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RASSEGNA STAMPA

MARZO 2003

 
La Repubblica (ed. di Palermo), 2.3.2003
L´INTERVISTA. Roberto Deidier, critico romano trapiantato in città
Le pagelle alla letteratura. "I giovani battono i vecchi"

Roberto Deidier, romano, 38 anni, poeta e docente di Letteratura italiana contemporanea, ha da poco deciso di mollare l´ambiente letterario e accademico romano, per piantare la sua tenda di critico a Palermo, dove è diventato un esperto di letteratura siciliana. «Il mio rapporto con la Sicilia è cominciato all´insegna della letteratura - racconta Deidier - con il Premio Mondello assegnatomi per l´opera prima. Era la prima volta che venivo a Palermo; poco dopo fui inserito, assieme a Massimo Onofri, nella giuria del premio».
Crede che sia un periodo di grande vitalità per la narrativa palermitana?
«È vero: basti pensare a Evelina Santangelo, tra le voci più interessanti della nuova narrativa palermitana. È uscito adesso il suo primo romanzo, e da quel poco che ho potuto scorrere, mi sembra una bella conferma. E poi c´è Alajmo, autore del bellissimo libro Notizia del disastro. La sua sapienza di costruzione narrativa è venuta poi fuori nel recente Cuore di madre, dal quale riemerge in qualche modo «la corda pazza» di pirandelliana memoria. Sono questi i due nomi su cui punterei maggiormente».
Ci sono però anche Calaciura e Conoscenti...
«Nel primo Palermo diventa una grande architettura del linguaggio; il suo virtuosismo linguistico è davvero notevole. Conoscenti per il momento tace, ma può darsi che questo silenzio si trasformi in una nuova urgenza narrativa».
Quali scrittori, invece, butterebbe giù dalla torre?
«Rispetto alle premesse, si è andata un po´ stemperando la vena di Fulvio Abbate. Mi piaceva di più l´autore di Zero maggio a Palermo. La cosiddetta Scuola di Palermo poi è come se fosse rimasta fagocitata dalla macchina della neoavanguardia. E una volta dissoltosi il gruppo, gli esponenti palermitani sono rimasti le figure più a margine. Tra gli scrittori più maturi, mi piacerebbe che Consolo tornasse a darci un grande romanzo, invece che stemperarsi dietro a una prosa carica di lirismo ancora molto novecentesco».
E Camilleri?
«Ha il merito grandissimo di avvicinare le persone alla lettura: lui è un abilissimo costruttore di storie».
La poesia, invece, in che stato versa?
«È un momento di vacanza della poesia. Da tempo a Palermo manca una presenza poetica di spessore nazionale».
Salvatore Ferlita
 
 

Sellerio editore, 3.3.2003
Lancio "Il giro di Boa"

Vi confermiamo la data di lancio de "Il giro di Boa " di Andrea Camilleri il 14/3/03.
I nostri migliori saluti 
Sellerio editore
 
 

La Repubblica, 3.3.2003
GIALLI
Montalbano indaga nel mondo dei clandestini

Una delle indagini più rischiose di Montalbano, più difficili. E più crudeli. Perché di mezzo ci sono bambini innocenti trattati come schiavi e vittime inconsapevoli sfinite dal bisogno. Il titolo, Il giro di boa, già dice che l´avventura è in gran parte marinara e in acqua infatti comincia e si conclude. Le cose vanno così: il nostro Montalbano è molto malinconico. La situazione politica non gli piace, non gli piacciono le leggi sugli immigrati, è assai tentato dal pensiero di mettersi da parte. Come per scacciare tutto questo decide di farsi una bella nuotata a mare. Un crampo violento gli blocca però una gamba, costringendolo a fare "il morto" per riposare un po´: «La corrente lo portava pigramente. Il dolore stava principiando ad abacare, tanto da permettergli di dare due bracciate all´indietro. Alla seconda bracciata, la mano dritta sbatté contro qualcosa. In una frazione di secondo, Montalbano capì che quel qualcosa era un piede umano». Si gira si rimette "a panza sotto", si scusa ma: «L´altro non arrispunì perché non stava facendo il morto. Era veramente morto. E, a stimare da come s´appristinava, lo era da parecchio».
La prima novità di questo romanzo è dunque nel diretto coinvolgimento del celebre commissario in un delitto fin dalle prime battute. Il disgraziato finito in mare con i polsi e le caviglie profondamente incise è sicuramente un clandestino annegato come un topo, un uomo senza nome e senza patria, che qualcuno ha voluto far morire.
Per un riflesso più umano che professionale quel povero corpo semidisfatto scaccia ogni malinconia mettendo addosso al commissario la voglia di capire. Tanto più che ci sono altri delitti, chissà se collegati a quella morte, sicuramente eseguiti con una tecnica ugualmente feroce.
Alla fine la soluzione ci sarà, connotata però da una drammatica necessità per cui Montalbano dovrà sparare per uccidere qualcuno che stava attentando alla sua vita. Due particolarità segnano quest´avventura. La difficoltà delle indagini il cui bandolo più volte sfugge di mano al commissario. Narrativamente una ghiottoneria. L´abilità con la quale l´autore sostituisce gradatamente all´iniziale tono di commedia le tinte oscure di un dramma che molto assomiglia all´Italia che conosciamo.
Andrea Camilleri, "Il giro di boa", Sellerio-La Memoria, pagg. 269, Euro 10,00
Corrado Augias
 
 

Alto Adige, 3.3.2003
FESTIVAL / Dal 3 aprile al Sancarlino di Brescia
Ecco tutti i colori del giallo

Prende il via il 3 aprile prossimo a Brescia, con una serata dedicata al commissario Maigret per il centenario della nascita di George Simenon la terza edizione del festival "A qualcuno piace giallo", ospite come sempre del teatro Sancarlino. Il successo del festival è una delle conferme che il genere sta vivendo una momento di particolare fortuna: basta un'occhiata alle classifiche dei libri dove troviamo Ken Follett, Deaver, Ellroy, Grisham con i suoi legal thriller, Patricia Cornwell, mentre tra gli italiani spiccano Camilleri, Lucarelli, Faletti e Carlotto.
 
 

La Sicilia, 4.3.2003
I Beni culturali al Salone di Parigi

Palermo.  Sarà uno stand targato «Beni Culturali» a rappresentare la Sicilia al «Salone del libro» di Parigi, che si svolgerà dal 21 al 26 marzo nella capitale transalpina. E saranno il «distretto del Sud-Est» ed il Val di Noto, in particolare, ad essere «esportati» da Fabio Granata sulle rive della Senna: infatti all'interno del percorso promozionale il leit motiv del Sud-Est verrà proposto, oltre che con una conferenza stampa, con una mostra fotografica sul distretto e sul tardo-barocco siciliano, ormai riconosciuto «patrimonio dell'umanità» insieme ad otto Comuni isolani.
Lo stand «parlerà» pertanto - come dice Granata - «la lingua di Camilleri e delle memorie legate all'attività letteraria dello scrittore, nelle quali sono espressi proprio il Sud-Est siciliano ed il Val di Noto». Un Camilleri legato a doppia mandata con la fiction televisiva tratta dai suoi racconti, assai celebre in Francia ed all'immagine televisiva di un ottimo Montalbano/Zingaretti.
Tra l'altro il progetto di Granata, nasce da una sinergia con gli «Editori del Sole», che anche quest'anno saranno presenti a Parigi con le loro produzioni librarie: «E' un progetto complessivo di grande spessore - aggiunge l'esponente di An - che punta sulla riscoperta dell'identità siciliana, del suo territorio, della sua storia, del suo bagaglio di "conoscenze", da presentare all'opinione pubblica internazionale come il "prodotto Sicilia". Un "prodotto" culturale e turistico secondo a nessuno».
 
 

La Sicilia, 4.3.2003
Sampieri
Uno spot alla fornace

Una grossa casa automobilistica inglese sceglie Sampieri e la Fornace Penna di contrada Pisciotto per girare lo spot che lancerà un nuovo modello del prestigioso marchio automobilistico in tutto il mondo. La casa automobilistica, conosciuta per la sua produzione di auto molto lussuose, ha scelto la Sicilia e Sampieri come set dello spot che andrà in onda tra qualche mese nelle emittenti televisive di tutto il mondo per lanciare un nuovo modello che abbina elementi di sportività alla classe tipicamente anglosassone. A dare la notizia il sindaco della città, Bartolomeo Falla: "Si tratta di una occasione di promozione del nostro territorio. I luoghi, infatti, sono molto riconoscibili e identificati e questo rappresenterà una ulteriore promozione dell'immagine di questo tratto di costa in tutto il mondo". Insomma, il territorio di Scicli è destinato a diventare sempre più set cinematografico di fiction e ora anche di spot televisivi. Dopo il Commissario Montalbano, che ha ambientato nella stanza del sindaco della città la sede del commissariato in cui "gira" Luca Zingaretti, ora anche una casa automobilistica prestigiosa sceglie Scicli come location del proprio spot. E dire che proprio la Fornace Penna di contrada Pisciotto, oggi al centro di polemiche legate alla proposta di costruire un albergo all'interno dell'ex fabbrica di laterizi, nella serie del commissario Montalbano era diventata la "mànnara" di cui parla Andrea Camilleri nei suoi libri.
G. S.
 
 

Il Venerdì di Repubblica, 7.3.2003
Cultura. Profondo nero
Il papà dei giallisti d'Italia adesso teme suo figlio
"Sarti Antonio" è stato un successo tv e un modello per i giovani noir. Ma ora che Einaudi ha chiesto a Macchiavelli di riportarlo in libreria...

[...]
Secondo lei Camilleri farà mai morire il suo Montalbano?
"Credo di no. Montalbano ha un altro spirito, vive in un altro contesto sociale. E' più solare, è facile tenerlo in vita, perché è giovane e perché la sua Sicilia non cambia, ha sempre gli stessi problemi".
[...]
Brunella Schisa
 
 

Bresciaoggi, 8.3.2003
«Pomeriggi al San Barnaba», otto incontri per analizzare il rapporto tra peccato e mondo contemporaneo
Ira, accidia, gola: i sette vizi capitali tentano Severino, Oliva e Camilleri

I sette vizi capitali visti dal punto di vista storico e filosofico, ma intesi soprattutto come aspetti della nostra quotidianità, una lettura in pratica del rapporto tra il peccato e il mondo contemporaneo: si aprono così, all’insegna della cultura e dell’indagine introspettiva dell’uomo i «Pomeriggi in San Barnaba». L’iniziativa, resa possibile dalla proficua collaborazione tra Assessorato alle Attività Culturali del Comune di Brescia e la Fondazione Asm, nonché dall’impegno del suo curatore Giovanni Sabatucci, prevede una serie di otto incontri che vedranno alternarsi nell’auditorium di Piazza Arturo Benedetti Michelangeli illustri personaggi del mondo culturale italiano.
[...]
Alle 18, saranno anche tutti gli altri appuntamenti, che si protrarranno per tutti i martedì dei mesi di marzo ed aprile per concludersi il 6 maggio.
[...]
Il 29 aprile per l’esattezza, il noto sceneggiatore, regista e romanziere Andrea Camilleri, ideatore del commissario Montalbano, svilupperà un approfondito discorso sul rapporto «gola» modernità.
[...]
L’intero ciclo di incontri verrà registrato e riproposto su un’emittente privata mentre per gli inizi dell’anno venturo si auspica che i 7 vizi capitali possano essere il soggetto in chiave moderna di una nuova pubblicazione.
Diego Serino
 
 

La Sicilia, 8.3.2003
Il personaggio
Montalbano, cittadino onorario

Il commissario Montabano diventa ragusano. Oltre ad essere un «vigatese» sarà presto anche un ragusano perchè il Comune di Ragusa ha deciso di conferire la cittadinanza onoraria allo scrittore Andrea Camilleri, all'attore Luca Zingaretti, che interpreta per l'appunto il commissario Montalbano, al regista della serie televisiva Alberto Sironi, al produttore Carlo Degli Esposti e allo scenografo Luciano Ricceri.
La cerimonia di conferimento della cittadinanza si terrà il prossimo sabato 12 aprile presso il teatro tenda di Ragusa. La decisione è stata assunta dal sindaco Domenico Arezzo che ritiene che «la promozione dell'immagine di Ragusa e del suo territorio in Italia e in diversi Paesi Europei avuta grazie alla fortunata serie televisiva del commissario Montalbano deve concretizzarsi in un tangibile motivo di riconoscenza della città a chi ha contribuito a portare sotto i «riflettori» l'inestimabile patrimonio del barocco di Ibla e della fascia costiera ragusana». E in effetti, come ha tra l'altro detto recentemente il presidente dell'Aapit, Girolamo Carpentieri, il commissario Montalbano ha fatto conoscere meglio i luoghi iblei.
Non a caso il filmato «I luoghi del commissario Montalbano», che mette a confronto le scene del film con quelle reali di tutti i giorni, è divenuto uno degli strumenti di efficace e rapida promozione del territorio, proprio come accaduto a Stoccolma e a Copenaghen qualche settimana fa, in un'area europea dove il commissario Montalbano ha ottimi proseliti. Secondo i bene informati l'attore Luca Zingaretti non potrebbe accettare la cittadinanza onoraria in quanto si sarebbe espresso in tal senso rispetto all'identico invito lanciato dal Comune di Modica.
M. B.
 
 

Il Tempo, 8.3.2003
Si chiama "Giro di boa" 
Il nuovo Camilleri esce con Sellerio

È in arrivo nelle librerie una nuova «puntata» di Montalbano, il popolare poliziotto creato dallo scrittore Andrea Camilleri. La casa editrice Sellerio ha annunciato infatti l'uscita per il 14 marzo di «Il giro di boa» (220 pagine, euro 9,50), il settimo romanzo giallo con protagonista Salvo Montalbano. Dopo i precedenti temi sociali toccati da questa serie, che solo in Italia ha venduto complessivamente 5 milioni di copie, questa volta l'autore siciliano introduce nella trama il tema dell'immigrazione, degli sbarchi clandestini sulle nostre cose, che si intrecciano con il caso di un misterioso cadavere ripescato in mare.
Dopo una gran brutta nottata, dovuta a una crisi personale, il commissario Montalbano, all'alba, decide di dedicarsi a una nuotata ristoratrice. E fa un incontro inatteso col cadavere di un annegato. Riesce fortunosamente a trascinarlo a riva, convinto che si tratti di uno dei tanti, troppi, cadaveri d'immigrati che tentano di raggiungere clandestinamente le coste siciliane. Ma le cose non stanno così come sembrano: quell'uomo, che non è un immigrato clandestino, è stato crudelmente assassinato.
Fin dalle prime battute l'indagine si profila assai difficile, sembra quasi impossibile riuscire e identificare il morto. Mentre l'inchiesta si muove tra difficoltà, incertezze e false piste, Montalbano si trova ad assistere casualmente all'arrivo di un folto gruppo di clandestini intercettati in mare. Nella confusione un bambino extracomunitario, atterrito, sfugge alla madre e corre a nascondersi sulla banchina del porto. Il commissario lo rincorre, lo convince a uscire fuori dal nascondiglio, lo riconsegna alla madre. Non sa che quel gesto, che gli costerà uno straziante rimorso, sarà all'origine di una nuova complessa inchiesta che passo dopo passo confluirà nella prima.
 
 

La Stampa, 9.3.2003
NEL NUOVO ROMANZO DI CAMILLERI, «IL GIRO DI BOA», PESA IL RICORDO DEL G8 DI GENOVA: E IL PROTAGONISTA PENSA DI DIMETTERSI DALLA POLIZIA
Montalbano ero
Camilleri: Montalbano è al «Giro di Boa»
Sarà in libreria venerdì 14 marzo il nuovo romanzo di Andrea Camilleri sul commissario Salvo Montalbano. Si intitola "Il giro di boa" (269 pagine, 10 euro) ed è pubblicato, come i precedenti, dalla casa editrice Sellerio, ne anticipiamo le prime pagine

NUTTATA fitusa, `nfami, tutta un arramazzarsi, un votati e rivotati, un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati. E non per colpa di una mangiatina eccessiva di purpi a strascinasali o di sarde a beccafico fatta la sira avanti, perché almeno una scascione di quell´affannata insonnia ci sarebbe stata, invece, nossignore, manco questa soddisfazione poteva pigliarsi, la sira avanti aviva avuto lo stomaco accussì stritto che non ci sarebbe passato manco un filo d´erba. Si era trattato dei pinsèri nìvuri che l´avevano assugliato doppo avere sentito una notizia del telegiornale nazionale. «All´annigatu, petri di `ncoddru» era il detto popolare che veniva esclamato quando una insopportabile serie di disgrazie s´abbatteva su qualche sbinturato. E per lui, che già da qualche mese nuotava alla disperata in mezzo a un mare in timpesta, e si sentiva a tratti perso come un annegato, quella notizia era stata uguale a una vera e propria pitrata tiratagli addosso, anzi una pitrata che l´aviva pigliato preciso `n testa, tramortendolo e facendogli perdere le ultime, debolissime forze. Con un´ariata assolutamente indifferente, la giornalista del tg aveva detto che la Procura di Genova, in merito all´irruzione della polizia alla scuola Diaz nel corso del G8, si era fatta pirsuasa che le due bombe molotov, trovate nella scuola, erano state portate lì dagli stessi poliziotti per giustificare l´irruzione. Questo faceva seguito - aveva continuato la giornalista - alla scoperta che l´agente il quale aveva dichiarato di essere stato vittima di un tentativo di accoltellamento da parte di un no-global, sempre nel corso di quell´irruzione, aveva in realtà mentito: il taglio alla divisa se l´era fatto lui stesso per dimostrare la pericolosità di quei ragazzi che invece, a quanto si andava via via svelando, nella scuola Diaz stavano pacificamente dormendo. Ascutata la notizia, per una mezzorata Montalbano era restato assittato sulla poltrona davanti al televisore, privo della capacità di pinsari, scosso da un misto di raggia e di vrigogna, assammarato di sudore. Non aveva manco trovato la forza di susirisi per rispondere al telefono che stette a squillare a longo. Bastava ragionare tanticchia supra quelle notizie che venivano date col contagocce e con governativa osservanza dalla stampa e dalla televisione per farsi preciso concetto: i suoi compagni e colleghi, a Genova, avevano compiuto un illegale atto di violenza alla scordatina, una specie di vendetta fatta a friddo e per di più fabbricando prove false. Cose che facevano tornare a mente episodi seppelluti della polizia fascista o di quella di Scelba. Poi s´arrisolse ad andare a corcarsi. Mentre si susiva dalla poltrona, il telefono ripigliò la camurria degli squilli. Senza manco rendersene conto, sollevò la cornetta. Era Livia. «Salvo! Dio mio, quanto ti ho chiamato! Stavo cominciando a preoccuparmi! Non sentivi?». «Ho sentito, ma non avevo voglia di rispondere. Non sapevo che eri tu». «Che facevi?». «Niente. Pensavo a quello che hanno detto in televisione». «Sui fatti di Genova?». «Sì». «Ah. Anch´io ho visto il telegiornale». Pausa. E poi: «Vorrei essere lì con te. Vuoi che domani prendo un aereo? Possiamo parlarne assieme, con calma. Vedrai che...». «Livia, ormai c´è poco da dire. In questi ultimi mesi ne abbiamo parlato e riparlato. Stavolta ho preso una decisione seria». «Quale?». «Mi dimetto. Domani vado dal Questore e gli presento le dimissioni. Bonetti-Alderighi ne sarà felicissimo». Livia non reagì subito, tanto che Montalbano ebbe l´impressione che fosse caduta la linea. «Pronto, Livia? Sei lì?». «Sono qui. Salvo, a mio parere, tu commetti un errore gravissimo ad andartene così». «Così come?». «Arrabbiato e deluso. Tu vuoi lasciare la polizia perché ti senti come chi è stato tradito dalla persona nella quale aveva più fiducia e allora...». «Livia, io non mi sento tradito. Io sono stato tradito. Non si tratta di sensazioni. Ho sempre fatto il mio mestiere con onestà. Da galantomo. Se davo la mia parola a un delinquente, la rispettavo. E perciò sono rispettato. E´ stata la mia forza, lo capisci? Ma ora mi siddriai, m´abbuttai». «Non gridare, ti prego» fece Livia con la voce che le tremava. Montalbano non la sentì. Dintra di lui c´era una rumorata stramma, come se il suo sangue fosse arrivato al punto di bollitura. Continuò. «Manco contro il peggio delinquente ho fabbricato una prova! Mai! Se l´avessi fatto mi sarei messo al suo livello. Allora sì che il mio mestiere di sbirro sarebbe diventato una cosa lorda! Ma ti rendi conto, Livia? Ad assaltare quella scuola e a fabbricare prove false non è stato qualche agente ignorante e violento, c´erano questori e vicequestori, capi della mobile e compagnia bella!». Solo allora capì che a fare quel suono che sentiva nella cornetta erano i singhiozzi di Livia. Respirò profondamente. «Livia?». «Sì». «Ti amo. Buonanotte». Riattaccò. Si curcò. Ed ebbe inizio la nuttata ´nfami.
Andrea Camilleri
 
 

La Stampa, 9.3.2003
A 53 anni, commissario in crisi
«Ma alla fine la natura di sbirro ha il sopravvento»
Un cadavere senza volto in mare, un piccolo clandestino ucciso da un'auto: due indagini parallele che trovano il punto di convergenza4

NELLA primavera scorsa, Camilleri aveva un problema: su Montalbano poteva ancora scrivere dei racconti, ma un romanzo no, sembrava proprio non gli riuscisse più. «Non è uno scherzo», confessava in una conversazione pubblicata nel volumetto mondadoriano Montalbano a viva voce, «è che dopo il G8 non ne sono più capace. Un personaggio che fa parte della polizia e che ha certe idee, quando si trova di fronte a quello che è capitato al G8, dove una parte della polizia non si è certo comportata bene, che fa? È possibile far finta di niente?». Meno di un anno dopo, l´impasse dell´autore si è felicemente risolta nel nuovo romanzo, settimo della serie, che ha per protagonista il commissario di Vigàta. E che proprio dalla crisi del personaggio ricava il Leitmotiv che innerva la storia. Il titolo, Il giro di boa, allude come sempre a un dettaglio apparentemente marginale che però a un certo punto incrocia uno snodo cruciale della vicenda. Il giro di boa è la virata che compiono la barche a vela durante la regata, invertendo la direzione. Ed è la svolta che Montalbano medita di dare alla sua vita, dimettendosi dalla polizia. Ma proprio in un momento di crisi resa più intensa da un preoccupante dolore fisico, al commissario torna in mente una scena vista qualche giorno prima in tv: una barca che all´altezza della boa non riesce a virare e va dritta filata a schiantarsi contro l´imbarcazione dei commissari di gara, finendo in un comico naufragio collettivo. Montalbano si rende conto che «il suo essiri fatto in un certo modo» non gli concede possibilità di scelta: non può tornare indietro. Il che vale per la situazione in cui si trova in quel determinato momento, ma non solo. «La natura di sbirro ha il sopravvento, ma la crisi di coscienza, dopo i fatti di Genova e di Napoli, è stata profonda», osserva Camilleri. «Sono pagine importanti: non per la storia della letteratura italiana, ma per Montalbano». Lo scrittore veramente si aspettava la pubblicazione di un nuovo romanzo storico, pronto da un anno e mezzo: «Si intitola La presa di Macallè, è la storia, ambientata durante la guerra d´Abissinia del `35, di un bambino killer, un piccolo assassino di sei anni cresciuto nel clima fascista di educazione alla violenza. Ci tengo molto. Ma Elvira Sellerio ha preferito per adesso puntare su Montalbano». Nel romanzo la determinazione del protagonista di farla finita con il suo lavoro è ogni volta ostacolata da qualche opportuno evento imprevisto. All´inizio è la scoperta in mare di un cadavere senza volto, che finisce addosso al commissario impegnato in una nuotata distensiva. Poi nella vicenda entra un bambino extracomunitario dagli occhi terrorizzati, che si rifugia tra le braccia di Montalbano durante uno sbarco di clandestini, viene riconsegnato alla madre (o presunta tale) e qualche giorno dopo è schiacciato da un´automobile. Il nostro eroe procede a strappi, fra tentazioni di rinuncia e botte di malinconia. L´autore si diverte a infierire su di lui, a fargli scoprire i primi vuoti di memoria, i primi cedimenti fisici, a 53 anni. Attraverso un panorama di ville abusive, strade abusive, paesi abusivi, nella consueta toponimia immaginaria di Camilleri, e nella consapevolezza che le cose non stanno mai come sembrano, le indagini vanno avanti parallele, un po´ clandestine, ma al commissario - chissà perché - rigira per la testa la vecchia espressione coniata da Aldo Moro, quell´idea delle «convergenze parallele». E infine le due vicende parallele trovano il loro punto di convergenza. A poco a poco si delinea un quadro fosco: il traffico internazionale degli immigrati, il commercio dei bambini per alimentare il racket dell´accattonaggio, per fornire organi di ricambio, per soddisfare le voglie estreme dei pedofili. Scoperte che in Montalbano hanno l´effetto di stimolare la vocazione da segugio, lo sdegno morale, il desiderio di inchiodare i criminali. E di fargli dimenticare (soltanto per ora?) le dimissioni.
Maurizio Assalto
 
 

Il Nuovo, 10.3.2003
Il ritorno di Montalbano in libreria
Esce a metà marzo una nuova avventura del commissario Salvo Montalbano, che affronta la condizione degli extracomunitari, clandestini e non.

Ricordate il film Misery non deve morire? Forse Andrea Camilleri non riuscirà mai ad abbandonare la sua creatura, Salvo Montalbano, il commissario siciliano che riscuote un successo clamoroso in libreria come in Tv. Acclamato e richiestissimo, questo personaggio si insinua nell'ispirazione dello scrittore, facendo, chissà, qualche pressione come nel suo stile. Montalbano deve in effetti farsi largo fra i tanti impegni del suo autore, che si divide fra un nuovo romanzo - la cui uscita è prevista per settembre - e la direzione artistica del Teatro Regina Margherita di Racalmuto, dove porterà in scena varie opere declinate sul tema della giustizia.
Comunque i fan del commissario, quelli che hanno già collezionato tutti i titoli usciti con Sellerio e con Mondadori, devono aspettare ancora per poco, perché a metà marzo troveranno in libreria la nuova avventura Il giro di boa. E' molto probabile che la Palomar curerà anche per questo episodio la sceneggiatura e la produzione che vedremo poi alla Rai, col beneplacito della provincia di Ragusa -dove sono ambientate le riprese -, che ha visto crescere il flusso turistico del 33% grazie alle trame avvincenti e all'interpretazione di Luca Zingaretti.
Questa la trama: all'alba, dopo una brutta nottata dovuta a una crisi personale, il commissario Montalbano, apprestandosi ad una delle sue nuotate ristoratrici, si imbatte in un cadavere. Lo trascina a riva ipotizzando si tratti di uno dei tanti, troppi cadaveri di immigrati che tentano di raggiungere clandestinamente le coste, ma la realtà non è mai come appare, l'uomo non è annegato bensì è stato crudelmente assassinato. L'identificazione è difficile e di conseguenza le indagini si fanno perigliose; l'inchiesta procede a stento, fra difficoltà, incertezze e false piste, fino a quando sbarca un folto gruppo di clandestini, intercettati in mare. Nella confusione, un bambino extracomunitario, sfugge atterrito e si nasconde sulla banchina del porto; il commissario, dopo averlo rincorso, lo riconsegna alla madre, ma non sa ancora che quel gesto gli costerà uno straziante rimorso e segnerà l'origine di un'ulteriore, complessa inchiesta, che lentamente, passo dopo passo, confluirà nella prima indagine.
("Il giro di boa"Andrea Camilleri, Sellerio, 220 pp., 9,50 euro.)
Luisella Colombo
 
 

Stilos, 11.3.2003
Esce il 14 marzo da Sellerio il nuovo romanzo di Camilleri della serie di Montalbano, "Il giro di boa". Ne anticipiamo un brano, tratto dall'inizio del quarto capitolo
Un carico umano
carrico da undici

Ma era scritto che delle triglie di scoglio priparate dalla mogliere di Ciccio Albanese il commissario non ne avrebbe sentito manco il sciauro alla lontana [...]
Andrea Camilleri
 

Il libro
Un caso di coscienza

È cambiato Salvo Montalbano. Avere superato i cinquant’anni lo ha reso sensibile ai colpi d'arnia e alle emozioni: piange per poco, si impermalisce per meno, si intenerisce come un vecchio reduce. Mimì Augello, a un certo punto,  gli dice che “ha perso smalto, ironia, agilità mentale”: i segni perduti della giovinezza. Incombendo dunque la vecchiaia, Montalbano vuole andarsene in pensione, anche perché, per soprammercato, uno: deve avere qualche serio problema cardiaco che si intestardisce a sottovalutare; due: si chiede se si sente in pensione solo perché si occupa di casi apparentemente inesistenti; tre: non è svelto a evitare i proiettili, dal momento che in questo suo ultimo affare sentimentale (come sono diventate le sue indagini) per un soffio non ci lascia la pelle. Sparato. Ma anche Camilleri ha cambiato tono: dalle rarefatte e indistinte ambientazioni atemporali dei primo Montalbano, ha sempre più legato il suo personaggio al proprio tempo e quindi alla cronaca, cosicché il commissario di Vigàta è andato acquisendo uno coscienza civile ingradata verso una consapevolezza vieppiù politica. La sua avversione contro l’attuale governo di centrodestra è ostentata fino al risentimento; anzi fino al proposito di lasciare la polizia dopo i fatti di Genova. A tenerlo in servizio è l’evenienza dei guasti della legge Cozzi-Pini sull'immigrazione e degli orrori del traffico di bambini extracomunitari che la clandestinità fomenta. Quello che in precedenti titoli seriali era sembrato un accento moralistico diventa in questo Il giro di boa una voce scopertamente politica. Camilleri sta avviando forse Montalbano a una carriera del tipo di quella di Di Pietro? Lascerà la polizia per fondare un partito di teste pulite e cuori pieni? Il giro di boa potrebbe allora adombrare un'arrière pensée ancora allo stato larvale se non indicasse viemmeglio l’impossibilità di tornare indietro, alla stregua di ciò che succede a una barca e vela vista da Montalbano in televisione, che in una competizione anziché girare attorno alla boa va dritto finendo per speronare la barca dei giudici di gara e colare a picco insieme con essa. La barca si chiama “Stardust”, nome  che significa “polvere di stelle” ma può anche valere per “spazzatura” o “confusione” stellare, cioè totale, metafora di orda e traslato di un boat people che, spinto ad andare solo avanti, silura l'ammiraglia dello Stato inabissandolo: una scena che sottende l'affondamento della legge Bossi-Fini per sua stessa colpa, quella di volere rendere illegale l'immigrazione. Che, secondo Montalbano-Camilleri, non si può fermare, perché è tale la disperazione di tanta gente “da far girare i cardini della storia in senso contrario”: come - ricorda un Montalbano che non legge più libri e guarda solo la televisione - successe in un paese toscano dove i nazisti rinserrarono in una chiesa una tale moltitudine di prigionieri civili che, al lancio delle loro bombe a mano, esercitarono una pressione così forte contro la porta che questa si aprì in senso contrario, scardinandosi dai due lati del muro. Il caso di una donna che, per ricongiungersi al marito clandestino in Italia, è costretta a rendersi anch'essa clandestina, base partendo dalla quale Montalbano scende in un inferno senza fondo e insospettato, diviene il motivo che Camilleri pretesta per fare politica servendosi di un personaggio da romanzo che, fatto grande ufficiale da Ciampi, è oggi diventato una persona reale se non un vero leader cui arride un consenso vastissimo. Lui stesso si compiace del culto della personalità che lo innerva, sicché, stando così le cose, speriamo che in questo suo nuovo percorso formativo sappia trattenersi dal fare politica come riesce benissimo a non farsi tentare da Ingrid. Perché, se proprio vuole strafare, meglio saperlo più intraprendente a letto che intransigente in poltrona a querimoniare davanti alla tv da novello giudice d'Italia.
Nicola Adragna
 

Fatti e favole
Immunità letteraria

È convincimento diffuso che una storia raccontata in un libro o in un film sia più appetibile se è realmente accaduta. Editori e produttori badano bene a evidenziare che la loro fiction è una ricostruzione fedele dei fatti. È quindi opinione comune che il lettore-spettatore tanto più si immedesima e gradisce quanto più è consapevole che sta apprendendo una verità. Senonché in epigrafe a ogni romanzo d'invenzione che possa far credere a una storia vera gli autori avvertono che “ogni riferimento a persone e fatti è puramente casuale”, una formula che se da un lato, come dice candidamente Camilleri, evita le querele, da un altro derubrica la verità in menzogna, la realtà in favola, e trasforma lo schermo in cosmorama. Lasciando qui di riprendere tutte le implicazioni derivate dalla, teoria di Nietsche per cui “il mondo è diventato favola”' (processo di conoscenza giunto fino all'accezione della favola come spiegazione non del passato ma - bachtinianamente - del futuro o del mondo non ancora conosciuto su cui possa essere ancora detta un'altra verità: favola come verità sul non del mondo, per dirla con Givone - dove Tabucchi dice che raccontare significa suggerire alla realtà quanto deve fare), ci interessa rilevare come l'autore, rispetto al giornalista, che è obbligato al rispetto dei fatti, possa brandire come una licenza la libertà che lo statuto letterario gli assicura in forma di immunità. Ma è una licenza che non vale come salvacondotto. Da Salman Rushdie a Silvano Grasso, non pochi autori sono saliti sullo stesso banco che è stato di Oscar Wilde o di Gustave Flaubert per rispondere di eccesso di immaginazione, resa vivida a tal punto da essere – e non più sembrare – realistica e risultare quindi offensiva e diffamatoria. I Greci avevano chiaro l’equivoco se chiamavano la realtà physis e l’artificio thesis, aristotelicamente l’arte essendo mimesi della realtà e il suo esito una induzione, il contrario quindi dell'opera svolta dal giornalista, che è di mera deduzione, seppure interpolata a volte dall’interpretazione. Descrivendo il sottotenente Gustl in termini così denigratori da offendere l'onore dell'esercito, Arthur Schnitzler oppone di non dovere rendere conto della sua attività letteraria e rifiuta quindi la sfida a duello che gli lancia un giornalista di un foglio militare. Schnitzler si appella alla suoaimmunità e disconosce il giornalista come parte offesa reputandolo iscritto a quella scuola della metafora (rinata nell'Inghilterra degli anni Settanta) che insegna a esercitare la curiositas, data dallo sguardo primigenio dei marziano che rilegge il mondo e che non può perciò dire se non la verità, qualunque sia la realtà. Nella Sicilia dei VII secolo a.C. un cittadino di Naxos, Cornacchia, viene espulso dal tempio di Apollo perché uccide Archiloco, la prima voce poetica dell'Occidente. Sostiene a ragione di avere agito perché gravemente offeso dai suoi giambi, ma la sacerdotessa è irremovibile perché Archiloco è un servitore delle Muse. Gode cioè dell'immunità letteraria. 
Gianni Bonina
 
 

Liberazione, 13.3.2003
La crisi del commissario nel prossimo romanzo di Camilleri
Montalbano lascia la polizia «Colpa del G8 di Genova»

Un personaggio che lavora nella polizia - sia pure nel mondo immateriale della letteratura - dopo quello è accaduto a Genova «che fa, può far finta di niente?». Protagonista di questo colpo di scena è Salvo Montalbano, il popolare commissario dei romanzi di Andrea Camilleri, pronto nell'ultima opera - in uscita domani - dello scrittore a dimettersi dalla polizia. Che si tratti di un poliziotto sui generis, pronto a indagare sugli aspetti criminogeni del potere e sensibile alle questioni sociali, lo dimostra anche quest'ultimo romanzo, Il giro di boa (edizioni Sellerio, pag. 269, euro 10,00), nel quale Montalbano è alle prese con le organizzazioni criminali che prosperano sulla chiusura delle frontiere e la messa in clandestinità dell'immigrazione: traffici internazionali, sbarchi illegali, commercio di bambini. Questa volta, però, qualcosa impedisce l'identificazione del mestiere di poliziotto con una propensione di "sinistra", di lotta all'ingiustizia e difesa delle vittime dei poteri forti. Dalla penna di Camilleri esce un Montalbano tormentato da una crisi di coscienza alimentata - dettaglio di non poco conto - dal ricordo della «irruzione della polizia alla scuola Diaz». Così annuncia alla fidanzata Livia di aver tratto «una decisione seria»: «Mi dimetto. Domani vado dal questore e gli presento le dimissioni». Non c'è più spazio per una polizia progressista? Il commissario di Vigata parrebbe di questo avviso, a giudicare dalle sue parole di sfogo: «Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito».
Il cliché letterario del commissario integerrimo, interprete del disagio sociale - spesso a disagio nella sua stessa vita privata - e sul quale il genere poliziesco ha costruito le sue fortune, appare in crisi, fortemente incrinato dalla svolta repressiva e autoritaria compiuta dalla polizia a Genova. Sarebbe davvero impossibile identificare negli esecutori del piano attuato nei giorni del G8 personaggi ormai resi celebri dai grandi scrittori noir e giallisti: dall'onesto Maigret di Simenon all'antifascista Cadin di Didier Daeninckx, fino all'estremista Pepe Carvahlo di Manuel Vasquez Montalban. Da Genova, quindi, inizia un nuovo percorso della letteratura popolare di genere. Come scrive Massimo Carlotto in un sito a lui dedicato (www.massimocarlotto.it) a proposito del suo romanzo Il maestro di Nodi (Edizioni E/O, pp. 211, euro 13.00) , «ho riscritto una parte del romanzo per parlare di Genova. Non solo per dovere di contemporaneità, visto che la trama del romanzo si sviluppa in quel periodo, ma anche perché ritengo necessaria una riflessione sui comportamenti repressivi. Questa è una caratteristica del Noir Mediterraneo, raccontare le trasformazioni di una società criminale che produce crimine e anticrimine in una spirale senza fine e che, in nome del controllo sociale, tende a limitare le libertà dei cittadini».
Tonino Bucci
 
 

Il Resto del Carlino, 13.3.2003
Montalbano: «Polizia addio...»
Camilleri non risparmia l'amaro al suo Montalbano in “Il giro di boa” (Sellerio) in libreria da domani

A 53 anni probabilmente anche Salvo Montalbano, commissario a Vigata, Sicilia meridionale, vorrebbe che la vita avesse, o sembrasse avere un minimo di ordine. Insomma, prima della stiracchiata pensione, è intuibile che vorrebbe acciuffare qualche certezza, poco importa se anch'essa stiracchiata. E, invece no, non son tempi di certezze, questi, e ancor meno per chi fa il suo mestiere: in pratica trattare il lato buio dei propri simili.
Solo che una volta, tanto tempo fa a dire il vero, forse addirittura ai tempi in cui quel ”privato” belga, quel Poirot, si era fatto una certa fama grazie ad Agatha Christie, una volta, si diceva, i buoni erano “i buoni”, i cattivi “i cattivi” e si vedeva. Una volta lui, Montalbano Salvo, sarebbe stato sicuro di essere dalla parte dei “buoni”. Non era nella polizia? Poi gli deve essere capitato, una caldissima notte siciliana di fine luglio di due anni fa, di accendere il televisore a tarda ora e di vedere - roba da non credere ai propri occhi - i suoi colleghi, i “buoni” insomma, che tiravano colpi terribili a ragazzi dall' aria indifesa; nello schermo passavano - e sembrava non finissero mai - facce spaventate di giovani coperti di sangue, con le mani alzate in segno di resa e alcuni dovevano essere spostati in barella.
Non era un brutto film. Era l'assalto alla Diaz, la scuola di Genova, dove nei giorni del G8, alloggiavano molti no global. E Salvo Montalbano, all'altro capo della Penisola, entrò in crisi. Di colpo aveva raggiunto in California Philip Marlowe, che da almeno 50 anni oltre che con i gangster, se la doveva vedere anche con le 'mele marce' della polizia di Los Angeles. E ora, quelli di Genova, potevano stare ancora tra i “buoni”?
Addio anche a questa certezza, Montalbano. Il tuo autore, Andrea Camilleri, non ti risparmia l'amaro nei giorni della tua maturità. Hai scoperto che anche i “buoni” hanno un lato oscuro e allora tutto è maledettamente più complicato. Ma un personaggio ha una sua volontà autonoma e Montalbano si chiede e forse chiede a Camilleri: “Che faccio? Posso far finta di niente?”. Non può. E prende la decisione di dimettersi da quella polizia in cui non si riconosce più. “Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito”. Ma prima di prendere carta e penna il poliziotto casca in pieno in un caso terribile: la tratta degli essere umani, il traffico dei clandestini. Anche tra i “cattivi” c'è chi è più cattivo. Montalbano resterà poliziotto.
Mario Spezi
 
 

Giornale del popolo, 13.3.2003
Nuovo romanzo di Camilleri
La crisi di coscienza di Salvo Montalbano

Salvo Montalbano è in crisi, è sul punto di dimettersi dalla polizia: il colpo di scena appare nelle pagine iniziali di «Il giro di boa», il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, che la casa editrice italiana Sellerio manda in libreria domani. Dopo i precedenti temi sociali toccati dalla serie che ha per protagonista il popolare commissario di Vigata creato dalla penna della scrittore siciliano - solo in Italia i suoi libri hanno venduto complessivamente cinque milioni di copie - questa volta Montalbano si trova alle prese con lo sfaccettato e drammatico problema dell'immigrazione: il traffico internazionale degli extracomunitari, gli sbarchi clandestini sulle coste italiane, il commercio dei bambini per alimentare il racket. Ma prima di toccare questo tema, che ovviamente nel romanzo assume i connotati del giallo, Andrea Camilleri fa vivere a Salvo Montalbano, ormai cinquantatreenne, un problema di coscienza non da poco: sul commissario pesa ancora il ricordo degli incidenti al vertice del G8 a Genova del luglio 2001, «l'irruzione della polizia alla scuola Diaz». Così Salvo Montalbano annuncia a Livia, eterna fidanzata, di aver preso «una decisione seria». Quale? «Mi dimetto. Domani vado dal questore e gli presento le dimissioni». Il motivo? Ciò che è accaduto in seguito alle manifestazioni di piazza al G8 hanno scioccato il commissario di Vigata: «Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito». Ma è proprio in questo momento di crisi, complicato da un preoccupante dolore fisico, che Salvo Montalbano si imbatte nel caso misterioso che si dipana lungo la trama di «Il giro di boa».
 
 

Il giornale di Vicenza, 13.3.2003
Le relazioni in un libro di Roberto Favaro
Letteratura e musica nel romanzo italiano

Per questa sera, giovedì 13 marzo alle ore 21, nella Sala dei Giganti del Liviano, è stata organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova la presentazione del libro di Roberto Favaro, "La musica nel romanzo italiano del ’900", appena pubblicato per i tipi dell’editore Ricordi.
[...]
Il volume di Roberto Favaro indaga infatti le relazioni tra letteratura e musica nel romanzo italiano del Novecento. In particolare l’autore analizza la presenza, l’azione, la funzione della materia musicale e, in senso più ampio, sonora, nell’opera narrativa di alcuni importanti autori italiani del secolo scorso (tra gli altri di Bontempelli, Calvino, Camilleri, Campana, D’Annunzio, Deledda, Del Giudice, Fenoglio, Gadda, Primo Levi, Marinetti, Palazzeschi, Pasolini, Pavese, Rodari, Savinio, Svevo, Tondelli, Tozzi, Volponi).
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.3.2003 
Montalbano è un eroe stanco
Parla lo scrittore: ecco il mio "Giro di boa"
Camilleri & Montalbano
Abusi, violenze e il G8 il commissario s´è stancato

Questa è un´inchiesta che lo coinvolge in prima persona due incidenti che non lo convincono affatto
Il mio personaggio si sente tradito da certi comportamenti della polizia e sente il peso degli anni
I lettori stiano tranquilli: non ho alcuna intenzione di fare morire il nostro eroe
Molto recentemente i siciliani hanno creduto in qualcosa ma bisogna temere la loro delusione

«Nuttata fitusa, ´nfami, tutta un arramazzarsi, un votati e rivoltati, un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati»: il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, "Il giro di boa" (Sellerio, 10 euro, da oggi in libreria), si apre con il malessere del commissario Montalbano. Un disagio, uno sdegno che gli si attaccano allo stomaco, stranamente «accussì stritto che non ci sarebbe passato manco un filo d´erba». Si tratta di pinsèri nivuri che, dopo la notizia data dai telegiornali in merito all´irruzione della polizia alla scuola Diaz nel corso del G8, assugliano il commissario di Vigàta senza concedergli tregua. Ad aggravare la situazione ci si mette pure la vecchiaia incipiente, coi suoi segni certi, inequivocabili: l´ultimo Montalbano, dunque, perde colpi, è più sensibile, più irritabile, e vuole dimettersi. E come se tutto ciò non bastasse, si trova costretto a fare i conti con l´indagine più difficile e dolorosa della sua carriera, che gli farà avvertire il «feto di scanto, d´angoscia, di sofferenza, di disperazione» che in Sicilia arriva con le orde incontrollate dei clandestini. Il "Giro di boa" del titolo, dunque, vuole alludere a una sorta di punto di non ritorno, e della storia del nostro Paese, e del protagonista dei romanzi di Camilleri?
«Questo nuovo libro - spiega lo scrittore - segna indubbiamente un´evoluzione, che però già nei romanzi precedenti era intuibile. Si tratta dello sviluppo di una presa di coscienza, di una maturazione inevitabile».
I fatti di Genova Montalbano non riesce proprio a digerirli...
«È così: la sua indignazione è causata da certi comportamenti di una parte della polizia. E naturalmente Montalbano si sente tradito nell´idea che della polizia aveva».
Per la prima volta il suo eroe è direttamente coinvolto in un´indagine.
«Mentre negli altri romanzi lui entrava nell´inchiesta come commissario, qui lui è coinvolto in prima persona. Questa indagine si basa su due fatti che quasi non risultano agli atti, sembrano al di fuori di qualsiasi incartamento burocratico. Invece no: Montalbano ha la coscienza che si tratta non di due incidenti, ma di due delitti. È la sua coscienza il vero protagonista di questo romanzo».
Possiamo anticipare che il commissario di Vigàta anche in questo romanzo non muore, sebbene ci siano tanti suoi segnali di commiato?
«Certo, dal romanzo esce malconcio. Non dobbiamo dimenticare che Montalbano è un signore di 53 anni e quindi avrebbe tutto il diritto di andarsene in pensione. Ma i lettori stiano tranquilli, perché a me non piace che la gente muoia; si figuri se faccio morire uno come Montalbano. Invidio Piazzese, che è riuscito a spostare il protagonista. La sua è stata un´idea geniale, perché tra l´altro gli ha fatto tirare fuori le unghia di quello scrittore che è. Cosa che prima non si era interamente verificata; come dire, lui nei primi due romanzi ha cugghiuniato, sempre con grande intelligenza e ironia. Ora fa sul serio».
Il suo nuovo romanzo è interamente attraversato da segnali di angoscia, di dolore, di forti striature noir.
«Sono segnali che uno come il nostro commissario, che fa un certo mestiere e che ha a che fare con una realtà immediata, sente più degli altri. "Il giro di boa" è sicuramente il giallo che più dei precedenti si colora di tinte fosche».
Forse perché, ancora più degli altri polizieschi, è agganciato alla contemporaneità?
«Probabilmente: questo romanzo si basa tutto sulle grandi migrazioni di massa, sulla delinquenza di oggi che è molto cambiata, sullo spostamento dei limiti dell´orrore. Sì, penso che si tratti di un romanzo sull´Italia contemporanea, anche se ho sempre cercato di tenermi avvinghiato alla nostra epoca, pure nei cosiddetti romanzi storici. Qui però il discorso è assai più esplicitato».
C´è anche il riferimento al problema dell´abusivismo edilizio...
«Certo: in Sicilia ci sono interi paesi costruiti abusivamente, ma regolarmente serviti di luce, acqua, quando c´è, e linee telefoniche».
Leggendo "Il giro di boa" si ha come l´impressione che il suo pessimismo si sia esacerbato. Come mai?
«Il pessimismo c´è, eccome, ma non penso che si sia accentuato. Certo, ci vuole molta forza di ragione e molta fiducia nell´uomo perché oggi non si esacerbi di più».
Considerata la situazione siciliana attuale, lei vede spiragli?
«Credo di sì. Certo, non è detto che saremo noi stessi a provocarli. Noi siciliani siamo sempre stati ai margini, tutto quello che può accadere di positivo o di negativo nella nostra nazione, da noi arriva come un´onda morta di risacca. Anche se certi fatti, certi accadimenti, noi li possiamo recepire meglio di altri. Vede, la Sicilia recentissimamente ha creduto in qualche cosa. Ma quest´isola non è fatta di siciliani "babbi"; i siciliani vogliono che la loro fiducia venga ricambiata. Non c´è niente di peggio della disillusione dei siciliani».
È dunque il caso di finirla coi soliti discorsi che tirano in ballo il "Gattopardo", l´eterno presente...
«Sì, basta. Che "Gattopardo" e "Gattopardo". Sono ormai storie sorpassate. Quando c´è la voglia di fare, i siciliani fanno. Si dicono ancora tante minchiate, ignorando che ci sono i siciliani volenterosi: gli imprenditori ad esempio, in grado di far bene, malgrado ci sia il cancro della mafia, che procede sotto il pelo dell´acqua, ma c´è; malgrado la burocrazia, da noi decuplicata rispetto a quella italiana; in una parola, malgrado tutto».
Salvatore Ferlita
 
 

La Repubblica, 14.3.2003
Esce "Il giro di boa", il nuovo romanzo di Andrea Camilleri
Il commissario è in crisi dopo i fatti accaduti a Genova
Il dolore di Montalbano diviso tra G8 e coscienza
E' la storia più triste: i clandestini, la vecchiaia, i dubbi
L'autore: "Ma il mio personaggio non è di parte, è un cittadino"

Un poliziotto che ha visto quello che è successo a Genova durante il G8 "che fa, può far finta di niente?". Dopo l'irruzione alla scuola Diaz, i pestaggi indiscriminati ai manifestanti, l'atmosfera che qualcuno in quei giorni non esitò a definire "cilena" che peso hanno nella coscienza di un commissario? Forse dovrebbe dimettersi. Questo pensa Salvo Montalbano, il personaggio creato da Andrea Camilleri e che tutti gli italiani vedono con la faccia di Luca Zingaretti che lo ha impersonato in televisione.
Nel libro che esce oggi, Montalbano fa i conti con la sua coscienza. Si intitola Il giro di boa (Sellerio, 10 euro). Montalbano dice alla fidanzata Livia di aver preso "una decisione seria". "Mi dimetto. Domani vado dal questore e gli presento le dimissioni". Il motivo? Ciò che è accaduto durante il G8. "Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito", dice il commissario di Vigata.
E nel momento più difficile della sua vita, alle prese con i suoi dubbi e con qualche acciacco preoccupante come la vecchiaia che avanza, Montalbano si trova ad affrontare un'altra questione. Il commissario si sveglia un mattino all'alba e va a farsi una nuotata. Vede il cadavere di un annegato. Lo trascina a riva. Un immigrato straniero che cercava fortuna in Italia, pensa. Un clandestino come tanti, un povero cristo. Non è così. Quell'uomo è stato assassinato. Ma chi è? Perché è così difficile identificarlo? Perché l'inchiesta è così complicata?
Poi Montalbano assiste casualmente all'arrivo di un gruppo di clandestini intercettati in mare. Un bambino impaurito sfugge alla madre e corre a nascondersi. Il commissario lo rincorre, lo convince a uscire fuori dal nascondiglio, lo riconsegna alla madre. E segna il suo destino.
Storie dentro ad altre storie, inchieste che si intrecciano, dubbi e rimorsi che vanno di pari passo con la crisi profonda di un uomo che non sa più che cosa fare della sua vita. Che non crede più a quello che fa, ma non può fermarsi. Un sbirro che si infila in un'altra indagine solo per caso (il questore cui doveva consegnare le dimissioni non ha potuto riceverlo subito) e vi resta impigliato.
"Montalbano non è di parte - precisa Camilleri - se lo fosse stato si sarebbe fermato alle riflessioni fatte in merito agli incidenti al G8 di Genova, invece si interessa anche di ciò che è accaduto a Napoli, quando il Paese era governato dal centro sinistra. E' inconcepibile - aggiunge lo scrittore - per un uomo con le idee e gli anni di Montalbano ipotizzare di trovarsi a combattere contro lo schiavismo".
Il suo senso di inadeguatezza è acuito dal trovarsi "in una posizione critica forte nei confronti dell'operato degli esponenti della polizia, che adoperano quei metodi che lui nella sua vita non ha mai pensato di adoperare, come le prove finte. E' un sistema - continua Camilleri - che considera appaiato a quelli adottati dalla gente che la polizia combatte".
"Il mio commissario è un cittadino come qualsiasi altro, al quale certe leggi non piacciono. Questo non significa che non le applichi. Non bisogna dimenticare che al fianco di Montalbano c'è un vice questore vicino all'attuale governo".
Alla domanda se tema il risentimento di una parte dei lettori, Camilleri risponde: "Non sto a badarci quando scrivo, forse ci saranno lettori risentiti, pazienza. Uno dei pregi di Montalbano è la sincerità nei confronti della realtà, che venga accettata anche in questo senso. Devo dire che è difficile operare una divisione politica tra chi mi legge, che è di destra e di sinistra. Mi dispiacerebbe se fossero tutti di una parte".
Camilleri trascina il suo personaggio fino al giro di boa, quel punto in mezzo al mare che segna la rotta del ritorno. E' un romanzo triste come i naufragi dove annega la speranza, come il tempo che passa per tutti, come i vecchi amici che chiudono il ristorante, come i mestieri in cui non si crede, come i punti in mezzo al mare che obbligano a voltarsi e guardare indietro.
Dario Olivero
 
 

Metro, 14.3.2003
La crisi di Montalbano
Nel nuovo libro di Camilleri "Il giro di boa" Salvo pensa alle dimissioni

Il colpo di scena, subito come un pugno nello stomaco del lettore, all'inizio di "Il giro di boa" (269 pagine, 10 euro, Sellerio), il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, da oggi in libreria. Il cinquantateenne Salvo Montalbano vive un problema di coscienza: il commissario non riesce infatti a dimenticare gli incidenti accaduti al vertice del G8 a Genova del luglio 2001, e soprattutto non riesce ad accettare l'irruzione della polizia alla scuola Diaz e il violento pestaggio agli studenti inermi che ne seguì. Ricordi che sono strettamente legati alla sua volontà di rassegnare le dimissioni da poliziotto. E mentre il poliziotto rimugina questi pensieri e si ripete "Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito" viene letteralmente travolto da un nuovo caso. Dopo una notte insonne decide di fare una nuotata ristoratrice ma ecco che dall'acqua spunta un cadavere. Montalbano riesce a trascinarlo a riva per scoprire che l'uomo è stato crudelmente assassinato. Il commissario si troverà catapultato in un'indagine difficile. Mentre l'inchiesta si muove tra incertezze e false piste, Montalbano si trova ad assistere casualmente all'arrivo di un folto gruppo di clandestini intercettati in mare. Nella confusione un bambino extracomunitario sfugge alla madre e corre a nascondersi sulla banchina del porto. Il commissario lo rincorre e lo riconsegna alla madre. Un gesto che avrà delle ripercussioni su di lui che si troverà coinvolto in un traffico internazionale di extracomunitari con annessi sbarchi di clandestini e un osceno commercio di bambini.
 
 

Comune di Modica, 14.3.2003
Comunicati Stampa
Modica: il 29 marzo sarà conferita la cittadinanza onoraria a Luca Zingaretti
Giusto riconoscimento al “Commissario Montalbano” per le sue grandi capacità interpretative e per aver rilanciato l’immagine del nostro territorio.

Luca Zingaretti grande interprete del Commissario Montalbano e dell’indimenticabile Perlasca, attore dotato di sensibilità e non indifferente capacità artistica, avrà conferita la cittadinanza onoraria di Modica nel corso di una cerimonia che si terrà nella sala consiliare di Palazzo san Domenico sabato 29 marzo p.v. alle ore 17.00.
L’avvenimento riveste particolare importanza non solo per la grande e meritata notorietà dell’attore ma anche per aver rilanciato la conoscenza e l’immagine del nostro territorio.
“Con il conferimento della cittadinanza onoraria a Luca Zingaretti -commenta il Sindaco- voglio manifestare la nostra gratitudine verso un artista che senza nulla chiedere al territorio ha svolto una eccezionale azione di rilancio di immagine non solo della nostra città ma dell’intero comprensorio modicano. Luca Zingaretti lo ha saputo fare interpretando da par suo l’essenza della nostra terra e di quanti ci vivono: gente ospitale, generosa e ricca di fantasia.”
 
 

Die Tageszeitung, 15.3.2003
Tonspur
Krankenhausrundfunk

[...]
Und wenn Radiogeräte Fieber haben können, dann kann das auch ein Planetarium. "Camilleri-Fieber im Mannheimer Planetarium" schreibt der SWR in einer Pressemeldung, sagt aber nicht, was er tut, um das Fieber zu senken. Kann man einem Planetarium Wadenwickel machen? Oder es mit Aspirin begießen? Vielleicht sollte alle Mannemer sich das aus der Nähe anschauen, und zwar am heutigen Samstag um 19.30 Uhr. Da wird nämlich das Hörspiel "Das Spiel des Patriarchen" von Andrea Camilleri uraufgeführt. Ein bisschen fiebrig ist auch die Handlung dieses Krimis: Ein junger Mann wird erschossen aufgefunden, gleichzeitig verschwindet ein älteres Ehepaar aus dem Wohnhaus des Ermordeten. Commissario Montalbano - einer von den inflationär in Erscheinung tretenden italienischen Kriminalbeamten, die man gerne miteinander verwechselt - nimmt die Ermittlungen auf. Wem das alles zu heiß und Mannheim zu weit weg ist, dem seien die Sendetermine der zweiteiligen Produktion in Klammer und zum Ausscheiden ans Herz gelegt. (22. und 29. März, 23.05 Uhr, SWR 2 sowie 23. und 30. März., 23.00 Uhr, SWR1).
[...]
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Non solo le radio possono avere la febbre [s'intende lo schricchiolio, sinonimo d'influenza e tosse per i radiofonici, NdT] no, anche un Planetario. "La febbre di Camilleri nel Planetario di Mannheim" scrive il SWR [stazioni radiofoniche e televisive del Sud-Ovest, NdT] in un comunicato di stampa, ma non chiarisce, cosa intraprende, per calmare la febbre. Si possono applicare degli impacchi ai polpacci ad un Planetario? O "sdiluviarlo" con dell'aspirina? Forse tutti i Mannheimer [i mannheimeresi, NdT] dovrebberlo andare a vedere da vicino, e precisamente questo sabato alle ore 19.30 Infatti verrà rappresentato per la prima volta il dramma radiofonico "La gita a Tindari" di Andrea Camilleri. Febbricitante è anche l'azione di questo giallo. Un giovane uomo viene ucciso, contemporaneamente sparisce una coppia di anziani dalla casa della vittima. Il Commissario Montalbano, uno degli "agenti di polizia giudiziaria" italiani, che fanno la propria apparizione in un modo inflazionato, per cui è facile scambiarli , intraprende le indagini. Per chi tutto questo risulti un pochino calduccio e non si trovi nei paraggi di Mannheim, raccomandiamo vivamente gli orari di trasmissione della produzione in due parti (22 e 29 marzo alle ore 23.05 su SWR2, 23 e 30 marzo alle ore 23 su SWR1).
[gli autori del dramma radiofonico si trovano su:
http://www.swr.de/swr1rp/programm/hoerspiel/2003/03/23/index.html]
Traduzione a cura di Fabrizio
 
 

Gazzetta del Sud, 15.3.2003
Nel nuovo romanzo di Camilleri, «Il giro di boa», il commissario di Vigata entra in crisi
Ed ecco il Montalbano più “politico”
«Un cittadino come qualsiasi altro, a cui certe leggi non piacciono»

Dapprima i fatti di Genova in occasione del G8, poi la scoperta di quelli di Napoli: l'uno-due mette in ginocchio il commissario Montalbano. Barcolla la sua fiducia nella polizia, annuncia le dimissioni a Vigata e prende appuntamento con il Questore per presentarle. Ma l'incontro per una serie di circostanze viene rimandato di volta in volta fino a quando l'istinto di sbirro non prende il sopravvento sulla ragione e Salvo si trova impigliato in una nuova indagine. «Il giro di boa» (Sellerio, pp. 274, euro, 10,00) non è soltanto il Montalbano più palesemente politico, è probabilmente anche quello di maggiore impegno sociale, dalle pagine più inaspettatamente toccanti. Il cuore forte del commissario resiste ai sobbalzi dell'eccitazione quando trascorre nuove notti nello stesso letto con la splendida Ingrid senza sfiorarla ma si scioglie al ricordo degli occhi terrorizzati di un ragazzino immigrato appena sbarcato e «catturato» dalla presunta madre. Perché l'immigrazione è l'argomento principale del libro, dal quale si dipartono due indagini diverse e complesse che porteranno alla scoperta di un orribile traffico internazionale. È un Montalbano diverso questo de «Il giro di boa»: scompare un punto di riferimento nella sua vita, come il ristorante Calogero il cui proprietario ormai settantatreenne e con due by-pass decide di chiudere il locale; fanno capolino i bombardamenti statunitensi; si fanno più forti gli acciacchi dell'età; è messa in ridicolo una testarda ostinazione e l'abbandono ai luoghi comuni di alcuni settentrionali. Secondo qualche critico, quella che è costretto ad affrontare nelle pagine di questo libro è l'inchiesta più dura per il commissario di Vigata. Ma forse, più duro, insensibile e miope sta diventando il mondo intorno a lui e quindi più lacerante diventa il rapporto con se stesso. «Montalbano non è di parte, se lo fosse stato si sarebbe fermato alle riflessioni fatte in merito agli incidenti al G8 di Genova, invece si interessa anche di ciò che è accaduto a Napoli, quando il Paese era governato dal centro sinistra». Andrea Camilleri precisa l'imparzialità del suo personaggio più noto a sostegno della tesi di un suo impegno civile, trasversale alla politica. «Questa sorta di crisi di Montalbano l'ho portata avanti da “La gita a Tindari” dove era duplice il suo disagio, causato dalla novità dello scopo criminale e dall'assenza di territorialità del crimine – spiega lo scrittore siciliano. Nel primo caso il commissario era abituato ad una criminalità tradizionale, l'idea che si possa uccidere per un organo da trapiantare lo sconvolge umanamente e come poliziotto lo fa sentire inadeguato al solo concepire certi moventi. Per il secondo disagio, lui non ha voluto trasferirsi; conosce i codici del suo territorio e questo è il suo punto di forza. Ma quando si imbatte nella delinquenza su internet si accorge che questa estende i suoi confini fino a perderli. Manca un territorio culturale». Ne «Il giro di boa» il disagio è ancora più esplicito: «È inconcepibile per un uomo con le idee e gli anni di Montalbano ipotizzare di trovarsi a combattere contro lo schiavismo. Con mezzi avveniristici si torna ad un delitto che si pensava scomparso secoli fa». Il suo senso di inadeguatezza è acuito dal trovarsi «in una posizione critica forte nei confronti dell' operato degli esponenti della polizia, che adoperano quei metodi che lui nella sua vita non ha mai pensato di adoperare, come le prove finte. È un sistema – continua Camilleri – che considera appaiato a quelli adottati dalla gente che la polizia combatte».
È una scelta partitica? «No, non lo è. Il fatto politico è sempre presente in Montalbano, fin da “La forma dell'acqua” oppure quando critica provvedimenti come la presenza degli alpini in Sicilia e al governo, di nuovo, non c' era il centro destra».
Un impegno civile dunque, trasversale alla politica? «Il mio commissario è un cittadino come qualsiasi altro, al quale certe leggi non piacciono. Questo non significa che non le applichi. Non bisogna dimenticare che affianco a Montalbano c'è un vice questore vicino all'attuale governo».
Teme il risentimento di una parte dei lettori? «Non sto a badarci quando scrivo, forse ci saranno lettori risentiti, pazienza. Uno dei pregi di Montalbano è la sincerità nei confronti della realtà, che venga accettata anche in questo senso. Devo dire che è difficile operare una divisione politica tra chi mi legge, che è di destra e di sinistra. Mi dispiacerebbe se fossero tutti di una parte».
Nella difficile situazione attuale in cui è sempre più difficile sottrarsi alla logica delle appartenenze, spesso a scapito dell'obiettività, può lo scrittore evitare di prendere posizione? «Dipende: se scrivo del mio ombelico sono al di fuori di qualsiasi fatto politico e sociale. Essendo però io uno scrittore di fatti, i fatti sono quelli che sono e devo prenderli in considerazione».
Saverio Testone
 
 

La Sicilia, 15.3.2003
Riconoscimento
Luca Zingaretti cittadino onorario

L'attore Luca Zingaretti, interprete del Commissario Montalbano nella fortunata serie televisiva che riferisce ai testi dello scrittore Andrea Camilleri, ma anche dell'indimenticabile Perlasca, avrà conferita la cittadinanza onoraria di Modica. La cerimonia è stata già fissata per sabato 29 marzo, alle ore 17, nella sala consiliare del civico palazzo San Domenico. 
L'avvenimento costituisce indubbiamente motivo per assumere una particolare importanza nella città della Contea, non solo per la grande e meritata notorietà dell'attore, dotato di grande sensibilità e di non indifferente capacità artistica, ma anche per aver rilanciato la conoscenza e l'immagine del territorio di Modica e di diversi limitrofi centri iblei. «Con il conferimento della cittadinanza onoraria a Luca Zingaretti -commenta il sindaco Piero Torchi - voglio manifestare la nostra gratitudine verso un artista che, senza nulla chiedere al territorio, ha svolto un'eccezionale ed efficace azione di rilancio d'immagine non solo della nostra città, ma dell'intero comprensorio modicano. Zingaretti lo ha saputo fare interpretando da par suo l'essenza della nostra terra e di quanti ci vivono: gente ospitale, generosa e ricca di fantasia». 
L'iniziativa è stata apprezzata proprio perchè il «commissario Montalbano» s'è rivelato un vero e proprio ambasciatore della terra iblea, in particolare poi le tre città accomunate nel «Barocco del Val di Noto» dell'Unesco, e cioè Modica, Scicli e Ragusa. Non va dimenticato, tra l'altro, che quei filmati riguardanti il noto personaggio di Camilleri, prodotti dalla Tv italiana, vengono esportati all'estero dove sin dalla prima edizione s'è registrato una strepitosa audience.
Gi. Bu.
 
 

Radio 2, 16.3.2003
Strada facendo

Andrea Camilleri è stato ospite "telefonico" della trasmissione.
Ha parlato dell'Isola Ferdinandea, di Montalbano (punti di contatto e differenze fra l'autore e il personaggio), delle bellezze meno conosciute della Sicilia (ad esempio i castelli medievali).
 
 

Liceo Classico Statale Umberto I, 17.3.2003
Si comunica che nell'ambito delle iniziative di autoaggiornamento di natura culturale previste nel POF, presso i locali dell'istituto, giorno 17/3/2003 alle ore 16.30 il prof. Mario Matteo Pintacuda terrà una conferenza dal titolo "Montalbano sono". L'iniziativa è offerta anche agli studenti della scuola e ai loro genitori.
 
 

La Stampa, 17.3.2003
A LIONE UNA RASSEGNA DEDICATA A CINEMA E LETTERATURA: PARLA IL DIRETTORE LAURENT LOMBARD
«La bella Italia del poliziesco»
Si conosce il paese al di là dei luoghi comuni

LIONE. A volte basta un uomo solo. Magari non fa una cosa immensa, magari non riesce a realizzare il suo progetto fino in fondo, ma l´idea da cui è partito, a piccoli passi, comincia a marciare. E´ il caso di Laurent Lombard, professore di letteratura italiana in Francia, a Saint-Etienne, appassionato di romanzi polizieschi italiani fin dalla tesi di laurea, convinto sostenitore di questo genere di scrittura assai poco apprezzata nel suo paese, che ieri e oggi, a Lione, tiene per il terzo anno consecutivo il suo «Incontri con il film e il romanzo poliziesco italiano». Ha cominciato la sera del 14 con uno spettacolo dal vivo: «Più di mille giovedì» dell´Assemblea Teatro di Torino. Prosegue con due film: il più vecchio è «Una storia semplice» da Sciascia di Emidio Greco e il più nuovo «Il sole negli occhi» di Andrea Porporati. Conclude, infine, con un dibattito tra lo scrittore di gialli Massimo Carlotto, il direttore del festival di Annecy Pierre Todeschini e lo stesso regista Porporati. «La mia idea», spiega con passione Laurent Lombard, «è che a differenza del romanzo letterario, quello poliziesco permette di conoscere l´Italia così com´è, al di fuori da ogni stereotipo. Purtroppo i francesi guardano ancora con diffidenza a questo genere narrativo italiano, forse perché ignorano che dal 1931, dalla nascita dei Gialli Mondadori, è una tradizione forte del vostro paese che si è riversata felicemente anche nel cinema». I migliori autori italiani di oggi? Laurent Lombard cita Marcello Fois, Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto e Niccolò Ammaniti, un giallista speciale, che proprio in questi mesi ha visto il suo racconto «Io non ho paura» diventare un film ad opera del premio Oscar Gabriele Salvatores. E Camilleri? Com´è che nell´elenco non c´è Camilleri il cui commissario Montalbano ha conquistato frotte di lettori e invaso la televisione italiana? «Per me Camilleri non è autore di racconti polizieschi. E´ un´altra cosa». I migliori giallisti del mondo, Lombard? La risposta è tipicamente francese, ancora di più oggi che il contrasto sull´Iraq ha reso lontanissima la politica di Bush e quella di Chirac: «Purtroppo in questi anni siamo immersi nella cultura anglo-sassone e quindi sono loro ad avere maggior successo. Devo ammettere,però, che Agatha Christie e Conan Doyle sono imbattibili. Noi, comunque, abbiamo avuto George Simenon e voi Gadda che ha scritto il più bel giallo del mondo». Mentre, tre anni fa, il primo di questi «Incontri» era dedicato alla nascita del giallo italiano da Alessandro Varaldo fino a Scerbanenco e quello dell´anno scorso al giallo politico passando per un film come «La mia generazione» di Vilma Labbate, quest´anno, a tener banco, sono le emozioni nella scrittura poliziesca. Per questa ragione a rappresentare il cinema italiano contemporaneo è stato scelto il film «Il sole negli occhi» di Porporati, romanziere e sceneggiatore passato dietro la macchina da presa proprio con questa storia uscita in Italia due anni fa e tra poco sullo schermo anche in Francia. Racconta Porporati: «Prima del delitto di Novi Ligure e prima di quello di Cogne, avevo scritto questa sceneggiatura che raccontava un parricidio. Mi aveva colpito quanto l´Italia fosse in testa alle statistiche per i delitti in famiglia e come il colpevole, spesso arrestato subito, non sapesse dire perché aveva ucciso». Interpretato da Fabrizio Gifuni e Valerio Mastandrea nei ruoli di un poliziotto e un assassino, assai attento ai movimenti psicologici interiori, lodato e premiato in giro per i festival, questo film ha rappresentato una svolta nella carriera di Andrea Porporati che, stanco di veder «tradite» al cinema le sue storie, s´è messo a fare il regista in proprio. Al momento ha in progetto due nuovi film: uno sul mondo del lavoro da girare in coppia con Marco Turco, l´altro da fare da solo su una rapina eseguita da ladri occasionali.
Simonetta Robiony
 
 

Il Centro, 19.3.2003
«Il giro di boa» per Montalbano
Gli scontri del G8 a Genova sullo sfondo del nuovo romanzo.
La fiducia nella polizia del commissario non è più tanto salda

Dapprima i fatti di Genova in occasione del G8, poi la scoperta di quelli di Napoli: l'uno-due mette in ginocchio Montalbano. Barcolla la sua fiducia nella polizia, annuncia le dimissioni a Vigata e prende appuntamento con il questore per presentarle. Ma l'incontro viene rimandato di volta in volta finché l'istinto di sbirro non prende il sopravvento sulla ragione e Salvo si trova impigliato in una nuova indagine.
«Il giro di boa» (Sellerio, 272 pagine, 10 euro) di Andrea Camilleri non è soltanto il Montalbano più palesemente politico, è probabilmente anche quello di maggiore impegno sociale, dalle pagine più inaspettatamente toccanti.
Il cuore forte del commissario resiste ai sobbalzi dell'eccitazione quando trascorre nuove notti nello stesso letto con la splendida Ingrid senza sfiorarla ma si scioglie al ricordo degli occhi terrorizzati di un ragazzino immigrato appena sbarcato e «catturato» dalla presunta madre. Perché l'immigrazione è l'argomento principale del libro, dal quale si dipartono due indagini diverse e complesse che porteranno alla scoperta di un orribile traffico internazionale.
E' un Montalbano diverso questo de Il giro di boa: scompare un punto di riferimento nella sua vita, come il ristorante Calogero il cui proprietario ormai settantatreenne e con due by-pass decide di chiudere il locale; fanno capolino i bombardamenti statunitensi; si fanno più forti gli acciacchi dell'età; è messa in ridicolo una testarda ostinazione e l'abbandono ai luoghi comuni di alcuni settentrionali.
Secondo qualche critico, quella che è costretto ad affrontare nelle pagine di questo libro è l'inchiesta più dura per il commissario di Vigata.
Ma forse, più duro, insensibile e miope sta diventando il mondo intorno a lui e quindi più lacerante diventa il rapporto con se stesso.
«Montalbano non è di parte, se lo fosse stato si sarebbe fermato alle riflessioni fatte in merito agli incidenti al G8 di Genova, invece si interessa anche di ciò che è accaduto a Napoli, quando il Paese era governato dal centro sinistra». Andrea Camilleri precisa così l'imparzialità del suo personaggio più noto a sostegno della tesi di un suo impegno civile, trasversale alla politica.
«Questa sorta di crisi di Montalbano», aggiunge lo scrittore siciliano, «l'ho portata avanti dalla "Gita a Tindari" dove era duplice il suo disagio, causato dalla novità dello scopo criminale e dall'assenza di territorialità del crimine».
«Nel primo caso», spiega Camilleri, «il commissario era abituato ad una criminalità tradizionale, l'idea che si possa uccidere per un organo da trapiantare lo sconvolge umanamente e come poliziotto lo fa sentire inadeguato al solo concepire certi moventi. Per il secondo disagio, lui non ha voluto trasferirsi; conosce i codici del suo territorio e questo è il suo punto di forza. Ma quando si imbatte nella delinquenza su Internet si accorge che questa estende i suoi confini fino a perderli. Manca un territorio culturale».
Nel «Giro di boa» il disagio è ancora più esplicito, «E' inconcepibile», prosegue Andrea Camilleri, «per un uomo con le idee e gli anni di Montalbano ipotizzare di trovarsi a combattere contro lo schiavismo. Con mezzi avveniristici si torna ad un delitto che si pensava scomparso secoli fa».
Il suo senso di inadeguatezza è acuito dal trovarsi «in una posizione critica forte nei confronti dell'operato degli esponenti della polizia, che adoperano quei metodi che lui nella sua vita non ha mai pensato di adoperare, come le prove finte.
«E' un sistema, continua Camilleri, «che considera appaiato a quelli adottati dalla gente che la polizia combatte».
E' una scelta partitica? «No, non lo è», risponde lo scrittore. «Il fatto politico è sempre presente in Montalbano, fin dalla "Forma dell'acqua" oppure quando critica provvedimenti come la presenza degli alpini in Sicilia e al governo, di nuovo, non c'era il centro destra».
Un impegno civile dunque, trasversale alla politica?
«Il mio commissario», spiega Camilleri, «è un cittadino come qualsiasi altro, al quale certe leggi non piacciono. Questo non significa che non le applichi. Non bisogna dimenticare che affianco a Montalbano c'è un vice questore vicino all'attuale governo».
Teme il risentimento di una parte dei lettori? «Non sto a badarci quando scrivo, forse ci saranno lettori risentiti, pazienza. Uno dei pregi di Montalbano è la sincerità nei confronti della realtà, che venga accettata anche in questo senso».
«Devo dire», aggiunge lo scrittore, «che è difficile operare una divisione politica tra chi mi legge, che è di destra e di sinistra. Mi dispiacerebbe se fossero tutti di una parte».
Nella difficile situazione attuale in cui è sempre più difficile sottrarsi alla logica delle appartenenze, spesso a scapito dell'obiettività, può lo scrittore evitare di prendere posizione?
«Dipende: se scrivo del mio ombelico sono al di fuori di qualsiasi fatto politico e sociale. Essendo però io uno scrittore di fatti», conclude Andrea Camilleri, «i fatti sono quelli che sono e devo prenderli in considerazione».
Paolo Petroni
 
 

La Nazione, 20.3.2003

PISA — L'associazione culturale Libroidea in collaborazione con la Confesercenti organizza, nella suggestiva cornice della ex stazione Leopolda, una fiera del libro e degli editori con titolo «Festival del libro - Book festival -. Festival du livre - Buchfest». Tale manifestazione si svolgerà dal 3 all'11 ottobre 2003. L'invito è rivolto soprattutto ai piccoli e medi editori italiani e stranieri al fine di valorizzare la loro editoria e dare loro l'opportunità di farsi conoscere dal grande pubblico. Completeranno la fiera gli incontri letterari e i dibattiti cui parteciperanno autori italiani e stranieri, intervistati da giornalisti e critici letterari. Saranno invitati alcuni autori molto noti al pubblico (Andrea De Carlo, Giorgio Faletti, Andrea Camilleri, Francesco Guccini, Umberto Eco, Folco Quilici, Tullio Avoledo, Alex Zanotelli, Gigi Avanti, Paolo Crepet) e giornalisti che con il loro intervento potranno pubblicizzare e commentare il nostro festival (Oreste Del Buono, Antonio D'Orrico, Massimo Gramellino, Beppe Severgnini, Igor Man, Marco Gasperetti). Il tema conduttore di tutta la manifestazione sarà «Le radici e il futuro dell'Europa». Il Festival del libro è alla sua prima edizione ed intende porre all'attenzione dei lettori la produzione letteraria di uno specifico paese: quest'anno l'ospite d'onore sarà la Lituania. E' prevista l'assegnazione di un premio letterario «Fair book: fragili parole dell'adolescenza», rivolto ai giovani detenuti in aree penali (case famiglia, istituti di pena minorili, comunità di recupero), sponsorizzato dalla casa editrice Edizioni Ets di Pisa che pubblicherà all'interno di una antologia i racconti e le poesie più belle fra quelle giudicate dalla commissione di esperti. Il festival che dal 3 al 5 ottobre sarà dedicato alla mostra-mercato degli editori, continuerà poi la settimana successiva con convegni e seminari; la sera la festa si sposterà nei ristoranti, nelle piazze e nei caffè cittadini con incontri letterari e cene a tema. La diversificazione e varietà dei luoghi di svolgimento della manifestazione forniranno a tutto il centro cittadino l'occasione per "mostrarsi" in maniera nuova ed originale rispetto alla consuetudine valorizzando ulteriormente le sue ricchezze: l'immagine di Pisa potrà diventare quella di città culturale per eccellenza, a livello europeo. Gli alunni delle scuole saranno ampiamente coinvolti in questa manifestazione con progetti letterari ed incontri con gli autori di libri per ragazzi. Per informazioni libroidea@festivaldellibro.com.
 
 

Gazzetta di Modena, 20.3.2003
Anticipazioni sulla prossima stagione lirica
Tra Vespri e Chenier la Fanciulla del West

MODENA. La stagione lirica su cui è appena calato il sipario non ha lasciato in verità troppi rimpianti: sotto tono l'avvio con "Il fantasma nella cabina", elitario tocco d'antichità con "Olimpiade", "Tancredi" discutibile, "Ballo in maschera" discusso e finalmente quotazioni in salita con una "Turandot" interessante. Forse per questo la stagione a venire incuriosisce tanto.
[...]
Tutta nuova potrebbe essere la seconda tappa del progetto, avviato quest'anno, di musicare testi di Camilleri, ma un nuovo giallo in musica non entusiasma tutti.
Claudia Paparella
 
 

Il Piccolo, 21.3.2003
Ospite dell’associazione dei siciliani arriva oggi in città il noto fisico diventato anche popolare personaggio televisivo
Zichichi: «La scienza è la mia vita»
Previsto il ricevimento in municipio. Terrà un incontro pubblico all’Auditorium

[...]
Parliamo della sua meravigliosa terra. È più semplice spiegare la teoria della relatività o la natura della Sicilia?
«La teoria della relatività».
Tra il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, il commissario Montalbano di Camilleri o i Malavoglia di Verga in chi si riconosce. O meglio: chi coglie meglio la natura più intima della Sicilia?
«La Sicilia è la zona d’Europa con le più antiche radici di civiltà. Ecco perché non bastano né Verga, né Tomasi, né Camilleri per descrivere la complessità e il fascino delle sue innumerevoli componenti psicologiche e culturali».
[...]
ro. co.
 
 

La Sicilia, 22.3.2003
In Sicilia per visitare i luoghi di Montalbano

Tante grazie Montalbano! A parte le piacevoli serate che hanno incollato al teleschermo milioni d'italiani e gli ascolti che hanno tenuto a galla Mamma Rai, il commissario nato dalla fantasia di Andrea Camilleri pare eserciti uno straordinario potere di seduzione turistica. Numerosi stranieri (o straniere?) in religioso pellegrinaggio visitano i luoghi delle sue gesta, «i luoghi di Montalbano». Come un turista cinefilo in Irlanda non può non recarsi sulla spiaggia della «Figlia di Ryan». Anzi di più, di più. Gli svedesi vengono apposta. Paradossi di un mondo che vive di virtuale, di finzione, la creatura di Andrea Camilleri è entrata nel firmamento del «cult». E passa per un siciliano vero. E - se non bastano le spiagge e i vulcani, i parchi letterari e i monumenti ad incrementare il turismo - ecco arrivare in soccorso - perchè no? - il commissario. Tanto fu avversata «La Piovra» - e proprio in Sicilia - in quanto immagine negativa dell'isola, una Sicilia di mafia e morte, tanto è incensato Montalbano. Montalbano = buon investimento. E alla prima Borsa del turismo euromediterraneo in corso a Palermo, l'assessore regionale Francesco Cascio ha affermato che, a fronte delle richieste del mercato turistico scandinavo (la produzione viene venduta a tv straniere) per visitare i luoghi della fiction, intende chiedere alla Rai di prevedere una nuova serie non escludendo un finanziamento regionale. Investire su una fiction? Purché non si dimentichi la realtà.
 
 

Io Donna, supplemento del Corriere della sera, 22.3.2003
Montalbano, Livia, la svedese (e affettuosamente le altre)
Molte signore girano attorno al commissario. Lo amano e lo confortano. E nel nuovo romanzo lo salvano dalla crisi di mezza età. Il suo inventore, Andrea Camilleri, spiega i contorni di questo vistoso matriarcato.

Alla fine la stangona svedese ce l’ha fatta, la bionda Ingrid, amica di Salvo Montalbano, bellezza nordica trapiantata in Sicilia, ha finora avuto con il commissario un rapporto un po’ equivoco. “Un dire e non dire, un minuetto di avance e ritirate. A un certo punto sembravano cedere, poi a tutti e due veniva da ridere: l’amicizia è una cosa, la passione un’altra” spiega sornione Andrea Camilleri, all’indomani dell’uscita del nuovo romanzo dedicato al commissario più famoso d’Italia (Il giro di boa, Sellerio). Nelle nuove avventure Ingrid ha un ruolo importante. No, non va a letto con Salvo, ma conquista un ruolo da numero due (in borghese) nella complessa indagine che coinvolge un Montalbano molto demotivato. “Il commissario è in crisi, ha superato i cinquant’anni e compie un bilancio della sua vita”. La crisi prende spunto dalla realtà. “Una coda di malinconia che lo amareggia, una riflessione sui fatti del G8 e quelli di Napoli che mettono in dubbio la sua permanenza nella Polizia”. Insomma Montalbano è sull’orlo delle dimissioni, ma l’incontro casuale con un cadavere, mentre nuota nel mare cristallino di Marinella, lo trascina nuovamente in un’indagine serrata. Un frullato di immaginazione e cronaca, fantasia e indagine sociologica dove sprazzi di incalzante attualità (la legge sull’immigrazione “Cozzi-Pini”, il traffico di minori via internet) si mescolano ai consueti, umanissimi, personaggi letterari: Fazio, Augello e l’esilarante Catarella.
In più, le singolari comparse di contorno. E le donne. Tante e di variegato carattere. A cominciare appunto da Ingrid che non fa mistero dell’attrazione per gli uomini e, più presente del solito e come al solito conturbante, scatena la gelosia di Livia. E se la genovese di ferro non risparmierà frecciate e litigi al suo fidanzato, Montalbano, dal canto suo, farà i conti con le “pungicate” di gelosia che gli procura il racconto delle avventure erotiche della disinibita svedese.
Quante bellezze, attorno a ‘sto commissario. Non sarà che un po’ se la crede? Non fosse per l’atletico alter ego Zingaretti, dopotutto Montalbano non è uno statale di mezza età, probabilmente afflitto da pancetta, e vibrante di entusiasmo solo per trigliette allo scoglio e merluzzi bolliti? “Lui ama le donne” lo difende il padre Camilleri. “E ne è riamato. A cominciare da Livia, la fidanzata ufficiale che abita a Boccadasse, in quel di Genova, l’unico luogo che Montalbano “scangerebbe” con Vigata. Anche se questo mi crea qualche imbarazzo. Più di un lettore siciliano mi ha chiesto: ”Picchì, dottore Camilleri, belle picciotte non ce n’erano in Sicilia pè Montalbano?” Effettivamente, picchì dottore? “Perchè Montalbano vuole una donna che gli tenga testa e nella mia mentalità di settantenne, legato ai ricordi di una certa mentalità siciliana, una “straniera” è più indipendente di un’isolana. Naturalmente so bene che oggi non è più così”. Comunque di Livia sappiamo poco: oltre a essersi intrufolata in un terreno di caccia che si presumeva riservato, lavora in un ufficio, ogni tanto salta su un aereo e piomba a Vigata. Stop. “Ma Montalbano sa tutto di lei, vita morte e miracoli (perchè è curioso). Però ci dice solo quello che è indispensabile (perchè è siciliano), il resto lo tiene per sé. Livia rappresenta l’amore, la passione. E’ l’ampio e accogliente bacino di Venere, la madre che dà fiducia, che è impossibile tradire”. Tra i due si è parlato di matirmonio, poi non se ne è fatto nulla. Si lascia così una signora (quasi) sull’altare? “Montalbano ha paura, teme se stesso (o l’abito bianco?). Quando Livia è lontana, la desidera, quando sono insieme, da uomo solitario qual è, teme di vedere sconvolte tutte le sue abitudini.”. Un po’ zitellesco, non toccare le mie cosine, non entrare (troppo) nella mia vita. Insomma che cosa vuole? “Il confronto intellettuale con una donna intelligente”. Che, in cambio, lui riempie di menzogne. “Bugie, non menzogne, piccole scuse per piccolissime mancanze”. Piccolissime? Lei sa che lasciare una donna da sola, a Parigi, la notte di Capodanno (è successo a Livia in Gli arancini di Montalbano) è un movente che qualunque giuria femminile archivierebbe come legittima difesa? “Ma Salvo è un grande conoscitore dell’animo muliebre. Le donne le guarda con attenzione, le studia, soprattutto le ascolta e le capisce. E questo loro lo percepiscono. E poi gli arancini di Adelina indurebbero chiunque in tentazione...”.
Poi dicono delle mamme italiane. Ma a quanto pare i padri letterari, in difesa, danno punti alla più meridionale delle genitrici. Ma veniamo a Ingrid. Diciamo che Montalbano è fedele a un modello di donna nordica perché l’unica con cui tradirebbe Livia è una signora di natali ancor più gelidi. “Ho usato il cliché della svedese in Sicilia, la bionda dalle gambe chilometriche che ogni buon cultore del gallismo brancatiano anela a conquistare. Il cliché però è rovesciato: Dongiovanni non è lui, ma lei. E’ lei che prende l’iniziativa, forse perché spiazzata da un maschio che non agisce secondo lo stereotipo. Mi divertiva il rovesciamento del gioco”. Sarà un gioco, ma Livia è furente. Quanto ancora resisterà quella santa donna? “Poco. Ho ricevuto una cartolina da Boccadasse (sul serio, indirizzata a Salvo Montalbano c/o Andrea Camilleri, quartiere Prati... ). Era “Livia” che metteva sull’avviso il suo uomo: ”Adesso basta” ha scritto. Credo che sia arrivata al limite”.
Passiamo all’amicizia senza implicazioni sentimentali. Montalbano ha una speciale ammirazione per l’anziana maestra Clementina Vasile Cozzo, paralitica, ma “baciata dall’intelligenza”. A lei il commissario è legato come un figlio, le racconta dubbi e incertezze e lei ricambia con osservazioni acute e affettuose. Alla Vasile Cozzo, Montalbano chiede anche collaborazione: qualche telefonata anonima che la donna fa senza battere ciglio. “Come vede il dialogo fluisce a meraviglia: lui capisce le donne e loro capiscono lui” insiste Camilleri. “Anche durante un’indagine difficile, con le signore è più rilassato, perché parlano un linguaggio comune”. Dunque, Montalbano è un curioso delle donne che per questa rispettosa curiosità viene amorevolmente ripagato. “Del resto succede anche a me. Sono un ladro di discorsi: sul tram, al ristorante, ascolto le parole delle donne e poi mi invento situazioni”.
Non attacca mai discorso? “A volte. E vengo ripagato abbndantemente. Molti anni fa fui protagonista di un’esperienza esaltante. Ero poco più che universitario e un giorno vidi seduta al tavolino di un bar un’anziana signora. Doveva essere stata molto bella e mi incuriosì talmente che attaccai il classico bottone, come si può fare con un ragazza. La curiosità fu ripagata; la signora era Angelica Balabanoff, donna politica russa, segretaria della Terza Internazionale, italiana d’adozione ed esponente del Partito socialista. Capirai, poter parlare con lei della scissione di Palazzo Barberini, avere informazioni di prima mano su Mussolini giornalista dell’Avanti...”.
Nel parterre femminile rimangono Adelina la cuoca e Beba, l’attrice fidanzata con Mimì Augello. “Adelina per Livia è incomprensibile, comunicano tramite bigliettini, scritti nell’italiano oscuro di Adelina, simile a quello di Catarella. Il fatto poi che mantengano ottimi rapporti anche dopo l’arresto da parte del commissario dei due figli delinquenti di lei, è un’enormità per la genovese. Ma è un gioco delle parti e ciascuno rispetta il suo ruolo: in fondo Adelina è la Sicilia, con tutte le sue contraddizioni ma legata a un codice preciso che regola i rapporti”. Beba, invece, per un attimo sembrava poter minacciare Livia. “Sì, ma poi Montalbano la presenta a Mimì Augello. Quando vanno insieme al ristorante, nella Gita a Tindari, scopre la consonanza di gusti. “Io sono già occupato” sembra dire “ma c’è il mio migliore vice”. Intuisce l’affinità che può esserci tra i due, tanto è vero che nel nuovo romanzo Mimì e Beba sono sposati e aspettano un bambino. “Insomma, alla fine Montalbano ha messo su famiglia. Non la sua, ma quella di Augello. Così, per transfert, si sente realizzato”.
Maria Grazia Ligato
 
 

La Padania, 22.3.2003
Polemica anti-leghista nell'ultimo giallo di Andrea Camilleri
Cozzi-Pini, Montalbano indaga contro la legge sugli immigrati

Extracomunitari vittime? Sì, prima di tutto della nuova legge: repressiva e per di più inutile, visto che il fenomeno non è comunque arginabile. Parola di Andrea Camilleri nel suo ultimo giallo con il commissario Montalbano come protagonista, Il giro di boa, appena uscito in libreria.
Montalbano lo scopriamo invecchiato, nel fisico e nell’intuito professionale: ma se si tratta di energia polemica da spendere contro il governo di centrodestra, allora il discorso cambia. Nei precedenti romanzi la politica entrava, eccome: ma nella forma di amare valutazioni sull’immobilismo (leggi Dc), sul gattopardesco costume di cambiare perché nulla cambi (leggi sinistra e progressisti assortiti), sulle coperture e connivenze a vantaggio della mafia (leggi tutta la vecchia, solita classe dirigente).
Se invece si tratta del Kulturkampf contro la maggioranza scelta dagli italiani nel maggio 2001, Camilleri abbandona il coté storico-filosofico e si getta a capofitto sull’attualità: cominciando da nome e cognome dei responsabili, cioè da Bossi e Fini, trasformati - ma che fantasia! - in Cozzi e Pini. Ma leggiamo direttamente alle pagine 66-67: «Ecco: quella gente che arrivava da tutte le parti più povere e devastate del mondo aveva in sé tanta forza, tanta disperazione da far girare i cardini della storia in senso contrario. Con buona pace di Cozzi, Pini, Falpalà e soci. I quali erano causa ed effetto di un mondo fatto di terroristi che ammazzavano tremila americani in un botto solo, di americani che consideravano centinara e centinara di morti civili come “effetti collaterali” dei loro bombardamenti, di automobilisti che scrafazzavano pirsone e non si fermavano a soccorrerle, di matri che ammazzavano i figli in culla senza un pirchì, di figli che scannavano matri, patri, fratelli e sorelle per soldi, di bilanci falsi che a norma di nuove regole non erano da considerarsi falsi, di gente che avrebbe dovuto da anni trovarsi in galera e invece non solo era libera, ma faciva e dettava liggi».
Capito? Altro che clandestini: qui è il Male del mondo, nella sua accezione metafisica, a trovare un colpevole. Senza bisogno di indagini, né di testimonianze, né di prove. Il commissario è anche legislatore e giudice. E, di fronte a simili crimini, quale condanna se non alla massima pena? Con l’aggravante - ne siamo sicuri - del pubblico ludibrio, quando anche questa puntata della saga di Camilleri approderà sul piccolo schermo, a onta dei nuovi “razzisti” Cozzi e Pini.
Roberto Brusadelli
 
 

Il Messaggero, 22.3.2003
Abruzzo
«Pronto De Simone? Il commissario Montalbano sono»

«Dottore De Simone, il commissario Montalbano sono...». Sarebbe andata più o meno così se davvero, assecondando l'eterno sogno di molti scrittori, i personaggi della letteratura avessero vita propria. Immaginate la scena. Alla Questura di Pescara squilla il telefono e il capo della Mobile trova all'altro capo del filo il leggendario collega di Vigata, il quale, dopo due convenevoli sbrigativi, confessa in tono complice, di dovergli "spiare" ovvero chiedere, qualche informazione riservata. In realtà non è andata proprio così, nel senso che Salvo Montalbano non ha abbandonato la sua dorata prigione di carta, ma sono stati gli uomini della Questura di Pescara a fare il percorso inverso e trovarsi immortalati nel mondo della letteratura dal campione indiscusso del noir all'italiana.
Da qualche giorno infatti è in libreria "Il giro di boa", il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, settimo della serie del commissario Montalbano. Un libro che riprende un tema caro allo scrittore siciliano: l'immigrazione clandestina. Montalbano cerca di trovare il filo conduttore per unire due casi solo apparentemente distanti: l'identificazione di un cadavere riemerso in mare, e l'uccisione di un piccolo extracomunitario che, dopo lo sbarco da una nave di clandestini, cerca disperatamente di fuggire, non si capisce da cosa.
Ad aprire gli occhi a Montalbano sul terribile racket del traffico di bambini è un giornalista free lance, Sozio Melato, che gli parla della recente operazione nel corso della quale la Questura di Pescara ha tratto in arresto i coniugi albanesi Petalli. Dietro presunti ricongiungimenti familiari, spiega il giornalista, vengono introdotti in Italia bambini dei quali spesso si perdono le tracce e che, nella peggiore delle ipotesi, finiscono vittime di pedofili o trafficanti di organi o, nel migliore dei casi, costretti all'accattonaggio.
Eccolì lì, dunque, i poliziotti pescaresi, catapultati a loro insaputa in vetta alle classifiche di vendita. Oddio, a nessuno cambierà la vita, né renderà meno dura la routine di tutti i giorni, ma in fondo deve fare un bell'effetto. Certo, la foto sul giornale fa piacere, specie se il profilo è quello giusto. Certo, anche l'inquadratura in un tg non si butta mai via. Ma un libro è un'altra cosa. E' un piccolissimo pezzo di eternità. E' la gioia di pensare che tra un secolo, qualcuno sfoglierà quel romanzo e si ricorderà di te. Insomma, se da stamattina vedrete una Volante parcheggiata davanti alla vostra libreria, non abbiate paura. Non è successo niente. E' solo un cliente in più...
Pierpaolo Marchetti
 
 

Liberazione, 23.3.2003
Saramago, Camilleri e Montalban a Roma

Si intitola "Scrittori e critici a confronto", il convegno organizzato dal dipartimento di Letterature comparate dell'Università di Roma Tre che, domani e dopodomani, vedrà riuniti tre grandi nomi della letteratura contemporanea. L'iniziativa apre nella mattina di domani (nell'aula magna del rettorato, via Ostiense 159) con il saluto delle autorità e l'incontro tra Giulia Lanciani - curatrice del convegno - Sergio Campailla e José Saramago che esporrà una relazione sul tema dell'allegoria come genere e come necessità. Si riprende nel pomeriggio con Piero Boitani, Nino Borsellino e Andrea Camilleri ("Difesa di un colore"). La chiusura è prevista martedì mattina con Arturo Mazzarella e la lezione di Manuel Vasquez Montalban su "Tutte le memorie in letteratura". Segue alla fine un incontro degli scrittori con gli studenti.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.3.2003
La manifestazione ha celebrato il centenario dalla nascita di Simenon. E il commissario di Vigata è stato accostato a Maigret
"Montalbano, je suis" e Parigi è conquistata
Successo di Camilleri al Salone del libro

PARIGI - La «pelata» di Luca Zingaretti non ha raggiunto lo stesso share dell´Italia, ma di certo i francesi si sono innamorati lo stesso del commissario di Vigatà (qui l´accento è d´obbligo) e della sua sgangherata squadra di poliziotti capace di risolvere i gialli anche più intricati. Del resto già da qualche anno i romanzi di Andrea Camilleri, quelli nei quali il protagonista è proprio il commissario Montalbano, sono in testa alle classifiche di vendita anche a Parigi e dintorni e la fiction televisiva, come dalle nostre parti, non ha fatto altro che avvicinare il grande pubblico alla fortunata «invenzione» dello scrittore siciliano. Non è un caso, dunque, che uno degli stand più ammirati al ventitreesimo Salone del libro sia proprio quello di "Le Fleuve Noir", la casa editrice che pubblica i gialli di Montalbano con la singolare traduzione di Serge Quadruppani.
Singolare, perché non è affatto facile rendere comprensibile - e al tempo stesso apprezzabile - il tipico slang del commissario e l´italiano sicilianizzato che ha reso celebre Andrea Camilleri. «Per mesi ho studiato un metodo di lavoro - racconta Quadruppani - ma alla fine ce l´ho fatta. Una buona parte del successo di Camilleri è dovuta proprio al suo particolare linguaggio: renderne il "gusto" in un´altra lingua è una faccenda delicata. Io lavoro su tre livelli: quello dell´italiano ufficiale, quello del dialetto puro e quello, il più complicato, dell´italiano sicilianizzato, nel quale l´autore utilizza termini che non rientrano nemmeno nel dialetto ma addirittura nella parlata paesana. Del resto - continua il traduttore francese - la lingua di Camilleri non è la semplice trascrizione di un idioma fatta da un linguista ma la creazione personale di uno scrittore. E così, per rendere al meglio l´italiano sicilianizzato ho usato in certe occasioni il francese del Sud. Magari qualche volta ho anche utilizzato dei tempi sbagliati per la lingua transalpina, ma l´effetto non è stato disprezzabile. Solo una frase - conclude Quadruppani - non me la sono proprio sentita di tradurla. È troppo bella, troppo siciliana, per osare metterci le mani. E così il "Montalbano sono" è rimasto "Montalbano, je suis". L´avessi modificata, Camilleri forse non me l´avrebbe mai perdonato...».
E che il risultato finale sia eccellente lo dimostrano le circa 35 mila copie di media che ogni titolo della saga di Vigata ha venduto in Francia. Dal '98 Quadruppani ha tradotto, con l´ausilio di una consulente siciliana, Maruzza Loria, tutte le avventure di Salvo e compagni: "La forme de l´eau" (La forma dell´acqua), "Chien de faience" (Il cane di terracotta), "Un mois avec Montalbano" (Un mese con Montalbano), "Le vouler de gouter" (Il ladro di merendine), "Le voix du violon" (La voce del violino), "L´excursion à Tindari" (La gita a Tindari), "Le demìssion de Montalbano" (La paura di Montalbano) e "L´odeur de la nuit" (L´odore della notte). Manca solo "Il giro di boa", l´ultimo giallo che Sellerio ha pubblicato da poco più di una settimana in Italia e che è già in testa alle classifiche di vendita.
Al Salone del libro di Parigi, però, tra i libri più gettonati ci sono anche i romanzi di Camilleri, quelli nei quali le storie si svolgono sempre a Vigata ma il commissario Montalbano non c´entra nulla. Li ha tradotti Dominque Vittuz per la casa editrice Fayard: il più letto è "Le roi Zosimo", che da noi si intitola "Il re di Girgenti". Ma vanno forte anche "La concession du téléphon", "La saison de la chasse" (con "Il cacciatore" di Botero in copertina) e "Un filet de fumée". E siccome Camilleri è uno scrittore molto ambito, i diritti per altri due romanzi ("La strage dimenticata" e "La bolla di componenda") sono andati a Le Promeneur, mentre "Le jeu de la mouche" (Il gioco della mosca) è andato alla collana tascabile Mille et une nuits. La Metailie, infine, ha pubblicato "L´opera de Vigata" (Il birraio di Preston), "Le coupe du cavalier" (La mossa del cavallo) e "Le desparition de Judas" (La scomparsa di Patò). Come dire che Andrea Camilleri, in questa ventitreesima edizione del Salone del libro di Parigi, è sicuramente uno degli autori più presenti negli stand.
Doveva esserci anche lui in carne e ossa, ma una fastidiosa influenza lo ha bloccato a Roma. Doveva esserci per presentare l´ultima fatica letteraria, "Teatro", scritta con il regista Giuseppe Dipasquale e pubblicata da Arnaldo Lombardi. Si tratta dei copioni di tre rappresentazioni scritte dall´autore di Porto Empedocle e portate in scena proprio dal regista siciliano: "Il birraio di Preston", "Troppo trafficu ppi nenti", rivisitazione siciliana dello scespiriano "Molto rumore per nulla", e "La cattura" tratta da una novella di Pirandello. «Peccato che Andrea non sia potuto venire - dice l´editore Arnaldo Lombardi - a questo punto la presentazione è rinviata di un mese quando saremo al Salone del libro di Torino». Per l´infaticabile scrittore siciliano, però, gli impegni non mancano. Il prossimo progetto lo porterà nelle scuole con un video-libro dal titolo "Il cantore di Vigata" nel quale racconterà la sua Sicilia, quella dei suoi personaggi ma anche quella della sua infanzia. L´appuntamento è fissato subito dopo l´estate.
Il successo parigino di Camilleri non poteva cadere in un´edizione del Salone del Libro più propizia di questa che celebra il centenario della nascita di George Simenon. Una curiosa coincidenza visto che in Francia sono tanti a paragonare il commissario Montalbano al celebre Maigret. E, tanto per confermare il «gemellaggio», nel giorno dell´inaugurazione del Salone alcuni attori nei tipici costumi di inizio secolo, hanno posato davanti allo stand di "Le Fleuve Noir" tendendo in mano i gialli di Simenon e quelli di Camilleri. Il Salone del libro chiuderà i battenti mercoledì.
Lucio Luca
 
 

Corriere della sera, 23.3.2003
Nel nuovo romanzo di Camilleri critiche alla legge sull’immigrazione ribattezzata “Cozzi-Pini”
Montalbano contro la Bossi-Fini, la Lega s'infuria

Montalbano contro la Bossi-Fini? A leggere le pagine da 64 a 67 del nuovo romanzo di Camilleri (Il giro di boa, Sellerio), parrebbe di sì. E “la Padania”, organo della Lega s’infuria.
Nel passo, una barca d’immigrati clandestini si schianta sugli scogli. Almeno quindici muoiono. Una tv locale esalta la “legge Cozzi-Pini, recentemente varata dal nostro governo” che è, “checchè ne dica l’opposizione, l’unico, vero baluardo all’invasione”.
Montalbano sbotta: “Si illudevano di fermare una migrazione epocale con provvedimenti di polizia e con decreti legge”.
Non è difficile vedere una critica alla legge sul’immigrazione, la Bossi-Fini, diventata, appunto, Cozzi-Pini. Così, in prima pagina, la Padania di ieri: ”Contro la maggioranza scelta dagli italiani nel maggio 2001, Camilleri abbandona il cotè storico-filosofico e si getta a capofitto sull’attualità: cominciando da nome e cognome dei responsabili, cioè da Bossi e Fini, trasformati - ma che fantasia! - in Cozzi e Pini”.
Montalbano mischia di tutto e vede nella “Cozzi-Pini” “causa ed effetto di un mondo fatto di terroristi che ammazzavano tremila americani in un botto solo, di americani che consideravano centinara e centinara di morti civili come “effetti collaterali” dei loro bombardamenti, di automobilisti che scrafazzavano pirsone e non si fermavano a soccorrerle, di matri che ammazzavano i figli in culla senza un pirchì, di figli che scannavano matri, patri, fratelli, e sorelle per soldi, di bilanci falsi che a norma di nuove regole non erano da considerare falsi, di gente che avrebbe dovuto da anni trovarsi in galera e invece non solo era libera, ma faciva e dettava liggi”.
La Padania ironizza: ”Altro che clandestini: qui è il Male del mondo, nella sua accezione metafisica, a trovare un colpevole”. E se la Lega insiste perché in Rai non si senta solo l’accento siciliano del commissario (interpretato in tv da Luca Zingaretti), il giornale del partito scommette che “anche questa puntata della saga di Camilleri approderà sul piccolo schermo, a onta dei nuovi “razzisti” Cozzi e Pini.
Damiano Fedeli
 
 

Il Gazzettino, 23.3.2003
Montalbano sempre più in crisi.

Montalbano sempre più in crisi. D'altronde ci aveva avvisato Camilleri, che dopo l'avvento di Berlusconi, il suo personaggio non sarebbe stato più lo stesso... Ed è così che finzione e stato d'animo dello scrittore siciliano collimano pienamente nel suo ultimo libro fresco di stampa per Sellerio: "Il giro di boa", in cui troviamo il commissario Montalbano alle prese con un il cadavere di un clandestino immigrato, un caso semplice all'apparenza, ma che nasconde losche trame politiche e collegamenti con fatti di violenza accaduti a Vigàta e ancora irrisolti.
[...]
Lorenza Stroppa
 
 

RomaOne, 24.3.2003
Camilleri: "Impotenti di fronte alla guerra"
A RomaOne lo scrittore siciliano, "padre" del commissario Montalbano. "Un conflitto deciso dai potenti". Poi l'invito alla gente affinché "continui a manifestare per la pace e a scendere nelle piazze"

Siamo al quinto giorno di guerra. Mentre la tv del Qatar, 'Al Jazeera', combatte il suo conflitto mediatico diffondendo le immagini dei marines catturati, prosegue la marcia difficoltosa degli alleati verso Baghdad. Lo scrittore Andrea Camilleri, intervenuto al convegno "Scrittori e critici a confronto" che si è tenuto all'Università Roma Tre, si è soffermato a parlare con noi del difficile momento che sta vivendo la nostra storia e il "padre" del celebre personaggio del commissario Montalbano, non ha nascosto tutto il suo dissenso per un conflitto a cui non sa dare una spiegazione.
"La situazione è disperante per la nostra impotenza - ha detto Camilleri - Siamo scesi nelle piazze e dobbiamo continuare a farlo per dimostrare la nostra volontà di pace che verrà continuamente disattesa. Ci sono delle nazione nelle quali la popolazione è contraria a questa guerra per il novanta per cento, eppure i capi di stato intervengono. Allora c'è da chiedersi cosa c'è sotto a questa cosa. Uno come Tony Blair rischiava di vedersi cadere, e credo che sia la cosa peggiore per un uomo politico. Allora che cos'è questa storia? Non riesco a darmi una risposta."
Montalbano nei momenti di sconforto si rifugia nella lettura, in questo momento potrebbe essere un rimedio?
"Il mio personaggio ha la fortuna di avere la curiosità di leggere, che però non fa di lui una persona colta. Ma in questo caso non credo che ci si debba rifugiare in qualcosa per cercare di evadere dalla realtà, ma piuttosto bisogna starci dentro altrimenti si rischia di chiudersi in una torre d'avorio e non sarebbe giusto. Bisogna essere presenti il più possibile."
Questa è una guerra che è diventata anche mediatica. Che ne pensa?
"Gli americani hanno trovato indecente la visione dei loro prigionieri. Ma perché non abbiamo visto anche i prigionieri iracheni e quelli non erano indecenti? Allora è indecente per tutti, perché ad essere indecente è la guerra. Qualsiasi visione, anche quella dei bombardamenti, che fa alto gradimento come hanno scritto alcuni giornali, è indecente allo stesso modo. Però bisogna vederle queste cose, bisogna diffonderle perché oggi con la televisione ci siamo dentro."
Giovanni Manfroni
 
 

La Sicilia, 24.3.2003
Dai libri di Camilleri
«A Porto Empedocle la fiction Rai»

Il commissario Montalbano meglio dei Templi della Concordia per propagandare la Sicilia nel mondo. Lo hanno capito anche nei palazzi della politica regionale. Dopo l'intervento dell'assessore al Turismo Francesco Cascio - pronto a chiedere alla Rai di proseguire nelle riprese della serie televisiva sul personaggio «figlio» di Andrea Camilleri, utilizzando nuovi set - non è tardata ad arrivare la posizione di un politico che a Vigata ha vissuto con la famiglia: l'assessore regionale alla cooperazione e pesca Michele Cimino.
«Anche io chiederò alla televisione di stato di sfruttare altre ambientazioni per la realizzazione di nuove puntate, in primis la provincia di Agrigento e la vera Vigata, quella che oggi è Porto Empedocle». Una prospettiva sulla quale Andrea Camilleri ha recentemente affermato di essere perplesso perché la «Marinella» raccontata nelle storie di Montalbano non aveva il cemento di quella di oggi. «E' anche vero però - ha sottolineato l'assessore Michele Cimino - che le nuove storie raccontate dal mio concittadino non sono più ambientate in una città del passato, ma possono essere trasposte in una realtà moderna che potrebbe essere anche la Porto Empedocle di oggi. E' necessario propagandare il meglio della nostra terra, sfruttando uno dei simboli migliori e più apprezzati nel mondo». Sul Montalbano testimonial della Sicilia è solo di ieri l'intervento dell'altro assessore regionale, quello ai Beni Culturali Fabio Granata, il quale ha ricordato a tutti di essere stato il primo ad associare al nome del commissario quello della Sicilia che brilla nel mondo per fantasia, arte e onestà.
Tre assessori regionali siciliani che pressano con vigore coloro i quali gestiscono la sala dei bottoni della Rai, motivando le loro intenzioni con un maxi finanziamento di quattromila euro, sfruttando i contributi di Agenda 2000. Soldi che anche a Porto Empedocle e in altri comuni della provincia di Agrigento avrebbero una voglia matta di vedere per sfruttare per valorizzare le proprie bellezze, grazie al commissario Montalbano.
Francesco Di Mare
 
 

Gazzetta del Sud, 24.3.2003
Le città del Val di Noto, patrimonio dell'Unesco, protagoniste al Salone del Libro
Parigi scopre i tesori siciliani
L'Isola rappresentata anche dalle opere di Andrea Camilleri

Il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 13 giugno, in concomitanza con l'arrivo da Atene nel museo archeologico di Siracusa dell'elmo di Gerone, sarà in Sicilia per una approfondita visita ai tesori barocchi del Sud-Est. Lo ha preannunciato l'assessore regionale dei Beni Culturali Fabio Granata inaugurando lo stand della Sicilia al Salone del Libro di Parigi, che si concluderà il 26 marzo. La cerimonia è stata aperta dallo stilista Pierre Cardin, che ha sostituito all'ultimo minuto l'attrice Carol Bouquet, bloccata da una influenza. Il celebre sarto, dopo la presentazione a Catania del suo musical «Chez Maxime», in estate approderà nel teatro greco di Siracusa con altre due produzioni, «Dalì Follies» e «Tristano e Isotta». Sono stati il «Distretto del Sud-Est» e, in particolare, il Val di Noto, lo scorso 25 gennaio ufficialmente inserito dall'Unesco nella lista del Patrimonio dell'Umanità, a essere «esportati» nella capitale francese. Lo spazio che ospita la Sicilia è illustrato con una trentina di foto tratte dal libro di Lucia Trigilia «La Valle del Barocco. Le città siciliane del Val di Noto. Patrimonio dell'Unesco» (Mario Ciancio Sanfilippo Editore): una panoramica sui più bei monumenti barocchi delle otto città del Val di Noto (Catania, Caltagirone, Noto, Palazzolo Acreide, Modica, Scicli, Ragusa). Il progetto nasce in sinergia con la Camera di Commercio italiana per la Francia e con gli «Editori del sole», anche quest' anno, dopo i successi delle passate edizioni, presenti a Parigi con i loro libri. «Lo stand – dice l'assessore ai Beni Culturali, Fabio Granata – parla la lingua di Andrea Camilleri e delle memorie legate all'attività letteraria dello scrittore, nella quale il Sud-Est e il Val di Noto, zona strategica che sta dando i suoi frutti e che merita la doc, sono parte fondante sia nelle pagine scritte sia nella riduzione televisiva». Un settore dell'area Sicilia è dedicato proprio ai romanzi di Camilleri editi da Sellerio. «Presentare la Sicilia e le sue differenziate intestazioni culturali al Salone del libro – aggiunge Granata – significa fare entrare l'isola in una dinamica di promozione mass-mediatica ed editoriale utile al rilancio di quelle potenzialità innegabili e da tutti riconosciute che, nel caso della nostra regione, si chiamano mito e arte, filosofia e tradizione, scienza e memoria delle pietre. La nostra presenza a Parigi, però, riveste anche i connotati del progetto Sud-Est, modello di sviluppo economico isolano da far conoscere e apprezzare oltre ai confini italiani, e del recupero alla fruizione di musei e aree archeologiche in un sistema di beni culturali al passo con i tempi». Ogni titolo della saga di Montalbano, edito in Francia da «Le Fleuve Noir», ha venduto oltralpe circa 35.000 copie e tutti, anche quelli sul mercato ormai da quattro anni, continuano a essere regolarmente richiesti. Insomma oggi il commissario di Vigata ha decine di migliaia di fans francesi. Quali le difficoltà nel tradurre il linguaggio di Andrea Camilleri? Ne parla Serge Quadruppani, traduttore dello scrittore di Porto Empedocle. «Una buona parte del successo di Camilleri – dice – è dovuta al suo linguaggio particolare: renderne il “gusto” originale in un'altra lingua è una faccenda delicata. Lo lavoro su tre livelli: quello dell'italiano ufficiale, quello del dialetto puro e quello – il più complicato – dell'italiano sicilianizzato, in cui l'autore utilizza termini che non rientrano nel dialetto puro ma nei regionalismi». Secondo il traduttore, «la lingua di Camilleri non è la semplice trascrizione di un idioma fatta da un linguista, ma la creazione personale di uno scrittore. Proprio per rendere meglio l' italiano sicilianizzato, ho usato in certe occasioni il francese del sud; ho preferito tradurre in maniera letterale quando si è trattato di rendere percepibili particolari costruzioni di frasi: “Montalbano, sono” rimane “Montalbano, je suis”». In altre situazioni – osserva Quadruppani – si è trattato di scegliere una soluzione linguistica magari discutibile, che però a me è sembrata la più adatta. Il risultato non è forse un “buon francese”, ma alla fluidità preferisco il tentativo di rendere al meglio la lingua degli autori».
Jean Cantona
 
 

Dagbladet.no, 24.3.2003
Fargerik korrupsjon
BOKFAKTA. Andrea Camilleri, "Slik vann tar form", Gyldendal
Uanstrengt krim fra Sicilia.
BOK: Italieneren Andrea Camilleri er født og oppvokst på Sicilia, den beryktede øya hvor alle amerikanske mafiamenn kommer fra. I Camilleris verden er heller ikke Sicilia noe perfekt sted, men garantert fargerikt!

Helten i Camilleris krimbøker er inspektør Montalbano, en uredd etterforsker som med en lettere oppgitt humor går løs på saker som politikere, dommere, presteskap og andre maktpersoner mener han bør la ligge i fred. I romanen med den vakre tittelen «Slik vann tar form» handler det om dødsfallet til en prominent politiker, som blir funnet med buksene nede i bilen, på ei strand beryktet for horetrafikk i alle varianter. Alle puster lettet ut når dødsårsaken viser seg å være hjerteinfarkt. Unntaket er Montalbano, som insisterer på å fortsette etterforskningen, som han sier, «i den hensikt å avskjære i fødselen enhver ondsinnet spekulasjon om et mulig forsett hos politiet om ikke å belyse sakens enkeltheter og henlegge den uten tilbørlige verifiseringer. Ikke noe annet».
En talefør mann, med andre ord, og det trengs. For presset fra det korrupte samfunnet rundt ham er stort, og han må seile varsomt i et farvann hvor alle, fra halliker til politikerfruer, har noe å skjule. Camilleri skriver med både innlevelse og uanstrengt humor, som hjelper til i fordøyelsen av det til dels alvorlige stoffet. Boka er friskt oversatt av Jon Rognlien, som også har bidratt med utdypende for- og etterord. Og for å få med det også, «Slik vann tar form» er forbilledlig kort med sine 170 sider.
Kurt Hanssen
 
 

25.3.2003
La Lega e Montalbano

La Lega stamattina aveva uno stand a Milano in Viale Famagosta. C'era un'immagine di Zingaretti-Montalbano con sotto la scritta "NON abbiamo bisogno di lui".
CFC
 
 

l'Unità, 25.3.2003
Montalbano sono. O non sono?

“La Bossi-Fini è una legge che ha creato e sta creando gravi problemi, penso ai drammi ed alle tragedie che si consumano nel Mediterraneo. E' una legge da criticare, una legge sbagliata. Il mio romanzo, più di altri in precedenza, si ispira alla realtà: una triste realtà, fatta di episodi spiacevoli, di naufraghi morti, che pongono problemi di coscienza alla nostra civiltà”. Andrea Camilleri inizia il dialogo con l'Unità, affrontando un tema di grande attualità, che costituisce il nucleo centrale del suo ultimo romanzo Il giro di boa (Sellerio, pagine 270, euro 10,00). Un argomento, che con la crisi del Medioriente ripropone la questione dell'immigrazione ed il dramma dei profughi nel Sud del Mediterraneo. Camilleri racconta con il suo stile ironico: “Quando nel romanzo cito un onorevole, Cenzo Falpalà, che sostiene che queste morti confermano la validità della legge Cozzi-Pini una parte dei lettori potrebbe pensare che questa frase l'ho inventata di sana pianta. Ed invece, anche se può apparire paradossale, non è così. Vi è un deputato nazionale del centro-destra che l'ha pronunciata realmente. Mi sono premurato in appendice di mettere le fonti giornalistiche, dalle quali il mio romanzo prende spunto, e si tratta di autorevoli quotidiani e settimanali, di orientamento politico diverso. Ho ritenuto giusto farlo, perché il mio romanzo è nato da quelle inchieste giornalistiche. Ed è uno dei miei libri con più addentellati alla realtà che viviamo”.
Si attirerà nuove critiche...
Hanno già cominciato. Ho letto in una recensione: “non si metta a fare politica come Di Pietro”. Ebbene questa non è una recensione letteraria, è una malevolenza. Sia chiaro, Montalbano non farà un movimento politico, è un cittadino come tanti altri, che critica in maniera civile e democratica le leggi che non ritiene giuste. Si pone in una posizione dialettica, che è indispensabile per il funzionamento della democrazia. Insomma, ma perché in Italia, appena uno dice una cosa diversa rispetto alla linea del governo, viene visto come un ribelle? Ognuno è libero di esprimere le sue critiche e bisogna avere rispetto delle posizioni degli altri.
Ci sono giornalisti che sostengono che Camilleri farebbe bene a non parlare o scrivere di politica...
Non dovrei occuparmene. Il perché non lo so, lo hanno stabilito loro. Dovrei invece occuparmi di scrivere di più della svedese, un personaggio dei romanzi incentrati su Montalbano. Questo perché partono da un punto di vista partitico, riduttivo e limitato.
Questo modo di ragionare è sbagliato. Non si sono resi conto che fin dal primo libro con Montalbano, La forma dell'acqua, il commissario non è d'accordo con alcune leggi del governo in carica. Ed è in quel periodo al potere vi era il centro-sinistra.
Montalbano è un libero cittadino, che ha idee progressiste, ma ragiona con la sua testa. E reagisce umanamente e civilmente ad alcune cose. Non si fa ingabbiare in schematismi, lo ribadisco è un uomo libero. Nel Giro di boa il commissario ha un incontro con un vicequestore che svolge bene il suo lavoro, fa rispettare le leggi del governo in carica. Il vicequestore nutre simpatia per il governo in carica, (di centro-destra), ma ne critica alcune leggi. Le fa rispettare, pur non apprezzandole. E' la democrazia, che implica la libertà di coscienza.
Spesso, in Italia, prevale il motto “o sei con me, o contro di me”!
E' un estremismo che non condivido, è una radicalizzazione degli estremi che non mi piace, che non porta da nessuna parte.
Bisogna ragionare con indipendenza di giudizio. Il rispetto per l'altro va oltre le parti politiche. In un mio romanzo precedente, vi è un personaggio di fede fascista, i cui comportamenti sono però adamantini, cristallini. Verso quel galantuomo, di grande onestà, Montalbano nutre sentimenti di stima e di rispetto. Se noi seguiamo esclusivamente le sigle partitiche rischiamo di non capire bene il senso autentico delle cose. Rifiuto una lettura partitica del mio libro, dei miei libri, non è questa la chiave per capire il testo. Si rischia di non comprendere nulla, della letteratura, della realtà.
Come è nata l'idea de “Il giro di boa”?
Stavo facendo zapping in tv a tarda sera, ed ho visto due barche a vela che gareggiavano: una di queste gira la boa, l'altra invece continua ad andare dritta, e punta una barca con sopra i giurati. Finisce per colpirla e tutti finiscono in mare, ma vengono salvati. Quella barca che andava dritta, ed invece doveva girare mi incuriosì. Ed ancor di più, attirò la mia attenzione, il commento dello speaker, che spiegò che la barca era ingovernabile, il timone non rispondeva ai comandi. In un certo qual modo è quello che accade a Montalbano ne Il giro di boa.
Questo “nuovo” Montalbano è in crisi d'identità?
Dopo il G8 Montalbano entra in crisi, una crisi già annunciata, ma ora divenuta esplicita. Il commissario si chiede come è stato possibile, che dei poliziotti come lui, abbiamo potuto falsificare delle prove incastrando degli innocenti. Una cosa assurda, che lo fa ricredere sul suo mestiere. Montalbano si chiede come il male abbia potuto penetrare così a fondo nella polizia. Questo lo turba. Ma la paura che prima gli impediva di fare i conti con se stesso, di scandagliare in profondità la sua anima, adesso si scioglie. Il commissario si guarda allo specchio e decide che lui non ci sta. Giunge sino a scrivere una lettera di dimissioni. Il primo capitolo del romanzo è tutto incentrato su questa analisi interiore. Montalbano, come fa spesso, appena alzatosi all'alba, decide di farsi un bagno. Va al largo, ma mentre nuota sente una sensazione di stanchezza, non trova più le forze per tornare a riva. A quel punto non ha altra scelta, si mette a fare il morto. Mentre le onde lo riportano a riva, si imbatte però in un morto vero. Il commissario porta in riva il cadavere ed esce nudo dall'acqua, proprio mentre una coppia di vecchietti si trova sulla spiaggia e lo scambia per un assassino. Ne nasce “un burdello”, perché il vecchio esce con un pistolone e spara al commissario, sbagliandolo di 20 metri. Un casino, al quale pongono rimedio i collaboratori del commissario, in un turbinio di eventi divertenti e paradossali.
Riflessioni su temi di grande attualità, all'interno di una struttura narrativa nella quale prevale lo stile ironico.
Lo stile è quello ironico, che caratterizza i miei scritti. Ma nel romanzo vi sono temi gravi, importanti. Montalbano si trova al porto mentre è in corso uno sbarco di clandestini, ed accade un fatto strano. Un bambino scende dalla nave e scappa. Il commissario lo insegue e quando lo raggiunge, lo trova impaurito con le mani alzate. Montalbano rimane profondamente colpito da quel gesto, ed inorridisce pensando a quali violenze atroci il bimbo ha assistito. Quando lo riporta dalla madre accade un altro fatto strano. La madre correndogli incontro cade e si rompe una gamba, o almeno così fa credere, ma il bambino non le va incontro. Il commissario in un primo momento pensa che il piccolo agisca così perché impaurito. Ma più avanti Livia gli fa notare che un bambino in preda al panico, se ha la madre vicino, si aggrappa alla sua gonna con tutte le forze.
Il punto è che la donna non è la madre del bambino, e Montalbano si trova nel mezzo di una orrida tratta degli schiavi, i suoi avversari sono degli schifosi mercanti di bambini.
Che rapporto c'è, in questo romanzo, tra letteratura ed attualità?
Un libro legato all'attualità, non intesa nel senso di politica del giorno d'oggi, ma come una dimensione complessa, che riguarda la nostra società, il nostro modo di vivere, vorrei dire le grandi questione etiche. Nel romanzo Montalbano si pone problemi di coscienza, che non possono essere ridotti a questioni politiche di parte, si tratterebbe di limitazioni inutili, ingiuste.
La struttura dei suoi romanzi prende qualcosa dal cinema?
In realtà, scrivo i capitoli dei miei libri in sequenza. Non so se qualcuno dei critici, spesso attenti ad altro, l'ha mai notato; ma la lunghezza dei capitoli dei miei romanzi è sempre uguale. Questo è essenziale per l'armonia interna del testo, per il ritmo e per la cadenza. Ed ancora, vi è un altro elemento tipico della tecnica cinematografica: nella serie dei miei romanzi su Montalbano, la prima scena è sempre in soggettiva, tranne che ne La forma dell'acqua.
In tema di polemiche, ve ne è una che è rimbalzata dai giornali (“l'Unità”, “Il Sole 24 Ore”) alla rete. Lo scrittore
Vincenzo Consolo, ha definito il giallo un genere letterario perfettamente integrato nel sistema capitalistico. Che ne
pensa?
Una dichiarazione degna di Stanov [Zdanov?, NdCFC]. Pensavo che queste cose fossero morte e sepolte. In realtà, il giallo non è ammesso proprio nella società diverse da quelle capitalistiche, perché scopre uno squarcio di esse. In questo sono d'accordo con Consolo, il giallo scopre le lacerazioni della società, ma questo accade solo nelle società libere. Mi spiego meglio: il genere giallo non esiste nei sistemi dittatoriali, e così è stato in tutto il Novecento. Perché la società chiuse, preferiscono che non si manifesti la divisione, la lacerazione, quello che non va. Il giallo è invece espressione delle società libere, che comunque sono una cosa ben diversa da capitalistiche. E' ben noto che vi sono società capitalistiche non democratiche”.
Camilleri fa una breve pausa, poi chiosa. “questa polemica, mi sembra una discussione campata in aria”.
Salvo Fallica
 
 

l'Unità, 25.3.2003
Se la Rai avrà il coraggio di farne una fiction

Che nottata d'inferno. “Frivusa, 'nfami, tutta un arramazzarsi, un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati”. Con il povero Salvo Montalbano, il commissario, che come la donna della bellissima canzone siciliana si “vota e si rivota” tra le lenzuola senza trovare pace. Ha mangiato troppo e a tarda ora, come al solito, il poliziotto creato da Andrea Camilleri? La risposta è nelle prime pagine de Il giro di boa, l'ultima fatica letteraria dello scrittore siciliano. No, la colpa dell'insonnia non era di quei “purpi a strascinasali e delle sarde a beccafico” ingollate la sera avanti, ma delle notizie, lette con “governativa osservanza” dalla giornalista del Tg. Che parlava di Genova e del G8, dalle sale operative piene zeppe di gente che non ci doveva stare (deputati della maggioranza, ministri, sottosegretari), degli assalti ai cortei pacifici e dei black-bloc lasciati operare indisturbati, della morte di Carlo Giuliani, del blitz alla scuola Diaz, “una laida facenna”. “Un illegale atto di violenza alla scordatina, una specie di vendetta fatta a friddo e per di più fabbricando prove false”, malipensieri di Montalbano.
Quanto basta e avanza per rovinare e indurre il comissario più popolare d'Italia (“Montalbano sono”) a meditare di dimettersi dalla Polizia. Il perché Montalbano lo spiega, con malinconica ruvidezza, alla sua Livia, l'eterna fidanzata. “Io – dice lo sbirro – non mi sento tradito. Sono stato tradito”. Montalbano – che oggi è un cinquantino – appartiene a quella generazione di poliziotti che nel '68 avevano diciotto anni, che hanno vissuto le epiche battaglie per la smilitarizzazione e il diritto ad organizzarsi sindacalmente. La generazione di “nuovi” poliziotti che via via ha sostituito i quadri della vecchia polizia scelbiana e che è cresciuta nella stagione, tragica ed entusiasmante, della lotta al terrorismo e alle mafie. Chi scrive di poliziotti e funzionari maturati in quegli anni ne ha conosciuti tanti, e tanti ne ha incontrati dopo i giorni neri del G8. Erano uomini delusi, arrabbiati, macerati dalla contraddizione di difendere, sempre e comunque, la divisa e il “corpo”, pur essendo pienamente consapevoli che Genova aveva aperto una frattura profonda tra la polizia e una parte consistente dell'opinione pubblica. Quanti discorsi, quante arrabbiature, quante amicizie purtroppo stroncate!
“Siamo stati manovrati, come pupi nell'opera dei pupi...”, dice Montalbano grazie alla penna di Camilleri. Poliziotti-pupi che dovevano diventare lo strumento repressivo della destra al governo. “Un test” fortunatamente non riuscito per la reazione dell'opinione pubblica, dei partiti democratici, del sindacato e per la maturità dimostrata dal movimento no-global che dopo la morte di Giuliani è riuscito a non deviare dai binari della legalità.
Le pagine sul “giro di boa” di Montalbano, sulle sue delusioni di poliziotto onesto dovrebbero circolare nelle scuole di polizia, ma soprattutto andrebbero lette, e ad alta voce, dai vertici. Il commissario di Montelusa è amato anche ai piani alti del Viminale e del Dipartimento, Camilleri e Luca Zingaretti sono stati spesso testimonial di campagne della Polizia, gli sono stati attribuiti riconscimenti e onori. Ed è un bene, ma ora che Montalbano non parla solo di “ladri di merendine”, va bene lo stesso? E' ancora gradito il commissario che dalla sua terrazza di Marinella riflette su Genova, ma anche su quanto tempo prima – quando il governo era di centrosinistra e ministro dell'interno era Gerardo Bianco – era accaduto a Napoli? Botte, mano pesante della polizia e poliziotti e funzionari accusati dalla magistratura di aver “sequestrato” i manifestanti e di averli interrogati senza tanti complimenti nella caserma Raniero. Anche su questo episodio Montalbano (uomo di sinistra) ha una sua lapidaria spiegazione: “Questa lurdia è dintra di noi”. Già: il male esploso a Genova covava da tempo dentro alcuni reparti delle forze di polizia e nessuno lo aveva visto. Neppure a sinistra.
Pagine istruttive quelle del Giro di boa, suggeriscono un altro pensiero. Chissà se la Rai, la “nuova” (?) Rai, queste pagine le trasformerà mai in una fiction. Montalbano-Zingaretti, l'Auditel parla chiaro, sono garanzia di sicuro successo. E questa volta, oltre a sorridere per la parlata del commissario e ad emozionarsi per la sua sbirresca umanità, forse la finzione potrebbe aiutare gli italiani a riflettere su una delle pagine più nere della nostra storia recente.
Enrico Fierro
 
 

La Stampa (ed. di Roma), 25.3.2003
All'Università Roma Tre
Saramago, Montalbán, Camilleri. Dagli studenti trenta e lode
La due giorni di dibattito si chiude oggi con la relazione dello scrittore catalano La guerra, la Palestina, il giallo e persino un´anteprima su Guccini. I ragazzi hanno gremito l´aula. Poi tutti al ristorante con gli autori

Un tris a poker, tre carte vincenti, tre stelle di prima grandezza chiamate a brillare in un´aula universitaria. José Saramago, Andrea Camilleri e Manuel Vàzquez Montalbàn quasi-quasi non sembrano veri, insieme, vicini, a scherzare tra loro, attorniati da studenti tesi, col libro in mano, pronti a farsi dare un autografo, a carpire qualche parola direttamente rivolta a loro. L´anfiteatro dell´università Roma Tre nel quale si svolge la festa della letteratura da parlare (che si conclude domattina con l´intervento di Montalbàn "Tutte le memorie in letteratura") è stracolma all´inverosimile, dalle prime file fino al loggione, Sono ragazzi e insegnanti, qualcuno salta le lezioni: «E quando ci ricapita più» dicono imploranti alle professoresse che li cercano per riportarli alle lezioni. Quando ricapita più a tutto l´uditorio di poter rivolgere domande a un premio Nobel, Saramago, il primo portoghese ad essere insignito di tanto riconoscimento e a due scrittori spesso insieme in vetta alle classifiche. Si alza una ragazza in terza fila del loggione e chiede a voce bassa: «Saramago, lei parla dell´importanza dell´allegoria per rimandare un messaggio che non può più arrivare per vie ordinarie. Non si rischia di essere fraintesi? Il suo prossimo libro seguirà gli stessi schemi? Saramago: «L´allegoria non vuole mascherare ma rendere più evidente quello che si dice. Parlo di allegorie di situazioni, nella necessità di non usare elementi che appartengono a un codice già abusato. Il mio prossimo romanzo sarà assolutamente politico». Ancora a Saramago: «Lei è stato nei territori occupati in un viaggio di intellettuali di vari paesi. Che impressione ne ha riportato? «Ho un´esperienza limitata della Palestina eppure sono stato frainteso. Qualcuno ha pensato che io volessi paragonare la Palestina a Auschwitz. Non era così. Io avevo detto invece: "Non credevo che lo spirito di Auschwitz fosse presente a Ramallah". L´intolleranza di cui sono stati vittime gli ebrei, gli zingari, i comunisti, si stava ripetendo nei territori occupati. Peres disse che ero stato plagiato della propaganda Palestinese, io risposi che era meglio essere vittima di quella propaganda che essere connivente con loro». Per Montalbàn una domanda da una ragazza dell´ultimo anno di Letteratura sulla guerra e le sue riflessioni sul conflitto: «È molto impopolare come lo fu all´inizio la Prima guerra mondiale. Le manifestazioni di questi giorni non sono pacifiste nel senso tradizionale del termine perché sono mutati i significati e i movimenti. L´antiglobalizzazione ha molto contribuito al cambiamento stimolando l´attivismo della società civile che oggi può essere considerato un quinto potere. Questa guerra in definitiva è una dichiarazione di forza degli americani». Più ludica la domanda di un altro studente che pare saperla lunga: «Montalbàn, lei è a conoscenza del fatto che Guccini si è ispirato a una sua poesia per una canzone? Sa chi è Guccini?» Montalbàn si fa una risatina ironica prima di rispondere, comunque più che cortese: «Certo, so chi è Guccini e mi è stato chiesto il permesso di usare il mio "Poema al Che". Non è la prima volta che mi succede ma questa volta hanno scelto un poema che non è un gran poema, spero che in futuro, qualora dovesse succedere ancora, mi chiedano poemi più fortunati». Infine a Camilleri che, essendo arrivato più tardi, ha ricevuto un bombardamento di domande più dimensionato. È una donna a rivolgersi a lui per una curiosità, che se avesse saputo la risposta avrebbe ricacciato nel profondo del suo animo: «Professor Camilleri, oggi sono sempre più numerosi i polizieschi scritti da mano femminile. Che cosa ne pensa dei gialli scritti dalle donne? Sto pensando anche ad Agatha Christie».
«I gialli scritti da una donna non mi piacciono e non mi sono mai piaciuti. C´è qualcosa di artefatto, di enigmistico. Allora preferisco leggere appunto l´enigmistica. E Agatha Christie non mi piace per niente». Fine della curiosità. E tutti a pranzo alla trattoria il "Biondo Tevere" per brindare da amici.
Michela Tamburrino
 
 

La Stampa, 25.3.2003
Saramago, Montalbán e Camilleri: tra bruschetta e vino tre star della narrativa scherzano sul loro mito
Noi scrittori a furor di popolo
"Condividiamo il piacere di un successo che nasce dai lettori e non dalla critica"

ROMA. Bruschetta, cannelloni e vino tinto. Saramago, Montalbán e Camilleri, un pranzo reale e il romanzo di un pranzo. Tre ragazzi terribili d´annata, alle prese con la ludica demistificazione del loro mito. Montalbán: «Io dovrei praticare il regime dietetico come Camilleri. Saramago, tu sei l´unico che può mangiare di tutto. Se fossi libero dalle mie ossessioni e potessi immaginare una sintesi di un pasto a tre, farei scegliere l´antipasto a Camilleri, a Saramago chiederei di ordinare un piatto di baccalà, io mi riserverei una portata più barocca, direi l´aragosta catalana. Come vino, un Riviera del Duero». Camilleri: «Un antipasto di mare piccante, quello ordinerei con un vino siciliano forte». Saramago annuisce e non controbatte. Spartite le portate immaginarie mentre si passa ai saltimbocca alla romana di autentica trattoria con vista Tevere, la conversazione si fa amena. «Mai parlare di cose serie, a tavola, solo frivolezze», dice Montalbán: donne, calcio. Camilleri obietta: «A tavola non si dovrebbe mai parlare, oscura il cibo. Mai di calcio comunque e sull´immaginifico erotico di ognuno di noi non mi soffermerei troppo. Sharon Stone? Manolo, va bene per te che sei più giovane. Mi piace seguire la Formula 1 forse proprio perché non ho la patente». Il cinema però interessa tutti e tre perciò si incuriosiscono non poco quando il proprietario del ristorante racconta che proprio lì è stato girato Bellissima, il film di Visconti con Anna Magnani che rotolava giù verso il greto del Tevere inseguita da Walter Chiari. Montalbán: «Mastroianni, che grande attore e pure Gassman e Laura Antonelli. Ma che fine ha fatto?». Glielo dicono e se ne dispiace. «Benigni è interessante ma non ho mai riso tanto come per I soliti ignoti». Saramago pensa ad altro. Accanto ha la giovane moglie, una giornalista che porta una spilletta con la scritta in rosso sangue «No a la guerra». La moglie di Montalbán, Anna Sallés è una fine letterata. Sfila davanti ai loro occhi una teoria di ragazze da diploma, libri in mano e penna tremante, pronte per l´autografo. Sono popolari, tutti e tre, di una popolarità tanto forte quanto tardiva. Camilleri: «Siamo scrittori democraticamente eletti e questo ci regala una sicurezza psicologica enorme. Sapere che qualcuno crede in quello che scriviamo senza essere parenti o amici è una bella consolazione». Montalbán: «Condividiamo il piacere di un successo che nasce dai lettori e non dalla critica. Siamo davanti a un fattore stravagante rispetto alla generalità degli scrittori d´oggi, rispetto alla società letteraria di oggi. Siamo tutti coinvolti in un match contro gli autori che hanno vent´anni». Eppure si ha la sensazione netta che Saramago non faccia terna. Cultura diversa, tradizione filosofica, approccio allegorico e saggistico. Gli altri due si lasciano sedurre più dall´intreccio da intrattenimento, dalla logica dello sviluppo. Tutti e tre, però, pongono al centro l´uomo e il mondo nel quale l´individuo si muove. Un mondo che è un inferno, secondo Saramago e lo dice quando è l´ora dell´ananas a fettine: «Ognuno di noi ha un proprio universo letterario e umano che nello stesso tempo ci unisce e ci divide. Ci distingue il lavoro di scrittori, ci avvicina il lavoro letterario». E l´impegno politico, una vecchia affiliazione comunista. «Noi scompariremo e di noi resteranno solo le nostre parole - dice Saramago - e queste parole devono parlare alla coscienza della gente». Per Montalbán, «Saramago è un costruttore di utopie ironiche impossibili, uno scrittore che sovrappone letteratura e ideologia, al tempo stesso possessore di quella verità letteraria che non dipende da quella ideologica». All´ora del caffè, si parla del poliziesco. Il giallo come un filo rosso, una costante mai scaduta nella letteratura di consumo per Camilleri e Montalbán, una felice novità per Saramago. Il poliziotto Montalbano che deve il suo nome alla stima che Camilleri ha per l´amico catalano, l´investigatore Carvalho che esplora la società morale spagnola. Tutti e tre, sentono la forza di un Sud geograficamente non bene identificato ma preciso: Barcellona, Lisbona e una Vigata tanto falsa da essere vera, terra di confine sognata in corriera e sistemata tra Agrigento e Porto Empedocle. «E perché non parlare dell´amore per la letteratura?» dicono tutti e tre che oramai hanno preso gusto al gioco di assonanze. Carvalho brucia i libri, Montalbano se ne ciba. Camilleri: «La scelta di un libro da bruciare equivale alla scelta di un libro da leggere». Ci provano Montalbán e Saramago. Montalbán: «Io non brucio mai i libri. In Tv me lo volevano far fare per forza. Allora ne ho preso uno di uno scrittore di estrema destra e l´ho distrutto. Ma ne avevo un altro. Ho bruciato un´antologia erotica portoghese perché non mi avevano incluso». Saramago: «Brucerei un mio romanzo, lo scrissi che ero giovanissimo, nel `47, si chiamava Terra del peccato. In fondo bruciare un libro che ti appartiene è solo un suicidio, bruciare quello di un altro è un assassinio». L´ultimo affondo è per le donne. Camilleri non ama i thriller al femminile «Sembrano artefatti, enigmistici. Brutti come quelli di Agatha Christie». Montalbán: «Ma lei ha avuto il pregio di far conoscere il vino di Oporto». Camilleri: «A me il Porto non piace». Saramago: «Preferisco il vino rosso».
 

Due giorni all'Università

Tre grandi autori a confronto ieri e oggi: José Saramago, Andrea Camilleri e Manuel Vázquez Montalbán, riuniti per la prima volta in una due giorni didattica dai responsabili dei Dipartimento di Letterature Comparate dell'Università Roma Tre della Capitale. Il fine ambizioso è quello di creare una costellazione transitoria letteraria, un gioco e una sfida in grado di porre al centro dei dibattito lo scrittore e il suo compito in una società in crisi. Una riflessione culturale e un modo per far conoscere agli studenti tre intellettuali così diversi eppure così simili tra loro. In fondo, per dirla con Cartesio, leggere grandi libri è come conversare con i grandi autori. Lo ricorda la professoressa Lanciani che ha fortemente voluto le tre star e si domanda: «Perché allora non dare ai ragazzi una doppia opportunità?» Il convegno «Scrittori e critici a confronto» prosegue e si conclude questa mattina, nell'Aula Magna del Rettorato in via Ostiense 159, alle ore 10.
Partecipano anche Sergio Campailla, Nino Borsellino e Arturo Mazzarella.

Michela Tamburrino
 
 

Il Messaggero, 25.3.2003
Convegno a Roma Tre
E con il Nobel, ci sono Camilleri e Vázquez Montalbán

Il valore dell’allegoria, del romanzo giallo e della memoria. Sono i tre temi principali di un convegno organizzato dall’Università Roma Tre, curato dalla professoressa di Letteratura portoghese e brasiliana Giulia Lanciani. Il titolo: “Scrittori e critici a confronto". In due giorni di incontri, Josè Saramago, Andrea Camilleri e Manuel Vázquez Montalbán espongono agli studenti il nocciolo del loro lavoro. Saramago ha parlato ieri del suo passaggio “dall’allegoria come critica all’allegoria come necessità". Andrea Camilleri nell’intervento “Difesa di un colore" ha ripercorso la storia del romanzo poliziesco in Italia, giallo dal 1929 quando la Mondadori lanciò la prima collana di genere, scegliendo appunto quel colore per le copertine. Un genere che si è affermato nel nostro paese solo nel secondo dopoguerra, per arrivare oggi a superare i suoi “confini". Con il Pasticciaccio senza fine di Gadda, il Giorno della civetta di Sciascia, la “Milano da incubo" di Scerbanenco, «tanto tetra e violenta che Livio Garzanti non volle mai conoscerla», il genere diventa di successo e al tempo stesso «acquisisce quella forma superiore che Cesare Cases gli aveva augurato». Oggi (Aula Magna, alle 10) toccherà a Montalbán con “Tutte le memorie in letteratura". «La memoria ha anticipato lo scrittore è un grande romanzo che tutto il mondo ha in sé. Esistono diversi tipi di memoria. C’è la memoria personale, un misto che comprende esperienze di vita e culturali. C’è quella collettiva, un bilancio del sapere più forte dell’ideologia, e quella storica che riemerge dopo periodi di repressione e censura». Purtroppo, conclude Montalbán, «la memoria della guerra esiste solo per chi l’ha vissuta. Per gli altri è una realtà virtuale, cinematografica».
Claudia Rocco
 
 

25.3.2003
Incontro a RomaTre
Io sono andato e devo dire che è stato interessante davvero... anche per dei siparietti comici notevoli... :)
Avete visto però la faccia del grande Camilleri quando Piero Boitani,  che parlava già da un'ora ha riniziato con le riscritture del Vangelo?
Mamma mia... per non parlare di Vazquez Montalban e del discorso sul porto...
Cmq sia che ne pensate delle conclusioni ("provocazione") del Sommo, ovvero di non chiamare piu "giallo" quel genere letterario?

Ho letto gli articoli apparsi su La Stampa e per quanto la rivisitazione della giornata sia piuttosto puntuale, quel clima di 
chiacchierata fra vecchi amici è veramente difficile ricrearla... cmq sia, proviamoci...
Vi risparmio la relazione di Piero Boitani perché, pur avendo fatto un intervento molto interessante e ricco di spunti, è stato l'unico a parlare un'ora (dalle 16 alle 17)  e vi assicuro che verso le 17 tutti nell'Aula Magna avevano le visioni del Vangelo che stava riccamente commentando.. ;)
Bene... passato Boitani, l'introduzione alla chiacchierata di Camilleri è stata ad opera di Anna Salles che, dopo aver fatto una panoramica veloce sulla vita e sulle opere, ha posto l'attenzione sulle traduzioni di alcuni libri del Sommo e sulle difficoltà incontrate per ricreare quella ricchezza lessicale e per essere più che mai fedeli all'originale.
L'intervento di Camilleri (di circa una mezz'ora) è stato un omaggio al "Giallo", del quale ha ripercorso la nascita e lo sviluppo, specialmente in Italia: dal nome "Giallo" dato per il colore della copertina con cui quel genere veniva stampato da Mondadori, alle produzioni, passate sotto l'etichetta di "giallo", di moltissimi commediografi o autori sconosciuti a cui venivano commissionati i libri sotto il regime fascista (per rispettare la legge secondo la quale il 15% del catalogo annuale doveva essere di autori italiani); dal primo libro che lo ha fatto innamorare del genere (una specie di libro-game in cui le ultime pagine sigillate contenevano la soluzione), ai giallisti contemporanei italiani dei quali apprezza i lavori (Fois, Lucarelli).
Lo stesso Camilleri ha poi posto l'attenzione sulla traduzione dei propri libri in altre lingue, citando il caso de "Il Re di Girgenti", tradotto fino ad ora in francese e tedesco. La traduttrice francese, ad esempio, per ricreare quelle "atmosfere" linguistiche, si è rifatta al francese di alcuni secoli fa, utilizzando talora espressioni vernacole dei contadini di Lione, vedendosi costretta poi ad aggiungere un glossario ad uso dei  lettori.
La conclusione-provocazione di Camilleri è di sublimare quel genere letterario, non citandolo piu come "giallo", considerandone infatti la storia del nome e riflettendo sul fatto che, in tutto il mondo, viene chiamato in altre svariate forme.
L'ultima relazione è stata quella di Nino Borsellino (curatore della glossa nell'edizione Meridiani Mondadori), 10 cartelle fitte che hanno intrecciato il linguaggio di Camilleri, l'affare Moro, la mafia, la Sicilia letteraria.
Infine le domande, tutte per il Sommo... :) consigli per diventare scrittori ("TANTA PAZIENZA!!"); perché Salvo Montalbano è di Catania ("La prima volta che me l'hanno chiesto 3 anni fa mi sono stupito e ho chiesto a quella  ragazza.. ma chi te lo ha detto? Ma lo ha scritto lei nel suo libro! Ah...; ad ogni modo è per un fatto ecumenico, io 
sono della Sicilia Occidentale e volevo fosse della Sicilia Orientale"); cosa pensa dei gialli scritti da donne (" I gialli 
scritti da una donna non mi piacciono e non mi sono mai piaciuti. C'è qualcosa di artefatto, di enigmistico. Allora preferisco leggere appunto l'enigmistica. E Agatha Christie non mi piace per niente"; ho riportato la risposta tratta dall'articolo de "La Stampa")... e qui il duetto con Vazquez Montalban, che ha proposto come unico apprezzamento per Agatha Christie la conoscenza del vino Oporto che lei ha portato(scusate il gioco di parole)...
kla
 
 

Liberazione, 26.3.2003
José Saramago, Manuel Vázquez Montalbán e Andrea Camilleri. Gli scrittori si sono confrontati in una due giorni di dibattito all'università di Roma Tre
Tre voci per la pace

Non è cosa di tutti i giorni riunire a un "tavolo da gioco" tre personalità dello spessore di José Saramago, Andrea Camilleri e Manuel Vázquez Montalbán. L'idea originale di un convegno che si presenta come un gioco le cui carte sono i romanzi dei tre scrittori è di Giulia Lanciani, docente di Letteratura portoghese e brasiliana presso l'Università Roma Tre. «Un'idea di festa - spiega la Lanciani - concepita un anno fa, che si realizza oggi in un momento triste della nostra storia, ma che non deve suonare né a offesa né a oblio della tragedia che il mondo sta vivendo».
Anche Saramago, il primo dei tre scrittori a prendere la parola al convegno, è consapevole di quanto flebile sia la voce della letteratura. Flebile ma dissacrante, come la bandiera della pace che ha visto sventolare sulle spalle di una statua equestre in una piazza di Roma: «Noi non abbiamo armi, abbiamo soltanto la parola e le bandiere per protestare e con questi pochi strumenti dobbiamo continuare la lotta». E' entrato così nel vivo il Convegno "Scrittori e critici a confronto" che si è svolto lunedì e nella giornata di ieri nell'Aula del Rettorato dell'Università di Roma 3.
Romanzo come critica
Il premio Nobel per la letteratura ha poi illustrato il passaggio compiuto dal romanzo Cecità. Se i suoi scritti precedenti potevano essere definiti "romanzi storici" e al contempo ricerche sull'identità collettiva portoghese, da Cecità (fino al suo ultimo romanzo L'uomo duplicato) inizia una nuova fase, dove l'allegoria diventa lo strumento di comunicazione prescelto. Per Saramago il ruolo informativo che hanno assolto i grandi romanzi del XIX secolo è stato assunto ormai da cinema e televisione. Ciò non significa recitare un de profundis del "genere" romanzo, creatura polimorfa che si avvia a divenire sempre più critica e sempre più somigliante al saggio, la cui funzione non sarà la descrizione ma soprattutto la riflessione. Si tratta dunque di un nuovo spazio letterario, un grande oceano nel quale confluiscono i fiumi della filosofia, della scienza, del dramma.
Le parole hanno perso, per Saramago, il valore che avevano, valga per tutte «democrazia» (ripetuta e invocata ma che nessuno riesce più a definire), il ruolo dello scrittore non è quello di inventarne di nuove ma di investire quelle esistenti di nuovi e più chiari e forti significati. L'«allegoria di situazione» può servire a questo: dire una cosa dicendone un'altra, confidando nell'intelligenza del lettore. Lo scrittore portoghese fa l'esempio de La caverna in cui il tema principale è un immenso centro commerciale che gradualmente si sostituisce alla città.
La realtà non è così lontana dalla finzione se una notizia di cronaca riferiva della volontà testamentaria di una donna spagnola, il cui desiderio era che le sue ceneri fossero sparse nel centro commerciale dove aveva trascorso i suoi giorni più felici.
A conclusione del suo intervento Saramago si domanda: «Continuerò con l'allegoria? Probabilmente no, il prossimo romanzo sarà un romanzo assolutamente politico, ma ciò non vuol dire che non possa contenere elementi allegorici». Il gioco di coincidenze e differenze fra autore e lettore continua.
Una storia del giallo
«Scusatemi se di tanto in tanto mi metterò a leggere e non andrò "a braccia", come dice un nostro politico». Ha cominciato così, scanzonatamente, la sua difesa del giallo, Andrea Camilleri, ripercorrendo la storia di un colore nato per necessità editoriale. Nel 1929 l'azzurro e il verde erano già utilizzati da Mondadori per i romanzi italiani e quelli di cappa e spada. Il giallo faceva effetto in vetrina o in edicola e così fu, per esigenze di colore sconosciute negli altri paesi dove il romanzo "giallo" è definito poliziesco, giudiziario, polar o detective story. La distonia si intensifica alla domanda generale: che cos'è il giallo? Le idee non sono mai state molto chiare se tra i primi quattro romanzi pubblicati nella serie di Mondadori viene inserito anche Dottor Jekill e Mister Hyde. «Che c'accucchia? Che c'azzecca?», sbotta Camilleri. Ma con gli anni l'importanza del giallo crescerà (il successo di pubblico sarà enorme) e non sfuggirà all'attenzione del Minculpop il cui primo comunicato, riguardo al giallo, nel 1935 recita testualmente: «ricordarsi che l'assassino deve essere sempre straniero». Ma il Minculpop non è consapevole della propria risorsa comica.
Sei anni più tardi ci sarà il diktat definitivo: la serie gialla della Mondadori sarà chiusa e l'ultimo libro pubblicato, La casa inabitabile di Ezio D'Enrico, sembra curiosamente testimoniare l'inabitabilità dell'Italia di quegli anni.
Tempi migliori arriveranno e la diffidenza letteraria verso il genere crollerà definitivamente per merito di Carlo Emilio Gadda e del suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana e poi con il Giorno della civetta di Sciascia: due non-giallisti che rinnovano completamente il romanzo giallo italiano. Camilleri ci ricorda le parole di Sciascia: «In Italia un romanzo giallo non può esistere, perché sappiamo tutti chi sono i colpevoli, solo che non riusciamo a trascinarli davanti alla giustizia». Oggi però, continua Camilleri, i giallisti sono in grado di dire su quali terreni di coltura maturano i germi delle stragi di Piazza Fontana o di altri posti. Lo scrittore siciliano cita, infine, Cesare Cases che ha sottolineato come il romanzo giallo, in passato appannaggio esclusivo della cultura anglosassone, si sia ormai radicalmente insediato nell'area mediterranea (Montalbán, Camilleri, ecc.), nella sua forma più autentica, senza cessare di aspirare ad una forma superiore. E forse questo ha convinto ancor più lo scrittore siciliano a chiedere a gran voce di abolire il giallo come colore.
Memoria e politica
Non è casuale che il nuovo libro di Manuel Vázquez Montalbán, finito di scrivere quindici giorni fa, si intitoli Memoriale. L'autore scherza sul peso del volume: circa cinque chili. E' il peso della memoria si potrebbe dire. Non c'è letteratura senza memoria e non c'è vita senza memoria. Lo scrittore catalano che è intervenuto a conclusione dei lavori del convegno, ha passato in rassegna il rapporto tra memoria e letteratura, sottolineando che lo scrittore può utilizzare la memoria come un magazzino di esperienze, di linguaggi, di codici di comportamento. Si è soffermato in particolare sull'intreccio che lega la memoria con la politica. Il potere, che sia dittatura politica o dittatura del mercato, cerca di appropriarsi della memoria collettiva, ne è esempio il linguaggio: la parola «imperialismo» è scomparsa, il «rapporto di dominazione» è diventato «rapporto nord-sud» o «centro-periferia».
Montalbán è ben cosciente del fatto che la rivendicazione della memoria è stata una strategia di lotta contro le falsificazioni franchiste, perché il sequestro della memoria dei vinti, dopo la guerra civile, era uno strumento di dominazione. Per questo la letteratura in Spagna dopo gli anni '50 ha cominciato un lavorío di recupero, un lavoro di scavo che Montalbán continua a fare oggi, non dimenticando le ragioni dei vinti. Libri come Il pianista, Pasionaria ed i sette nani, Galindez, Io, Franco, vanno anche in questa direzione. Meno popolari, forse, di quelli della serie del detective Pepe Carvalho, in cui il "cronista" Montalbán registra caratteri e idee dell'amnesia che ha colpito la società spagnola del dopo Franco, ma nei quali serpeggia anche la speranza. Il "non essere ancora", la speranza di Ernst Bloch, che Montalbán ha citato a conclusione del suo intervento, è ancora l'unica religione possibile e necessaria.
Gli interventi dei tre grandi scrittori si sono alternati a quelli di Sergio Campailla, Piero Boitani, Nino Borsellino e Arturo Mazzarella, critici ben consapevoli dell'arduo compito che era loro affidato. Il convegno si è concluso con l'animo rivolto alle notizie che giungono da Baghdad. E' stato un gioco di relazioni che a giudicare dalla partecipazione del pubblico è riuscito.
«Ci si innamora di una frase, poi di una pagina, poi di un autore» diceva Borges. Ci si innamora della letteratura perché ancora vuol giocare alla pace.
Marco Peretti 
 
 

Il Foglio, 26.3.2003
L'accaparramento di un simbolo
Da Massimo Kosovo D'Alema a Gasbarra, l'Arcobaleno alla Borsa nera

Farina e zucchero. Potrebbe essere questo il simbolo dell’Ulivo. Se c’è un senso nella richiesta di fare con la bandiera della Pace la coalizione Arcobaleno, i partiti del centrosinistra, assenti per la terza volta alla chiamata per la loro assemblea del 13 aprile, accogliendo la richiesta del verde Alfonso Pecoraro Scanio, nell’emblema elettorale dovrebbero mettere farina e zucchero. E senso c’è perché, infine, questa fissazione di adottare l’iride dei sentimentali, ltro non è che un lapsus vocazionale. La vocazione della Borsa Nera: prendere il bene di prima necessità – la pace, la propaganda della pace – e farne quindi incetta, monopolio esclusivo, zucchero e farina dello spavento globale. Come ha fatto il Borsaro Nero ultimo arrivato, questo pur tenebroso Gasbarra, candidato alle Provinciali a Roma per conto degli ulivi, che è già effigiato con i regolamentari colori della Pace, già collocato nel pantheon dell’onnipotente e invincibile conformismo dei furbetti.
Ogni guerra ha i suoi sotterranei sporchi, nella retrovia italiana questa guerra si celebra attraverso gli untuosi sottopassaggi furbi, sporche scorciatoie dove tutto fa brodo, figurarsi il dado ristretto del consommé ideologico. Dovrebbero andarci piano con l’arcobaleno, non era forse un Arcobaleno quello della missione con cui ai tempi del Kosovo si fece l’altra Borsa Nera, quella delle copertine, delle brandine e delle medicine? La missione Ulivo comincia dalle bandierine, sono le Am-Lire di questa nuova stagione d’occupazione (una bandierina non si nega a nessuno, adesso ci sono pure le spilline), la missione emergenza continua nell’organizzarsi per prendersi un utile, prendere per esempio l’ultimo titolo di Andrea Camilleri, “Il giro di boa”, edizioni Sellerio, e ritagliarci addosso un’altra operazione
da Borsa Nera.
Ancora zucchero e farina se Enrico Fierro, commentando a margine sull’Unità un’intervista di Salvo Fallica al creatore di Montalbano, la sua opportuna spruzzata di zucchero e farina ce la mette di buon grado scrivendo: “Chissà se la Rai, la ‘nuova’ (?) Rai, queste pagine le trasformerà in una fiction. Montalbano-Zingaretti, l’Auditel parla chiaro, sono garanzia di successo. E questa volta, oltre a sorridere per la parlata del commissario e a emozionarsi per la sua sbirresca umanità, forse la finzione potrebbe aiutare gli italiani a riflettere su una delle pagine più nere della nostra storia recente”. Borsa a parte, le nere cui fa riferimento il pezzo dell’Unità sono le giornate della “Bossi-Fini”, quelle stesse che consentirono a Furio Colombo di prodursi in dissennati titoli da prima pagina come “Primi effetti della Bossi-Fini: strage di clandestini”. E Borsaro Nero è lo stesso Camilleri che in questo libro fatto tutto di ammicchi ha radunato tutti i beni di prima necessità politically correct, e cioè “gli abusi dei poliziotti durante il G8, la crudeltà della Bossi-Fini”, per dare pane e pasta nel mercato nero della propaganda. Come se dall’altro lato si facesse un romanzo con un commissario che deve sparare addosso agli scafi dei clandestini, magari al largo dell’Adriatico, nel frattempo che al governo, a Palazzo Chigi, c’è uno specchiato amante dell’umanità, uno come Massimo D’Alema per dire, non certo due feroci assassini come “Cozzi-Pini”. Ma Borsaro Nero per eccellenza è stato Enrico Fierro, un capolavoro d’incetta con quel suo “vediamo se la Rai avrà il coraggio di farne una fiction”. Basta solo il buon gusto per non farla questa fiction col commissario Montalbano in crisi perché c’è la “Bossi-Fini” e quindi far credere che in Italia vengano massacrati i clandestini in arrivo, o che vengano deportati, oppure far credere che a Genova, durante il G8, gli stessi vertici della polizia di Stato, che giustamente hanno adottato il dirigente di Montelusa come testimonial, possano poi meritare la caricatura infamante derivata da questa lettura del “Giro di boa”. La fiction non determina pedagogia, ma in questo trionfo di Borsari Neri, si correrebbe il rischio di scambiare un valoroso servitore dello Stato come Arnaldo La Barbera, già mitico questore di Palermo, per un assassino. Era il questore sacrificato alla piazza democratica dell’orrenda Genova, fu costretto alle dimissioni dall’incarico, morì senza avere riscatto, né promessa di fiction.
In tempi di Borsa Nera tutto fa brodo e non sia mai che con una mazzetta di Am-Lire arrivi qualcuno pronto a fare in tivù un altro commissario, magari uno che parla con forte accento padano, uno che – mischinu – non è proprio un fulmine di guerra ma uno che entra in crisi con la sua vocazione di uomo d’ordine perché pur con Massimo Kosovo D’Alema al governo, vede sparare addosso agli scafisti.
Farina e zucchero per un altro consommé certo, ma non proprio campate in aria perché questo, almeno, fatto vero fu.
P. Butt.
 
 

Gazzetta del Sud, 26.3.2003
Mascalucia. Due minori sorpresi di notte nella scuola media
Ladri di merendine colti in flagrante

Si potrebbe dire che sono stati presi con le mani nella marmellata. Oppure, parafrasando il titolo di un romanzo di Andrea Camilleri, che si tratta di due “ladri di merendine”. Osservazioni ironiche a parte, è certamente grave l'episodio avvenuto la scorsa notte a Mascalucia, che ha visto protagonisti due minorenni. S.A., e C.S., entrambi di 17 anni, sorpresi dai carabinieri dentro la scuola media statale “Leonardo da Vinci”. Per mettere a segno la loro scorribanda, che prevedeva il furto di merce di scarso valore, i due hanno provocato danni superiori ai 5000 euro. I raid teppistici nelle scuole del Catanese, purtroppo, sono storia nota. Dagli istituti dei paesi etnei a quelli delle periferie, i responsabili degli atti vandalici colpiscono con frequenza, contando spesso sull'impunità derivata dalla loro età, e dal fatto che spesso riescono a scappare senza andare incontro a conseguenze. Non così è stato per i due diciassettenni, che per entrare nella scuola media avevano forzato il portone d'ingresso, poi la porta in ferro della mensa – scardinata con un “piede di porco” – e cercato di disattivare le fotocellule elettriche collegate al sistema d'allarme. Tutto questo per trascorrere una serata emozionante, visto che il bottino era costituito da alcune “merendine” del distributore automatico, e dagli oggetti che potevano trovare negli armadietti degli insegnanti. I carabinieri, richiamati proprio dall'allarme scattato nella scuola a dispetto delle intenzioni dei ladruncoli, sono entrati nell'istituto cogliendo i due ragazzi in flagranza. Entrambi sono ex alunni del “Leonardo da Vinci”; dopo l'arresto sono stati affidati ad un centro di prima accoglienza.
Valerio Cattano
 
 

L'Indice, 3.2003
Invece di Montalbano
Santo Piazzese, Il soffio della valanga

Una buona notizia per quei (pochi, evidentemente) lettori che non ne possono più del commissario Montalbano, delle sue scorpacciate e dei questurini da barzelletta che lo circondano. In una Palermo concretissima e amorevolmente ripercorsa, ben diversa dalla cartolinesca Vigata, si presenta ai lettori Vittorio Spotorno, il commissario di polizia protagonista dell "Soffio della valanga", terzo romanzo del palermitano Santo Piazzese. Che già con "I delitti di via Medina Sidonia" (Sellerio, 1996) e "La doppia vita di M. Laurent" (Sellerio, 1998) s'era fatto apprezzare per l'eleganza di una scrittura intarsiata di citazioni, ironica e autoironica, zeppa di ossimori che sono il vizio della voce narrante, fascinoso detective per caso: il professor Lorenzo La Marca - (quasi) un alter ego dell'autore, come lui biologo all'Università di Palermo, ex sessantottino (quasi) pacificato col suo passato -, che finisce per imbattersi in alcuni delitti sui quali dovrebbe più autorevolmente  indagare proprio Spotorno, suo compare d'anello. E che sarà lui, viceversa, a risolvere con una buona dose di svagata e dolente serendipity (termine alla moda sul quale La Marca avrebbe già ironizzato).
Abbandonando la narrazione in prima persona e un personaggio già così efficacemente caratterizzato, Piazzese ha operato una svolta coraggiosa, rinunciando alla comoda tentazione della serialità per una considerazione di ordine logico-realistico. Nessun onesto biologo può ragionevolmente imbattersi in più di due o tre delitti vita natural durante, neppure se vive a Palermo.
Ecco allora diventare protagonista chi di delitti si occupa per mestiere, il limitrofo Spotorno. Il quale indaga su un crimine che lo assorbe moltissimo anche perché fa riemergere dalla sua adolescenza due compagni di giochi che, crescendo, si sono ritrovati dall'altra parte della barricata, tra le schiere di Cosa nostra.
Nei primi due libri la mafia rimaneva elemento di sfondo: caratterizzava sì, e in modo rilevante, il tessuto antropologico cittadino, ma non era alla radice dei delitti, annoverabili piuttosto tra "i sani, buoni, misteriosi, delitti", "quelli che rendono vivibili tutti i paesi civili di questo mondo. Quelli con un bel movente, quelli da scavarci dentro, come Maigret, come Marlowe, o - più realisticamente - come don Ciccio Ingravallo, per arrivare alla fine dei meccanismi elementari della psiche. Da noi, però c'è la mafia che oscura tutto, e non concede a un detective brillante alcuna possibilità di uscire dalla routine". Quelli, insomma, che con queste parole Spotorno, nel primo romanzo, rimpiangeva di non poter seguire. Ma "Il soffio della valanga" lo smentisce, perché l'omicidio di due "picciotti" che stanno scalando i vertici della cosca è sì un delitto di mafia, ma ha origine innanzitutto nelle inconfessabili ragioni del cuore.
Rispetto al più brillante La Marca, aduso a sorridere amaro, con le consapevolezze acquisite dopo aver varcato la linea d'ombra con tutte le delusioni al posto giusto, Spotorno è un personaggio che, visto dall'esterno nel suo quotidiano affannarsi, emerge gradualmente in una dimensione psicologicamente più involuta, non meno affascinante: ruvido e tenace, sottratto dal lavoro al ruolo di marito e padre (emerge con forza la figura della moglie Amalia, nella quale si riaffacciano certi atteggiamenti mentali di La Marca, o -meglio- dell'autore), rispettoso dei moti sentimentali delle altre persone molto più che dei propri, ai quali concede soltanto frequenti divagazioni originate dal passato individuale e cittadino, visto che "collezionava i ricordi con l'identica inflessibilità con la quale certi sfaccendati collezionavano hobby". La sua precocissima vocazione investigativa (che ci viene raccontata in un flashback assai significativo) ha inciso nel suo animo un'angoscia sottile da eterno cireneo che sa di non potere, come vorrebbe, risolvere tutti i delitti di Palermo, o -che è quasi la stessa cosa- abolire il male dal mondo.
Del plot vero e proprio, come si usa, dirò soltanto che i due omicidi iniziali non saranno gli unici, in un viluppo di relazioni personali apparentemente ambigue ma, in fondo, desolatamente chiare, che Spotorno sarà ossessionato dall'apparizione di una donna eterea, la Dama Bianca, elemento chiave nella soluzione del mistero, che ne conosceremo qualche brivido adulterino presto riassorbito nella sua indefettibile fedeltà coniugale. M'importa di più sottolineare la naturalezza e l'efficacia con cui Piazzese ricostruisce i meccanismi del riciclaggio di denaro sporco che la mafia ha collaudato con immutabile successo: una minuziosa nonchalance che mi ha fatto pensare alla lunga, bellissima sequenza iniziale di "Casinò" di Scorsese. Sul piano stilistico va notato che al blues dei romanzi narrati da La Marca subentra un cool jazz assai più adatto al profilo di Spotorno. Un profilo più adulto e scavato, come se la scrittura di Piazzese guardasse ora più al fascino di Hammett o Malet che a quello di Chandler o Izzo.
Giuseppe Traina (Ricercatore di letteratura italiana all'Università di Catania)
 
 

Kataweb libri
Montalbano contro Bossi
Ne "Il giro di boa" il popolare commissario inventato da Andrea Camilleri è coinvolto nell'universo dell'immigrazione illegale. L'occasione per condannare ogni politica autoritaria sulla questione

Implacabile, il commissario Montalbano scala la classifica di vendita dei libri. E stavolta lo fa prendendo spunto dai tristi sbarchi degli immigrati sul suolo della sua amata Sicilia. Infatti l'ultima inchiesta comincia con un cadavere pescato per caso in alto mare. Capitato nel bel mezzo del destino del commissario mentre sta nuotando al limite dello stordimento per lavarsi di dosso una notte di cattivi pensieri. I fatti politici dettati da un'autorità spesso incomprensibile e disumana, certi eventi di repressione poliziesca, l'atteggiamento verso gli immigrati lo fanno sentire un isolato. E il cadavere anonimo, che parrebbe destinato a restare senza giustizia, archiviato come un banale caso d'ordinaria amministrazione legata agli sbarchi clandestini, sembra armonizzarsi macabramente con il suo senso di solitudine.
E' la pietas a commuovere l'animo del nostro eroe, e a smuoverla sono gli occhi supplichevoli e spauriti di un bambino di sei anni, un piccolo extracomunitario sbarcato da una delle tante carrette del mare che ormai quotidianamente giungono sulle spiagge italiane. Il commissario lo incontra per caso mentre assiste alle operazioni di accoglienza dei profughi nel porto di Vigàta: approfittando della confusione il bimbo aveva tentato la fuga, ma Montalbano lo aveva prontamente riacciuffato e riconsegnato alla madre. Era stato allora, poco prima di lasciarlo, che il piccolo lo aveva guardato "con una dispirata domanda nell'occhi".
Montalbano intuisce che in tutta quella faccenda c'è qualcosa che non quadra. Perché un bambino così piccolo aveva preferito fuggire, rischiando di rimanere solo in un paese straniero di cui non conosceva nemmeno la lingua, piuttosto che rimanere vicino alla madre? Una domanda che diventa una vera e propria ossessione quando due giorni dopo si scopre che il bambino è stato travolto e ucciso da un'auto pirata.
Senza nemmeno accorgersene il commissario di Vigàta si ritrova immerso fino al collo in un'indagine dagli sviluppi inattesi che finisce per saldarsi sorprendentemente al caso che ha per protagonista il misterioso cadavere intercettato dallo stesso Montalbano, cui accennavamo poc'anzi.
E' scontata la domanda: perché gli italiani siano innamorati dei gialli di Andrea Camilleri: sarà il protagonista, l'ambiente, la scrittura? Ormai é chiaro: tutte queste motivazioni messe insieme. Ma alla gente, attraverso la lettura, non piaceva sognare? Il commissario Salvo Montalbano è invece un personaggio concreto, un tipo dal fisico normale, nemmeno atletico e bello, che ama mangiare e qualche volta si ubriaca. Non con il whisky, ma col vino rosso. Forse la concretezza arriva dalla versione televisiva: grazie all'ottima interpretazione di Luca Zingaretti, il suo è ormai un volto familiare, come familiari sono i suoi vizi, le abitudini, le debolezze. Montalbano non fa sognare e forse piace proprio per questo. E inoltre è un uomo estremamente solitario, circostanza che lo rende a noi simile.
Michael Landsbury
 
 

La Sicilia, 27.3.2003
Cittadinanza onoraria
E il commissario Montalbano esclamò «Modicano sono!»

«Modicano sono!». E' questo lo slogan (che mutua il «Montalbano sono!) apparso sui manifesti che raffigurano l'attore Luca Zingaretti, noto interprete principale del «Commissario Montalbano» nella fortunata serie televisiva che riferisce ai testi dello scrittore Andrea Camilleri, ma anche dell'indimenticabile Perlasca. Accanto per magnificare il barocco non poteva mancare il duomo di San Giorgio. E' l'annuncio del conferimento della cittadinanza onoraria di Modica al popolare personaggio. La cerimonia è stata fissata per sabato 29 marzo, alle ore 17, nella sala consiliare del civico palazzo San Domenico.
L'avvenimento costituisce indubbiamente motivo per assumere una particolare importanza nella città della Contea, non solo per la grande e meritata notorietà del neo-modicano, dotato di grande sensibilità e di non indifferente capacità artistica, ma anche per aver rilanciato la conoscenza e l'immagine del territorio di Modica e di diversi limitrofi centri iblei (in particolare Ragusa Ibla e Scicli). «Con il conferimento della cittadinanza onoraria a Luca Zingaretti -ha detto il sindaco Piero Torchi- voglio manifestare la nostra gratitudine verso un artista che, senza nulla chiedere al territorio, ha svolto un'eccezionale ed efficace azione di rilancio d'immagine non solo della nostra città, ma dell'intero comprensorio modicano. Zingaretti lo ha saputo fare interpretando da par suo l'essenza della nostra terra e di quanti ci vivono: gente ospitale, generosa e ricca di fantasia».
L'iniziativa è stata apprezzata proprio perchè in definitiva il «Commissario Montalbano» s'è rivelato un vero e proprio ambasciatore della terra iblea, in particolare poi le tre città accomunate nel «Barocco del Val di Noto» dell'Unesco. E' notorio, tra l'altro, che quei filmati riguardanti le fiction che hanno come protagonista il noto personaggio di Camilleri, vengono esportate all'estero.
Gi. Bu.
 
 

Il Piccolo, 27.3.2003
Anche la cultura si apre alle nuove tecnologie. Gli editori e gli autori hanno scoperto una vetrina importante e un modo nuovo per vendere La letteratura on-line diventa un libro aperto
Da Stephen King ad Andrea Camilleri: sul portale alice.it un indice con oltre mille siti

TRIESTE - Anche la cultura sta aprendo le sue frontiere al mondo senza confini della Rete. In verità gli autori si dimostrano molto refrattari a mostrarsi in Internet. Tuttavia il potere della divulgazione di testi on-line sta contaminando anche i «Soloni» della letteratura. Solo negli ultimi tempi il numero dei loro siti sta crescendo, anche sull’onda del successo delle vendite on line.
[...]
Anche nel web italiano gli scrittori si stanno affacciando. Da Camilleri alla Tamaro (www.rcs.it/susannatamaro), gli autori italiani aprono la loro vetrina on line. Ed Alice (www.alice.it), il portale del libro nella rete, nella sezione scrittori e lettori, ci fornisce un indice con oltre mille siti di scrittori italiani e stranieri on line.
[...]
Si va [...] al gettonato Andrea Camilleri, che con il Salvo Montalbano site (www.geocities.com/Athens/Agora/1803/) dà corpo al mondo del popolare commissario attraverso le corrispondenze topografiche tra i luoghi dei racconti e la Sicilia vera, con l’aggiunta di un glossario delle espressioni più colorite.
[...]
 
 

La Stampa, 27.3.2003
Esploratori dell´ignoto

DOTTOR Calasso, avete un'idea di chi siano i lettori di Adelphi? «In teoria dovremmo averla meno di chiunque altro, perché nel nostro lavoro non abbiamo mai considerato la voce marketing. Il pubblico è e rimarrà sempre uno sconosciuto, nei confronti del quale il meglio che si possa fare è applicare la regola evangelica: non fare a lui cose che non vorresti fossero fatte a te stesso. Che nell'editoria si può tradurre così: pubblicare soltanto libri che piacciono molto a chi li pubblica. E pubblicarli nel modo e con le maniere che possono essere più attraenti e più giuste in rapporto all'oggetto, che è il singolo libro. Questo si riconosce già da come il libro si presenta: la grafica, l'immagine di copertina, il risvolto compongono una sorta di "lettera a uno sconosciuto". Gesto molto delicato, come tutti sappiamo». Signora Sellerio, chi sono i lettori della sua casa editrice? «Oh, è la grande curiosità della mia vita. Nella mia folle fantasia io penso sempre, nei momenti magari in cui sono di cattivo umore, che c'è qualcuno che sta leggendo un qualche libro da me pubblicato. E allora la mia solitudine, quando c'è, si attutisce, si attenua, si sublima, se così può dirsi. Non sappiamo chi sono i nostri lettori, almeno io non lo so; li immagino tutti migliori di me, più intelligenti di me, più bravi di me. Ogni libro che faccio è un esame che devo passare. E i miei esaminatori sono questi lettori che escono dall´ombra». Da Milano a Palermo, da Adelphi a Sellerio, dalla casa editrice nata per realizzare i progetti di un intellettuale scomodo come Bobi Bazlen alla casa editrice sorta per iniziativa di un intellettuale altrettanto scomodo come Leonardo Sciascia: la nostra inchiesta sull'editoria si conclude con due casi che, nella diversità di dimensioni, hanno in comune il ritorno alla figura tradizionale dell'editore, che nel tempo dei PC, del Web, dei cd-rom e dei dvd, sceglie i libri quasi annusandoli e si vuole estraneo alle tentazioni del mercato. Nate entrambe negli anni sessanta, che hanno visto fiorire i cambiamenti di stile e di gusto - 1963 Adelphi, 1969 Sellerio -, dopo la fine del realismo e dell'impegno, in un clima di espansione dei movimenti culturali, le due case editrici così segnate dall'imprintig dei padri nobili Bazlen e Sciascia, hanno costruito la propria storia sulla fedeltà all'identità e ai progetti d'origine: l'Adelphi giocando d'azzardo sul «grande autore viennese», la Sellerio radicandosi nella sicilitudine, borgesiana metafora della vita. «Nel corso del tempo, ci è capitato di essere definiti nei modi più opposti - dice Calasso -. Ed è stato anche divertente osservarlo. All'inizio guardati con sospetto come elitari, snob, aristocratici, sprezzanti. Poi, quando i nostri libri cominciarono a vendersi molto e alcuni titoli raggiunsero altissime tirature, i soliti censori dissero che eravamo troppo popolari, quindi commerciali, e che puntavamo al successo. Ma si trattava molte volte degli stessi autori - o di autori estremamente affini. Quello che è successo potrebbe invece essere descritto così: nel corso degli ultimi quarant'anni c'è stato un progressivo spostamento nell'asse della cultura italiana. Da un asse Gramsci-Lukács, a cui si atteneva fondamentalmente Einaudi (grande editore, sia detto per chiarezza), ci si spostava verso un asse Nietzsche, per noi evidentemente più congeniale. Ed era ora - se si pensa che per esempio Bazlen, che è morto nel 1965, aveva dovuto vivere in un'Italia retta per anni dal fascismo e poi dal sovietismo culturale. Il fenomeno che più volte si è ripetuto con nostri autori è la straordinaria popolarità che hanno raggiunto dopo essere partiti come autori pressoché ignoti. Il primo caso fu forse Joseph Roth. Il suo primo romanzo, La Cripta dei Cappuccini, uscì nel 1973 in una tiratura di tremila copie. Oggi la totalità dei libri di Joseph Roth da noi ha venduto un milione e mezzo di copie. Un caso recente è invece Márai, dimenticato ovunque quando uscì in Italia. Oggi è un grande successo internazionale, a cominciare dalla Germania, dagli Stati Uniti, dall'Inghilterra». Quanto vende Márai, dottor Calasso? «Abbiamo pubblicato sei titoli, per un totale di 780 mila copie. Le braci ha venduto, da solo, poco più di 300 mila copie. I libri di Márai, di cui gestiamo i diritti mondiali, sono stati acquistati da ventisette Paesi. E c'è ancora una vasta parte della sua opera che rimane da scoprire». Da Milano a Palermo, dalla mitteleuropa alla sicilitudine, da Roth a Camilleri. «Io sono nata nella cultura siciliana - spiega Elvira Sellerio - e la casa editrice è quello che è perché sono siciliana: abbiamo vissuto anni terribili, nei quali ho fatto libri che raccontassero gli anni terribili. Non si può prescindere. La cosa importante è che il rapporto col territorio si colloca in un orizzonte molto largo, e fa parte di un legame costruito coi lettori, collana per collana, titolo per titolo. Faccio l´esempio della bellissima collana dedicata a romanzi giudiziari a cura di Remo Ceserani, che ci ha riservato anche sorprese del mercato, come nel caso di Anthony Trollope, romanziere ottocentesco che da noi era pressoché sconosciuto: ne avevo fatte tremila copie, dicendomi poi "Mamma mia che errore, non lo venderemo mai". Invece ha esaurito la tiratura rapidamente e ora lo stiamo traducendo tutto. Qualcosa di simile è accaduto anche con Andrea Camilleri. Le sue prime cose risalgono a dieci anni fa: lo abbiamo tenuto a lungo in catalogo prima che scoppiasse. Con la testardaggine di dire: no, è uno scrittore straordinario... Certo non pensavamo a un successo così strepitoso. In realtà una volta io ho detto: ne venderemo centomila copie, ed era assolutamente impensabile». Quanto vende Camilleri, signora Sellerio? «Dei titoli di Mondadori, non lo so. Per i quattordici libri pubblicati da me, la media è di quasi mezzo milione di copie l'uno. Mai di colpo, ma negli anni. Per esempio, ora si vendono di più i libri che si sono venduti di meno, perché si vede che c'è il lettore che dice: li voglio tutti e si va comprando anche i vecchi». Due case editrici così atipiche rispetto non solo ai colossi, ma anche a marchi di tradizione come Einaudi o Garzanti, con quali strutture operano? Calasso: «Una struttura molto agile, dove mancano alcuni centri indispensabili altrove: non abbiamo marketing, non abbiamo ufficio grafico, non abbiamo direttori di collana, non abbiamo scout. In compenso abbiamo una redazione molto forte e articolata, che si preoccupa innanzitutto di pubblicare bene i singoli libri, dedicando molte energie, per esempio, alle traduzioni, come ha insegnato da sempre Luciano Foà. La qualità di un libro dovrebbe risaltare in tutti i suoi aspetti. Inoltre, all'esterno della casa editrice, abbiamo un gruppo di collaboratori molto disparati, con cui ci si intende bene e rapidamente. Tutta la burocrazia interna è ridotta al minimo. Detto questo, a quanto pare la riconoscibilità dei libri Adelphi è molto alta, sia per i titoli sia per il modo di presentarsi dei libri. Cosa che sembra oggi molto importante, se si pensa che, secondo una lamentela ricorrente, le case editrici ormai tendono a essere tutte un po' troppo uguali. Ma è curioso anche ricordare che la collana più famosa e riconoscibile di Adelphi, la Biblioteca, ha una grafica fondata su un disegno di Aubrey Beardsley del 1896, quindi risalente a più di un secolo fa». Sellerio: «La nostra è una struttura molto piccola: siamo cinque o sei in tutto, compresi gli amministrativi. Per cui è ancora divertente fare questo lavoro. Ma le cose stanno un po' cambiando. Io prima facevo veramente tutto, mentre ora c'è Antonio, mio figlio: si occupa del commerciale, progetta la scolastica, ha in mente i cd-rom. Una persona, bravissima, segue l'amministrazione. Io, per ora, faccio i programmi editoriali, con tanti collaboratori: Canfora, Buttitta, Molino, Tabucchi. Nel nostro futuro vedo una grande casa editrice. Oddio, grande già lo è, ma si apriranno altri filoni». Niente marketing, struttura minima. Ci deve essere un'idea vincente di editoria: quale? Calasso: «L'editoria si può fare in mille modi diversi. A noi ne interessa soltanto uno. Quello che considera la casa editrice stessa come un opus, composto dalla totalità dei suoi libri. È come un paesaggio mentale, dove le singole parti devono stare bene insieme, non stridere, anzi devono aiutarsi a vicenda. E per il lettore deve essere la cosa più naturale del mondo passare dall'uno all'altro di questi libri. Per arrivare a tale risultato, i no sono decisivi, più numerosi e invisibili dei sì. È un gioco molto difficile, ma dove la noia è esclusa. Anzi, credo che tolleriamo tanti assilli solo perché il gioco è molto eccitante». Sellerio: «Un libro è come una persona: o va bene, ci pare adatto, nella forma e nel contenuto, o non va bene. Non so come si possa tracciare questo confine. Veramente io ho deciso anche per antipatia o simpatia: magari ho pubblicato libri brutti ma che mi facevano simpatia. Però i libri possono essere anche antipatici. Non le è mai capitato di comprare un libro e poi dire: "Che orrore, non lo leggo più, è troppo antipatico"? Per me ci vuole una qualità speciale: quella dell'onestà. Mi arrivano testi scritti bene, che non sono veri, non sono sinceri. Ecco che cosa forse conta nelle nostre decisioni: il piacere del racconto». Alla fine della nostra inchiesta, c'è una domanda d'obbligo: che futuro mostra la sfera di cristallo per il mestiere di editore? Sellerio: «Non lo so. Questo è un mestiere che o si affronta da un punto di vista imprenditoriale - che è una cosa che io non ho mai fatto ed è un miracolo che non sia fallita - o si affronta con leggerezza: sono diventata vecchia seduta a questo tavolo, è un lavoro che mi è costato di affetti, di vita. Di tutto. Non so immaginarlo diversamente». Calasso: «Nei suoi tratti fondamentali, l'editoria è un mestiere che cambia molto lentamente. Se leggiamo le lettere di Flaubert ai suoi editori, ci accorgiamo che alcuni elementi chiave del meccanismo sono rimasti identici. Certo, oggi tutto è un po' più macchinoso. Ma il mestiere è quello di sempre: fragilissimo, incertissimo, rischiosissimo, affascinante, destinato a durare. Perché finisca, dovrebbe finire l'atto di leggere. Ma per chi ama leggere, leggere è come respirare».
Alberto Papuzzi
 
 

Il Gazzettino, 28.3.2003

UDINE - Sarà l'attore e regista udinese Massimo Somaglino, uno dei più apprezzati sperimentatori del panorama teatrale friulano, il protagonista del terzo appuntamento di "Parole incontrate", il ciclo di letture organizzato dal Teatro Club di Udine e dalla Biblioteca Civica "V.Joppi", in programma oggi, alle 18, nella ormai tradizionale sede della Libreria Librincentro di Udine, in via Viola. Massimo Somaglino si cimenterà nella lettura di alcuni brani della "nuova" narrativa italiana, in alcune delle sue espressioni più significative: le esagerazioni pulp dei "cannibali" Niccolò Ammanniti e Giuseppe Culicchia, le leggerezze ironiche di Stefano Benni, i voli da penna virtuosistica di Alessandro Baricco, la pensosa umanità dei "gialli" siciliani di Andrea Camilleri.
 
 

Il Messaggero, 29.3.2003
Rieti. I LIBRI PIU’ VENDUTI
Il giallista Camilleri fa ancora centro con la nuova inchiesta di Montalbano

Montalbano mette tutti in riga e sale in vetta alla classifica della settimana. "Il giro di boa" (Sellerio 10.00 €) dello scrittore siciliano Andrea Camilleri conquista ancora una volta i lettori del commissario più famoso d’Italia. Il nuovo caso si presenta più difficoltoso dei precedenti, tutto ha inizio con un cadavere ripescato in alto mare dallo stesso Montalbano. Per il commissario l’inchiesta è una sfida che lo induce a fare marcia indietro sull’originario proposito di dimettersi. Più che scrivere storie, Camilleri inventa personaggi e poi li fa recitare fra le quinte di un teatro di cui è lui il regista. Noi assistiamo alla commedia, divertiti, fino a quando il crescendo drammatico della storia diventa incalzante e la nostra immaginazione si trova di colpo a dipendere dalla geometria del meccanismo poliziesco.
Un altro giallo che continua ad essere richiestissimo è "Io uccido" (Mondadori, 17.20 €) di Giorgio Faletti, che è ormai da annoverare tra gli scrittori italiani più conosciuti.
a cura di Domenico Di Cesare
Classifica redatta in collaborazione con la libreria Gulliver (www.rietilibri.it).
 
 

Il Sole 24 Ore (suppl. "Domenica"), 16.2.2003
Narr'Italia. Nell'ultimo, felice romanzo della serie del commissario, Camilleri lancia un'invettiva sull'Italia di oggi.
La rabbia di Montalbano

Sulla discontinuità dovuta, crediamo, a eccessiva prolificità della narrativa di Andrea Camilleri, abbiamo espresso più volte il nostro parere su queste pagine. Non memorabile, ad esempio, la sua opera più ambiziosa, il romanzo storico Il Re di Girgenti. Ma il Camilleri che preferiamo è proprio quello più noto al grande pubblico, il creatore del commissario Salvo Montalbano. Magari anche sulla base di suggestioni metaletterarie, visto che oramai alla figura di Montalbano è associata l'immagine inconfondibile dello strepitoso Montalbano televisivo, Luca Zingaretti. In ogni caso, Montalbano è entrato a far parte dell'immaginario collettivo, come il Maigret di Simenon, e guai a chi ce lo tocca. Non si tratta, a questo punto, infatti, tanto di valutare con meticolosa acribia la qualità delle avventure del nostro commissario, libro dopo libro, quanto di accogliere, con disinteressato piacere di lettori, ogni nuova puntata: è bello ritrovare periodicamente un personaggio che ci è familiare, e che, soprattutto, è clamorosamente simpatico, perché ironico, umano, perbene. Letteratura di intrattenimento? Può darsi, ma che importa? Comunque, letteratura di alto intrattenimento, garbata, non dozzinale, e lontana da quelle forme di sensazionalismo che, oggi, stanno riducendo la narrativa poliziesca all'anticamera della macelleria. E vediamo di scordarci dei vezzi lessicali del dialetto siciliano, di cui Camilleri a volte abusa.
Ma la nostra avventura di Montalbano, Il giro di boa, ci fa conoscere un aspetto dello scrittore e del suo personaggio che, fino a questo momento, era rimasto un pò in ombra (sviluppato, se mai, sotto un'angolatura populista, in Il Re di Girgenti). Stiamo parlando del risentimento eticosociale. Dal momento che il Montalbano di Il giro di boa è molto, ma molto, arrabbiato. Lo vediamo sin dalle prime pagine. E' arrabbiato per la situazione del nostro paese. Per le bombe Molotov di cui "la procura di Genova" "si era fatta persuasa" che fossero state portate nella scuola Diaz "dagli stessi poliziotti per giustificare l'irruzione". E si tratta di suoi "compagni e colleghi"! Sta di fatto che nel libro si mescolano con calibrati dosaggi fervore narrativo e fervore polemico. Ed è un mix che, letterariamente, funziona. Un esempio di quest'ultimo aspetto: il pensiero di Montalbano sull'insensibilità della gente ai problemi degli immigrati extracomunitari, che si portano appresso non l'odore "di gente mal lavata", come c'è chi sbrigativamente conclude, ma quello "d'angoscia, di sofferenza, di disperazione arrivata a quel limite oltre il quale c'è "sulamenti la spiranza della morti". E si tratta di persone provenienti "da tutte le parti più povere e devastate del mondo": una "migrazione epocale" contro cui non può far nulla quella che, nel romanzo, viene chiamata, con un gioco malizioso di richiami di assonanze, la legge "Cozzi-Pini". Non bastasse, ride amaro Montalbano, discorrendo con l'ex fumatore Augello, quando dice che "oggi stanno facendo leggi severissime e quasi persecutorie contro i fumatori"; mentre "verso i cocainomani c'è maggiore tolleranza, tanto la pigliano tutti, sottosegretari, uomini politici, manager". Concludendo con la battuta che, se qualcuno di fianco a te può accusarti di avvelenarlo col fumo passivo, "non esiste", invece, "la cocaina passiva". E perciò verrebbe da pensare, per paradosso, che "la cocaina fa meno danno sociale rispetto al fumo".
Ma l'intero romanzo è percorso dall'invettiva (con le debite proporzioni, alla maniera di Dante della Commedia) su vizi, miserie e difetti dell'Italia. Bello, il mondo in cui Montalbano si accorge di vivere: un paese di "matri che ammazzavano i figli in culla senza un pirchì, di figli che scannavano matri, patri, fratelli e sorelle per soldi, di bilanci falsi che a norma di nuove regole non erano da considerarsi falsi"... Tanto che, in conseguenza di questo, all'inizio del romanzo, vuole dare le dimissioni (e addio, per il lettore, puntate future). Tranne poi ripensarci appena si imbatte, nuotando al largo, in un cadavere galleggiante. Pressoché impossibile da identificarsi, tanto è decomposto; ma che fa sospettare più un delitto che una morte per annegamento. E, di fatto, delitto è: "A quell'omo l'hanno annigato dopo averlo legato mani e pedi". E' maestro, e notevole, Camilleri nel dilatare la trama. Che si avvia dall'indagine (problematica) sull'identità del morto, allargandosi poi a un'altra inchiesta, quando un piccolo extracomunitario, un bambino appena sbarcato clandestinamente in Sicilia, viene ucciso. Quanto basta perché Montalbano superi l'umor nero e ritrovi l'energia per frugare nel marcio del traffico di immigrati e della compravendita di organi umani... Si confondono e si sovrappongono anche qui, come sempre in Camilleri, dramma e ironia: gli spropositi linguistici di Catarella, i bonari contrasti fra il commissario e i suoi uomini, i perenni litigi telefonici con Livia e le avances dell'intraprendente svedesina Ingrid. Camilleri ama la teoria della ripetizione e il gioco funziona. Mentre si profila, nel corso della trama, un lirismo della natura non poi così usuale in Camilleri: "Arabeschi di nuvole leggere", "lo scruscio di una carezzevole risacca", "una nuttata" "dolcissima, forse tanticchia troppo": sempiterno motivo consolatorio rispetto alle sciagure degli uomini.
Giovanni Pacchiano
 
 

Corriere della sera, 30.3.2003
GIALLI. Nel più politico tra i romanzi di Camilleri, il commissario in crisi affronta il racket dei clandestini
Montalbano sull'orlo dell'addio

Per molte pagine del nuovo romanzo di Camilleri il commissario Salvo Montalbano si trova al «giro di boa». Non per caso l’espressione è anche il titolo del libro, pur comparendovi solo di sfuggita in occasione di una regata vista alla tv. Fin dai primi capitoli, infatti, l’investigatore di Vigata rimugina se abbandonare o no la polizia: motivo dello sconforto sono le violenze operate dai questurini di Genova dopo il G8, con la benedizione di un partito di destra; e quando gli ricordano che era successo anche a Napoli sotto il centro-sinistra, mormora sconsolato: «Questa lurdìa è dentro di noi». Saranno gli eventi, ancorché tragici, a trascinarlo lontano dalla boa del ritiro a vita privata. Il cadavere che gli sbatte contro mentre nuota e la brutta fine di un piccolo clandestino lo risucchiano nel pianeta immondo del commercio di uomini e bambini, fra mercato degli organi e pedofilia. E’ forse l’indagine più dura e amara di Montalbano, che a un certo punto inveisce contro la legge «Cozzi-Pini» (leggi Bossi-Fini) sull’immigrazione nel più politico fra i romanzi di Camilleri, il cui impegno civile è sempre stato manifesto ma non così esplicito nei riferimenti polemici.
Delle storie di Vigata, tuttavia, questa è anche la più ricca d’introspezione, sfumature, psicologia. Fra pulsioni di rinuncia, rabbia e compassione, la mente di Salvo vacilla fino a perdere il bandolo e a ritrovarlo in extremis, dopo sequenze degne dei miglior thriller. Ma ciò che resta è l’eroe dolente, ferito, che vince ancora una volta benché veda prossimo e incombente il «giro di boa».
ANDREA CAMILLERI Il giro di boa (Sellerio, Pagine 280, Euro 10)
Cesare Medail
 
 

Il Piccolo, 30.3.2003
Il procuratore di Trieste Pace diventa personaggio di un giallo di Camilleri
«Superata la fantasia letteraria: le indagini hanno accertato che esiste un fenomeno criminale inimmaginabile». Missione a Bruxelles con il pm Fadda
La Procura triestina ispira Montalbano
Pace: «La lotta contro il traffico di organi è una drammatica realtà»

La Procura distrettuale antimafia di Trieste entra nel «giallo», per la precisione nel romanzo in questo momento più venduto in Italia. Nell’ultima avventura del commissario Montalbano, «Il giro di boa», da pochi giorni nelle librerie per le edizioni Sellerio e già al vertice della classifica dei titoli più venduti, Andrea Camilleri cita l’attività della Procura distrettuale antimafia di Trieste e il lavoro di indagine che sta svolgendo a livello internazionale sul traffico di organi umani.
In quello che viene definito il thriller più difficile e crudo affrontato dal popolare commissario di polizia interpretato sullo schermo da Luca Zingaretti, Montalbano si imbatte in una vicenda di immigrazione clandestina che nasconde una terribile verità. E’, nel romanzo, un giornalista a mettere Montalbano di fronte a una realtà difficile da digerire: «Recentemente - spiega a pagina 206 il giornalista all’allibito commissario - un pm di Trieste ha raccolto una quantità enorme di intercettazioni telefoniche che parlavano di compravendita di bambini extracomunitari per espianti d’organi. Le richieste di trapianti sono in continuo aumento (...)».
Fiction letteraria? No, tutto vero. La citazione è esplicita, si basa su fatti concreti e fa riferimento all’attività della Procura distrettuale antimafia di Trieste guidata da Nicola Maria Pace. Il quale, guarda caso, è un accanito lettore di Camilleri e un fan del commissario Montalbano. «Appena uscito ho subito comprato ”Il giro di boa” - dice Nicola Maria Pace - e quando sono arrivato al punto dove si parla della nostra attività non sono rimasto troppo sorpreso: il sistema investigativo della Procura trestina è conosciuto a livello internazionale, specie dopo essere stato reso pubblico dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul traffico di esseri umani».
A Trieste - dove tra l’ altro opera Federico Frezza, uno dei magistrati più esperti di immigrazione clandestina a livello europeo - la Procura distrettuale ha avviato il primo procedimento del genere in Italia nato proprio dalle indagini sull’immigrazione illegale. «Un macro-fenomeno - afferma Pace - dentro il quale troviano micro-fenomeni al limite dell’immaginazione criminale, quale appunto quello del traffico d’organi». Anni di raccolta dati, intercettazioni telefoniche, scambi di informazioni con altri Paesi hanno portato Pace e i suoi collaboratori a una convinzione: «Il traffico d’organi è un fatto, e in Italia riguarda persone che, in attesa di un trapianto, si mettono in contatto con agenzie che procurano loro l’organo da trapiantare; gli espianti avvengono in altri Paesi: abbiamo documenti filmati di una clinica estera dove si effettuano queste operazioni, utilizzando in genere persone adulte e malate di mente; spesso l’espianto comporta la morte della persona espiantata. E ci sono anche le tariffe: un rene costa 20 mila dollari».
Il 2 aprile Pace volerà a Bruxelles assieme al collega Luca Fadda per partecipare a un meeting internazionale sul traffico di esseri umani, e sarà l’occasione per uno scambio di informazioni su un fenomeno criminale complesso che preoccupa tutte le procure d’Europa. Perchè la realtà, dice il magistrato, supera in orrore la fantasia. «Se potessi - conclude Pace - arruolerei volentieri il commissario Montalbano».
Pietro Spirito
 

Lo scrittore di Porto Empedocle conferma il riferimento al lavoro degli inquirenti giuliani
Camilleri: «E’ tutto documentato»

«Come scrivo nella nota in appendice al libro ho tratto le informazioni sull’attività della procura distrettuale antimafia di Trieste da alcuni servizi giornalistici. Non conosco personalmente Nicola Maria Pace, ma ammiro il suo lavoro e mi piacerebbe conoscerlo». Andrea Camilleri nel suo ultimo libro «Il giro di boa», settimo episodio delle avventure del commissario Montalbano, ha scelto di rappresentare uno dei fenomeni più complessi della realtà criminale italiana, il traffico di organi legato all’immigrazione clandestina, che ha proprio a Trieste una delle centrali di contrasto.
Del resto non è la prima volta che Montalbano si imbatte nel traffico d’organi.
No – risponde Camilleri – già nella «Gita a Tindari» Montalbano ha a che fare con il traffico di organi e di clandestini; ma allora conoscevo poco questa realtà, e la vicenda viene trasposta in forma più romanzata. Poi questa estate, a Porto Empedocle, ho assistito di persona a uno sbarco di clandestini fermati dalle motovedette: uno vero strazio, e i primi a essere straziati da quelle scene erano proprio i poliziotti. A settembre si è ribaltata un’altra barca di clandestini, ed è stata un’altra tragedia; allora ho sentito il bisogno di saperne di più, di conoscere più a fondo il fenomeno. E mi sono imbattuto in realtà terribili.
Nel romanzo si parla anche del G8 di Genova, si cita la legge sull’immigrazione (che ha fatto infuriare la Lega) e insomma la storia è fitta di riferimenti alla cronaca più attuale.
Da un po’ di tempo sento stringente l’urgenza di parlare della realtà che mi circonda, di quello che non mi piace. Anche nella finzione romanzesca.
Anche «Il giro di boa» avrà una trasposizione televisiva con Zingaretti?
Non lo so, perché al di là delle polemiche di questi giorni non sono stati firmati nuovi contratti per un’altra serie di film su Montalbano. Alla Rai dev’esserci qualche problema economico e organizzativo.
p. spi.
 
 

Gazzetta del Sud, 30.3.2003
Libreria

Andrea Camilleri, Il giro di boa Sellerio (2003)
Questa volta Montalbano si addentra nelle zone più impervie della cronaca. G8, fatti di Napoli, traffico e sbarchi di clandestini, schiavismo... Riusciranno lo sdegno e l'umanità del commissario ad averla vinta? Forse. Ma quella che in fondo ci vuole raccontare Camilleri è un'altra storia di fallimenti. Il fallimento secolare che perseguita come un insopportabile fardello la nostra terra. Nelle prime trenta-quaranta pagine il lettore fatica un po' a orientarsi a causa del troppo ricco linguaggio. Poi, atmosfera e personaggi ormai ben definiti hanno la meglio. Certo è che un po' tutto il romanzo avrebbe meritato una registrata in più, un po' più di controllo. Il linguaggio è troppo carico. E Camilleri appare stanco e in alcuni casi frettoloso.
Carlo Lucarelli, Carta bianca Sellerio (1990- 2002)
Che libro! È ambientato negli ultimi giorni della repubblica di Salò e quest'ambientazione dà al romanzo un'atmosfera cupa, un carattere tetro, come se i personaggi si muovessero costantemente sull'orlo di un baratro. Il fascino del protagonista, il commissario De Luca, è memorabile: quel suo ostinarsi a rincorrere delle ombre, quel rovistare fra le rovine, mentre il tempo, la Storia l'insegue. È come se De Luca, nell'ora del disinganno, volesse resistere, aggrappandosi all'esistenza, un'esistenza in cui non c'è più tempo nemmeno per il rimorso, in cui la sofferenza si può anche rinviare, un'esistenza che “provoca” il commissario costringendolo a portare avanti l'ennesina – l'ultima? – indagine. Per chi legge «Carta bianca» è inevitabile la lettura di «L'estate torbida» e «Via delle Oche», romanzi costruiti sempre sulle inchieste dell'italianissimo commissario De Luca.
a cura di Davide Marchetta
 
 

Gazzetta del Sud, 30.3.2003
Modica. Attribuita all'attore Luca Zingaretti la cittadinanza onoraria
Tutti attorno al commissario

MODICA – Vigatese o modicano, resta sempre Montalbano! Il celebre commissario dell'omonima fiction televisiva Rai, ha ricevuto ieri pomeriggio a Palazzo S. Domenico, dal sindaco Piero Torchi, la cittadinanza onoraria. A Salvo Montalbano, al secolo Luca Zingaretti, va il merito di aver veicolato in gran parte d'Europa le bellezze naturali e architettoniche della nostra provincia, set dell'immaginaria Vigata in cui opera il commissario e la sua valente squadra. Un plauso va a Pasquale Spadola, che ha accuratamente scelto le location. Ragusa, Scicli e ovviamente Modica hanno contribuito al successo della fiction, fungendo da ideale e suggestivo proscenio per le appassionanti inchieste del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri. Un territorio da valorizzare e, soprattutto, preservare: lo stesso Montalbano, in uno degli episodi della fiction, si è disperato per un secolare albero sradicato senza pietà per far posto a un albergo. In questi casi, il confine tra fantasia e realtà può essere davvero labile. Tornando a Zingaretti, ieri sera si è detto orgoglioso e commosso per il riconoscimento ricevuto, affermando con l'inconfondibile cadenza, «modicano sono»! La cerimonia si è svolta nell'aula consiliare, straripante di pubblico. Oltre alla pergamena dell'attestato di cittadinanza onoraria, conferita a Zingaretti «quale testimonial delle culture, delle tradizioni e di tutto il distretto culturale del Sud Est», il sindaco Piero Torchi ha consegnato all'attore l'Ercole di Cafeo, simbolo del grande passato della Città della Contea. «La vostra è una terra che rimane nel cuore» ha affermato Zingaretti, accompagnato da Marcello Perracchio. Il commissario Montalbano è oramai entrato a pieno titolo nell'immaginario collettivo, con la sua caratteristica pelata. Ma secondo Zingaretti, quanto il suo look ha influito nella caratterizzazione visiva del personaggio che interpreta? «Sinceramente non saprei. E' comunque un dato di fatto che la gente mi identifica con il commissario e la cosa non può che farmi piacere».
Antonio Di Raimondo
 
 

La Sicilia, 30.3.2003
Modica. Cittadinanza onoraria al famoso interprete del «Commissario Montalbano»
Da ieri Luca Zingaretti è «modicano»

Modica. Luca Zingaretti, meglio conosciuto come il «Commissario Montalbano», da ieri è ufficialmente modicano. La cittadinanza onoraria gli è stata conferita nel corso di una solenne cerimonia, svoltasi nella sala consiliare di palazzo San Domenico. E' stato il presidente del Consiglio comunale, Enzo Scarso. ad aprire la serie degl'interventi, dinanzi a numerose autorità e ad una folla trabocchevole. «Un testimonial dei nostri luoghi -ha detto - un interprete che ha saputo raccontare la vera gente di Sicilia». E' seguito il vicesindaco, senatore Riccardo Minardo, esaltando il ruolo svolto da Zingaretti ai fini della valorizzazione in termini d'immagine della città capitale della medievale Contea, del suo territorio, delle sue bellezze e dei suoi abitanti. Marco Sammito, capo dell'ufficio stampa del Comune, ha presentato quindi un «collage» di filmati della fortunata serie del personaggio camilleriano, con particolare riferimento a quelli girati nel centro storico modicano. E' stata poi la volta del sindaco Piero Torchi, che ha posto l'accento sulla fase di «rinascimento della città, che non si basa solo sul fatto che essa è un bene dell'umanità riconosciuto dall'Unesco ma anche sulle sue bellezze e sulla tradizionale ospitalità della sua gente, fatte risaltare nella magistrale interpretazione di Zingaretti».
E' seguita la consegna della classica pergamena che ufficializza la cittadinanza onoraria (il cui contenuto è stato letto dall'assessore alla cultura, Giorgio Cavallo), nonchè della riproduzione della statuetta ellenica dell'Ercole di Cafeo e del poster raffigurante il dipinto dello «Giuramento di Castronovo» del pittore Tomassetti, che adorna la sala consiliare. 
Infine il neo modicano s'è detto «felice ed onorato, oltre che emozionato» per il riconoscimento, e ha ringraziato vivamente sottolineando di essere profondamente innamorato della terra di Sicilia, dei suggestivi luoghi in cui si sono fatte le riprese della fortunata serie del «Commissario Montalbano», degli abitanti, esplicitando una grande nostalgia, essendo questo, dopo ben quattro anni consecutivi, un periodo di stasi ai fini della continuità della serie televisiva basata sui racconti di Camilleri. A conclusione l'attore dello Stabile di Catania, Marcello Perracchio, modicano, s'è detto lieto di partecipare alla cerimonia ed ha ringraziato per l'iniziativa il sindaco e l'amministrazione comunale, condividendone lo spirito.
Giorgio Buscema
 
 

30.03.2003
Mord und Pasta. Andrea Camilleri und der Erfolg des Italokrimis

Pasta e assassinio. Andrea Camilleri e il successo dell'Italcrimini è il titolo del documentario sul giallo italiano realizzato da Susanne Dobke per il canale culturale satellitare franco-tedesco ARTE. Il documentario, che andrà in onda in estate, farà parte di una intera serata letteraria sul tema, all'interno della quale verrà anche trasmesso il telefilm Il ladro di merendine.
Come guida letteraria per il documentario è stato scelto Andrea Camilleri (definito "padrino di un nuovo tipo d'autore"), il quale parlerà dei suoi colleghi giallisti, alcuni dei quali sono stati intervistati nelle loro città: Santo Piazzese a Palermo, Nino Filastò a Firenze, Carlo Lucarelli a Bologna e Andrea G. Pinketts a Milano.
A testimonianza del successo di Camilleri, il programma si è interessato anche al Camilleri Fans Club. La nostra testimonianza è stata però esclusa dalla versione definitiva del programma.
Anteprima del documentario a Monaco di Baviera domenica 30 marzo, alle ore 19:00, al Literaturhaus, nell'ambito del Krimifestival München.
 
 

Virgilio - Sapere e libri, 3.2003
Andrea Camilleri - Il giro di boa 
Camilleri impegnato, Montalbano politico. L'inchiesta su un cadavere trovato in alto mare porta il commissario più famoso d'Italia sull'orlo delle dimissioni e lo precipita in vicende di razzismo, repressione poliziesca, disperazione. Un thriller che trasformerà la personalità di Montalbano, un punto di non ritorno.
 
 

L’Obiettivo - Quindicinale della popolazione madonita e dei siciliani liberi, 31.3.2003
All’ombra di un fenomeno letterario
Si diffonde il Camilleri Fans Club: il presidente è un castelbuonese
Nostra intervista a Filippo Lupo

Come e perché è sorta questa particolare associazione arrivata anche agli onori della tv nazionale?
"Il Camilleri Fans Club nasce per scherzo, per babbìo: un giorno, un mio amico commesso della libreria Sellerio, mi propone La stagione della caccia di Andrea Camilleri. Erano già usciti i primi libri sul commissario Montalbano. L'ho letto e sono stato colpito dalla lingua, dalla parlata, dalle storie, da tutto il resto. Nel piacere di questa lettura ho coinvolto amici, colleghi particolarmente attenti, gente che ama leggere, e ne abbiamo sempre parlato. Ho detto loro: «Picciotti miei, guardate che ho letto questo autore di cui sconoscevo completamente l'esistenza fino ad ora, è eccezionale». Alcuni già ne erano a conoscenza. Ci siamo così ritrovate cinque o sei persone ad appassionarci alla grandezza dell'autore. Poi un giorno (siamo nel 1996-97), per puro scherzo, un altro collega, Beppe Di Gregorio, mandò una email a tutti gli altri, con l’intestazione del Camilleri Fans Club, scrivendo: «Ho saputo che esce un nuovo libro di Camilleri…». Poi da cosa nasce cosa, abbiamo cominciato a raccogliere materiale, a fare un po' di proselitismo pure con altri colleghi, finché a un altro di questi miei colleghi, Mario La Mantia, è venuta l'idea geniale che è stata quella che in effetti ha fatto partire la cosa: fare un sito internet denominato www.vigata.org".
Allora se non ci fosse stato internet questa idea...
"Se non ci fosse stato internet saremmo rimasti a chiacchierare amabilmente fra di noi pochi colleghi, avremmo magari allargato la cosa, avremmo assistito da testimoni all'esplosione degli scritti di Camilleri... Inizialmente il sito era ospitato da un gestore gratuito di siti, come tanti ce ne sono, poi quando la cosa ha preso piede abbiamo visto che l’idea cominciava a diventare seria e il sito cominciava ad essere apprezzato, da ovunque ci arrivavano attestazioni e riconoscimenti. Nel 2001 abbiamo registrato un dominio e cominciato ad occupare il nostro tempo libero valorizzando le produzioni letterarie di Camilleri".
Oggi è diventato un fenomeno. Quanti accessi contate in media da quando siete sorti?
Dal febbraio del ’97 abbiamo avuto circa 140.000 accessi totali. In una classifica dei siti in generale noi siamo intorno al 300.000° posto a livello mondiale, non è assolutamente male".
Allora cerchiamo di capire cosa attrae la gente di Camilleri o del personaggio che ha creato? Quale tipologia di espressioni, di trasmissione di energia acchiappa il pubblico? 
"La mia opinione naturalmente è di parte, però vale la pena conoscere Camilleri, è una persona burbera ma simpatica. Quando attacca a chiacchierare non si ferma più, la sua esperienza umana e di lavoro gli ha fatto acquisire un campo di conoscenza vastissimo, a parte la cultura personale, ed anche la sua visione del sociale, della politica, è interessante. Egli è un conversatore assolutamente amabile e coinvolgente, alle volte quasi dispotico perché attacca a parlare iddu ed è difficile che riesci ad inserirti, però piace ascoltarlo. Invece, riguardo al personaggio che ha creato, è opportuno precisare che i telefilm di Montalbano hanno indubbiamente prodotto un ulteriore impulso alla fama di Camilleri, ma lui era già famoso, i telefilm sono stati fatti perché il commissario Montalbano era già un personaggio. I suoi romanzi avevano già sfondato. Il linguaggio usato, il suo modo originale di raccontare le cose, la sua attenzione ai temi sociali che traspare in parte dai romanzi ed anche dal suo impegno nella cultura e nella politica avevano già conquistato un vasto pubblico".
Camilleri è un uomo di sinistra?
"Sì, lui è assolutamente di sinistra. Ha raccontato di essere stato il primo segretario della sezione del Partito Comunista di Porto Empedocle (AG) dopo la fine della seconda guerra mondiale, sebbene per pochi giorni perché era figlio di un fascista (per quanto dica lui non particolarmente convinto). Lui ha continuato questa sua vicenda politica sempre nel PCI e poi si è un pochino allontanato, adesso non so sinceramente se si è iscritto a qualche partito politico, grosso modo il suo orientamento è quello del correntone dei DS, apprezza molto Cofferati e anche i movimenti girotondini a cui ha aderito".
Ritornando ai visitatori del sito, abbiamo detto che la parlata comunque conquista, ma cos'altro continua a tenere aggregati questi appassionati?
"La passione per l'autore è il momento di incontro, di contatto e di condivisione, ci si conosce in quelle occasioni, dopo di che tu entri in contatto con la gente, mediamente sono persone con cui c'è il cosiddetto comune sentire che oltre ai gusti letterari si può allargare anche ad altro e quindi si comincia anche a conoscersi personalmente, oltre che virtualmente. Si fa anche amicizia, sono nate delle amicizie vere, addirittura due si sono sposati, si sono conosciuti tramite la nostra mailing list che è il principale punto di aggregazione e di discussione del Club. Lo sviluppo principale è stato l'accrescimento, l'arricchimento del sito perché la gente che si viene a iscrivere alla lista o al club in generale molto spesso non si accontenta della semplice condivisione del comune interesse con gli altri e quindi propone; le proposte, le attività sono le più varie, la prima è quella dell'accrescimento del sito, del materiale del sito, di qualunque genere esso sia: testimonianze, recensioni, valutazioni, critiche, ricerche, approfondimenti sull'opera, scherzi, babbìi e poi c'è una parte di convivialità, un po’ limitata dal fatto che la comunità è nata e si sviluppa principalmente su Internet, quindi è difficile poter organizzare incontri fra una persona di Toronto, una di Palermo e una di Melbourne che pure ci sono, però qualche volta si fa, si è riusciti a farlo mediante delegati che si trovano dislocati ovunque. Tra persone che vivono nella stessa città o comunque nelle vicinanze è spontaneo, è quasi un percorso obbligato, prima o poi, dirsi: «E’ proprio il caso di conoscerci!»".
Dunque, ormai si è creata una struttura ben organizzata…
"Sì, involontariamente è venuta fuori una struttura con dei punti di riferimento geografici, che quando può partecipa ad eventi culturali che coinvolgono Camilleri o anche altri scrittori del nostro tempo e della nostra Sicilia come, per esempio, la presentazione del libro di Santo Piazzese oppure la laurea Honoris Causa a Camilleri a Milano...".
Dal punto di vista culturale e umano questa esperienza a te cosa ha portato?
"Dal punto di vista culturale ha aperto un mondo che credevo assolutamente precluso alla mia esperienza perché io sono laureato in matematica, faccio il programmatore. Non avrei mai immaginato di diventare un punto di riferimento per un discorso letterario grazie ad internet. Sono nati contatti diretti con l'editore Sellerio, con la casa di produzione dei telefilm di Montalbano e con altre case editrici, con altri scrittori perché poi, ovviamente, gli interessi si allargano, non puoi stare tutto il giorno a parlare di Camilleri. Dal punto di vista umano invece mi ha arricchito tantissimo il fatto di aver conosciuto gente splendida, sono nate per me amicizie veramente interessanti, con alcuni anche qualche diatriba".
Ma quando Camilleri non ci sarà più come scrittore voi ci sarete ancora?
"Certamente, perché noi ci siamo come sito, il nostro sito nasce e continua ad esserci soprattutto per divulgare l'opera di un siciliano. Il fatto che noi siamo siciliani non è casuale, non stiamo divulgando l'opera di un trentino o di un valdostano... finché ci sarà da dire qualcosa, aggiungere qualcosa di nuovo su questo argomento noi ci saremo".
Come vi siete suddivisi i compiti all’interno del Camilleri Fans Club?
"C’è un direttivo formato da me che sono il presidente, da Beppe Di Gregorio che è il direttore, e da Mario La Mantia, detto Catarella, che è il webmaster, la persona che ha creato il sito e che lo continua a gestire, poi ci sono altri che hanno ciascuno la propria competenza: così c'è la persona che cura le trascrizioni, quella che cura l'aspetto tecnico della mailing list o la pagina degli approfondimenti musicali. Non c’è una segreteria perché non c'è una struttura reale. Tutto si basa sul purissimo volontariato. Nel futuro, magari, potremmo costituire un’associazione ma abbiamo timore che nel momento in cui dovremo crearla ci sentiremo molto più vincolati di quanto già non siamo spontaneamente".
Tu conosci tutti i libri di Camilleri?
"Sì, certo. Io e gli altri, anzi conosciamo delle cose molto rare che veniamo a scoprire in maniera molto casuale oppure perché qualcuno ne viene al corrente e informa tutti gli altri. Addirittura abbiamo cominciato a produrre qualcosa anche noi. Per esempio, abbiamo proposto il dizionarietto vigatese-italiano delle parole e delle locuzioni che si trovano nel romanzo La voce del violino. Questa pubblicazione, edita da Sellerio nel dicembre scorso, è stata abbinata ad un CD-ROM della stessa casa editrice che contiene il cartone animato interattivo tratto dal romanzo stesso. Analoghe pubblicazioni sono state dedicate a Il cane di terracotta (2000) e Il ladro di merendine (2001)".
 
 

 


 
Last modified Thursday, September, 16, 2021