, e Guerra d'Albania, cronaca amara di una delle prime imprese della seconda guerra mondiale, - è in libreria in questi giorni anche La colonna (Baldini & Castoldi, 408 pagine, 16,30 euro), un'antologia curata da Oreste del Buono che raccoglie i testi della rubrica quotidiana di costume - intitolata, appunto, La colonna - che Fusco tenne sulle pagine del Giorno tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Sono ritratti ironici, amari, talvolta persino crudeli o irriverenti, di un mondo ormai scomparso, di un'Italia sempre in movimento tra Cinecittà e Portofino, tra via Montenapoleone e Forte dei Marmi.
La loro incisività e la loro arguzia, tuttavia, sono ancora lontane da quelle degli Indesiderabili, "un racconto - come scrive Andrea Camilleri nella prefazione - tanto magistrale da trasformare in personaggi, che paiono inventati con estro inesauribile, persone realmente esistite".
Carlo Scaringi
 
 

La Sicilia, 23.7.2003
Tanti novelli Camilleri

Sarà l'inevitabile «effetto Camilleri» che travolge il mondo culturale agrigentino portandolo alla ribalta, oppure il pubblico è maturato e, con occhio critico, apprezza la produzione letteraria nostrana. Sta di fatto che diversi scrittori della nostra provincia cominciano ad affacciarsi timidamente sul difficile mercato della nostra cittadina tradizionalmente restia a comprare e, soprattutto, a leggere libri. Forse perché ancora legati al residuo culturale che dipingeva lo scrittore come soggetto stravagante, con la testa per aria, fuori dagli schemi sociali, lontano dal mondo. Poco o nulla di tutto questo hanno gli scrittori agrigentini che ci accingiamo a conoscere in questa pagina. Gente normale. Professori di lettere, psicoterapeuti, bancari, cavalieri, tutti accomunati da un'unica passione: lo scrivere. Partecipano a concorsi letterari, vincono premi di poesia, di narrativa a livello nazionale che portano a casa silenziosamente all'insaputa di tutti, anche degli amici più cari. Ed invece, se li vai a trovare scopri che sullo scaffale, hanno targhe e riconoscimenti. In certi casi sono più conosciuti e apprezzati fuori.
Chi sono i nostri «ospiti»? Uomini che fanno vivere idee e sogni ai loro personaggi coinvolti in labirintiche avventure che aprono la porta dell'«Io» alla scoperta di una dimensione interiore impossibile da conoscere se non attraverso l'arte, catartica, dello scrivere. Un'arte che in certi casi spinge l'artista a scavare con la memoria in episodi storici, a ripercorrere le tappe di un'esistenza segnata dal dolore. Altre volte, i nostri scrittori, scandagliano l'animo di figure umane, per lo più femminili, estremamente interessanti che si spogliano dei preconcetti sociali, dei tabù, dei vincoli che una piccola cittadina di provincia impone.
Giusy Galvano
 
 

La Sicilia, 24.7.2003
Due romanzi di Camilleri diventano film

Agrigento. Potrebbero iniziare già in autunno le prime fasi di lavorazione per due nuovi film tratti da altrettante opere dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri. Si tratta di due romanzi storici, «Il birraio di Preston» e «Il re di Girgenti». La realizzazione dei progetti dovrebbe essere certa dato che a confermarlo è l'ex presidente della Rai.
"C'è un accordo - ha detto Agostino Saccà - col coproduttore Carlo degli Esposti della Palomar che si sta per chiudere e che era già stato già approvato dalla precedente gestione e confermato dal nuovo Dg. E' una nostra scelta editoriale non produrre Montalbano quest'anno né all'inizio dell'anno nuovo. Se ne parlerà nel 2004 e per avere pronte le nuove puntate nel 2005 perché nel frattempo vogliamo dare spazio ai romanzi storici di Camilleri Il birraio di Preston e Il re di Girgenti. In questo modo teniamo vivo l'interesse su Vigata e facciamo riposare il prodotto che anche alla terza replica ha ottenuto risultati importanti».
A confermarlo fra e righe è lo stesso Andrea Camilleri. «Io sinceramente di questa cosa non ne so nulla... di ufficiale. - ha dichiarato lo scrittore - Anch'io ho delle voci che circolano. Credo che faccia parte, anche Il re di Girgenti, di un pacchetto che il produttore di Montalbano ha presentato alla televisione italiana. Non ne so l'esito, per ora, nel modo più assoluto».
Il romanzo «Il birraio di Preston» narra il susseguirsi di intrighi, delitti e tumulti seguiti alla incomprensibile determinazione del prefetto di Caltanissetta, il toscano Bortuzzi, di inaugurare il teatro di Caltanissetta con una sconosciuta opera lirica, dal titolo appunto de «Il birraio di Preston». Ne «Il re di Girgenti», invece, liberamente ispirato ad una rivolta contadina avvenuta ad Agrigento ai tempi della dominazione spagnola, i personaggi si muovo in luoghi molto facilmente identificabili della città dei Templi.
Per l'intera zona la realizzazione delle riprese sui luoghi originali delle due opere sarebbe davvero una manna, soprattutto dal punto di vista turistico e promozionale ma, all'entusiastica ipotesi che i film vi possano venire girati è l'autore stesso a frenare, specialmente per quanto riguarda "Il re di Girgenti": «La location di un film come "Il re di Girgenti" è molto complessa perché è una Sicilia fine seicento, inizi settecento che credo che sia più facile ricostruirla in studio che girarla dal vero».
Fabrizio La Gaipa
 
 

La Sicilia, 24.7.2003
Oggi consgilio a Serradifalco
«Cittadinanza» a Camilleri e scelta del nuovo presidente

Serradifalco. Si riunisce quest'oggi alle 18 il Consiglio comunale
[...]
Sempre nell'ambito della seduta odierna, sono anche previsti due punti relativamente al conferimento o meno della cittadinanza onoraria al professore serradifalchese (ma residente a Pavia) Pietro Speziale e allo scrittore empedoclino Andrea Camilleri che, all'interno dei suoi romanzi, ha avuto modo in più di un'occasione di citare nomi, persone, vie e fatti del comune di Serradifalco nel quale ha per altro abitato per un certo periodo di tempo nel corso della seconda guerra mondiale.
[...]
Carmelo Locurto
 
 

Liberazione, 24.7.2003
Musica alle pendici dell'Amiata

E' iniziato oggi e terminerà il 5 settembre il festival internazionale estivo di Santa Fiora (Grosseto), che per il quarto anno consecutivo porta, nei luogo più caratteristici del Monta Amiata, ben 28 concerti di musica classica, jazz e tango, solisti e direttori di fama internazionale. Tra i membri del comitato d'onore internazionale del festival di Santa Fiora, spiccano Michelangelo Antonioni, Ivor Bolton, Andrea Camilleri, Rita Levi Montalcini, Zubin Mehta, Laura Morante, Mstislav Rostropovich.
 
 

La Repubblica, 24.7.2003
Ci consenta, siamo già un milione
Paolo Boccacci
 
 

l'Unità, 25.7.2003
Racalmuto tra Camilleri e Pirandello

Teatro sotto le stelle, ma non solo. Nella città natia di Leonardo Sciascia, dove di recente è stato riaperto lo storico teatro locale, il Margherita, quest'estate sarà caratterizzata da eventi culturali di alto livello. Così il cartellone estivo del teatro, riaperto con la direzione artistica di Andrea Camilleri, spazia dal teatro alla musica, dal cinema alla letteratura. Oggi Andrea Camilleri riceverà la cittadinanza onoraria di Racalmuto. Domani e il primo agosto sarà di scena Pirandello, con Il Signore della Nave e la Favola del figlio cambiato, portato in scena dagli allievi del laboratorio di recitazione di Giuseppe Dipasquale. Seguiranno serate musicali e incontri culturali. Politici e letterati a confronto: Piero Fassino, Enzo Bianco, Fabio Granata dialogheranno con gli scrittori Roberto Alajmo, Santo Piazzese, Pasquale Hamel, Giosuè Calaciura. Ci dice Camilleri: “La linea che ispira questo evento, è quella di una cultura aperta a tutti. Una cultura come partecipazione democratica, come modo di interagire con gli altri. La stagione teatrale che dura tutto l'anno, che si sposta all'aperto, diventa luogo di socializzazione, dimensione di scambio umano. L'idea di un teatro che non chiude, esprime una linea di continuità, senza steccati”. E aggiunge: “Vorrei che si ponesse attenzione alla varietà delle attività culturali che si svolgono e si svolgeranno a Racalmuto. I laboratori teatrali estivi, ad esempio, sono il simbolo del teatro come divulgazione culturale, ma anche primariamente come formazione. Formazione, è un concetto essenziale. Non si può far vivere nessuna arte senza la trasmissione del sapere, senza la comunicazione. Ed i laboratori teatrali con i giovani, sono l'emblema di questa trasmissione del sapere, o meglio della complessa dimensione che è il teatro”.
Salvo Fallica
 
 

La Provincia Pavese, 25.7.2003
Racalmuto
Riconoscimento per Camilleri

PALERMO. Lo scrittore Andrea Camilleri ideatore del commissario Montalbano da domani sarà cittadino onorario di Racalmuto, la città di Leonardo Sciascia. La manifestazione si terrà questa sera alle 19 presso il nuovo spazio culturale del giardino del castello Chiaramontano e aprirà la stagione estiva del teatro «Il sipario del cielo», diretta dallo stesso Camilleri e dal regista Giuseppe Dipasquale, che si concluderà il 10 agosto.
Andrea Camilleri è anche il direttore artistico del teatro Regina Margherita, riaperto, dopo quarant'anni, lo scorso febbraio in occasione della visita del presidente della Repubblica Ciampi.
«Per il suo impegno nella riapertura del teatro - si legge in una nota - per aver voluto associare il suo nome a quello della rinascita culturale del nostro paese, la città di Racalmuto, onorata di poterlo avere tra i suoi concittadini, è orgogliosa di concedere la cittadinanza onoraria al Maestro Andrea Camilleri».
 
 

LibriAlice, 25.7.2003
Camilleri: crisi di ispirazione?

In una intervista al quotidiano La Sicilia, Andrea Camilleri ha dichiarato che da qualche tempo non riesce più a scrivere perché indebolito dalle cure mediche contro l'ipertensione. Prima di trasferirsi da Porto Empedocle nella sua casa in Toscana di Santa Fiora per una vacanza, ha avuto la visita dei direttori editoriali di Rizzoli e Mondadori ai quali non ha promesso nessuna nuova opera. Siamo comunque in attesa di un nuovo romanzo storico che uscirà in autunno per Sellerio e che si chiamerà "La presa di Macallè".
 
 

La Sicilia, 28.7.2003
I siciliani secondo Camilleri
«Siamo cani bastardi ma più intelligenti di quelli col pedigree»

«Siamo cani bastardi, più intelligenti di quelli col pedigree». A dirlo è Andrea Camilleri, ieri mattina seduto al tavolo del Bar Vigata, all'ingresso di Via Roma a Porto Empedocle. Pensieri e parole espressi però non al suo amico Stefano Albanese, ma nientemeno che alla Bbc, sbarcata ieri con una troupe per spiegare ai telespettatori inglesi cosa vuol dire turismo culturale in Sicilia, parlandone con il fenomeno letterario del momento. E Camilleri ha rotto gli argini, spaziando su tutto il fronte della discussione, senza risparmiare battute e commenti. Per esempio rispondendo alla domanda sulle recenti polemiche con il sottosegretario Gianfranco Miccichè, che lo accusò di sputare sul piatto dove mangia utilizzando il suo scrivere, Camilleri, senza nominarlo, ha ribattuto dicendo che «nessuno in Italia obbliga la gente a comprare i miei libri. Questo il sottosegretario lo deve sapere, anche perchè dovrebbe essere contento che si attua al meglio il concetto di liberismo tanto a cuore a lui e al suo partito. Ho venduto 10 milioni di libri e continuerò a scrivere come ho sempre fatto, senza paura di nessuno perchè tutti sanno come la penso politicamente».
Dopo gli screzi dialettici e ideologici con Miccichè, la giornalista della Bbc ha toccato il tema mafia.
«Non scrivo di mafia perchè non voglio romanzare sui mafiosi, su quello che fanno, nobilitandone le gesta. E' un male che si deve affrontare con attenzione e farne romanzi non penso sia corretto».
E poi, sotto con la descrizione dei siciliani. «Abbiamo avuto ben 11 dominazioni e siamo temprati a tutto. Siamo come i cani bastardi che non temono alcun tipo di malattia e sono più forti e intelligenti dei cani con tanto di pedigree. La Sicilia è cambiata e le dominazioni hanno formato la cultura che oggi ci è propria coi suoi pro e contro».
E poi l'intimidazione al sindaco di Porto Empedocle Paolo Ferrara. Anche in questo caso, Camilleri è stato estremamente chiaro, davanti alla sua bottiglia da mezzo litro di birra fresca.
«Ferrara è stato minacciato per quello che ha fatto, non per quello che non ha fatto. Questa gente che usa le intimidazioni per andare avanti, lo fa perchè non vuole che la Sicilia cambi e migliori. Per usare parole di Pirandello possiamo dire che la vorrebbero feudalmente immobile. Non accetto la passività tipica dei condannati a subire questo stato di cose. E' necessario ribellarsi a questa cappa opprimente. Ci vuole che la base si attivi, cioè la gente. E' impensabile che un sindaco sia da solo, visto che è stato eletto dal popolo, direttamente. Dalle nostre parti non si elegge l'uomo di un partito, ma solo l'uomo, con la sua faccia, con la sua famiglia e deve essere stato eletto per forza coi voti di qualcuno, per la miseria!».
E qui il papà del commissario Montalbano cita ad esempio il caso del teatro Regina Margherita di Racalmuto. «C'è voluto un sindaco coraggioso per mettersi alla guida della sua gente e riaprire il teatro dopo 40 anni. Bisogna che la base si ribelli, aiutando questi sindaci di frontiera ai quali va il mio appoggio e incoraggiamento a continuare sulla strada del fare». Sull'abusivismo edilizio Camilleri ha raccontato alla Bbc la storia «di un ex sindaco di Agrigento -del quale non ha fatto il nome - rinviato a giudizio perchè aveva costruito una casa abusiva nella Valle dei Templi, modificando un porcile».
«Dalle nostre parti - ha testualmente concluso Camilleri - si dice che "u pisci feti da testa"».
Francesco Di Mare
 
 

La Sicilia, 28.7.2003
I detenuti? Tifano per il commissario Montalbano

PALERMO - «Pensieri senza barriere», è il libro di poesie scritto dai detenuti del carcere di Agrigento presentato questa mattina, alla presenza, fra agli altri, dello scrittore di Porto Empedocle Andrea Camilleri, che ne ha curato la prefazione. Alla manifestazione curata dalla direttrice del carcere Laura Brancato, erano presenti anche il procuratore della Repubblica di Agrigento Ignazio De Francisci e l'avvocato Vincenzo Livatino, padre del giudice Rosario assassinato dalla mafia.
La cerimonia ha avuto anche momenti di commozione, soprattutto quando a nome di tutti i reclusi, un detenuto ha preso la parola sottolineando che momenti come quelli che si stavano vivendo sono importanti perché dimostrano, ha detto, che non si è emarginati e che per tutti vi è una speranza. «Credo più nella volontà degli uomini a riabilitarsi, che nelle strutture che dovrebbero portare alla riabilitazione - ha detto Camilleri - ritengo fondamentale la volontà di mantenere questi contatti con persone che emarginate poi non sono».
Poi un momento di relax, una battuta sui suoi personaggi. «Anche qui - ha detto lo scrittore - come ebbi modo di constatare pure a Rebibbia, i detenuti tifano per il commissario Montalbano un uomo di legge, che sta dall'altra parte della barricata».
 
 

La Sicilia, 29.7.2003
Camilleri, un giorno in carcere con un libro di poesie
Visita nel penitenziario di Agrigento.
Lo scrittore presenta «Oltre le sbarre». «Anch'io nel '43 sono stato detenuto»

Agrigento.  «Anch'io sono stato, seppure per una sola notte, in carcere. Quindi mi sento molto legato a voi che state scontando i vostri errori». Andrea Camilleri che ieri per la seconda volta si è recato al carcere di contrada «Petrusa» ad Agrigento ha lasciato tutti senza parole raccontando un episodio che in pochi erano a conoscenza e che risale all'ottobre del 1943. «Sono stato catturato da due americani e rinchiuso al carcere di San Vito (l'ex istituto di pena della città dei templi) che al confronto questa struttura è una reggia, senza sapere perché. Ero stato scambiato addirittura per un fascista. Quando sono stato tradotto in cella, mi sono ritrovato con una cinquantina di detenuti. Ero spaventatissimo anche perché non avevo fatto nulla di male. I miei compagni di cella si sono accorti che tremavo come una foglia e mi hanno detto: non temere, qui siamo tutti ladri. Fortunatamente l'indomani sono riuscito a chiarire la mia posizione e sono stato rilasciato. La direttrice del carcere (Laura Brancato ndr) è ancora alla ricerca negli archivi della mia scheda, ma non è ancora riuscita a trovarla».
E' stato un detenuto a far sapere all'intera platea (c'erano molte personalità a cominciare da Sebastiano Ardita direttore generale dell'ufficio detenuti del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) che Camilleri aveva conosciuto il carcere. Lo scrittore è rimasto anche molto divertito perché lo stesso detenuto ha esordito con «lei è stato un nostro collega».
Andrea Camilleri subito dopo ha spiegato che per lui il carcere è un luogo dove ogni essere umano può trascorrere una parte della propria vita. «Basta un nonnulla - ha detto - e si finisce in un istituto di pena, per questo motivo dico sempre che il detenuto è una persona che va rispettata allo stesso modo di come si rispetta qualsiasi uomo».
Lo scrittore empedoclino si è recato al carcere di Petrusa per presentare il libro di poesie dal titolo «Oltre le sbarre» scritto dagli stessi detenuti. Lui ha curato la prefazione. «Lo avevo promesso lo scorso anno - ha detto ancora Camilleri - e non ho voluto mancare alla parola data. Ho promesso pure che scriverò un qualcosa di inedito, magari un piccolo romanzo, proprio per i detenuti di Petrusa e lo farò. Al momento non posso perché sono impegnato con l'ultimazione del libro "La presa di Macallè» che uscirà nel prossimo mese di ottobre. Gli amanti di Salvo Montalbano invece dovranno aspettare la metà del prossimo anno prima di leggere il nuovo libro».
Il libro di poesie da settembre sarà messo in vendita ed il ricavato andrà tutto a favore dell'Unicef per volontà degli stessi detenuti e del personale del «Petrusa».
Lo scrittore per due ore ha risposto alle tante domande dei detenuti dell'istituto di pena agrigentino facendo anche coraggio a molti di loro. Ha ricevuto anche diverse poesie scritte dai detenuti ed una in particolare lo ha commosso visto che è stata scritta da una detenuta, mamma di due figli che non riesce a vedere da tanto tempo.
Sebastiano Ardita nel suo intervento invece ha sottolineato che la situazione delle carceri siciliane negli ultimi anni è migliorata sensibilmente. «Adesso si vive meglio rispetto a qualche anno fa - ha detto - sono stato in giro per diversi istituti di pena dell'Europa e devo dire che da noi la situazione è nettamente migliore. Per quanto riguarda l'indulto e l'indultino, non entro nel merito politico, dico semplicemente che servirebbe ad evitare che le carceri scoppino e si potrebbe migliorare ulteriormente la condizione dei detenuti».
Gaetano Ravanà
 
 

Il Gazzettino, 29.7.2003
Roma
Morto il regista Pino Passalacqua

È deceduto, all'età di 66 anni, il regista e sceneggiatore Pino Passalacqua. Passalacqua ha lavorato ed è stato regista e sceneggiatore di decine di trasmissioni per la televisione, prevalentemente Rai, tra cui il primo romanzo di Adrea Camilleri.
 
 

Il Messaggero, 29.7.2003
Scomparso il regista Pino Passalacqua

Roma - È morto ieri sera, dopo una breve malattia, il regista e sceneggiatore televisivo Pino Passalacqua. Aveva 66 anni. Autore di decine di film e di sceneggiati per la televisione (soprattutto Rai), Passalacqua era ricoverato nella clinica romana Mater Dei. Docente all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, era stato, da giovane, allievo di Andrea Camilleri.
 
 

Giornale di Brescia, 30.7.2003
Morto sceneggiatore di Camilleri

Roma - È morto l’altra sera, all’età di 66 anni, dopo una breve malattia, il regista e sceneggiatore televisivo Pino Passalacqua. Docente all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, era stato, da giovane, allievo di Andrea Camilleri, di cui fu il primo sceneggiatore: di lui alla fine degli anni Settanta sceneggiò e diresse infatti il primo romanzo «Il corso delle cose», in onda sulla Rai con il titolo «La mano sugli occhi», protagonista l’attore Leopoldo Trieste. Diresse e sceneggiò con Camilleri «Western di Cosa Nostra» con Domenico Modugno, e «Un siciliano in Sicilia» e «Il balordo» con Tino Buazzelli. Era il padre adottivo dell’attrice Elena Sofia Ricci.
 
 

Libertà, 30.7.2003
Panoramica dei libri più recenti degli autori italiani che hanno come filo conduttore il delitto e il mistero
Da Andrea Camilleri a Giorgio Todde: ecco l'Italia in giallo

Dalla Bibbia alle Storie di Erodoto, dalla tragedia greca fino alle cupe passioni elisabettiane, transitando per il romanzo gotico e quello romantico, delitto e mistero sono sempre stati parte integrante della vita dell'uomo. Ma è nell'Ottocento che nasce il genere giallo in cui il delitto e le indagini per la scoperta del colpevole, diventano l'ossatura di strutture narrative molto articolate e avvincenti. Nacquero in questo modo miti come quelli di Sherlock Holmes, Philo Vance, Hercule Poirot e Nero Wolfe, fino al sicilianissimo Commissario Montalbano, partorito dalla fertile fantasia di Andrea Camilleri, che ha imposto nel mondo il delitto all'italiana. L'anziano scrittore di Porto Empedocle che si gode un tardivo ma ininterrotto successo anche con il suo ultimo best seller “Giro di boa” (Sellerio, pagine 216, € 12,50) è il numero uno del giallo italiano, primato insediato solo dal giovane Carlo Lucarelli che anche sull'onda di un fortunato programma televisivo, ha fatto breccia nel cuore dei lettori e conquista sempre nuovo spazi.
Il suo libro di racconti misteriosi “Il lato sinistro del cuore” (Einaudi, pagine 364, € 14,00) è un valido campionario della sua abilità nel gestire storie raccapriccianti e terrore, senza mai eccedere nelle descrizioni orrifiche. Anzi, le sue storie, mantengono quel tanto di casereccio, di emiliano che le rende commestibili ad ogni palato, e per questo forse i suoi lettori diventano sempre più estimatori di uno scrittore al quale la definizione di giallista comincia a stare un po' stretta. 
Carlo Lucarelli in coppia con Massimo Picozzi, psichiatra e criminologo, è coautore anche di “Serial killer” (Mondadori, pagine 337, € 15,00) in cui sono raccontate storie di ossessione omicida estratte dal nutrito libro della cronaca nera. Sono stati catalogati i più odiosi criminali e i più efferati delitti in un crescendo di parossismi che ancora sconcertano a distanza di tempo.
Biologo per professione, giallista per passione, il palermitano Santo Piazzese è il nuovo astro della letteratura gialla. Due suoi romanzi pubblicati da Sellerio, “La doppia vita di M. Laurent” (pagine 330, € 11,00) e “Il soffio della valanga” (pagine 327, € 11,00) sono andati presto esauriti in libreria. Le continue ristampe hanno ormai reso familiare anche il suo commissario, Vittorio Spotorno, che ricorda Marlowe, Maigret e qualche altro noto investigatore.
La forza della narrativa di Piazzese sta nella linearità delle storie raccontate. I fatti scorrono ben oliati e i meccanismi del giallo, rispettati egregiamente, confluiscono nell'inevitabile finale del trionfo del bene sul male. Quasi un classico. Il sardo Giorgio Todde autore di “Paura e carne” (pagine 248, € 14,00) e il piemontese Valerio Varesi con “Il fiume delle nebbie” (pagine 244, € 14,00) e il poliziotto scrittore Maurizio Matrone con “Erba alta” (pagine 230, € 14,00) tutti pubblicati da Frassinelli, rappresentano un nuovo avamposto del giallo che va a sciacquare i panni nelle acque dei propri torrenti. E se Todde dispiega in una Cagliari dai toni infernali le gesta di un inquieto imbalsamatore, Varesi affida al suo personaggio, il commissario Soneri, un'inchiesta che lo porta a rovistare nella vita di personaggi legati alla repubblica di Salò, mentre Matrone, ispirandosi alle vicende della Uno Bianca crea un romanzo in cui la suspense si taglia a fette.
Tre autori, tre stili, ma un solo obiettivo: avvincere, impaurire, appassionare.
Lo stesso primato se lo prefigge anche il milanese Andrea G. Pinketts con “Nonostante Clizia” (Mondadori, pagine 286, € 14,00) che tra Savona, Milano e la Sicilia scatena le gesta di Lazzaro Santandrea, deceduto in un altro romanzo e qui risorto. Cadaveri ambulanti e cinesi che infestano tutto peggio delle cavallette.
Di cinesi, anzi di un particolare funerale cinese ci parla anche Giuseppe Genna in “Non toccare la pelle del drago” (Mondadori, pagine 390, € 15,00) perfetto thriller ambientato nell'espansionismo cinese che dall'America all'Europa si sta allargando a vista d'occhio. Un banchiere brucia nel principato di Monaco, misteriosi colli viaggiano nelle stive di aerei diretti alla Malpensa mentre una cupa organizzazione minaccia l'avvenire del mondo. Attenti agli occhi del drago. Il suo sguardo uccide.
C'è anche Benedetto Croce in “L'assalto” (Mondadori, pagine 289, € 16,00) straordinario romanzo di Renato di Lorenzo, professore universitario, ma soprattutto consulente finanziario di importanti gruppi bancari. Nel mondo della finanza, in una Napoli che mette in scena tutte le sue magagne, è ambientata la vicenda che si trasforma in una pericolosa avventura che accomuna terroristi islamici e delinquenza comune in uno scacchiere in fibrillazione degno del miglior Ludlum.
Eroe dei gialli di Domenico Cacopardo, è il dottor Agrò, sostituto procuratore della Repubblica di Roma, che anche in “La mano del Pomarancio” (Mondadori, pagine 222, € 16,60) si trova a investigare in mezzo a tante difficoltà. Sparisce un cadavere e viene rubata un'importante opera d'arte. C'è connessione? C'è e Argò con un fiuto e una costanza che fanno di lui uno sbirro sottile e un uomo amabile per la simpatia che trasuda da ogni suo pensiero o sentimento, arriverà a capo dell'intricata vicenda in una sorta di teatrino tutto italiano dove scopre un traffico d'armi, evasioni fiscali e malasanità. Borghesia in nero e malavita in rosso sempre più organizzata e brutale.
Concludiamo con Eraldo Baldini, giallista emiliano il cui nome cresce di libro in libro. “Bambini, ragni e altri predatori” (Einaudi, pagine 260, € 12,50) è imperniato sulla scomparsa di numerosi bambini che spariscono sulle pendici di un monte che si dice abitato da esseri misteriosi. Tra delitti strani e rituali, Baldini sembra celebrare la morte e il mistero come gli unici finali possibili di ogni essere umano. Esistenzialista un po' macabro.
Francesco Mannoni
 
 

La Sicilia, 30.7.2003
Tragedia. Detenuto arrestato un mese addietro s'impicca
Suicidio nel carcere di Petrusa

In attesa di giudizio si è tolto la vita in una cella del carcere di contrada Petrusa. A decidere di farla finita è stato lunedì il cinquantenne agrigentino Antonino Frenna, arrestato un mese fa dopo avere vibrato una coltellata al suo futuro genero, davanti alla figlia, in Via Messana a Racalmuto. Frenna venne ammenettato dai carabinieri e rinchiuso nel carcere agrigentino, teatro della tragedia di lunedì. L'uomo è stato trovato con un lenzuolo annodato al collo, all'interno della cella della casa circondariale. Il tutto, nella giornata di festa vissuta grazie alla visita a Petrusa di Andrea Camilleri.
I legali di Frenna, Salvatore Re e Monica Malogioglio chiesero per lui la riqualificazione del reato da tentato omicidio in lesioni aggravate, chiedendo anche l'immediata scarcerazione del loro assistito. In attesa del pronunciamento del giudice, Frenna è rimasto chiuso nella sua cella, con la possibilità di vedere ogni tanto i propri cari, durante le ore di colloquio permesse dalla direzione del carcere. Proprio come ha fatto lunedì, quando lo scrittore, papà del commissario Salvo Montalbano, si raccontava ai detenuti.
Mentre Camilleri parlava, Frenna si incontrava con la madre e un fratello, anch'esso detenuto a Petrusa. Al termine del faccia a faccia, il cinquantenne ha fatto ritorno nella sua cella, avendo già in mente di uccidersi. Annodatosi un lenzuolo al collo si è strozzato. Un attimo dopo è scattato l'allarme.
La salma di Frenna è stata trasportata nella camera mortuaria dell'ospedale di Agrigento, dove ieri, su disposizione del sostituto procuratore Camillo Poillucci, il medico legale Gianfranco Pullara ha effettuato l'ispezione cadaverica. 
Al magistrato non è rimasto altro da fare che aprire l'inchiesta, per stabilire eventuali responsabilità per la morte del detenuto. Uno dei reati ipotizzati è istigazione al suicidio. Dal carcere giunge il commento pieno di rammarico del direttore Laura Brancato, la quale ha evidenziato come «d'estate in molte carceri può accadere che qualcuno si lasci andare allo sconforto».
Francesco Di Mare
 
 

ifatti.net
Camilleri continua ad infangare la Sicilia rilasciando interviste a giornalisti della BBC

In un caldo giorno di fine luglio, seduto in un bar di Porto Empedocle, con una bottiglia di birra davanti a sé,  il venerando Andrea Camilleri dichiara ad un gruppo di giornalisti inglesi della Bbc che “Siamo cani bastardi ma più intelligenti di quelli col pedigree”.
Quel “siamo” per noi è un plurale maestatis, quindi la frase che egli pronuncia si riferisce a sé stesso. E’ un fatto negativo che la stampa dedichi molto spazio a Camilleri e ai suoi scritti. In Italia – egli sostiene – nessuno obbliga ad acquistare e leggere i suoi libri. Questa è una sua affermazione gratuita, non vera. Tutti sanno che Camilleri è legato ad un bel carro politico e fece bene il sottosegretario Gianfranco Miccichè che nel corso di una polemica lo accusò di sputare dove mangia utilizzando il suo scrivere. Camilleri risponde al sottosegretario in modo misero. “Dovrebbe essere contento che si attua al meglio il concetto  di liberalismo tanto a cuore a lui e al suo partito”. Secondo noi Camilleri, però, confonde liberalismo con libertinaggio.
Ai giornalisti inglesi della BBC ha detto che non scrive di mafia perché non vuole romanzare sui mafiosi. Anche queste affermazioni sono non vere. Se non avesse mal scritto non sarebbe uscito fuori quel semicomico sceneggiato “il Commissario Montalbano”. Un vecchio cronista che ha trascorso tutta una vita negli uffici di un commissariato non ha mai incontrato un funzionario di polizia ridicolo, simile a quello dello sceneggiato. Parla d’intimidazioni che servono a non far cambiare politica, forse quella sua. Il fatto è che Camilleri quando si trova davanti ad una buona bottiglia di birra non sa cosa dice. Gli consigliamo di ripassare un po’ di storia e di cultura siciliana.
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011