RASSEGNA STAMPA
MARZO 2003
La Repubblica
(ed. di Palermo), 2.3.2003
L´INTERVISTA. Roberto Deidier, critico romano trapiantato in
città
Le pagelle alla letteratura. "I giovani battono i vecchi"
Roberto Deidier, romano, 38 anni, poeta e docente di Letteratura italiana
contemporanea, ha da poco deciso di mollare l´ambiente letterario
e accademico romano, per piantare la sua tenda di critico a Palermo, dove
è diventato un esperto di letteratura siciliana. «Il mio rapporto
con la Sicilia è cominciato all´insegna della letteratura
- racconta Deidier - con il Premio Mondello assegnatomi per l´opera
prima. Era la prima volta che venivo a Palermo; poco dopo fui inserito,
assieme a Massimo Onofri, nella giuria del premio».
Crede che sia un periodo di grande vitalità per la narrativa
palermitana?
«È vero: basti pensare a Evelina Santangelo, tra le voci
più interessanti della nuova narrativa palermitana. È uscito
adesso il suo primo romanzo, e da quel poco che ho potuto scorrere, mi
sembra una bella conferma. E poi c´è Alajmo, autore del bellissimo
libro Notizia del disastro. La sua sapienza di costruzione narrativa è
venuta poi fuori nel recente Cuore di madre, dal quale riemerge in qualche
modo «la corda pazza» di pirandelliana memoria. Sono questi
i due nomi su cui punterei maggiormente».
Ci sono però anche Calaciura e Conoscenti...
«Nel primo Palermo diventa una grande architettura del linguaggio;
il suo virtuosismo linguistico è davvero notevole. Conoscenti per
il momento tace, ma può darsi che questo silenzio si trasformi in
una nuova urgenza narrativa».
Quali scrittori, invece, butterebbe giù dalla torre?
«Rispetto alle premesse, si è andata un po´ stemperando
la vena di Fulvio Abbate. Mi piaceva di più l´autore di Zero
maggio a Palermo. La cosiddetta Scuola di Palermo poi è come se
fosse rimasta fagocitata dalla macchina della neoavanguardia. E una volta
dissoltosi il gruppo, gli esponenti palermitani sono rimasti le figure
più a margine. Tra gli scrittori più maturi, mi piacerebbe
che Consolo tornasse a darci un grande romanzo, invece che stemperarsi
dietro a una prosa carica di lirismo ancora molto novecentesco».
E Camilleri?
«Ha il merito grandissimo di avvicinare le persone alla lettura:
lui è un abilissimo costruttore di storie».
La poesia, invece, in che stato versa?
«È un momento di vacanza della poesia. Da tempo a Palermo
manca una presenza poetica di spessore nazionale».
Salvatore Ferlita
Sellerio editore, 3.3.2003
Lancio "Il giro di Boa"
Vi confermiamo la data di lancio de "Il giro di Boa " di Andrea Camilleri
il 14/3/03.
I nostri migliori saluti
Sellerio editore
La Repubblica,
3.3.2003
GIALLI
Montalbano indaga nel mondo dei clandestini
Una delle indagini più rischiose di Montalbano, più difficili.
E più crudeli. Perché di mezzo ci sono bambini innocenti
trattati come schiavi e vittime inconsapevoli sfinite dal bisogno. Il titolo,
Il giro di boa, già dice che l´avventura è in gran
parte marinara e in acqua infatti comincia e si conclude. Le cose vanno
così: il nostro Montalbano è molto malinconico. La situazione
politica non gli piace, non gli piacciono le leggi sugli immigrati, è
assai tentato dal pensiero di mettersi da parte. Come per scacciare tutto
questo decide di farsi una bella nuotata a mare. Un crampo violento gli
blocca però una gamba, costringendolo a fare "il morto" per riposare
un po´: «La corrente lo portava pigramente. Il dolore stava
principiando ad abacare, tanto da permettergli di dare due bracciate all´indietro.
Alla seconda bracciata, la mano dritta sbatté contro qualcosa. In
una frazione di secondo, Montalbano capì che quel qualcosa era un
piede umano». Si gira si rimette "a panza sotto", si scusa ma: «L´altro
non arrispunì perché non stava facendo il morto. Era veramente
morto. E, a stimare da come s´appristinava, lo era da parecchio».
La prima novità di questo romanzo è dunque nel diretto
coinvolgimento del celebre commissario in un delitto fin dalle prime battute.
Il disgraziato finito in mare con i polsi e le caviglie profondamente incise
è sicuramente un clandestino annegato come un topo, un uomo senza
nome e senza patria, che qualcuno ha voluto far morire.
Per un riflesso più umano che professionale quel povero corpo
semidisfatto scaccia ogni malinconia mettendo addosso al commissario la
voglia di capire. Tanto più che ci sono altri delitti, chissà
se collegati a quella morte, sicuramente eseguiti con una tecnica ugualmente
feroce.
Alla fine la soluzione ci sarà, connotata però da una
drammatica necessità per cui Montalbano dovrà sparare per
uccidere qualcuno che stava attentando alla sua vita. Due particolarità
segnano quest´avventura. La difficoltà delle indagini il cui
bandolo più volte sfugge di mano al commissario. Narrativamente
una ghiottoneria. L´abilità con la quale l´autore sostituisce
gradatamente all´iniziale tono di commedia le tinte oscure di un
dramma che molto assomiglia all´Italia che conosciamo.
Andrea Camilleri, "Il giro di boa", Sellerio-La Memoria, pagg. 269,
Euro 10,00
Corrado Augias
Alto
Adige, 3.3.2003
FESTIVAL / Dal 3 aprile al Sancarlino di Brescia
Ecco tutti i colori del giallo
Prende il via il 3 aprile prossimo a Brescia, con una serata dedicata
al commissario Maigret per il centenario della nascita di George Simenon
la terza edizione del festival "A qualcuno piace giallo", ospite come sempre
del teatro Sancarlino. Il successo del festival è una delle conferme
che il genere sta vivendo una momento di particolare fortuna: basta un'occhiata
alle classifiche dei libri dove troviamo Ken Follett, Deaver, Ellroy, Grisham
con i suoi legal thriller, Patricia Cornwell, mentre tra gli italiani spiccano
Camilleri, Lucarelli, Faletti e Carlotto.
La Sicilia, 4.3.2003
I Beni culturali al Salone di Parigi
Palermo. Sarà uno stand targato «Beni Culturali»
a rappresentare la Sicilia al «Salone del libro» di Parigi,
che si svolgerà dal 21 al 26 marzo nella capitale transalpina. E
saranno il «distretto del Sud-Est» ed il Val di Noto, in particolare,
ad essere «esportati» da Fabio Granata sulle rive della Senna:
infatti all'interno del percorso promozionale il leit motiv del Sud-Est
verrà proposto, oltre che con una conferenza stampa, con una mostra
fotografica sul distretto e sul tardo-barocco siciliano, ormai riconosciuto
«patrimonio dell'umanità» insieme ad otto Comuni isolani.
Lo stand «parlerà» pertanto - come dice Granata
- «la lingua di Camilleri e delle memorie legate all'attività
letteraria dello scrittore, nelle quali sono espressi proprio il Sud-Est
siciliano ed il Val di Noto». Un Camilleri legato a doppia mandata
con la fiction televisiva tratta dai suoi racconti, assai celebre in Francia
ed all'immagine televisiva di un ottimo Montalbano/Zingaretti.
Tra l'altro il progetto di Granata, nasce da una sinergia con gli «Editori
del Sole», che anche quest'anno saranno presenti a Parigi con le
loro produzioni librarie: «E' un progetto complessivo di grande spessore
- aggiunge l'esponente di An - che punta sulla riscoperta dell'identità
siciliana, del suo territorio, della sua storia, del suo bagaglio di "conoscenze",
da presentare all'opinione pubblica internazionale come il "prodotto Sicilia".
Un "prodotto" culturale e turistico secondo a nessuno».
La Sicilia, 4.3.2003
Sampieri
Uno spot alla fornace
Una grossa casa automobilistica inglese sceglie Sampieri e la Fornace
Penna di contrada Pisciotto per girare lo spot che lancerà un nuovo
modello del prestigioso marchio automobilistico in tutto il mondo. La casa
automobilistica, conosciuta per la sua produzione di auto molto lussuose,
ha scelto la Sicilia e Sampieri come set dello spot che andrà in
onda tra qualche mese nelle emittenti televisive di tutto il mondo per
lanciare un nuovo modello che abbina elementi di sportività alla
classe tipicamente anglosassone. A dare la notizia il sindaco della città,
Bartolomeo Falla: "Si tratta di una occasione di promozione del nostro
territorio. I luoghi, infatti, sono molto riconoscibili e identificati
e questo rappresenterà una ulteriore promozione dell'immagine di
questo tratto di costa in tutto il mondo". Insomma, il territorio di Scicli
è destinato a diventare sempre più set cinematografico di
fiction e ora anche di spot televisivi. Dopo il Commissario Montalbano,
che ha ambientato nella stanza del sindaco della città la sede del
commissariato in cui "gira" Luca Zingaretti, ora anche una casa automobilistica
prestigiosa sceglie Scicli come location del proprio spot. E dire che proprio
la Fornace Penna di contrada Pisciotto, oggi al centro di polemiche legate
alla proposta di costruire un albergo all'interno dell'ex fabbrica di laterizi,
nella serie del commissario Montalbano era diventata la "mànnara"
di cui parla Andrea Camilleri nei suoi libri.
G. S.
Il Venerdì di Repubblica,
7.3.2003
Cultura. Profondo nero
Il papà dei giallisti d'Italia adesso teme suo figlio
"Sarti Antonio" è stato un successo tv e un modello per i giovani
noir. Ma ora che Einaudi ha chiesto a Macchiavelli di riportarlo in libreria...
[...]
Secondo lei Camilleri farà mai morire il suo Montalbano?
"Credo di no. Montalbano ha un altro spirito, vive in un altro contesto
sociale. E' più solare, è facile tenerlo in vita, perché
è giovane e perché la sua Sicilia non cambia, ha sempre gli
stessi problemi".
[...]
Brunella Schisa
Bresciaoggi, 8.3.2003
«Pomeriggi al San Barnaba», otto incontri per analizzare
il rapporto tra peccato e mondo contemporaneo
Ira, accidia, gola: i sette vizi capitali tentano Severino, Oliva
e Camilleri
I sette vizi capitali visti dal punto di vista storico e filosofico,
ma intesi soprattutto come aspetti della nostra quotidianità, una
lettura in pratica del rapporto tra il peccato e il mondo contemporaneo:
si aprono così, all’insegna della cultura e dell’indagine introspettiva
dell’uomo i «Pomeriggi in San Barnaba». L’iniziativa, resa
possibile dalla proficua collaborazione tra Assessorato alle Attività
Culturali del Comune di Brescia e la Fondazione Asm, nonché dall’impegno
del suo curatore Giovanni Sabatucci, prevede una serie di otto incontri
che vedranno alternarsi nell’auditorium di Piazza Arturo Benedetti Michelangeli
illustri personaggi del mondo culturale italiano.
[...]
Alle 18, saranno anche tutti gli altri appuntamenti, che si protrarranno
per tutti i martedì dei mesi di marzo ed aprile per concludersi
il 6 maggio.
[...]
Il 29 aprile per l’esattezza, il noto sceneggiatore, regista e romanziere
Andrea Camilleri, ideatore del commissario Montalbano, svilupperà
un approfondito discorso sul rapporto «gola» modernità.
[...]
L’intero ciclo di incontri verrà registrato e riproposto su
un’emittente privata mentre per gli inizi dell’anno venturo si auspica
che i 7 vizi capitali possano essere il soggetto in chiave moderna di una
nuova pubblicazione.
Diego Serino
La Sicilia, 8.3.2003
Il personaggio
Montalbano, cittadino onorario
Il commissario Montabano diventa ragusano. Oltre ad essere un «vigatese»
sarà presto anche un ragusano perchè il Comune di Ragusa
ha deciso di conferire la cittadinanza onoraria allo scrittore Andrea Camilleri,
all'attore Luca Zingaretti, che interpreta per l'appunto il commissario
Montalbano, al regista della serie televisiva Alberto Sironi, al produttore
Carlo Degli Esposti e allo scenografo Luciano Ricceri.
La cerimonia di conferimento della cittadinanza si terrà il
prossimo sabato 12 aprile presso il teatro tenda di Ragusa. La decisione
è stata assunta dal sindaco Domenico Arezzo che ritiene che «la
promozione dell'immagine di Ragusa e del suo territorio in Italia e in
diversi Paesi Europei avuta grazie alla fortunata serie televisiva del
commissario Montalbano deve concretizzarsi in un tangibile motivo di riconoscenza
della città a chi ha contribuito a portare sotto i «riflettori»
l'inestimabile patrimonio del barocco di Ibla e della fascia costiera ragusana».
E in effetti, come ha tra l'altro detto recentemente il presidente dell'Aapit,
Girolamo Carpentieri, il commissario Montalbano ha fatto conoscere meglio
i luoghi iblei.
Non a caso il filmato «I luoghi del commissario Montalbano»,
che mette a confronto le scene del film con quelle reali di tutti i giorni,
è divenuto uno degli strumenti di efficace e rapida promozione del
territorio, proprio come accaduto a Stoccolma e a Copenaghen qualche settimana
fa, in un'area europea dove il commissario Montalbano ha ottimi proseliti.
Secondo i bene informati l'attore Luca Zingaretti non potrebbe accettare
la cittadinanza onoraria in quanto si sarebbe espresso in tal senso rispetto
all'identico invito lanciato dal Comune di Modica.
M. B.
Il
Tempo, 8.3.2003
Si chiama "Giro di boa"
Il nuovo Camilleri esce con Sellerio
È in arrivo nelle librerie una nuova «puntata» di
Montalbano, il popolare poliziotto creato dallo scrittore Andrea Camilleri.
La casa editrice Sellerio ha annunciato infatti l'uscita per il 14 marzo
di «Il giro di boa» (220 pagine, euro 9,50), il settimo romanzo
giallo con protagonista Salvo Montalbano. Dopo i precedenti temi sociali
toccati da questa serie, che solo in Italia ha venduto complessivamente
5 milioni di copie, questa volta l'autore siciliano introduce nella trama
il tema dell'immigrazione, degli sbarchi clandestini sulle nostre cose,
che si intrecciano con il caso di un misterioso cadavere ripescato in mare.
Dopo una gran brutta nottata, dovuta a una crisi personale, il commissario
Montalbano, all'alba, decide di dedicarsi a una nuotata ristoratrice. E
fa un incontro inatteso col cadavere di un annegato. Riesce fortunosamente
a trascinarlo a riva, convinto che si tratti di uno dei tanti, troppi,
cadaveri d'immigrati che tentano di raggiungere clandestinamente le coste
siciliane. Ma le cose non stanno così come sembrano: quell'uomo,
che non è un immigrato clandestino, è stato crudelmente assassinato.
Fin dalle prime battute l'indagine si profila assai difficile, sembra
quasi impossibile riuscire e identificare il morto. Mentre l'inchiesta
si muove tra difficoltà, incertezze e false piste, Montalbano si
trova ad assistere casualmente all'arrivo di un folto gruppo di clandestini
intercettati in mare. Nella confusione un bambino extracomunitario, atterrito,
sfugge alla madre e corre a nascondersi sulla banchina del porto. Il commissario
lo rincorre, lo convince a uscire fuori dal nascondiglio, lo riconsegna
alla madre. Non sa che quel gesto, che gli costerà uno straziante
rimorso, sarà all'origine di una nuova complessa inchiesta che passo
dopo passo confluirà nella prima.
La Stampa, 9.3.2003
NEL NUOVO ROMANZO DI CAMILLERI, «IL GIRO DI BOA», PESA
IL RICORDO DEL G8 DI GENOVA: E IL PROTAGONISTA PENSA DI DIMETTERSI DALLA
POLIZIA
Montalbano ero
Camilleri: Montalbano è al «Giro di Boa»
Sarà in libreria venerdì 14 marzo il nuovo romanzo di
Andrea Camilleri sul commissario Salvo Montalbano. Si intitola "Il giro
di boa" (269 pagine, 10 euro) ed è pubblicato, come i precedenti,
dalla casa editrice Sellerio, ne anticipiamo le prime pagine
NUTTATA fitusa, `nfami, tutta un arramazzarsi, un votati e rivotati,
un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati. E non per
colpa di una mangiatina eccessiva di purpi a strascinasali o di sarde a
beccafico fatta la sira avanti, perché almeno una scascione di quell´affannata
insonnia ci sarebbe stata, invece, nossignore, manco questa soddisfazione
poteva pigliarsi, la sira avanti aviva avuto lo stomaco accussì
stritto che non ci sarebbe passato manco un filo d´erba. Si era trattato
dei pinsèri nìvuri che l´avevano assugliato doppo avere
sentito una notizia del telegiornale nazionale. «All´annigatu,
petri di `ncoddru» era il detto popolare che veniva esclamato quando
una insopportabile serie di disgrazie s´abbatteva su qualche sbinturato.
E per lui, che già da qualche mese nuotava alla disperata in mezzo
a un mare in timpesta, e si sentiva a tratti perso come un annegato, quella
notizia era stata uguale a una vera e propria pitrata tiratagli addosso,
anzi una pitrata che l´aviva pigliato preciso `n testa, tramortendolo
e facendogli perdere le ultime, debolissime forze. Con un´ariata
assolutamente indifferente, la giornalista del tg aveva detto che la Procura
di Genova, in merito all´irruzione della polizia alla scuola Diaz
nel corso del G8, si era fatta pirsuasa che le due bombe molotov, trovate
nella scuola, erano state portate lì dagli stessi poliziotti per
giustificare l´irruzione. Questo faceva seguito - aveva continuato
la giornalista - alla scoperta che l´agente il quale aveva dichiarato
di essere stato vittima di un tentativo di accoltellamento da parte di
un no-global, sempre nel corso di quell´irruzione, aveva in realtà
mentito: il taglio alla divisa se l´era fatto lui stesso per dimostrare
la pericolosità di quei ragazzi che invece, a quanto si andava via
via svelando, nella scuola Diaz stavano pacificamente dormendo. Ascutata
la notizia, per una mezzorata Montalbano era restato assittato sulla poltrona
davanti al televisore, privo della capacità di pinsari, scosso da
un misto di raggia e di vrigogna, assammarato di sudore. Non aveva manco
trovato la forza di susirisi per rispondere al telefono che stette a squillare
a longo. Bastava ragionare tanticchia supra quelle notizie che venivano
date col contagocce e con governativa osservanza dalla stampa e dalla televisione
per farsi preciso concetto: i suoi compagni e colleghi, a Genova, avevano
compiuto un illegale atto di violenza alla scordatina, una specie di vendetta
fatta a friddo e per di più fabbricando prove false. Cose che facevano
tornare a mente episodi seppelluti della polizia fascista o di quella di
Scelba. Poi s´arrisolse ad andare a corcarsi. Mentre si susiva dalla
poltrona, il telefono ripigliò la camurria degli squilli. Senza
manco rendersene conto, sollevò la cornetta. Era Livia. «Salvo!
Dio mio, quanto ti ho chiamato! Stavo cominciando a preoccuparmi! Non sentivi?».
«Ho sentito, ma non avevo voglia di rispondere. Non sapevo che eri
tu». «Che facevi?». «Niente. Pensavo a quello che
hanno detto in televisione». «Sui fatti di Genova?».
«Sì». «Ah. Anch´io ho visto il telegiornale».
Pausa. E poi: «Vorrei essere lì con te. Vuoi che domani prendo
un aereo? Possiamo parlarne assieme, con calma. Vedrai che...». «Livia,
ormai c´è poco da dire. In questi ultimi mesi ne abbiamo parlato
e riparlato. Stavolta ho preso una decisione seria». «Quale?».
«Mi dimetto. Domani vado dal Questore e gli presento le dimissioni.
Bonetti-Alderighi ne sarà felicissimo». Livia non reagì
subito, tanto che Montalbano ebbe l´impressione che fosse caduta
la linea. «Pronto, Livia? Sei lì?». «Sono qui.
Salvo, a mio parere, tu commetti un errore gravissimo ad andartene così».
«Così come?». «Arrabbiato e deluso. Tu vuoi lasciare
la polizia perché ti senti come chi è stato tradito dalla
persona nella quale aveva più fiducia e allora...». «Livia,
io non mi sento tradito. Io sono stato tradito. Non si tratta di sensazioni.
Ho sempre fatto il mio mestiere con onestà. Da galantomo. Se davo
la mia parola a un delinquente, la rispettavo. E perciò sono rispettato.
E´ stata la mia forza, lo capisci? Ma ora mi siddriai, m´abbuttai».
«Non gridare, ti prego» fece Livia con la voce che le tremava.
Montalbano non la sentì. Dintra di lui c´era una rumorata
stramma, come se il suo sangue fosse arrivato al punto di bollitura. Continuò.
«Manco contro il peggio delinquente ho fabbricato una prova! Mai!
Se l´avessi fatto mi sarei messo al suo livello. Allora sì
che il mio mestiere di sbirro sarebbe diventato una cosa lorda! Ma ti rendi
conto, Livia? Ad assaltare quella scuola e a fabbricare prove false non
è stato qualche agente ignorante e violento, c´erano questori
e vicequestori, capi della mobile e compagnia bella!». Solo allora
capì che a fare quel suono che sentiva nella cornetta erano i singhiozzi
di Livia. Respirò profondamente. «Livia?». «Sì».
«Ti amo. Buonanotte». Riattaccò. Si curcò. Ed
ebbe inizio la nuttata ´nfami.
Andrea Camilleri
La Stampa, 9.3.2003
A 53 anni, commissario in crisi
«Ma alla fine la natura di sbirro ha il sopravvento»
Un cadavere senza volto in mare, un piccolo clandestino ucciso da un'auto:
due indagini parallele che trovano il punto di convergenza4
NELLA primavera scorsa, Camilleri aveva un problema: su Montalbano poteva
ancora scrivere dei racconti, ma un romanzo no, sembrava proprio non gli
riuscisse più. «Non è uno scherzo», confessava
in una conversazione pubblicata nel volumetto mondadoriano Montalbano a
viva voce, «è che dopo il G8 non ne sono più capace.
Un personaggio che fa parte della polizia e che ha certe idee, quando si
trova di fronte a quello che è capitato al G8, dove una parte della
polizia non si è certo comportata bene, che fa? È possibile
far finta di niente?». Meno di un anno dopo, l´impasse dell´autore
si è felicemente risolta nel nuovo romanzo, settimo della serie,
che ha per protagonista il commissario di Vigàta. E che proprio
dalla crisi del personaggio ricava il Leitmotiv che innerva la storia.
Il titolo, Il giro di boa, allude come sempre a un dettaglio apparentemente
marginale che però a un certo punto incrocia uno snodo cruciale
della vicenda. Il giro di boa è la virata che compiono la barche
a vela durante la regata, invertendo la direzione. Ed è la svolta
che Montalbano medita di dare alla sua vita, dimettendosi dalla polizia.
Ma proprio in un momento di crisi resa più intensa da un preoccupante
dolore fisico, al commissario torna in mente una scena vista qualche giorno
prima in tv: una barca che all´altezza della boa non riesce a virare
e va dritta filata a schiantarsi contro l´imbarcazione dei commissari
di gara, finendo in un comico naufragio collettivo. Montalbano si rende
conto che «il suo essiri fatto in un certo modo» non gli concede
possibilità di scelta: non può tornare indietro. Il che vale
per la situazione in cui si trova in quel determinato momento, ma non solo.
«La natura di sbirro ha il sopravvento, ma la crisi di coscienza,
dopo i fatti di Genova e di Napoli, è stata profonda», osserva
Camilleri. «Sono pagine importanti: non per la storia della letteratura
italiana, ma per Montalbano». Lo scrittore veramente si aspettava
la pubblicazione di un nuovo romanzo storico, pronto da un anno e mezzo:
«Si intitola La presa di Macallè, è la storia, ambientata
durante la guerra d´Abissinia del `35, di un bambino killer, un piccolo
assassino di sei anni cresciuto nel clima fascista di educazione alla violenza.
Ci tengo molto. Ma Elvira Sellerio ha preferito per adesso puntare su Montalbano».
Nel romanzo la determinazione del protagonista di farla finita con il suo
lavoro è ogni volta ostacolata da qualche opportuno evento imprevisto.
All´inizio è la scoperta in mare di un cadavere senza volto,
che finisce addosso al commissario impegnato in una nuotata distensiva.
Poi nella vicenda entra un bambino extracomunitario dagli occhi terrorizzati,
che si rifugia tra le braccia di Montalbano durante uno sbarco di clandestini,
viene riconsegnato alla madre (o presunta tale) e qualche giorno dopo è
schiacciato da un´automobile. Il nostro eroe procede a strappi, fra
tentazioni di rinuncia e botte di malinconia. L´autore si diverte
a infierire su di lui, a fargli scoprire i primi vuoti di memoria, i primi
cedimenti fisici, a 53 anni. Attraverso un panorama di ville abusive, strade
abusive, paesi abusivi, nella consueta toponimia immaginaria di Camilleri,
e nella consapevolezza che le cose non stanno mai come sembrano, le indagini
vanno avanti parallele, un po´ clandestine, ma al commissario - chissà
perché - rigira per la testa la vecchia espressione coniata da Aldo
Moro, quell´idea delle «convergenze parallele». E infine
le due vicende parallele trovano il loro punto di convergenza. A poco a
poco si delinea un quadro fosco: il traffico internazionale degli immigrati,
il commercio dei bambini per alimentare il racket dell´accattonaggio,
per fornire organi di ricambio, per soddisfare le voglie estreme dei pedofili.
Scoperte che in Montalbano hanno l´effetto di stimolare la vocazione
da segugio, lo sdegno morale, il desiderio di inchiodare i criminali. E
di fargli dimenticare (soltanto per ora?) le dimissioni.
Maurizio Assalto
Il Nuovo, 10.3.2003
Il ritorno di Montalbano in libreria
Esce a metà marzo una nuova avventura del commissario Salvo
Montalbano, che affronta la condizione degli extracomunitari, clandestini
e non.
Ricordate il film Misery non deve morire? Forse Andrea Camilleri non
riuscirà mai ad abbandonare la sua creatura, Salvo Montalbano, il
commissario siciliano che riscuote un successo clamoroso in libreria come
in Tv. Acclamato e richiestissimo, questo personaggio si insinua nell'ispirazione
dello scrittore, facendo, chissà, qualche pressione come nel suo
stile. Montalbano deve in effetti farsi largo fra i tanti impegni del suo
autore, che si divide fra un nuovo romanzo - la cui uscita è prevista
per settembre - e la direzione artistica del Teatro Regina Margherita di
Racalmuto, dove porterà in scena varie opere declinate sul tema
della giustizia.
Comunque i fan del commissario, quelli che hanno già collezionato
tutti i titoli usciti con Sellerio e con Mondadori, devono aspettare ancora
per poco, perché a metà marzo troveranno in libreria la nuova
avventura Il giro di boa. E' molto probabile che la Palomar curerà
anche per questo episodio la sceneggiatura e la produzione che vedremo
poi alla Rai, col beneplacito della provincia di Ragusa -dove sono ambientate
le riprese -, che ha visto crescere il flusso turistico del 33% grazie
alle trame avvincenti e all'interpretazione di Luca Zingaretti.
Questa la trama: all'alba, dopo una brutta nottata dovuta a una crisi
personale, il commissario Montalbano, apprestandosi ad una delle sue nuotate
ristoratrici, si imbatte in un cadavere. Lo trascina a riva ipotizzando
si tratti di uno dei tanti, troppi cadaveri di immigrati che tentano di
raggiungere clandestinamente le coste, ma la realtà non è
mai come appare, l'uomo non è annegato bensì è stato
crudelmente assassinato. L'identificazione è difficile e di conseguenza
le indagini si fanno perigliose; l'inchiesta procede a stento, fra difficoltà,
incertezze e false piste, fino a quando sbarca un folto gruppo di clandestini,
intercettati in mare. Nella confusione, un bambino extracomunitario, sfugge
atterrito e si nasconde sulla banchina del porto; il commissario, dopo
averlo rincorso, lo riconsegna alla madre, ma non sa ancora che quel gesto
gli costerà uno straziante rimorso e segnerà l'origine di
un'ulteriore, complessa inchiesta, che lentamente, passo dopo passo, confluirà
nella prima indagine.
("Il giro di boa"Andrea Camilleri, Sellerio, 220 pp., 9,50 euro.)
Luisella Colombo
Stilos, 11.3.2003
Esce il 14 marzo da Sellerio il nuovo romanzo di Camilleri della serie
di Montalbano, "Il giro di boa". Ne anticipiamo un brano, tratto dall'inizio
del quarto capitolo
Un carico umano
carrico da undici
Ma era scritto che delle triglie di scoglio priparate dalla mogliere
di Ciccio Albanese il commissario non ne avrebbe sentito manco il sciauro
alla lontana [...]
Andrea Camilleri
Il libro
Un caso di coscienza
È cambiato Salvo Montalbano. Avere superato i cinquant’anni lo
ha reso sensibile ai colpi d'arnia e alle emozioni: piange per poco, si
impermalisce per meno, si intenerisce come un vecchio reduce. Mimì
Augello, a un certo punto, gli dice che “ha perso smalto, ironia,
agilità mentale”: i segni perduti della giovinezza. Incombendo dunque
la vecchiaia, Montalbano vuole andarsene in pensione, anche perché,
per soprammercato, uno: deve avere qualche serio problema cardiaco che
si intestardisce a sottovalutare; due: si chiede se si sente in pensione
solo perché si occupa di casi apparentemente inesistenti; tre: non
è svelto a evitare i proiettili, dal momento che in questo suo ultimo
affare sentimentale (come sono diventate le sue indagini) per un soffio
non ci lascia la pelle. Sparato. Ma anche Camilleri ha cambiato tono: dalle
rarefatte e indistinte ambientazioni atemporali dei primo Montalbano, ha
sempre più legato il suo personaggio al proprio tempo e quindi alla
cronaca, cosicché il commissario di Vigàta è andato
acquisendo uno coscienza civile ingradata verso una consapevolezza vieppiù
politica. La sua avversione contro l’attuale governo di centrodestra è
ostentata fino al risentimento; anzi fino al proposito di lasciare la polizia
dopo i fatti di Genova. A tenerlo in servizio è l’evenienza dei
guasti della legge Cozzi-Pini sull'immigrazione e degli orrori del traffico
di bambini extracomunitari che la clandestinità fomenta. Quello
che in precedenti titoli seriali era sembrato un accento moralistico diventa
in questo Il giro di boa una voce scopertamente politica. Camilleri
sta avviando forse Montalbano a una carriera del tipo di quella di Di Pietro?
Lascerà la polizia per fondare un partito di teste pulite e cuori
pieni? Il giro di boa potrebbe allora adombrare un'arrière
pensée ancora allo stato larvale se non indicasse viemmeglio
l’impossibilità di tornare indietro, alla stregua di ciò
che succede a una barca e vela vista da Montalbano in televisione, che
in una competizione anziché girare attorno alla boa va dritto finendo
per speronare la barca dei giudici di gara e colare a picco insieme con
essa. La barca si chiama “Stardust”, nome che significa “polvere
di stelle” ma può anche valere per “spazzatura” o “confusione” stellare,
cioè totale, metafora di orda e traslato di un boat people che,
spinto ad andare solo avanti, silura l'ammiraglia dello Stato inabissandolo:
una scena che sottende l'affondamento della legge Bossi-Fini per sua stessa
colpa, quella di volere rendere illegale l'immigrazione. Che, secondo Montalbano-Camilleri,
non si può fermare, perché è tale la disperazione
di tanta gente “da far girare i cardini della storia in senso contrario”:
come - ricorda un Montalbano che non legge più libri e guarda solo
la televisione - successe in un paese toscano dove i nazisti rinserrarono
in una chiesa una tale moltitudine di prigionieri civili che, al lancio
delle loro bombe a mano, esercitarono una pressione così forte contro
la porta che questa si aprì in senso contrario, scardinandosi dai
due lati del muro. Il caso di una donna che, per ricongiungersi al marito
clandestino in Italia, è costretta a rendersi anch'essa clandestina,
base partendo dalla quale Montalbano scende in un inferno senza fondo e
insospettato, diviene il motivo che Camilleri pretesta per fare politica
servendosi di un personaggio da romanzo che, fatto grande ufficiale da
Ciampi, è oggi diventato una persona reale se non un vero leader
cui arride un consenso vastissimo. Lui stesso si compiace del culto della
personalità che lo innerva, sicché, stando così le
cose, speriamo che in questo suo nuovo percorso formativo sappia trattenersi
dal fare politica come riesce benissimo a non farsi tentare da Ingrid.
Perché, se proprio vuole strafare, meglio saperlo più intraprendente
a letto che intransigente in poltrona a querimoniare davanti alla tv da
novello giudice d'Italia.
Nicola Adragna
Fatti e favole
Immunità letteraria
È convincimento diffuso che una storia raccontata in un libro
o in un film sia più appetibile se è realmente accaduta.
Editori e produttori badano bene a evidenziare che la loro fiction
è una ricostruzione fedele dei fatti. È quindi opinione comune
che il lettore-spettatore tanto più si immedesima e gradisce quanto
più è consapevole che sta apprendendo una verità.
Senonché in epigrafe a ogni romanzo d'invenzione che possa far credere
a una storia vera gli autori avvertono che “ogni riferimento a persone
e fatti è puramente casuale”, una formula che se da un lato, come
dice candidamente Camilleri, evita le querele, da un altro derubrica la
verità in menzogna, la realtà in favola, e trasforma lo schermo
in cosmorama. Lasciando qui di riprendere tutte le implicazioni derivate
dalla, teoria di Nietsche per cui “il mondo è diventato favola”'
(processo di conoscenza giunto fino all'accezione della favola come spiegazione
non del passato ma - bachtinianamente - del futuro o del mondo non ancora
conosciuto su cui possa essere ancora detta un'altra verità: favola
come verità sul non del mondo, per dirla con Givone - dove
Tabucchi dice che raccontare significa suggerire alla realtà quanto
deve fare), ci interessa rilevare come l'autore, rispetto al giornalista,
che è obbligato al rispetto dei fatti, possa brandire come una licenza
la libertà che lo statuto letterario gli assicura in forma di immunità.
Ma è una licenza che non vale come salvacondotto. Da Salman Rushdie
a Silvano Grasso, non pochi autori sono saliti sullo stesso banco che è
stato di Oscar Wilde o di Gustave Flaubert per rispondere di eccesso di
immaginazione, resa vivida a tal punto da essere – e non più sembrare
– realistica e risultare quindi offensiva e diffamatoria. I Greci avevano
chiaro l’equivoco se chiamavano la realtà physis e l’artificio
thesis,
aristotelicamente l’arte essendo mimesi della realtà e il suo esito
una induzione, il contrario quindi dell'opera svolta dal giornalista, che
è di mera deduzione, seppure interpolata a volte dall’interpretazione.
Descrivendo il sottotenente Gustl in termini così denigratori da
offendere l'onore dell'esercito, Arthur Schnitzler oppone di non dovere
rendere conto della sua attività letteraria e rifiuta quindi la
sfida a duello che gli lancia un giornalista di un foglio militare. Schnitzler
si appella alla suoaimmunità e disconosce il giornalista come parte
offesa reputandolo iscritto a quella scuola della metafora (rinata nell'Inghilterra
degli anni Settanta) che insegna a esercitare la curiositas, data
dallo sguardo primigenio dei marziano che rilegge il mondo e che non può
perciò dire se non la verità, qualunque sia la realtà.
Nella Sicilia dei VII secolo a.C. un cittadino di Naxos, Cornacchia, viene
espulso dal tempio di Apollo perché uccide Archiloco, la prima voce
poetica dell'Occidente. Sostiene a ragione di avere agito perché
gravemente offeso dai suoi giambi, ma la sacerdotessa è irremovibile
perché Archiloco è un servitore delle Muse. Gode cioè
dell'immunità letteraria.
Gianni Bonina
Liberazione, 13.3.2003
La crisi del commissario nel prossimo romanzo di Camilleri
Montalbano lascia la polizia «Colpa del G8 di Genova»
Un personaggio che lavora nella polizia - sia pure nel mondo immateriale
della letteratura - dopo quello è accaduto a Genova «che fa,
può far finta di niente?». Protagonista di questo colpo di
scena è Salvo Montalbano, il popolare commissario dei romanzi di
Andrea Camilleri, pronto nell'ultima opera - in uscita domani - dello scrittore
a dimettersi dalla polizia. Che si tratti di un poliziotto sui generis,
pronto a indagare sugli aspetti criminogeni del potere e sensibile alle
questioni sociali, lo dimostra anche quest'ultimo romanzo, Il giro di boa
(edizioni Sellerio, pag. 269, euro 10,00), nel quale Montalbano è
alle prese con le organizzazioni criminali che prosperano sulla chiusura
delle frontiere e la messa in clandestinità dell'immigrazione: traffici
internazionali, sbarchi illegali, commercio di bambini. Questa volta, però,
qualcosa impedisce l'identificazione del mestiere di poliziotto con una
propensione di "sinistra", di lotta all'ingiustizia e difesa delle vittime
dei poteri forti. Dalla penna di Camilleri esce un Montalbano tormentato
da una crisi di coscienza alimentata - dettaglio di non poco conto - dal
ricordo della «irruzione della polizia alla scuola Diaz». Così
annuncia alla fidanzata Livia di aver tratto «una decisione seria»:
«Mi dimetto. Domani vado dal questore e gli presento le dimissioni».
Non c'è più spazio per una polizia progressista? Il commissario
di Vigata parrebbe di questo avviso, a giudicare dalle sue parole di sfogo:
«Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito».
Il cliché letterario del commissario integerrimo, interprete
del disagio sociale - spesso a disagio nella sua stessa vita privata -
e sul quale il genere poliziesco ha costruito le sue fortune, appare in
crisi, fortemente incrinato dalla svolta repressiva e autoritaria compiuta
dalla polizia a Genova. Sarebbe davvero impossibile identificare negli
esecutori del piano attuato nei giorni del G8 personaggi ormai resi celebri
dai grandi scrittori noir e giallisti: dall'onesto Maigret di Simenon all'antifascista
Cadin di Didier Daeninckx, fino all'estremista Pepe Carvahlo di Manuel
Vasquez Montalban. Da Genova, quindi, inizia un nuovo percorso della letteratura
popolare di genere. Come scrive Massimo Carlotto in un sito a lui dedicato
(www.massimocarlotto.it) a proposito del suo romanzo Il maestro di Nodi
(Edizioni E/O, pp. 211, euro 13.00) , «ho riscritto una parte del
romanzo per parlare di Genova. Non solo per dovere di contemporaneità,
visto che la trama del romanzo si sviluppa in quel periodo, ma anche perché
ritengo necessaria una riflessione sui comportamenti repressivi. Questa
è una caratteristica del Noir Mediterraneo, raccontare le trasformazioni
di una società criminale che produce crimine e anticrimine in una
spirale senza fine e che, in nome del controllo sociale, tende a limitare
le libertà dei cittadini».
Tonino Bucci
Il Resto
del Carlino, 13.3.2003
Montalbano: «Polizia addio...»
Camilleri non risparmia l'amaro al suo Montalbano in “Il giro di boa”
(Sellerio) in libreria da domani
A 53 anni probabilmente anche Salvo Montalbano, commissario a Vigata,
Sicilia meridionale, vorrebbe che la vita avesse, o sembrasse avere un
minimo di ordine. Insomma, prima della stiracchiata pensione, è
intuibile che vorrebbe acciuffare qualche certezza, poco importa se anch'essa
stiracchiata. E, invece no, non son tempi di certezze, questi, e ancor
meno per chi fa il suo mestiere: in pratica trattare il lato buio dei propri
simili.
Solo che una volta, tanto tempo fa a dire il vero, forse addirittura
ai tempi in cui quel ”privato” belga, quel Poirot, si era fatto una certa
fama grazie ad Agatha Christie, una volta, si diceva, i buoni erano “i
buoni”, i cattivi “i cattivi” e si vedeva. Una volta lui, Montalbano Salvo,
sarebbe stato sicuro di essere dalla parte dei “buoni”. Non era nella polizia?
Poi gli deve essere capitato, una caldissima notte siciliana di fine luglio
di due anni fa, di accendere il televisore a tarda ora e di vedere - roba
da non credere ai propri occhi - i suoi colleghi, i “buoni” insomma, che
tiravano colpi terribili a ragazzi dall' aria indifesa; nello schermo passavano
- e sembrava non finissero mai - facce spaventate di giovani coperti di
sangue, con le mani alzate in segno di resa e alcuni dovevano essere spostati
in barella.
Non era un brutto film. Era l'assalto alla Diaz, la scuola di Genova,
dove nei giorni del G8, alloggiavano molti no global. E Salvo Montalbano,
all'altro capo della Penisola, entrò in crisi. Di colpo aveva raggiunto
in California Philip Marlowe, che da almeno 50 anni oltre che con i gangster,
se la doveva vedere anche con le 'mele marce' della polizia di Los Angeles.
E ora, quelli di Genova, potevano stare ancora tra i “buoni”?
Addio anche a questa certezza, Montalbano. Il tuo autore, Andrea Camilleri,
non ti risparmia l'amaro nei giorni della tua maturità. Hai scoperto
che anche i “buoni” hanno un lato oscuro e allora tutto è maledettamente
più complicato. Ma un personaggio ha una sua volontà autonoma
e Montalbano si chiede e forse chiede a Camilleri: “Che faccio? Posso far
finta di niente?”. Non può. E prende la decisione di dimettersi
da quella polizia in cui non si riconosce più. “Io non mi sento
tradito. Io sono stato tradito”. Ma prima di prendere carta e penna il
poliziotto casca in pieno in un caso terribile: la tratta degli essere
umani, il traffico dei clandestini. Anche tra i “cattivi” c'è chi
è più cattivo. Montalbano resterà poliziotto.
Mario Spezi
Giornale del popolo, 13.3.2003
Nuovo romanzo di Camilleri
La crisi di coscienza di Salvo Montalbano
Salvo Montalbano è in crisi, è sul punto di dimettersi
dalla polizia: il colpo di scena appare nelle pagine iniziali di «Il
giro di boa», il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, che la casa editrice
italiana Sellerio manda in libreria domani. Dopo i precedenti temi sociali
toccati dalla serie che ha per protagonista il popolare commissario di
Vigata creato dalla penna della scrittore siciliano - solo in Italia i
suoi libri hanno venduto complessivamente cinque milioni di copie - questa
volta Montalbano si trova alle prese con lo sfaccettato e drammatico problema
dell'immigrazione: il traffico internazionale degli extracomunitari, gli
sbarchi clandestini sulle coste italiane, il commercio dei bambini per
alimentare il racket. Ma prima di toccare questo tema, che ovviamente nel
romanzo assume i connotati del giallo, Andrea Camilleri fa vivere a Salvo
Montalbano, ormai cinquantatreenne, un problema di coscienza non da poco:
sul commissario pesa ancora il ricordo degli incidenti al vertice del G8
a Genova del luglio 2001, «l'irruzione della polizia alla scuola
Diaz». Così Salvo Montalbano annuncia a Livia, eterna fidanzata,
di aver preso «una decisione seria». Quale? «Mi dimetto.
Domani vado dal questore e gli presento le dimissioni». Il motivo?
Ciò che è accaduto in seguito alle manifestazioni di piazza
al G8 hanno scioccato il commissario di Vigata: «Io non mi sento
tradito. Io sono stato tradito». Ma è proprio in questo momento
di crisi, complicato da un preoccupante dolore fisico, che Salvo Montalbano
si imbatte nel caso misterioso che si dipana lungo la trama di «Il
giro di boa».
Il giornale
di Vicenza, 13.3.2003
Le relazioni in un libro di Roberto Favaro
Letteratura e musica nel romanzo italiano
Per questa sera, giovedì 13 marzo alle ore 21, nella Sala dei
Giganti del Liviano, è stata organizzata dall’Assessorato alla Cultura
del Comune di Padova la presentazione del libro di Roberto Favaro, "La
musica nel romanzo italiano del ’900", appena pubblicato per i tipi dell’editore
Ricordi.
[...]
Il volume di Roberto Favaro indaga infatti le relazioni tra letteratura
e musica nel romanzo italiano del Novecento. In particolare l’autore analizza
la presenza, l’azione, la funzione della materia musicale e, in senso più
ampio, sonora, nell’opera narrativa di alcuni importanti autori italiani
del secolo scorso (tra gli altri di Bontempelli, Calvino, Camilleri, Campana,
D’Annunzio, Deledda, Del Giudice, Fenoglio, Gadda, Primo Levi, Marinetti,
Palazzeschi, Pasolini, Pavese, Rodari, Savinio, Svevo, Tondelli, Tozzi,
Volponi).
[...]
La Repubblica
(ed. di Palermo), 14.3.2003
Montalbano è un eroe stanco
Parla lo scrittore: ecco il mio "Giro di boa"
Camilleri & Montalbano
Abusi, violenze e il G8 il commissario s´è stancato
Questa è un´inchiesta che lo coinvolge in prima persona
due incidenti che non lo convincono affatto
Il mio personaggio si sente tradito da certi comportamenti della polizia
e sente il peso degli anni
I lettori stiano tranquilli: non ho alcuna intenzione di fare morire
il nostro eroe
Molto recentemente i siciliani hanno creduto in qualcosa ma bisogna
temere la loro delusione
«Nuttata fitusa, ´nfami, tutta un arramazzarsi, un votati
e rivoltati, un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati»:
il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, "Il giro di boa" (Sellerio, 10 euro,
da oggi in libreria), si apre con il malessere del commissario Montalbano.
Un disagio, uno sdegno che gli si attaccano allo stomaco, stranamente «accussì
stritto che non ci sarebbe passato manco un filo d´erba». Si
tratta di pinsèri nivuri che, dopo la notizia data dai telegiornali
in merito all´irruzione della polizia alla scuola Diaz nel corso
del G8, assugliano il commissario di Vigàta senza concedergli tregua.
Ad aggravare la situazione ci si mette pure la vecchiaia incipiente, coi
suoi segni certi, inequivocabili: l´ultimo Montalbano, dunque, perde
colpi, è più sensibile, più irritabile, e vuole dimettersi.
E come se tutto ciò non bastasse, si trova costretto a fare i conti
con l´indagine più difficile e dolorosa della sua carriera,
che gli farà avvertire il «feto di scanto, d´angoscia,
di sofferenza, di disperazione» che in Sicilia arriva con le orde
incontrollate dei clandestini. Il "Giro di boa" del titolo, dunque, vuole
alludere a una sorta di punto di non ritorno, e della storia del nostro
Paese, e del protagonista dei romanzi di Camilleri?
«Questo nuovo libro - spiega lo scrittore - segna indubbiamente
un´evoluzione, che però già nei romanzi precedenti
era intuibile. Si tratta dello sviluppo di una presa di coscienza, di una
maturazione inevitabile».
I fatti di Genova Montalbano non riesce proprio a digerirli...
«È così: la sua indignazione è causata da
certi comportamenti di una parte della polizia. E naturalmente Montalbano
si sente tradito nell´idea che della polizia aveva».
Per la prima volta il suo eroe è direttamente coinvolto in un´indagine.
«Mentre negli altri romanzi lui entrava nell´inchiesta
come commissario, qui lui è coinvolto in prima persona. Questa indagine
si basa su due fatti che quasi non risultano agli atti, sembrano al di
fuori di qualsiasi incartamento burocratico. Invece no: Montalbano ha la
coscienza che si tratta non di due incidenti, ma di due delitti. È
la sua coscienza il vero protagonista di questo romanzo».
Possiamo anticipare che il commissario di Vigàta anche in questo
romanzo non muore, sebbene ci siano tanti suoi segnali di commiato?
«Certo, dal romanzo esce malconcio. Non dobbiamo dimenticare
che Montalbano è un signore di 53 anni e quindi avrebbe tutto il
diritto di andarsene in pensione. Ma i lettori stiano tranquilli, perché
a me non piace che la gente muoia; si figuri se faccio morire uno come
Montalbano. Invidio Piazzese, che è riuscito a spostare il protagonista.
La sua è stata un´idea geniale, perché tra l´altro
gli ha fatto tirare fuori le unghia di quello scrittore che è. Cosa
che prima non si era interamente verificata; come dire, lui nei primi due
romanzi ha cugghiuniato, sempre con grande intelligenza e ironia. Ora fa
sul serio».
Il suo nuovo romanzo è interamente attraversato da segnali di
angoscia, di dolore, di forti striature noir.
«Sono segnali che uno come il nostro commissario, che fa un certo
mestiere e che ha a che fare con una realtà immediata, sente più
degli altri. "Il giro di boa" è sicuramente il giallo che più
dei precedenti si colora di tinte fosche».
Forse perché, ancora più degli altri polizieschi, è
agganciato alla contemporaneità?
«Probabilmente: questo romanzo si basa tutto sulle grandi migrazioni
di massa, sulla delinquenza di oggi che è molto cambiata, sullo
spostamento dei limiti dell´orrore. Sì, penso che si tratti
di un romanzo sull´Italia contemporanea, anche se ho sempre cercato
di tenermi avvinghiato alla nostra epoca, pure nei cosiddetti romanzi storici.
Qui però il discorso è assai più esplicitato».
C´è anche il riferimento al problema dell´abusivismo
edilizio...
«Certo: in Sicilia ci sono interi paesi costruiti abusivamente,
ma regolarmente serviti di luce, acqua, quando c´è, e linee
telefoniche».
Leggendo "Il giro di boa" si ha come l´impressione che il suo
pessimismo si sia esacerbato. Come mai?
«Il pessimismo c´è, eccome, ma non penso che si
sia accentuato. Certo, ci vuole molta forza di ragione e molta fiducia
nell´uomo perché oggi non si esacerbi di più».
Considerata la situazione siciliana attuale, lei vede spiragli?
«Credo di sì. Certo, non è detto che saremo noi
stessi a provocarli. Noi siciliani siamo sempre stati ai margini, tutto
quello che può accadere di positivo o di negativo nella nostra nazione,
da noi arriva come un´onda morta di risacca. Anche se certi fatti,
certi accadimenti, noi li possiamo recepire meglio di altri. Vede, la Sicilia
recentissimamente ha creduto in qualche cosa. Ma quest´isola non
è fatta di siciliani "babbi"; i siciliani vogliono che la loro fiducia
venga ricambiata. Non c´è niente di peggio della disillusione
dei siciliani».
È dunque il caso di finirla coi soliti discorsi che tirano in
ballo il "Gattopardo", l´eterno presente...
«Sì, basta. Che "Gattopardo" e "Gattopardo". Sono ormai
storie sorpassate. Quando c´è la voglia di fare, i siciliani
fanno. Si dicono ancora tante minchiate, ignorando che ci sono i siciliani
volenterosi: gli imprenditori ad esempio, in grado di far bene, malgrado
ci sia il cancro della mafia, che procede sotto il pelo dell´acqua,
ma c´è; malgrado la burocrazia, da noi decuplicata rispetto
a quella italiana; in una parola, malgrado tutto».
Salvatore Ferlita
La Repubblica,
14.3.2003
Esce "Il giro di boa", il nuovo romanzo di Andrea Camilleri
Il commissario è in crisi dopo i fatti accaduti a Genova
Il dolore di Montalbano diviso tra G8 e coscienza
E' la storia più triste: i clandestini, la vecchiaia, i dubbi
L'autore: "Ma il mio personaggio non è di parte, è un
cittadino"
Un poliziotto che ha visto quello che è successo a Genova durante
il G8 "che fa, può far finta di niente?". Dopo l'irruzione alla
scuola Diaz, i pestaggi indiscriminati ai manifestanti, l'atmosfera che
qualcuno in quei giorni non esitò a definire "cilena" che peso hanno
nella coscienza di un commissario? Forse dovrebbe dimettersi. Questo pensa
Salvo Montalbano, il personaggio creato da Andrea Camilleri e che tutti
gli italiani vedono con la faccia di Luca Zingaretti che lo ha impersonato
in televisione.
Nel libro che esce oggi, Montalbano fa i conti con la sua coscienza.
Si intitola Il giro di boa (Sellerio, 10 euro). Montalbano dice alla fidanzata
Livia di aver preso "una decisione seria". "Mi dimetto. Domani vado dal
questore e gli presento le dimissioni". Il motivo? Ciò che è
accaduto durante il G8. "Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito",
dice il commissario di Vigata.
E nel momento più difficile della sua vita, alle prese con i
suoi dubbi e con qualche acciacco preoccupante come la vecchiaia che avanza,
Montalbano si trova ad affrontare un'altra questione. Il commissario si
sveglia un mattino all'alba e va a farsi una nuotata. Vede il cadavere
di un annegato. Lo trascina a riva. Un immigrato straniero che cercava
fortuna in Italia, pensa. Un clandestino come tanti, un povero cristo.
Non è così. Quell'uomo è stato assassinato. Ma chi
è? Perché è così difficile identificarlo? Perché
l'inchiesta è così complicata?
Poi Montalbano assiste casualmente all'arrivo di un gruppo di clandestini
intercettati in mare. Un bambino impaurito sfugge alla madre e corre a
nascondersi. Il commissario lo rincorre, lo convince a uscire fuori dal
nascondiglio, lo riconsegna alla madre. E segna il suo destino.
Storie dentro ad altre storie, inchieste che si intrecciano, dubbi
e rimorsi che vanno di pari passo con la crisi profonda di un uomo che
non sa più che cosa fare della sua vita. Che non crede più
a quello che fa, ma non può fermarsi. Un sbirro che si infila in
un'altra indagine solo per caso (il questore cui doveva consegnare le dimissioni
non ha potuto riceverlo subito) e vi resta impigliato.
"Montalbano non è di parte - precisa Camilleri - se lo fosse
stato si sarebbe fermato alle riflessioni fatte in merito agli incidenti
al G8 di Genova, invece si interessa anche di ciò che è accaduto
a Napoli, quando il Paese era governato dal centro sinistra. E' inconcepibile
- aggiunge lo scrittore - per un uomo con le idee e gli anni di Montalbano
ipotizzare di trovarsi a combattere contro lo schiavismo".
Il suo senso di inadeguatezza è acuito dal trovarsi "in una
posizione critica forte nei confronti dell'operato degli esponenti della
polizia, che adoperano quei metodi che lui nella sua vita non ha mai pensato
di adoperare, come le prove finte. E' un sistema - continua Camilleri -
che considera appaiato a quelli adottati dalla gente che la polizia combatte".
"Il mio commissario è un cittadino come qualsiasi altro, al
quale certe leggi non piacciono. Questo non significa che non le applichi.
Non bisogna dimenticare che al fianco di Montalbano c'è un vice
questore vicino all'attuale governo".
Alla domanda se tema il risentimento di una parte dei lettori, Camilleri
risponde: "Non sto a badarci quando scrivo, forse ci saranno lettori risentiti,
pazienza. Uno dei pregi di Montalbano è la sincerità nei
confronti della realtà, che venga accettata anche in questo senso.
Devo dire che è difficile operare una divisione politica tra chi
mi legge, che è di destra e di sinistra. Mi dispiacerebbe se fossero
tutti di una parte".
Camilleri trascina il suo personaggio fino al giro di boa, quel punto
in mezzo al mare che segna la rotta del ritorno. E' un romanzo triste come
i naufragi dove annega la speranza, come il tempo che passa per tutti,
come i vecchi amici che chiudono il ristorante, come i mestieri in cui
non si crede, come i punti in mezzo al mare che obbligano a voltarsi e
guardare indietro.
Dario Olivero
Metro, 14.3.2003
La crisi di Montalbano
Nel nuovo libro di Camilleri "Il giro di boa" Salvo pensa alle dimissioni
Il colpo di scena, subito come un pugno nello stomaco del lettore, all'inizio
di "Il giro di boa" (269 pagine, 10 euro, Sellerio), il nuovo romanzo di
Andrea Camilleri, da oggi in libreria. Il cinquantateenne Salvo Montalbano
vive un problema di coscienza: il commissario non riesce infatti a dimenticare
gli incidenti accaduti al vertice del G8 a Genova del luglio 2001, e soprattutto
non riesce ad accettare l'irruzione della polizia alla scuola Diaz e il
violento pestaggio agli studenti inermi che ne seguì. Ricordi che
sono strettamente legati alla sua volontà di rassegnare le dimissioni
da poliziotto. E mentre il poliziotto rimugina questi pensieri e si ripete
"Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito" viene letteralmente travolto
da un nuovo caso. Dopo una notte insonne decide di fare una nuotata ristoratrice
ma ecco che dall'acqua spunta un cadavere. Montalbano riesce a trascinarlo
a riva per scoprire che l'uomo è stato crudelmente assassinato.
Il commissario si troverà catapultato in un'indagine difficile.
Mentre l'inchiesta si muove tra incertezze e false piste, Montalbano si
trova ad assistere casualmente all'arrivo di un folto gruppo di clandestini
intercettati in mare. Nella confusione un bambino extracomunitario sfugge
alla madre e corre a nascondersi sulla banchina del porto. Il commissario
lo rincorre e lo riconsegna alla madre. Un gesto che avrà delle
ripercussioni su di lui che si troverà coinvolto in un traffico
internazionale di extracomunitari con annessi sbarchi di clandestini e
un osceno commercio di bambini.
Comune di Modica,
14.3.2003
Comunicati Stampa
Modica: il 29 marzo sarà conferita la cittadinanza onoraria
a Luca Zingaretti
Giusto riconoscimento al “Commissario Montalbano” per le sue grandi
capacità interpretative e per aver rilanciato l’immagine del nostro
territorio.
Luca Zingaretti grande interprete del Commissario Montalbano e dell’indimenticabile
Perlasca, attore dotato di sensibilità e non indifferente capacità
artistica, avrà conferita la cittadinanza onoraria di Modica nel
corso di una cerimonia che si terrà nella sala consiliare di Palazzo
san Domenico sabato 29 marzo p.v. alle ore 17.00.
L’avvenimento riveste particolare importanza non solo per la grande
e meritata notorietà dell’attore ma anche per aver rilanciato la
conoscenza e l’immagine del nostro territorio.
“Con il conferimento della cittadinanza onoraria a Luca Zingaretti
-commenta il Sindaco- voglio manifestare la nostra gratitudine verso un
artista che senza nulla chiedere al territorio ha svolto una eccezionale
azione di rilancio di immagine non solo della nostra città ma dell’intero
comprensorio modicano. Luca Zingaretti lo ha saputo fare interpretando
da par suo l’essenza della nostra terra e di quanti ci vivono: gente ospitale,
generosa e ricca di fantasia.”
Die
Tageszeitung, 15.3.2003
Tonspur
Krankenhausrundfunk
[...]
Und wenn Radiogeräte Fieber haben können, dann kann das auch
ein Planetarium. "Camilleri-Fieber im Mannheimer Planetarium" schreibt
der SWR in einer Pressemeldung, sagt aber nicht, was er tut, um das Fieber
zu senken. Kann man einem Planetarium Wadenwickel machen? Oder es mit Aspirin
begießen? Vielleicht sollte alle Mannemer sich das aus der Nähe
anschauen, und zwar am heutigen Samstag um 19.30 Uhr. Da wird nämlich
das Hörspiel "Das Spiel des Patriarchen" von Andrea Camilleri uraufgeführt.
Ein bisschen fiebrig ist auch die Handlung dieses Krimis: Ein junger Mann
wird erschossen aufgefunden, gleichzeitig verschwindet ein älteres
Ehepaar aus dem Wohnhaus des Ermordeten. Commissario Montalbano - einer
von den inflationär in Erscheinung tretenden italienischen Kriminalbeamten,
die man gerne miteinander verwechselt - nimmt die Ermittlungen auf. Wem
das alles zu heiß und Mannheim zu weit weg ist, dem seien die Sendetermine
der zweiteiligen Produktion in Klammer und zum Ausscheiden ans Herz gelegt.
(22. und 29. März, 23.05 Uhr, SWR 2 sowie 23. und 30. März.,
23.00 Uhr, SWR1).
[...]
---------
Non solo le radio possono avere la febbre [s'intende lo schricchiolio,
sinonimo d'influenza e tosse per i radiofonici, NdT] no, anche un Planetario.
"La febbre di Camilleri nel Planetario di Mannheim" scrive il SWR [stazioni
radiofoniche e televisive del Sud-Ovest, NdT] in un comunicato di stampa,
ma non chiarisce, cosa intraprende, per calmare la febbre. Si possono applicare
degli impacchi ai polpacci ad un Planetario? O "sdiluviarlo" con dell'aspirina?
Forse tutti i Mannheimer [i mannheimeresi, NdT] dovrebberlo andare
a vedere da vicino, e precisamente questo sabato alle ore 19.30 Infatti
verrà rappresentato per la prima volta il dramma radiofonico "La
gita a Tindari" di Andrea Camilleri. Febbricitante è anche l'azione
di questo giallo. Un giovane uomo viene ucciso, contemporaneamente sparisce
una coppia di anziani dalla casa della vittima. Il Commissario Montalbano,
uno degli "agenti di polizia giudiziaria" italiani, che fanno la propria
apparizione in un modo inflazionato, per cui è facile scambiarli
, intraprende le indagini. Per chi tutto questo risulti un pochino calduccio
e non si trovi nei paraggi di Mannheim, raccomandiamo vivamente gli orari
di trasmissione della produzione in due parti (22 e 29 marzo alle ore 23.05
su SWR2, 23 e 30 marzo alle ore 23 su SWR1).
[gli autori del dramma radiofonico si trovano su:
http://www.swr.de/swr1rp/programm/hoerspiel/2003/03/23/index.html]
Traduzione a cura di Fabrizio
Gazzetta del Sud,
15.3.2003
Nel nuovo romanzo di Camilleri, «Il giro di boa», il commissario
di Vigata entra in crisi
Ed ecco il Montalbano più “politico”
«Un cittadino come qualsiasi altro, a cui certe leggi non piacciono»
Dapprima i fatti di Genova in occasione del G8, poi la scoperta di quelli
di Napoli: l'uno-due mette in ginocchio il commissario Montalbano. Barcolla
la sua fiducia nella polizia, annuncia le dimissioni a Vigata e prende
appuntamento con il Questore per presentarle. Ma l'incontro per una serie
di circostanze viene rimandato di volta in volta fino a quando l'istinto
di sbirro non prende il sopravvento sulla ragione e Salvo si trova impigliato
in una nuova indagine. «Il giro di boa» (Sellerio, pp. 274,
euro, 10,00) non è soltanto il Montalbano più palesemente
politico, è probabilmente anche quello di maggiore impegno sociale,
dalle pagine più inaspettatamente toccanti. Il cuore forte del commissario
resiste ai sobbalzi dell'eccitazione quando trascorre nuove notti nello
stesso letto con la splendida Ingrid senza sfiorarla ma si scioglie al
ricordo degli occhi terrorizzati di un ragazzino immigrato appena sbarcato
e «catturato» dalla presunta madre. Perché l'immigrazione
è l'argomento principale del libro, dal quale si dipartono due indagini
diverse e complesse che porteranno alla scoperta di un orribile traffico
internazionale. È un Montalbano diverso questo de «Il giro
di boa»: scompare un punto di riferimento nella sua vita, come il
ristorante Calogero il cui proprietario ormai settantatreenne e con due
by-pass decide di chiudere il locale; fanno capolino i bombardamenti statunitensi;
si fanno più forti gli acciacchi dell'età; è messa
in ridicolo una testarda ostinazione e l'abbandono ai luoghi comuni di
alcuni settentrionali. Secondo qualche critico, quella che è costretto
ad affrontare nelle pagine di questo libro è l'inchiesta più
dura per il commissario di Vigata. Ma forse, più duro, insensibile
e miope sta diventando il mondo intorno a lui e quindi più lacerante
diventa il rapporto con se stesso. «Montalbano non è di parte,
se lo fosse stato si sarebbe fermato alle riflessioni fatte in merito agli
incidenti al G8 di Genova, invece si interessa anche di ciò che
è accaduto a Napoli, quando il Paese era governato dal centro sinistra».
Andrea Camilleri precisa l'imparzialità del suo personaggio più
noto a sostegno della tesi di un suo impegno civile, trasversale alla politica.
«Questa sorta di crisi di Montalbano l'ho portata avanti da “La gita
a Tindari” dove era duplice il suo disagio, causato dalla novità
dello scopo criminale e dall'assenza di territorialità del crimine
– spiega lo scrittore siciliano. Nel primo caso il commissario era abituato
ad una criminalità tradizionale, l'idea che si possa uccidere per
un organo da trapiantare lo sconvolge umanamente e come poliziotto lo fa
sentire inadeguato al solo concepire certi moventi. Per il secondo disagio,
lui non ha voluto trasferirsi; conosce i codici del suo territorio e questo
è il suo punto di forza. Ma quando si imbatte nella delinquenza
su internet si accorge che questa estende i suoi confini fino a perderli.
Manca un territorio culturale». Ne «Il giro di boa» il
disagio è ancora più esplicito: «È inconcepibile
per un uomo con le idee e gli anni di Montalbano ipotizzare di trovarsi
a combattere contro lo schiavismo. Con mezzi avveniristici si torna ad
un delitto che si pensava scomparso secoli fa». Il suo senso di inadeguatezza
è acuito dal trovarsi «in una posizione critica forte nei
confronti dell' operato degli esponenti della polizia, che adoperano quei
metodi che lui nella sua vita non ha mai pensato di adoperare, come le
prove finte. È un sistema – continua Camilleri – che considera appaiato
a quelli adottati dalla gente che la polizia combatte».
È una scelta partitica? «No, non lo è. Il fatto
politico è sempre presente in Montalbano, fin da “La forma dell'acqua”
oppure quando critica provvedimenti come la presenza degli alpini in Sicilia
e al governo, di nuovo, non c' era il centro destra».
Un impegno civile dunque, trasversale alla politica? «Il mio
commissario è un cittadino come qualsiasi altro, al quale certe
leggi non piacciono. Questo non significa che non le applichi. Non bisogna
dimenticare che affianco a Montalbano c'è un vice questore vicino
all'attuale governo».
Teme il risentimento di una parte dei lettori? «Non sto a badarci
quando scrivo, forse ci saranno lettori risentiti, pazienza. Uno dei pregi
di Montalbano è la sincerità nei confronti della realtà,
che venga accettata anche in questo senso. Devo dire che è difficile
operare una divisione politica tra chi mi legge, che è di destra
e di sinistra. Mi dispiacerebbe se fossero tutti di una parte».
Nella difficile situazione attuale in cui è sempre più
difficile sottrarsi alla logica delle appartenenze, spesso a scapito dell'obiettività,
può lo scrittore evitare di prendere posizione? «Dipende:
se scrivo del mio ombelico sono al di fuori di qualsiasi fatto politico
e sociale. Essendo però io uno scrittore di fatti, i fatti sono
quelli che sono e devo prenderli in considerazione».
Saverio Testone
La Sicilia, 15.3.2003
Riconoscimento
Luca Zingaretti cittadino onorario
L'attore Luca Zingaretti, interprete del Commissario Montalbano nella
fortunata serie televisiva che riferisce ai testi dello scrittore Andrea
Camilleri, ma anche dell'indimenticabile Perlasca, avrà conferita
la cittadinanza onoraria di Modica. La cerimonia è stata già
fissata per sabato 29 marzo, alle ore 17, nella sala consiliare del civico
palazzo San Domenico.
L'avvenimento costituisce indubbiamente motivo per assumere una particolare
importanza nella città della Contea, non solo per la grande e meritata
notorietà dell'attore, dotato di grande sensibilità e di
non indifferente capacità artistica, ma anche per aver rilanciato
la conoscenza e l'immagine del territorio di Modica e di diversi limitrofi
centri iblei. «Con il conferimento della cittadinanza onoraria a
Luca Zingaretti -commenta il sindaco Piero Torchi - voglio manifestare
la nostra gratitudine verso un artista che, senza nulla chiedere al territorio,
ha svolto un'eccezionale ed efficace azione di rilancio d'immagine non
solo della nostra città, ma dell'intero comprensorio modicano. Zingaretti
lo ha saputo fare interpretando da par suo l'essenza della nostra terra
e di quanti ci vivono: gente ospitale, generosa e ricca di fantasia».
L'iniziativa è stata apprezzata proprio perchè il «commissario
Montalbano» s'è rivelato un vero e proprio ambasciatore della
terra iblea, in particolare poi le tre città accomunate nel «Barocco
del Val di Noto» dell'Unesco, e cioè Modica, Scicli e Ragusa.
Non va dimenticato, tra l'altro, che quei filmati riguardanti il noto personaggio
di Camilleri, prodotti dalla Tv italiana, vengono esportati all'estero
dove sin dalla prima edizione s'è registrato una strepitosa audience.
Gi. Bu.
Radio 2, 16.3.2003
Strada
facendo
Andrea Camilleri è stato ospite "telefonico" della trasmissione.
Ha parlato dell'Isola Ferdinandea, di Montalbano (punti di contatto
e differenze fra l'autore e il personaggio), delle bellezze meno conosciute
della Sicilia (ad esempio i castelli medievali).
Liceo Classico Statale
Umberto I, 17.3.2003
Si comunica che nell'ambito delle iniziative di autoaggiornamento di
natura culturale previste nel POF, presso i locali dell'istituto, giorno
17/3/2003 alle ore 16.30 il prof. Mario Matteo Pintacuda terrà una
conferenza dal titolo "Montalbano sono". L'iniziativa è offerta
anche agli studenti della scuola e ai loro genitori.
La Stampa, 17.3.2003
A LIONE UNA RASSEGNA DEDICATA A CINEMA E LETTERATURA: PARLA IL DIRETTORE
LAURENT LOMBARD
«La bella Italia del poliziesco»
Si conosce il paese al di là dei luoghi comuni
LIONE. A volte basta un uomo solo. Magari non fa una cosa immensa, magari
non riesce a realizzare il suo progetto fino in fondo, ma l´idea
da cui è partito, a piccoli passi, comincia a marciare. E´
il caso di Laurent Lombard, professore di letteratura italiana in Francia,
a Saint-Etienne, appassionato di romanzi polizieschi italiani fin dalla
tesi di laurea, convinto sostenitore di questo genere di scrittura assai
poco apprezzata nel suo paese, che ieri e oggi, a Lione, tiene per il terzo
anno consecutivo il suo «Incontri con il film e il romanzo poliziesco
italiano». Ha cominciato la sera del 14 con uno spettacolo dal vivo:
«Più di mille giovedì» dell´Assemblea Teatro
di Torino. Prosegue con due film: il più vecchio è «Una
storia semplice» da Sciascia di Emidio Greco e il più nuovo
«Il sole negli occhi» di Andrea Porporati. Conclude, infine,
con un dibattito tra lo scrittore di gialli Massimo Carlotto, il direttore
del festival di Annecy Pierre Todeschini e lo stesso regista Porporati.
«La mia idea», spiega con passione Laurent Lombard, «è
che a differenza del romanzo letterario, quello poliziesco permette di
conoscere l´Italia così com´è, al di fuori da
ogni stereotipo. Purtroppo i francesi guardano ancora con diffidenza a
questo genere narrativo italiano, forse perché ignorano che dal
1931, dalla nascita dei Gialli Mondadori, è una tradizione forte
del vostro paese che si è riversata felicemente anche nel cinema».
I migliori autori italiani di oggi? Laurent Lombard cita Marcello Fois,
Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto e Niccolò Ammaniti, un giallista
speciale, che proprio in questi mesi ha visto il suo racconto «Io
non ho paura» diventare un film ad opera del premio Oscar Gabriele
Salvatores. E Camilleri? Com´è che nell´elenco non c´è
Camilleri il cui commissario Montalbano ha conquistato frotte di lettori
e invaso la televisione italiana? «Per me Camilleri non è
autore di racconti polizieschi. E´ un´altra cosa». I
migliori giallisti del mondo, Lombard? La risposta è tipicamente
francese, ancora di più oggi che il contrasto sull´Iraq ha
reso lontanissima la politica di Bush e quella di Chirac: «Purtroppo
in questi anni siamo immersi nella cultura anglo-sassone e quindi sono
loro ad avere maggior successo. Devo ammettere,però, che Agatha
Christie e Conan Doyle sono imbattibili. Noi, comunque, abbiamo avuto George
Simenon e voi Gadda che ha scritto il più bel giallo del mondo».
Mentre, tre anni fa, il primo di questi «Incontri» era dedicato
alla nascita del giallo italiano da Alessandro Varaldo fino a Scerbanenco
e quello dell´anno scorso al giallo politico passando per un film
come «La mia generazione» di Vilma Labbate, quest´anno,
a tener banco, sono le emozioni nella scrittura poliziesca. Per questa
ragione a rappresentare il cinema italiano contemporaneo è stato
scelto il film «Il sole negli occhi» di Porporati, romanziere
e sceneggiatore passato dietro la macchina da presa proprio con questa
storia uscita in Italia due anni fa e tra poco sullo schermo anche in Francia.
Racconta Porporati: «Prima del delitto di Novi Ligure e prima di
quello di Cogne, avevo scritto questa sceneggiatura che raccontava un parricidio.
Mi aveva colpito quanto l´Italia fosse in testa alle statistiche
per i delitti in famiglia e come il colpevole, spesso arrestato subito,
non sapesse dire perché aveva ucciso». Interpretato da Fabrizio
Gifuni e Valerio Mastandrea nei ruoli di un poliziotto e un assassino,
assai attento ai movimenti psicologici interiori, lodato e premiato in
giro per i festival, questo film ha rappresentato una svolta nella carriera
di Andrea Porporati che, stanco di veder «tradite» al cinema
le sue storie, s´è messo a fare il regista in proprio. Al
momento ha in progetto due nuovi film: uno sul mondo del lavoro da girare
in coppia con Marco Turco, l´altro da fare da solo su una rapina
eseguita da ladri occasionali.
Simonetta Robiony
Il
Centro, 19.3.2003
«Il giro di boa» per Montalbano
Gli scontri del G8 a Genova sullo sfondo del nuovo romanzo.
La fiducia nella polizia del commissario non è più tanto
salda
Dapprima i fatti di Genova in occasione del G8, poi la scoperta di quelli
di Napoli: l'uno-due mette in ginocchio Montalbano. Barcolla la sua fiducia
nella polizia, annuncia le dimissioni a Vigata e prende appuntamento con
il questore per presentarle. Ma l'incontro viene rimandato di volta in
volta finché l'istinto di sbirro non prende il sopravvento sulla
ragione e Salvo si trova impigliato in una nuova indagine.
«Il giro di boa» (Sellerio, 272 pagine, 10 euro) di Andrea
Camilleri non è soltanto il Montalbano più palesemente politico,
è probabilmente anche quello di maggiore impegno sociale, dalle
pagine più inaspettatamente toccanti.
Il cuore forte del commissario resiste ai sobbalzi dell'eccitazione
quando trascorre nuove notti nello stesso letto con la splendida Ingrid
senza sfiorarla ma si scioglie al ricordo degli occhi terrorizzati di un
ragazzino immigrato appena sbarcato e «catturato» dalla presunta
madre. Perché l'immigrazione è l'argomento principale del
libro, dal quale si dipartono due indagini diverse e complesse che porteranno
alla scoperta di un orribile traffico internazionale.
E' un Montalbano diverso questo de Il giro di boa: scompare un punto
di riferimento nella sua vita, come il ristorante Calogero il cui proprietario
ormai settantatreenne e con due by-pass decide di chiudere il locale; fanno
capolino i bombardamenti statunitensi; si fanno più forti gli acciacchi
dell'età; è messa in ridicolo una testarda ostinazione e
l'abbandono ai luoghi comuni di alcuni settentrionali.
Secondo qualche critico, quella che è costretto ad affrontare
nelle pagine di questo libro è l'inchiesta più dura per il
commissario di Vigata.
Ma forse, più duro, insensibile e miope sta diventando il mondo
intorno a lui e quindi più lacerante diventa il rapporto con se
stesso.
«Montalbano non è di parte, se lo fosse stato si sarebbe
fermato alle riflessioni fatte in merito agli incidenti al G8 di Genova,
invece si interessa anche di ciò che è accaduto a Napoli,
quando il Paese era governato dal centro sinistra». Andrea Camilleri
precisa così l'imparzialità del suo personaggio più
noto a sostegno della tesi di un suo impegno civile, trasversale alla politica.
«Questa sorta di crisi di Montalbano», aggiunge lo scrittore
siciliano, «l'ho portata avanti dalla "Gita a Tindari" dove era duplice
il suo disagio, causato dalla novità dello scopo criminale e dall'assenza
di territorialità del crimine».
«Nel primo caso», spiega Camilleri, «il commissario
era abituato ad una criminalità tradizionale, l'idea che si possa
uccidere per un organo da trapiantare lo sconvolge umanamente e come poliziotto
lo fa sentire inadeguato al solo concepire certi moventi. Per il secondo
disagio, lui non ha voluto trasferirsi; conosce i codici del suo territorio
e questo è il suo punto di forza. Ma quando si imbatte nella delinquenza
su Internet si accorge che questa estende i suoi confini fino a perderli.
Manca un territorio culturale».
Nel «Giro di boa» il disagio è ancora più
esplicito, «E' inconcepibile», prosegue Andrea Camilleri, «per
un uomo con le idee e gli anni di Montalbano ipotizzare di trovarsi a combattere
contro lo schiavismo. Con mezzi avveniristici si torna ad un delitto che
si pensava scomparso secoli fa».
Il suo senso di inadeguatezza è acuito dal trovarsi «in
una posizione critica forte nei confronti dell'operato degli esponenti
della polizia, che adoperano quei metodi che lui nella sua vita non ha
mai pensato di adoperare, come le prove finte.
«E' un sistema, continua Camilleri, «che considera appaiato
a quelli adottati dalla gente che la polizia combatte».
E' una scelta partitica? «No, non lo è», risponde
lo scrittore. «Il fatto politico è sempre presente in Montalbano,
fin dalla "Forma dell'acqua" oppure quando critica provvedimenti come la
presenza degli alpini in Sicilia e al governo, di nuovo, non c'era il centro
destra».
Un impegno civile dunque, trasversale alla politica?
«Il mio commissario», spiega Camilleri, «è
un cittadino come qualsiasi altro, al quale certe leggi non piacciono.
Questo non significa che non le applichi. Non bisogna dimenticare che affianco
a Montalbano c'è un vice questore vicino all'attuale governo».
Teme il risentimento di una parte dei lettori? «Non sto a badarci
quando scrivo, forse ci saranno lettori risentiti, pazienza. Uno dei pregi
di Montalbano è la sincerità nei confronti della realtà,
che venga accettata anche in questo senso».
«Devo dire», aggiunge lo scrittore, «che è
difficile operare una divisione politica tra chi mi legge, che è
di destra e di sinistra. Mi dispiacerebbe se fossero tutti di una parte».
Nella difficile situazione attuale in cui è sempre più
difficile sottrarsi alla logica delle appartenenze, spesso a scapito dell'obiettività,
può lo scrittore evitare di prendere posizione?
«Dipende: se scrivo del mio ombelico sono al di fuori di qualsiasi
fatto politico e sociale. Essendo però io uno scrittore di fatti»,
conclude Andrea Camilleri, «i fatti sono quelli che sono e devo prenderli
in considerazione».
Paolo Petroni
La Nazione,
20.3.2003
PISA — L'associazione culturale Libroidea in collaborazione con la Confesercenti
organizza, nella suggestiva cornice della ex stazione Leopolda, una fiera
del libro e degli editori con titolo «Festival del libro - Book festival
-. Festival du livre - Buchfest». Tale manifestazione si svolgerà
dal 3 all'11 ottobre 2003. L'invito è rivolto soprattutto ai piccoli
e medi editori italiani e stranieri al fine di valorizzare la loro editoria
e dare loro l'opportunità di farsi conoscere dal grande pubblico.
Completeranno la fiera gli incontri letterari e i dibattiti cui parteciperanno
autori italiani e stranieri, intervistati da giornalisti e critici letterari.
Saranno invitati alcuni autori molto noti al pubblico (Andrea De Carlo,
Giorgio Faletti, Andrea Camilleri, Francesco Guccini, Umberto Eco, Folco
Quilici, Tullio Avoledo, Alex Zanotelli, Gigi Avanti, Paolo Crepet) e giornalisti
che con il loro intervento potranno pubblicizzare e commentare il nostro
festival (Oreste Del Buono, Antonio D'Orrico, Massimo Gramellino, Beppe
Severgnini, Igor Man, Marco Gasperetti). Il tema conduttore di tutta la
manifestazione sarà «Le radici e il futuro dell'Europa».
Il Festival del libro è alla sua prima edizione ed intende porre
all'attenzione dei lettori la produzione letteraria di uno specifico paese:
quest'anno l'ospite d'onore sarà la Lituania. E' prevista l'assegnazione
di un premio letterario «Fair book: fragili parole dell'adolescenza»,
rivolto ai giovani detenuti in aree penali (case famiglia, istituti di
pena minorili, comunità di recupero), sponsorizzato dalla casa editrice
Edizioni Ets di Pisa che pubblicherà all'interno di una antologia
i racconti e le poesie più belle fra quelle giudicate dalla commissione
di esperti. Il festival che dal 3 al 5 ottobre sarà dedicato alla
mostra-mercato degli editori, continuerà poi la settimana successiva
con convegni e seminari; la sera la festa si sposterà nei ristoranti,
nelle piazze e nei caffè cittadini con incontri letterari e cene
a tema. La diversificazione e varietà dei luoghi di svolgimento
della manifestazione forniranno a tutto il centro cittadino l'occasione
per "mostrarsi" in maniera nuova ed originale rispetto alla consuetudine
valorizzando ulteriormente le sue ricchezze: l'immagine di Pisa potrà
diventare quella di città culturale per eccellenza, a livello europeo.
Gli alunni delle scuole saranno ampiamente coinvolti in questa manifestazione
con progetti letterari ed incontri con gli autori di libri per ragazzi.
Per informazioni libroidea@festivaldellibro.com.
Gazzetta
di Modena, 20.3.2003
Anticipazioni sulla prossima stagione lirica
Tra Vespri e Chenier la Fanciulla del West
MODENA. La stagione lirica su cui è appena calato il sipario
non ha lasciato in verità troppi rimpianti: sotto tono l'avvio con
"Il fantasma nella cabina", elitario tocco d'antichità con "Olimpiade",
"Tancredi" discutibile, "Ballo in maschera" discusso e finalmente quotazioni
in salita con una "Turandot" interessante. Forse per questo la stagione
a venire incuriosisce tanto.
[...]
Tutta nuova potrebbe essere la seconda tappa del progetto, avviato
quest'anno, di musicare testi di Camilleri, ma un nuovo giallo in musica
non entusiasma tutti.
Claudia Paparella
Il
Piccolo, 21.3.2003
Ospite dell’associazione dei siciliani arriva oggi in città
il noto fisico diventato anche popolare personaggio televisivo
Zichichi: «La scienza è la mia vita»
Previsto il ricevimento in municipio. Terrà un incontro pubblico
all’Auditorium
[...]
Parliamo della sua meravigliosa terra. È più semplice
spiegare la teoria della relatività o la natura della Sicilia?
«La teoria della relatività».
Tra il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, il commissario Montalbano
di Camilleri o i Malavoglia di Verga in chi si riconosce. O meglio: chi
coglie meglio la natura più intima della Sicilia?
«La Sicilia è la zona d’Europa con le più antiche
radici di civiltà. Ecco perché non bastano né Verga,
né Tomasi, né Camilleri per descrivere la complessità
e il fascino delle sue innumerevoli componenti psicologiche e culturali».
[...]
ro. co.
La Sicilia, 22.3.2003
In Sicilia per visitare i luoghi di Montalbano
Tante grazie Montalbano! A parte le piacevoli serate che hanno incollato
al teleschermo milioni d'italiani e gli ascolti che hanno tenuto a galla
Mamma Rai, il commissario nato dalla fantasia di Andrea Camilleri pare
eserciti uno straordinario potere di seduzione turistica. Numerosi stranieri
(o straniere?) in religioso pellegrinaggio visitano i luoghi delle sue
gesta, «i luoghi di Montalbano». Come un turista cinefilo in
Irlanda non può non recarsi sulla spiaggia della «Figlia di
Ryan». Anzi di più, di più. Gli svedesi vengono apposta.
Paradossi di un mondo che vive di virtuale, di finzione, la creatura di
Andrea Camilleri è entrata nel firmamento del «cult».
E passa per un siciliano vero. E - se non bastano le spiagge e i vulcani,
i parchi letterari e i monumenti ad incrementare il turismo - ecco arrivare
in soccorso - perchè no? - il commissario. Tanto fu avversata «La
Piovra» - e proprio in Sicilia - in quanto immagine negativa dell'isola,
una Sicilia di mafia e morte, tanto è incensato Montalbano. Montalbano
= buon investimento. E alla prima Borsa del turismo euromediterraneo in
corso a Palermo, l'assessore regionale Francesco Cascio ha affermato che,
a fronte delle richieste del mercato turistico scandinavo (la produzione
viene venduta a tv straniere) per visitare i luoghi della fiction, intende
chiedere alla Rai di prevedere una nuova serie non escludendo un finanziamento
regionale. Investire su una fiction? Purché non si dimentichi la
realtà.
Io Donna, supplemento del Corriere
della sera, 22.3.2003
Montalbano, Livia, la svedese (e affettuosamente le altre)
Molte signore girano attorno al commissario. Lo amano e lo confortano.
E nel nuovo romanzo lo salvano dalla crisi di mezza età. Il suo
inventore, Andrea Camilleri, spiega i contorni di questo vistoso matriarcato.
Alla fine la stangona svedese ce l’ha fatta, la bionda Ingrid, amica
di Salvo Montalbano, bellezza nordica trapiantata in Sicilia, ha finora
avuto con il commissario un rapporto un po’ equivoco. “Un dire e non dire,
un minuetto di avance e ritirate. A un certo punto sembravano cedere, poi
a tutti e due veniva da ridere: l’amicizia è una cosa, la passione
un’altra” spiega sornione Andrea Camilleri, all’indomani dell’uscita del
nuovo romanzo dedicato al commissario più famoso d’Italia (Il giro
di boa, Sellerio). Nelle nuove avventure Ingrid ha un ruolo importante.
No, non va a letto con Salvo, ma conquista un ruolo da numero due (in borghese)
nella complessa indagine che coinvolge un Montalbano molto demotivato.
“Il commissario è in crisi, ha superato i cinquant’anni e compie
un bilancio della sua vita”. La crisi prende spunto dalla realtà.
“Una coda di malinconia che lo amareggia, una riflessione sui fatti del
G8 e quelli di Napoli che mettono in dubbio la sua permanenza nella Polizia”.
Insomma Montalbano è sull’orlo delle dimissioni, ma l’incontro casuale
con un cadavere, mentre nuota nel mare cristallino di Marinella, lo trascina
nuovamente in un’indagine serrata. Un frullato di immaginazione e cronaca,
fantasia e indagine sociologica dove sprazzi di incalzante attualità
(la legge sull’immigrazione “Cozzi-Pini”, il traffico di minori via internet)
si mescolano ai consueti, umanissimi, personaggi letterari: Fazio, Augello
e l’esilarante Catarella.
In più, le singolari comparse di contorno. E le donne. Tante
e di variegato carattere. A cominciare appunto da Ingrid che non fa mistero
dell’attrazione per gli uomini e, più presente del solito e come
al solito conturbante, scatena la gelosia di Livia. E se la genovese di
ferro non risparmierà frecciate e litigi al suo fidanzato, Montalbano,
dal canto suo, farà i conti con le “pungicate” di gelosia che gli
procura il racconto delle avventure erotiche della disinibita svedese.
Quante bellezze, attorno a ‘sto commissario. Non sarà che un
po’ se la crede? Non fosse per l’atletico alter ego Zingaretti, dopotutto
Montalbano non è uno statale di mezza età, probabilmente
afflitto da pancetta, e vibrante di entusiasmo solo per trigliette allo
scoglio e merluzzi bolliti? “Lui ama le donne” lo difende il padre Camilleri.
“E ne è riamato. A cominciare da Livia, la fidanzata ufficiale che
abita a Boccadasse, in quel di Genova, l’unico luogo che Montalbano “scangerebbe”
con Vigata. Anche se questo mi crea qualche imbarazzo. Più di un
lettore siciliano mi ha chiesto: ”Picchì, dottore Camilleri, belle
picciotte non ce n’erano in Sicilia pè Montalbano?” Effettivamente,
picchì dottore? “Perchè Montalbano vuole una donna che gli
tenga testa e nella mia mentalità di settantenne, legato ai ricordi
di una certa mentalità siciliana, una “straniera” è più
indipendente di un’isolana. Naturalmente so bene che oggi non è
più così”. Comunque di Livia sappiamo poco: oltre a essersi
intrufolata in un terreno di caccia che si presumeva riservato, lavora
in un ufficio, ogni tanto salta su un aereo e piomba a Vigata. Stop. “Ma
Montalbano sa tutto di lei, vita morte e miracoli (perchè è
curioso). Però ci dice solo quello che è indispensabile (perchè
è siciliano), il resto lo tiene per sé. Livia rappresenta
l’amore, la passione. E’ l’ampio e accogliente bacino di Venere, la madre
che dà fiducia, che è impossibile tradire”. Tra i due si
è parlato di matirmonio, poi non se ne è fatto nulla. Si
lascia così una signora (quasi) sull’altare? “Montalbano ha paura,
teme se stesso (o l’abito bianco?). Quando Livia è lontana, la desidera,
quando sono insieme, da uomo solitario qual è, teme di vedere sconvolte
tutte le sue abitudini.”. Un po’ zitellesco, non toccare le mie cosine,
non entrare (troppo) nella mia vita. Insomma che cosa vuole? “Il confronto
intellettuale con una donna intelligente”. Che, in cambio, lui riempie
di menzogne. “Bugie, non menzogne, piccole scuse per piccolissime mancanze”.
Piccolissime? Lei sa che lasciare una donna da sola, a Parigi, la notte
di Capodanno (è successo a Livia in Gli arancini di Montalbano)
è un movente che qualunque giuria femminile archivierebbe come legittima
difesa? “Ma Salvo è un grande conoscitore dell’animo muliebre. Le
donne le guarda con attenzione, le studia, soprattutto le ascolta e le
capisce. E questo loro lo percepiscono. E poi gli arancini di Adelina indurebbero
chiunque in tentazione...”.
Poi dicono delle mamme italiane. Ma a quanto pare i padri letterari,
in difesa, danno punti alla più meridionale delle genitrici. Ma
veniamo a Ingrid. Diciamo che Montalbano è fedele a un modello di
donna nordica perché l’unica con cui tradirebbe Livia è una
signora di natali ancor più gelidi. “Ho usato il cliché della
svedese in Sicilia, la bionda dalle gambe chilometriche che ogni buon cultore
del gallismo brancatiano anela a conquistare. Il cliché però
è rovesciato: Dongiovanni non è lui, ma lei. E’ lei che prende
l’iniziativa, forse perché spiazzata da un maschio che non agisce
secondo lo stereotipo. Mi divertiva il rovesciamento del gioco”. Sarà
un gioco, ma Livia è furente. Quanto ancora resisterà quella
santa donna? “Poco. Ho ricevuto una cartolina da Boccadasse (sul serio,
indirizzata a Salvo Montalbano c/o Andrea Camilleri, quartiere Prati...
). Era “Livia” che metteva sull’avviso il suo uomo: ”Adesso basta” ha scritto.
Credo che sia arrivata al limite”.
Passiamo all’amicizia senza implicazioni sentimentali. Montalbano ha
una speciale ammirazione per l’anziana maestra Clementina Vasile Cozzo,
paralitica, ma “baciata dall’intelligenza”. A lei il commissario è
legato come un figlio, le racconta dubbi e incertezze e lei ricambia con
osservazioni acute e affettuose. Alla Vasile Cozzo, Montalbano chiede anche
collaborazione: qualche telefonata anonima che la donna fa senza battere
ciglio. “Come vede il dialogo fluisce a meraviglia: lui capisce le donne
e loro capiscono lui” insiste Camilleri. “Anche durante un’indagine difficile,
con le signore è più rilassato, perché parlano un
linguaggio comune”. Dunque, Montalbano è un curioso delle donne
che per questa rispettosa curiosità viene amorevolmente ripagato.
“Del resto succede anche a me. Sono un ladro di discorsi: sul tram, al
ristorante, ascolto le parole delle donne e poi mi invento situazioni”.
Non attacca mai discorso? “A volte. E vengo ripagato abbndantemente.
Molti anni fa fui protagonista di un’esperienza esaltante. Ero poco più
che universitario e un giorno vidi seduta al tavolino di un bar un’anziana
signora. Doveva essere stata molto bella e mi incuriosì talmente
che attaccai il classico bottone, come si può fare con un ragazza.
La curiosità fu ripagata; la signora era Angelica Balabanoff, donna
politica russa, segretaria della Terza Internazionale, italiana d’adozione
ed esponente del Partito socialista. Capirai, poter parlare con lei della
scissione di Palazzo Barberini, avere informazioni di prima mano su Mussolini
giornalista dell’Avanti...”.
Nel parterre femminile rimangono Adelina la cuoca e Beba, l’attrice
fidanzata con Mimì Augello. “Adelina per Livia è incomprensibile,
comunicano tramite bigliettini, scritti nell’italiano oscuro di Adelina,
simile a quello di Catarella. Il fatto poi che mantengano ottimi rapporti
anche dopo l’arresto da parte del commissario dei due figli delinquenti
di lei, è un’enormità per la genovese. Ma è un gioco
delle parti e ciascuno rispetta il suo ruolo: in fondo Adelina è
la Sicilia, con tutte le sue contraddizioni ma legata a un codice preciso
che regola i rapporti”. Beba, invece, per un attimo sembrava poter minacciare
Livia. “Sì, ma poi Montalbano la presenta a Mimì Augello.
Quando vanno insieme al ristorante, nella Gita a Tindari, scopre la consonanza
di gusti. “Io sono già occupato” sembra dire “ma c’è il mio
migliore vice”. Intuisce l’affinità che può esserci tra i
due, tanto è vero che nel nuovo romanzo Mimì e Beba sono
sposati e aspettano un bambino. “Insomma, alla fine Montalbano ha messo
su famiglia. Non la sua, ma quella di Augello. Così, per transfert,
si sente realizzato”.
Maria Grazia Ligato
La Padania, 22.3.2003
Polemica anti-leghista nell'ultimo giallo di Andrea Camilleri
Cozzi-Pini, Montalbano indaga contro la legge sugli immigrati
Extracomunitari vittime? Sì, prima di tutto della nuova legge:
repressiva e per di più inutile, visto che il fenomeno non è
comunque arginabile. Parola di Andrea Camilleri nel suo ultimo giallo con
il commissario Montalbano come protagonista, Il giro di boa, appena uscito
in libreria.
Montalbano lo scopriamo invecchiato, nel fisico e nell’intuito professionale:
ma se si tratta di energia polemica da spendere contro il governo di centrodestra,
allora il discorso cambia. Nei precedenti romanzi la politica entrava,
eccome: ma nella forma di amare valutazioni sull’immobilismo (leggi Dc),
sul gattopardesco costume di cambiare perché nulla cambi (leggi
sinistra e progressisti assortiti), sulle coperture e connivenze a vantaggio
della mafia (leggi tutta la vecchia, solita classe dirigente).
Se invece si tratta del Kulturkampf contro la maggioranza scelta dagli
italiani nel maggio 2001, Camilleri abbandona il coté storico-filosofico
e si getta a capofitto sull’attualità: cominciando da nome e cognome
dei responsabili, cioè da Bossi e Fini, trasformati - ma che fantasia!
- in Cozzi e Pini. Ma leggiamo direttamente alle pagine 66-67: «Ecco:
quella gente che arrivava da tutte le parti più povere e devastate
del mondo aveva in sé tanta forza, tanta disperazione da far girare
i cardini della storia in senso contrario. Con buona pace di Cozzi, Pini,
Falpalà e soci. I quali erano causa ed effetto di un mondo fatto
di terroristi che ammazzavano tremila americani in un botto solo, di americani
che consideravano centinara e centinara di morti civili come “effetti collaterali”
dei loro bombardamenti, di automobilisti che scrafazzavano pirsone e non
si fermavano a soccorrerle, di matri che ammazzavano i figli in culla senza
un pirchì, di figli che scannavano matri, patri, fratelli e sorelle
per soldi, di bilanci falsi che a norma di nuove regole non erano da considerarsi
falsi, di gente che avrebbe dovuto da anni trovarsi in galera e invece
non solo era libera, ma faciva e dettava liggi».
Capito? Altro che clandestini: qui è il Male del mondo, nella
sua accezione metafisica, a trovare un colpevole. Senza bisogno di indagini,
né di testimonianze, né di prove. Il commissario è
anche legislatore e giudice. E, di fronte a simili crimini, quale condanna
se non alla massima pena? Con l’aggravante - ne siamo sicuri - del pubblico
ludibrio, quando anche questa puntata della saga di Camilleri approderà
sul piccolo schermo, a onta dei nuovi “razzisti” Cozzi e Pini.
Roberto Brusadelli
Il Messaggero,
22.3.2003
Abruzzo
«Pronto De Simone? Il commissario Montalbano sono»
«Dottore De Simone, il commissario Montalbano sono...».
Sarebbe andata più o meno così se davvero, assecondando l'eterno
sogno di molti scrittori, i personaggi della letteratura avessero vita
propria. Immaginate la scena. Alla Questura di Pescara squilla il telefono
e il capo della Mobile trova all'altro capo del filo il leggendario collega
di Vigata, il quale, dopo due convenevoli sbrigativi, confessa in tono
complice, di dovergli "spiare" ovvero chiedere, qualche informazione riservata.
In realtà non è andata proprio così, nel senso che
Salvo Montalbano non ha abbandonato la sua dorata prigione di carta, ma
sono stati gli uomini della Questura di Pescara a fare il percorso inverso
e trovarsi immortalati nel mondo della letteratura dal campione indiscusso
del noir all'italiana.
Da qualche giorno infatti è in libreria "Il giro di boa", il
nuovo romanzo di Andrea Camilleri, settimo della serie del commissario
Montalbano. Un libro che riprende un tema caro allo scrittore siciliano:
l'immigrazione clandestina. Montalbano cerca di trovare il filo conduttore
per unire due casi solo apparentemente distanti: l'identificazione di un
cadavere riemerso in mare, e l'uccisione di un piccolo extracomunitario
che, dopo lo sbarco da una nave di clandestini, cerca disperatamente di
fuggire, non si capisce da cosa.
Ad aprire gli occhi a Montalbano sul terribile racket del traffico
di bambini è un giornalista free lance, Sozio Melato, che gli parla
della recente operazione nel corso della quale la Questura di Pescara ha
tratto in arresto i coniugi albanesi Petalli. Dietro presunti ricongiungimenti
familiari, spiega il giornalista, vengono introdotti in Italia bambini
dei quali spesso si perdono le tracce e che, nella peggiore delle ipotesi,
finiscono vittime di pedofili o trafficanti di organi o, nel migliore dei
casi, costretti all'accattonaggio.
Eccolì lì, dunque, i poliziotti pescaresi, catapultati
a loro insaputa in vetta alle classifiche di vendita. Oddio, a nessuno
cambierà la vita, né renderà meno dura la routine
di tutti i giorni, ma in fondo deve fare un bell'effetto. Certo, la foto
sul giornale fa piacere, specie se il profilo è quello giusto. Certo,
anche l'inquadratura in un tg non si butta mai via. Ma un libro è
un'altra cosa. E' un piccolissimo pezzo di eternità. E' la gioia
di pensare che tra un secolo, qualcuno sfoglierà quel romanzo e
si ricorderà di te. Insomma, se da stamattina vedrete una Volante
parcheggiata davanti alla vostra libreria, non abbiate paura. Non è
successo niente. E' solo un cliente in più...
Pierpaolo Marchetti
Liberazione, 23.3.2003
Saramago, Camilleri e Montalban a Roma
Si intitola "Scrittori e critici a confronto", il convegno organizzato
dal dipartimento di Letterature comparate dell'Università
di Roma Tre che, domani e dopodomani, vedrà riuniti tre grandi
nomi della letteratura contemporanea. L'iniziativa apre nella mattina di
domani (nell'aula magna del rettorato, via Ostiense 159) con il saluto
delle autorità e l'incontro tra Giulia Lanciani - curatrice del
convegno - Sergio Campailla e José Saramago che esporrà una
relazione sul tema dell'allegoria come genere e come necessità.
Si riprende nel pomeriggio con Piero Boitani, Nino Borsellino e Andrea
Camilleri ("Difesa di un colore"). La chiusura è prevista martedì
mattina con Arturo Mazzarella e la lezione di Manuel Vasquez Montalban
su "Tutte le memorie in letteratura". Segue alla fine un incontro degli
scrittori con gli studenti.
La Repubblica
(ed. di Palermo), 23.3.2003
La manifestazione ha celebrato il centenario dalla nascita di Simenon.
E il commissario di Vigata è stato accostato a Maigret
"Montalbano, je suis" e Parigi è conquistata
Successo di Camilleri al Salone del libro
PARIGI - La «pelata» di Luca Zingaretti non ha raggiunto
lo stesso share dell´Italia, ma di certo i francesi si sono innamorati
lo stesso del commissario di Vigatà (qui l´accento è
d´obbligo) e della sua sgangherata squadra di poliziotti capace di
risolvere i gialli anche più intricati. Del resto già da
qualche anno i romanzi di Andrea Camilleri, quelli nei quali il protagonista
è proprio il commissario Montalbano, sono in testa alle classifiche
di vendita anche a Parigi e dintorni e la fiction televisiva, come dalle
nostre parti, non ha fatto altro che avvicinare il grande pubblico alla
fortunata «invenzione» dello scrittore siciliano. Non è
un caso, dunque, che uno degli stand più ammirati al ventitreesimo
Salone del libro sia proprio quello di "Le Fleuve Noir", la casa editrice
che pubblica i gialli di Montalbano con la singolare traduzione di Serge
Quadruppani.
Singolare, perché non è affatto facile rendere comprensibile
- e al tempo stesso apprezzabile - il tipico slang del commissario e l´italiano
sicilianizzato che ha reso celebre Andrea Camilleri. «Per mesi ho
studiato un metodo di lavoro - racconta Quadruppani - ma alla fine ce l´ho
fatta. Una buona parte del successo di Camilleri è dovuta proprio
al suo particolare linguaggio: renderne il "gusto" in un´altra lingua
è una faccenda delicata. Io lavoro su tre livelli: quello dell´italiano
ufficiale, quello del dialetto puro e quello, il più complicato,
dell´italiano sicilianizzato, nel quale l´autore utilizza termini
che non rientrano nemmeno nel dialetto ma addirittura nella parlata paesana.
Del resto - continua il traduttore francese - la lingua di Camilleri non
è la semplice trascrizione di un idioma fatta da un linguista ma
la creazione personale di uno scrittore. E così, per rendere al
meglio l´italiano sicilianizzato ho usato in certe occasioni il francese
del Sud. Magari qualche volta ho anche utilizzato dei tempi sbagliati per
la lingua transalpina, ma l´effetto non è stato disprezzabile.
Solo una frase - conclude Quadruppani - non me la sono proprio sentita
di tradurla. È troppo bella, troppo siciliana, per osare metterci
le mani. E così il "Montalbano sono" è rimasto "Montalbano,
je suis". L´avessi modificata, Camilleri forse non me l´avrebbe
mai perdonato...».
E che il risultato finale sia eccellente lo dimostrano le circa 35
mila copie di media che ogni titolo della saga di Vigata ha venduto in
Francia. Dal '98 Quadruppani ha tradotto, con l´ausilio di una consulente
siciliana, Maruzza Loria, tutte le avventure di Salvo e compagni: "La forme
de l´eau" (La forma dell´acqua), "Chien de faience" (Il cane
di terracotta), "Un mois avec Montalbano" (Un mese con Montalbano), "Le
vouler de gouter" (Il ladro di merendine), "Le voix du violon" (La voce
del violino), "L´excursion à Tindari" (La gita a Tindari),
"Le demìssion de Montalbano" (La paura di Montalbano) e "L´odeur
de la nuit" (L´odore della notte). Manca solo "Il giro di boa", l´ultimo
giallo che Sellerio ha pubblicato da poco più di una settimana in
Italia e che è già in testa alle classifiche di vendita.
Al Salone del libro di Parigi, però, tra i libri più
gettonati ci sono anche i romanzi di Camilleri, quelli nei quali le storie
si svolgono sempre a Vigata ma il commissario Montalbano non c´entra
nulla. Li ha tradotti Dominque Vittuz per la casa editrice Fayard: il più
letto è "Le roi Zosimo", che da noi si intitola "Il re di Girgenti".
Ma vanno forte anche "La concession du téléphon", "La saison
de la chasse" (con "Il cacciatore" di Botero in copertina) e "Un filet
de fumée". E siccome Camilleri è uno scrittore molto ambito,
i diritti per altri due romanzi ("La strage dimenticata" e "La bolla di
componenda") sono andati a Le Promeneur, mentre "Le jeu de la mouche" (Il
gioco della mosca) è andato alla collana tascabile Mille et une
nuits. La Metailie, infine, ha pubblicato "L´opera de Vigata" (Il
birraio di Preston), "Le coupe du cavalier" (La mossa del cavallo) e "Le
desparition de Judas" (La scomparsa di Patò). Come dire che Andrea
Camilleri, in questa ventitreesima edizione del Salone del libro di Parigi,
è sicuramente uno degli autori più presenti negli stand.
Doveva esserci anche lui in carne e ossa, ma una fastidiosa influenza
lo ha bloccato a Roma. Doveva esserci per presentare l´ultima fatica
letteraria, "Teatro", scritta con il regista Giuseppe Dipasquale e pubblicata
da Arnaldo Lombardi. Si tratta dei copioni di tre rappresentazioni scritte
dall´autore di Porto Empedocle e portate in scena proprio dal regista
siciliano: "Il birraio di Preston", "Troppo trafficu ppi nenti", rivisitazione
siciliana dello scespiriano "Molto rumore per nulla", e "La cattura" tratta
da una novella di Pirandello. «Peccato che Andrea non sia potuto
venire - dice l´editore Arnaldo Lombardi - a questo punto la presentazione
è rinviata di un mese quando saremo al Salone del libro di Torino».
Per l´infaticabile scrittore siciliano, però, gli impegni
non mancano. Il prossimo progetto lo porterà nelle scuole con un
video-libro dal titolo "Il cantore di Vigata" nel quale racconterà
la sua Sicilia, quella dei suoi personaggi ma anche quella della sua infanzia.
L´appuntamento è fissato subito dopo l´estate.
Il successo parigino di Camilleri non poteva cadere in un´edizione
del Salone del Libro più propizia di questa che celebra il centenario
della nascita di George Simenon. Una curiosa coincidenza visto che in Francia
sono tanti a paragonare il commissario Montalbano al celebre Maigret. E,
tanto per confermare il «gemellaggio», nel giorno dell´inaugurazione
del Salone alcuni attori nei tipici costumi di inizio secolo, hanno posato
davanti allo stand di "Le Fleuve Noir" tendendo in mano i gialli di Simenon
e quelli di Camilleri. Il Salone del libro chiuderà i battenti mercoledì.
Lucio Luca
Corriere della sera,
23.3.2003
Nel nuovo romanzo di Camilleri critiche alla legge sull’immigrazione
ribattezzata “Cozzi-Pini”
Montalbano contro la Bossi-Fini, la Lega s'infuria
Montalbano contro la Bossi-Fini? A leggere le pagine da 64 a 67 del
nuovo romanzo di Camilleri (Il giro di boa, Sellerio), parrebbe di sì.
E “la Padania”, organo della Lega s’infuria.
Nel passo, una barca d’immigrati clandestini si schianta sugli scogli.
Almeno quindici muoiono. Una tv locale esalta la “legge Cozzi-Pini, recentemente
varata dal nostro governo” che è, “checchè ne dica l’opposizione,
l’unico, vero baluardo all’invasione”.
Montalbano sbotta: “Si illudevano di fermare una migrazione epocale
con provvedimenti di polizia e con decreti legge”.
Non è difficile vedere una critica alla legge sul’immigrazione,
la Bossi-Fini, diventata, appunto, Cozzi-Pini. Così, in prima pagina,
la Padania di ieri: ”Contro la maggioranza scelta dagli italiani nel maggio
2001, Camilleri abbandona il cotè storico-filosofico e si getta
a capofitto sull’attualità: cominciando da nome e cognome dei responsabili,
cioè da Bossi e Fini, trasformati - ma che fantasia! - in Cozzi
e Pini”.
Montalbano mischia di tutto e vede nella “Cozzi-Pini” “causa ed effetto
di un mondo fatto di terroristi che ammazzavano tremila americani in un
botto solo, di americani che consideravano centinara e centinara di morti
civili come “effetti collaterali” dei loro bombardamenti, di automobilisti
che scrafazzavano pirsone e non si fermavano a soccorrerle, di matri che
ammazzavano i figli in culla senza un pirchì, di figli che scannavano
matri, patri, fratelli, e sorelle per soldi, di bilanci falsi che a norma
di nuove regole non erano da considerare falsi, di gente che avrebbe dovuto
da anni trovarsi in galera e invece non solo era libera, ma faciva e dettava
liggi”.
La Padania ironizza: ”Altro che clandestini: qui è il Male del
mondo, nella sua accezione metafisica, a trovare un colpevole”. E se la
Lega insiste perché in Rai non si senta solo l’accento siciliano
del commissario (interpretato in tv da Luca Zingaretti), il giornale del
partito scommette che “anche questa puntata della saga di Camilleri approderà
sul piccolo schermo, a onta dei nuovi “razzisti” Cozzi e Pini.
Damiano Fedeli
Il Gazzettino,
23.3.2003
Montalbano sempre più in crisi.
Montalbano sempre più in crisi. D'altronde ci aveva avvisato
Camilleri, che dopo l'avvento di Berlusconi, il suo personaggio non sarebbe
stato più lo stesso... Ed è così che finzione e stato
d'animo dello scrittore siciliano collimano pienamente nel suo ultimo libro
fresco di stampa per Sellerio: "Il giro di boa", in cui troviamo il commissario
Montalbano alle prese con un il cadavere di un clandestino immigrato, un
caso semplice all'apparenza, ma che nasconde losche trame politiche e collegamenti
con fatti di violenza accaduti a Vigàta e ancora irrisolti.
[...]
Lorenza Stroppa
RomaOne, 24.3.2003
Camilleri: "Impotenti di fronte alla guerra"
A RomaOne lo scrittore siciliano, "padre" del commissario Montalbano.
"Un conflitto deciso dai potenti". Poi l'invito alla gente affinché
"continui a manifestare per la pace e a scendere nelle piazze"
Siamo al quinto giorno di guerra. Mentre la tv del Qatar, 'Al Jazeera',
combatte il suo conflitto mediatico diffondendo le immagini dei marines
catturati, prosegue la marcia difficoltosa degli alleati verso Baghdad.
Lo scrittore Andrea Camilleri, intervenuto al convegno "Scrittori e critici
a confronto" che si è tenuto all'Università Roma Tre, si
è soffermato a parlare con noi del difficile momento che sta vivendo
la nostra storia e il "padre" del celebre personaggio del commissario Montalbano,
non ha nascosto tutto il suo dissenso per un conflitto a cui non sa dare
una spiegazione.
"La situazione è disperante per la nostra impotenza - ha detto
Camilleri - Siamo scesi nelle piazze e dobbiamo continuare a farlo per
dimostrare la nostra volontà di pace che verrà continuamente
disattesa. Ci sono delle nazione nelle quali la popolazione è contraria
a questa guerra per il novanta per cento, eppure i capi di stato intervengono.
Allora c'è da chiedersi cosa c'è sotto a questa cosa. Uno
come Tony Blair rischiava di vedersi cadere, e credo che sia la cosa peggiore
per un uomo politico. Allora che cos'è questa storia? Non riesco
a darmi una risposta."
Montalbano nei momenti di sconforto si rifugia nella lettura, in
questo momento potrebbe essere un rimedio?
"Il mio personaggio ha la fortuna di avere la curiosità di leggere,
che però non fa di lui una persona colta. Ma in questo caso non
credo che ci si debba rifugiare in qualcosa per cercare di evadere dalla
realtà, ma piuttosto bisogna starci dentro altrimenti si rischia
di chiudersi in una torre d'avorio e non sarebbe giusto. Bisogna essere
presenti il più possibile."
Questa è una guerra che è diventata anche mediatica.
Che ne pensa?
"Gli americani hanno trovato indecente la visione dei loro prigionieri.
Ma perché non abbiamo visto anche i prigionieri iracheni e quelli
non erano indecenti? Allora è indecente per tutti, perché
ad essere indecente è la guerra. Qualsiasi visione, anche quella
dei bombardamenti, che fa alto gradimento come hanno scritto alcuni giornali,
è indecente allo stesso modo. Però bisogna vederle queste
cose, bisogna diffonderle perché oggi con la televisione ci siamo
dentro."
Giovanni Manfroni
La Sicilia, 24.3.2003
Dai libri di Camilleri
«A Porto Empedocle la fiction Rai»
Il commissario Montalbano meglio dei Templi della Concordia per propagandare
la Sicilia nel mondo. Lo hanno capito anche nei palazzi della politica
regionale. Dopo l'intervento dell'assessore al Turismo Francesco Cascio
- pronto a chiedere alla Rai di proseguire nelle riprese della serie televisiva
sul personaggio «figlio» di Andrea Camilleri, utilizzando nuovi
set - non è tardata ad arrivare la posizione di un politico che
a Vigata ha vissuto con la famiglia: l'assessore regionale alla cooperazione
e pesca Michele Cimino.
«Anche io chiederò alla televisione di stato di sfruttare
altre ambientazioni per la realizzazione di nuove puntate, in primis la
provincia di Agrigento e la vera Vigata, quella che oggi è Porto
Empedocle». Una prospettiva sulla quale Andrea Camilleri ha recentemente
affermato di essere perplesso perché la «Marinella»
raccontata nelle storie di Montalbano non aveva il cemento di quella di
oggi. «E' anche vero però - ha sottolineato l'assessore Michele
Cimino - che le nuove storie raccontate dal mio concittadino non sono più
ambientate in una città del passato, ma possono essere trasposte
in una realtà moderna che potrebbe essere anche la Porto Empedocle
di oggi. E' necessario propagandare il meglio della nostra terra, sfruttando
uno dei simboli migliori e più apprezzati nel mondo». Sul
Montalbano testimonial della Sicilia è solo di ieri l'intervento
dell'altro assessore regionale, quello ai Beni Culturali Fabio Granata,
il quale ha ricordato a tutti di essere stato il primo ad associare al
nome del commissario quello della Sicilia che brilla nel mondo per fantasia,
arte e onestà.
Tre assessori regionali siciliani che pressano con vigore coloro i
quali gestiscono la sala dei bottoni della Rai, motivando le loro intenzioni
con un maxi finanziamento di quattromila euro, sfruttando i contributi
di Agenda 2000. Soldi che anche a Porto Empedocle e in altri comuni della
provincia di Agrigento avrebbero una voglia matta di vedere per sfruttare
per valorizzare le proprie bellezze, grazie al commissario Montalbano.
Francesco Di Mare
Gazzetta del Sud,
24.3.2003
Le città del Val di Noto, patrimonio dell'Unesco, protagoniste
al Salone del Libro
Parigi scopre i tesori siciliani
L'Isola rappresentata anche dalle opere di Andrea Camilleri
Il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 13 giugno, in
concomitanza con l'arrivo da Atene nel museo archeologico di Siracusa dell'elmo
di Gerone, sarà in Sicilia per una approfondita visita ai tesori
barocchi del Sud-Est. Lo ha preannunciato l'assessore regionale dei Beni
Culturali Fabio Granata inaugurando lo stand della Sicilia al Salone del
Libro di Parigi, che si concluderà il 26 marzo. La cerimonia è
stata aperta dallo stilista Pierre Cardin, che ha sostituito all'ultimo
minuto l'attrice Carol Bouquet, bloccata da una influenza. Il celebre sarto,
dopo la presentazione a Catania del suo musical «Chez Maxime»,
in estate approderà nel teatro greco di Siracusa con altre due produzioni,
«Dalì Follies» e «Tristano e Isotta». Sono
stati il «Distretto del Sud-Est» e, in particolare, il Val
di Noto, lo scorso 25 gennaio ufficialmente inserito dall'Unesco nella
lista del Patrimonio dell'Umanità, a essere «esportati»
nella capitale francese. Lo spazio che ospita la Sicilia è illustrato
con una trentina di foto tratte dal libro di Lucia Trigilia «La Valle
del Barocco. Le città siciliane del Val di Noto. Patrimonio dell'Unesco»
(Mario Ciancio Sanfilippo Editore): una panoramica sui più bei monumenti
barocchi delle otto città del Val di Noto (Catania, Caltagirone,
Noto, Palazzolo Acreide, Modica, Scicli, Ragusa). Il progetto nasce in
sinergia con la Camera di Commercio italiana per la Francia e con gli «Editori
del sole», anche quest' anno, dopo i successi delle passate edizioni,
presenti a Parigi con i loro libri. «Lo stand – dice l'assessore
ai Beni Culturali, Fabio Granata – parla la lingua di Andrea Camilleri
e delle memorie legate all'attività letteraria dello scrittore,
nella quale il Sud-Est e il Val di Noto, zona strategica che sta dando
i suoi frutti e che merita la doc, sono parte fondante sia nelle pagine
scritte sia nella riduzione televisiva». Un settore dell'area Sicilia
è dedicato proprio ai romanzi di Camilleri editi da Sellerio. «Presentare
la Sicilia e le sue differenziate intestazioni culturali al Salone del
libro – aggiunge Granata – significa fare entrare l'isola in una dinamica
di promozione mass-mediatica ed editoriale utile al rilancio di quelle
potenzialità innegabili e da tutti riconosciute che, nel caso della
nostra regione, si chiamano mito e arte, filosofia e tradizione, scienza
e memoria delle pietre. La nostra presenza a Parigi, però, riveste
anche i connotati del progetto Sud-Est, modello di sviluppo economico isolano
da far conoscere e apprezzare oltre ai confini italiani, e del recupero
alla fruizione di musei e aree archeologiche in un sistema di beni culturali
al passo con i tempi». Ogni titolo della saga di Montalbano, edito
in Francia da «Le Fleuve Noir», ha venduto oltralpe circa 35.000
copie e tutti, anche quelli sul mercato ormai da quattro anni, continuano
a essere regolarmente richiesti. Insomma oggi il commissario di Vigata
ha decine di migliaia di fans francesi. Quali le difficoltà nel
tradurre il linguaggio di Andrea Camilleri? Ne parla Serge Quadruppani,
traduttore dello scrittore di Porto Empedocle. «Una buona parte del
successo di Camilleri – dice – è dovuta al suo linguaggio particolare:
renderne il “gusto” originale in un'altra lingua è una faccenda
delicata. Lo lavoro su tre livelli: quello dell'italiano ufficiale, quello
del dialetto puro e quello – il più complicato – dell'italiano sicilianizzato,
in cui l'autore utilizza termini che non rientrano nel dialetto puro ma
nei regionalismi». Secondo il traduttore, «la lingua di Camilleri
non è la semplice trascrizione di un idioma fatta da un linguista,
ma la creazione personale di uno scrittore. Proprio per rendere meglio
l' italiano sicilianizzato, ho usato in certe occasioni il francese del
sud; ho preferito tradurre in maniera letterale quando si è trattato
di rendere percepibili particolari costruzioni di frasi: “Montalbano, sono”
rimane “Montalbano, je suis”». In altre situazioni – osserva Quadruppani
– si è trattato di scegliere una soluzione linguistica magari discutibile,
che però a me è sembrata la più adatta. Il risultato
non è forse un “buon francese”, ma alla fluidità preferisco
il tentativo di rendere al meglio la lingua degli autori».
Jean Cantona
Dagbladet.no, 24.3.2003
Fargerik korrupsjon
BOKFAKTA. Andrea Camilleri, "Slik vann tar form", Gyldendal
Uanstrengt krim fra Sicilia.
BOK: Italieneren Andrea Camilleri er født og oppvokst på
Sicilia, den beryktede øya hvor alle amerikanske mafiamenn kommer
fra. I Camilleris verden er heller ikke Sicilia noe perfekt sted, men garantert
fargerikt!
Helten i Camilleris krimbøker er inspektør Montalbano,
en uredd etterforsker som med en lettere oppgitt humor går løs
på saker som politikere, dommere, presteskap og andre maktpersoner
mener han bør la ligge i fred. I romanen med den vakre tittelen
«Slik vann tar form» handler det om dødsfallet til en
prominent politiker, som blir funnet med buksene nede i bilen, på
ei strand beryktet for horetrafikk i alle varianter. Alle puster lettet
ut når dødsårsaken viser seg å være hjerteinfarkt.
Unntaket er Montalbano, som insisterer på å fortsette etterforskningen,
som han sier, «i den hensikt å avskjære i fødselen
enhver ondsinnet spekulasjon om et mulig forsett hos politiet om ikke å
belyse sakens enkeltheter og henlegge den uten tilbørlige verifiseringer.
Ikke noe annet».
En talefør mann, med andre ord, og det trengs. For presset fra
det korrupte samfunnet rundt ham er stort, og han må seile varsomt
i et farvann hvor alle, fra halliker til politikerfruer, har noe å
skjule. Camilleri skriver med både innlevelse og uanstrengt humor,
som hjelper til i fordøyelsen av det til dels alvorlige stoffet.
Boka er friskt oversatt av Jon Rognlien, som også har bidratt med
utdypende for- og etterord. Og for å få med det også,
«Slik vann tar form» er forbilledlig kort med sine 170 sider.
Kurt Hanssen
25.3.2003
La Lega e Montalbano
La Lega stamattina aveva uno stand a Milano in Viale Famagosta. C'era
un'immagine di Zingaretti-Montalbano con sotto la scritta "NON abbiamo
bisogno di lui".
CFC
l'Unità, 25.3.2003
Montalbano sono. O non sono?
“La Bossi-Fini è una legge che ha creato e sta creando gravi
problemi, penso ai drammi ed alle tragedie che si consumano nel Mediterraneo.
E' una legge da criticare, una legge sbagliata. Il mio romanzo, più
di altri in precedenza, si ispira alla realtà: una triste realtà,
fatta di episodi spiacevoli, di naufraghi morti, che pongono problemi di
coscienza alla nostra civiltà”. Andrea Camilleri inizia il dialogo
con l'Unità, affrontando un tema di grande attualità, che
costituisce il nucleo centrale del suo ultimo romanzo Il giro di boa (Sellerio,
pagine 270, euro 10,00). Un argomento, che con la crisi del Medioriente
ripropone la questione dell'immigrazione ed il dramma dei profughi nel
Sud del Mediterraneo. Camilleri racconta con il suo stile ironico: “Quando
nel romanzo cito un onorevole, Cenzo Falpalà, che sostiene che queste
morti confermano la validità della legge Cozzi-Pini una parte dei
lettori potrebbe pensare che questa frase l'ho inventata di sana pianta.
Ed invece, anche se può apparire paradossale, non è così.
Vi è un deputato nazionale del centro-destra che l'ha pronunciata
realmente. Mi sono premurato in appendice di mettere le fonti giornalistiche,
dalle quali il mio romanzo prende spunto, e si tratta di autorevoli quotidiani
e settimanali, di orientamento politico diverso. Ho ritenuto giusto farlo,
perché il mio romanzo è nato da quelle inchieste giornalistiche.
Ed è uno dei miei libri con più addentellati alla realtà
che viviamo”.
Si attirerà nuove critiche...
Hanno già cominciato. Ho letto in una recensione: “non si
metta a fare politica come Di Pietro”. Ebbene questa non è una recensione
letteraria, è una malevolenza. Sia chiaro, Montalbano non farà
un movimento politico, è un cittadino come tanti altri, che critica
in maniera civile e democratica le leggi che non ritiene giuste. Si pone
in una posizione dialettica, che è indispensabile per il funzionamento
della democrazia. Insomma, ma perché in Italia, appena uno dice
una cosa diversa rispetto alla linea del governo, viene visto come un ribelle?
Ognuno è libero di esprimere le sue critiche e bisogna avere rispetto
delle posizioni degli altri.
Ci sono giornalisti che sostengono che Camilleri farebbe bene a non
parlare o scrivere di politica...
Non dovrei occuparmene. Il perché non lo so, lo hanno stabilito
loro. Dovrei invece occuparmi di scrivere di più della svedese,
un personaggio dei romanzi incentrati su Montalbano. Questo perché
partono da un punto di vista partitico, riduttivo e limitato.
Questo modo di ragionare è sbagliato. Non si sono resi conto
che fin dal primo libro con Montalbano, La forma dell'acqua, il commissario
non è d'accordo con alcune leggi del governo in carica. Ed è
in quel periodo al potere vi era il centro-sinistra.
Montalbano è un libero cittadino, che ha idee progressiste,
ma ragiona con la sua testa. E reagisce umanamente e civilmente ad alcune
cose. Non si fa ingabbiare in schematismi, lo ribadisco è un uomo
libero. Nel Giro di boa il commissario ha un incontro con un vicequestore
che svolge bene il suo lavoro, fa rispettare le leggi del governo in carica.
Il vicequestore nutre simpatia per il governo in carica, (di centro-destra),
ma ne critica alcune leggi. Le fa rispettare, pur non apprezzandole. E'
la democrazia, che implica la libertà di coscienza.
Spesso, in Italia, prevale il motto “o sei con me, o contro di me”!
E' un estremismo che non condivido, è una radicalizzazione
degli estremi che non mi piace, che non porta da nessuna parte.
Bisogna ragionare con indipendenza di giudizio. Il rispetto per
l'altro va oltre le parti politiche. In un mio romanzo precedente, vi è
un personaggio di fede fascista, i cui comportamenti sono però adamantini,
cristallini. Verso quel galantuomo, di grande onestà, Montalbano
nutre sentimenti di stima e di rispetto. Se noi seguiamo esclusivamente
le sigle partitiche rischiamo di non capire bene il senso autentico delle
cose. Rifiuto una lettura partitica del mio libro, dei miei libri, non
è questa la chiave per capire il testo. Si rischia di non comprendere
nulla, della letteratura, della realtà.
Come è nata l'idea de “Il giro di boa”?
Stavo facendo zapping in tv a tarda sera, ed ho visto due barche
a vela che gareggiavano: una di queste gira la boa, l'altra invece continua
ad andare dritta, e punta una barca con sopra i giurati. Finisce per colpirla
e tutti finiscono in mare, ma vengono salvati. Quella barca che andava
dritta, ed invece doveva girare mi incuriosì. Ed ancor di più,
attirò la mia attenzione, il commento dello speaker, che spiegò
che la barca era ingovernabile, il timone non rispondeva ai comandi. In
un certo qual modo è quello che accade a Montalbano ne Il giro di
boa.
Questo “nuovo” Montalbano è in crisi d'identità?
Dopo il G8 Montalbano entra in crisi, una crisi già annunciata,
ma ora divenuta esplicita. Il commissario si chiede come è stato
possibile, che dei poliziotti come lui, abbiamo potuto falsificare delle
prove incastrando degli innocenti. Una cosa assurda, che lo fa ricredere
sul suo mestiere. Montalbano si chiede come il male abbia potuto penetrare
così a fondo nella polizia. Questo lo turba. Ma la paura che prima
gli impediva di fare i conti con se stesso, di scandagliare in profondità
la sua anima, adesso si scioglie. Il commissario si guarda allo specchio
e decide che lui non ci sta. Giunge sino a scrivere una lettera di dimissioni.
Il primo capitolo del romanzo è tutto incentrato su questa analisi
interiore. Montalbano, come fa spesso, appena alzatosi all'alba, decide
di farsi un bagno. Va al largo, ma mentre nuota sente una sensazione di
stanchezza, non trova più le forze per tornare a riva. A quel punto
non ha altra scelta, si mette a fare il morto. Mentre le onde lo riportano
a riva, si imbatte però in un morto vero. Il commissario porta in
riva il cadavere ed esce nudo dall'acqua, proprio mentre una coppia di
vecchietti si trova sulla spiaggia e lo scambia per un assassino. Ne nasce
“un burdello”, perché il vecchio esce con un pistolone e spara al
commissario, sbagliandolo di 20 metri. Un casino, al quale pongono rimedio
i collaboratori del commissario, in un turbinio di eventi divertenti e
paradossali.
Riflessioni su temi di grande attualità, all'interno di una
struttura narrativa nella quale prevale lo stile ironico.
Lo stile è quello ironico, che caratterizza i miei scritti.
Ma nel romanzo vi sono temi gravi, importanti. Montalbano si trova al porto
mentre è in corso uno sbarco di clandestini, ed accade un fatto
strano. Un bambino scende dalla nave e scappa. Il commissario lo insegue
e quando lo raggiunge, lo trova impaurito con le mani alzate. Montalbano
rimane profondamente colpito da quel gesto, ed inorridisce pensando a quali
violenze atroci il bimbo ha assistito. Quando lo riporta dalla madre accade
un altro fatto strano. La madre correndogli incontro cade e si rompe una
gamba, o almeno così fa credere, ma il bambino non le va incontro.
Il commissario in un primo momento pensa che il piccolo agisca così
perché impaurito. Ma più avanti Livia gli fa notare che un
bambino in preda al panico, se ha la madre vicino, si aggrappa alla sua
gonna con tutte le forze.
Il punto è che la donna non è la madre del bambino,
e Montalbano si trova nel mezzo di una orrida tratta degli schiavi, i suoi
avversari sono degli schifosi mercanti di bambini.
Che rapporto c'è, in questo romanzo, tra letteratura ed attualità?
Un libro legato all'attualità, non intesa nel senso di politica
del giorno d'oggi, ma come una dimensione complessa, che riguarda la nostra
società, il nostro modo di vivere, vorrei dire le grandi questione
etiche. Nel romanzo Montalbano si pone problemi di coscienza, che non possono
essere ridotti a questioni politiche di parte, si tratterebbe di limitazioni
inutili, ingiuste.
La struttura dei suoi romanzi prende qualcosa dal cinema?
In realtà, scrivo i capitoli dei miei libri in sequenza.
Non so se qualcuno dei critici, spesso attenti ad altro, l'ha mai notato;
ma la lunghezza dei capitoli dei miei romanzi è sempre uguale. Questo
è essenziale per l'armonia interna del testo, per il ritmo e per
la cadenza. Ed ancora, vi è un altro elemento tipico della tecnica
cinematografica: nella serie dei miei romanzi su Montalbano, la prima scena
è sempre in soggettiva, tranne che ne La forma dell'acqua.
In tema di polemiche, ve ne è una che è rimbalzata dai
giornali (“l'Unità”, “Il Sole 24 Ore”) alla rete. Lo scrittore
Vincenzo Consolo, ha definito il giallo un genere letterario perfettamente
integrato nel sistema capitalistico. Che ne
pensa?
Una dichiarazione degna di Stanov [Zdanov?, NdCFC]. Pensavo
che queste cose fossero morte e sepolte. In realtà, il giallo non
è ammesso proprio nella società diverse da quelle capitalistiche,
perché scopre uno squarcio di esse. In questo sono d'accordo con
Consolo, il giallo scopre le lacerazioni della società, ma questo
accade solo nelle società libere. Mi spiego meglio: il genere giallo
non esiste nei sistemi dittatoriali, e così è stato in tutto
il Novecento. Perché la società chiuse, preferiscono che
non si manifesti la divisione, la lacerazione, quello che non va. Il giallo
è invece espressione delle società libere, che comunque sono
una cosa ben diversa da capitalistiche. E' ben noto che vi sono società
capitalistiche non democratiche”.
Camilleri fa una breve pausa, poi chiosa. “questa polemica, mi sembra
una discussione campata in aria”.
Salvo Fallica
l'Unità, 25.3.2003
Se la Rai avrà il coraggio di farne una fiction
Che nottata d'inferno. “Frivusa, 'nfami, tutta un arramazzarsi, un addrummisciti
e un arrisbigliati, un susiti e un curcati”. Con il povero Salvo Montalbano,
il commissario, che come la donna della bellissima canzone siciliana si
“vota e si rivota” tra le lenzuola senza trovare pace. Ha mangiato troppo
e a tarda ora, come al solito, il poliziotto creato da Andrea Camilleri?
La risposta è nelle prime pagine de Il giro di boa, l'ultima fatica
letteraria dello scrittore siciliano. No, la colpa dell'insonnia non era
di quei “purpi a strascinasali e delle sarde a beccafico” ingollate la
sera avanti, ma delle notizie, lette con “governativa osservanza” dalla
giornalista del Tg. Che parlava di Genova e del G8, dalle sale operative
piene zeppe di gente che non ci doveva stare (deputati della maggioranza,
ministri, sottosegretari), degli assalti ai cortei pacifici e dei black-bloc
lasciati operare indisturbati, della morte di Carlo Giuliani, del blitz
alla scuola Diaz, “una laida facenna”. “Un illegale atto di violenza alla
scordatina, una specie di vendetta fatta a friddo e per di più fabbricando
prove false”, malipensieri di Montalbano.
Quanto basta e avanza per rovinare e indurre il comissario più
popolare d'Italia (“Montalbano sono”) a meditare di dimettersi dalla Polizia.
Il perché Montalbano lo spiega, con malinconica ruvidezza, alla
sua Livia, l'eterna fidanzata. “Io – dice lo sbirro – non mi sento tradito.
Sono stato tradito”. Montalbano – che oggi è un cinquantino – appartiene
a quella generazione di poliziotti che nel '68 avevano diciotto anni, che
hanno vissuto le epiche battaglie per la smilitarizzazione e il diritto
ad organizzarsi sindacalmente. La generazione di “nuovi” poliziotti che
via via ha sostituito i quadri della vecchia polizia scelbiana e che è
cresciuta nella stagione, tragica ed entusiasmante, della lotta al terrorismo
e alle mafie. Chi scrive di poliziotti e funzionari maturati in quegli
anni ne ha conosciuti tanti, e tanti ne ha incontrati dopo i giorni neri
del G8. Erano uomini delusi, arrabbiati, macerati dalla contraddizione
di difendere, sempre e comunque, la divisa e il “corpo”, pur essendo pienamente
consapevoli che Genova aveva aperto una frattura profonda tra la polizia
e una parte consistente dell'opinione pubblica. Quanti discorsi, quante
arrabbiature, quante amicizie purtroppo stroncate!
“Siamo stati manovrati, come pupi nell'opera dei pupi...”, dice Montalbano
grazie alla penna di Camilleri. Poliziotti-pupi che dovevano diventare
lo strumento repressivo della destra al governo. “Un test” fortunatamente
non riuscito per la reazione dell'opinione pubblica, dei partiti democratici,
del sindacato e per la maturità dimostrata dal movimento no-global
che dopo la morte di Giuliani è riuscito a non deviare dai binari
della legalità.
Le pagine sul “giro di boa” di Montalbano, sulle sue delusioni di poliziotto
onesto dovrebbero circolare nelle scuole di polizia, ma soprattutto andrebbero
lette, e ad alta voce, dai vertici. Il commissario di Montelusa è
amato anche ai piani alti del Viminale e del Dipartimento, Camilleri e
Luca Zingaretti sono stati spesso testimonial di campagne della Polizia,
gli sono stati attribuiti riconscimenti e onori. Ed è un bene, ma
ora che Montalbano non parla solo di “ladri di merendine”, va bene lo stesso?
E' ancora gradito il commissario che dalla sua terrazza di Marinella riflette
su Genova, ma anche su quanto tempo prima – quando il governo era di centrosinistra
e ministro dell'interno era Gerardo Bianco – era accaduto a Napoli? Botte,
mano pesante della polizia e poliziotti e funzionari accusati dalla magistratura
di aver “sequestrato” i manifestanti e di averli interrogati senza tanti
complimenti nella caserma Raniero. Anche su questo episodio Montalbano
(uomo di sinistra) ha una sua lapidaria spiegazione: “Questa lurdia è
dintra di noi”. Già: il male esploso a Genova covava da tempo dentro
alcuni reparti delle forze di polizia e nessuno lo aveva visto. Neppure
a sinistra.
Pagine istruttive quelle del Giro di boa, suggeriscono un altro pensiero.
Chissà se la Rai, la “nuova” (?) Rai, queste pagine le trasformerà
mai in una fiction. Montalbano-Zingaretti, l'Auditel parla chiaro, sono
garanzia di sicuro successo. E questa volta, oltre a sorridere per la parlata
del commissario e ad emozionarsi per la sua sbirresca umanità, forse
la finzione potrebbe aiutare gli italiani a riflettere su una delle pagine
più nere della nostra storia recente.
Enrico Fierro
La Stampa (ed. di
Roma), 25.3.2003
All'Università Roma Tre
Saramago, Montalbán, Camilleri. Dagli studenti trenta e lode
La due giorni di dibattito si chiude oggi con la relazione dello scrittore
catalano La guerra, la Palestina, il giallo e persino un´anteprima
su Guccini. I ragazzi hanno gremito l´aula. Poi tutti al ristorante
con gli autori
Un tris a poker, tre carte vincenti, tre stelle di prima grandezza chiamate
a brillare in un´aula universitaria. José Saramago, Andrea
Camilleri e Manuel Vàzquez Montalbàn quasi-quasi non sembrano
veri, insieme, vicini, a scherzare tra loro, attorniati da studenti tesi,
col libro in mano, pronti a farsi dare un autografo, a carpire qualche
parola direttamente rivolta a loro. L´anfiteatro dell´università
Roma Tre nel quale si svolge la festa della letteratura da parlare (che
si conclude domattina con l´intervento di Montalbàn "Tutte
le memorie in letteratura") è stracolma all´inverosimile,
dalle prime file fino al loggione, Sono ragazzi e insegnanti, qualcuno
salta le lezioni: «E quando ci ricapita più» dicono
imploranti alle professoresse che li cercano per riportarli alle lezioni.
Quando ricapita più a tutto l´uditorio di poter rivolgere
domande a un premio Nobel, Saramago, il primo portoghese ad essere insignito
di tanto riconoscimento e a due scrittori spesso insieme in vetta alle
classifiche. Si alza una ragazza in terza fila del loggione e chiede a
voce bassa: «Saramago, lei parla dell´importanza dell´allegoria
per rimandare un messaggio che non può più arrivare per vie
ordinarie. Non si rischia di essere fraintesi? Il suo prossimo libro seguirà
gli stessi schemi? Saramago: «L´allegoria non vuole mascherare
ma rendere più evidente quello che si dice. Parlo di allegorie di
situazioni, nella necessità di non usare elementi che appartengono
a un codice già abusato. Il mio prossimo romanzo sarà assolutamente
politico». Ancora a Saramago: «Lei è stato nei territori
occupati in un viaggio di intellettuali di vari paesi. Che impressione
ne ha riportato? «Ho un´esperienza limitata della Palestina
eppure sono stato frainteso. Qualcuno ha pensato che io volessi paragonare
la Palestina a Auschwitz. Non era così. Io avevo detto invece: "Non
credevo che lo spirito di Auschwitz fosse presente a Ramallah". L´intolleranza
di cui sono stati vittime gli ebrei, gli zingari, i comunisti, si stava
ripetendo nei territori occupati. Peres disse che ero stato plagiato della
propaganda Palestinese, io risposi che era meglio essere vittima di quella
propaganda che essere connivente con loro». Per Montalbàn
una domanda da una ragazza dell´ultimo anno di Letteratura sulla
guerra e le sue riflessioni sul conflitto: «È molto impopolare
come lo fu all´inizio la Prima guerra mondiale. Le manifestazioni
di questi giorni non sono pacifiste nel senso tradizionale del termine
perché sono mutati i significati e i movimenti. L´antiglobalizzazione
ha molto contribuito al cambiamento stimolando l´attivismo della
società civile che oggi può essere considerato un quinto
potere. Questa guerra in definitiva è una dichiarazione di forza
degli americani». Più ludica la domanda di un altro studente
che pare saperla lunga: «Montalbàn, lei è a conoscenza
del fatto che Guccini si è ispirato a una sua poesia per una canzone?
Sa chi è Guccini?» Montalbàn si fa una risatina ironica
prima di rispondere, comunque più che cortese: «Certo, so
chi è Guccini e mi è stato chiesto il permesso di usare il
mio "Poema al Che". Non è la prima volta che mi succede ma questa
volta hanno scelto un poema che non è un gran poema, spero che in
futuro, qualora dovesse succedere ancora, mi chiedano poemi più
fortunati». Infine a Camilleri che, essendo arrivato più tardi,
ha ricevuto un bombardamento di domande più dimensionato. È
una donna a rivolgersi a lui per una curiosità, che se avesse saputo
la risposta avrebbe ricacciato nel profondo del suo animo: «Professor
Camilleri, oggi sono sempre più numerosi i polizieschi scritti da
mano femminile. Che cosa ne pensa dei gialli scritti dalle donne? Sto pensando
anche ad Agatha Christie».
«I gialli scritti da una donna non mi piacciono e non mi sono
mai piaciuti. C´è qualcosa di artefatto, di enigmistico. Allora
preferisco leggere appunto l´enigmistica. E Agatha Christie non mi
piace per niente». Fine della curiosità. E tutti a pranzo
alla trattoria il "Biondo Tevere" per brindare da amici.
Michela Tamburrino
La Stampa, 25.3.2003
Saramago, Montalbán e Camilleri: tra bruschetta e vino tre star
della narrativa scherzano sul loro mito
Noi scrittori a furor di popolo
"Condividiamo il piacere di un successo che nasce dai lettori e non
dalla critica"
ROMA. Bruschetta, cannelloni e vino tinto. Saramago, Montalbán
e Camilleri, un pranzo reale e il romanzo di un pranzo. Tre ragazzi terribili
d´annata, alle prese con la ludica demistificazione del loro mito.
Montalbán: «Io dovrei praticare il regime dietetico come Camilleri.
Saramago, tu sei l´unico che può mangiare di tutto. Se fossi
libero dalle mie ossessioni e potessi immaginare una sintesi di un pasto
a tre, farei scegliere l´antipasto a Camilleri, a Saramago chiederei
di ordinare un piatto di baccalà, io mi riserverei una portata più
barocca, direi l´aragosta catalana. Come vino, un Riviera del Duero».
Camilleri: «Un antipasto di mare piccante, quello ordinerei con un
vino siciliano forte». Saramago annuisce e non controbatte. Spartite
le portate immaginarie mentre si passa ai saltimbocca alla romana di autentica
trattoria con vista Tevere, la conversazione si fa amena. «Mai parlare
di cose serie, a tavola, solo frivolezze», dice Montalbán:
donne, calcio. Camilleri obietta: «A tavola non si dovrebbe mai parlare,
oscura il cibo. Mai di calcio comunque e sull´immaginifico erotico
di ognuno di noi non mi soffermerei troppo. Sharon Stone? Manolo, va bene
per te che sei più giovane. Mi piace seguire la Formula 1 forse
proprio perché non ho la patente». Il cinema però interessa
tutti e tre perciò si incuriosiscono non poco quando il proprietario
del ristorante racconta che proprio lì è stato girato Bellissima,
il film di Visconti con Anna Magnani che rotolava giù verso il greto
del Tevere inseguita da Walter Chiari. Montalbán: «Mastroianni,
che grande attore e pure Gassman e Laura Antonelli. Ma che fine ha fatto?».
Glielo dicono e se ne dispiace. «Benigni è interessante ma
non ho mai riso tanto come per I soliti ignoti». Saramago pensa ad
altro. Accanto ha la giovane moglie, una giornalista che porta una spilletta
con la scritta in rosso sangue «No a la guerra». La moglie
di Montalbán, Anna Sallés è una fine letterata. Sfila
davanti ai loro occhi una teoria di ragazze da diploma, libri in mano e
penna tremante, pronte per l´autografo. Sono popolari, tutti e tre,
di una popolarità tanto forte quanto tardiva. Camilleri: «Siamo
scrittori democraticamente eletti e questo ci regala una sicurezza psicologica
enorme. Sapere che qualcuno crede in quello che scriviamo senza essere
parenti o amici è una bella consolazione». Montalbán:
«Condividiamo il piacere di un successo che nasce dai lettori e non
dalla critica. Siamo davanti a un fattore stravagante rispetto alla generalità
degli scrittori d´oggi, rispetto alla società letteraria di
oggi. Siamo tutti coinvolti in un match contro gli autori che hanno vent´anni».
Eppure si ha la sensazione netta che Saramago non faccia terna. Cultura
diversa, tradizione filosofica, approccio allegorico e saggistico. Gli
altri due si lasciano sedurre più dall´intreccio da intrattenimento,
dalla logica dello sviluppo. Tutti e tre, però, pongono al centro
l´uomo e il mondo nel quale l´individuo si muove. Un mondo
che è un inferno, secondo Saramago e lo dice quando è l´ora
dell´ananas a fettine: «Ognuno di noi ha un proprio universo
letterario e umano che nello stesso tempo ci unisce e ci divide. Ci distingue
il lavoro di scrittori, ci avvicina il lavoro letterario». E l´impegno
politico, una vecchia affiliazione comunista. «Noi scompariremo e
di noi resteranno solo le nostre parole - dice Saramago - e queste parole
devono parlare alla coscienza della gente». Per Montalbán,
«Saramago è un costruttore di utopie ironiche impossibili,
uno scrittore che sovrappone letteratura e ideologia, al tempo stesso possessore
di quella verità letteraria che non dipende da quella ideologica».
All´ora del caffè, si parla del poliziesco. Il giallo come
un filo rosso, una costante mai scaduta nella letteratura di consumo per
Camilleri e Montalbán, una felice novità per Saramago. Il
poliziotto Montalbano che deve il suo nome alla stima che Camilleri ha
per l´amico catalano, l´investigatore Carvalho che esplora
la società morale spagnola. Tutti e tre, sentono la forza di un
Sud geograficamente non bene identificato ma preciso: Barcellona, Lisbona
e una Vigata tanto falsa da essere vera, terra di confine sognata in corriera
e sistemata tra Agrigento e Porto Empedocle. «E perché non
parlare dell´amore per la letteratura?» dicono tutti e tre
che oramai hanno preso gusto al gioco di assonanze. Carvalho brucia i libri,
Montalbano se ne ciba. Camilleri: «La scelta di un libro da bruciare
equivale alla scelta di un libro da leggere». Ci provano Montalbán
e Saramago. Montalbán: «Io non brucio mai i libri. In Tv me
lo volevano far fare per forza. Allora ne ho preso uno di uno scrittore
di estrema destra e l´ho distrutto. Ma ne avevo un altro. Ho bruciato
un´antologia erotica portoghese perché non mi avevano incluso».
Saramago: «Brucerei un mio romanzo, lo scrissi che ero giovanissimo,
nel `47, si chiamava Terra del peccato. In fondo bruciare un libro che
ti appartiene è solo un suicidio, bruciare quello di un altro è
un assassinio». L´ultimo affondo è per le donne. Camilleri
non ama i thriller al femminile «Sembrano artefatti, enigmistici.
Brutti come quelli di Agatha Christie». Montalbán: «Ma
lei ha avuto il pregio di far conoscere il vino di Oporto». Camilleri:
«A me il Porto non piace». Saramago: «Preferisco il vino
rosso».
Due giorni all'Università
Tre grandi autori a confronto ieri e oggi: José Saramago, Andrea
Camilleri e Manuel Vázquez Montalbán, riuniti per la prima
volta in una due giorni didattica dai responsabili dei Dipartimento di
Letterature Comparate dell'Università Roma Tre della Capitale. Il
fine ambizioso è quello di creare una costellazione transitoria
letteraria, un gioco e una sfida in grado di porre al centro dei dibattito
lo scrittore e il suo compito in una società in crisi. Una riflessione
culturale e un modo per far conoscere agli studenti tre intellettuali così
diversi eppure così simili tra loro. In fondo, per dirla con Cartesio,
leggere grandi libri è come conversare con i grandi autori. Lo ricorda
la professoressa Lanciani che ha fortemente voluto le tre star e si domanda:
«Perché allora non dare ai ragazzi una doppia opportunità?»
Il convegno «Scrittori e critici a confronto» prosegue e si
conclude questa mattina, nell'Aula Magna del Rettorato in via Ostiense
159, alle ore 10.
Partecipano anche Sergio Campailla, Nino Borsellino e Arturo Mazzarella.
Michela Tamburrino
Il Messaggero,
25.3.2003
Convegno a Roma Tre
E con il Nobel, ci sono Camilleri e Vázquez Montalbán
Il valore dell’allegoria, del romanzo giallo e della memoria. Sono i
tre temi principali di un convegno organizzato dall’Università Roma
Tre, curato dalla professoressa di Letteratura portoghese e brasiliana
Giulia Lanciani. Il titolo: “Scrittori e critici a confronto". In due giorni
di incontri, Josè Saramago, Andrea Camilleri e Manuel Vázquez
Montalbán espongono agli studenti il nocciolo del loro lavoro. Saramago
ha parlato ieri del suo passaggio “dall’allegoria come critica all’allegoria
come necessità". Andrea Camilleri nell’intervento “Difesa di un
colore" ha ripercorso la storia del romanzo poliziesco in Italia, giallo
dal 1929 quando la Mondadori lanciò la prima collana di genere,
scegliendo appunto quel colore per le copertine. Un genere che si è
affermato nel nostro paese solo nel secondo dopoguerra, per arrivare oggi
a superare i suoi “confini". Con il Pasticciaccio senza fine di Gadda,
il Giorno della civetta di Sciascia, la “Milano da incubo" di Scerbanenco,
«tanto tetra e violenta che Livio Garzanti non volle mai conoscerla»,
il genere diventa di successo e al tempo stesso «acquisisce quella
forma superiore che Cesare Cases gli aveva augurato». Oggi (Aula
Magna, alle 10) toccherà a Montalbán con “Tutte le memorie
in letteratura". «La memoria ha anticipato lo scrittore è
un grande romanzo che tutto il mondo ha in sé. Esistono diversi
tipi di memoria. C’è la memoria personale, un misto che comprende
esperienze di vita e culturali. C’è quella collettiva, un bilancio
del sapere più forte dell’ideologia, e quella storica che riemerge
dopo periodi di repressione e censura». Purtroppo, conclude Montalbán,
«la memoria della guerra esiste solo per chi l’ha vissuta. Per gli
altri è una realtà virtuale, cinematografica».
Claudia Rocco
25.3.2003
Incontro a RomaTre
Io sono andato e devo dire che è stato interessante davvero...
anche per dei siparietti comici notevoli... :)
Avete visto però la faccia del grande Camilleri quando Piero
Boitani, che parlava già da un'ora ha riniziato con le riscritture
del Vangelo?
Mamma mia... per non parlare di Vazquez Montalban e del discorso sul
porto...
Cmq sia che ne pensate delle conclusioni ("provocazione") del Sommo,
ovvero di non chiamare piu "giallo" quel genere letterario?
Ho letto gli articoli apparsi su La Stampa e per quanto la rivisitazione
della giornata sia piuttosto puntuale, quel clima di
chiacchierata fra vecchi amici è veramente difficile ricrearla...
cmq sia, proviamoci...
Vi risparmio la relazione di Piero Boitani perché, pur avendo
fatto un intervento molto interessante e ricco di spunti, è stato
l'unico a parlare un'ora (dalle 16 alle 17) e vi assicuro che verso
le 17 tutti nell'Aula Magna avevano le visioni del Vangelo che stava riccamente
commentando.. ;)
Bene... passato Boitani, l'introduzione alla chiacchierata di Camilleri
è stata ad opera di Anna Salles che, dopo aver fatto una panoramica
veloce sulla vita e sulle opere, ha posto l'attenzione sulle traduzioni
di alcuni libri del Sommo e sulle difficoltà incontrate per ricreare
quella ricchezza lessicale e per essere più che mai fedeli all'originale.
L'intervento di Camilleri (di circa una mezz'ora) è stato un
omaggio al "Giallo", del quale ha ripercorso la nascita e lo sviluppo,
specialmente in Italia: dal nome "Giallo" dato per il colore della copertina
con cui quel genere veniva stampato da Mondadori, alle produzioni, passate
sotto l'etichetta di "giallo", di moltissimi commediografi o autori sconosciuti
a cui venivano commissionati i libri sotto il regime fascista (per rispettare
la legge secondo la quale il 15% del catalogo annuale doveva essere di
autori italiani); dal primo libro che lo ha fatto innamorare del genere
(una specie di libro-game in cui le ultime pagine sigillate contenevano
la soluzione), ai giallisti contemporanei italiani dei quali apprezza i
lavori (Fois, Lucarelli).
Lo stesso Camilleri ha poi posto l'attenzione sulla traduzione dei
propri libri in altre lingue, citando il caso de "Il Re di Girgenti", tradotto
fino ad ora in francese e tedesco. La traduttrice francese, ad esempio,
per ricreare quelle "atmosfere" linguistiche, si è rifatta al francese
di alcuni secoli fa, utilizzando talora espressioni vernacole dei contadini
di Lione, vedendosi costretta poi ad aggiungere un glossario ad uso dei
lettori.
La conclusione-provocazione di Camilleri è di sublimare quel
genere letterario, non citandolo piu come "giallo", considerandone infatti
la storia del nome e riflettendo sul fatto che, in tutto il mondo, viene
chiamato in altre svariate forme.
L'ultima relazione è stata quella di Nino Borsellino (curatore
della glossa nell'edizione Meridiani Mondadori), 10 cartelle fitte che
hanno intrecciato il linguaggio di Camilleri, l'affare Moro, la mafia,
la Sicilia letteraria.
Infine le domande, tutte per il Sommo... :) consigli per diventare
scrittori ("TANTA PAZIENZA!!"); perché Salvo Montalbano è
di Catania ("La prima volta che me l'hanno chiesto 3 anni fa mi sono stupito
e ho chiesto a quella ragazza.. ma chi te lo ha detto? Ma lo ha scritto
lei nel suo libro! Ah...; ad ogni modo è per un fatto ecumenico,
io
sono della Sicilia Occidentale e volevo fosse della Sicilia Orientale");
cosa pensa dei gialli scritti da donne (" I gialli
scritti da una donna non mi piacciono e non mi sono mai piaciuti. C'è
qualcosa di artefatto, di enigmistico. Allora preferisco leggere appunto
l'enigmistica. E Agatha Christie non mi piace per niente"; ho riportato
la risposta tratta dall'articolo de "La Stampa")... e qui il duetto con
Vazquez Montalban, che ha proposto come unico apprezzamento per Agatha
Christie la conoscenza del vino Oporto che lei ha portato(scusate il gioco
di parole)...
kla
Liberazione, 26.3.2003
José Saramago, Manuel Vázquez Montalbán e Andrea
Camilleri. Gli scrittori si sono confrontati in una due giorni di dibattito
all'università di Roma Tre
Tre voci per la pace
Non è cosa di tutti i giorni riunire a un "tavolo da gioco" tre
personalità dello spessore di José Saramago, Andrea Camilleri
e Manuel Vázquez Montalbán. L'idea originale di un convegno
che si presenta come un gioco le cui carte sono i romanzi dei tre scrittori
è di Giulia Lanciani, docente di Letteratura portoghese e brasiliana
presso l'Università Roma Tre. «Un'idea di festa - spiega la
Lanciani - concepita un anno fa, che si realizza oggi in un momento triste
della nostra storia, ma che non deve suonare né a offesa né
a oblio della tragedia che il mondo sta vivendo».
Anche Saramago, il primo dei tre scrittori a prendere la parola al
convegno, è consapevole di quanto flebile sia la voce della letteratura.
Flebile ma dissacrante, come la bandiera della pace che ha visto sventolare
sulle spalle di una statua equestre in una piazza di Roma: «Noi non
abbiamo armi, abbiamo soltanto la parola e le bandiere per protestare e
con questi pochi strumenti dobbiamo continuare la lotta». E' entrato
così nel vivo il Convegno "Scrittori e critici a confronto" che
si è svolto lunedì e nella giornata di ieri nell'Aula del
Rettorato dell'Università di Roma 3.
Romanzo come critica
Il premio Nobel per la letteratura ha poi illustrato il passaggio compiuto
dal romanzo Cecità. Se i suoi scritti precedenti potevano essere
definiti "romanzi storici" e al contempo ricerche sull'identità
collettiva portoghese, da Cecità (fino al suo ultimo romanzo L'uomo
duplicato) inizia una nuova fase, dove l'allegoria diventa lo strumento
di comunicazione prescelto. Per Saramago il ruolo informativo che hanno
assolto i grandi romanzi del XIX secolo è stato assunto ormai da
cinema e televisione. Ciò non significa recitare un de profundis
del "genere" romanzo, creatura polimorfa che si avvia a divenire sempre
più critica e sempre più somigliante al saggio, la cui funzione
non sarà la descrizione ma soprattutto la riflessione. Si tratta
dunque di un nuovo spazio letterario, un grande oceano nel quale confluiscono
i fiumi della filosofia, della scienza, del dramma.
Le parole hanno perso, per Saramago, il valore che avevano, valga per
tutte «democrazia» (ripetuta e invocata ma che nessuno riesce
più a definire), il ruolo dello scrittore non è quello di
inventarne di nuove ma di investire quelle esistenti di nuovi e più
chiari e forti significati. L'«allegoria di situazione» può
servire a questo: dire una cosa dicendone un'altra, confidando nell'intelligenza
del lettore. Lo scrittore portoghese fa l'esempio de La caverna in cui
il tema principale è un immenso centro commerciale che gradualmente
si sostituisce alla città.
La realtà non è così lontana dalla finzione se
una notizia di cronaca riferiva della volontà testamentaria di una
donna spagnola, il cui desiderio era che le sue ceneri fossero sparse nel
centro commerciale dove aveva trascorso i suoi giorni più felici.
A conclusione del suo intervento Saramago si domanda: «Continuerò
con l'allegoria? Probabilmente no, il prossimo romanzo sarà un romanzo
assolutamente politico, ma ciò non vuol dire che non possa contenere
elementi allegorici». Il gioco di coincidenze e differenze fra autore
e lettore continua.
Una storia del giallo
«Scusatemi se di tanto in tanto mi metterò a leggere e
non andrò "a braccia", come dice un nostro politico». Ha cominciato
così, scanzonatamente, la sua difesa del giallo, Andrea Camilleri,
ripercorrendo la storia di un colore nato per necessità editoriale.
Nel 1929 l'azzurro e il verde erano già utilizzati da Mondadori
per i romanzi italiani e quelli di cappa e spada. Il giallo faceva effetto
in vetrina o in edicola e così fu, per esigenze di colore sconosciute
negli altri paesi dove il romanzo "giallo" è definito poliziesco,
giudiziario, polar o detective story. La distonia si intensifica alla domanda
generale: che cos'è il giallo? Le idee non sono mai state molto
chiare se tra i primi quattro romanzi pubblicati nella serie di Mondadori
viene inserito anche Dottor Jekill e Mister Hyde. «Che c'accucchia?
Che c'azzecca?», sbotta Camilleri. Ma con gli anni l'importanza del
giallo crescerà (il successo di pubblico sarà enorme) e non
sfuggirà all'attenzione del Minculpop il cui primo comunicato, riguardo
al giallo, nel 1935 recita testualmente: «ricordarsi che l'assassino
deve essere sempre straniero». Ma il Minculpop non è consapevole
della propria risorsa comica.
Sei anni più tardi ci sarà il diktat definitivo: la serie
gialla della Mondadori sarà chiusa e l'ultimo libro pubblicato,
La casa inabitabile di Ezio D'Enrico, sembra curiosamente testimoniare
l'inabitabilità dell'Italia di quegli anni.
Tempi migliori arriveranno e la diffidenza letteraria verso il genere
crollerà definitivamente per merito di Carlo Emilio Gadda e del
suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana e poi con il Giorno della
civetta di Sciascia: due non-giallisti che rinnovano completamente il romanzo
giallo italiano. Camilleri ci ricorda le parole di Sciascia: «In
Italia un romanzo giallo non può esistere, perché sappiamo
tutti chi sono i colpevoli, solo che non riusciamo a trascinarli davanti
alla giustizia». Oggi però, continua Camilleri, i giallisti
sono in grado di dire su quali terreni di coltura maturano i germi delle
stragi di Piazza Fontana o di altri posti. Lo scrittore siciliano cita,
infine, Cesare Cases che ha sottolineato come il romanzo giallo, in passato
appannaggio esclusivo della cultura anglosassone, si sia ormai radicalmente
insediato nell'area mediterranea (Montalbán, Camilleri, ecc.), nella
sua forma più autentica, senza cessare di aspirare ad una forma
superiore. E forse questo ha convinto ancor più lo scrittore siciliano
a chiedere a gran voce di abolire il giallo come colore.
Memoria e politica
Non è casuale che il nuovo libro di Manuel Vázquez Montalbán,
finito di scrivere quindici giorni fa, si intitoli Memoriale. L'autore
scherza sul peso del volume: circa cinque chili. E' il peso della memoria
si potrebbe dire. Non c'è letteratura senza memoria e non c'è
vita senza memoria. Lo scrittore catalano che è intervenuto a conclusione
dei lavori del convegno, ha passato in rassegna il rapporto tra memoria
e letteratura, sottolineando che lo scrittore può utilizzare la
memoria come un magazzino di esperienze, di linguaggi, di codici di comportamento.
Si è soffermato in particolare sull'intreccio che lega la memoria
con la politica. Il potere, che sia dittatura politica o dittatura del
mercato, cerca di appropriarsi della memoria collettiva, ne è esempio
il linguaggio: la parola «imperialismo» è scomparsa,
il «rapporto di dominazione» è diventato «rapporto
nord-sud» o «centro-periferia».
Montalbán è ben cosciente del fatto che la rivendicazione
della memoria è stata una strategia di lotta contro le falsificazioni
franchiste, perché il sequestro della memoria dei vinti, dopo la
guerra civile, era uno strumento di dominazione. Per questo la letteratura
in Spagna dopo gli anni '50 ha cominciato un lavorío di recupero,
un lavoro di scavo che Montalbán continua a fare oggi, non dimenticando
le ragioni dei vinti. Libri come Il pianista, Pasionaria ed i sette nani,
Galindez, Io, Franco, vanno anche in questa direzione. Meno popolari, forse,
di quelli della serie del detective Pepe Carvalho, in cui il "cronista"
Montalbán registra caratteri e idee dell'amnesia che ha colpito
la società spagnola del dopo Franco, ma nei quali serpeggia anche
la speranza. Il "non essere ancora", la speranza di Ernst Bloch, che Montalbán
ha citato a conclusione del suo intervento, è ancora l'unica religione
possibile e necessaria.
Gli interventi dei tre grandi scrittori si sono alternati a quelli
di Sergio Campailla, Piero Boitani, Nino Borsellino e Arturo Mazzarella,
critici ben consapevoli dell'arduo compito che era loro affidato. Il convegno
si è concluso con l'animo rivolto alle notizie che giungono da Baghdad.
E' stato un gioco di relazioni che a giudicare dalla partecipazione del
pubblico è riuscito.
«Ci si innamora di una frase, poi di una pagina, poi di un autore»
diceva Borges. Ci si innamora della letteratura perché ancora vuol
giocare alla pace.
Marco Peretti
Il Foglio, 26.3.2003
L'accaparramento di un simbolo
Da Massimo Kosovo D'Alema a Gasbarra, l'Arcobaleno alla Borsa nera
Farina e zucchero. Potrebbe essere questo il simbolo dell’Ulivo. Se
c’è un senso nella richiesta di fare con la bandiera della Pace
la coalizione Arcobaleno, i partiti del centrosinistra, assenti per la
terza volta alla chiamata per la loro assemblea del 13 aprile, accogliendo
la richiesta del verde Alfonso Pecoraro Scanio, nell’emblema elettorale
dovrebbero mettere farina e zucchero. E senso c’è perché,
infine, questa fissazione di adottare l’iride dei sentimentali, ltro non
è che un lapsus vocazionale. La vocazione della Borsa Nera: prendere
il bene di prima necessità – la pace, la propaganda della pace –
e farne quindi incetta, monopolio esclusivo, zucchero e farina dello spavento
globale. Come ha fatto il Borsaro Nero ultimo arrivato, questo pur tenebroso
Gasbarra, candidato alle Provinciali a Roma per conto degli ulivi, che
è già effigiato con i regolamentari colori della Pace, già
collocato nel pantheon dell’onnipotente e invincibile conformismo dei furbetti.
Ogni guerra ha i suoi sotterranei sporchi, nella retrovia italiana
questa guerra si celebra attraverso gli untuosi sottopassaggi furbi, sporche
scorciatoie dove tutto fa brodo, figurarsi il dado ristretto del consommé
ideologico. Dovrebbero andarci piano con l’arcobaleno, non era forse un
Arcobaleno quello della missione con cui ai tempi del Kosovo si fece l’altra
Borsa Nera, quella delle copertine, delle brandine e delle medicine? La
missione Ulivo comincia dalle bandierine, sono le Am-Lire di questa nuova
stagione d’occupazione (una bandierina non si nega a nessuno, adesso ci
sono pure le spilline), la missione emergenza continua nell’organizzarsi
per prendersi un utile, prendere per esempio l’ultimo titolo di Andrea
Camilleri, “Il giro di boa”, edizioni Sellerio, e ritagliarci addosso un’altra
operazione
da Borsa Nera.
Ancora zucchero e farina se Enrico Fierro, commentando a margine sull’Unità
un’intervista di Salvo Fallica al creatore di Montalbano, la sua opportuna
spruzzata di zucchero e farina ce la mette di buon grado scrivendo: “Chissà
se la Rai, la ‘nuova’ (?) Rai, queste pagine le trasformerà in una
fiction. Montalbano-Zingaretti, l’Auditel parla chiaro, sono garanzia di
successo. E questa volta, oltre a sorridere per la parlata del commissario
e a emozionarsi per la sua sbirresca umanità, forse la finzione
potrebbe aiutare gli italiani a riflettere su una delle pagine più
nere della nostra storia recente”. Borsa a parte, le nere cui fa riferimento
il pezzo dell’Unità sono le giornate della “Bossi-Fini”, quelle
stesse che consentirono a Furio Colombo di prodursi in dissennati titoli
da prima pagina come “Primi effetti della Bossi-Fini: strage di clandestini”.
E Borsaro Nero è lo stesso Camilleri che in questo libro fatto tutto
di ammicchi ha radunato tutti i beni di prima necessità politically
correct, e cioè “gli abusi dei poliziotti durante il G8, la crudeltà
della Bossi-Fini”, per dare pane e pasta nel mercato nero della propaganda.
Come se dall’altro lato si facesse un romanzo con un commissario che deve
sparare addosso agli scafi dei clandestini, magari al largo dell’Adriatico,
nel frattempo che al governo, a Palazzo Chigi, c’è uno specchiato
amante dell’umanità, uno come Massimo D’Alema per dire, non certo
due feroci assassini come “Cozzi-Pini”. Ma Borsaro Nero per eccellenza
è stato Enrico Fierro, un capolavoro d’incetta con quel suo “vediamo
se la Rai avrà il coraggio di farne una fiction”. Basta solo il
buon gusto per non farla questa fiction col commissario Montalbano in crisi
perché c’è la “Bossi-Fini” e quindi far credere che in Italia
vengano massacrati i clandestini in arrivo, o che vengano deportati, oppure
far credere che a Genova, durante il G8, gli stessi vertici della polizia
di Stato, che giustamente hanno adottato il dirigente di Montelusa come
testimonial, possano poi meritare la caricatura infamante derivata da questa
lettura del “Giro di boa”. La fiction non determina pedagogia, ma in questo
trionfo di Borsari Neri, si correrebbe il rischio di scambiare un valoroso
servitore dello Stato come Arnaldo La Barbera, già mitico questore
di Palermo, per un assassino. Era il questore sacrificato alla piazza democratica
dell’orrenda Genova, fu costretto alle dimissioni dall’incarico, morì
senza avere riscatto, né promessa di fiction.
In tempi di Borsa Nera tutto fa brodo e non sia mai che con una mazzetta
di Am-Lire arrivi qualcuno pronto a fare in tivù un altro commissario,
magari uno che parla con forte accento padano, uno che – mischinu – non
è proprio un fulmine di guerra ma uno che entra in crisi con la
sua vocazione di uomo d’ordine perché pur con Massimo Kosovo D’Alema
al governo, vede sparare addosso agli scafisti.
Farina e zucchero per un altro consommé certo, ma non proprio
campate in aria perché questo, almeno, fatto vero fu.
P. Butt.
Gazzetta del Sud,
26.3.2003
Mascalucia. Due minori sorpresi di notte nella scuola media
Ladri di merendine colti in flagrante
Si potrebbe dire che sono stati presi con le mani nella marmellata.
Oppure, parafrasando il titolo di un romanzo di Andrea Camilleri, che si
tratta di due “ladri di merendine”. Osservazioni ironiche a parte, è
certamente grave l'episodio avvenuto la scorsa notte a Mascalucia, che
ha visto protagonisti due minorenni. S.A., e C.S., entrambi di 17 anni,
sorpresi dai carabinieri dentro la scuola media statale “Leonardo da Vinci”.
Per mettere a segno la loro scorribanda, che prevedeva il furto di merce
di scarso valore, i due hanno provocato danni superiori ai 5000 euro. I
raid teppistici nelle scuole del Catanese, purtroppo, sono storia nota.
Dagli istituti dei paesi etnei a quelli delle periferie, i responsabili
degli atti vandalici colpiscono con frequenza, contando spesso sull'impunità
derivata dalla loro età, e dal fatto che spesso riescono a scappare
senza andare incontro a conseguenze. Non così è stato per
i due diciassettenni, che per entrare nella scuola media avevano forzato
il portone d'ingresso, poi la porta in ferro della mensa – scardinata con
un “piede di porco” – e cercato di disattivare le fotocellule elettriche
collegate al sistema d'allarme. Tutto questo per trascorrere una serata
emozionante, visto che il bottino era costituito da alcune “merendine”
del distributore automatico, e dagli oggetti che potevano trovare negli
armadietti degli insegnanti. I carabinieri, richiamati proprio dall'allarme
scattato nella scuola a dispetto delle intenzioni dei ladruncoli, sono
entrati nell'istituto cogliendo i due ragazzi in flagranza. Entrambi sono
ex alunni del “Leonardo da Vinci”; dopo l'arresto sono stati affidati ad
un centro di prima accoglienza.
Valerio Cattano
L'Indice, 3.2003
Invece di Montalbano
Santo Piazzese, Il soffio della valanga
Una buona notizia per quei (pochi, evidentemente) lettori che non ne
possono più del commissario Montalbano, delle sue scorpacciate e
dei questurini da barzelletta che lo circondano. In una Palermo concretissima
e amorevolmente ripercorsa, ben diversa dalla cartolinesca Vigata, si presenta
ai lettori Vittorio Spotorno, il commissario di polizia protagonista dell
"Soffio della valanga", terzo romanzo del palermitano Santo Piazzese. Che
già con "I delitti di via Medina Sidonia" (Sellerio, 1996) e "La
doppia vita di M. Laurent" (Sellerio, 1998) s'era fatto apprezzare per
l'eleganza di una scrittura intarsiata di citazioni, ironica e autoironica,
zeppa di ossimori che sono il vizio della voce narrante, fascinoso detective
per caso: il professor Lorenzo La Marca - (quasi) un alter ego dell'autore,
come lui biologo all'Università di Palermo, ex sessantottino (quasi)
pacificato col suo passato -, che finisce per imbattersi in alcuni delitti
sui quali dovrebbe più autorevolmente indagare proprio Spotorno,
suo compare d'anello. E che sarà lui, viceversa, a risolvere con
una buona dose di svagata e dolente serendipity (termine alla moda sul
quale La Marca avrebbe già ironizzato).
Abbandonando la narrazione in prima persona e un personaggio già
così efficacemente caratterizzato, Piazzese ha operato una svolta
coraggiosa, rinunciando alla comoda tentazione della serialità per
una considerazione di ordine logico-realistico. Nessun onesto biologo può
ragionevolmente imbattersi in più di due o tre delitti vita natural
durante, neppure se vive a Palermo.
Ecco allora diventare protagonista chi di delitti si occupa per mestiere,
il limitrofo Spotorno. Il quale indaga su un crimine che lo assorbe moltissimo
anche perché fa riemergere dalla sua adolescenza due compagni di
giochi che, crescendo, si sono ritrovati dall'altra parte della barricata,
tra le schiere di Cosa nostra.
Nei primi due libri la mafia rimaneva elemento di sfondo: caratterizzava
sì, e in modo rilevante, il tessuto antropologico cittadino, ma
non era alla radice dei delitti, annoverabili piuttosto tra "i sani, buoni,
misteriosi, delitti", "quelli che rendono vivibili tutti i paesi civili
di questo mondo. Quelli con un bel movente, quelli da scavarci dentro,
come Maigret, come Marlowe, o - più realisticamente - come don Ciccio
Ingravallo, per arrivare alla fine dei meccanismi elementari della psiche.
Da noi, però c'è la mafia che oscura tutto, e non concede
a un detective brillante alcuna possibilità di uscire dalla routine".
Quelli, insomma, che con queste parole Spotorno, nel primo romanzo, rimpiangeva
di non poter seguire. Ma "Il soffio della valanga" lo smentisce, perché
l'omicidio di due "picciotti" che stanno scalando i vertici della cosca
è sì un delitto di mafia, ma ha origine innanzitutto nelle
inconfessabili ragioni del cuore.
Rispetto al più brillante La Marca, aduso a sorridere amaro,
con le consapevolezze acquisite dopo aver varcato la linea d'ombra con
tutte le delusioni al posto giusto, Spotorno è un personaggio che,
visto dall'esterno nel suo quotidiano affannarsi, emerge gradualmente in
una dimensione psicologicamente più involuta, non meno affascinante:
ruvido e tenace, sottratto dal lavoro al ruolo di marito e padre (emerge
con forza la figura della moglie Amalia, nella quale si riaffacciano certi
atteggiamenti mentali di La Marca, o -meglio- dell'autore), rispettoso
dei moti sentimentali delle altre persone molto più che dei propri,
ai quali concede soltanto frequenti divagazioni originate dal passato individuale
e cittadino, visto che "collezionava i ricordi con l'identica inflessibilità
con la quale certi sfaccendati collezionavano hobby". La sua precocissima
vocazione investigativa (che ci viene raccontata in un flashback assai
significativo) ha inciso nel suo animo un'angoscia sottile da eterno cireneo
che sa di non potere, come vorrebbe, risolvere tutti i delitti di Palermo,
o -che è quasi la stessa cosa- abolire il male dal mondo.
Del plot vero e proprio, come si usa, dirò soltanto che i due
omicidi iniziali non saranno gli unici, in un viluppo di relazioni personali
apparentemente ambigue ma, in fondo, desolatamente chiare, che Spotorno
sarà ossessionato dall'apparizione di una donna eterea, la Dama
Bianca, elemento chiave nella soluzione del mistero, che ne conosceremo
qualche brivido adulterino presto riassorbito nella sua indefettibile fedeltà
coniugale. M'importa di più sottolineare la naturalezza e l'efficacia
con cui Piazzese ricostruisce i meccanismi del riciclaggio di denaro sporco
che la mafia ha collaudato con immutabile successo: una minuziosa nonchalance
che mi ha fatto pensare alla lunga, bellissima sequenza iniziale di "Casinò"
di Scorsese. Sul piano stilistico va notato che al blues dei romanzi narrati
da La Marca subentra un cool jazz assai più adatto al profilo di
Spotorno. Un profilo più adulto e scavato, come se la scrittura
di Piazzese guardasse ora più al fascino di Hammett o Malet che
a quello di Chandler o Izzo.
Giuseppe Traina (Ricercatore
di letteratura italiana all'Università di Catania)
Kataweb libri
Montalbano contro Bossi
Ne "Il giro di boa" il popolare commissario inventato da Andrea Camilleri
è coinvolto nell'universo dell'immigrazione illegale. L'occasione
per condannare ogni politica autoritaria sulla questione
Implacabile, il commissario Montalbano scala la classifica di vendita
dei libri. E stavolta lo fa prendendo spunto dai tristi sbarchi degli immigrati
sul suolo della sua amata Sicilia. Infatti l'ultima inchiesta comincia
con un cadavere pescato per caso in alto mare. Capitato nel bel mezzo del
destino del commissario mentre sta nuotando al limite dello stordimento
per lavarsi di dosso una notte di cattivi pensieri. I fatti politici dettati
da un'autorità spesso incomprensibile e disumana, certi eventi di
repressione poliziesca, l'atteggiamento verso gli immigrati lo fanno sentire
un isolato. E il cadavere anonimo, che parrebbe destinato a restare senza
giustizia, archiviato come un banale caso d'ordinaria amministrazione legata
agli sbarchi clandestini, sembra armonizzarsi macabramente con il suo senso
di solitudine.
E' la pietas a commuovere l'animo del nostro eroe, e a smuoverla sono
gli occhi supplichevoli e spauriti di un bambino di sei anni, un piccolo
extracomunitario sbarcato da una delle tante carrette del mare che ormai
quotidianamente giungono sulle spiagge italiane. Il commissario lo incontra
per caso mentre assiste alle operazioni di accoglienza dei profughi nel
porto di Vigàta: approfittando della confusione il bimbo aveva tentato
la fuga, ma Montalbano lo aveva prontamente riacciuffato e riconsegnato
alla madre. Era stato allora, poco prima di lasciarlo, che il piccolo lo
aveva guardato "con una dispirata domanda nell'occhi".
Montalbano intuisce che in tutta quella faccenda c'è qualcosa
che non quadra. Perché un bambino così piccolo aveva preferito
fuggire, rischiando di rimanere solo in un paese straniero di cui non conosceva
nemmeno la lingua, piuttosto che rimanere vicino alla madre? Una domanda
che diventa una vera e propria ossessione quando due giorni dopo si scopre
che il bambino è stato travolto e ucciso da un'auto pirata.
Senza nemmeno accorgersene il commissario di Vigàta si ritrova
immerso fino al collo in un'indagine dagli sviluppi inattesi che finisce
per saldarsi sorprendentemente al caso che ha per protagonista il misterioso
cadavere intercettato dallo stesso Montalbano, cui accennavamo poc'anzi.
E' scontata la domanda: perché gli italiani siano innamorati
dei gialli di Andrea Camilleri: sarà il protagonista, l'ambiente,
la scrittura? Ormai é chiaro: tutte queste motivazioni messe insieme.
Ma alla gente, attraverso la lettura, non piaceva sognare? Il commissario
Salvo Montalbano è invece un personaggio concreto, un tipo dal fisico
normale, nemmeno atletico e bello, che ama mangiare e qualche volta si
ubriaca. Non con il whisky, ma col vino rosso. Forse la concretezza arriva
dalla versione televisiva: grazie all'ottima interpretazione di Luca Zingaretti,
il suo è ormai un volto familiare, come familiari sono i suoi vizi,
le abitudini, le debolezze. Montalbano non fa sognare e forse piace proprio
per questo. E inoltre è un uomo estremamente solitario, circostanza
che lo rende a noi simile.
Michael Landsbury
La Sicilia, 27.3.2003
Cittadinanza onoraria
E il commissario Montalbano esclamò «Modicano sono!»
«Modicano sono!». E' questo lo slogan (che mutua il «Montalbano
sono!) apparso sui manifesti che raffigurano l'attore Luca Zingaretti,
noto interprete principale del «Commissario Montalbano» nella
fortunata serie televisiva che riferisce ai testi dello scrittore Andrea
Camilleri, ma anche dell'indimenticabile Perlasca. Accanto per magnificare
il barocco non poteva mancare il duomo di San Giorgio. E' l'annuncio del
conferimento della cittadinanza onoraria di Modica al popolare personaggio.
La cerimonia è stata fissata per sabato 29 marzo, alle ore 17, nella
sala consiliare del civico palazzo San Domenico.
L'avvenimento costituisce indubbiamente motivo per assumere una particolare
importanza nella città della Contea, non solo per la grande e meritata
notorietà del neo-modicano, dotato di grande sensibilità
e di non indifferente capacità artistica, ma anche per aver rilanciato
la conoscenza e l'immagine del territorio di Modica e di diversi limitrofi
centri iblei (in particolare Ragusa Ibla e Scicli). «Con il conferimento
della cittadinanza onoraria a Luca Zingaretti -ha detto il sindaco Piero
Torchi- voglio manifestare la nostra gratitudine verso un artista che,
senza nulla chiedere al territorio, ha svolto un'eccezionale ed efficace
azione di rilancio d'immagine non solo della nostra città, ma dell'intero
comprensorio modicano. Zingaretti lo ha saputo fare interpretando da par
suo l'essenza della nostra terra e di quanti ci vivono: gente ospitale,
generosa e ricca di fantasia».
L'iniziativa è stata apprezzata proprio perchè in definitiva
il «Commissario Montalbano» s'è rivelato un vero e proprio
ambasciatore della terra iblea, in particolare poi le tre città
accomunate nel «Barocco del Val di Noto» dell'Unesco. E' notorio,
tra l'altro, che quei filmati riguardanti le fiction che hanno come protagonista
il noto personaggio di Camilleri, vengono esportate all'estero.
Gi. Bu.
Il
Piccolo, 27.3.2003
Anche la cultura si apre alle nuove tecnologie. Gli editori e gli
autori hanno scoperto una vetrina importante e un modo nuovo per vendere
La letteratura on-line diventa un libro aperto
Da Stephen King ad Andrea Camilleri: sul portale alice.it un indice
con oltre mille siti
TRIESTE - Anche la cultura sta aprendo le sue frontiere al mondo senza
confini della Rete. In verità gli autori si dimostrano molto refrattari
a mostrarsi in Internet. Tuttavia il potere della divulgazione di testi
on-line sta contaminando anche i «Soloni» della letteratura.
Solo negli ultimi tempi il numero dei loro siti sta crescendo, anche sull’onda
del successo delle vendite on line.
[...]
Anche nel web italiano gli scrittori si stanno affacciando. Da Camilleri
alla Tamaro (www.rcs.it/susannatamaro), gli autori italiani aprono la loro
vetrina on line. Ed Alice (www.alice.it), il portale del libro nella rete,
nella sezione scrittori e lettori, ci fornisce un indice con oltre mille
siti di scrittori italiani e stranieri on line.
[...]
Si va [...] al gettonato Andrea Camilleri, che con il Salvo Montalbano
site (www.geocities.com/Athens/Agora/1803/) dà corpo al mondo del
popolare commissario attraverso le corrispondenze topografiche tra i luoghi
dei racconti e la Sicilia vera, con l’aggiunta di un glossario delle espressioni
più colorite.
[...]
La Stampa, 27.3.2003
Esploratori dell´ignoto
DOTTOR Calasso, avete un'idea di chi siano i lettori di Adelphi? «In
teoria dovremmo averla meno di chiunque altro, perché nel nostro
lavoro non abbiamo mai considerato la voce marketing. Il pubblico è
e rimarrà sempre uno sconosciuto, nei confronti del quale il meglio
che si possa fare è applicare la regola evangelica: non fare a lui
cose che non vorresti fossero fatte a te stesso. Che nell'editoria si può
tradurre così: pubblicare soltanto libri che piacciono molto a chi
li pubblica. E pubblicarli nel modo e con le maniere che possono essere
più attraenti e più giuste in rapporto all'oggetto, che è
il singolo libro. Questo si riconosce già da come il libro si presenta:
la grafica, l'immagine di copertina, il risvolto compongono una sorta di
"lettera a uno sconosciuto". Gesto molto delicato, come tutti sappiamo».
Signora Sellerio, chi sono i lettori della sua casa editrice? «Oh,
è la grande curiosità della mia vita. Nella mia folle fantasia
io penso sempre, nei momenti magari in cui sono di cattivo umore, che c'è
qualcuno che sta leggendo un qualche libro da me pubblicato. E allora la
mia solitudine, quando c'è, si attutisce, si attenua, si sublima,
se così può dirsi. Non sappiamo chi sono i nostri lettori,
almeno io non lo so; li immagino tutti migliori di me, più intelligenti
di me, più bravi di me. Ogni libro che faccio è un esame
che devo passare. E i miei esaminatori sono questi lettori che escono dall´ombra».
Da Milano a Palermo, da Adelphi a Sellerio, dalla casa editrice nata per
realizzare i progetti di un intellettuale scomodo come Bobi Bazlen alla
casa editrice sorta per iniziativa di un intellettuale altrettanto scomodo
come Leonardo Sciascia: la nostra inchiesta sull'editoria si conclude con
due casi che, nella diversità di dimensioni, hanno in comune il
ritorno alla figura tradizionale dell'editore, che nel tempo dei PC, del
Web, dei cd-rom e dei dvd, sceglie i libri quasi annusandoli e si vuole
estraneo alle tentazioni del mercato. Nate entrambe negli anni sessanta,
che hanno visto fiorire i cambiamenti di stile e di gusto - 1963 Adelphi,
1969 Sellerio -, dopo la fine del realismo e dell'impegno, in un clima
di espansione dei movimenti culturali, le due case editrici così
segnate dall'imprintig dei padri nobili Bazlen e Sciascia, hanno costruito
la propria storia sulla fedeltà all'identità e ai progetti
d'origine: l'Adelphi giocando d'azzardo sul «grande autore viennese»,
la Sellerio radicandosi nella sicilitudine, borgesiana metafora della vita.
«Nel corso del tempo, ci è capitato di essere definiti nei
modi più opposti - dice Calasso -. Ed è stato anche divertente
osservarlo. All'inizio guardati con sospetto come elitari, snob, aristocratici,
sprezzanti. Poi, quando i nostri libri cominciarono a vendersi molto e
alcuni titoli raggiunsero altissime tirature, i soliti censori dissero
che eravamo troppo popolari, quindi commerciali, e che puntavamo al successo.
Ma si trattava molte volte degli stessi autori - o di autori estremamente
affini. Quello che è successo potrebbe invece essere descritto così:
nel corso degli ultimi quarant'anni c'è stato un progressivo spostamento
nell'asse della cultura italiana. Da un asse Gramsci-Lukács, a cui
si atteneva fondamentalmente Einaudi (grande editore, sia detto per chiarezza),
ci si spostava verso un asse Nietzsche, per noi evidentemente più
congeniale. Ed era ora - se si pensa che per esempio Bazlen, che è
morto nel 1965, aveva dovuto vivere in un'Italia retta per anni dal fascismo
e poi dal sovietismo culturale. Il fenomeno che più volte si è
ripetuto con nostri autori è la straordinaria popolarità
che hanno raggiunto dopo essere partiti come autori pressoché ignoti.
Il primo caso fu forse Joseph Roth. Il suo primo romanzo, La Cripta dei
Cappuccini, uscì nel 1973 in una tiratura di tremila copie. Oggi
la totalità dei libri di Joseph Roth da noi ha venduto un milione
e mezzo di copie. Un caso recente è invece Márai, dimenticato
ovunque quando uscì in Italia. Oggi è un grande successo
internazionale, a cominciare dalla Germania, dagli Stati Uniti, dall'Inghilterra».
Quanto vende Márai, dottor Calasso? «Abbiamo pubblicato sei
titoli, per un totale di 780 mila copie. Le braci ha venduto, da solo,
poco più di 300 mila copie. I libri di Márai, di cui gestiamo
i diritti mondiali, sono stati acquistati da ventisette Paesi. E c'è
ancora una vasta parte della sua opera che rimane da scoprire». Da
Milano a Palermo, dalla mitteleuropa alla sicilitudine, da Roth a Camilleri.
«Io sono nata nella cultura siciliana - spiega Elvira Sellerio -
e la casa editrice è quello che è perché sono siciliana:
abbiamo vissuto anni terribili, nei quali ho fatto libri che raccontassero
gli anni terribili. Non si può prescindere. La cosa importante è
che il rapporto col territorio si colloca in un orizzonte molto largo,
e fa parte di un legame costruito coi lettori, collana per collana, titolo
per titolo. Faccio l´esempio della bellissima collana dedicata a
romanzi giudiziari a cura di Remo Ceserani, che ci ha riservato anche sorprese
del mercato, come nel caso di Anthony Trollope, romanziere ottocentesco
che da noi era pressoché sconosciuto: ne avevo fatte tremila copie,
dicendomi poi "Mamma mia che errore, non lo venderemo mai". Invece ha esaurito
la tiratura rapidamente e ora lo stiamo traducendo tutto. Qualcosa di simile
è accaduto anche con Andrea Camilleri. Le sue prime cose risalgono
a dieci anni fa: lo abbiamo tenuto a lungo in catalogo prima che scoppiasse.
Con la testardaggine di dire: no, è uno scrittore straordinario...
Certo non pensavamo a un successo così strepitoso. In realtà
una volta io ho detto: ne venderemo centomila copie, ed era assolutamente
impensabile». Quanto vende Camilleri, signora Sellerio? «Dei
titoli di Mondadori, non lo so. Per i quattordici libri pubblicati da me,
la media è di quasi mezzo milione di copie l'uno. Mai di colpo,
ma negli anni. Per esempio, ora si vendono di più i libri che si
sono venduti di meno, perché si vede che c'è il lettore che
dice: li voglio tutti e si va comprando anche i vecchi». Due case
editrici così atipiche rispetto non solo ai colossi, ma anche a
marchi di tradizione come Einaudi o Garzanti, con quali strutture operano?
Calasso: «Una struttura molto agile, dove mancano alcuni centri indispensabili
altrove: non abbiamo marketing, non abbiamo ufficio grafico, non abbiamo
direttori di collana, non abbiamo scout. In compenso abbiamo una redazione
molto forte e articolata, che si preoccupa innanzitutto di pubblicare bene
i singoli libri, dedicando molte energie, per esempio, alle traduzioni,
come ha insegnato da sempre Luciano Foà. La qualità di un
libro dovrebbe risaltare in tutti i suoi aspetti. Inoltre, all'esterno
della casa editrice, abbiamo un gruppo di collaboratori molto disparati,
con cui ci si intende bene e rapidamente. Tutta la burocrazia interna è
ridotta al minimo. Detto questo, a quanto pare la riconoscibilità
dei libri Adelphi è molto alta, sia per i titoli sia per il modo
di presentarsi dei libri. Cosa che sembra oggi molto importante, se si
pensa che, secondo una lamentela ricorrente, le case editrici ormai tendono
a essere tutte un po' troppo uguali. Ma è curioso anche ricordare
che la collana più famosa e riconoscibile di Adelphi, la Biblioteca,
ha una grafica fondata su un disegno di Aubrey Beardsley del 1896, quindi
risalente a più di un secolo fa». Sellerio: «La nostra
è una struttura molto piccola: siamo cinque o sei in tutto, compresi
gli amministrativi. Per cui è ancora divertente fare questo lavoro.
Ma le cose stanno un po' cambiando. Io prima facevo veramente tutto, mentre
ora c'è Antonio, mio figlio: si occupa del commerciale, progetta
la scolastica, ha in mente i cd-rom. Una persona, bravissima, segue l'amministrazione.
Io, per ora, faccio i programmi editoriali, con tanti collaboratori: Canfora,
Buttitta, Molino, Tabucchi. Nel nostro futuro vedo una grande casa editrice.
Oddio, grande già lo è, ma si apriranno altri filoni».
Niente marketing, struttura minima. Ci deve essere un'idea vincente di
editoria: quale? Calasso: «L'editoria si può fare in mille
modi diversi. A noi ne interessa soltanto uno. Quello che considera la
casa editrice stessa come un opus, composto dalla totalità dei suoi
libri. È come un paesaggio mentale, dove le singole parti devono
stare bene insieme, non stridere, anzi devono aiutarsi a vicenda. E per
il lettore deve essere la cosa più naturale del mondo passare dall'uno
all'altro di questi libri. Per arrivare a tale risultato, i no sono decisivi,
più numerosi e invisibili dei sì. È un gioco molto
difficile, ma dove la noia è esclusa. Anzi, credo che tolleriamo
tanti assilli solo perché il gioco è molto eccitante».
Sellerio: «Un libro è come una persona: o va bene, ci pare
adatto, nella forma e nel contenuto, o non va bene. Non so come si possa
tracciare questo confine. Veramente io ho deciso anche per antipatia o
simpatia: magari ho pubblicato libri brutti ma che mi facevano simpatia.
Però i libri possono essere anche antipatici. Non le è mai
capitato di comprare un libro e poi dire: "Che orrore, non lo leggo più,
è troppo antipatico"? Per me ci vuole una qualità speciale:
quella dell'onestà. Mi arrivano testi scritti bene, che non sono
veri, non sono sinceri. Ecco che cosa forse conta nelle nostre decisioni:
il piacere del racconto». Alla fine della nostra inchiesta, c'è
una domanda d'obbligo: che futuro mostra la sfera di cristallo per il mestiere
di editore? Sellerio: «Non lo so. Questo è un mestiere che
o si affronta da un punto di vista imprenditoriale - che è una cosa
che io non ho mai fatto ed è un miracolo che non sia fallita - o
si affronta con leggerezza: sono diventata vecchia seduta a questo tavolo,
è un lavoro che mi è costato di affetti, di vita. Di tutto.
Non so immaginarlo diversamente». Calasso: «Nei suoi tratti
fondamentali, l'editoria è un mestiere che cambia molto lentamente.
Se leggiamo le lettere di Flaubert ai suoi editori, ci accorgiamo che alcuni
elementi chiave del meccanismo sono rimasti identici. Certo, oggi tutto
è un po' più macchinoso. Ma il mestiere è quello di
sempre: fragilissimo, incertissimo, rischiosissimo, affascinante, destinato
a durare. Perché finisca, dovrebbe finire l'atto di leggere. Ma
per chi ama leggere, leggere è come respirare».
Alberto Papuzzi
Il Gazzettino,
28.3.2003
UDINE - Sarà l'attore e regista udinese Massimo Somaglino, uno
dei più apprezzati sperimentatori del panorama teatrale friulano,
il protagonista del terzo appuntamento di "Parole incontrate", il ciclo
di letture organizzato dal Teatro Club di Udine e dalla Biblioteca Civica
"V.Joppi", in programma oggi, alle 18, nella ormai tradizionale sede della
Libreria Librincentro di Udine, in via Viola. Massimo Somaglino si cimenterà
nella lettura di alcuni brani della "nuova" narrativa italiana, in alcune
delle sue espressioni più significative: le esagerazioni pulp dei
"cannibali" Niccolò Ammanniti e Giuseppe Culicchia, le leggerezze
ironiche di Stefano Benni, i voli da penna virtuosistica di Alessandro
Baricco, la pensosa umanità dei "gialli" siciliani di Andrea Camilleri.
Il Messaggero,
29.3.2003
Rieti. I LIBRI PIU’ VENDUTI
Il giallista Camilleri fa ancora centro con la nuova inchiesta di
Montalbano
Montalbano mette tutti in riga e sale in vetta alla classifica della
settimana. "Il giro di boa" (Sellerio 10.00 €) dello scrittore siciliano
Andrea Camilleri conquista ancora una volta i lettori del commissario più
famoso d’Italia. Il nuovo caso si presenta più difficoltoso dei
precedenti, tutto ha inizio con un cadavere ripescato in alto mare dallo
stesso Montalbano. Per il commissario l’inchiesta è una sfida che
lo induce a fare marcia indietro sull’originario proposito di dimettersi.
Più che scrivere storie, Camilleri inventa personaggi e poi li fa
recitare fra le quinte di un teatro di cui è lui il regista. Noi
assistiamo alla commedia, divertiti, fino a quando il crescendo drammatico
della storia diventa incalzante e la nostra immaginazione si trova di colpo
a dipendere dalla geometria del meccanismo poliziesco.
Un altro giallo che continua ad essere richiestissimo è "Io
uccido" (Mondadori, 17.20 €) di Giorgio Faletti, che è ormai
da annoverare tra gli scrittori italiani più conosciuti.
a cura di Domenico Di Cesare
Classifica redatta in collaborazione con la libreria Gulliver (www.rietilibri.it).
Il Sole 24 Ore
(suppl. "Domenica"), 16.2.2003
Narr'Italia. Nell'ultimo, felice romanzo della serie del commissario,
Camilleri lancia un'invettiva sull'Italia di oggi.
La rabbia di Montalbano
Sulla discontinuità dovuta, crediamo, a eccessiva prolificità
della narrativa di Andrea Camilleri, abbiamo espresso più volte
il nostro parere su queste pagine. Non memorabile, ad esempio, la sua opera
più ambiziosa, il romanzo storico Il Re di Girgenti. Ma il Camilleri
che preferiamo è proprio quello più noto al grande pubblico,
il creatore del commissario Salvo Montalbano. Magari anche sulla base di
suggestioni metaletterarie, visto che oramai alla figura di Montalbano
è
associata l'immagine inconfondibile dello strepitoso Montalbano televisivo,
Luca Zingaretti. In ogni caso, Montalbano è entrato a far parte
dell'immaginario collettivo, come il Maigret di Simenon, e guai a chi ce
lo tocca. Non si tratta, a questo punto, infatti, tanto di valutare con
meticolosa acribia la qualità delle avventure del nostro commissario,
libro dopo libro, quanto di accogliere, con disinteressato piacere di lettori,
ogni nuova puntata: è bello ritrovare periodicamente un personaggio
che ci è familiare, e che, soprattutto, è clamorosamente
simpatico, perché ironico, umano, perbene. Letteratura di intrattenimento?
Può darsi, ma che importa? Comunque, letteratura di alto intrattenimento,
garbata, non dozzinale, e lontana da quelle forme di sensazionalismo che,
oggi, stanno riducendo la narrativa poliziesca all'anticamera della macelleria.
E vediamo di scordarci dei vezzi lessicali del dialetto siciliano, di cui
Camilleri a volte abusa.
Ma la nostra avventura di Montalbano, Il giro di boa, ci fa conoscere
un aspetto dello scrittore e del suo personaggio che, fino a questo momento,
era rimasto un pò in ombra (sviluppato, se mai, sotto un'angolatura
populista, in Il Re di Girgenti). Stiamo parlando del risentimento eticosociale.
Dal momento che il Montalbano di Il giro di boa è molto, ma molto,
arrabbiato. Lo vediamo sin dalle prime pagine. E' arrabbiato per la situazione
del nostro paese. Per le bombe Molotov di cui "la procura di Genova" "si
era fatta persuasa" che fossero state portate nella scuola Diaz "dagli
stessi poliziotti per giustificare l'irruzione". E si tratta di suoi "compagni
e colleghi"! Sta di fatto che nel libro si mescolano con calibrati dosaggi
fervore narrativo e fervore polemico. Ed è un mix che, letterariamente,
funziona. Un esempio di quest'ultimo aspetto: il pensiero di Montalbano
sull'insensibilità della gente ai problemi degli immigrati extracomunitari,
che si portano appresso non l'odore "di gente mal lavata", come c'è
chi sbrigativamente conclude, ma quello "d'angoscia, di sofferenza, di
disperazione arrivata a quel limite oltre il quale c'è "sulamenti
la spiranza della morti". E si tratta di persone provenienti "da tutte
le parti più povere e devastate del mondo": una "migrazione epocale"
contro cui non può far nulla quella che, nel romanzo, viene chiamata,
con un gioco malizioso di richiami di assonanze, la legge "Cozzi-Pini".
Non bastasse, ride amaro Montalbano, discorrendo con l'ex fumatore Augello,
quando dice che "oggi stanno facendo leggi severissime e quasi persecutorie
contro i fumatori"; mentre "verso i cocainomani c'è maggiore tolleranza,
tanto la pigliano tutti, sottosegretari, uomini politici, manager". Concludendo
con la battuta che, se qualcuno di fianco a te può accusarti di
avvelenarlo col fumo passivo, "non esiste", invece, "la cocaina passiva".
E perciò verrebbe da pensare, per paradosso, che "la cocaina fa
meno danno sociale rispetto al fumo".
Ma l'intero romanzo è percorso dall'invettiva (con le debite
proporzioni, alla maniera di Dante della Commedia) su vizi, miserie e difetti
dell'Italia. Bello, il mondo in cui Montalbano si accorge di vivere: un
paese di "matri che ammazzavano i figli in culla senza un pirchì,
di figli che scannavano matri, patri, fratelli e sorelle per soldi, di
bilanci falsi che a norma di nuove regole non erano da considerarsi falsi"...
Tanto che, in conseguenza di questo, all'inizio del romanzo, vuole dare
le dimissioni (e addio, per il lettore, puntate future). Tranne poi ripensarci
appena si imbatte, nuotando al largo, in un cadavere galleggiante. Pressoché
impossibile da identificarsi, tanto è decomposto; ma che fa sospettare
più un delitto che una morte per annegamento. E, di fatto, delitto
è: "A quell'omo l'hanno annigato dopo averlo legato mani e pedi".
E' maestro, e notevole, Camilleri nel dilatare la trama. Che si avvia dall'indagine
(problematica) sull'identità del morto, allargandosi poi a un'altra
inchiesta, quando un piccolo extracomunitario, un bambino appena sbarcato
clandestinamente in Sicilia, viene ucciso. Quanto basta perché Montalbano
superi l'umor nero e ritrovi l'energia per frugare nel marcio del traffico
di immigrati e della compravendita di organi umani... Si confondono e si
sovrappongono anche qui, come sempre in Camilleri, dramma e ironia: gli
spropositi linguistici di Catarella, i bonari contrasti fra il commissario
e i suoi uomini, i perenni litigi telefonici con Livia e le avances dell'intraprendente
svedesina Ingrid. Camilleri ama la teoria della ripetizione e il gioco
funziona. Mentre si profila, nel corso della trama, un lirismo della natura
non poi così usuale in Camilleri: "Arabeschi di nuvole leggere",
"lo scruscio di una carezzevole risacca", "una nuttata" "dolcissima, forse
tanticchia troppo": sempiterno motivo consolatorio rispetto alle sciagure
degli uomini.
Giovanni Pacchiano
Corriere della sera,
30.3.2003
GIALLI. Nel più politico tra i romanzi di Camilleri, il commissario
in crisi affronta il racket dei clandestini
Montalbano sull'orlo dell'addio
Per molte pagine del nuovo romanzo di Camilleri il commissario Salvo
Montalbano si trova al «giro di boa». Non per caso l’espressione
è anche il titolo del libro, pur comparendovi solo di sfuggita in
occasione di una regata vista alla tv. Fin dai primi capitoli, infatti,
l’investigatore di Vigata rimugina se abbandonare o no la polizia: motivo
dello sconforto sono le violenze operate dai questurini di Genova dopo
il G8, con la benedizione di un partito di destra; e quando gli ricordano
che era successo anche a Napoli sotto il centro-sinistra, mormora sconsolato:
«Questa lurdìa è dentro di noi». Saranno gli
eventi, ancorché tragici, a trascinarlo lontano dalla boa del ritiro
a vita privata. Il cadavere che gli sbatte contro mentre nuota e la brutta
fine di un piccolo clandestino lo risucchiano nel pianeta immondo del commercio
di uomini e bambini, fra mercato degli organi e pedofilia. E’ forse l’indagine
più dura e amara di Montalbano, che a un certo punto inveisce contro
la legge «Cozzi-Pini» (leggi Bossi-Fini) sull’immigrazione
nel più politico fra i romanzi di Camilleri, il cui impegno civile
è sempre stato manifesto ma non così esplicito nei riferimenti
polemici.
Delle storie di Vigata, tuttavia, questa è anche la più
ricca d’introspezione, sfumature, psicologia. Fra pulsioni di rinuncia,
rabbia e compassione, la mente di Salvo vacilla fino a perdere il bandolo
e a ritrovarlo in extremis, dopo sequenze degne dei miglior thriller. Ma
ciò che resta è l’eroe dolente, ferito, che vince ancora
una volta benché veda prossimo e incombente il «giro di boa».
ANDREA CAMILLERI Il giro di boa (Sellerio, Pagine 280, Euro 10)
Cesare Medail
Il
Piccolo, 30.3.2003
Il procuratore di Trieste Pace diventa personaggio di un giallo di
Camilleri
«Superata la fantasia letteraria: le indagini hanno accertato
che esiste un fenomeno criminale inimmaginabile». Missione a Bruxelles
con il pm Fadda
La Procura triestina ispira Montalbano
Pace: «La lotta contro il traffico di organi è una drammatica
realtà»
La Procura distrettuale antimafia di Trieste entra nel «giallo»,
per la precisione nel romanzo in questo momento più venduto in Italia.
Nell’ultima avventura del commissario Montalbano, «Il giro di boa»,
da pochi giorni nelle librerie per le edizioni Sellerio e già al
vertice della classifica dei titoli più venduti, Andrea Camilleri
cita l’attività della Procura distrettuale antimafia di Trieste
e il lavoro di indagine che sta svolgendo a livello internazionale sul
traffico di organi umani.
In quello che viene definito il thriller più difficile e crudo
affrontato dal popolare commissario di polizia interpretato sullo schermo
da Luca Zingaretti, Montalbano si imbatte in una vicenda di immigrazione
clandestina che nasconde una terribile verità. E’, nel romanzo,
un giornalista a mettere Montalbano di fronte a una realtà difficile
da digerire: «Recentemente - spiega a pagina 206 il giornalista all’allibito
commissario - un pm di Trieste ha raccolto una quantità enorme di
intercettazioni telefoniche che parlavano di compravendita di bambini extracomunitari
per espianti d’organi. Le richieste di trapianti sono in continuo aumento
(...)».
Fiction letteraria? No, tutto vero. La citazione è esplicita,
si basa su fatti concreti e fa riferimento all’attività della Procura
distrettuale antimafia di Trieste guidata da Nicola Maria Pace. Il quale,
guarda caso, è un accanito lettore di Camilleri e un fan del commissario
Montalbano. «Appena uscito ho subito comprato ”Il giro di boa” -
dice Nicola Maria Pace - e quando sono arrivato al punto dove si parla
della nostra attività non sono rimasto troppo sorpreso: il sistema
investigativo della Procura trestina è conosciuto a livello internazionale,
specie dopo essere stato reso pubblico dalla Commissione parlamentare d’inchiesta
sul traffico di esseri umani».
A Trieste - dove tra l’ altro opera Federico Frezza, uno dei magistrati
più esperti di immigrazione clandestina a livello europeo - la Procura
distrettuale ha avviato il primo procedimento del genere in Italia nato
proprio dalle indagini sull’immigrazione illegale. «Un macro-fenomeno
- afferma Pace - dentro il quale troviano micro-fenomeni al limite dell’immaginazione
criminale, quale appunto quello del traffico d’organi». Anni di raccolta
dati, intercettazioni telefoniche, scambi di informazioni con altri Paesi
hanno portato Pace e i suoi collaboratori a una convinzione: «Il
traffico d’organi è un fatto, e in Italia riguarda persone che,
in attesa di un trapianto, si mettono in contatto con agenzie che procurano
loro l’organo da trapiantare; gli espianti avvengono in altri Paesi: abbiamo
documenti filmati di una clinica estera dove si effettuano queste operazioni,
utilizzando in genere persone adulte e malate di mente; spesso l’espianto
comporta la morte della persona espiantata. E ci sono anche le tariffe:
un rene costa 20 mila dollari».
Il 2 aprile Pace volerà a Bruxelles assieme al collega Luca
Fadda per partecipare a un meeting internazionale sul traffico di esseri
umani, e sarà l’occasione per uno scambio di informazioni su un
fenomeno criminale complesso che preoccupa tutte le procure d’Europa. Perchè
la realtà, dice il magistrato, supera in orrore la fantasia. «Se
potessi - conclude Pace - arruolerei volentieri il commissario Montalbano».
Pietro Spirito
Lo scrittore di Porto Empedocle conferma il riferimento al lavoro degli
inquirenti giuliani
Camilleri: «E’ tutto documentato»
«Come scrivo nella nota in appendice al libro ho tratto le informazioni
sull’attività della procura distrettuale antimafia di Trieste da
alcuni servizi giornalistici. Non conosco personalmente Nicola Maria Pace,
ma ammiro il suo lavoro e mi piacerebbe conoscerlo». Andrea Camilleri
nel suo ultimo libro «Il giro di boa», settimo episodio delle
avventure del commissario Montalbano, ha scelto di rappresentare uno dei
fenomeni più complessi della realtà criminale italiana, il
traffico di organi legato all’immigrazione clandestina, che ha proprio
a Trieste una delle centrali di contrasto.
Del resto non è la prima volta che Montalbano si imbatte nel
traffico d’organi.
No – risponde Camilleri – già nella «Gita a
Tindari» Montalbano ha a che fare con il traffico di organi e di
clandestini; ma allora conoscevo poco questa realtà, e la vicenda
viene trasposta in forma più romanzata. Poi questa estate, a Porto
Empedocle, ho assistito di persona a uno sbarco di clandestini fermati
dalle motovedette: uno vero strazio, e i primi a essere straziati da quelle
scene erano proprio i poliziotti. A settembre si è ribaltata un’altra
barca di clandestini, ed è stata un’altra tragedia; allora ho sentito
il bisogno di saperne di più, di conoscere più a fondo il
fenomeno. E mi sono imbattuto in realtà terribili.
Nel romanzo si parla anche del G8 di Genova, si cita la legge sull’immigrazione
(che ha fatto infuriare la Lega) e insomma la storia è fitta di
riferimenti alla cronaca più attuale.
Da un po’ di tempo sento stringente l’urgenza di parlare della realtà
che mi circonda, di quello che non mi piace. Anche nella finzione romanzesca.
Anche «Il giro di boa» avrà una trasposizione televisiva
con Zingaretti?
Non lo so, perché al di là delle polemiche di questi
giorni non sono stati firmati nuovi contratti per un’altra serie di film
su Montalbano. Alla Rai dev’esserci qualche problema economico e organizzativo.
p. spi.
Gazzetta del Sud,
30.3.2003
Libreria
Andrea Camilleri, Il giro di boa Sellerio (2003)
Questa volta Montalbano si addentra nelle zone più impervie
della cronaca. G8, fatti di Napoli, traffico e sbarchi di clandestini,
schiavismo... Riusciranno lo sdegno e l'umanità del commissario
ad averla vinta? Forse. Ma quella che in fondo ci vuole raccontare Camilleri
è un'altra storia di fallimenti. Il fallimento secolare che perseguita
come un insopportabile fardello la nostra terra. Nelle prime trenta-quaranta
pagine il lettore fatica un po' a orientarsi a causa del troppo ricco linguaggio.
Poi, atmosfera e personaggi ormai ben definiti hanno la meglio. Certo è
che un po' tutto il romanzo avrebbe meritato una registrata in più,
un po' più di controllo. Il linguaggio è troppo carico. E
Camilleri appare stanco e in alcuni casi frettoloso.
Carlo Lucarelli, Carta bianca Sellerio (1990- 2002)
Che libro! È ambientato negli ultimi giorni della repubblica
di Salò e quest'ambientazione dà al romanzo un'atmosfera
cupa, un carattere tetro, come se i personaggi si muovessero costantemente
sull'orlo di un baratro. Il fascino del protagonista, il commissario De
Luca, è memorabile: quel suo ostinarsi a rincorrere delle ombre,
quel rovistare fra le rovine, mentre il tempo, la Storia l'insegue. È
come se De Luca, nell'ora del disinganno, volesse resistere, aggrappandosi
all'esistenza, un'esistenza in cui non c'è più tempo nemmeno
per il rimorso, in cui la sofferenza si può anche rinviare, un'esistenza
che “provoca” il commissario costringendolo a portare avanti l'ennesina
– l'ultima? – indagine. Per chi legge «Carta bianca» è
inevitabile la lettura di «L'estate torbida» e «Via delle
Oche», romanzi costruiti sempre sulle inchieste dell'italianissimo
commissario De Luca.
a cura di Davide Marchetta
Gazzetta del Sud,
30.3.2003
Modica. Attribuita all'attore Luca Zingaretti la cittadinanza onoraria
Tutti attorno al commissario
MODICA – Vigatese o modicano, resta sempre Montalbano! Il celebre commissario
dell'omonima fiction televisiva Rai, ha ricevuto ieri pomeriggio a Palazzo
S. Domenico, dal sindaco Piero Torchi, la cittadinanza onoraria. A Salvo
Montalbano, al secolo Luca Zingaretti, va il merito di aver veicolato in
gran parte d'Europa le bellezze naturali e architettoniche della nostra
provincia, set dell'immaginaria Vigata in cui opera il commissario e la
sua valente squadra. Un plauso va a Pasquale Spadola, che ha accuratamente
scelto le location. Ragusa, Scicli e ovviamente Modica hanno contribuito
al successo della fiction, fungendo da ideale e suggestivo proscenio per
le appassionanti inchieste del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri.
Un territorio da valorizzare e, soprattutto, preservare: lo stesso Montalbano,
in uno degli episodi della fiction, si è disperato per un secolare
albero sradicato senza pietà per far posto a un albergo. In questi
casi, il confine tra fantasia e realtà può essere davvero
labile. Tornando a Zingaretti, ieri sera si è detto orgoglioso e
commosso per il riconoscimento ricevuto, affermando con l'inconfondibile
cadenza, «modicano sono»! La cerimonia si è svolta nell'aula
consiliare, straripante di pubblico. Oltre alla pergamena dell'attestato
di cittadinanza onoraria, conferita a Zingaretti «quale testimonial
delle culture, delle tradizioni e di tutto il distretto culturale del Sud
Est», il sindaco Piero Torchi ha consegnato all'attore l'Ercole di
Cafeo, simbolo del grande passato della Città della Contea. «La
vostra è una terra che rimane nel cuore» ha affermato Zingaretti,
accompagnato da Marcello Perracchio. Il commissario Montalbano è
oramai entrato a pieno titolo nell'immaginario collettivo, con la sua caratteristica
pelata. Ma secondo Zingaretti, quanto il suo look ha influito nella caratterizzazione
visiva del personaggio che interpreta? «Sinceramente non saprei.
E' comunque un dato di fatto che la gente mi identifica con il commissario
e la cosa non può che farmi piacere».
Antonio Di Raimondo
La Sicilia, 30.3.2003
Modica. Cittadinanza onoraria al famoso interprete del «Commissario
Montalbano»
Da ieri Luca Zingaretti è «modicano»
Modica. Luca Zingaretti, meglio conosciuto come il «Commissario
Montalbano», da ieri è ufficialmente modicano. La cittadinanza
onoraria gli è stata conferita nel corso di una solenne cerimonia,
svoltasi nella sala consiliare di palazzo San Domenico. E' stato il presidente
del Consiglio comunale, Enzo Scarso. ad aprire la serie degl'interventi,
dinanzi a numerose autorità e ad una folla trabocchevole. «Un
testimonial dei nostri luoghi -ha detto - un interprete che ha saputo raccontare
la vera gente di Sicilia». E' seguito il vicesindaco, senatore Riccardo
Minardo, esaltando il ruolo svolto da Zingaretti ai fini della valorizzazione
in termini d'immagine della città capitale della medievale Contea,
del suo territorio, delle sue bellezze e dei suoi abitanti. Marco Sammito,
capo dell'ufficio stampa del Comune, ha presentato quindi un «collage»
di filmati della fortunata serie del personaggio camilleriano, con particolare
riferimento a quelli girati nel centro storico modicano. E' stata poi la
volta del sindaco Piero Torchi, che ha posto l'accento sulla fase di «rinascimento
della città, che non si basa solo sul fatto che essa è un
bene dell'umanità riconosciuto dall'Unesco ma anche sulle sue bellezze
e sulla tradizionale ospitalità della sua gente, fatte risaltare
nella magistrale interpretazione di Zingaretti».
E' seguita la consegna della classica pergamena che ufficializza la
cittadinanza onoraria (il cui contenuto è stato letto dall'assessore
alla cultura, Giorgio Cavallo), nonchè della riproduzione della
statuetta ellenica dell'Ercole di Cafeo e del poster raffigurante il dipinto
dello «Giuramento di Castronovo» del pittore Tomassetti, che
adorna la sala consiliare.
Infine il neo modicano s'è detto «felice ed onorato, oltre
che emozionato» per il riconoscimento, e ha ringraziato vivamente
sottolineando di essere profondamente innamorato della terra di Sicilia,
dei suggestivi luoghi in cui si sono fatte le riprese della fortunata serie
del «Commissario Montalbano», degli abitanti, esplicitando
una grande nostalgia, essendo questo, dopo ben quattro anni consecutivi,
un periodo di stasi ai fini della continuità della serie televisiva
basata sui racconti di Camilleri. A conclusione l'attore dello Stabile
di Catania, Marcello Perracchio, modicano, s'è detto lieto di partecipare
alla cerimonia ed ha ringraziato per l'iniziativa il sindaco e l'amministrazione
comunale, condividendone lo spirito.
Giorgio Buscema
30.03.2003
Mord
und Pasta. Andrea Camilleri und der Erfolg des Italokrimis
Pasta e assassinio. Andrea Camilleri e il successo dell'Italcrimini
è il titolo del documentario sul giallo italiano realizzato da Susanne
Dobke per il canale culturale satellitare franco-tedesco ARTE.
Il documentario, che andrà in onda in estate, farà parte
di una intera serata letteraria sul tema, all'interno della quale verrà
anche trasmesso il telefilm Il ladro di merendine.
Come guida letteraria per il documentario è stato scelto Andrea
Camilleri (definito "padrino di un nuovo tipo d'autore"), il quale parlerà
dei suoi colleghi giallisti, alcuni dei quali sono stati intervistati nelle
loro città: Santo Piazzese a Palermo, Nino Filastò a Firenze,
Carlo Lucarelli a Bologna e Andrea G. Pinketts a Milano.
A testimonianza del successo di Camilleri, il programma si è
interessato anche al Camilleri Fans Club. La nostra testimonianza
è stata però esclusa dalla versione definitiva del programma.
Anteprima del documentario a Monaco di Baviera domenica 30 marzo, alle
ore 19:00, al Literaturhaus,
nell'ambito del Krimifestival
München.
Virgilio - Sapere
e libri, 3.2003
Andrea
Camilleri - Il giro di boa
Camilleri impegnato, Montalbano politico. L'inchiesta su un cadavere
trovato in alto mare porta il commissario più famoso d'Italia sull'orlo
delle dimissioni e lo precipita in vicende di razzismo, repressione poliziesca,
disperazione. Un thriller che trasformerà la personalità
di Montalbano, un punto di non ritorno.
L’Obiettivo - Quindicinale
della popolazione madonita e dei siciliani liberi, 31.3.2003
All’ombra di un fenomeno letterario
Si diffonde il Camilleri Fans Club: il presidente è un castelbuonese
Nostra intervista a Filippo Lupo
Come e perché è sorta questa particolare associazione
arrivata anche agli onori della tv nazionale?
"Il Camilleri Fans Club nasce per scherzo, per babbìo: un giorno,
un mio amico commesso della libreria Sellerio, mi propone La stagione della
caccia di Andrea Camilleri. Erano già usciti i primi libri sul commissario
Montalbano. L'ho letto e sono stato colpito dalla lingua, dalla parlata,
dalle storie, da tutto il resto. Nel piacere di questa lettura ho coinvolto
amici, colleghi particolarmente attenti, gente che ama leggere, e ne abbiamo
sempre parlato. Ho detto loro: «Picciotti miei, guardate che ho letto
questo autore di cui sconoscevo completamente l'esistenza fino ad ora,
è eccezionale». Alcuni già ne erano a conoscenza. Ci
siamo così ritrovate cinque o sei persone ad appassionarci alla
grandezza dell'autore. Poi un giorno (siamo nel 1996-97), per puro scherzo,
un altro collega, Beppe Di Gregorio, mandò una email a tutti gli
altri, con l’intestazione del Camilleri Fans Club, scrivendo: «Ho
saputo che esce un nuovo libro di Camilleri…». Poi da cosa nasce
cosa, abbiamo cominciato a raccogliere materiale, a fare un po' di proselitismo
pure con altri colleghi, finché a un altro di questi miei colleghi,
Mario La Mantia, è venuta l'idea geniale che è stata quella
che in effetti ha fatto partire la cosa: fare un sito internet denominato
www.vigata.org".
Allora se non ci fosse stato internet questa idea...
"Se non ci fosse stato internet saremmo rimasti a chiacchierare amabilmente
fra di noi pochi colleghi, avremmo magari allargato la cosa, avremmo assistito
da testimoni all'esplosione degli scritti di Camilleri... Inizialmente
il sito era ospitato da un gestore gratuito di siti, come tanti ce ne sono,
poi quando la cosa ha preso piede abbiamo visto che l’idea cominciava a
diventare seria e il sito cominciava ad essere apprezzato, da ovunque ci
arrivavano attestazioni e riconoscimenti. Nel 2001 abbiamo registrato un
dominio e cominciato ad occupare il nostro tempo libero valorizzando le
produzioni letterarie di Camilleri".
Oggi è diventato un fenomeno. Quanti accessi contate in media
da quando siete sorti?
Dal febbraio del ’97 abbiamo avuto circa 140.000 accessi totali. In
una classifica dei siti in generale noi siamo intorno al 300.000° posto
a livello mondiale, non è assolutamente male".
Allora cerchiamo di capire cosa attrae la gente di Camilleri o del
personaggio che ha creato? Quale tipologia di espressioni, di trasmissione
di energia acchiappa il pubblico?
"La mia opinione naturalmente è di parte, però vale la
pena conoscere Camilleri, è una persona burbera ma simpatica. Quando
attacca a chiacchierare non si ferma più, la sua esperienza umana
e di lavoro gli ha fatto acquisire un campo di conoscenza vastissimo, a
parte la cultura personale, ed anche la sua visione del sociale, della
politica, è interessante. Egli è un conversatore assolutamente
amabile e coinvolgente, alle volte quasi dispotico perché attacca
a parlare iddu ed è difficile che riesci ad inserirti, però
piace ascoltarlo. Invece, riguardo al personaggio che ha creato, è
opportuno precisare che i telefilm di Montalbano hanno indubbiamente prodotto
un ulteriore impulso alla fama di Camilleri, ma lui era già famoso,
i telefilm sono stati fatti perché il commissario Montalbano era
già un personaggio. I suoi romanzi avevano già sfondato.
Il linguaggio usato, il suo modo originale di raccontare le cose, la sua
attenzione ai temi sociali che traspare in parte dai romanzi ed anche dal
suo impegno nella cultura e nella politica avevano già conquistato
un vasto pubblico".
Camilleri è un uomo di sinistra?
"Sì, lui è assolutamente di sinistra. Ha raccontato di
essere stato il primo segretario della sezione del Partito Comunista di
Porto Empedocle (AG) dopo la fine della seconda guerra mondiale, sebbene
per pochi giorni perché era figlio di un fascista (per quanto dica
lui non particolarmente convinto). Lui ha continuato questa sua vicenda
politica sempre nel PCI e poi si è un pochino allontanato, adesso
non so sinceramente se si è iscritto a qualche partito politico,
grosso modo il suo orientamento è quello del correntone dei DS,
apprezza molto Cofferati e anche i movimenti girotondini a cui ha aderito".
Ritornando ai visitatori del sito, abbiamo detto che la parlata
comunque conquista, ma cos'altro continua a tenere aggregati questi appassionati?
"La passione per l'autore è il momento di incontro, di contatto
e di condivisione, ci si conosce in quelle occasioni, dopo di che tu entri
in contatto con la gente, mediamente sono persone con cui c'è il
cosiddetto comune sentire che oltre ai gusti letterari si può allargare
anche ad altro e quindi si comincia anche a conoscersi personalmente, oltre
che virtualmente. Si fa anche amicizia, sono nate delle amicizie vere,
addirittura due si sono sposati, si sono conosciuti tramite la nostra mailing
list che è il principale punto di aggregazione e di discussione
del Club. Lo sviluppo principale è stato l'accrescimento, l'arricchimento
del sito perché la gente che si viene a iscrivere alla lista o al
club in generale molto spesso non si accontenta della semplice condivisione
del comune interesse con gli altri e quindi propone; le proposte, le attività
sono le più varie, la prima è quella dell'accrescimento del
sito, del materiale del sito, di qualunque genere esso sia: testimonianze,
recensioni, valutazioni, critiche, ricerche, approfondimenti sull'opera,
scherzi, babbìi e poi c'è una parte di convivialità,
un po’ limitata dal fatto che la comunità è nata e si sviluppa
principalmente su Internet, quindi è difficile poter organizzare
incontri fra una persona di Toronto, una di Palermo e una di Melbourne
che pure ci sono, però qualche volta si fa, si è riusciti
a farlo mediante delegati che si trovano dislocati ovunque. Tra persone
che vivono nella stessa città o comunque nelle vicinanze è
spontaneo, è quasi un percorso obbligato, prima o poi, dirsi: «E’
proprio il caso di conoscerci!»".
Dunque, ormai si è creata una struttura ben organizzata…
"Sì, involontariamente è venuta fuori una struttura con
dei punti di riferimento geografici, che quando può partecipa ad
eventi culturali che coinvolgono Camilleri o anche altri scrittori del
nostro tempo e della nostra Sicilia come, per esempio, la presentazione
del libro di Santo Piazzese oppure la laurea Honoris Causa a Camilleri
a Milano...".
Dal punto di vista culturale e umano questa esperienza a te cosa
ha portato?
"Dal punto di vista culturale ha aperto un mondo che credevo assolutamente
precluso alla mia esperienza perché io sono laureato in matematica,
faccio il programmatore. Non avrei mai immaginato di diventare un punto
di riferimento per un discorso letterario grazie ad internet. Sono nati
contatti diretti con l'editore Sellerio, con la casa di produzione dei
telefilm di Montalbano e con altre case editrici, con altri scrittori perché
poi, ovviamente, gli interessi si allargano, non puoi stare tutto il giorno
a parlare di Camilleri. Dal punto di vista umano invece mi ha arricchito
tantissimo il fatto di aver conosciuto gente splendida, sono nate per me
amicizie veramente interessanti, con alcuni anche qualche diatriba".
Ma quando Camilleri non ci sarà più come scrittore
voi ci sarete ancora?
"Certamente, perché noi ci siamo come sito, il nostro sito nasce
e continua ad esserci soprattutto per divulgare l'opera di un siciliano.
Il fatto che noi siamo siciliani non è casuale, non stiamo divulgando
l'opera di un trentino o di un valdostano... finché ci sarà
da dire qualcosa, aggiungere qualcosa di nuovo su questo argomento noi
ci saremo".
Come vi siete suddivisi i compiti all’interno del Camilleri Fans
Club?
"C’è un direttivo formato da me che sono il presidente, da Beppe
Di Gregorio che è il direttore, e da Mario La Mantia, detto Catarella,
che è il webmaster, la persona che ha creato il sito e che lo continua
a gestire, poi ci sono altri che hanno ciascuno la propria competenza:
così c'è la persona che cura le trascrizioni, quella che
cura l'aspetto tecnico della mailing list o la pagina degli approfondimenti
musicali. Non c’è una segreteria perché non c'è una
struttura reale. Tutto si basa sul purissimo volontariato. Nel futuro,
magari, potremmo costituire un’associazione ma abbiamo timore che nel momento
in cui dovremo crearla ci sentiremo molto più vincolati di quanto
già non siamo spontaneamente".
Tu conosci tutti i libri di Camilleri?
"Sì, certo. Io e gli altri, anzi conosciamo delle cose molto
rare che veniamo a scoprire in maniera molto casuale oppure perché
qualcuno ne viene al corrente e informa tutti gli altri. Addirittura abbiamo
cominciato a produrre qualcosa anche noi. Per esempio, abbiamo proposto
il dizionarietto vigatese-italiano delle parole e delle locuzioni che si
trovano nel romanzo La voce del violino. Questa pubblicazione, edita da
Sellerio nel dicembre scorso, è stata abbinata ad un CD-ROM della
stessa casa editrice che contiene il cartone animato interattivo tratto
dal romanzo stesso. Analoghe pubblicazioni sono state dedicate a Il cane
di terracotta (2000) e Il ladro di merendine (2001)".
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