home page




RASSEGNA STAMPA

NOVEMBRE 2007

 
Asimmetrie,n.5 / Le Scienze, 11.2007
Con altri occhi / Il racconto
L’infinito a portata di mano
Andrea Camilleri
 
 

Il Mucchio Selvaggio, n.640, 11.2007
Backdoor book
Andrea Camilleri. Una storia laida
Andrea Camilleri, La stagione della caccia, Sellerio, pp. 154, euro 8

Spaccando il secondo, orgogliosamente, in un pomeriggio che si presume assolato, il postale "Francheschiello" come dire, approda (non lo fa) a Vigàta (Porto Empedocle). Come in un dagherrotipo, o se si preferisce, un fermo immagine, i passeggeri più benestanti stanno sulle barche che li porteranno al molo: solo uno, un giovanotto ch'è una stampa e una figura con Massimo d'Alema - baffino incluso, e ben altro - s'attarda un attimo e poi scende. È il capodanno del 1880. E s'aggira, il giovanotto, lungo le strada desertificate dalla controra (suona qui un tema western ampiamente morriconiano), incontrando solo un cane. E una statua curiosissima (su cui il cane sta segnando il territorio) essendo di colore ferrigno, priva di basamento ma al contrario assittata su una qualsiasi seggia di paglia, e per giunta gli fa cenni. È, di fatto il primo incontro con la nobile famiglia Peluso, Francesco Maria nonno e lordissimo essendo sua abitudine e privilegio non lavarsi mai. E suscita curiosità, il baffino straniero, specie al circolo dei nobili (un po' il motore immobile della storia) specie verso il figlio della laidissima statua che, superando le fragili barriere degli pseudonimi ricosce in lui tal Fofò La Matina, figlio di un suo antico campiere assassinato (ma va?) nonché titolare di un giardino miracoloso (prodigo di fertili minchie vegetali e fertilizzato con metodi tanto impropri quanto immaginabili). Nel mentre il nostro si sistema, titolare della prima e unica farmacia di Vigàta, felicemente saltan fuori e proseguono ottime sottotrame e flashback in cui si contempla la fatica perforatrice del marchese Peluso a fine di generare il figlio mascolo, alcuni effetti collaterali del giardino di La Matina padre e quello che è il coro (con le stesse funzioni di quello greco classico): il circolo dei nobili. Con il suo contorno a base di gioco delle carte, gioco di allusioni, gioco di sminchiate storiche e anticlericali (o viceversa). Fin qui niente: se non che parte di gran carriera e di lunga durata una specie di massacro, o sfiga o dio solo lo sa. Il primo ad andarsene (suicida in mare) è il marchese vecchio ("praticamente è morto lavandosi" il filiale commento); di seguito il marchesino, figlio vegetale, fungivoro e tenero amante di una capra, di seguito la di lui madre (marchesa e perforata). Venuti a mancare parecchi della nobile prosapia, il marchese Peluso, forse stanco di lutti, forse percorso da qualche paura (emminchia!) si trasferisce, pressoché in pianta stabile in una sua tenuta di campagna in cui intrattiene carnalmente la moglie del campiere (abbondantemente consenziente), ma mal gliene incoglie poiché anch'egli ci lascia le cuoia. Rimasta quasi sola la figlia 'Ntontò (e se la sciala il coro in ipotesi e commenti) si pensa bene di maritarla (male, si vedrà): a impedirlo un deus ex machina anzi, ex America che non fa a tempo a arrivare e ci lascia la pelle (moglie e cameriera idem). Ora uno dice: 'Ntontò o è orrendamente sfigata oppure. E interviene La Matina, sempre cortersemente presente all'epidemia pelusiana, che ancora una volta si offre volontario e sposa la marchesina. Fine? Ma chi era il killer e perché?
Non si dice e non lo farò. Ma dirò perche leggere questo Camilleri amontalbanico è cosa buona, bella e giusta. Primo, i personaggi: incisi nell'avorio con il bulino, come i netsuke giapponesi, e nello stesso tempo Tipi (il Barone, il Marchese, il Parrino, il Campiere e via elencando), e non facciamoci tentare dal paragone con l'Opera dei Pupi, che è altra cosa. Poi la scrittura che procede, mozartianamente, per contrappunti di levità assoluta, non facendosi, anzi! mancare l'allegria, l'ironia sorridente, il paradosso, il senso dello scherzo e, in fondo, della solenne inutilità d'ogni cosa. Ciò che non contrasta col sottile richiamo all'assurdo, onnipresente specie nel finale di marca purissimamente pirandelliana. Resta un ultimo quesito: perché per Fofò La Matina è stata qui evocata la fantasima di D'Alema? Vedete, anzi meglio, leggete voi.
Antonio Tettamanti
 
 

Cavallo Magazine, 11.2007
Il personaggio
I cavalli di Montalbano
Intervista ad Andrea Camilleri, ovvero il mondo equestre secondo il grande scriittore siciliano, da "La pista di sabbia" a Piazza di Siena.
Nato il 6 settembre del 1925 Andrea Camilleri costituisce un "caso" letterario in un Paese, il nostro, nel quale si legge assai poco. Con il suo utilizzo della lingua, ora italiana ora siciliana, che allontana o avvicina, con le sue trame e con i suoi personaggi, si può affermare che Camilleri abbia fatto far pace agli italiani con la buona lettura. Addirittura in Internet esiste un fan club a lui personalmente dedicato.
Ci si arriva digitando www.vigata.org.

«Sgiacchettatevi». Sarebbe bastato questo semplice invito, rivolto da Andrea Camilleri, appena entrati nel suo studio romano, a chi scrive e al nostro direttore, a definire la statura umana di uno dei più grandi scrittori del nostro tempo. Incontrare un mito - e Camilleri è un mito della letteratura mondiale, tradotto in ventinove lingue, con svariati milioni di copie vendute - può essere molto deludente, a volte. Il geniale creatore di Montalbano, invece, è esattamente come ci si immagina che sia: gentile, disponibile, spiritoso e anche, perché no, curioso, a giudicare dalle tante domande sui cavalli che lui ha rivolto a noi!
E dire «Sgiacchettatevi» con la sua voce bassa, impreziosita dall'accento siciliano, in fondo, è stato un modo molto semplice e cortese, da parte sua, di metterci a nostro agio. Così, quella che doveva essere un'intervista formale, si è trasformata da subito in una chiacchierata tra vecchi amici, perché tale appare Camilleri non appena lo si conosce.
"La pista di sabbia", l'ultimo romanzo da lei pubblicato con protagonista Montalbano, comincia con il ritrovamento di un cavallo morto sulla spiaggia e si svolge interamente nel mondo equestre.
Come le è venuta l'idea?

«Io non invento mai nulla. Tutte le mie storie nascono da fatti di cronaca, risalenti anche a 5 o 6 anni fa, che semplicemente rielaboro».
La realtà supera spesso la fantasia...
«Non spesso, sempre. Era l'estate del 2006 e tutto nacque da un incidente singolare. Mi avevano chiesto di fare un servizio fotografico con dei bambini down per un calendario, prima di partire il 5 luglio per la Toscana, dove tra l'altro ogni tanto vado ad ammirare un bravissimo istruttore di cavalli mentre lavora. Bene, la panchina di pietra al Pincio su cui eravamo seduti io e alcuni bambini, pronti per essere fotografati, si spezzò in tre parti, con le conseguenze che si può immaginare. Durante il mese e mezzo che trascorsi in campagna per curarmi ricevetti un ritaglio del quotidiano La Sicilia, che conteneva un articolo dove si parlava di me. Sul retro di quella pagina, invece, lessi la notizia del ritrovamento di un cavallo, sulla spiaggia di Catania, ucciso a colpi di bastone, probabilmente una vendetta del racket delle corse clandestine».
Una cosa terribile...
«Assolutamente. Soprattutto mi colpì e mi indignò profondamente la ferocia di questi individui, l'idea stessa di uccidere quella povera bestia a randellate. Ma, poiché Montalbano lo scrivo sempre d'estate, la notizia mi 'firriava'. Non solo, ma dopo venti giorni di immobilità assoluta, la mia figlia più piccola decise di portarmi a fare un giro, durante il quale lessi sulla locandina di un quotidiano locale che erano stati rubati quattro purosangue appartenenti a un'importante scuderia di Grosseto. Era troppo. Capii che i cavalli sarebbero stati i protagonisti del mio prossimo libro».
Nel suo romanzo lei parla con grande cognizione di causa del mondo equestre: è un appassionato?
«In realtà a me piacciono moltissimo tutte le cose che non so fare e quindi gli opposti. Amo le corse automobilistiche e non ho mai avuto la patente, così come sono irresistibilmente attratto dai cavalli - io e mia moglie abbiamo sempre seguito in televisione il concorso di Piazza di Siena - dei quali però, prima di scrivere "La pista di sabbia", non sapevo nulla. Ma mi sono documentato...».
In che modo, scusi?
«Ho studiato il 'Manuale di equitazione' di Alfredo Gianoli edito dalla Hoepli (1921, ndr) e dal libro ho capito cos'è un cavallo, nonostante mio nonno avesse i cavalli in campagna, dei quali peraltro avevo paura». (Camilleri dimostra anche in questo la sua grandezza: studia e approfondisce ogni argomento che affronta, davvero una bella lezione per tutti, specialmente per noi giornalisti. Ndr.)
Tornando a “La pista di sabbia”, come ha costruito la trama?
«Mi è stata di grande aiuto la seconda notizia, che ho legato alla prima e che mi è servita di spunto per raccontare il mondo delle corse clandestine, assolutamente tutto inventato, e ho parlato a lungo con il tenente dei carabinieri che ha ritrovato i cavalli rubati in Toscana».
Il suo romanzo comincia con un sogno di Montalbano, anzi con un incubo, in cui i cavalli c'entrano, in qualche modo. Un presentimento di quanto avviene subito dopo?
«Mi ha sempre incuriosito e affascinato la dilatazione del tempo nei sogni. Probabilmente, Montalbano durante il sonno sente i nitriti disperati del cavallo colpito a morte, li elabora inconsciamente e li trasforma in qualcos'altro, altrettanto angoscioso».
Ad un certo punto del libro Montalbano si trova ad una festa organizzata nell'ambito di una corsa di cavalli, tra nobili vestiti da caccia alla volpe e signore snob, una situazione assolutamente comica, in cui il commissario è un pesce fuor d'acqua. Costretto per di più a firmare un congruo assegno per beneficenza. Purtroppo esiste veramente questo mondo...
«Sì, ma quelli sono degli imbecilli. La gente seria, quella che lavora veramente con i cavalli e li ama, fortunatamente esiste e ne ho conosciuta tanta».
Quanto tempo impiega a scrivere un romanzo come "La pista di sabbia"?
«Un mese e 10-15 giorni, poi lo lascio fermo per 15 giorni, al massimo un mese e lo riprendo. Quando ho finito di rileggerlo e di correggerlo, riduco il testo a una lunghezza standard, che per me sono 180 pagine. Consideri, però, che ogni pagina la riscrivo due o tre volte e a questo proposito devo dire che il computer è stata la mia salvezza.
Dato che non sopporto i refusi, quando usavo la macchina per scrivere alla fine della giornata mi trovavo sommerso dalla carta, perchè a ogni errore di battitura ricominciavo da capo con un altro foglio».
È consapevole del fatto che ogni volta che Montalbano va al ristorante o mangia i piatti deliziosi che gli prepara Adelina, la sua “cammarera”, scatena una fame irresistibile nei suoi lettori?
«Lo so. D'altronde mangiare bene mi piace moltissimo, ma non posso più farlo per ordine del dottore, così faccio mangiare Montalbano. Anche se, a dire la verità, 'sta cosa comincia a farmi arrabbiare». (È affascinante e fa riflettere il fatto che Camilleri parli dei suoi personaggi come se esistessero veramente: Montalbano che sogna o che mangia, gli imbecilli della festa snob, ecc. Ndr.)
E sa che l'uscita dei suoi libri è attesa spasmodicamente e che leggerli rende veramente felici? Guardi che non sto esagerando...
«Ho cominciato a capirlo un giorno d'estate, mentre stavo camminando per Roma. Ero andato a prendere il giornale quando, dopo aver attraversato la strada, ho sentito una macchina che frenava bruscamente. La signora che era al volante ha abbassato il finestrino e, dopo avermi chiamato per nome, mi ha chiesto cosa stessi facendo lì. Io le ho risposto, un po' intimorito, che ero andato a prendere il giornale. A quel punto mi ha gridato: 'Non perda tempo, torni subito a casa, a lavorare'».
II perché di questa risposta lo conosciamo e lo condividiamo, ma possiamo stare tranquilli: il prossimo Montalbano è già stato scritto ed uscirà nel 2008.
Grazie di esistere, Camilleri, grazie anche per l'amore che ha dimostrato verso i cavalli ma soprattutto grazie per aver concesso l'onore, a noi di Cavallo Magazine, di conoscerla di pirsona pirsonalmente.
Uberto Martinelli


Camilleri, vincente a San Siro

Carriera: 101 corse, 13 vittorie, un po' meglio con i piazzamenti: 43. Il Camilleri equino, ovvero il trottatore che porta il nome dello scrittore, ha una carriera un po' opaca rispetto al suo omonimo umano, ma non è poi malaccio. È andato in pensione a fine 2006, cioè al compimento del decimo anno come prescrive il regolamento delle corse al trotto. Ma l’anno scorso, nonostante l'età, se la cavava ancora piazzandosi nelle Tris attaccato al sulky di Gaetano Di Nardo. L’ultima vittoria è appunto in una corsa tris, ma bisogna andare indietro fino al luglio 2004, quando lo guidava Rolando Lerito. Perché il Camilleri a quattro zampe ha avuto quasi più guidatori dei lettori del Camilleri scrittore, i più noti Roberto Andreghetti ed Enrico Bellei, che lo ricordano come un «buon cavallo”; qualifica generica che non si nega a nessun corridore, specie se ritirato. Nato negli Usa, dove l'allevatore, chiaramente appassionato delle avventure del commissario Montalbano, gli appioppò il nome del famoso scrittore siciliano, fu da prima esportato in Svezia e a quattro anni arrivò in Italia. Il suo periodo migliore lo ebbe nel 2000 quando, dopo aver vinto il Città di Modena, andò per così dire in tournèe nella già nota Svezia. Appena arrivato, era novembre, si piazzò secondo, ma poi continuò con una serie di non piazzati, che consigliarono ai suoi uomini di lasciare per sempre le selettive piste scandinave. Il Camilleri scrittore comunque gli vuole bene. A un cronista che aveva notato nel suo studio un ritaglio di giornale ippico e il titolo "Camilleri logico favorito", ha confidato, con una punta di ironia: ”Come trottatore ho vinto a San Siro...”
 
 

La Sicilia, 1.11.2007
Grande assente don Nicolò Lupo
Ridiscusso il tema delle suore morte

Palma di Montechiaro -  Sarebbe stata forse più opportuna la presenza del sacerdote don Nicolò Lupo alla conferenza, svoltasi a Palazzo Ducale alla presenza di un qualificato uditorio, sul libro scritto da Andrea Camilleri dal titolo «La pecore e il pastore». Volume che ha suscitato enorme scalpore in campo nazionale poiché il grande scrittore empedoclino ha narrato la vicenda della presunta morte di inedia di dieci giovani suore del locale monastero delle monache benedettine di clausura, immolatesi a Dio per intercedere sulla salvezza fisica del vescovo di Agrigento Giovan Battista Russo [Peruzzo, NdCFC], rimasto gravemente ferito nel luglio del 1945 nell'eremo di Santo Stefano di Quisquina dove stava trascorrendo un breve periodo di riposo.
Il presule fu attinto dai colpi di lupara di un monaco il quale era stato da lui espulso dalla comunità monastica quisquinese del santuario di Santa Rosalia per il suo comportamento libertino e, per tale motivo, avrebbe attentato alla vita del grande pastore della Chiesa agrigentina definito in una biografia scritta da Enzo Di Natali, il vescovo dei contadini.
Il mancato coinvolgimento di don Nicolò Lupo, rettore della chiesa del monastero di clausura e depositario dei misteri e dei segreti del luogo sacro, dove si conservano le spoglie mortali della famiglia dei Tomasi di Lampedusa, duchi di Palma, delle dieci giovani suore che avrebbero sacrificato la loro vita per la salvezza del loro vescovo, non ha potuto purtroppo chiarire definitivamente e con prove inoppugnabili che quella morte per inedia delle dieci suore benedettine sarebbe una vera e propria boutade della defunta madre badessa del monastero suor Maria Enrichetta Fanara.
Fu proprio ella a scrivere, dieci anni dopo l'attentato di Santo Stefano Quisquina, una lettera a monsignor Giovan Battista Peruzzo con al quale svelò il caso delle sue dieci giovani consorelle che decisero di immolare la loro vita per la salvezza del loro pastore. La lettera - ha confermato nel corso della conferenza Enzo Di Natali, che la pubblicò nel suo libro «Il vescovo dei contadini» e che fu ripresa da Camilleri nel libro «Le pecore e il pastore» - si trova conservata nella curia arcivescovile di Agrigento e fu da lui letta quando collaborava nella segretarie particolare dell'ex vescovo Luigi Bommarito e quindi potrà essere resa pubblica solo dopo settant'anni dalla sua trasmissione.
Per il rettore del monastero, don Nicolò Lupo, quanto affermato nella lettera dall'ex badessa non risulterebbe a verità in quanto, nel periodo che parte dal 1945 sino al 1955, sono morte nel convento di clausura diverse suore, ma solo per malattia o vecchiaia, e quindi la rivelazione fatta da Andrea Camilleri nel suo libro «Le pecore e il pastore» non avrebbe alcun fondamento.
Alla conferenza hanno partecipato anche Sara Cabbibo e Marilena Modica, autrici di una biografia su suor Maria Crocifissa, al secolo Isabella Tomasi e descritta nel Gattopardo con il nome fantasioso di Beata Corbera. Il loro intervento ha suscitato diversi dissensi poiché le due studiose sono giunte alla conclusione dei loro studi sostenendo che per don Giulio Tomasi, così come altri aristocratici del tempo, avere in casa una santa era un privilegio e quindi l'ascetismo della figlia era stato imposto e costruito ad arte, così come erano stati imposto - secondo la Cabbibo e la Modica - gli studi in liturgia dell'altro figlio, Giuseppe Maria Tomasi, divenuto cardinale e poi addirittura santo. Queste opinioni sono state contestate dallo studioso Piero Meli il quale ha esaltato la figura della Beata Corbera e della sua famiglia la cui santità è avvalorata, oltre che dagli scritti, anche dalle opere, nonché quella di San Giuseppe Maria Tomasi, considerato il precursore del Concilio Ecumenico Vaticano II proprio per le sue innovazioni sui riti liturgici.
Solo il sindaco Rosario Gallo si è associato alle opinioni delle due studiose e ha affermato che, seppur nel rispetto dei fondatori del paese, per entrare nei meandri della vita ascetica dei Tomasi sarebbe necessario ricorrere alla psicoanalisi. Carlo Sortino, presidente del Circolo di cultura Giovan Battista Odierna dove nel 1999 fu presentato il libro «Il vescovo dei contadini» di Enzo Di Natali, da cui Andrea Camilleri trasse lo spunto della lettera scritta dalla badessa del monastero suor Maria Enrichetta Fanara sulla morte per inedia delle dieci giovani suore, ha respinto l'ipotesi che le monache siano morte di stenti per mancanza di vettovaglie, poiché - a suo parere - erano quasi tutte figlie di possidenti e che in ogni caso di stenti avrebbero potuto morire, semmai, le monache anziane.
Sortino ha aggiunto che solo la madre badessa avrebbe potuto svelare il mistero. Ma suor Maria Enrichetta Fanara è morta quasi dieci anni fa e nella sua tomba nasconde un segreto con il quale ha fatto discutere e nascere controversi giudizi sulla sua personalità di religiosa, ritenuta da Carlo Sortino intelligente, da Piero Meli però diplomatica e politica e che forse in un periodo a quanto pare molto critico per lei, in quanto la sua carica di badessa stava per essere messa in dubbio, scrisse forse quella lettera per ingraziarsi la benevolenza del vescovo mons. Giovan Battista Peruzzo, così come faceva in fondo con i tanti parlamentari agrigentini, quando cioè chiedeva finanziamenti e favori per il suo convento e per i suoi amici e parenti.
Filippo Bellia
 
 

MicroMega, 6/2007
da venerdì 2 novembre in edicola e in libreria
La legalità è il potere dei senza potere

Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli, Gianrico Carofiglio, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Marco Travaglio, Sabina Guzzanti,  Luigi de Magistris, Salvatore Borsellino, sono solo alcune delle personalità che hanno realizzato il nuovo numero di MicroMega, dedicato al tema “La legalità è il potere dei senza potere” (una frase che Vacláv Havel scrisse mentre era in carcere).
Da segnalare anche un duro “faccia a faccia”, senza perifrasi, tra Sonia Alfano, figlia del giornalista assassinato dalla mafia nel 1993, e il Guardasigilli Clemente Mastella, sulle frequentazioni di quest’ultimo con esponenti della mafia e  sul trasferimento del pm De Magistris. Il quale, in una conversazione con Sandro Ruotolo e in un “post scriptum”, ricostruisce il sistema di interessi, clientele e poteri occulti al centro delle sue indagini.
La nascita del Partito democratico come “ultima spiaggia”, e gli interrogativi su Veltroni (saprà corrispondere alle esigenze di discontinuità espresse dalla grande affluenza alle primarie?) sono il tema di un lungo ed articolato dialogo tra il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, e Paolo Flores d’Arcais. Che dedica anche sei brevi editoriali controcorrente “alla ricerca della sinistra perduta”.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 2.11.2007
'Requiem per Chris' l'attore e il jazzista interpretano Camilleri
Al Nuovo Montevergini domani e domenica la performance ispirata a un testo noir dello scrittore

È una prima nazionale quella che domani alle 21,15 apre il sipario sul teatro del Nuovo Montevergini, per la terza edizione del "Palermo teatro festival". Un noir inedito di Andrea Camilleri, "Requiem per Chris", diventa una performance che domani e domenica vedrà sul palcoscenico il jazzista Enrico Rava e l'attore-regista Sergio Rubini, con Mauro Negri al sax contralto e clarinetto, Giovanni Guidi al pianoforte, Francesco Ponticelli al contrabbasso e Joao Lobo alla batteria. Rappresentato una sola volta alla Reggia di Colorno di Parma l'anno scorso con l'attore Marco Baliani, "Requiem per Chris" è un testo scritto da Camilleri un paio d'anni fa per un film che non verrà mai realizzato. «Inizialmente doveva essere un documentario su di me e poi una fiction caduta per mancanza di fondi - racconta Rava, il trombettista più prestigioso d'Italia, entrato di diritto tra i «senatori» del jazz a livello internazionale - Il protagonista sono io, col mio nome e la mia storia, alle prese con una curiosa ricerca documentaria: ricostruire la vicenda di Chris Lambertine, un musicista leggendario, il personaggio è d'invenzione, morto suicida nel 1917». Un personaggio fantastico che obbliga il protagonista a uno strano viaggio nello spazio e nel tempo, in cui la Sicilia s' intreccia con frammenti della storia del jazz delle origini di New Orleans. «Camilleri è un grande appassionato di jazz - aggiunge Rava - e in questo personaggio si può rintracciare qualcosa di Nick La Rocca, musicista di New Orleans ma di origini siciliane che lo scrittore considera una "vera leggenda"». Se la musica di Rava è il filo rosso della storia, il racconto del personaggio solo evocato di Lambertine è affidato alla lettura di Sergio Rubini, che con Camilleri ha anche studiato e recitato all'inizio della carriera. «È stato lui a propormi questo progetto - racconta l'attore, che a marzo sarà di nuovo sul grande schermo con il nuovo film "Colpo d'occhio", nel quale interpreta un critico d'arte alle prese con un artista interpretato da Riccardo Scamarcio - Camilleri è stato il mio insegnante all'Accademia di arte drammatica, un fascinoso affabulatore che riempiva le sue lezioni di racconti fantastici. Poi ci siamo un po' perduti, anche se ho continuato a seguire le tappe del suo successo, e ci siamo rivisti qualche anno fa. Ora questa proposta mi rende orgoglioso». Per l'attore «"Requiem per Chris" è un rompicapo noir, un "trattamento", che nel cinema è un passaggio intermedio tra il soggetto e la sceneggiatura: insomma racconteremo il film mancato scena per scena, senza i dialoghi, catapultando il pubblico dentro la storia. Ma protagonista assoluta resta la musica di Rava». Per Rubini quest'esperienza in teatro è «una vacanza, perché il cinema resta il luogo di cui conosco meglio gli strumenti. E perché paradossalmente, al di là della crisi, mi pare che il cinema sia rimasto più indipendente del teatro, che mi sembra fermo e perennemente assistito e controllato dalle istituzioni». Il biglietto costa 5 euro, informazioni allo 091 6124314.
Laura Nobile
 
 

AGI, 2.11.2007
Teatro: Sergio Rubini e Enrico Rava per Camilleri a Palermo

Palermo - Con "Requiem per Chris" di Andrea Camilleri, protagonisti Sergio Rubini ed Enrico Rava, il Palermo Teatro Festival entra nel vivo del suo cartellone teatrale. Lo spettacolo debutta domani in prima nazionale e sara' replicato domenica. La performance che riunisce uno dei piu' interessanti attori italiani di cinema e teatro e un grande jazzista si avvarra' delle musiche dal vivo di Mauro Negri (sax contralto e clarinetto), e della "Enrico Rava New Generation" formata da Giovanni Guidi (pianoforte), Francesco Ponticelli (contrabbasso) e Joao Lobo (batteria).
Sergio Rubini e Enrico Rava portano in scena un soggetto pressocche' inedito (unica rappresentazione a Parma nel settembre 2006) di Andrea Camilleri, scritto per un film che non e' stato mai realizzato: una "storia siciliana" che si conclude in una New Orleans segnata dalla catastrofe dell'uragano Katrina. La storia e' quella di Chris Lambertine, personaggio che incarna le origini e la storia del jazz afro-americano, morto suicida, giovanissimo, nel 1917. Uno strano viaggio nello spazio e nel tempo, dove la Sicilia fascista, che attende l'imminente disastro della guerra a fianco della Germania, s'intreccia con frammenti di storia del jazz delle origini di New Orleans, per concludersi su un tetto della citta' martoriata dall'uragano Katrina. Filo rosso sono la tromba di Enrico Rava e la sua ossessione per quella piu' misteriosa di Chris Lambertine. (AGI)
 
 

l'Unità, 3.11.2007
Roman il Prode e il naufragio annunciato
Questo breve racconto di Andrea Camilleri apre il nuovo numero della rivista MicroMega, tutto sul tema «La legalità è il potere dei senza potere», con articoli tra gli altri, di Carlo Lucarelli, Marco Travaglio, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Luigi De Magistris, Margherita Hack

Si capì subito, fin dal momento che il malandato barcone salpò, che l’imbarcazione avrebbe tenuto assai poco il mare. Per metterlo in condizione di navigare erano già occorsi giorni e giorni di paziente calafatura, pece e stoppa si erano sprecati per tappare le falle, ma il fasciame era troppo usurato e di certo non avrebbe potuto reggere a qualche ondata più forte delle altre. Il comandante Roman, detto il Prode, inoltre, aveva imbarcato un equipaggio eccessivo, più di cento tra ufficiali, sottufficiali e marinai, mentre il barcone avrebbe potuto contenerne al massimo una quindicina.
Questo sovraccarico faceva sì che la linea di galleggiamento fosse di circa mezzo metro sotto il limite di sicurezza, bastava insomma che un gabbiano si posasse sull’unico albero e il barcone sarebbe andato a fondo. L’equipaggio inoltre era troppo eterogeneo, c’erano alcuni teodem (popolazione nota per il fanatismo religioso), molti sempercoglion (popolazione famosa per la stupidità), qualche approfitt (popolazione celebre per ricavare il suo tornaconto da ogni situazione), numerosi lassafà (popolazione costituita da varie tribù ognuna delle quali pensava solo a se stessa) e perfino alcuni discendenti dei famosi tagliatori di teste del Borneo. Per di più Roman il Prode non aveva il polso necessario a mantenere l’indispensabile, ferrea disciplina, si dedicava esclusivamente ad inventariare lo scarso approvvigionamento stivato nella cambusa assieme al capocambusiere, Pad Schiopp, il quale, fin dalla partenza, aveva cominciato a razionare i viveri e li riduceva sempre più ogni giorno che passava. Il barcone apparteneva a una società (Unione spa) che si fondava su di un capitale irrisorio, appena 25 mila (ma alcuni dicevano di meno) euro, del tutto insufficiente per affrontare spese impreviste. Che la navigazione non sarebbe stata tranquilla, lo si vide immediatamente, una feroce guerra di religione scoppiò quasi subito: i teodem volevano buttare a mare due marinai omosessuali che intendevano farsi sposare dal comandante (il quale, come si sa, ne ha facoltà, essendo Capitano dopo Dio); al terzo razionamento i tagliatori di teste del Borneo, ritrovate le antiche tradizioni, arrivarono a minacciare la decapitazione dello stesso Roman il Prode; i lassafà chiedevano quotidianamente a Pad Schiopp un trattamento di favore minacciando ritorsioni. Allungatasi inspiegabilmente la navigazione, forse perché, per i venti contrari, l’imbarcazione scarrocciava e non manteneva la rotta prevista, i viveri scarseggiarono e in un battibaleno il barcone si tramutò nella zattera della Medusa, si verificarono infatti numerosi episodi di cannibalismo. In questa situazione, Roman il Prode dovette ordinare degli arresti, ma il commissario di bordo, tale Mas Tellah, un levantino, pensò bene di liberare i carcerati sostenendo che la cella era troppo piccola per contenerli tutti. Appena tornati in libertà, gli ex carcerati non solo si abbandonarono a furti e rapine, ma si misero a compiere atti di sabotaggio sotto la protezione dello stesso commissario di bordo. Qualcuno allora si mise in sospetto: perché Mas Tellah non perdeva occasione di proclamare che avrebbe abbandonato la nave se non si faceva quello che lui voleva? E perché frequentava nottetempo il timoniere? Uno tra i marinai più coraggiosi, penetrato nella cabina del commissario, scoprì la terribile verità. Il cuore di Mas Tellah batteva non per la Unione spa ma per un’altra potente soscietà marittima, la Medset, dotata di un capitale di 25 mila miliardi di euro, e frequentava il timoniere perché questi aveva il compito di portare l’imbarcazione a sbattere sugli scogli. I due avevano ricevuto dalla Medset l’assicurazione che per loro sarebbe stato approntato un canotto di salvataggio. Di tutto questo venne avvertito Roman il Prode, ma egli, essendo uomo di smisurato, caparbio orgoglio, non volle ammettere l’errore d’avere imbarcato Mas Tellah e non solo lo lasciò fare, ma approvò fuor da ogni logica il suo operato. E adesso gli scogli si ergono minacciosi davanti alla prua e il nostro destino è segnato. Tanto più che questo mare ribolle di feroci squali di razza Berlusc. Ho fatto appena in tempo a scrivere questo biglietto e a infilarlo in una bottiglia. Se qualcuno avrà modo di leggerlo, saprà perché abbiamo fatto naufragio. Che Dio abbia pietà della mia anima.
Andrea Camilleri
[Il racconto è stato parzialmente pubblicato anche su La Stampa, 3.11.2007]
 
 

Sergio Rubini + Enrico Rava: Requiem per Chris
Sergio Rubini ed Enrico Rava raccontano il loro nuovo spettacolo; Requiem per Chris. Nuovo Montevergini, 3 novembre 2007. Anno terzo: tra cinema e teatro. Un progetto di Alfio Scuderi. Video e montaggio: Ivan Tagliavia.
 
 

Il Giornale, 4.11.2007
L’eredità degli ex comunisti

Si fa sempre più invadente la delinquenza che proviene dai Paesi ex comunisti. Eppure in questi Paesi i santoni del comunismo buono erano quotidianamente impegnati a insegnare la morale a tutto il mondo, meglio del Papa. Allora come mai hanno lasciato in eredità ai Paesi che hanno governato (e poi lasciato assai a malincuore) tanta delinquenza? E perché non si occupano mai di questo curioso fenomeno i tutori della nostra morale, le candidissime verginelle Camilleri, Eco e Magris?
Camilleri? A che pensa signor Pistone? Al commissario Montalbano in missione siculo-romena?
 
 

5.11.2007
Laurea Honoris Causa
Il 12 novembre, a Chieti, Andrea Camilleri riceverà la Laurea Honoris Causa in Filologia Moderna.
 
 

LILA / Ebay, 5-19.11.2007
Message in a bottle
20 (e più!) messaggi D.O.C. per i 20 anni della Lila

Dal 5 al 19 novembre - sul sito www.ebay.it (sezione Beneficenza) “Message in a Bottle - 20 (e più!) messaggi D.O.C. per i 20 anni della LILA” – si svolgerà un’originalissima asta di solidarietà indetta dalla Lila per festeggiare il suo anniversario.
Per quattordici giorni (in due diverse settimane) saranno da conquistare bottiglie personalizzate da contributi a tema libero creati per l’occasione da artisti famosi. La bottiglia è quella tradizionale “del naufrago”, trasparente e chiusa con un tappo ad hoc, impreziosita da un’etichetta individuale per ogni autore, contenente al suo interno un messaggio arrotolato, manoscritto e autografato, che può essere una citazione da un libro caro, una canzone, un disegno, un bacio impresso col rossetto...
Ha aderito a questa iniziativa Andrea Camilleri, che in “stile Montalbano” incita a non abbassare la guardia.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 6.11.2007
La recensione
Montevergini, applausi a “Requiem per Chris”
Il jazzista fantasma che trascina Rava

Enrico Rava suona la tromba e ascolta se stesso, imperturbabile si perde nella sua musica e senza so­luzione di continuità s’infila in un’avventura noir alla ricerca di una leggenda della storia del jazz. Quella leggenda la racconta Sergio Rubini, in un gioco estemporaneo di parole e musica, giallo letterario e jazz che si sciolgono insieme. "Requiem per Chris", un soggetto inedito di Andrea Camiller, per voce recitante e l'ensemble di Rava, è andato in scena sabato e domenica al nuovo Montevergini in apertura della terza edizione del Palermo teatro festival, con due serate di tut­to esaurito e grande successo di pubblico. Uno spettacolo raffinato affidato alla lettura pregnante e di­screta di Rubini, capace di arretrare al momento giusto e uscire di scena per lasciare spazio alla tromba di Rava e ai suoi bravissimi musicisti: Mauro Negri al sax contralto e clari­netto, Giovanni Guidi al pianoforte, Francesco Ponticelli al contrabbasso e Joao Lobo alla batteria.
Il filo conduttore è un nome can­cellato dall'enciclopedia della musica Chris Lambertine suicida ven­tenne nel 1917, in realtà non esi­ste ma Enrico Ra­va (personaggio protagonista nel testo di Camille­ri) insegue i suoi dischi dapper­tutto, ripensan­do a quando suonava con Nick La Rocca, leggen­dario cornettista nato a New Or­leans ma con ori­gini a Salaparu­ta, già ammirato da Camilleri nel saggio "La linea della palma". Una ricerca im­possibile, da Roma a Palermo, e da Agrigento fino a New Orleans, che si sfalda sul finale, spazzata via dall'u­ragano Katrina del 2005.
Sul giallo, che resta irrisolto, vince la tromba eterea, lirica di Rava, che spiazza all'improvviso con la sua dedica in forma di re­quiem al musicista che non esi­ste.
Laura Nobile
 
 

Il Messaggero, 6.11.2007
Più libri più liberi: grandi nomi e 400 editori

Roma - Saranno quest'anno grandi personaggi del mondo della letteratura e della cultura, da Bjorn Larrsson a Alberto Manguel, da Alice Sebold a Edgar Morin, da Gianni Vattimo a Guido Crainz a annunciare, con una serie di pubblici incontri nel mese di Novembre, la sesta edizione della fiera della piccola media editoria "Più libri più liberi" al Palazzo dei Congressi dal 6 al 9 dicembre. Si aggiungeranno alle decine e decine di incontri, presentazioni, tavole rotonde che 400 editori proporranno durante i quattro giorni della fiera con nomi non meno importanti (da Camilleri alla Hack, da Ammaniti a Carlotto, da Albertazzi a Balestrini, dalla Spaziani a Lo Cascio).
[...]
 
 

Liberazione, 6.11.2007
Primo Levi: i giorni e le opere

Nel ventennale della sua morte, un viaggio nella vita di Primo Levi, dalla nascita a Torino agli studi scientifici, dal lavoro di chimico a quello di scrittore, opinionista, drammaturgo, uomo di radio e di tv, testimone della Shoah. La Casa delle Letterature di Roma rende omaggio ad uno scrittore fondamentale del 900 con la mostra "Primo Levi 1919-1987: i giorni e le opere", inaugurata domani alle 19.30 in piazza dell'Orologio 3, dallo scrittore Eraldo Affinati e lo storico Umberto Gentiloni. Le diverse anime di Levi, a volte complementari, a volte in conflitto tra loro, attraverso fotografie, video e documenti. Un percorso nei lager nazisti, nel campo di concentramento di Monowitz, in cui Levi fu deportato nel '44 e da cui riuscì miracolosamente a tornare. E' analisi del lavoro di chimico di Levi, aiutando a comprendere come la sua sopravvivenza nel campo di concentramento e tutta la sua opera e, più tardi, perfino la decisione di mantenersi ai margini degli ambienti di letterati, siano stati condizionati dall'essere uno scienziato. In più un video inedito con testimonianze su Primo Levi da parte di scrittori e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo: da Turow a Camilleri, da Baricco a Banville, da Saviano a Carofiglio, da Regge a Ovadia. Perché le storie di Primo Levi sono drammaticamente contemporanee? E perché, tra tutti gli autori che hanno raccontato la Shoah, è stato il più grande e il più amato?
 
 

Tigullio vino, 6.11.2007
"Da leccarsi le dita, festa del cibo, del vino e del libro"
Una due giorni per celebrare i piaceri della tavola e della lettura. Al santuario di crea, il ristorante ospita un evento originale pensato come formula per riappropriarci dei ritmi lenti che amplificano il piacere dei gesti semplici.

Sabato 24 e domenica 25 novembre vedranno svilupparsi al Santuario di Crea, una manifestazione che coniuga i piaceri della lettura e della tavola. Si intitola "Da leccarsi le dita - festa del cibo, del vino e del libro".
[...]
Domenica 25 l'evento riprenderà dal mattino alle 9,30, per presentare verso l'ora di pranzo due appuntamenti "da leccarsi le dita": la presentazione di un libro giallo che introdurrà al "pranzo con Montalbano", un incontro tra le ricette tratte dal celebre Commissario inventato da Andrea Camilleri ed i vini del Monferrato casalese.
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 7.11.2007
Quattro giorni di incontri
Al Palazzo dei Congressi dal 6 al 9 dicembre. Incontri con gli scrittori al Tempio di Adriano da venerdì prossimo
Il mondo secondo i piccoli editori
Quattrocento case editrici in Fiera. Torna "Più libri più liberi"

Si racconta che Andrea Camilleri, uscendo dalla Fiera un anno fa dopo la presentazione di un suo libro, disse a chi lo accompagnava: «Va bene, ma adesso riportatemi a Roma». Al Palazzo dei Congressi all´Eur "Più libri più liberi" ci torna, dal 6 al 9 dicembre, per il sesto anno consecutivo e gli organizzatori, tuttora amareggiati dell´episodio e anche della reiterata condanna a quella sede, spiegano che però si tratta dell´unico spazio a Roma in grado di accogliere la bellezza di 400 editori che espongono, una miriade di incontri e un flusso di pubblico da grande fiera per quattro giornate piene.
[…]
Francesca Giuliani
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 7.11.2007
Lo scrittore. Al mercato. Cavalli e bici
Il ritmo del Della Vittoria tra attori, travet e tanti sorrisi
Tra la folla di impiegati, faccendieri e cinematografari trafelati, gli abitanti si riconoscono, si fiutano, si sorridono
Dall´altra parte di piazza Mazzini abita Camilleri e sopra Antonini il doppiatore che dà la sua voce roca a Nicolas Cage
Dal cavallo della Rai ai caffè, dagli uffici ai teatri Una ragnatela di strade popolata da avvocati, gente di spettacolo, negozianti
Ma la vera natura di questo luogo è la cortesia della gente che ti saluta sempre come accade negli incontri sui sentieri di montagna

Quando sono arrivato in zona, meno di un anno fa, ero particolarmente felice di approdare in un quartiere che mi risultava familiare. Dall´altra parte di piazza Mazzini abita Andrea Camilleri, il mio professore di trent´anni fa, una specie di faro.
[…]
Luca Di Fulvio
 
 

Rosalio, 8.11.2007
“Requiem per Chris”

Ascoltando le parole di Andrea Camilleri dalla voce di Sergio Rubini, appariva chiaro che si trattava di un soggetto cinematografico. Il film, però, non fu mai realizzato. Con “Requiem per Chris”, che ha debuttato in prima nazionale qualche giorno fa al Nuovo Montevergini nell’ambito del Palermo Teatro Festival, inaugurandone la stagione teatrale, Camilleri ha dipinto con flash-back e salti da un capo all’altro del mondo, proprio come in una sceneggiatura (cosa non nuova, anzi, per “il sommo”), un viaggio affascinante alla ricerca delle origini del leggendario musicista Chris Lamartine, incarnazione stessa del jazz. Sul palco, a raccontare la storia in musica e parole, uno dei più bravi e interessanti attori italiani di cinema e di teatro, Sergio Rubini, insieme al celebre jazzista Enrico Rava. La performance ha visto protagonisti anche Mauro Negri (sax contralto e clarinetto), Giovanni Guidi (pianoforte), Francesco Ponticelli (contrabbasso) e Joao Lobo (batteria). Camilleri è andato ben oltre il ritratto delle peculiarità siciliane per cui è maggiormente conosciuto nel mondo, raccontando una storia che unisce Palermo, Roma e New Orleans con un unico, misterioso, filo rosso. Ha inizio nella Sicilia fascista che, tesa, attende l’imminente disastro della guerra a fianco della Germania. Un nobile isolano di quel periodo, collezionista di dischi jazz, lascia alla figlia i suoi preziosi cimeli, tra cui un ellepi della band di un certo Nick La Rocca, caratterizzato da una storia tutta particolare, narratagli da amici di amici. Ed è proprio la solitaria nipote del barone amante del jazz a iniziare Rava, co-protagonista della storia, alla vicenda e alle note magiche “avanti di cinquant’anni” del leggendario trombettista Lamartine. Durante il loro primo incontro, avvenuto per caso, Rava ascolta in cuffia quel vinile, per la prima volta. E ne rimane incantato. Chi era questo musicista che precorreva i tempi, anticipando Dizzie Gillespie, Miles Davis e Chet Baker? La nobildonna passa allora al nostro, il testimone di quella leggenda, raccontatale da sua madre e a lei da suo padre, e la rievoca per lui, affamato dalla curiosità e sbigottito dal genio: sulla copertina del disco manca proprio il suo nome, quello del più grande, quello di Chris Lamartine. Per questo si suicidò, a vent’anni, nel 1917. Esistono altri cinque suoi dischi da qualche parte nel mondo, ma lei non sa dove si trovino. Poi basta. “Non so più di ciò che ti ho già detto”, dice.
I quesiti rimasti insoluti, la morte prematura e ingiusta, ma soprattutto l’estro del giovane musicista, fanno nascere nel protagonista un’ossessione che lo porta alla ricerca spasmodica degli altri ellepi. Dopo un altro rapido incontro con la donna, ambientato questa volta nella capitale, quel disco, l’unico in loro possesso va in frantumi e Rava si decide a cercare Chris, lo spirito stesso del jazz afro-americano, nella sua città natale: New Orleans.
Giunto nella città americana che di lì a poco avrebbe subito la catastrofe dell’uragano Katrina, il protagonista ricerca sugli elenchi numeri telefonici, indirizzi e nomi di possibili parenti di Lamartine, appuntando tutte le informazioni utili. Talvolta telefona, altre volte si reca di persona dinanzi alle porte di sconosciuti. E’ cosi che rischia la vita incontrando elementi poco raccomandabili che però, una volta conosciuti i suoi reali e “innocui” intenti, lo conducono nel luogo giusto. Avviene l’incontro decisivo, in una casa sgarrupata, piena di oggetti e simboli esoterici, con una donna il cui viso era visibilmente segnato dal tempo e dalla povertà. Era la sorella di Chris. “Si, i suoi dischi sono qui. Ma non so se te li posso dare. Prima glielo devo chiedere”. Attraverso bambole di pezza, croci e oggetti legati a culti meticci, quella donna dialogava col fratello o forse si trattava solo di un’illusione che, in ogni caso, aveva lenito il suo dolore per anni. Dopo che un lungo sonno ristoratore al piano superiore di quella casa, poco più che una capanna, gli aveva restituito le forze, Rava fu svegliato da rumori prepotenti. “Ha detto di sì”, sussurrò la vecchia, diverse ore dopo, passate a compiere strani riti. Intanto, l’uragano Katrina era già alle porte.
Mentre Rubini interpretava e faceva sue le parole di Camilleri, con la sua inflessione quasi impercettibile e con la sua mimica, sul palco Enrico Rava in carne e ossa accompagnava il pubblico in questo appassionante viaggio intorno al jazz, ai suoi stili, ai suoi strumenti e ai suoi personaggi, come un vero poeta.
Chiedo scusa se ho commesso qualche errore nel riportare la storia, ma non possedendo, ovviamente, il testo, mi sono affidata solo alla mia memoria.
Cristiana Rizzo
 
 

Università degli Studi "G. D'Annunzio", 9.11.2007
Laurea Honoris Causa in Filologia moderna ad Andrea Camilleri

Lunedi 12 novembre, a partire dalle ore 11, presso l'Auditorium del Rettorato nel Campus Universitario di Chieti, si terrà la cerimonia di conferimento della Laurea Honoris Causa in Filologia Moderna, al Prof. Andrea Camilleri.
Il programma della giornata prevede il saluto del Magnifico Rettore, Prof. Franco Cuccurullo, l'introduzione del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Prof. Stefano Trinchese alla quale seguirà la relazione del Prof. Giancarlo Quiriconi.
Dopo il conferimento della laurea, Andrea Camilleri terrà una lectio magistralis dal titolo "Gramsci, Pirandello e un lapsus significativo".
 
 

Il Giornale, 9.11.2007
Se Rocca indagasse con Montalbano

Milano. Immaginiamo che il baffuto maresciallo Giovanni Rocca e il calvo commissario Salvo Montalbano facciano una passeggiata insieme per discutere i dettagli di un’indagine difficile. Oppure che al pronto soccorso di Hospital Central arrivino gli agenti del Distretto di polizia per dare la caccia a un medico killer. Nel gergo degli appassionati di serie Tv questo meccanismo si chiama «crossover»: due fiction vengono messe nel frullatore ed ecco che spunta un episodio dove i protagonisti dell’una e dell’altra si ritrovano a lavorare gomito a gomito. In Italia non è ancora successo, ma qualcuno già si diverte a tessere ipotetiche trame: «Amo “Distretto” e sono sicura che tra tutti i morti che stiamo mettendo dentro le puntate di “Hospital central”, qualche bel cadavere per Massimo Dapporto e i suoi investigatori avanza di sicuro», scherza Evelyn Baleani, sceneggiatrice del medical drama con Sergio Muniz che a maggio debutterà su Raidue. E anche la mamma del maresciallo Rocca, Laura Toscano, racconta: «Con Andrea Camilleri avevamo vagheggiato un’indagine a quattro mani fra il mio carabiniere romano e il suo poliziotto siciliano… ».
[...]
Laura Toscano, autrice del romanzo da cui sono tratte le nuove due puntate della fiction con Gigi Proietti, a breve su Raiuno: «Montalbano e Rocca li vedrei interagire benissimo. Sono ironici e generosi, amano il territorio dove si muovono, si fidano dell’intuito. Certo, Rocca è pigro, non avrebbe voglia di andare nella Ferrara di Nebbie e delitti a vedere Luca Barbareschi in impermeabile. Ma un caffè su quella veranda in riva al mare di Vigata lo farebbe felice». Molto «americaneggiante» sembra infine il discorso di Massimo Martella, capo degli sceneggiatori di Ris - Delitti imperfetti: «La combinazione perfetta sarebbe con La squadra di Raitre, altra serie molto documentata. L’ambientazione dark dei Ris renderebbe impossibile uno scambio alla pari con Distretto, ma il capitano Venturi potrebbe funzionare con Montalbano. Farebbero a cornate, ma alla fine prevarrebbe la loro vocazione per il rispetto della giustizia». Insomma, se i produttori e i dirigenti di rete dessero il nulla osta, anche gli sceneggiatori italiani ci metterebbero un attimo ad augurare il buon viaggio ai loro personaggi.
Paola Manciagli
 
 

Il Velino, 9.11.2007
Cinema: “I Vicerè”, tributo di Faenza al censurato De Roberto

[...]
“Se noi facciamo l’elenco dei cento romanzieri più importanti italiani – osserva Faenza -, l’80 per cento sono meridionali, e in gran parte siciliani, da Verga a Pirandello, a Sciascia, a Camilleri, e chi più ne ha più ne metta”.
[...]
Ornella Petrucci
 
 

La Sicilia, 11.11.2007
Buttafuoco non lascia e raddoppia
Teatro Stabile. “Suggelli contrario all’arrivo di Domina: assumo l’interim della direzione artistica”
Il presidente dell’ente catanese annuncia: “Porto in scena l’ultimo Camilleri e una riedizione del ‘Rinaldo in campo’ col Sistina”

Cinque mesi di passione, centocinquanta giorni vissuti pericolosamente. Sul filo delle pressioni, con il fiato sul collo dei questuanti e degli specialisti della pesca nel torbido. Un ambiente che conosceva, ma non così bene. Alla fine comunque, Pietrangelo Buttafuoco ha deciso: non solo resta presidente ma assume anche l'interim - a titolo gratuito - della direzione artistica del Teatro Stabile di Catania.
[…]
Intanto il Buttafuoco direttore artistico è già in piena attività, tant'è che ci annuncia due novità due: «Metteremo in scena l'ultimo lavoro di Camilleri, “Voi non sapete”, incentrato sui pizzini scoperti nel covo di Bernardo Provenzano. Quindi un tema di scottante attualità che si è appena riproposto con i “messaggi” ritrovati nel covo dell'ultimo superlatitante arrestato, Salvatore Lo Piccolo. E poi riproporremo un grande cavallo di battaglia del nostro teatro, “Rinaldo in campo”, in coproduzione con il Sistina di Roma: anteprima a Catania e poi tournée».
[…]
Michele Nania
 
 

Gazzetta del Sud, 11.11.2007
"Il carico da undici" di Gianni Bonina, un'opera definitiva
Tutto quello che vorreste sapere sulla scrittura di Andrea Camilleri

Il primo romanzo, "Il corso delle cose", Andrea Camilleri ha cominciato a scriverlo un primo d'aprile, ma non sa dire se sia stato per caso o per causa di quella data che ci ricorda la leggerezza degli scherzi dei pesci d'aprile. Da allora lo scrittore di Porto Empedocle ha scritto quarantasette libri, tra i quali sono compresi il racconto "Maruzza Musumeci", appena pubblicato da Sellerio e "Voi non sapete", edito da Mondadori, un'originale biografia del boss Bernardo Provenzano.
Dopo questi, molto amati dai lettori, arriva un "Carico da undici", il libro numero quarantotto. Un libro spiazzante, che non è di Camilleri, ma è su Camilleri. L'ha scritto Gianni Bonina, un giornalista siciliano che ha seguito fin dall'inizio l'intera vicenda letteraria del padre di Montalbano. Il "Carico da undici - Le carte di Andrea Camilleri" (Barbera editore, pagg. 618, euro 15,90) è un saggio alquanto voluminoso, ma l'autore ha lavorato (come ammette) più a levare che ad ampliare, con l'intento, riuscito, di farne una mostra completa del narratore erede di Pirandello e di Sciascia. Un libro che ne comprende tre: una lunga intervista, saggio sulla sua produzione letteraria e la sinossi dei romanzi. L'opera di Bonina costituisce lo studio più completo sul "fenomeno-Camilleri" che rappresenta il punto di sintesi della più intensa tradizione letteraria siciliana. Su Camilleri aleggia un senso di sufficienza della critica, un distacco, o peggio un rigetto che lo scrittore immagina nasca dal successo dei suoi romanzi e spiega a Bonina che, secondo lui, più è alta la tiratura dei suoi libri, più cresce il rifiuto.
«Sono mitridatizzato dai veleni della critica» spiega nell'intervista e racconta che la quarantennale esperienza di regista teatrale lo ha vaccinato contro le stroncature, rendendolo un po' coriaceo di fronte ai giudizi negativi. E nel fitto dialogo con Bonina, che spazia sulla sua vita e su tutte le sue opere, pronuncia quel termine, "mitridatizzato", che non è proprio comune, come uno scappellotto a quella critica che sfoglia appena i libri e insulta. Quel termine deriva dal nome di Mitridate che si sarebbe abituato ai veleni temendo di diventarne vittima e sembra rispondere a impulsi di natura inconscia, come il Camilleri la cui vera natura, dice Bonina, sfugge a lui stesso e che emerge dal quadro panoramico della sua opera.
La fatica maggiore dell'autore per scrivere un'opera "definitiva" su Camilleri, consiste nell'aver tirato fuori lo scrittore dalla dualità tra i romanzi storici e civili da una parte, e i romanzi di Montalbano dall'altra. Una volta superara questa soffocante bipolarità, Bonina restituisce lo scrittore alla sua autentica e genuina vocazione di sperimentatore. Bonina dimostra come Camilleri sia un autore di opere narrative completamente fuori tendenza, e con questo libro dichiara di voler dar conto di un canone autogeno che colloca Camilleri in una frontiera da dove lo scrittore si muove verso terreni inesplorati e nuovi orizzonti. Il "carico da undici", che mutua un'espressione ricorrente in Camilleri e vuole indicare il peso della presenza dello scrittore sulla scena letteraria, riunisce le trame di tutti i suoi libri, fa da anello di congiunzione con le atmosfere e i contesti della più grande tradizione della letteratura che ha sullo sfondo la Sicilia, e trova il suo punto di forza nell'intervista in cui si spiegano tutti i quarantasette volumi usciti dal 1978 al 2007.
Il dialogo tra Bonina e Camilleri che (per chi si accosta al libro) può sembrare una specie di esca alla lettura, si rivela un approfondimento critico sull'arte dello scrittore, lasciando sullo sfondo la sua figura cui fino ad oggi pubblico di lettori e critica sembravano più interessati.
Domenico Nunnari
 
 

Corriere della sera, 12.11.2007
Calendario
Buchi neri

Senza bisogno di immaginare che cosa ci sarebbe mai toccato di leggere il giorno in cui per avventura fosse stato portato a termine il mitico ponte sullo Stretto, basta pensare a quello che sicuramente i giornali scriveranno quando sarà finita l' altrettanto mitica «variante di valico» dell' A1 per constatare l' importanza che, pur riempiendoci ogni momento la bocca del «dovere della memoria», riserviamo in realtà al passato e al suo studio. Infatti, del completamento del Repertorium fontium historiae medii aevi, tranne che al rinnovato Osservatore Romano, a nessun quotidiano è passato per la testa di dare notizia neppure in due righe. Promosso dall' Istituto storico italiano per il Medio Evo nel corso di ben 53 anni con il concorso di 27 comitati nazionali stranieri, 11 volumi, oltre 10 mila lemmi, è il repertorio più completo per accedere alla memoria scritta dell' Europa e del Medio Oriente dal IV al XVI secolo: e va bè, ma volete mettere con l' ultima novità di Camilleri?
Ernesto Galli Della Loggia
 
 

Il Messaggero (Abruzzo), 13.11.2007
Alla d’Annunzio tantissima gente ha presenziato alla cerimonia
L’Università incorona Camilleri
Il celebre scrittore ha ricevuto la laurea honoris causa in Filologia
Accompagnato dai familiari l’autore siciliano ha ringraziato e ricordato la sua prima visita a Chieti, ed ha dispensato sorrisi ed autografi

"Camilleri sono!" chissà in quanti si sarebbero aspettato un tale esordio (alla Montalbano) dallo scrittore siciliano Andrea Camilleri, nato a Porto Empedocle nel 1925, quando è stato invitato a tenere la "lezione magistrale" dal preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Ateneo "G.d'Annunzio" di Chieti-Pescara, Stefano Trinchese, che lo aveva salutato all'inizio della cerimonia di conferimento della laurea ad honorem nell'affollato Auditorium, ricordandone le qualità di scrittore della quotidianità di storico e ricercatore del passato, attualizzato nel presente. Dopo il preside, a svolgere la cosiddetta presentazione laudativa (laudatio) era stato il prof. Giancarlo Quiriconi, docente ordinario di Letteratura italiana contemporanea, promotore del conferimento del titolo accademico a Camilleri, del quale ha tracciato un profilo critico riallacciandosi al filone della letteratura del '900 italiano. E' stata poi la volta del "laureando" che in toga ha svolto la "lectio magistralis” su "Pirandello e Gramsci e un suo lapsus" esordendo non come il commissario Montalbano, ma come un uomo di grande cultura e preparazione convinto di affrontare un argomento di grande rilevanza culturale: «Come si sa, dal 13 gennaio 1916 al 10 dicembre 1929 Antonio Gramsci è stato critico teatrale dell'"Avanti"...», sviluppando l'argomento con semplicità e profondità di contenuti. Un lungo applauso ha salutato il suo intervento prima che il rettore Franco Cuccurullo, in cappa di ermellino, gli conferisse la laurea honoris causa in Filologia (la quarta che Camilleri riceve in Italia) di fronte all'Auditorium con il Senato Accademico, il sindaco Francesco Ricci, l'assessore comunale di Pescara Adelchi De Collibus, il dottor Edoardo Tiboni e tutto il pubblico in piedi. Componevano la Commissione di laurea: il rettore Franco Cuccurullo, il preside di Lettere Stefano Trinchese, i professori: Giancarlo Quiriconi, Rossella Bianchi, Maria Careri, Giulio Firpo, Irene Fosi, Luisa Mucciante, Gianni Oliva, Alessandro Pancheri, Alessandro Tomei. Accompagnavano Andrea Camilleri, la moglie Rosetta Dello Siesto, la figlia Mariola con il marito Guido e i figli Francesco (aveva tra le mani l'ultimo "Harry Potter", non ancora pronto per i libri del grande Nonno) e Silvia, l'addetta alle pubbliche relazioni Valentina Alferj e l'editore Antonio Sellerio, giunto appositamente da Palermo a seguire la cerimonia di conferimento della laurea al "suo" più prestigioso scrittore. Tanti i giovanissimi impegnati a "guadagnare" un autografo su uno dei tanti libri del prolifico autore siciliano, (aveva organizzato un banco di vendita Antonella De Luca dell'omonima Libreria), che Andrea Camilleri, sorridente e sereno, ha concesso a tutti consapevole che anche questo è il prezzo da pagare quando ci si fa conoscere e amare come scrittore della nostra quotidianità. Parlando con amici Andrea Camilleri ha ricordato la sua prima avventurosa visita a Chieti in un giorno di bufere di neve, quando fu invitato dal regista Orazio Costa per allestire "La figlia di Iorio" che avrebbe dovuto avere tra le protagoniste Anna Magnani, che preferì andare in America a girare "La rosa tatuata" (1955) con Burt Lancaster, guadagnando il premio Oscar.
Mario D’Alessandro
 
 

Il Centro, 13.11.2007
Camilleri, lezione di umanità all'università D'Annunzio

È rimasto un'ora e mezza senza accendere una delle Multifilter rosse che fuma a catena. Ma il sacrificio è stato compensato dall'entusiasmo con cui il pubblico - in gran parte composto da studenti - l'ha accolto, ieri mattina, nell'aula del rettorato dell'università D'Annunzio di Chieti. Andrea Camilleri, 82 anni siciliano di Porto Empedocle (Agrigento), era lì per ricevere la laurea honoris causa in Filologia moderna della facoltà di Lettere e filosofia. A far festa all'autore della saga del commissario Montalbano e di altri libri di successo, sono stati - oltre al pubblico - il rettore, Franco Cuccurullo, il preside della facoltà di Lettere e filosofia, Stefano Trinchese, e il docente Giancarlo Quiriconi, che ha introdotto lo scrittore con un'appassionata relazione.
Dopo il conferimento della laurea, Camilleri ha accettato di rispondere alle domande del Centro.
Perché ha scelto il rapporto fra Gramsci e Pirandello come tema della sua lectio magistralis?
"Perché, negli ultimi anni, mi è capitato di lavorare molto su Pirandello. Ho curato un libro di pagine scelte per la Bur e ho scritto l'introduzione all'ultimo Meridiano Mondadori sul Pirandello dialettale. Preparando quest'ultimo lavoro mi sono imbattuto in quel lapsus, molto interessante, di Gramsci. Così ho colto l'occasione".
La lingua dei suoi romanzi è un impasto di italiano e siciliano: perché questa scelta? Che rapporto ha con il mondo, Montalbano?
"Montalbano getta uno sguardo sul suo villaggio. Non so se è Tolstoj o Dostoevskij che dice: descrivi bene il tuo villaggio e avrai descritto bene il mondo".
Come definirebbe questo sguardo: disincantato, fatalista, cinico?
"Cinico no, se non alla maniera di Cardarelli che diceva: sono un cinico che ha fede in quel che fa. È uno sguardo soprattutto ironico e comprensivo".
Questo è anche il suo sguardo?
"Credo di sì".
Uno scrittore ha un compito ulteriore rispetto a quello di scrivere bene e intrattenere il lettore?
"No. Deve essere semplicemente in pace con la sua coscienza e la sua scrittura".
Che cosa sta leggendo in questi giorni?
"Almeno tre libri che mi hanno interessato. 2666 di Roberto Bolaño; un libretto intitolato Le ultime ore dei miei occhiali di Nino Vetri, pubblicato da Sellerio; e il terzo è un capolavoro, Il presidente di Simenon. E poi c'è una lettura che durerà anni, attraversando tutte le altre, che sono i tre volumi del Journal dei fratelli Goncourt; sono a metà del primo".
Che cosa detesta dell'Italia di oggi?
"L'Italia di oggi la detesto per ciò che è successo domenica (gli scontri degli ultras, ndr). Non mi va che l'Italia sia rappresentata da questi esseri. Sono loro che non appartengono all'Italia".
Che cosa ama, invece, dell'Italia?
"L'infinita capacità di adattamento degli italiani".
Che è anche la sua?
"Naturalmente".
Giuliano di Tanna
 
 

WUZ, 13.11.2007
Andrea Camilleri
Maruzza Musumeci
“Maruzza stava addritta, appuiata a ‘na colonna di ligno. Aviva du’ occhi ca parivano palluzze di celu, la vucca dovevi essere ussa russa comu ‘na cirasuzza. Il nasuzzo dritti e fino spartiva a mità ‘a miluzza frisca, appena cugliuta, ch’era so facciuzza. I capille le arrivavano sino a sutta i scianchi. La cammina era a sciuri, e faciva ‘na bella curvatura all’altizza delle minnuzze. La vita era accussì stritta che lui l’avrebbi potuta tiniri tutta tra il pollice e l’indice della mano e alla vita si partiva una gonna buttuna buttuna che arrivava fino ‘n terra. Da sutta la gonna spuntavano i piduzzi che addimostravano ch’era fìmmina e no sirena.”

Camilleri ha abituato i suoi lettori (e sono davvero tantissimi) a un uso di due generi letterari nella sua scrittura: da una parte il romanzo storico, dall’altra quello il giallo con la creazione di una figura entrata ormai tra i personaggi simbolo della nostra contemporaneità letteraria, il Commissario Montalbano.
Ecco così che "Maruzza Musumeci" risulta spiazzante. Anche se, le date in cui è collocata la vicenda (tra la fine dell’Ottocento e i primi ventenni del Novecento) potrebbero farlo apparire un romanzo storico è la vicenda in sé che rientra in modo prepotente nella letteratura fiabesca, nelle leggende popolari, nella cultura della tradizione magica.
Maestro, qualsiasi argomento tratti, nel coinvolgere il lettore, Camilleri con questo romanzo “speciale” riesce a a fare forse ancora qualcosa di più: la sua è fascinazione, è forse davvero magia…
Protagonista del romanzo è Gnazio Manisco, un uomo che dopo molti anni da emigrante in "Merica", ritorna al paese natale lasciato quando era ancora adolescente: Vigàta. Con i soldi risparmiati inizia a costruirsi una piccola casa e un riparo per gli animali in contrada Ninfa, una lingua di terra sul mare che (lo si saprà nel corso del romanzo) galleggia sul mare: praticamente un’isola, è l’Itaca di Ulisse, è il luogo dei desideri e delle speranze, della vita e della morte.
Raggiunto un certo benessere economico e essendo ormai vicino ai cinquant’anni, Gnazio decide di prendere moglie e si rivolge a chi in paese di queste cose si occupa, la gnà Pina. Scartate alcune ipotesi, la gnà Pina mostra a Gnazio una fotografia di una giovane donna, Maruzza Musumeci: è il classico colpo di fulmine, l’uomo non riesce più a pensare a null’altro e quando vedrà la ragazza di persona la sua passione non fa che crescere a dismisura.
Maruzza Musumeci è una splendida donna di trent’anni che non si è mai sposata perché convinta di essere una sirena e quindi impossibilitata ad avere normali rapporti con gli esseri umani.
Anche nella sua famiglia c’è sempre stato qualcosa di strano. L’unica parente rimastale, una bisnonna, è quasi centenaria, ma ha ancora l’energia di decidere il futuro della nipote e una voce sensuale che sussurrata all'orecchio di Gnazio, gli crea un vero e proprio turbamento dei sensi. È lei a fissare la data, notturna, per un primo matrimonio, tutto magia e riti arcani.
Poche le richieste della promessa sposa al futuro marito: solo la possibilità, quando si sente sirena e non le capita più spesso, di passare nell’acqua di mare (in questo caso l’acqua sarà contenuta in due grandi cisterne costruite appositamente) tutti i giorni in cui quella “metamorfosi” avviene in lei. Dovrà anche avere una finestra che guardi il mare, a cui cantare ogni giorno melodie incantatrici.
Gnazio e Maruzza si sposano, l’amore appassionato tra i due ha come frutto dei figli, due maschi e due femmine. Il primogenito Cola non ama il mare, come il padre, mentre la prima figlia Resina è in tutto e per tutto simile alla madre. Adora il mare e canta splendide melodie da lei create, un canto meraviglioso che incanta chi lo senta, insomma è proprio la Sirenetta.
Passano gli anni, i figli crescono, il maggiore va all’università a studiare quelle stelle che fin da bambino lo avevano attratto, ma non dimentica il legame fortissimo con la sorella Resina tanto che chiama con il suo nome una stella che lui stesso aveva scoperto. La ragazza, bellissima, è profondamente legata al fratello lontano, tanto che alla fine sacrificherà se stessa per salvare, magicamente, lui.
Intanto il mondo intorno subisce grandi cambiamenti: l’Italia vede l’avanzare del fascismo e il suo insediarsi al potere. Quando poi scoppia la seconda guerra mondiale tutti i giovani vengono chiamati alle armi, e anche Cola…
L’epopea di questa famiglia, tra cruda realtà contadina e magia si concluderà nella testimonianza che amore, affetti, sentimenti, riescono a vincere tutte le barriere, da quelle della razionalità a quelle che il mondo esterno pone come ostacoli.
Un “cunto” questo di Camilleri, davvero ammaliatore che trova nel linguaggio dell’autore la migliore musica perché sa mantenere, pur nella creatività letteraria (le frasi in greco con cui le “sirene” dialogano sono tratte dall’Odissea proprio perché il riferimento al tema classico delle sirene e la figura di Gnazio come anti-Ulisse siano chiari), l’andamento e il piacere della narrazione orale, quella che i contadini, abituati da secoli e secoli ad avere a che fare con le fiabe e la magia, raccontano nelle sere di veglia.
Grazia Casagrande
 
 

Corriere della sera, 13.11.2007
Il Piccolo Fratello
Piace il Sud letterario. E il dialetto stuzzica l'esotismo domestico
Scrittori meridionali in testa alle classifiche: così le lingue regionali diventano marketing

Che cosa possono dire le classifiche - ammesso che siano pienamente attendibili - sui gusti dei lettori e sul gradimento della letteratura? Nelle ultime settimane, il Piccolo Fratello è rimasto stupito dalla presenza notevole di scrittori meridionali ai primi posti della Narrativa italiana. Una concentrazione mai vista. Camilleri immancabilmente primo con il suo nuovo libro (Voi non sapete, Mondadori), dizionario della mafia costruito attraverso le parole dei pizzini di Provenzano. Un successo che solo Camilleri poteva superare: e infatti appena arrivato in libreria, il suo nuovissimo romanzo, Maruzza Musumeci (Sellerio), ha scavalcato il precedente. Dunque, primo e secondo. C'è da scommettere che, se apparisse un postnuovissimo o postremo Camilleri, riuscirebbe a superare il nuovo e il nuovissimo. Del resto, è già accaduto. Dopo Camilleri, per diverse settimane abbiamo avuto una sequenza quasi fissa: Saviano (Gomorra), Diego De Silva (Non avevo capito niente), Mariolina Venezia (Mille anni che sto qui). Del libro di Saviano si sa quasi tutto. Il salernitano De Silva racconta in chiave comica, con risvolti giudiziari e camorristici, la Napoli dei nuovi poveri, finti professionisti quarantenni. La lucana Venezia, fresca vincitrice del Campiello, narra la tradizionalissima saga della famiglia Falcone, povertà ed emigrazione comprese, dall'Unità d' Italia alla caduta del Muro di Berlino. Non vanno poi dimenticati, sempre nelle prime posizioni: la sarda Agus, il barese Carofiglio, i napoletani Ermanno Rea e Andrej Longo. Insomma, il Sud piace ai lettori. Che, come si sa, sono soprattutto settentrionali. Viene il dubbio che il Mezzogiorno dei romanzi attragga oggi come negli anni Settanta attraeva in Europa l'America Latina fantastica di García Márquez. Piace come fosse un luogo del mito o della nostalgia più che una parte, malata, di noi stessi. A questo punto sarebbe utile approfondire l'aspetto linguistico di molti romanzi «meridionali». Per notare, magari, come il dialetto finisca spesso per essere uno degli strumenti che favoriscono questa piacevolezza vagamente esotica, da turismo immaginario. Il critico Massimo Onofri ha parlato, a proposito dei fortunatissimi romanzi dello scrittore sardo Salvatore Niffoi, di una lingua «degradata ai livelli del kitsch della società di massa». L'accusa è quella di lavorare il dialetto non come componente della poetica o come materia necessaria sul piano espressivo (o espressionistico), ma di utilizzarlo come sapore-colore locale a beneficio del lettore «straniero». Una facile opzione di marketing. Camilleri, si diceva. È da poco uscito, per Barbera Editore, un libro di Gianni Bonina, intitolato Il carico da undici: una rassegna ragionata dei romanzi, dei racconti e dei saggi dello scrittore siciliano. Un totale di 47 libri (chi vuol parlarne in società senza averli letti, sappia che ci sono tutte le trame). Con una lunga intervista nella parte centrale. Come quasi tutti gli autori di successo, anche Camilleri se la prende con la critica, che non lo capisce. A una domanda sul «senso di sufficienza dei critici», risponde: «Più si stampano i miei libri e più cresce una sorta di rigetto. Ho l'epatite letteraria, che ci posso fare». Discutendo il caso Niffoi quale «retorica del sublime», Onofri stava ben attento a distinguerlo dal caso Camilleri per la dose di ironia di cui quest'ultimo dispone. Non risparmiava però, tra le righe (ma neanche troppo), qualche frecciatina «al suo siciliano inventato e reso commestibile per i palati del grande fast food nazionale». Certo, è vero che le oculate scelte fonetiche, sintattiche e lessicali di Maruzza Musumeci sembrano fatte apposta per piacere al grande pubblico: «ppì piaciri ' o granni pubbricu... E vi pozzu assicurari che ci arrinesci davero, basta taliari i classifichi».
Paolo Di Stefano
 
 

Corriere della sera, 13.11.2007
Inchiesta. Editori e studiosi spiegano una riscossa sorprendente, trainata dal «noir» e dalla saggistica
Bye bye America, il bestseller torna in Italia
Diminuiscono le traduzioni, è l'ora dei nostri autori. Da Camilleri a Saviano, da Moccia a Carofiglio
16.500.000 Il record di volumi venduti in libreria è di Andrea Camilleri. Un boom iniziato nel 1997
6.900.000 È il totale di copie vendute da Giorgio Faletti. Tre milioni e mezzo solo con «Io uccido»
4.500.000 È il totale di copie vendute da Oriana Fallaci con i suoi ultimi tre libri pubblicati da Rizzoli
2.000.000 Sono le copie vendute da Giampaolo Pansa, di cui 500 mila con «Il sangue dei vinti»
Il caso Roberto Saviano, nato a Napoli nel 1979, è stato la rivelazione del 2006. Il suo libro d' esordio «Gomorra» (Mondadori), un romanzo-reportage nel regno della camorra, è entrato nella top ten dei libri più venduti dell'anno scorso. Dopo la pubblicazione Saviano è stato minacciato dai clan e vive sotto scorta.

A rischio di esagerare un po' , si potrebbe parlare di riscossa dei libri italiani. Se ne producono di più, se ne vendono di più. Da alcuni anni, infatti, le traduzioni da lingue straniere (in particolare dagli Stati Uniti) perdono progressivamente quota. «Se anni addietro erano attestate sul 25 per cento» dice Giovanni Peresson, responsabile dell'Ufficio studi dell'Associazione italiana editori (Aie) «ormai sono scese al 22». Un dato che trova riscontro anche nelle classifiche di vendita. L'anno scorso, nei primi dieci, dopo Harry Potter e Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, avevamo Moccia (Ho voglia di te), Saviano (Gomorra), Terzani (La fine è il mio inizio), due Camilleri (La vampa d' agosto e Le ali della sfinge), Faletti (Fuori da un evidente destino), Augias-Pesce (Inchiesta su Gesù), Littizzetto (Rivergination). Nei successivi venti classificati gli italiani erano tredici (Volo, Carofiglio, Grillo, Pansa, Rossanda, Ammaniti, Veronesi ecc.) contro sette stranieri. Confermano questa tendenza le classifiche dei primi sei mesi 2007, con nove italiani fra i primi quindici: primo, La casta di Rizzo-Stella, poi Moccia (Scusa ma ti chiamo amore), Saviano, il Papa Benedetto XVI, Camilleri due volte, Augias-Pesce (Inchiesta su Gesù) e Odifreddi. Ottimi risultati rinforzati, peraltro, dalla buona presenza di nostri autori sui mercati stranieri: dopo Camilleri, De Cataldo, Faletti, Terzani, Fallaci, si segnalano i casi di Milena Agus e soprattutto di Saviano, da quasi due mesi nelle classifiche tedesche e spagnole e da poco uscito in Francia da Gallimard. Se la «riscossa» pare incontrovertibile nella saggistica, la narrativa richiede alcune considerazioni. Per esempio, per quel che riguarda il 2006 e il 2007, l'assenza del fattore Dan Brown: senza un nuovo libro ha esaurito la spinta che lo aveva portato a vendere, dal 2003, oltre 7 milioni di copie dei quattro romanzi (il Codice da solo ha superato i 3 milioni e mezzo). Tanto che, nella classifica 2005, Dan Brown (fra hardcover e i Miti) occupava le prime 3 posizioni, la sesta e la nona. Però, nei primi venti, c'erano già nove italiani, con tre Camilleri, il Moccia di Tre metri sopra il cielo, Piperno, Benni, Baricco. E, per la saggistica, Giovanni Paolo II, Augias (I segreti di Roma) e Terzani (Un altro giro di giostra). Già, ma come si spiega questo ritorno a casa, questo ritrovato interesse per trame e personaggi italiani? Si può parlare di tramonto dell'immaginario americano a vantaggio di situazioni locali? Perché tutta questa attenzione per l'Europa (Italia, Inghilterra, Spagna), visto che, oltre ai bestseller di casa nostra, quello che si vende di più sono gli inglesissimi libri di Harry Potter (circa 6 milioni per i primi 6 volumi), il sempreverde Ken Follett (il nuovo Mondo senza fine ha già superato quota 700 mila), gli spagnoli Zafon, Asensi e Falcones? Del resto, anche l'americano Dan Brown nei due libri meglio riusciti (il Codice e Angeli e demoni), parla di Vaticano, Templari, Leonardo, Bernini e Opus Dei... Noir e così sia. «La recente fortuna del libro italiano in Italia - dice Vittorio Spinazzola, docente, saggista, curatore dell'annuario Tirature - comincia da quando la narrativa si è giallizzata. Lo dico senza pregiudizi di tipo estetico o morale. Credo che il noir italiano abbia segnato, per la letteratura italiana, il passaggio al nuovo secolo». Non sono molti, aggiunge, i libri italiani «in grado di entrare in contatto con il pubblico». Se i noir o i polizieschi ci sono riusciti, ciò è avvenuto perché in loro «il marchio di italianità è molto forte». Per Alberto Casadei (Stile e tradizione nel romanzo italiano contemporaneo, Il Mulino) «la spinta a interpretare i lati oscuri della storia italiana ha consolidato questa supremazia. Che a sua volta ha generato una sinergia: i "noiristi" trovano sponde tanto nei film tratti dai romanzi quanto nelle tante serie televisive poliziesche, ormai di lunga durata. La tendenza a proporre un'ambientazione italiana è dovuta al fatto che, così, non solo vengono affrontati argomenti di interesse diffuso (mafie e nuove mafie, attentati, complotti, delitti "terribili", ecc.), ma spesso i protagonisti sono buoni esempi di italianità, con pregi e difetti tipici: e nel poliziesco è fondamentale che il lettore si senta attratto dai personaggi principali». Per Antonio Sellerio, l'editore che ha lanciato Camilleri, Lucarelli e Carofiglio, questi autori rispondono a un bisogno crescente dei lettori italiani: «Leggere libri che raccontano la nostra realtà, per capire meglio il paese in questo momento di confusione generale». Una domanda «sana» per Sellerio, per niente provinciale. Giudizio condiviso da Spinazzola: «Non è una tendenza autarchica». Del resto, spiega il professore, «non è vero che la globalizzazione uniforma e rende tutto amorfo, in realtà invece lascia spazio per tutto ciò che racconta un'identità specifica». Massimo Turchetta, direttore generale edizioni Mondadori, parla di «un ritorno forte ai narratori italiani». E fra i motivi, cita «una qualità di scrittura spesso più che buona» e una proficua «frequentazione dei generi». Già, perché non c'è solo il libro metà fiction metà inchiesta di Saviano, o i noir, ma per esempio c'è la saga fantasy del Mondo emerso di Licia Troisi (oltre 500 mila copie vendute). Anche Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del Gruppo Mauri Spagnol, dice che «i lettori cominciano a fidarsi degli autori italiani, e non solo dei noir: nel genere avventura, per esempio, Marco Buticchi (sei romanzi dal 1997, l' ultimo è Il vento dei demoni) ha abbondantemente raggiunto le 800 mila copie». Bye bye, America? Per Mauri «l'America non è più l' unico punto di riferimento». Anzi, «il thriller americano, se non si rinnova, rischia di fare la fine del western». Anche Sellerio denuncia una «crisi del thrillerone Usa», e aggiunge: «L'America ci ha un po' stufato». Forse, chiosa più prudentemente Spinazzola, «alcuni bestselleristi di oltre oceano sono invecchiati». Per Turchetta della Mondadori, la casa editrice che ha in catalogo Grisham, Cornwell e Turow, «se è vero che c'è una certa stanchezza nei generi consolidati, non è vero che Grisham o la Cornwell vendono meno. Anzi, gli ultimi usciti vanno meglio dei precedenti. Di certo c'è che l' area che sta fra impegno ed evasione, tra alto e basso, si è allargata. È più variegata. E lì trova posto una generazione nuova di scrittori europei e italiani. Di cui l'esempio migliore è Saviano, in piena sintonia con i nuovi lettori, la generazione Erasmus, venti-trentenni aperti a scambi con altri paesi». Bestseller & lucchetti. Fenomeno a sé, forse nemmeno nuovo («il "rosa" è il solo filone narrativo popolare della letteratura italiana moderna» dice Spinazzola), ma certo impressionante quello di Federico Moccia. Con quattro romanzi (Feltrinelli e Rizzoli) ha superato i 3 milioni e 300 mila copie (Tre metri sopra il cielo e Ho voglia di te, hanno venduto complessivamente 2 milioni e 300 mila copie: a marzo, da Feltrinelli, uscirà Amore 14). «Non cercavamo di buttarci sul rosa» dice Alberto Rollo, direttore letterario Feltrinelli «volevamo un romanzo che potesse entrare in contatto con il pubblico di ragazzini/ragazzine. E, strada facendo, anche andasse a colpire la sensibilità di un'area più vasta di lettori, femminile ma non solo, non necessariamente giovanissima». Così, il romanzo di Babi e Step, stampato a proprie spese nel 1992, ripreso dalla Feltrinelli nel 2004, sbanca il mercato, generando una febbre di Sms e lucchetti. «Dopo Tre metri, la ricerca di romanzi e linguaggi analoghi seppure differenti è proseguita: Le stelle quante sono di Giulia Carcasi ha superato le 150 mila copie». Con Moccia, uno che «sa sempre di cosa si parla quando si parla d'amore» (Rollo), «il grande filone rosa ha trovato il suo prosecutore maschio» dice Spinazzola. «Moccia è un Liala uomo, ma molto meno perbene».
Ranieri Polese
 
 

La Provincia di Lecco, 14.11.2007
Teatro Sociale di Lecco
15 dicembre Esordio con Glauco Mauri. Poi Lella Costa e Maddalena Crippa

Non è stato facile mettere insieme un cartellone di qualità e in così poco tempo, ma grazie alla professionalità e alle conoscenze del programmatore teatrale Giancarla Consonni in dieci giorni la stagione è stata chiusa anche se, visti i tempi, alcuni spettacoli verranno proposti di lunedì e il martedì. «Non è il massimo - ha sottolineato la dirigente Giovanna Esposito - ma non volevamo cedere sulla qualità così abbiamo rinunciato ai giorni canonici pur di avere spettacoli migliori». [...] Domenica 9 e lunedì 10 marzo «La concessione del telefono» di Andrea Camilleri con Angelo Tosto, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina. Regia di Giuseppe Dipasquale. [...].
Ranieri Polese
 
 

Caserta News, 14.11.2007
Libri
Voi non sapete

"Voi non sapete quello che state facendo". È così che Bernardo Provenzano ha accolto le forze dell'ordine al momento dell'arresto. Il segno di un ordine costruito con sotterranea implacabilità. E i "pizzini", con i loro codici e sottocodici, con il tono ora criptico, ora oracolare, ora dimesso, sono l'arcaico sistema che regola una modernissima ragnatela. Nel rigoglio della sua produzione narrativa quasi mai, per esplicita scelta, Camilleri ha toccato il tema della mafia. Ma quando i pizzini di Provenzano sono stati resi pubblici è stato subito chiaro che costituivano per lui un'opportunità di riflessione imperdibile: linguisticamente anomali, antropologicamente emblematici per la concezione della religione, della famiglia, delle gerarchie dei rapporti tra le persone, sembravano fatti apposta per entrare nell'universo letterario dello scrittore. Questo libro è un dizionario che, voce per voce, svela l'alfabeto con cui il capo dei capi ha parlato alla sua organizzazione per mostrare come, sotto la superficie di parole apparentemente comuni, può celarsi la feroce banalità del male. E che i primi anticorpi che una società civile deve sviluppare contro la vischiosità mafiosa sono quelli di un linguaggio limpido, onesto e condiviso. Un libro in cui il gusto per la battuta e per il paradosso non nascondono un diffuso senso di allarme. E anche questa è una nuova nota nello stile di Camilleri: nessuna catarsi è possibile, il lettore resta inchiodato alla grottesca efferatezza del mondo.
 
 

ANSA, 15.11.2007
Libri
Camilleri: prima volta in teatro, con ‘La luna di carta’

Roma - Dopo i romanzi, i fumetti, la televisione, e prima del cinema, Montalbano arriva in teatro. Il Teatro Stabile del Giallo di Roma mette in scena, a partire da mercoledì prossimo e fino ad Epifania compresa, La luna di carta dello scrittore siciliano, con la regia di Maria Luisa Bigai. "Ho acconsentito molto volentieri alla messa in scena - ha detto Andrea Camilleri - per vedere come Montalbano funziona a teatro".
Nel corso di una conferenza stampa, svoltasi nello studio dello scrittore, è stata presentata l'iniziativa che ha tre anteprime, a partire da stasera, aperte al pubblico, prima del debutto ufficiale. De La luna di carta non è stata ancora realizzata la fiction televisiva, lo sarà il prossimo anno. Lo scrittore, che si è soffermato a lungo sulla figura di Montalbano e sul suo rapporto con il proprio protagonista dei romanzi e con l'interprete più conosciuto, Luca Zingaretti, è convinto che "il punto di vista della messa in scena di questo romanzo sia quello giusto".
Rimane la "grande curiosità come spettatore sulla resa in teatro". Camilleri ha anche sottolineato che "non è una storia d'azione perché Montalbano analizza, fa ragionamenti più che azioni". Ad impersonare il commissario di Vigata sarà Nino D'Agata, somaticamente vicino a come Camilleri si immagina il suo Montalbano, diverso da quello televisivo. La regista, Maria Luisa Bigai, ha sottolineato proprio come "il punto di partenza della rappresentazione teatrale sia il romanzo e di come questa si distacchi totalmente dalla fiction televisiva". Presto Camilleri arriverà anche sul grande schermo con "Il birraio di Preston", prodotto da Palomar e "La scomparsa di Patò", prodotto da Donatella Palermo con la regia di Rocco Mortelliti.
 
 

Il Venerdì, 16.11.2007
Prefazione eccellente. Andrea Camilleri ha scritto la prefazione (in queste pagine un estratto) al libro con i più famosi testi di Emma Dante: "mPalermu", "Carnezzeria", "Vita mia". Nata 40 anni fa a Palermo, premiatissima, 15 spettacoli messi in scena, l'autrice e regista è considerata uno dei migliori nuovi talenti del teatro italiano.
Lo stil novo di Dante? Il dialetto a teatro
Con quel cognome un po' così, Emma, autrice e regista che porta in scena solo testi in palermitano stretto, difende l'italiano dalla colonizzazione dell'inglese. Così, almeno, la pensa un suo conterraneo illustre
Andrea Camilleri
 
 

Polizia di Stato, 16.11.2007
La mafia spiegata da Andrea Camilleri
La parola "mafia" così come il verbo "ammazzare" non compaiono mai nei pizzini di Bernardo Provenzano. Lo dice Andrea Camilleri che ha analizzato quasi tutti gli scritti del boss di Corleone per dar vita al suo nuovo libro "Voi non sapete", una sorta di dizionario in cui lo scrittore siciliano spiega "gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano".
A spiegarci il lessico, il pensiero e la storia della mafia questa volta è dunque il papà del commissario Montalbano che in 60 voci racconta, passo per passo, l’appassionante sfida che ha portato la Polizia a catturare il grande boss della mafia, dopo 43 anni di latitanza.
In una video-intervista: il pensiero di Andrea Camilleri
Voce per voce lo scrittore siciliano ci svela "l'alfabeto con cui il boss dei boss ha parlato per più di quarant’anni alla sua organizzazione". L'autore cerca di spiegare la mentalità mafiosa con le sue regole, i suoi codici e sottocodici mostrando come "sotto la superficie di parole apparentemente comuni possa celarsi la feroce banalità del male". Si parte dalle "A" di affari e passando – attraverso varie parole - dalla "R" di religiosità dove Camilleri spiega come i siciliani siano in fondo più "superstiziosi che religiosi" per concludersi con la "V" di "voi non sapete quello che state facendo". Frase questa che Provenzano rivolse ai poliziotti al momento dell’arresto. Era seduto alla sua macchina da scrivere quando pronunciò questa sorta di avvertimento. Cosa ne pensa di questa frase Andrea Camilleri? E perché ha scelto proprio questa per dare il titolo al suo libro? Glielo abbiamo chiesto in una video-intervista pubblicata sul nostro sito.
I diritti derivanti dalla vendita del libro sono destinati ai figli dei poliziotti morti in servizio perché "l'idea di guadagnare con un libro sulla mafia mi ripugnava" ci ha detto ancora Andrea Camilleri quando siamo andati a intervistarlo. Intervista in cui lo scrittore con il suo caratteristico modo di esprimersi ci svela aneddoti particolari, curiosi e soprattutto ci spiega la sua idea della mafia e dei personaggi che ne fanno parte.
Ma lo scrittore siciliano alla fine ammette anche di avere una cosa in comunque con il boss dei boss. Cosa? Ascoltate l’intervista e lo saprete.
L'intervista è divisa in due parti:
Prima parte: Bernardo Provenzano e la sua strategia
"Nei pizzini non c’è mai la parola ammazzare, non c’è mai a parola mafia. Solo una volta…"
Seconda parte: il linguaggio e la cultura mafiosa
"L'idea di guadagnare sulla mafia mi ripugnava; i ricavati della vendite quindi sono per i figli dei poliziotti caduti in servizio".
Un terzo video in cui Camilleri parla al sito della Polizia di Stato
"La frase più bella la disse il commissario Cortese quando gli chiesi cosa aveva provato al momento dell’arresto".
 
 

ASCA, 16.11.2007
Sicilia
Mafia: Ricavato nuovo libro Camilleri andra' a figli poliziotti uccisi

Roma - Il ricavato delle vendite del nuovo libro di Andrea Camilleri: ''Voi non sapete'' andra' ''tutto in beneficenza ai figli di poliziotti caduti in servizio perche' l'idea di guadagnare sulla mafia mi ripugnava''. Lo ha rivelato lo stesso scrittore siciliano 'padre' dell'ormai famoso Commissario Montalbano. Un titolo, quello scelto da Camilleri, che riprende le stesse parole pronunciate dal boss Bernardo Provenzano al momento dell'arresto.
''Una frase un po' minacciosa'' dice lo scrittore siciliano in un'intervista esclusiva al sito della Polizia di Stato in cui racconta anche alcuni aneddoti legati all'attivita' degli investigatori che per ben 8 anni ''sono stati appresso a quell'uomo''.
Il libro e' una sorta di dizionario in cui Camilleri - attraverso le parole dei pizzini dove ''non compare mai la parola mafia cosi' come la parola ammazzare'' - esprime la sua idea sulla mafia e su Bernardo Provenzano.
Nei romanzi di Andrea Camilleri la mafia esiste ''come rumore di fondo'' ma lo scrittore siciliano si e' sempre rifiutato di scrivere un romanzo che avesse i mafiosi come protagonisti ''perche' anche il peggiore scrittore del mondo se scrive della mafia finisce per nobilitarla. Io penso - aggiunge Camilleri nell'intervista - che i migliori scrittori di mafia siano i marescialli, i commissari, i giudici''.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 16.11.2007
Da mercoledì allo Stabile del Giallo. Andrea Camilleri: "Questo personaggio mi perseguita, ma non lo farò morire"
Montalbano, debutto a teatro
"La luna di carta" arriva in versione scenica
La pièce con la regia di Maria Luisa Bigai

Il commissario Montalbano debutta a teatro: per l´esattezza al Teatro Stabile del Giallo dove, dal 21 novembre, va in scena "La luna di carta", per la regia di Maria Luisa Bigai e con Nino D´Agata nel personaggio reso famoso da Luca Zingaretti. Una conferma del grande successo dell´opera di Andrea Camilleri, che dall´alto delle centinaia di migliaia di copie di libri venduti guarda con curiosità a questa versione teatrale: «Come trasposizione teatrale si tratta di un inedito, è la prima volta che Montalbano sale sul palcoscenico». La sceneggiatura, scritta da Riccardo Bàrbera e dalla regista con la supervisione dello stesso Camilleri, «è un adattamento per la messa in scena», spiega lo scrittore, «sono molto curioso di vedere come funziona. D´altra parte, siamo tutti un po´ registi, come Amleto».
Vigàta, il mare, lo stesso commissariato restano fuori dalla scena, racconta Maria Luisa Bigai, quello che rimane è l´introspezione, la ricerca di Montalbano diviso tra le due verità, apparentemente opposte, di due donne che si contendono la memoria, e i segreti, dello stesso uomo, vittima di un assassinio. «Perché», spiega Camilleri, «per me le indagini poliziesche sono un pretesto per tratteggiare figure di donne e di uomini, per come sono davvero, per scoprire a poco a poco quello che nascondono». Al suo posto, nei romanzi, lo fa Montalbano, croce e delizia dello scrittore, che non nasconde una certa acrimonia verso il suo personaggio. «Mi viene a trovare, mi fa interrompere altri lavori per raccontare di lui. Pensavo che questa storia dei personaggi in cerca di un autore fossero "minchiate" di Pirandello, e invece no, è tutto vero. Montalbano è un personaggio killer, come tutti i personaggi seriali. Allora, per tenerlo buono, uso un sistema che ho letto in un libro da bambino, di un uomo in slitta inseguito dai lupi che si salvava gettando ogni tanto un boccone di carne per distrarli. E io getto un racconto a Montalbano, uno ogni tanto, così mi lascia in pace e mi fa scrivere anche qualcos´altro». Ma intanto, racconta, Montalbano sta cambiando. «È nato nel 1950 a Catania, ora ha 57 anni. Invecchia, perde qualche colpo. Ma soprattutto si è stufato mortalmente del lavoro che fa. Ha capito che il delitto è in fondo solo un atto di imbecillità: passare una vita a combattere gli imbecilli è una disgrazia». Camilleri due anni fa ha scritto l´ultimo capitolo della saga di Montalbano, «Che però non muore», e quel libro ora giace in un cassetto della sua casa editrice in attesa del momento opportuno. Intanto sta lavorando ad un nuovo romanzo del suo personaggio, con qualche aggiustamento: «Penso che gli farò venire qualche malanno allo stomaco. Mi comincia a dare fastidio il fatto che lui possa mangiare tutto quello che vuole, mentre a me l´hanno proibito».
Renata Mambelli
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 16.11.2007
Manuale per le chiacchiere da salotto sugli scrittori siciliani
Di Sciascia è bene dire che manca la sua voce. Su Lampedusa evitare di attaccare Vittorini

In Sicilia, come è ben noto, si legge molto poco. E tuttavia alla letteratura si è attinto abbondantemente per delineare le nostre componenti identitarie più rilevanti, ma soprattutto la si è sempre considerata un imprescindibile argomento per l´antichissima arte della civile conversazione (e in Sicilia, come è ben noto, se si legge molto poco in compenso si chiacchiera parecchio). Ci pare, dunque, utile proporre uno stringato breviario, articolato per autore, utile a sostenere un brillante colloquio intorno al tema della letteratura siciliana: un frasario essenziale, insomma, per non sfigurare in società semmai capitasse di dover discettare del nostro augusto canone, o di ragionare (si fa per dire) della nostra veneranda cultura.
[…]
Andrea Camilleri: Riconoscere il valore artigianale dei romanzi di Montalbano, ma ribadire che la sua vena migliore viene fuori nei romanzi storici e nel suo sperimentalismo linguistico. Vantarsi sempre di averlo letto quando ancora non se lo filava nessuno.
Giallo siciliano: è diventato out. Negare anche davanti all´evidenza di averlo esaltato fino alla settimana scorsa e possibilmente occultare le copie dei polizieschi presenti nella propria libreria. Lessico più appropriato per denunciare la pochezza del genere: maniera, abuso, cliché, moda, effimero.
[…]
Matteo Di Gesù
 
 

El País, 17.11.2007
Sicilia, la pregunta incesante
Camilleri va descorriendo esas telarañas que ocultaban la verdad. Todo lo que ha vuelto Sicilia en lo que viene a ser
Curiosamente, en ninguno de estos dos libros la mano es de la Mafia. Y sin embargo... Sin embargo, la Mafia está ahí

No todos los escritores tienen una historia que contar. Andrea Camilleri sí.
Y aunque se desempeña en variados registros, del guión cinematográfico a la novela, de la historia dura al relato policiaco, ahí está él, con la mirada iluminando distintas escenas y distintos tiempos, pero sin moverse un ápice de esa especie de deber o de obsesión. La luna de papel es la última investigación del comisario Salvo Montalbano. Las ovejas y el pastor es un breve y apasionante reportaje histórico. Los dos libros del siciliano Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925) aparecidos prácticamente al mismo tiempo en castellano, aunque con dos años de distancia en su primera edición italiana, se complementan y encajan con una coherencia poco común, y nos acercan a esa "historia que contar" que Camilleri se empeña en dilucidar hace tantos años.
La palabra es investigar. Sea Montalbano o sea el propio Camilleri como historiador, la narración es la historia de una encuesta, en el sentido americano de la palabra. De un proceso de investigación, que si en el caso de su personaje parece la convención obvia del género (es el oficio de un buen comisario de policía), en el otro -el minucioso relato de un suceso histórico- se trata de un modo peculiar de acercarse a los hechos, que, sin renunciar a la verdad objetiva y su aclaración, incluye el ojo y la experiencia del propio historiador. Y su perplejidad.
En Las ovejas y el pastor, Camilleri cuenta hechos sucedidos en 1945. A Monseñor Peruzzo, el obispo de Agrigento que se puso pastoralmente contra los terratenientes sicilianos, le dejan malherido de bala una mala noche. En el convento de Palma di Montechiaro, diez jóvenes monjas ofrecen su vida por él, y se dejan morir de inanición con permiso de la superiora. El convento, a cuya clausura podía entrar Tomasi di Lampedusa, tiene una historia de ascesis y elevación mística que puede explicar algunas cosas. El atentado sucede a crueles levantamientos de campesinos pobres contra los latifundistas. El propio Camilleri, en su juventud, ha conocido el primer movimiento de los curas obreros, la naciente Acción Católica, el comunismo y los sectores más populistas del fascismo. Y luego está la Mafia.
Naturalmente, se trata de Sicilia, que es algo más, mucho más, que un escenario. En La luna de papel, Salvo Montalbano, el genial comisario de la imaginaria ciudad de Vigàta, investiga el asesinato, un poco repugnante, de un viajante de farmacia. Con un poco repugnante no quiero decir que los demás asesinatos no lo sean, pero es que éste presenta detalles asquerositos -el sexo a la vista, ciertas briznas de ropa entre los dientes- que meten en ambiente la turbiedad de las dos mujeres entre las que basculará el engaño, esa luna de papel que termina siendo un mito para niños, pero que alguna vez se creyó, y la desilusión te deja herido de escepticismo. Investiga también Montalbano las muertes repentinas de ciertos próceres, en tan pocos días. Y pone todos los casos en relación. No es raro que los indicios alerten sobre la familia Sinagra, que controla el tráfico de coca, porque, indefectiblemente, está la Mafia.
Como en toda la serie de Montalbano, como en todo el género, en realidad, el juego es correr las telarañas que ocultan la verdad. Porque ¿no es ésa la tarea del escritor? Desentrañar, tras las apariencias, lo que se nos pueda alcanzar como verdadero. Eso exige una actitud vigilante y escéptica, ese recelo que está en la base de quien quiere saber más. Y ahí se igualan el investigador de la ficción y el historiador de la realidad. Camilleri y Montalbano. Los dos trazarán un mapa moral de Sicilia. O mejor, un mapa inmoral.
A veces da la impresión de que, más que para hacer justicia, el comisario trabaja para su propio conocimiento. Más Camilleri que nunca, el Montalbano de La luna de papel se resiste pasivamente a la burocracia, pelea por igual contra las ideas negras -la propia muerte, la pérdida de memoria-, contra la comida sana y contra las tentaciones de la carne, y se deja ganar por una madura bonhomía que le ayuda a entender. Ni justifica, ni oculta: la realidad, concentrada en un asesinato y otras muertes vergonzosas y tapadas, se abre en un mosaico de miserias, de infelicidad y desgracia, pero también de belleza. Hay muchos detalles, muchísimos detalles privados que Montalbano no pondrá en los informes. Ni falta que hace. Él odia los informes, y Sicilia, que como decía Sciascia "es el mundo", con sus estructuras decimonónicas, su pobreza enraizada, esa hipocresía engrasada por el poder (por todos los poderes), bosteza en una voluntaria ignorancia. (Pero sí los pondrá en la novela. Los detalles, y sus sentimientos, muchas veces encontrados).
Bueno, pues la Mafia. Andrea Camilleri no ha ocultado nunca su posición frente a lo que al principio, mediado el siglo XIX, se conocía como la secta. Los asesinatos de Falcone y Borsellino, el llamado "macrojuicio" contra las familias y sus conexiones, la operación manos limpias, es decir, los continuados rifirrafes de las organizaciones del delito y los aparatos del Estado, tantas veces corruptos, han encontrado en Camilleri una respuesta cívica e inequívoca. Y pública. Al siciliano no le ha fascinado nunca esa épica cinematográfica de El Padrino y sus secuelas, y su supuesta ética, que parecía considerar la Mafia como una organización privada pero legítima, a la que a veces se le va la mano. Ni cree que hay mafiosos "buenos" -antes de la droga- y mafiosos malos. No.
Pero ¿cómo explicar el enraizamiento social de la organización? Sin ser simplista ni maniqueo, pero sin perderla de vista nunca, Camilleri, vía Montalbano o en primera persona, va descorriendo caso por caso, personaje por personaje, esas telarañas que ocultaban la verdad. Las redes de complicidades ideológicas, políticas, económicas. El terror, o simplemente el miedo y sus grados. Todo lo que ha vuelto Sicilia, incomprensible sin la Cosa Nostra, en lo que viene a ser.
La mirada del novelista, entonces, se vuelve minuciosa en las averiguaciones: se trata también de cada individuo, de cada pobre individuo con su historia personal a cuestas. Y también se vuelve, cómo decir, compasiva. Este latir de las personas, las mejores y las peores, que viene de ese calor y esa implicación del novelista en las historias que narra.
Curiosamente, en ninguno de estos dos libros la mano es de la Mafia. Quizá pueda achacárseles el inducir al atentado contra Monseñor, de El pastor y las ovejas, pero nadie lo sabe seguro. También están en los posos de la muerte del viajante de La luna de papel, pero tampoco. No, no han sido ellos, ya se lo digo yo. Y sin embargo... Sin embargo, la Mafia está ahí, como una fuerza ineludible y viscosa, otra estructura social, como las judicaturas, los partidos políticos o la Iglesia. Forma parte de lo dado, impregna con su poder físico y más que físico, con su maldad corruptora, todo lo cotidiano. Está ahí centrando y dibujando las causas de posibilidad del mal que ocurre en Vigàta y en toda Sicilia. Porque ése es finalmente el tema. Sicilia, que es el mundo. Y los hombres, en lo mejor y en lo peor.
Rosa Pereda
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 17.11.2007
L'iniziativa
Incontro con i lettori per parlare di cultura
Non si può che condividere l´amaro allarme lanciato da Vincenzo Consolo sull´omologazione della letteratura isolana
La regione ha dato vita a una vera e propria revisione retorica della sua storia e della sua tradizione nell´atto di sbarazzarsi di retaggi obsoleti
Per uscire dai cliché dell´omologazione servirebbe un nuovo De Roberto che ci facesse vedere le spregiudicate scalate degli attuali Consalvo Uzeda

[…]
E non si può non pensare a Consolo come un ultimo maestro che, forse donchisciottescamente, si oppone con la complessità della sua lingua e dei suoi temi al galoppante processo di banalizzazione del canone siciliano, i cui epigoni si sono ormai confinati (comodamente) nell´ambito angusto dei generi ridotti a cliché, del minimalismo, del diarismo infinitesimale, del frammentismo, insomma nella rinuncia conformista a una riflessione di ampio respiro e allo scandalo dello stile. Ci resta, è vero, l´innegabile talento di Andrea Camilleri, la sua fertile inventiva che ci ha donato una serie di felici entertainments, talora raffinati e arguti, talaltra un po´ corrivi, e che però non ci ha consegnato nessun vero capo d´opera, nessuna visione lungimirante, nessun compendio epocale.
[…]
Marcello Benfante
 
 

PuraLanaDiVetro, 18.11.2007
Il celebre commissario debutta a teatro. E presto Camilleri arriverà sul grande schermo
Si alza il sipario su Montalbano

Quante vite ha la celebre saga del commissario Montalbano uscita dalla penna di Andrea Camilleri? Dopo la fiction tv, il celebre commissario interpretato sul piccolo schermo da Luca Zingaretti, sbarca a teatro e mentre il suo autore vivrà una nuova primavera sul grande schermo.
Lo ha annunciato lo stesso Camilleri nel corso di una conferenza stampa. Da martedì prossimo fino all’Epifania, il romanzo “La luna di carta” arriva al Teatro Stabile del Giallo di Roma. La regia è di Maria Luisa Bigai.
"Ho acconsentito molto volentieri alla messa in scena per vedere come Montalbano funziona a teatro" ha affermato il celebre autore siciliano.
E questa volta le gesta di Montalbano non saranno affidate al suo alter ego televisivo Luca Zingaretti, ma a Nino D'Agata, i cui tratti somatici sono molto più vicini al commissario immaginato da Camilleri.
Presto Camilleri arriverà anche sul grande schermo con "Il birraio di Preston", prodotto da Palomar e "La scomparsa di Patò", prodotto da Donatella Palermo per la regia di Rocco Mortelliti.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 18.11.2007
Il convegno
Rapporto sulla cultura dieci anni di sicilitudine
L'isola esporta cultura ma privilegia la quantità

Nei secoli non c’è mai stata tanta cultura siciliana in giro per il mondo come oggi. Così come, specularmene, non c’è mai stata tanta consapevolezza che l’Isola attraversi un periodo di grande declino. Come si spiega questa antinomia? Sarà il nodo principale da sciogliere al convegno che Repubblica organizza martedì al teatro Biondo per celebrare i dieci anni dell’edizione palermitana.
Sfogliamo intanto l’album dell’oggi: la casa editrice “Sellerio”, rinverdendo i fasti della “Remo Sandron” che nella Palermo dell’Ottocento stampava Croce e Marx, pubblica libri di autori di ogni luogo e in ogni luogo li diffonde; Andrea Camilleri spopola nelle librerie, dal Nord al Sud in modo capillare, e colleziona traduzioni estere a pioggia.
[…]
Ecco, forse viene da lontano la difficoltà di raccontare in presa diretta l’Isola, om enel Novecento hanno saputo fare Verga, De Roberto, Pirandello, Brancati, Quasimodo, Tomasi di Lampedusa, Vittoriani, Sciascia, ma anche gli autori diciamo così di media caratura.
In pochi sono riusciti a sfuggire dalla gabbia del presente: […] Andrea Camilleri che ha saputo innestare una carica di impegno civile in un genere di largo consumo […].
Tano Gullo
 
 

Quotidiano Net, 19.11.2007
La recensione
Quella 'pista di sabbia' davanti a casa di Montalbano

Dal punto di vista letterario, esistono pochi piaceri come l'uscita di un nuovo romanzo di Andrea Camilleri, uno dei più grandi scrittori viventi, erede della grande tradizione letteraria siciliana che va da Verga e Capuana fino a Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, ecc. La lettura delle sue opere – che si tratti delle indagini di Montalbano o di altri capolavori, come “Il birraio di Preston” o “La concessione del telefono” non ha importanza - stupisce ogni volta per la freschezza e l'originalità delle idee, per il coraggio e la lucidità, per la bellezza della scrittura, per la capacità di rappresentare un mondo che sembra ormai perduto, in cui rifugiarsi con l'anima, fuori dagli affanni e da una vita divenuta opprimente e ossessiva, nelle apparenze come nell'orrore vacuo da cui siamo circondati.
“La pista di sabbia” comincia con il ritrovamento del cadavere di un cavallo sulla spiaggia situata davanti alla casa del commissario Montalbano, un tragico evento da cui si dipana un intreccio geniale e imprevedibile, attraverso ippodromi, maneggi, ville sontuose, allevamenti di purosangue, personaggi strambi, criminali, belle donne e, naturalmente, anche il ritrovamento di un altro cadavere, questa volta umano.
Strepitosa, da far venire le lacrime agli occhi per la comicità, è la descrizione della cena di gala a cui Montalbano è costretto a partecipare, preludio di una corsa al galoppo tra gentildonne, cena durante la quale il commissario ha la ventura di conoscere il mondo ridicolmente snob che anche nella realtà, a volte, fa da contorno al mondo equestre.
Così, tra nobili, presunti cavalieri vestiti da caccia alla volpe o da ufficiali dei lancieri del Bengala, Montalbano è incapace di rimanere se stesso, arrivando a scimmiottare i gesti e le espressioni altrui, senza conoscerne il reale significato, desiderando solo che tutto finisca al più presto. Una situazione surreale che, prima o poi, capita a tutti di vivere nella vita, ancor più insopportabile per uno come il commissario di Vigata, che “... Mai, in vita sò, era acchianato supra un cavaddro!...” (Mai, in vita sua, era salito su un cavallo).
Tra cavalli, cadaveri, corse clandestine organizzate dalla mafia e corse di beneficienza organizzate dalla nobiltà locale, Camilleri porta il lettore a guardare dentro uno specchio, con la convinzione di potervi scorgere la verità. Ma spesso la verità, proprio come l'immagine riflessa di uno specchio, in cui la destra diventa la sinistra e viceversa, non è quello che sembra. Un capolavoro.
Uberto Martinelli
 
 

Messaggero Veneto, 19.11.2007
Laura Ippoliti, la signora delle fiction

Gli sceneggiatori? «Non se li fila nessuno».Il film è sempre “del regista”. «Certo, lui dirige, lui imposta, lui crea, ma su un qualcosa già scritto da qualcun altro. Noi scribacchini finiamo soltanto sul rullo e buonanotte al secchio». Sfogo/non sfogo quello di Laura Ippoliti, udinese, ma romana d’adozione artistica.
[...]
Anni Ottanta e dintorni. Successe, negli anni, che molti ragazzini col fiuto fecero bagaglio e vennero inghiottiti dall’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. [...] Laura Ippoliti scese a Roma, riuscendo ad attraversare indenne i più massacranti provini. Ne presero due, nel 1985, alla scuola di regia. Una era proprio lei.«Lo sai chi mi accese la lampada della scrittura? Andrea Camilleri. Era lui il mio insegnante. Fantastico. Quando parlava, ricordo, eravamo tutti con gli occhi sbarrati. Lui sapeva incantare ogni parola, ogni sfumatura».
[...]
Gian Paolo Polesini
 
 

Marketpress, 20.11.2007
Al MEI il volume “Il mio posto nel mondo. Luigi Tenco, cantautore” di De Angelis, Deregibus E Sacchi

Milano - Il ricco volume edito da Bur “Il mio posto nel mondo. Luigi Tenco, cantautore. Ricordi, appunti, frammenti”, a cura di Enrico de Angelis, Enrico Deregibus e Sergio Secondiano Sacchi, sarà presentato al Mei, il Meeting Etichette Indipendenti, in programma dal 23 al 25 novembre a Faenza.
[...]
“Il mio posto nel mondo” è un omaggio non rituale a Tenco, realizzato cogliendo elementi della sua arte e della sua personalità non ancora sufficientemente messi in luce ed evitando il gossip e gli aspetti morbosi. Un originale e variopinto collage di 574 pagine che racchiude dichiarazioni di Tenco, testimonianze, ricordi, analisi, dati, commenti. Un caleidoscopio suddiviso in tre sezioni: “Intorno”, sul contesto in cui si è mosso il cantautore, “Durante”, che punta l’attenzione sulle sue canzoni e sul suo percorso artistico, e “Dopo”, che tratta del post 1967. Oltre a Fausto Bertinotti, che firma la prefazione, sono più di 200 i personaggi che hanno collaborato al volume, con contributi per lo più inediti. Fra di loro Andrea Camilleri [Notizia non confermata, NdCFC].
[...]
 
 

Italiasera, 20.11.2007
Montalbano sul palco dello Stabile del Giallo

Fino al 6 gennaio lo Stabile del Giallo (Via al Sesto Miglio, 78, tel. 06/33.26.27.99) porta sulle tavole uno dei più famosi commissari italiani del nostro tempo: il siciliano Salvo Montalbano. L’ispettore della Polizia di Stato più famoso al mondo, in questa libera trasposizione de “La Luna di carta” della regista Maria Luisa Bigai , trova la via del palcoscenico non come ricostruzione realistica di ambienti, vicende e personaggi, ma si avvale della radice più antica e propria del teatro: la Memoria. I personaggi , interpretati tra gli altri da Nino D’Agata, Alessandra Costanzo, Linda Manganelli e Andrea Ruggieri, trovano qui lo spazio per evocazione. E come accade nel ricordo i dati perdono linearità, i contorni si sfumano o assommano in base allo sguardo di chi li vide. L’indagine del Commissario (un uomo che sente l’incombere della mezza età, trascinato dagli aspetti umani della vicenda e come suo solito stordito dal fascino femminile), prende le tinte del noir per snodarsi fra ombre, malumori e subitanee brevi accensioni. Ma alla fine, come sempre la sua abilità, seppur sui generis, nel dipanare intrighi complicati e difficoltosi, viene fuori. Ricomponendo una storia “anche” secondo il suo schema di uomo bivalente: da un lato l’irreprensibile funzionario di Polizia (creato come ricordiamo dallo scrittore Andrea Camilleri), dall’altro l’uomo morbosamente attaccato alla sua terra con i suoi vizi e le sue particolari virtù.
Andrea De Carli
 
 

Famiglia Cristiana, 20.11.2007
Narrativa italiana
Camilleri e la sirena
Un originale racconto tra poesia e favola.

Andrea Camilleri si dedica alle leggende delle sirene e scrive un originale racconto, sospeso tra poesia, favola moderna e tradizione popolare. I protagonisti della narrazione, ambientata nella leggendaria Vigata tra ’800 e ’900, sono Maruzza Musumeci e Gnazio. Lei è una donna-sirena, giunta direttamente dalla mitologia greca; lui un onesto lavoratore siciliano, emigrato in America in cerca d’una vita migliore. Nel Nuovo Continente diventa giardiniere, ma la caduta da un albero lo costringe a rientrare nel suo paese, dove investe i risparmi acquistando un terreno in una zona da lui sempre amata. Grazie alle sue amorevoli cure, la campagna rinasce e si popola di animali, piante e alberi. Dopo aver incontrato Maruzza, Gnazio, incantato, decide di sposarla. Per il giardiniere di Vigata inizia una nuova vita.
Le sue future vicende si intrecciano con mito e storia, arte e architettura, astronomia e astrologia. Pochi i riferimenti "politici": un accenno di satira contro le camicie nere fasciste, la condanna di tutte le guerre, il dramma dei bombardamenti. Il dialetto siciliano domina il racconto, ma si intreccia, a sorpresa, con citazioni in greco antico. Alla fine del libro, Camilleri precisa che la storia del singolare matrimonio è una favola raccontata da un vecchio contadino. Il finale però è inedito, frutto della fantasia dell’autore.
MARUZZA MUSUMECI di Andrea Camilleri, Sellerio, pp. 152, € 10,00
Pietro Scaglione
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 20.11.2007
La letteratura contemporanea, la rimonta di Catania e l’impegno civile perduto
La novità è un azzardo come "Terra matta"

Non è certo facile sottrarsi oggi alla tentazione ­apocalittica di rubricare la letteratura siciliana contemporanea alla stregua di una can­crenosa escrescenza cartacea, di un inutile surro­gato. Ma a furia di volgere lo sguardo indietro per evocare i fasti di un passato illustre, si rischia di per­dere di vista l'oggetto in questione, oggi in verità sempre più stretto tra l'incudine di una grande, ir­ripetibile tradizione e il martello di un'industria culturale che vuol promuovere solo il replicante della letteratura.
Ma allora quale Sicilia viene fuori dalle carte dei nostri contemporanei? C'è l'Isola macchiettistica di Silvana La Spina, che però con "Morte a Palermo" era riuscita a fare della città il borgesiano alveo collettore di veleni burocratici e universitari, e quella inutilmente barocca dell'ultima Silvana Grasso, ben lontana dai traguardi dei primordi, scintillanti di trovate stilistiche e sanguinolenti, per le ferite aperte di un terribile passato. C'è la Sicilia ottocen­tesca della "Mennulara" di Simonetta Agnello Hornby, in cui l'impeccabile congegno narrativo non era messo però a servizio di una vera propen­sione conoscitiva, e c'è quella stancamente magica, o meglio pseudofantascientifica dell'ultimo Bona­viri. C'è poi la Vìgàta di Andrea Camilleri: specimen di un microcosmo isolano che dalle brume dell'Ottocento, coi suoi sinistri bagliori comici, illumina certe zone oscure della nostra storia letteraria e ci­vile.
Dalla lontana e irraggiungibile periferia ci vengo­no segnali di vitalità e speranza: la Caltagirone di Maria Attanasio e di Domenico Seminerio, ad esem­pio, si rivela una sorta di improbabile sacca di resi­stenza narrativa, di polveroso bacino affabulatorio. L'ultima fatica della prima però, "Il falsario di Calta­girone", altalenante tra il saggismo e la scrittura ro­manzesca, non ha trovato una vera, finale armonia, mentre le uniche due prove del secondo, notevoli per le soluzioni stilistiche, lasciano ben presagire.
Se si sposta invece l'attenzione sui narratori delle più recenti generazioni, ci si trova innanzi a qual­che piacevole sorpresa: la Palermo plurilinguistica e meticcia di Giosuè Calaciura, geenna meridiona­le, quella grottesca e caricaturale di Roberto Alajmo, il quale con gli ultimi due romanzi, "Cuore di ma­dre" ed "E’ stato il figlio", ha fatto della Sicilia un pos­sibile scenario antropologico, e quella visionaria di Giacomo Cacciatore, che nel suo "Figlio di vetro" racconta una storia di mafia. E ancora la Palermo ri­pelliniana di Domenico Conoscenti, scrittore goti­co che ha sbagliato secolo, o la Palermo allegorica di Marcello Benfante, irrimediabilmente decrepita (vedi "Cinopolis"), soggiogata da un potere cieco e dittatoriale. Aspetto, questo, che ha trovato cittadinanza letteraria anche negli ultimi romanzi di Mi­chele Perriera, scritti volutamente al confine dei ge­neri: "Finirà questa malia", in questo senso, è tra i suoi libri più emblematici. E che dire di giallisti come Santo Piazzese e Piergiorgio Di Cara? Il primo, inventandosi una pronuncia tutta sua, mescidata e ironica, ha fatto di Palermo una metropoli affollata e vociante, una città finalmente privata dei suoi fuorvianti cliché; il secondo è riuscito a elevare la «sbirritudine» a condizione metafisica, restituendo credibilità a un genere sempre più americanizzato.
Ma pian piano si è di nuovo fatta strada la rivale Catania, sempre più espressionistica e funebre, gra­zie ai romanzi di Marco Vespa e di Ottavio Cappel­lani: romanziere stenografo il primo, scrittore grasso il secondo.
A fronte, però, di questo notevole spiegamento di forze, va detto che si è parecchio lontani dalla lette­ratura della realtà civile e politica praticata nei due secoli precedenti, dagli azzardi sperimentali che fu­rono di Verga prima, e poi di D'Arrigo e Consolo. Tanto che la vera assoluta novità degli ultimi tempi ci appare quella "Terra matta" del bracciante sici­liano Vincenzo Rabito (l899-1981), la cui alta e probabilmente involontaria temperatura storica e antropologica trova la sua forza nel viscerale intreccio tra scrittura e biologia.
Salvatore Ferlita
 
 

La Repubblica (ed. di Milano), 21.11.2007
Giorno e notte
Camilleri e Matvejevic

Lo scrittore Andrea Camilleri, il poeta siriano Adonis, lo storico Pedrag Matvejevic e Vittorio Sgarbi su "Mediterraneo, le fonti della vita: il pane, l'olio, il vino, l'anice". Sala Alessi di Palazzo Marino, ore 17, ingresso libero.
[Andrea Camilleri è apparso in una videointervista, NdCFC]
 
 

Cavallo Magazine, 21.11.2007
Editoriale. La lettera di Mario Palumbo
Lo sdegno di Camilleri
Già ha una voce grave e profonda, “addomesticata” anche da un susseguirsi continuo di sigarette accese, ma quando quella voce vibra di sdegno acquista ancora più profondità e colore.

Andrea Camilleri non è solo il “papà” del commissario Salvo Montalbano, un autore tradotto in 29 lingue e che nella sola Germania, con i suoi libri in siculo-italiano (quindi anche difficili da tradurre), ha venduto più di quattro milioni di copie... Andrea Camilleri è anche un uomo che sa sdegnarsi di fronte alla crudeltà, che è sempre gratuita, dell’uomo nei confronti degli animali.
A pagina 8 del numero di dicembre trovate l’intervista che ha concesso a Cavallo Magazine e che ha preso spunto dal più recente romanzo che vede protagonista il commissario Montalbano: “La pista di sabbia”. Un romanzo nato da un fatto di cronaca: un cavallo trovato ucciso a randellate su una spiaggia nei pressi di Catania.
Camilleri ha parole piene di sgomento: non riesce a capacitarsi dell’orribile sofferenza impartita dagli uomini (uomini?) a un povero animale innocente.
“Come si fa ad uccidere un cavallo a randellate!? Che sofferenza per quella povera bestia!”
Diceva Gandhi che la civiltà di una nazione si vede dal modo in cui il suo popolo tratta gli animali.
Allora: a quale livello di mondo appartiene l’Italia del XXI secolo?
Terzo, quarto, sesto mondo?
Più in basso forse non si può.
Vergognamoci e basta.
Ma diciamo grazie a Camilleri e al suo sdegno trasmessoci dalla sensibilità del suo commissario: se un autore di tanto successo si schiera dalla parte dei cavalli ci fa un grande regalo.
I suoi innumerevoli lettori impareranno qualcosa.
Soprattutto che per i cavalli bisogna avere rispetto.
Mario Palumbo
 
 

Corriere del Mezzogiorno, 22.11.2007
Intervista all'ex ministro
Maroni: «Ecco come sono caduto nella ragnatela di Prisco, il mio scrittore preferito»
Il capo dei deputati della Lega Nord è all'istituto Cervantes a Napoli per parlare della ristampa di «Gli ermellini neri» di Prisco

[…]
Torniamo ai libri: oltre a Prisco e Hemingway, quali sono i suoi autori preferiti?
«Grisham, come me e Prisco avvocato (anche se io e lui non abbiamo mai esercitato, ecco un'altra cosa che ci accomuna) e inventore del legal thriller. Poi Simenon, non solo i gialli».
E giallisti italiani? In Lombardia avevate un certo Scerbanenco...
«Preferisco i gialli made in Usa».
Magari però le piace Camilleri.
«Il mio amore per la letteratura del Sud non arriva a tanto».
Mi sa che la sua passione per la lettura sia un'eccezione a Montecitorio.
«Ci sono degli insospettabili. Ad esempio, Mario Borghezio...».
Quello che va sui treni per «disinfettarli» dalla presenza di africani?
«Sì, proprio lui: è un bibliofilo, un raffinato collezionista di libri antichi».
E qui dalla giallistica si passa alla fantascienza.
Antonio Fiore
 
 

Leggo (Venezia), 23.11.2007
Incontri

[...]
Alle 21, Antonino Varvarà, legge il racconto di Andrea Camilleri "Il medaglione del maresciallo". Replica domenica alle 17. Teatro Aurora, Via Pasini, Marghera. Prenotazione obbligatoria: 041-932421
[...]
 
 

Quotidiano Net, 23.11.2007
Classifiche del 2007
Roberto Saviano è unico italiano nella top 100 del NYTimes
Ne ''I 100 libri degni di nota dell'anno", Gomorra e' stato inserito nella sezione dedicata alla saggistica. Non si tratta di una classifica ma di una lista stilata in ordine alfabetico e considerata anche come un'indicazione per strenne natalizie e letture per le vacanze

[…]
Poche settimane prima, definendo 'Gomorra' una sorta di 'A Sangue Freddo' ambientato a Napoli, il Times aveva gia' dedicato un lungo articolo alle novita' italiane di questi ultimi cinque o sei anni. Accanto ad Andrea Camilleri ''che ha portato una sensibilita' piu' letteraria ai romanzi gialli'', il Nyt incoronava ''l'estremamente talentuoso'' Andrea Canobbio, consacrando il suo 'Il Naturale Disordine delle Cose', definito un capolavoro ''a cavallo tra i mondi degli omicidi misteriosi e la fiction letteraria''.
[…]
 
 

La Repubblica, 24.11.2007
Per la qualità
Camilleri & C, appello a RadioRai

È stato lanciato un appello, da un grupo di intellettuali, al Cda e al presidente della Rai per una programmazione di qualità. I firmatari sollecitano il ritorno nel palinsesto di Radio 1 di quella che era tra le più ascoltate trasmissioni culturali della radio, "Il baco del millennio". Alla richiesta, partita, tra gli altri, da Camilleri e Moni Ovadia, si sono aggiunte numerose personalità del mondo della cultura.
 
 

Il Sole 24 Ore, 24.11.2007
Speciale Legal Thriller


Quando le "trame nere" della letteratura italiana approdano al cinema ed in Tv
[…]
Strettissimo il rapporto che lega alla Tv Andrea Camilleri, forse il più popolare tra i giallisti italiani viventi. Il romanziere, nato a Porto Empedocle nel '25, negli anni Sessanta è stato production manager di celeberrime serie tv di genere come "Le inchieste del commissario Maigret" e "Il tenente Sheridan". Se l'esordio letterario risale al '78 ("Il corso delle cose"), è del '94 quel "La forma dell'acqua" che ha avuto il merito di lanciare la saga del Commissario Montalbano cui è legato il suo successo di pubblico. Qualche anno più tardi partirà la fortunatissima serie televisiva nella quale, a vestire i panni del celeberrimo agente di polizia siciliano, è l'attore Luca Zingaretti: per Camilleri è la consacrazione ad autore di culto.
[…]
Francesco Prisco

Lucarelli: «La giustizia lenta e dotata di pochi mezzi fa male ai giallisti italiani»
[…]
Il suo successo, ma anche quello dei vari Camilleri, De Cataldo, Carofiglio e persino Faletti, potrebbero indurre a pensare ad una scuola italiana di giallo e noir. Esiste una "Italian way" al romanzo di genere?
«C'è una scena, non una scuola. Non c'è nulla di programmatico dietro ai nostri libri. Siamo autori diversi ma, per certi versi, affini: siamo tutti più o meno attenti ai temi sociali e al tempo stesso inseguiamo una certa suggestione stilistica. Nel giallo americano solitamente questi due elementi non ci sono. Un romanziere statunitense si dice che è bravo perché scrive opere di "lettura veloce". Più che parlare di giallo italiano, parlerei comunque di giallo mediterraneo. L'attenzione ai temi sociali e allo stile la condividiamo infatti con i narratori di genere francesi, spagnoli e ultimamente anche nordafricani».
Come lettore chi la appassiona di più tra Camilleri, De Cataldo e Carofiglio?
«Mi piacciono tutti, ma in ognuno apprezzo qualcosa di diverso. Camilleri mi fa il cosiddetto "effetto Maigret": ogni volta che leggo un romanzo della saga di Montalbano so di ritrovare un personaggio al quale mi sono affezionato che, tuttavia, saprà riservarmi qualcosa di nuovo, qualcosa che mi stupirà. E' una dote dei libri del grande Simenon. De Cataldo è stato capace di portare in Italia il modello dell'"American Tabloid" di James Ellroy. Sta scrivendo una sua particolarissima storia d'Italia attraverso libri di fiction noir. Sono curioso di vedere a quali risultati approderà la sua narrativa dopo "Nelle mani giuste". Anche Carofiglio mi diverte moltissimo, è un romanziere che sa perfettamente dove vuole portare il lettore».
[…]
Francesco Prisco
 
 

La7, 25.11.2007
Anni Luce

Nella puntata odierna di Anni Luce, il programma che racconta l'Italia, gli italiani, ma soprattutto i cambiamenti dell'immaginario, Andrea Camilleri farà da filo conduttore narrativo, insieme alle testimonianze degli altri intervistati. Attraverso i percorsi della memoria recente italiana, uniti ad aneddoti e ricordi personali, ripercorreremo insieme allo scrittore siciliano l'evoluzione della lingua italiana. Dagli anni cinquanta ai settanta, infatti, grazie alla scolarizzazione di massa e soprattutto alla televisione, l'italiano moderno si sostituisce progressivamente ai diversi dialetti locali diventando, a tutti gli effetti, lingua nazionale. Il clima di quegli anni sarà ricostruito attraverso scene memorabili di film, materiali d'archivio dell'Istituto Luce e un'attenta scelta del repertorio Rai. Oltre allo scrittore Andrea Camilleri, saranno protagonisti della puntata anche gli attori Ascanio Celestini, Gianfranco Jannuzzo, Dino Abbrescia, Enrico Brignano, il cantante degli Avion Travel Peppe Servillo, i conduttori radiofonici Marco Presta e Antonello Dose, il critico letterario Arnaldo Colasanti e la linguista Valeria Della Valle.
 
 

TG3 Primo piano, 27.11.2007
Oltre il silenzio

"Il pizzo è una sanguisuga che viene applicata con forza, con violenza, su un corpo vivo. E questa sanguisuga fa il mestiere suo: succhia sangue. Sangue che potrebbe essere impiegato per lo sviluppo di nuove aziende. Il pizzo ferma, blocca, penalizza qualsiasi iniziativa". Lo scrittore Andrea Camilleri sintetizza così il danno che pizzo ed estorsioni fanno alla società civile, allo sviluppo e alla democrazia. Lo fa in una intervista che accompagna l'inchiesta "OLTRE IL SILENZIO" . Realizzata da Roberta Serdoz, l'inchiesta è un viaggio tra quegli imprenditori siciliani che hanno dato il via ad una storica rivolta civile contro mafia, pizzo ed estorsioni.
"PRIMO PIANO ha voluto anticipare la messa in onda del reportage e proporlo già domani - ha detto il curatore, Onofrio Dispenza - per rispondere, con un concreto atto di solidarietà alla intimidazione subìta, la scorsa notte, dagli industriali di Caltanissetta che con il loro NO hanno scritto una  storica pagina di rivolta morale a Cosa Nostra. Una incursione nei locali di Confindustria per fare paura e tentare di zittire il loro coraggio".
Nel reportage,una preziosa collana di testimonianze di coraggio:"So che la mafia non dimentica, ma io me ne assumo la responsabilità", dice Riccardo Greco, uno degli otto imprenditori che a Gela si occupano dello smaltimento dei rifiuti. La sua denuncia ha tolto a Cosa Nostra 700mila euro l'anno. Riccardo Greco vive senza scorta, sa di rischiare ma continua a lavorare.
"A Caltanissetta - dice un altro imprenditore, Antonello Montante - c'è una mafia raffinata, una mafia di colletti bianchi, silente, più pericolosa perché vuole che determinate cose non si verifichino e che blocca l'economia".
 
 

Corriere della sera, 27.11.2007
Mafia, raid nella sede degli industriali
Il Pg: attacco allo Stato come nel ' 92. Scorta al leader siciliano Lo Bello; I «picciotti» nella notte hanno sfondato le vetrate della sede della prima associazione ad essersi opposta al racket. Nessun oggetto di valore è stato portato via, solo documenti: segnale inequivocabile di un' incursione mirata

[...]
È lo stesso entusiasmo di uomini come il presidente di Confindustria Caltanissetta Antonello Montante, l' industriale che fra Asti e la sua Sicilia produce le «bici della legalità» come quella donata a Prodi e di cui ha scritto Andrea Camilleri, amico del nonno, voce sempre pronta a difendere la faccia pulita della Sicilia, come farà stasera in Tv a «Primo Piano»: «Il pizzo è una sanguisuga».
[...]
Felice Cavallaro
 
 

Apcom, 27.11.2007
Cinema
Camilleri e Francesco Rosi discutono sul 'Gattopardo'
Giovedì a Roma per uscita dvd di Andò su Tomasi di Lampedusa

Roma - Andrea Camilleri e i registi Francesco Rosi e Roberto Andò insieme per discutere su Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dell'attualità della sua opera e della società siciliana così magistralmente descritta. Accadrà giovedì 29 novembre alla Casa del Cinema di Roma, in occasione dell'uscita del dvd di Roberto Andò 'Il manoscritto del principe' dedicato all'autore de 'Il gattopardo', del quale ricorre il cinquantenario della morte. Coordina l'incontro Irene Bignardi.
 
 

Apcom, 28.11.2007
Politica
Editoria/ Riformista raddoppia con "Isola che non c'è" su Sicilia
Inserto settimanale dal 2008. Sabato la presentazione a Palermo

Roma - Sabato 1 dicembre alle ore 17 all'Albergo delle Povere di Palermo, in corso Calatafimi 227, verrà presentato il nuovo inserto del quotidiano 'Il Riformista' sulla Sicilia, "L'isola che c'è". L'inserto uscirà inizialmente ogni quindici giorni e con il nuovo anno ogni settimana e andrà in edicola in tutta l'Italia. A presentare l'iniziativa sarà il direttore Paolo Franchi e interverranno all'iniziativa anche Antonello Montante, presidente aggiunto della Confindustria siciliana, Italo Tripi segretario regionale della Cgil, Franco Nicastro, presidente dell'Ordine dei Giornalisti e la storica Leandra D'Antone. L'inserto nasce per sottolineare, afferma Andrea Camilleri nel suo articolo in prima pagina, come: "la netta presa di posizione della Confindustria siciliana contro i propri iscritti che pagano il pizzo non può essere considerata dai detrattori solo come un gesto dimostrativo. No, è l'affiorare in superfice, l'esplodere alla luce del sole di qualcosa che covava nel profondo e da tempo. E' stato come un lento mutamento genetico che ora si è espresso attraverso manifestazioni pubbliche ma che ha agito addirittura nel Dna. Un processo che credo ormai irreversibilmente avviato".
[...]
Collaboratori e consulenti dell'inserto due giornalisti siciliani che lavorano fuori dalla Sicilia, Marianna Bartoccelli e Gaetano Savatteri. Dalla Sicilia collaborano Alessia Bivona e Linda Cancheri e sono in tanti, giornalisti e no, che hanno già dato ampia disponibilità a far si che 'L'isola che c'è' sia "un modo per raccontare la rivoluzione copernicana della Sicilia", come sottolinea Andrea Camilleri, e "un modo per fare conoscere e capire la vera isola al resto d'Italia", come afferma Emanuele Macaluso.
 
 

ANSA, 28.11.2007
Radio
Da Ovadia a Fracci lettera a Petruccioli per il Baco

Roma - Da Andrea Camilleri a Nicola Tranfaglia, da Moni Ovadia a Predrag Matvejevic, da Salvatore Settis a Antonio Scurati sono molte le firme poste sotto una lettera che protesta per la cancellazione dal palinsesto di Radiouno della trasmissione culturale "Il baco del millennio", inviata al presidente della Rai Claudio Pertruccioli, al dg Claudio Cappon, al Cda, alla Commissione di vigilanza, al garante delle Comunicazioni e al ministro Paolo Gentiloni. Curato da Piero Dorfles, "Il baco del Millennio" è stata ora cancellato dopo una decina di anni di vita (all'inizio, con le stesse persone, era Gr1 Cultura), dopo che da marzo il suo spazio era stato dimezzato, riducendola a 35 minuti. La trasmissione, in genere monotematica, affrontava temi d'attualità con gli strumenti della cultura, aprendo vivaci dibattiti di approfondimento e interpretazione. La lista dei firmatari, illustri e normali ascoltatori, è ormai lunghissima ed "é una testimonianza di quanto sia diffusa nel paese l'esigenza di una programmazione di qualità nei vari ambiti del servizio pubblico, a cominciare proprio dalla radio e la cultura", si legge nella lettera che dice anche di "apprezzare il nuovo piano editoriale della Rai" che considera "doveroso" attirare quel pubblico che frequenta mostre, letture di classici, festival di ogni genere, perché è "dovere" della Rai "fornire ai cittadini gli strumenti necessari a prendere decisioni in un mondo sempre più complesso". La lettera si chiude chiedendo "di operare per il recupero di responsabilità annunciato" cominciando dalla Radio, per non farla divenire "una brutta copia della televisione" e con "un fatto concreto da cui partire come il ripristino di una trasmissione come Il baco del millennio".
 
 

Girodivite, 28.11.2007
"Oltre il buio della mafia": il nuovo libro di Alfonso Bugea. Prefazione di Andrea Camilleri
La storia di Alfonso Falzone, dall’iniziazione mafiosa con la santina, agli omicidi, il sequestro Di Matteo, l’arresto, la resa e il pentimento per dare un futuro alla figlia

Sarà in edicola venerdì 30 novembre "Oltre il buio della mafia", il nuovo libro del giornalista Alfonso Bugea, con prefazione di Andrea Camilleri e una riflessione del vescovo di Agrigento Carmelo Ferraro. Nel libro "Oltre il buio della mafia", Bugea racconta la metamorfosi di un giovane boss di Porto Empedocle che da killer spietato diventa collaboratore di giustizia.
La storia di Alfonso Falzone, dall’iniziazione mafiosa con la santina, agli omicidi, il sequestro Di Matteo, l’arresto, la resa e il pentimento per dare un futuro alla figlia. Oggi da una località segreta lancia un appello ai mafiosi e ai latitanti: “Basta seminare lutti, abbandonate Cosa Nostra prima che sia troppo tardi!”. Il pentito Falzone si confessa al giornalista, spiega la vicenda che lo ha portato a diventare mafioso e indica la “terza via” per uscire da Cosa Nostra e ricominciare un’altra vita.
“Questa testimonianza ha un tono toccante, inedito, di sconvolgente sincerità, Bugea osserva la mafia da un punto di vista tutto suo, affascinante e particolare”, scrive nella prefazione Andrea Camilleri. “Il racconto sulla vicenda di Falzone, aggiunge Camilleri, “è l’indagine sull’uomo”. Emblematiche le parole di Falzone: “Ero disoccupato e cercavo un lavoro. Mi venne proposto di far parte della mafia, scelsero me perché sapevano che mi piaceva farmi rispettare. Non sono stato solo un egoista, di più: ho tradito la fiducia dei miei genitori. Racconto la mia storia perché voglio evitare che altri ragazzi ripetano i miei stessi errori, devono sapere che considero la mia vita un fallimento. Invito i mafiosi a ravvedersi: non è vero che da Cosa Nostra si può uscire solo da morti o se arrestati. Ora c’è la legge per diventare collaboratori di giustizia che consente di saldare i propri debiti con lo Stato e dare un futuro alla propria famiglia. La gente deve imparare a reagire alla mafia, dopo i miei omicidi io vedevo un paese rassegnato. Ho ucciso, fatto sequestri e violenze: non era questo che volevo per la mia vita”.
“Una storia amara e lucida - riflette il vescovo Ferraro - c’è il disvelamento dei misteri di una coscienza in mezzo a un tunnel e la scoperta di una terza via che dovrà essere percorsa, se si vuole uscire da una cultura di morte”. "Oltre il buio della mafia", Edizioni Concordia, il nuovo libro di Alfonso Bugea, già autore di “Cosa Muta, la mafia del silenzio” e “Senza Storie”, sarà in edicola venerdì 30 novembre con il Giornale di Sicilia a soli 2 euro.
Calogero Giuffrida
 
 

La Stampa, 29.11.2007
Contro la fiction su Riina
Di mafia parlino le sentenze
Andrea Camilleri
 
 

Casa del Cinema, 29.11.2007
Camilleri, Rosi, Roberto Andò
Presentazione del dvd "Il manoscritto del principe"
SALA DELUXE ore 16.00 - IL MANOSCRITTO DEL PRINCIPE di Roberto Ando’ - Italia, 2000, 93’
Segue incontro con il regista, Andrea Camilleri e Francesco Rosi. Conduce Irene Bignardi

In occasione del cinquantenario della morte di Tomasi di Lampedusa esce il DVD de "Il Manoscritto del Principe" di Roberto Andò. Giovedì 29, alla Casa del Cinema, Francesco Rosi e Andrea Camilleri si incontreranno per parlare del Gattopardo. Due grandi "vecchi" quindi che si confrontano, sulla figura di Tomasi di Lampedusa, sull'attualità del romanzo (pubblicato nel 1958, un anno dopo la morte dello scrittore), sul ruolo dell'intellettuale, sull'immobilismo siciliano. Argomenti di grande attualità ripresi da molti film usciti negli ultimi mesi.
 
 

La Repubblica (ed. di Bari), 29.11.2007
L'iniziativa. Domani un incontro alla Camera di commercio
Così rivive la memoria di Francesco Laudadio

«Un libro indiscutibilmente necessario». Per Andrea Camilleri il lavoro inedito del regista barese Francesco Laudadio "Scrivano Ingannamorte", di cui ha curato la prefazione, doveva essere tirato fuori dal cassetto e offerto ai lettori. Edito dalla Sellerio, per iniziativa della stessa Fondazione intitolata all´autore sarà presentato alla Camera di Commercio di Bari, domani alle 18,30, in un incontro cui interverranno l´assessore al Mediterraneo Silvia Godelli, il presidente della Fondazione Gianni Di Cagno, i docenti Luciano Canfora, Franco Cassano, Pasquale Guaragnella, il senatore Piero Di Siena e il presidente dell´Apulia film commission, Oscar Iarussi. Scritto dal regista Francesco Laudadio quando aveva 27 anni e rimasto inedito per volontà dello stesso autore, il romanzo è stato ritrovato tra le sue carte dopo la morte avvenuta ad aprile del 2005.
Per onorarne ritrovamento e pubblicazione, dopo la presentazione di domani, nei prossimi giorni tra Bari e Mola si snoderanno diverse iniziative. Sabato il teatro Van Westerhout di Mola di Bari sarà palco per una serata condotta e diretta dal regista Ugo Gregoretti e dedicata al reading del romanzo. Parteciperanno attori che hanno recitato in film di Laudadio e tra gli altri ci saranno Maurizio Donadoni, Michele Mirabella e Ricky Tognazzi (si accede solo su invito). Inoltre a inizio serata Ettore Scola consegnerà il premio "Francesco Laudadio" all´esordiente Andrea Maioli, autore de La ragazza del lago interpretato da Toni Servillo. In collaborazione con la Cineteca nazionale – Centro sperimentale di cinematografia e con Rai Teche, il 3 e 4 dicembre il cinema Splendor di Bari ospiterà una retrospettiva che tra i vari titoli proporrà Grog con Franco Nero, Eros Pagni e Lunetta Savino e Fatto su misura con Ugo e Ricky Tognazzi. Infine il 5 e il 6 all´Esedra saranno proiettati Persona perbene, Signora e i lavori televisivi realizzati per la Rai.
Francesca Limongelli
 
 

Libero News Magazine, 29.11.2007
Ingannare la morte
Camilleri firma la prefazione del libro postumo di Francesco Laudadio: "Doveroso darlo alle stampe"

"Quando si danno alle stampe scritti che gli autori non vollero veder pubblicati in vita, si rende loro un pessimo servizio. Ci sono naturalmente, da Belli a Kafka, più che fortunate eccezioni. E perciò questo libro, un romanzo ma, insieme, un saggio storico, un poema in prosa, un racconto epico, essendo un libro indiscutibilmente necessario, è stato di certo doveroso tirarlo fuori dal cassetto dove giaceva e portarlo a conoscenza di tutti". Così Andrea Camilleri, nella sua prefazione, introduce “Scrivano Ingannamorte” (Sellerio Editore), libro del regista Francesco Laudadio scritto quando aveva 27 anni e finora rimasto inedito per volontà dell'autore.
[…]
cinematografo.it
 
 

Reuters, 29.11.2007
Italians rap TV for showing Mafia boss as hero

Rome - Italian politicians and culture figures criticized a private television channel on Thursday and urged it to cancel the final episode of a series about a Mafia boss, because, they said, it portrayed the killer as a hero.
[...]
Best-selling novelist Andrea Camilleri, whose detective stories are set in his native Sicily but do not focus on the Mafia, called the Riina series counterproductive and said it was typical of novels and films that often glorify organized crime.
"I personally believe the only literature dealing with the Mafia should be police reports and judges' sentences," he wrote in La Stampa daily.
[...]
Stephen Brown
 
 

Adnkronos, 30.11.2007
Spettacolo
Cinema: Roma, Lizzani e Camilleri alla premiazione de 'Lo sguardo bifronte'

Roma - L'Auditorium "Parco della Musica" ospitera', il 1° dicembre alle ore 18.30, la serata di premiazione de "Lo Sguardo Bifronte", primo Festival internazionale di cortometraggi incentrato sui "tempi della vita". I cinque premi, selezionati all'interno di una rosa di trenta corti che hanno avuto come protagonisti gli anziani ed i minori visti nella loro specificita' e relazione, cosi' come nelle loro sfumature piu' profonde, saranno consegnati alla presenza dei registi Carlo Lizzani e Giuseppe Ferrara, del presidente della giuria, lo scrittore e sceneggiatore Andrea Camilleri e degli attori Emilio Solfrizzi e Catena Fiorello.
A presentare la cerimonia ci sara' il soprano Katia Ricciarelli e l'attrice Sarah Maestri. Prevista anche la presenza del regista Mario Monicelli. Il Festival e' promosso dalla Morgana Communication con il sostegno dell'Ente ''Istituti S. Maria in Aquiro'', presieduto da Paola Guerci, il patrocinio di Agiscuola nazionale e la direzione di Corrado Veneziano.
 
 

 


 
Last modified Friday, May, 16, 2014