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RASSEGNA STAMPA

NOVEMBRE 2010

 
La Stampa, 1.11.2010
Intervista
Andrea Camilleri: la mia prima recensione sulla Stampa
«Tuttolibri fu il primo giornale ad occuparsi di me»
Anticipiamo la versione integrale dell'intervista video ad Andrea Camilleri, realizzata per il numero speciale di Tuttolibri su iPad

Andrea Camilleri e Marcello Sorgi (foto La Stampa)

Cliccare qui o sull'immagine sotto per il video


(immagine da Tuttolibri - La Stampa)

Roma. Andrea Camilleri, Tuttolibri compie 35 anni e tutto, attorno a questo che è stato il primo settimanale di recensioni, è cambiato. Di libri si parla in tv, per radio, su Internet e il 2010 potrebbe essere l'anno della diffusione di massa degli e-book, i libri non stampati che si ricevono sulle tavolette elettroniche. Le piace o l'inquieta ciò che sta accadendo?
«Sono molto affezionato a Tuttolibri e mi ricordo bene il primo numero. La Stampa e il Corriere della Sera li leggevo da tempo, ogni giorno, le terze pagine, più che le notizie. Nel '75 ero un'aspirante scrittore in cerca di pubblicazione. Avevo scritto il mio primo romanzo nel '68 ed avrei dovuto aspettare fino al '78 per trovare un editore: dieci anni di sistematici rifiuti! Tuttolibri, con un bell'articolo di Ruggero Iacobbi, fu il primo a recensirmi. Lei vuol sapere se il cambiamento mi preoccupa. No, a me le novità in genere piacciono».
E' mutato completamente il rapporto tra scrittori, media, società e politica. E di conseguenza, il rapporto tra scrittori e lettori.
«E' vero. Prima, forse la partecipazione del lettore rispetto allo scrittore era più autentica, perché meno esplicita. Non c'era la mania delle copie autografate e dell'esposizione mediatica degli autori. C'era più rapporto umano tra le pagine scritte da quell'autore che sceglievi come tuo autore. A conti fatti, non credo che in tutto questo tempo sia molto aumentata la quantità dei lettori. E' cresciuta piuttosto l'informazione sugli scrittori».
Infatti, si sa tutto di loro, di voi. Se torniamo al '75, l'anno della morte di Pasolini, era completamente diverso. Pasolini era uno degli intellettuali più conosciuti, scriveva sulla prima pagina del Corriere, era anche un famoso regista cinematografico: ma per molti, la sua morte coincise con la scoperta che fosse omosessuale e che ad ucciderlo fosse stato un ragazzo con cui si accompagnava.
«Non è che Pasolini nascondesse la sua omosessualità: solo che il sistema dell'informazione non se ne occupava. Del resto, cosa si sapeva di Moravia, a parte il fatto che fosse stato sposato con Elsa Morante e si fosse poi risposato con Dacia Maraini? Non c'era la sovrapposizione che c'è oggi tra la personalità di un autore, la sua vita privata e quel che scrive. Oggi puoi pensare di aver letto uno scrittore che conosci, ma magari non hai letto, solo perché l'hai sentito parlare in tv del suo ultimo romanzo!».
Vedere Sciascia in un talk-show televisivo sarebbe stato impensabile.
«Assolutamente, ma dipende anche da com'era fatto Sciascia. Credo che Leonardo abbia imparato a parlare a 40-45 anni. Prima, bofonchiava, o si esprimeva al meglio con i suoi famosi silenzi. E il silenzio, si sa, è la cosa più difficile da mandare in onda».
Lei invece per anni è stato ospite fisso al Maurizio Costanzo show, seduto accanto a maghi, ballerine, casi pietosi e leader politici. Dica la verità, Camilleri: non s'è mai sentito in imbarazzo?
«Mai. Le assicuro. Di quel genere d'imbarazzo da intellettuali di cui lei parla non ricordo di aver mai sofferto, perché non mi sento proprio un intellettuale. La compagnia eterogenea del Costanzo show mi piaceva e mi interessava perché sono curioso: trovarmi accanto a una ballerina o a un astrologo era un modo per conoscere gente».
Questa è l'unica cosa che non è cambiata: gli scrittori che scrivono sui quotidiani. Nel '75 Moravia e Pasolini scrivevano sul Corriere, Sciascia sulla Stampa, Calvino l'anno dopo avrebbe cominciato a collaborare con la Repubblica.
«Non credo che uno scrittore sia in grado di far cambiare idea a un lettore. Ma di offrire un punto di vista originale, un angolo in cui sistema la sua macchina da presa».
Invece, a parte lei e pochi altri, la diffidenza degli scrittori per la tv e i nuovi media resiste ancora.
«Sempre meno, direi. E per fortuna: nel mondo letterario c'è ancora questo retaggio, che personalmente non apprezzo, che se uno scrive per tanti e vende molti libri, in fondo, non è un vero letterato, come se la letteratura dovesse restare patrimonio per pochi. Invece io immagino noi scrittori un po' come i cantastorie che vedevo da ragazzino in Sicilia: se quando smettevano di cantare e raccontare, e giravano con la coppola per chiedere un compenso, il cappello si riempiva, vuol dire che erano stati bravi».
E secondo lei cosa motiva ancora questi, sia pure residuali, atteggiamenti elitari?
«E' sicuro che gli scrittori facciano ancora tante resistenze per accomodarsi davanti alle telecamere? Non mi sembra. Ricordo tanti anni fa, quando Ettore Bernabei dirigeva la Rai e mandò Angelo Guglielmi e me a stanare grandi letterati, a cominciare da Umberto Eco, per convincerli a realizzare con noi degli originali televisivi. Accettarono in molti, ma bisognò staccarli a fatica dalle loro scrivanie. Oggi a volte se non si chiudono le porte, c'è l'assedio degli scrittori che vogliono andare in tv».
Lei ha lavorato molto con Elvira Sellerio, che ha amato insieme libri e tv.
«Elvira è stata, e la Sellerio è e resterà, la mia principale editrice. Della sua esperienza come consigliere Rai ho un grande rimpianto: ci vedevano tutti i giorni. Le piacevano le immagini, i colori di scena. Era come quando si applicava a scegliere i quadretti per le copertine dei libri della Memoria».
Lei sembra così a suo agio con ogni tipo di media che non avrà certo timore dell'e-book?
«Non ne ho. Anzi spero che si diffonda e serva a trovare nuovi lettori tra i tanti che vedo sempre intenti a maneggiare i loro computer».
Marcello Sorgi
 
 

Ondaiblea, 1.11.2010
Andrea Camilleri riceve il "Premio Scicli"
Domenica 31 ottobre al Teatro Italia si è svolta la cerimonia. Il premio è stato tributato anche a Paolo Nifosì, Ignazio Tasca, Alberto Sironi e all’associazione Peppe Greco

Andrea Camilleri con il sindaco Giovanni Venticinque (foto RagusaNews.com)

Scicli – È stata proiettata ieri sera, al Teatro Italia, durante la cerimonia di consegna del Premio Scicli, l’intervista di Andrea Camilleri concessa a Peppe Savà in occasione della visita nella sua casa romana da parte del sindaco Giovanni Venticinque.
Queste le motivazioni del Premio:
“Andrea Camilleri ci ha restituito una Sicilia che, noi siciliani per primi, pensavamo perduta.
E l’ha fatto attraverso un linguaggio, inventato ma straordinario ed efficace, che sfrutta e approfondisce la grande lezione che Luigi Pirandello, ci ha lasciato nel suo interessantissimo “Ciclope”.
Una Sicilia spesso antica, quella di Camilleri, ma inspiegabilmente attuale nella quale mistero e sogno si confondono con la solarità del paesaggio, nella quale trionfa sempre il buono sul cattivo per un desiderio di giustizia che l’Autore afferma in ogni rigo della sua vasta opera letteraria come un’utopia possibile.
Vigata è per Andrea Camilleri ciò che Macondo è stato per Gabriel García Marquez. Vigata, come tutti i luoghi letterari, è “il centro più inventato della Sicilia più tipica” ma è anche un microcosmo nel quale la giustizia alla fine trionfa. L’affascinante commissario Montalbano è il paladino che ognuno di noi una volta nella sua vita ha sognato di emulare.
Vigata nella fiction televisiva ha spesso il volto di Scicli.
Ne restituisce le atmosfere, ne proporziona gli incanti, smorza, con l’armonia della sua natura, le attese, per costruire, in realtà, una suspense più ricca di emozioni che ha fatto di quasi tutti gli episodi della fortunata serie televisiva dei veri capolavori del cinema poliziesco attuale.
All’uomo di teatro, al grande sceneggiatore televisivo, allo scrittore ironico e magnifico vanno, perciò, il nostro ringraziamento e il nostro plauso”.
Le motivazione degli altri premiati
[…]
Motivazioni Premio Scicli al regista Alberto Sironi: “L'amata serie televisiva del Commissario Montalbano ha proiettato Scicli sullo schermo internazionale attraverso lo sguardo sapiente e innamorato di un uomo che ha saputo dare corpo, anima e sentimento alla Vigata virtuale nella quale indaga, opera, soffre e ama l'investigatore più popolare del cinema contemporaneo.
Alberto Sironi ha reinventato la Sicilia con la sua magica macchina da presa. Ha captato le sue atmosfere più segrete, più oniriche nella descrizione fiabesca dei suoi capricci barocchi e l’ha restituita irriconoscibile e bella ai nostri occhi abituati e distratti.
Già Luchino Visconti aveva saputo penetrare l’animo siciliano con visione d’esteta. La stessa con la quale Sironi ha guardato il paesaggio del Sudest siciliano.
La magia unita alla grandezza irraggiungibile dell’arte di Giorgio Strehler e l’immensa curiosità intellettuale di un poetico visionario come Paolo Grassi hanno trovato in lui l’interprete più geniale, il testimone e l’erede di una stagione felicissima e irripetibile della cultura italiana, che oggi si perpetua nella ricerca indagatrice e preziosa di Alberto Sironi”.
 
 

ANSA, 1.11.2010
Camilleri, contro cultura usano forbici
Affondo dello scrittore a proiezione della 'Scomparsa di Pato''

(foto ANSA)

Roma - ''Sono cresciuto in un Paese dove c'era il fascismo e vicino il nazismo. Allora contro la cultura usavano le pistole, oggi usano le forbici''. Lo ha detto Andrea Camilleri prima della proiezione pubblica, ieri sera, de 'La scomparsa di Pato'' di Rocco Mortelliti, il primo film tratto da un suo romanzo, evento speciale al Festival di Roma.
Accolto trionfalmente, il film - del quale Camilleri ha collaborato alla sceneggiatura - vede nel cast Nino Frassica, Maurizio Casagrande e Neri Marcore'.
 
 

Adnkronos, 1.11.2010
Cinema: ‘La scomparsa di Patò’ vola da Roma in Australia

Roma - C'e' grande interesse intorno al cinema italiano e la conferma di una netta ripresa e' data dalle richieste arrivate a Rai Trade in occasione di 'Business street', la sezione della Festa del Cinema di Roma dedicata ai buyers ed ai broadcaster.
[…] 'La scomparsa di Pato', invece, verra' proiettata in Australia e, probabilmente, in Svezia e Giappone anche grazie alla popolarita' di Andrea Camilleri, 'padre' del Commissario Montalbano.
[…]
 
 

La Sicilia, 1.11.2010
FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA
Evento speciale il primo film per il cinema tratto dal libro di Camilleri. La regia del genero Rocco Mortelliti: «Volevano farne fiction tv, 10 anni per il mio progetto»
«Quel personaggio pubblico che ama molto le donne»
Marcorè: «Mi sono ispirato a lui per "La scomparsa di Patò"»
Lo scrittore: «Polizia, ricatti: vedi il caso Ruby. Montalbano tornerà»
Jelo: «Succoso ruolo, contagiato dalla vedova del "Ladro di merendine"»

Roma. Una storia d'Italia intrecciata ai padri dei padri e ovviamente tinteggiata di giallo come si conviene a un film, anzi al primo film tirato fuori dalle pagine di Andrea Camilleri e portato sul grande schermo da Rocco Mortelliti in questo «La scomparsa di Patò», presentato al Festival tra gli eventi speciali e pensato da dieci anni, giorno più giorno meno dal genero di Camilleri. Come mai?
«Dieci anni fa molti mi chiedevano perché non girassi un romanzo dalle pagine di Andrea. Ho letto le bozze di questo "La scomparsa di Patò" e ci ho messo 10 anni non per sceneggiare ma per raccordarmi con i produttori che volevano se ne facesse una fiction in 2 puntate invece che un film. Purtroppo ormai quando si parla di Camilleri tutti vogliono il solito Montalbano». «E' un vero ricatto- sottolinea Camilleri - Montalbano mi ha inchiodato a sè, ogni volta che scrivo su di lui il libro schizza in classifica, mentre quando scrivo qualcos'altro resto al quinto-sesto posto, interesso poco. E' il mio personaggio odiato-amato ma non lo abbandono, tornerà in tv con una nuova serie sempre con Luca Zingaretti e in un nuovo film, "Il giovane Montalbano" diretto da Tavarelli e interpretato da Michele Riondino». E, a proposito di ricatto, ha qualcosa da dire sull'oggi: «I giornali si interrogano sul perchè i funzionari della Questura di Milano abbiano agito come hanno agito nel caso della minorenne Ruby che sarebbe stata aiutata dal premier. I due funzionari nella storia di Patò non ricevono una telefonata ma devono obbedire agli ordini dei superiori che a loro volta li ricevono dal sottosegretario. Io non amo molto la tesi di Tomasi di Lampedusa ma si finisce per dargli ragione, cambiamo tutto per non cambiare niente».
Intanto i riflettori sono, però, per «La scomparsa di Patò» con attori scelti da subito. Sapevo per esempio dall'inizio che il personaggio del maresciallo Giummaro sarebbe stato di Frassica. Gli ho mandato un messaggio un bel po' di tempo fa, scrivendo «un giorno lavorerai con me». «Anche a me è arrivato un messaggio del genere, solo che non sapevo neppure chi fosse a mandarlo. Comunque qui ho lavorato sempre sulla sottrazione. E poi il mio personaggio ama molto le donne e io, per farlo, mi sono ispirato a un noto personaggio pubblico italiano di cui non c'è bisogno di fare il nome. E poi la struttura forte mi ha dato la possibilità di improvvisare anche se sembra assurdo, è così» dice Neri Marcorè, lo scomparso Patò della situazione. «Io, invece, non ho ricevuto nessun messaggio ma quando ho recitato ho lavorato come dentro una scatola contenitiva perché alla fine mi è stato offerto un personaggio molto scritto, non c'era da improvvisare, solo da fare entrare noi stessi dentro un solido contesto» scherza Maurizio Casagrande.
Il tutto costruito su una sceneggiatura di ferro di cui Maurizio Nichetti, che la firma insieme a Mortellini e allo stesso Camilleri, dice: «Non è facile tradurre un libro del del genere in sceneggiatura cinematografica, per me è stata un'occasione di lavorare con un regista che ci tiene alla scenografia, ai costumi, di lavorare su un grande romanzo storico, di interpretare dentro un disegno di storia in cui nulla è affidato al caso, qui è tutto scritto, tutto pensato, tutto programmato perché il romanzo è ad orologeria».
Ma che contributo ha dato Camilleri magari in veste di consulente e non solo di sceneggiatore?
«Quando abbiamo pensato a qualcosa da togliere o aggiungere o , comunque, modificare, il regista chiamava Camilleri e lui diceva "si" o "no"» risponde Frassica. Ma, aggiunge Casagrande, « Camilleri ha una visione molto ironica e ci ha aiutato a rendere il tutto divertente quanto basta». E principesco secondo Alessandra Mortelliti che è la signora Patò: «Sono stata trattata come una principessa e sul set è stato un rapporto tra regista e attrice e non tra padre e figlio e , dunque, non ci siamo scazzati quasi mai. Diciamo che lui mi ha detto , netto e crudo, ciò che dovevo fare e io l'ho fatto».
Ha eseguito e appassionatamente anche Guia Jelo che confessa: «Al di là del rapporto amichevole col regista non posso negare che di questo piccolo e succoso ruolo mi ha attratto il contagio che ha con la vedova La Pecora del "Ladro di merendine", mi sono sentita ancora attrice per Camilleri e, siccome, al suo Montalbano devo molto della mia carriera per me è sempre un onore. E poi mi sono divertita un mondo a fare la zozza laida e a ripetere "A me casa?!"».
Silvia Di Paola
 
 

Il Messaggero, 1.11.2010
Festival di Roma / L’evento. Lo scrittore presenta il film di Mortelliti ispirato a un suo libro, ambientato a fine ‘800, con Marcorè, Frassica, Casagrande
Camilleri: «Nel mio Antonio Patò c’è già l’Italia incorreggibile di oggi»
«Come nel Gattopardo, cambiamo tutto per non cambiare nulla»

Andrea Camilleri e Nino Frassica (foto Il Messaggero)

Roma - Dov’è finito Patò, l’integerrimo direttore della sede locale della banca di Trinacria? Lo vogliono sapere tutti, la moglie, il senatore, la pubblica sicurezza che indaga da quando l’uomo è scomparso durante una rappresentazione della Passione di Cristo nella quale Patò recitava la parte di Giuda. Dopo l’impiccagione, cade in una botola e svanisce nel nulla.
Uno dei più celebri romanzi di Andrea Camilleri, La scomparsa di Patò, appunto, arriva al cinema per la regia di Rocco Mortelliti con Nino Frassica, Antonio Casagrande, Neri Marcorè e Alessandra Mortelliti e il Festival del Film di Roma (nella sezione Eventi) si arricchisce di un’altra grande star, stavolta uno scrittore, che non ama i red carpet e preferisce non comparire in conferenza.
Ma Andrea Camilleri, il papà del mitico commissario Montalbano, ieri era caricato a pallettoni e ha snocciolato aneddoti, battute, racconti del dietro le quinte del film senza tralasciare ovviamente la sua passione letteraria. L’incipit è sulla cronaca di questi giorni che somiglia in parte alla rappresentazione che si offre sul grande schermo; il riferimento allo scandalo della minorenne Ruby è evidente: «Da qualche giorno giornali e tv si interrogano sul perché i funzionari della Questura di Milano abbiano agito in questo modo e si parla della pressione che avrebbero subìto. Ecco, i due funzionari del mio romanzo e del film non ricevono una telefonata ma devono obbedire agli ordini dei superiori che, a loro volta, li ricevono dal sottosegretario. Non vorrei scomodare - continua sorridendo Camilleri - il Tancredi del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, ma come dargli torto quando dice “cambiamo tutto per non cambiare nulla?”.
Sulla sceneggiatura del film rivela di non essere intervenuto in maniera pesante «perché in genere me ne tengo fuori. Ci entro pragmaticamente, voglio che siano gli sceneggiatori stessi a definire le linee sostanziali. Ecco, io mi faccio vivo semmai in seconda battuta, supervisionando e intervenendo quando è necessario sul dialogo».
Il passaggio dal romanzo al cinema o alla tv nel caso di La scomparsa di Patò si differenzia molto dal destino dei vari Montalbano di Camilleri: «Per il mio commissario la trasposizione delle pagine in tv è notevole. Per Patò l’immagine quasi sostituisce la parola». E Camilleri torna a parlare del suo eroe: «E’ vero che esiste il complesso di Montalbano. Il problema è che mi ha fottuto, mi ha inchiodato a lui. E’ il mio amato-odiato nemico, penso spesso di vendicarmi. Scrivo un qualsiasi romanzo storico, che è poi la mia passione, ci metto l’anima e magari si posiziona al quinto posto in classifica - spiega divertito lo scrittore siciliano -. Poi arriva una nuova avventura di Montalbano (vedi Il sorriso di Angelica appena uscito n.d.r.) e lui diventa il re distanziando a volte di 60 punti Ken Follet».
Si dice contento del film di Mortelliti che rispecchia il suo romanzo e il regista a sua volta spiega: «La scomparsa di Patò al cinema? Era un sogno che avevo da dieci anni, da quando lessi le bozze del libro. Ci ho messo tanto anche per convincere i produttori che quel romanzo potesse diventare un film. Tutti volevano due puntate per la tv mentre gli scritti storici di Camilleri, secondo me, hanno un linguaggio molto cinematografico».
E la sicilianità della scrittura? «Quando lavorai in Rai come delegato di produzione per le commedie tv di Eduardo - racconta ancora Camilleri - ricordo che spesso De Filippo cambiava le parole in dialetto napoletano sul copione perché poco comprensibili. Ecco, anche io spesso me ne rendo conto e mi pongo il problema». Intanto il suo Montalbano non si ferma. L’eroe di Vigata tornerà in tv sia con Zingaretti che in una nuova fiction, Il giovane Montalbano, diretta da Gianluca Maria Tavarelli, protagonista Michele Riondino: «L’ho conosciuto e mi è piaciuto» taglia corto Camilleri.
Leonardo Jattarelli
 
 

Il Messaggero, 1.11.2010
Festival di Roma / L’evento. Lo scrittore presenta il film di Mortelliti ispirato a un suo libro, ambientato a fine ‘800, con Marcorè, Frassica, Casagrande
Niente sigaretta per Camilleri

Ieri mattina girava senza la sua “fedele compagna” ed era abbastanza contrariato. Ma la sigaretta nello spazio ospitalità di una compagnia aerea italiana, a piazza Euclide, era vietatissima. Andrea Camilleri era lì per il film “La scomparsa di Patò”, tratto da un suo romanzo, che vede tra i protagonisti Neri Marcorè, Nino Frassica. Ieri sera party per la pellicola senza il ”maestro” Camilleri, ma con Margherita Buy, il regista Rocco Mortelliti, Silvio Orlando, Italo Spinelli.
 
 

Il Giornale, 1.11.2010
Il nepotista Camilleri si dà al cinema
Al Festival di Roma presentato il primo film tratto da un romanzo dello scrittore bestseller: regista è il genero e protagonista la nipote "La storia somiglia un po’ a quella del premier: un uomo che finisce nei guai perché ama troppe le donne..."

Roma - Alla veneranda età di 85 anni Andrea Camilleri è riuscito ad evitare l’affollata conferenza stampa con il resto del cast di La scomparsa di Patò, primo film tratto da un suo romanzo, che in questo caso è un romanzo storico ambientato nella mitica Vigata del 1890. Ragioni di salute e necessità di riposo, sono le motivazioni. Ma il creatore di Montalbano di energia ne ha da vendere visto che, in qualche modo, dopo la letteratura e la fiction di successo su Raiuno, con una prolificità invidiabile da un quarantenne può permettersi di «esordire al cinema». In più, l’età non gli appanna in alcun modo la malizia quando si tratta di pungere Berlusconi e il malcostume corrente. Il riferimento è alla vicenda di Ruby. La ragazza parente di Mubarak: che cosa ne pensa, gli viene chiesto in un ristretto incontro con alcuni giornalisti, come autore di favole? «Non è molto originale. In passato abbiamo già sentito quella della figlia dell’autista di Craxi», butta lì lo scrittore siciliano. Che prosegue, ironico: «Giornali e telegiornali s’interrogano sul perché i funzionari della Questura di Milano abbiano agito in questo modo e si parla della pressione che hanno subito. I due funzionari della storia di Patò non ricevono una telefonata, ma devono obbedire agli ordini dei loro superiori che a loro volta li ricevono da un sottosegretario di Roma (che li costringe a cambiare il rapporto sulle indagini relative alla scomparsa di Patò, ndr). Io non amo molto la tesi di Tomasi di Lampedusa, ma si finisce per dargli ragione, cambiamo tutto per non cambiare nulla».
Nel film diretto da Rocco Mortelliti («Ci sono voluti dieci anni per realizzarlo, tutti i produttori insistevano perché ne facessi una miniserie»), genero dello stesso Camilleri, Patò (Neri Marcorè) è l'integerrimo direttore della banca locale che sparisce durante la rappresentazione del venerdì santo nella quale interpreta Giuda. Ad indagare sulla «sparizione», che non è ancora «scomparsa», sono chiamati il delegato di pubblica sicurezza (Maurizio Casagrande) avvertito dalla moglie di Patò (Alessandra Mortelliti, figlia del regista) e il maresciallo dei carabinieri (Nino Frassica) che, dopo una fase di antagonismo iniziale cominciano a collaborare fino a giungere ad una verità scomoda. Ma qui scatta la censura dall'alto che trasforma la «sparizione» del direttore di banca e marito fedifrago che vuole rifarsi una vita nella «scomparsa».
Girato in sei settimane con budget ridotto, il film paga un po’ lo scotto al linguaggio televisivo, anche per la presenza nel cast, peraltro arricchito dalle partecipazioni di Flavio Bucci e Roberto Herlitzka, di due attori molto presenti sul piccolo schermo.
Camilleri, tuttavia, rimane intrigato dal cinema: «Ho avuto richieste di opzioni per tanti altri romanzi, da La concessione del telefono al Birraio di Preston, ma non se n'è mai fatto niente - rivela -. Forse i registi temono il confronto con Montalbano che, ormai, è una sorta di condanna. Posso scrivere, dando l’anima, tanti romanzi senza di lui che vanno pure in classifica, ma quando esce Montalbano distacca anche Ken Follett di 60 punti». Per questo il commissario interpretato da Luca Zingaretti «è il mio odiato-amato nemico», si rammarica lo scrittore siciliano. Un nemico che tornerà in tv anche nella versione de Il giovane Montalbano interpretato da Michele Riondino per la regia di Gianluca Maria Tavarelli.
Ma per adesso sono i romanzi storici a premere a Camilleri perché «vogliono stingere sulla realtà italiana di oggi. Certe volte la macchia è più evidente, altre bisogna andarla a cercare», conclude. Con scarsa originalità, batte sullo stesso tasto anche Neri Marcorè: «Patò è un uomo che ama le donne, vorrebbe cambiare vita ma la magistratura e le autorità glielo vogliono impedire. Io per interpretarlo mi sono ispirato a qualcuno», dice alludendo al premier.
Insomma, una bella fortuna poter sfruttare il traino del presidente del Consiglio per far pubblicità al film in attesa di distribuzione...
Maurizio Caverzan
 
 

Il Tempo, 1.11.2010
«Montalbano mi ha fottuto, sono inchiodato a lui»: Andrea Camilleri, lo scrittore più famoso d'Italia, se la prende con il personaggio che lo ha reso tale.
«Quando scrivo un romanzo in cui non c'è e a cui dò l'anima - prosegue - quel romanzo arriva magari al quarto, quinto posto in classifica.

Invece ogni romanzo di Montalbano, come l'ultimo, "Il sorriso di Angelica", appena uscito, va subito primo». Camilleri è al Festival del Cinema come autore di «La Scomparsa di Patò», romanzo dal quale è stato tratto un bel film in costume sulla Sicilia dell'800. La regia è di Rocco Mortelliti (genero di Camilleri), con Neri Marcorè, Nino Frassica, Maurizio Casagrande e la sceneggiatura di Maurizio Nichetti. Il film, presentato ieri fuori concorso, è la storia della scomparsa di un direttore di banca e delle successive travagliate indagini. A Camilleri non basta maltrattare il personaggio che l'ha reso ricco e se la prende anche con il premier Berlusconi. «I media si interrogano sul comportamento dalla Questura di Milano, sulle pressioni subite - dice lo scrittore - Qui i due funzionari del romanzo e del film non hanno bisogno di una telefonata, obbediscono agli ordini di superiori che a loro volta ne ricevono da un sottosegretario». Marcoré (il Patò del titolo) dice invece: «Interpreto un personaggio che ama le donne ed è perseguitato dalla magistrature... non dico a chi mi sono ispirato». Originale. Per fortuna il film lo è di più.
Antonio Angeli
 
 

Gazzetta del Sud, 1.11.2010
Camilleri: il caso Ruby? Come il mio Patò
Perché a Vigata nel 1890 scomparve misteriosamente un irreprensibile direttore di banca?

Roma. In questi giorni «giornali e telegiornali si interrogano sul perchè i funzionari della Questura di Milano abbiano agito in questo modo, si parla della pressione che hanno subito. I due funzionari nella storia di Patò non ricevono una telefonata ma devono obbedire agli ordini dei superiori che a loro volta li ricevono dal sottosegretario. Io non amo molto la tesi di Tomasi di Lampedusa ma si finisce per dargli ragione, cambiamo tutto per non cambiare nulla».
Lo dice Andrea Camilleri, accennando allo scandalo della minorenne Ruby che sarebbe stata aiutata dal premier Silvio Berlusconi, nell'incontro con i giornalisti per "La Scomparsa di Pato" di Rocco Mortelliti, il primo film tratto da un suo romanzo, con Nico Frassica, Maurizio Casagrande e Neri Marcorè, presentato ieri fuori concorso al Festival di Roma.
«I miei romanzi storici - spiega lo scrittore siciliano, 85 anni - vogliono spingere sulla realtà italiana di oggi. Certe volte la macchia è più evidente, altre bisogna andarla a cercare».
La pellicola è stata girata da Mortelliti, genero di Camilleri, nella provincia di Agrigento, da dove viene lo scrittore. L'ormai mitica Vigata ha come ambientazione Naro, e si è girato anche a Porto Empedocle e a Canicattì. La storia parte il Venerdì Santo del 1890 a Vigata, dalla misteriosa scomparsa dell'irreprensibile direttore di banca Antonio Patò. Il delegato di pubblica sicurezza Bellavia Grande (Casagrande) e il maresciallo dei Reali carabinieri Giummaro (Frassica), iniziano a indagare, arrivando ad una verità scomoda...
Il richiamo all'attualità di Berlusconi e Ruby, viene anche in forma di battuta da Neri Marcorè: «Patò è un uomo che ama le donne, vorrebbe cambiare vita ma le autorità vorrebbero impedirglielo. Io per interpretarlo mi sono ispirato a qualcuno - dice alludendo al premier - ho fatto un mio percorso interiore». Camilleri, che ha collaborato alla sceneggiatura, firmata tra gli altri anche da Maurizio Nichetti, spiega che rispetto alle fiction su Montalbano, «nel film ci sono molte meno pagine del romanzo. Le parole sono sostituite dalle immagini. Io intervengo il meno possibile, in seconda battuta, correggendo, suggerendo e semplificando il dialogo». Frassica spiega che «quando ci veniva in mente di cambiare o aggiungere una battuta, lo dicevamo a Rocco che lo chiedeva ad Andrea e da lui avevamo il sì o il no».
Mortelliti sognava di fare il film da "La scomparsa di Patò" sin da quando ne ha letto le bozze, dieci anni fa: «ci ho messo tempo a convincere i produttori che potesse diventare un film, mi dicevano tutti di farne due puntate per la tv. Invece i romanzi storici di Andrea hanno un linguaggio molto più cinematografico, io farei film da tutti, come ad esempio "Il casellante"». Camilleri aggiunge che «ho dato più volte l'opzione per trarre film dai miei libri ma i progetti non si sono mai realizzati. Forse molti temono il paragone con Montalbano». De "La scomparsa di Pato" Camilleri dice di sentirsi «completamente rappresentato». Lo scrittore comunque, a proposito della sua creatura più famosa, Montalbano, dice che «mi ha fottuto, io sono inchiodato a lui. Quando scrivo un romanzo in cui non c'è a cui dò l'anima, arriva magari al quarto-quinto posto in classifica, invece ogni romanzo di Montalbano, come l'ultimo, "Il sorriso di Angelica", appena uscito, va subito primo, distanziando di 60 punti Ken Follet. Diventa il mio amato-odiato nemico, penso tante volte di vendicarmi con lui».
Eppure il commissario di Vigata tornerà in tv sia in nuove storie con Luca Zingaretti, sia in una nuova fiction, "Il giovane Montalbano", diretta da Gianluca Maria Tavarelli e interpretata da Michele Riondino: «c'erano tanti racconti miei su varie indagini e il produttore Carlo Degli Esposti ha pensato di sfruttarli per "Il giovane Montalbano". Ho conosciuto Riondino e mi è piaciuto».
Alessandra Magliaro
 
 

Bresciaoggi / L'Arena / Il Giornale di Vicenza, 1.11.2010
FESTIVAL DI ROMA. Lo scrittore ha presentato la prima pellicola tratta da un suo libro. Marcorè e Frassica gli interpreti
«Il caso Ruby come il mio Patò»
Ne è convinto Andrea Camilleri: «I miei romanzi storici vogliono spingere sulla realtà di oggi. Montalbano? Mi ha fregato»

In questi giorni «giornali e telegiornali si interrogano sul perché i funzionari della Questura di Milano abbiano agito in questo modo, si parla della pressione che hanno subito. I due funzionari nella storia di Patò non ricevono una telefonata ma devono obbedire agli ordini dei superiori che a loro volta li ricevono dal sottosegretario. Io non amo molto la tesi di Tomasi di Lampedusa ma si finisce per dargli ragione, cambiamo tutto per non cambiare nulla».
L'ha detto Andrea Camilleri, accennando allo scandalo della minorenne Ruby che sarebbe stata aiutata dal premier Silvio Berlusconi, nell'incontro con i giornalisti per La scomparsa di Patò di Rocco Mortelliti, il primo film tratto da un suo romanzo, con Nico Frassica, Maurizio Casagrande e Neri Marcorè, presentato ieri fuori concorso al Festival di Roma.
«I miei romanzi storici», ha spiegato lo scrittore siciliano, 85 anni, «vogliono spingere sulla realtà italiana di oggi. Certe volte la macchia è più evidente, altre bisogna andarla a cercare».
La pellicola è stata girata da Mortelliti, genero di Camilleri, nella provincia di Agrigento, da dove proviene lo scrittore. L'ormai mitica Vigata ha come ambientazione Naro, c'è qualche riferimento anche a Porto Empedocle e a Canicattì. La storia parte il Venerdì Santo del 1890 a Vigata, dalla misteriosa scomparsa dell'irreprensibile direttore di banca Antonio Patò.
Il delegato di pubblica sicurezza Bellavia Grande (Casagrande) e il maresciallo dei Reali carabinieri Giummaro (Frassica), iniziano a indagare, arrivando ad una verità scomoda...
Il richiamo all'attualità di Berlusconi e Ruby è arrivata anche da una battuta di Neri Marcorè: «Patò è un uomo che ama le donne, vorrebbe cambiare vita ma le autorità vorrebbero impedirglielo. Per interpretarlo, mi sono ispirato a qualcuno», ha detto alludendo al premier. «Ho fatto un mio percorso interiore». Camilleri, che ha collaborato alla sceneggiatura, firmata tra gli altri anche da Maurizio Nichetti, ha spiegato che rispetto alle fiction su Montalbano, «nel film ci sono molte meno pagine del romanzo. Le parole sono sostituite dalle immagini. Io intervengo il meno possibile, in seconda battuta, correggendo, suggerendo e semplificando il dialogo».
Mortelliti sognava di fare il film da La scomparsa di Pato sin da quando ne ha letto le bozze, dieci anni fa: «Ci ho messo tempo a convincere i produttori che potesse diventare un film, mi dicevano tutti di farne due puntate per la tivù. Invece i romanzi storici di Andrea hanno un linguaggio molto più cinematografico».
De La scomparsa di Patò Camilleri ha dichiarato di sentirsi «completamente rappresentato». Lo scrittore comunque, a proposito della sua creatura più famosa, Montalbano, ha osservato: «Mi ha fottuto, io sono inchiodato a lui. Quando scrivo un romanzo in cui non c'è a cui dò l'anima, arriva magari al quarto-quinto posto in classifica, invece ogni romanzo di Montalbano, come l'ultimo, Il sorriso di Angelica, appena uscito, diventa subito primo, distanziando di 60 punti Ken Follett. Diventa il mio amato-odiato nemico, penso tante volte di vendicarmi con lui».
Eppure il commissario di Vigata tornerà in tivù sia in nuove storie con Luca Zingaretti, sia in una nuova fiction, Il giovane Montalbano, diretta da Gianluca Maria Tavarelli e interpretata da Michele Riondino.
 
 

Cincecorriere, 1.11.2010
La scomparsa di Patò – Il trio vincente Frassica – Casagrande - Marcorè nella Vigata del 1890

Evento speciale del Festival Internazionale del Film di Roma, La scomparsa di Patò è una divertente commedia diretta da Rocco Mortelliti, tratta dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, edito da Mondadori. La storia è ambientata a Vigata, nel 1890, dove nella piazza del paese, in occasione del venerdì santo, viene messo in scena “Il Mortorio”; nei panni di Giuda c'è il banchiere Antonio Patò (Neri Marcorè) che, dopo la scena dell'impiccagione in cui da copione deve cadere nella botola sottostante al palco, non fa più ritorno a casa. La moglie si reca il giorno dopo a denunciarne la scomparsa al delegato di pubblica sicurezza Ernesto Bellavia (Maurizio Casagrande) che dà subito il via alle indagini. Ma Il Marescallo dei Carabinieri di Vigata, Paolo Giummaro (Nino Frassica), è geloso del fatto che a lui non capitino mai casi così interessanti;  inizia così una piccola sfida tra i due che presto, in realtà, si trasformerà in una collaborazione a causa di un ordine venuto dai piani alti. Cos'è successo a Patò?  A molti la verità non piacerà...
“Dieci anni fa dei miei amici mi chiesero perché non realizzassi qualcosa ispirandomi a un racconto di Camilleri. L’ho detto a lui e mi ha subito consigliato ‘La scomparsa di Patò’, che aveva appena finito di scrivere e che gli  sembrava nelle mie corde. Se ci ho messo così tanto a portare a termine il progetto è a causa dei produttori che quando si tratta di Camilleri vogliono solo Montalbano. Allo stesso Camilleri, Montalbano è utile per poter poi fare i romanzi storici, come una sorta di ricatto.” – così Rocco Mortelliti ci spiega com’è nata l’idea del film che ha diretto ma anche sceneggiato, chiedendo l’aiuto di Maurizio Nichetti. “Scrivere una sceneggiatura da un romanzo epistolare all’inizio mi spaventava. Ma devo dire che è andata bene perché è parte di un disegno ben pensato e ha come radice un romanzo incredibile” – ci spiega Nichetti. E bisogna dire che è proprio grazie a una sceneggiatura ben strutturata e alla complicità e l’affiatamento tra i due interpreti principali che il film funziona e coinvolge. “Ho voluto attori con una solida formazione teatrale. Io stesso vengo dal teatro e non riesco a concepire l’attore di cinema che non abbia avuto tale formazione” – dichiara il regista. Si è rivelata vincente anche la scelta della location e di tutti gli altri personaggi, comparse scelte sul luogo del set: la Viganò di fine ‘800 è stata ricostruita a Naro, paesino in provincia di Agrigento, in quanto Mortelliti voleva girare nei luoghi d’origine di Camilleri.
La conferenza stampa è allegra e all’insegna delle risate, dominata dai continui siparietti tra Frassica e Casagrande, e dalla satira del bravissimo Neri Marcorè, che nel film veste i panni di un personaggio non troppo divertente: “ Sulla contemporaneità del mio ruolo, vorrei dire che Patò è un uomo che ama le donne; per prepararmi mi sono ispirato a qualcuno…” – allude Marcorè, suscitando l’applauso e l’ilarità del pubblico.
D'effetto è la seconda parte della pellicola in cui, per ricostruire le vicende che hanno portato alla scomparsa di Patò, si ricorre a flashbacks di cui i due investigatori sembrano diventare i registi.
Sara Palieri
 
 

Close Up Tv, 1.11.2010
Speciale "La scomparsa di Patò"
Secondo speciale della Close Up TV al Festival di Roma. Per il film "La scomparsa di Patò" abbiamo intervistato il regista, Rocco Mortelliti, e i protagonisti Maurizio Casagrande e Neri Marcorè
 
 

VignaClaraBlog.it, 1.11.2010
Roma Film Fest: Andrea Camilleri icona della quarta giornata

(foto VignaClaraBlog.it)

Giornata intensa e assai interessante, quella di ieri, alla V Edizione del Festival del Film di Roma: due pellicole, Hævnen - In A Better World e Oranges & Sunshine, si candidano decisamente per la vittoria del Marc’Aurelio, mentre ci si è divertiti molto con la commedia operaia di stile tipicamente british We Want Sex e con la proiezione de La Scomparsa di Patò, il film tratto da un romanzo di Andrea Camilleri che, presente in sala, ha voluto esprimere la sua solidarietà al movimento Tutti a casa, che si batte contro la chiusura della Casa del Cinema e contro i tagli al Fondo Unico dello Spettacolo.
[…]
Sono passate da poco le 22 quando torniamo nella zona del red carpet, dove dì li a pochi minuti passeranno Andrea Camilleri e il cast del film La Scomparsa di Patò, uno degli eventi speciali di questo festival, la pellicola tratta dal romanzo dello scrittore, nato a Porto Empedocle 85 anni fa, che verrà proiettata in anteprima nella Sala Santa Cecilia. Dopo essere sfilati sul tappeto rosso, prendono posto in platea, intorno a Camilleri, il regista Rocco Mortelliti, gli attori Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè, Simona Marchini, Flavio Bucci, Manlio Dovì e Roberto Herlitzka e lo sceneggiatore Maurizio Nichetti. Applausi scroscianti per tutti, soprattutto per lo scrittore siciliano, per Frassica e per Marcorè. Prima della proiezione, Camilleri vuole dare il suo sostegno al manifesto Tutti a casa, al movimento che raccoglie più di trenta associazioni dell’audiovisivo italiano e che si batte contro la chiusura della Casa del Cinema e contro i tagli al Fondo Unico dello Spettacolo, cosicchè la produttrice del film legge un breve comunicato al quale Camilleri, rispondendo all’affermazione del Ministro Tremonti per cui la “cultura non si mangia” aggiunge che, invece, “la cultura, oltre a dar da mangiare a 250.000 persone, nutre anche lo spirito”. Applausi di solidarietà, buio in sala, comincia la proiezione. In modo brillante e lieve, con trovate deliziose, avvalendosi di un cast artistico di alto livello, il film, ambientato a Vigata (vi dice qualcosa?) nel 1890, narra la storia della misteriosa scomparsa del ragioniere Antonio Patò (Neri Marcorè) e della successiva inchiesta svolta dal delegato di pubblica sicurezza Bellavia  (Maurizio Casagrande) e dal maresciallo dei carabinieri Giummaro (Nino Frassica). Applausi fragorosi al termine della proiezione, la commedia ha divertito tutti.
[…]
Giovanni Berti
 
 

La Nuova Sardegna, 1.11.2010
Montalbano pazzo d'amore

«Mezzo Montalbano gli diciva di fari in modo di non vidirla cchiù. E l’altro mezzo ’nveci non pinsava ad altro che al momento in cui l’avrebbi avuta vicina». Gli anni e «le vicchiaglie» non impediscono al commissario più famoso d’Italia - creato da Andrea Camilleri - di riaccendere per amore gli incanti dell’esperienza adolescenziale. Sì, Salvo Montalbano, commissario in Vigata, nell’ultimo romanzo «Il sorriso di Angelica» (Sellerio, pagine 240, 14 euro) si innamora (o crede di innamorarsi) di una stupenda bancaria con qualche segreto di troppo, folgorato dalla bellezza della «picciliddra» che non a caso si chiama Angelica. E la cotta (con campane che suonano ’nzemula a profumo di fiori) si dipana lungo i ricordi liceali dell’Orlando Furioso, perché Montalbano ha riconosciuto nella donna, in cui è inciampato in un’indagine su strani furti architettati geometricamente, i tratti dell’eroina ariostesca come erano interpretati da Dorè nel libro che aveva riempito la sua gioventù.  Ma Montalbano che ha una spiccata idiosincrasia per le regole, ha anche un codice d’onore. Reso «furioso» dall’amore perde la lucidità, consuma l’amplesso e si pente. «Gli pariva d’aviri il ciriveddro arrugginito... e l’ingombranti, continua prisenza d’Angelica nella so’ testa gli’impediva lo scatto in avanti». «No, doveva essere onesto con si stisso». Da Angelica c’era andato per l’indagine ma «c’era annato soprattutto con la sigreta speranza che capitasse quello che era capitato».  «Per anni ed anni della sò vita - pensa il commissario dopo l’«incidente» mentre guarda il mare dalla villetta di Marinella - non c’era stata che Livia. Po’ arrivato a ’na certa età, non aviva saputo cchiù ristari ’ndifferenti davanti alle occasioni... per farsi pigliari dalla smania per un’altra fimmina... forsi si avissi parlato con qualchiduno» poteva uscirne «ma con chi?».   La fidanzata Livia scambia per una guasconeria la confessione telefonica del tradimento («abbiamo passato la notte assieme») fatta con la schiettezza dell’età matura. «Ti faresti piuttosto scuoiare che ammetterlo. Volevi farmi uno scherzo - lo liquida lei -. Non t’è riuscito».  E allora Montalbano spazza via questo amore che lo ha accecato. Si rende conto di essere stato usato come uomo e come poliziotto. Telefona ad Agelica e le dice dove recuperare le chiavi di casa che lei gli aveva dato. Poi «posò la cornetta e fici ’na vociata precisa ’ntifica a quella di Tarzan nella junga. S’era libbirato». E il giallo può finalmente risolversi. Perché Montalbano è tornato ad essere preciso ’ntifico Montalbano.
Sandro Macciotta
 
 

Alfonso76, 1.11.2010
Recensione Il sorriso di Angelica, di Andrea Camilleri

I fan di Camilleri si dividono in due scuole di pensiero: quelli che considerano le avventure del Commissario Montalbano come le storie migliori uscite dalla penna dello scrittore siciliano, e quelli che puntano tutto sulle altre trame, a cui lo stesso Camilleri sembrerebbe riservare i maggiori sforzi di originalità.
Io non sono un fan, ma un semplice e appassionato lettore: in questo anno particolarmente ricco di romanzi di Camilleri, ho ammirato "Il Nipote del Negus" e sopportato "L'intermittenza", e con ognuno dei Montalbano in mano ho avuto la certezza che mi sarei divertito: un po' come andare nel ristorante sotto casa, il tuo preferito, quello in cui sai sempre che mangerai molto bene ma in cui non ti aspetti di assaggiare specialità di altissimo livello da raccontare agli amici. Non deve essere una impressione unicamente mia, se è vero che - nel corso di una passeggiata in Feltrinelli, il giorno dell'uscita del libro - ho osservato con i miei occhi dimezzarsi la colonna di volumi ammucchiati intelligentemente all'ingresso della sezione novità.
Ne "Il sorriso di Angelica", scopriamo un Commissario Montalbano sospettoso e geloso, in una prima parte ricca di equivoci, e poi ammaliato dalla bellezza della fanciulla che regala in titolo al romanzo: una mula triestina, tra l'altro, giunta a Vigata con un ruolo di responsabilità in una banca e suo malgrado coinvolta in una serie di furti nelle ville della città-bene. Meccanismo giallo tipico e ben rodato, piuttosto prevedibile ma comunque piacevole alla lettura, accompagnato dal dialettale come marchio di fabbrica mai del tutto scontato.
Tra citazioni dall'Ariosto e malinconiche passeggiate sugli scogli della città, emerge come un vero protagonista l'unico che ci ha capito qualcosa: sarà che è il mio personalissimo personaggio preferito della serie, ma l'agente Fazio meriterebbe decisamente una scena di primo piano. Chissà che non si tratti di aspettare, ancora una volta, soltanto pochi mesi...
 
 

Il Secolo, 1.11.2010
Buttafuoco e il Teatro Stabile

Contorni “milazziani”, in questa vicenda ci sono un po’ tutti. Un intellettuale di destra che per difendere il diritto alla libertà di espressione di un’artista di sinistra allievo a sua volta di un grande scrittore anch’esso di sinistra litiga con un partito (il Pdl) e si dimette in segno di protesta dal suo incarico. Questo non poteva non accadere in Sicilia, terra che sulle strane convergenze ha edotto da sempre il Paese. Protagonista, suo malgrado, della vicenda è Pietrangelo Buttafuoco, giornalista di Panorama e ormai ex presidente del Teatro Stabile di Catania. Ebbene, Buttafuoco si è dimesso dalla sua carica per difendere l’operato, l’onore e l’indipendenza del suo sodale Giuseppe Dipasquale, direttore e regista “reo” di portare in scena le opere del suo maestro Andrea Camilleri tanto sgradite ai pidiellini locali quanto amate dal pubblico che affolla i teatri. Da qui le dimissioni del presidente, irritato per una vicenda dai contorni pretestuosi e strumentali. Ma andiamo con ordine. Tutto ha inizio da un’interpellanza del Pdl all’Ars sulla gestione dello Stabile di Catania (“Verifica sulla gestione del Teatro Stabile di Catania” si legge) con l’intento di indagare non solo sulla gestione amministrativa ma anche di mettere il becco sui legittimi diritti d’autore per opere firmate dallo stesso direttore.
Ma, a conti fatti, riesce difficile capire la motivazione del perché questo teatro sia finito sotto osservazione da parte dei deputati regionali del Popolo della libertà. Prima di tutto perché i numeri dello Stabile di Catania parlano chiaro. Sotto la presidenza Buttafuoco infatti il teatro ha messo in piedi una squadra che ha portato successi e tournée in tutta Italia (come appunto Il Birraio di Preston, firmato da Camilleri e Dipasquale che è stato ospitato dai maggiori teatri italiani dal Piccolo di Milano al teatro Valle di Roma). Inoltre quest’ultima gestione, in un momento di crisi economica, ha portato un notevole aumento di introiti e di abbonamenti (da settemila ad oltre diecimila) rispetto alla precedente direzione che aveva lasciato da parte sua un debito di una certa rilevanza.
E, cosa singolare, l’interesse investigativo da parte del Pdl non si capisce anche perché sembra essere tutto a senso unico. Basta guardare all’altra sponda della regione e vedere che cosa succede all’altro Stabile, quello di Palermo, che a quanto sembra è sommerso dai debiti e che rischiava addirittura di non poter proporre nemmeno il cartellone. I maligni indicano però che il motivo della mancata attenzione sarebbe che a dirigere il teatro qui sia Pietro Carriglio, uomo che sta molto a cuore a Gianni Letta. Ed è proprio qui che si svela con tutta probabilità il reale interesse a mettere i bastoni tra le ruote allo Stabile di Catania. Ragion per cui se l’opera di Andrea Camilleri ha rappresentato l’innesco polemico per la bomba, il vero obiettivo di questa storia dall’intreccio tutto siciliano è proprio il ruolo di Giuseppe Dipasquale. Ruolo, quello di direttore. appetito e ambito così tanto che è riuscito a mettere d’accordo per paradosso pidiellini e uomini di Raffaele Lombardo altrimenti noti come cane e gatto o diavolo e acqua santa. E questo idillio si spiegherebbe data l’aria di elezioni anticipate che si respira anche sull’isola. Insomma, dietro alla levata di scudi del Pdl ci sarebbe tanto una sterile motivazione legata non si sa quanto ai diritti d’autore, quanto al pedigree di Camilleri e quanto invece a un calcolo politico finalizzato alle beneamate poltrone.
E dire che la gestione di Buttafuoco allo Stabile di Catania ha rappresentato una buona nuova in una città dove vuoto culturale e politico camminano di pari passo. Una conduzione vivace e interattiva che ha portato risultati non solo in termini di numeri ma anche di allargamento dell’offerta culturale. Che dire, ad esempio, dell’opera di divulgazione messa in campo con gli incontri letterari che hanno visto ospiti nel capoluogo etneo personaggi come Nicolai Lilin, Francesco De Gregori, Antonio Scurati, Edoardo Bennato e Giuseppe Tornatore. Ma anche prime firme del giornalismo come Pietro Calabrese, Francesco Merlo e Marcello Sorgi? Un teatro, quindi, che esisteva anche fuori dal palcoscenico e che agiva sempre più spesso come sostituto del grave deficit di iniziativa culturale che la città continua a dimostrare. Un teatro, poi, che aveva dopo tanto tempo riaperto le porte ai giovani talenti come Vincenzo Pirrotta e Giampiero Borgia diventando nuovamente centro di sperimentazione. Ma la storia arriva ad assumere anche dei contorni grotteschi. Basti pensare che proprio sotto questa direzione che è stato portato per la prima volta sul palcoscenico italiano Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente l’opera di Matei Visniec sulla tragedia del socialismo reale che ha dovuto peregrinare anni e subire il solito ostracismo prima di trovare quel palcoscenico che è stato proprio quello di Catania. Ma forse chiedere comprensione e apprezzamento per tutto questo da parte di un Pdl che anche in questa storia ha dimostrato la solita cecità culturale unita a un calcolo politico spregiudicato è davvero troppo. Tempo da Michele Serra diceva che gli scrittori di destra sono doppiamente sfortunati, perché ignorati dai lettori di sinistra e perché gli uomini di destra non leggono. Figurarsi, allora, se questi stessi possono avere rappresentanti politici che capiscono l’importanza del teatro.
Antonio Rapisarda
 
 

Stilos, n.10, 11.2010
Andrea Camilleri
L’intermittenza di cervello e ragione

Camilleri non ama la borghesia, ancor meno quella alta. Detesta i tycoon, gli indu­striali, i grandi imprenditori. Ne ha dato un assaggio in “Un sabato, con gli amici”, dove i vizi e l'accidia della media borghesia romana vengono messi in capo a un ri­stretto gruppo di amici che nei loro giochi di società, nelle trame che intorpidano rapporti intrecciati e crudeli, fatti di tradimenti e meschinerie, arrivano fino all'omicidio ma salvano le insegne di probità e perbenismo riaffermando il primato del loro stato. Nel ciclo dei romanzi borghesi, che comprende anche “Il tailleur grigio”, rappresentazione di una vicenda coniugale che integra lo stigma del tradimento in una società palermitana piccolo-borghese, rientra anche “L'intermittenza”, ambientato a Milano, tale da definire così una trilogia che impegna una geografia nazionale dei guasti stabilita anche dalla risalita da Sud verso Nord dei livelli delle classi dirigenti - piccola, media e alta borghesia distribuite territorialmente e colte nelle loro capacità di potenza: dalla crisi privata che scoppia in una famiglia bene di Palermo alla tragedia collettiva di una comunità di professionisti romani per arrivare adesso al dramma generale e nazionale di una categoria che si crede in paradiso ma è all'inferno. E che (pur mai nominata, come Roma e Palermo nei precedenti titoli) sia Milano il teatro di questa nuova crisi non v'è dubbio, se le grandi holding italiane sono lombarde e se località alpine come Fiè sono certamente meta storica dell'high society milanese.
”L'intermittenza” è il romanzo più aderente al nostro presente. Obama sta varando la riforma sanitaria, la crisi economica colpisce l'occupazione e le "aziende cadono come birilli", gli industriali colludono con i politici, gli scandali tantalizzano la vita del Paese, i costumi sociali deprecano in una deriva senza freno. Mauro Di Blasi, un manager che gira in elicottero, dirige con i suoi stabilimenti sparsi in Italia il mondo del lavoro e controlla l'iniziativa sindacale come pure influenza l'azione di governo, si muove su due piani negativi: su quello pubblico è cinico al punto da fare esplodere una bomba in una propria fabbrica per rovesciare a suo favore l'opinione pubblica, su quello privato è spregiudicato fino a concepire un documento falso che risulti allo stesso tempo vero al fine di intascare una cospicua tangente.
Il falso per il vero è giustappunto una delle chiavi cosmogoniche di Camilleri, che agisce sempre per la ricomposizione del quadro dominante e la mortificazione della verità indimostrata. Beppo Manuelli, che ottiene le prove della corruzione di Di Blasi, viene sconfessato da un'impostura fondata su un raggiro di tutta credibilità. Il mistificatore ha partita vinta ma il finale non è stavolta restauratorio. Altrove abbiamo visto in Camilleri funzionari di polizia e di Stato, assertori di verità traumatiche e destabilizzanti, trasferiti e zittiti. Qui l'ultimo coonestatore della galleria muore invece nell'affermazione di un destino annunciato: un'intermittenza del cervello che gli fa perdere momentaneamente coscienza e che si rivela fatale quando, al culmine del suo successo su un caso che stava per travolgerlo, è alla guida della sua auto. È un'intermittenza non solo della coscienza ma anche della ragione, che si ritrae le volte in cui Di Blasi si fa mostro: quando controfirma patti scellerati, picchia selvaggiamente la moglie, commissiona missioni turpi e illegali; e che ricompare quando il manager teme di avere un tumore, si dimostra marito desideroso della moglie, si rivolge con parole garbate alla sua segretaria e tiene soprattutto una relazione sull'etica dell'imprenditoria che guadagna il plauso generale, tanto da indurre il ministro a dirgli che l'Italia ha bisogno di persone come lui: una dichiarazione che cogliamo in senso antifrastico, perché - vuole farci intendere Camilleri - è piuttosto di persone come Di Blasi che l'Italia è piena.
Ma il senso per l'intermittenza di cui discorre l'autore è anche del cuore, collaterale a quella della memoria di tipo proustiano, perché Guido istruisce Marisa (la donna che si innamora di lui perché estasiata dalle poesie che lui le recita, ma che diventa poi una mantide vendicatrice) sui rivolgimenti dell'amore verso una persona, sentimento che può sparire e riapparire. Come la malattia appunto di Mauro. E come un po' il senso di eterno ritorno di nicciana e modernissima accezione che qui aleggia.
Gianni Bonina
 
 

Il Giornale, 2.11.2010
Lo spillo

Forse non è stato informato che il ministro Bondi e il sottosegretario Letta hanno annunciato il ripristino del Fus a 407 milioni di euro. Così, l'altra sera alla proiezione dell'adattamento cinematografico del suo romanzo «La scomparsa di Patò», ha detto di essere «cresciuto in un Paese dove c'era il fascismo e vicino il nazismo. Allora contro la cultura usavano le pistole, oggi usano le forbici». Camilleri non aveva partecipato alla manifestazione della prima sera, però ha recuperato attaccando lo stesso il governo berlusconiano. E forse, magari sempre per ragioni di età, Camilleri si è scordato di aver detto ai giornalisti parlando del film tratto dal suo libro, che «tante volte certi progetti artistici riescono meglio con budget più bassi». Qual è il vero Camilleri?
 
 

ASCA, 2.11.2010
Sicilia: Missineo, forum su identita' culturale regione

Palermo - Un dibattito sulla identita' culturale della Sicilia. A lanciare la proposta e' l'assessore regionale della Sicilia dei Beni culturali e dell'Identita' siciliana, Sebastiano Missineo.
''Stiamo salvaguardando - afferma Missineo in una nota - le nostre ricchezze, che sono tante e spesso di una delicatezza e bellezza unica al mondo? O nel nostro correre alla velocita' del web stiamo perdendo l'unicita' e la bellezza della sicilianita'? Mi piacerebbe approfondire questi temi con le intelligenze della nostra terra, magari in un forum che veda coinvolti da Andrea Camilleri a Cuticchio, da Zappala' a Abbagnale, da Baudo a Tornatore.
Penso che sia un dovere che abbiamo nei confronti della nostra identita' culturale e delle persone che ci hanno tramandato questi valori''.
Nel giorno della commemorazione dei defunti, Missineo lancia dunque la sfida di ''riportare in primo piano una nostra tradizione strana, singolare quanto vogliamo, ma che aveva una sua ragione e una sua cultura della memoria tutta siciliana'' nonostante ''oggi, la Sicilia sia un altro paese, globalizzato, che viaggia alla stessa velocita' di tante citta' europee, con cui condividiamo Babbo Natale e persino la zucca di Halloween''.
 
 

La Gazzetta di Parma, 2.11.2010
Cacopardo contro Camilleri: "Sequestrate il suo romanzo" - Udienza il 16 novembre dal giudice civile di Parma

Questa volta potrebbe rischia­re grosso, Andrea Camilleri. E non per qualche colpo di testa del quasi «sissantino» commis­sario Montalbano che nel nuovo romanzo si strugge d'amore per la bellissima Angelica, i tratti de­licati dell'eroina dell'«Orlando furioso» e la metà dei suoi anni. No, il poliziotto di Vigata non ha colpe. Perché è nell'ultimo vo­lume «storico» - «Il nipote del Negus» - che l'autore siciliano avrebbe esagerato nel mischiare realtà e fantasia. Nell'inventare un personaggio «chiacchierato» in cui si è identificato Domenico Cacopardo, lo scrittore conter­raneo di Camilleri, che da anni vive a Parma. Tanto si è rico­nosciuto, sentendosi diffamato, che ha fatto ricorso al tribunale civile di Parma chiedendo di so­spendere la pubblicazione del li­bro e di ritirare tutte le copie ancora invendute. L'udienza è stata fissata per il 16 novembre.
Ma cosa si è inventato quel marpione di Camilleri per far in­furiare Cacopardo? Ha creato il personaggio di Aristide Cacopar­do, controllore di biglietti sulla linea ferroviaria Palermo-Vigata in pieno ventennio fascista. E fin qui, nulla di male. Il problema è che tal Aristide Cacopardo ha una grande passione, o meglio un'imperdonabile velleità: «... è fissato - scrive Camilleri a pagina 88 de “Il nipote del Negus” - d'es­sere un grande scrittore e con­suma il suo stipendio pubblican­do romanzi a sue spese»...
Georgia Azzali
 
 

La Repubblica (ed. di Parma), 2.11.2010
Camilleri in tribunale
Cacopardo: mi diffama

Lo scrittore siciliano parmigiano di adozione attacca il conterraneo: "Nel suo ultimo romanzo lede la mia onorabilità. La pubblicazione va sequestrata". Parola al tribunale civile il 16 novembre

"Camilleri mi diffama, sospendete le pubblicazioni". "Il nipote del Negus" cela una "guerra" all'ultima riga tra scrittori siciliani. Da una parte Domenico Cacopardo, dall'altra niente meno che Andrea Camilleri. Cacopardo, magistrato del Consiglio di Stato in pensione e da anni residente a Parma, ritiene infatti di essere stato diffamato dal "padre" letterario del poliziotto di Vigata. La frase sotto accusa è contenuta a pagina 88 del romanzo in uscita da Sellerio. "In conclusione, il Cacopardo, che risulta persona attendibile anche se un poco chiacchierato (è fissato di essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese) contraddiceva nel modo più assoluto la rocambolesca versione fornita dal Principe al Direttore della Scuola Mineraria". Il Cacopardo in questione è Aristide, non Domenico.
Tuttavia lo scrittore parmigiano di adozione chiede di sequestrare il romanzo del suo conterraneo perché, secondo il legale Giovanni Franchi, intervistato sul caso dalla Gazzetta di Parma, il controllore di biglietti prestato alla letteratura sarebbe, negli intenti di Camilleri, proprio Domenico. Tra i due, è noto, non è mai corso buon sangue. "Anche secondo la giurisprudenza non è necessario che il nome altrui  venga usurpato nella sua interezza per ottenere l'inibitoria. In questo caso il cognome è stato integralmente usurpato, anche se il nome è differente il riferimento è chiaro. Quale scrittore - spiega Franchi - non viene danneggiato dal fatto che un altro, e forse ancora più famoso, scrive di lui che paga per veder pubblicati i propri romanzi ?"  Ma vi è anche un'altra violazione di altri diritti, aggiunge l'avvocato, come l'onore e la reputazione, "non potendosi così criticare indirettamente uno scrittore e dire di lui che è fissato di essere bravo". Insomma Camilleri avrebbe infangato l'immagine del Cacopardo romanziere, apparso nel libro in versione controllore di biglietti. Uno scontro tra romanzieri siciliani che il tribunale civile di Parma dovrà dirimere il 16 novembre.
 
 

Messaggero Veneto, 2.11.2010
Quell'Angelica Cosulich che incendia Montalbano
Il sorriso di Angelica di Andrea Camilleri Sellerio, 258 pagine – 14,00 euro

E giunto al suo diciassettesimo il commissario Salvo Montalbano appare un uomo sotto tortura. È come se il suo creatore Andrea Camilleri si divertisse a complicargli la vita, ché alla soglia dei sessanta non è facile imbattersi in indagini che mettono a repentaglio dignità e coronarie. Succede ne Il sorriso di Angelica , che Sellerio ha appena mandato in libreria. E fortuna che a fare da stampella al tormentato commissario c’è Fazio, che ancora una volta ne soccorre gli inciampi e le falle, le distrazioni e le fughe in avanti e tampona vulnerabilità del cuore e attacchi di incipiente senilità. Già, ma che cosa accade di così straordinario da inficiare sicurezze e ruvidità del commissario più amato dagli italiani? Un po’ di pazienza e ve lo diremo. Il giallo stavolta nasce da una serie di furti strani e verosimilmente seriali ai danni di facoltosi professionisti, complicati da una lettera anonima che mette a rumore Vigàta. Come in un delirio di impunità e onnipotenza l’autore ingaggia una sfida con il commissario Montalbano. Non è la prima volta che Camilleri ricorre a quest’espediente, a far giocare criminale e inquirente al gatto e al topo, ma è la prima volta che a cambiare decisamente il ritmo della storia e il battito cardiaco del commissario è la comparsa in scena di una donna bella, giovane e, come si dice, con un fisico mozzafiato (che certo molto attrarrà televisivamente) e che ha un fascino decisamente superiore alle altre signore che nel tempo hanno stuzzicato il commissario e molto urticato la fidanzata Livia. L’impenitente Camilleri la descrive come una figura da far impallidire Belén e le sue sosia delle sempre più seducenti e allusive pubblicità telefoniche. Si chiama Angelica Cosulich. Il nome richiama la beltà e le suggestioni ariostesche, il cognome dice che la sua origine è certamente triestina. A Vigàta ce l’hanno mandata di recente i dirigenti della Banca Siculo-Americana, il resto lo fanno le coincidenze della storia: il furto anche ai suoi danni, l’incontro inevitabile con il commissario, il fuoco che si riaccende nelle vene del maturo Montalbano, da un lato ricordando i primi ardori giovanili di fronte alle inequivocabili tavole con cui Gustavo Doré illustrò l’ Orlando furioso e suscitò negli implumi studenti sensazioni ancora ignare di riviste maschili e di video hard , dall’altro provocando una frenesia investigativa sproporzionata alla gravità del caso. È chiaro che ogni difesa immunitaria del Montalbano inquirente è caduta, che i comportamenti sono da adolescente innamorato, che anche solo una mano sfiorata lo surriscalda, mentre come sempre i suoi superiori non capiscono un accidente e anzi gli creano fastidiosi intralci. Insomma il lettore ha ben capito che gli ingredienti più o meno sono sempre gli stessi. Godibili sono il linguaggio e le modalità camilleresche che s’insinuano nell’animo del suo protagonista complicandogli le notti (insonni) o al contrario popolandole di visioni, di incubi cavallereschi, di tornei e dame con al centro la bellissima Angelica, e provocando turbe digestive: stavolta infatti nemmeno le delizie culinarie di Adelina e le fritture di Enzo riescono a placare ansie e appetiti variamente assortiti. Ma fortuna che c’è Catarella (che grande invenzione letteraria e televisiva). Quando Montalbano cerca riparo al disastro nella corazza del suo carattere per recuperare la correttezza di comportamento del bravo e perfetto funzionario statale, una chiosa spudorata e farneticante del solito Catarella spalanca le porte dell’indagine. Ecco la chiave che permetterà l’improvviso contrattacco del commissario e la conclusione in poche mosse di un gioco che s’era molto aggrovigliato. E finalmente potrà mangiarsi in santa e (rasserenata) pace le triglie di Enzo.
Sergio Buonadonna
 
 

Le vostre recensioni, 2.11.2010
Andrea Camilleri – Il sorriso di Angelica
“Il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto”.

Nella nota alla fine del libro Andrea Camilleri parla del motivo ispiratore de Il Sorriso di Angelica; a Roma, qualche tempo fa, una banda di ladri ha svaligiato numerosi  appartamenti con la stessa tecnica descritta nel romanzo, da questo fatto di cronaca  ha desunto la traccia da prende l’avvio la storia,  ma per quali tortuosità poi, prosegue e finisce, lo sa solo la sua fantasia.
Incipit medesimo: arrisbigliamenti di Montalbano, questa volta non è solo nel letto, c’è Livia, ma ha già dimenticato la sua presenza dormiente. Il romanzo inizia con un sollenni moto di gelosia di Montalbano e nel corso della narrazione Salvo sarà geloso, furioso e libidinoso ai limiti della lascivia.
Una serie di furti nelle case di noti professionisti animano il commissariato di Vigàta, Montalbano è alle prese con questi reati e come sempre diventa una partita personale tra lui e l’autore o gli autori dei medesimi reati. A scompaginare la faccenda, la presenza di una bella trentina, di Trieste, di “stanza” a Vigàta, pardon, cassiere capo alla Banca siculo americana, anche lei vittima di questi ladri, che farà perdere il lume della ragione a Salvo. La vicenda giudiziaria si complicherà a seguito di   due omicidi, ma  questo farà parte delle indagini il cui corso lo lasciamo a tutti quelli che leggeranno il libro.
La presenza che primeggia e dà il titolo al romanzo è femminile, quei ritratti di femmina che forse sono retaggio della gioventù dell’autore, in questo caso contaminato da reminescenze letterarie, ma così conturbanti e di bellezza dirompente da far uscir di senno.  Il primo incontro è un’apparizione metafisica, la donna di carta, l’Angelica dell’Ariosto che s’incarna nella realtà. “Era precisa ‘ntifica, ‘na stampa e’na figura, con l’Angelica dell’Orlando furioso, accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carne, a sidici anni, talianno ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré   che so zia gli aviva proibito”. E’ solo il principio di una passione tanto improvvisa quanto tardiva; non è la prima volta che il nostro eroe si trova invischiato nelle maglie degli spasimi amorosi e di esserne letteralmente travolto come un adolescente, infatti frammisti, sono inseriti due versi della poesia di Cardarelli  Adolescente “Un pescatore di spugne,/avrà questa perla rara”. La confusione fatta tra il sogno di picciotto, ogni pensiero ed incontro con Angelica sono intercalati da versi dell’Orlando Furioso, e la realtà di uno squasi sessantino, lo rendono  ridicolo, non era dignitoso per un uomo come lui dare di sè spettacolo indegno e miserabili. Sensi di vrigogna e pentimenti non gli impediscono di abbandonarsi con tutti i sensi tra le braccia di Angelica “Pieno di dolce ed amoroso affetto/alla sua Donna, alla sua Diva corse/che con le braccia al collo il tenne stretto…
Il commissario romanzo su romanzo si priva della sua scorza esteriore e si disarma di volta in volta che l’età avanza., la sua è un’anabasi indotta dall’incalzare del tempo che ce lo rendono sempre più indifeso, solo, e la sua millantata ed incauta improntitudine è una difesa sempre più debole. Le sue sfuriate memorabili, i suoi colpi di scena sono in difetto rispetto ai suoi dialoghi interiori in cui il suo io ha il sopravvento.
Mentre Salvo acquista sempre più sfaccettature introspettive e sembra uscire dalle pagine scritte come la vagheggiata Angelica, gli altri personaggi, senza sminuirli,  sono cristallizzati nei loro ruoli come maschere teatrali. Se di teatro si tratta con tutte le messinscena immaginabili, quello di Camilleri è imperdibile, da teatro di prestigiosa memoria.
La scrittura sta subendo una irreversibile mutazione verso la lingua dialettale, una naturale anastomòsi   più involuta e più aderente alla tradizione orale, direi ermetica nei suoi vocaboli così fissati nel tempo,  la lettura diviene un esercizio acrobatico, linguistico-espressivo anche per chi siciliano è.
Senza  enfasi né lodi sperticati chioserei con uno slogan trito e un po’ frivolo: Camilleri è sempre Camilleri e…Montalbano è sempre Montalbano anche quando corre il rischio di essere nazional popolare o considerarlo solo un marchio di garanzia.
Arcangela Cammalleri
 
 

La Repubblica, 2.11.2010
Insegnanti, editor o impiegati il vero lavoro dei romanzieri
La scrittura non paga

In Italia si pubblicano ogni giorno 160 libri, circa 60 mila all' anno, di questi 10 mila sono testi letterari alla prima edizione. Ognuno in media vende quattromila copie. Su decine di migliaia di autori, molto meno dell'un per cento vive della propria scrittura. Tra quelli che ci riescono, Andrea Camilleri, Gianrico Carofiglio e Andrea De Carlo, e non a caso in questi giorni figurano in cima alla classifica dei più venduti. Che con la letteratura non si mangi non è però una novità: Svevo, nonostante la stima di Joyce, era impiegato nell'azienda di vernici del suocero; l'ingegner Gadda lavorava in Rai; Bianciardi sbarcava il lunario con le sue traduzioni. E le cose da allora non sono cambiate. Sono tre in sostanza le fasce in cui si possono dividere gli scrittori nel nostro Paese. La prima, quella degli "esordienti", può aspirare, quando va bene, a un primo contratto con una grande casa editrice che si aggira tra i 5 mila e i 7 mila euro, con delle percentuali sui diritti che vanno dal 5% dei tascabili all'8%. Uno scrittore "medio", invece, può contare su un anticipo che sfiora i 50 mila euro. Infine, c'è la ristretta "casta" formata da quelli che vendono oltre le 100 mila copie all'anno. Ed è chiaro che, in questo caso, la retribuzione aumenta: il prezzo corrisposto ancor prima della pubblicazione oscilla tra i 100 mila e i 400 mila euro. Ma qui vanno calcolati anche i guadagni ricavati dagli acquisti dei libri all'estero, di cui il 50% va all'editore e l'altro 50% allo scrittore. In Italia gli autori che possono permettersi di vivere di soli romanzi sono una decina al massimo. Quelli il cui solo nome li scaraventa direttamente nella top ten: come Niccolò Ammaniti e Sandro Veronesi. Soltanto chi vende tra le 50 mila e le 100 mila copie - una percentuale minima - riesce a garantirsi un discreto tenore di vita. In Francia e nei paesi scandinavi, a soccorrere gli uomini di lettere ci sono sovvenzioni statali e borse di studio. Qui abbandonare il proprio mestiere rimane invece un lusso per pochi. E, per arrivare alla fine del mese, ognuno s'industria come può, tra lavori part time, scuole di scrittura e collaborazioni con giornali e case editrici. Altri rivendicano il diritto alla scrittura attraverso la Rete, dove sono nati collettivi come "Scrittori precari" (scrittoriprecari.wordpress.com) e "Scrittori sommersi" (www.scrittorisommersi.com). […]
Raffaella De Santis, Dario Pappalardo
 
 

La Sicilia, 3.11.2010
La scomparsa di Patò al festival del cinema di Roma
Accolto con successo, ma non ha un distributore

Non era in concorso ma l'evento è stato ospitato con successo al "Festival del Cinema" di Roma dove quest'anno, per la prima volta, è stata istituita una sezione di "Eventi speciali". Stiamo parlando de "La scomparsa di Patò" libero adattamento cinematografico di Rocco Mortelliti tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri. Sul red carpet l'altro giorno oltre al regista e agli attori protagonisti (Neri Marcorè, Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Manlio Dovì, Simona Marchini, Flavio Bucci, Gilberto Idonea e Roberto Herlitzka) sono transitati anche un centinaio di naresi che a vario titolo, guidati dal sindaco Pippo Morello, hanno preso parte alla proiezione dell'anteprima nazionale presso il Parco della Musica.
In sala hanno trovato posto un po' tutti gli attori e le comparse, oltre allo sceneggiatore, Maurizio Nichetti e naturalmente allo scrittore Andrea Camilleri. Il regista Rocco Mortelliti vanta infatti grandi frequentazioni con Camilleri, essendo stato, molti anni fa, suo allievo all'Accademia d'Arte Drammatica "Silvio D'Amico" ed avendo sposato Andreina, la sua primogenita. Una gran parte di attenzione è stata poi riservata all'attrice esordiente Alessandra Mortelliti, 28 anni, di Roma, anche lei proveniente dall'Accademia, figlia del regista e nipote di Andrea Camilleri. A lei è toccata la parte della co-protagonista, ovvero della signora Patò, moglie del ragionier Patò, interpretato da Neri Marcorè. Il film, ambientato nella Sicilia di fine Ottocento e prodotto dalla società "13 Dicembre" di Roma grazie ad un finanziamento di 900 mila euro da parte del Ministero, inizia con le pagine originali del libro di Camilleri bruciate in un falò quasi come se il regista volesse in qualche modo prendere le distanze dal testo. Una pellicola che ha suscitato l'entusiasmo dei più, a partire proprio da Andrea Camilleri che ha apprezzato non solo la regia del genero ma anche l'interpretazione della sua "nipotina" Alessandra. Soddisfatto anche Pippo Morello, sindaco di Naro, che ha visto una parte della comunità che amministra, coinvolta in prima persona nelle riprese e perfino lui si è poi calato nelle inediti vesti di un personaggio che, "manco a farlo apposta - spiega il regista Mortelliti" ad un certo punto della sceneggiatura deve esclamare: "Il sindaco è un grandissimo cornuto!".
Nonostante la presenza aleggiante di Neri Marcorè, i veri protagonisti della pellicola, però, sembrano essere gli amici - nemici, Nino Frassica e Maurizio Casagrande, rispettivamente maresciallo dei carabinieri e delegato della Pubblica Sicurezza che formano un'autentica copia farsesca.
Lorenzo Rosso
 
 

AgrigentoNotizie.it, 3.11.2010
La scomparsa di Patò
Grande successo per la prima

(foto AgrigentoNotizie.it)

Sono state più di 2500 le persone che lo scorso 31 ottobre, in occasione del Festival del cinema, a Roma hanno assistito alla prima del film "La scomparsa di Patò", tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri e diretto da Rocco Mortelliti. Alla serata, oltre ai protagonisti Neri Marcorè, Maurizio Casagrande, Nino Frassica ed Alessandra Mortelliti, era presente anche l’autore agrigentino Andrea Camilleri, che prima della proiezione ha voluto sottolineare l’importanza della cultura.
Da evidenziare come nel film venga messa in risalto le bellezze della città di Naro, tra cui piazza Garibaldi, luogo principale delle riprese che hanno visto la messa in scena del mortorio, e del bellissimo interno della chiesa di San Francesco, chiesa che è stata scelta per celebrare i finti funerali del ragionier Patò.
Oltre ai luoghi della "fulgentissima" vi è da sottolineare la bella interpretazione dell’attore narese Massimiliano Arena, che ha vestito le parti del mafioso, riscuotendo un grandissimo successo personale, che lo porterà ad interpretare nel prossimo mese di marzo una nuova parte all’interno di una famosa serie televisiva.
Oltre ad Arena, anche il sindaco di Naro, Pippo Morello, ha fatto parte del cast ricoprendo la parte del contestatore del sindaco di Vigata, e tantissimi altri naresi hanno avuto l’opportunità di rivedersi sul grande schermo.
Andrea Camilleri a breve sarà ospite a Naro per inaugurare insieme a Mortelliti e a Neri Marcorè il nuovo anfiteatro che l’amministrazione Morello ha voluto dedicare a Patò e allo scrittore empedoclino.
 
 

Giornale di Sicilia, 3.11.2010
Cacopardo-Camilleri, la polemica finisce in tribunale
Oggetto del contendere, il volume "Il nipote del Negus" dove il padre di Montalbano ha creato un personaggio con lo stesso cognome del magistrato-scrittore

Palermo. Finiranno in aula il 16 novembre, nel frattempo si scambiano affettuose amenità via avvocati. Che tra Andrea Camilleri e Domenico Cacopardo non fosse mai corso buon sangue, è cosa risaputa, ma che addirittura uno si sentisse diffamato dall'altro, beh, è un po' troppo. Eppure è successo: i due scrittori, siciliano autentico l'uno, siciliano innamorato l'altro, si fronteggiano a colpi di libri, anzi di frasi contenute nei libri. E finiscono in tribunale.
Oggetto del contendere, il volume «Il nipote del Negus» (pubblicato da Sellerio anche in versione audiolibro, con la voce dello stesso Camilleri) dove Camilleri ha creato il personaggio di Aristide Cacopardo, controllore di biglietti sulla linea ferroviaria Palermo-Vigata in pieno ventennio fascista. E fin qui, nulla di male. Il problema è che l'Aristide Cacopardo di cui sopra, «risulta persona attendibile anche se un poco chiacchierato (è fissato di essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese) - scrive Camilleri a pagina 88 del romanzo che precede l'ultimo «Il sorriso di Angelica» - contraddiceva nel modo più assoluto la rocambolesca versione fornita dal Principe al Direttore della Scuola Mineraria». Domenico Cacopardo - e non Augusto, suo cugino, che invece pubblica proprio con Sellerio - si è quindi sentito diffamato dalla frase camilleriana e ha chiesto il sequestro del romanzo, pubblicato a marzo. Nato a Letojanni, magistrato del Consiglio di Stato in pensione e da anni residente a Parma, Cacopardo è convinto che «Camilleri mi vuol diffamare, bisogna sospendere le pubblicazioni». Secondo il suo legale Giovanni Franchi, intervistato sul caso dalla Gazzetta di Parma, il controllore di biglietti citato sarebbe, negli intenti di Camilleri, proprio Domenico.
«Anche secondo la giurisprudenza non è necessario che il nome altrui venga usurpato nella sua interezza per ottenere l'inibitoria - ha spiegato l'avvocato -. In questo caso il cognome è stato integralmente usurpato, anche se il nome è differente il riferimento è chiaro. Quale scrittore - spiega Franchi - non viene danneggiato dal fatto che un altro, e forse ancora più famoso, scrive di lui che paga per veder pubblicati i propri romanzi?».
Insomma Camilleri avrebbe trovato il modo, e neanche tanto nascosto, per infangare il buon nome del collega. Dal canto suo, il «papà» del commissario Montalbano non ha alcuna intenzione di rispondere. Anzi, non vuole essere disturbato per un caso simile.
Nel frattempo i due continuano a lavorare, uno nella sua Roma, l'altro nella diletta Parma. Camilleri ha appena mandato in stampa il nuovo «Il sorriso di Angelica» - già al primo posto nelle classifiche delle librerie italiane - e ha già consegnato altre quattro avventure del commissario di Vigata alla Sellerio, oltre ad innumerevoli romanzi storici [...].
Simonetta Trovato
 
 

Gazzetta del Sud, 3.11.2010
Cacopardo cita in tribunale Camilleri: mi diffama
Scontro” tra scrittori siciliani

Scrittore contro scrittore. Anzi, scrittore siciliano contro scrittore siciliano. Non accade in un libro a nella realtà: il prossimo 16 novembre il tribunale civile di Parma dovrà pronunciarsi in merito all'accusa che Domenico Cacopardo, scrittore d'origine piemontese ma che ha vissuto l'infanzia in Sicilia a Letojanni (di cui era originario il padre), ricevendone i tratti d'una profonda "sicilianità", ha rivolto al collega in letteratura e "conterraneo" Andrea Camilleri. Cacopardo, magistrato del Consiglio di Stato in pensione e da anni residente a Parma, ritiene infatti di essere stato diffamato dal "padre" di Montalbano in alcune pagine del suo romanzo di tipo "storico", "Il nipote del Negus" (mentre l'ultimo a essere pubblicato, pochi giorni addietro, è "Il sorriso di Angelica").
Nel romanzo si menziona un certo Cacopardo, in questi termini: «Persona attendibile anche se un poco chiacchierato (è fissato di essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese)». Il Cacopardo in questione non si chiama però Domenico, ma Aristide, ed è controllore di biglietti sulla linea ferroviaria Palermo-Vigata nel corso del ventennio fascista.
Secondo il legale di Domenico Cacopardo, l'avvocato Giovanni Franchi, nel "controllore" si potrebbe ravvisare il suo cliente: «Secondo la giurisprudenza, infatti, non è necessario che il nome altrui venga usurpato nella sua interezza per ottenere l'inibitoria. Quale scrittore – ha dichiarato Franchi in un'intervista – non viene danneggiato dal fatto che un altro, e forse ancora più famoso, scrive di lui che paga per veder pubblicati i propri romanzi?».
Nello specifico, Cacopardo chiede che sia sospesa la pubblicazione del libro in questione, e che vengano ritirate tutte le copie non ancora vendute.
La parola sulla contesa tra scrittori siciliani passa ora al tribunale parmense.
v.f.
 
 

La Repubblica, 3.11.2010
Quei grandi romanzi scritti in pochi giorni
Da Dickens a Greene quando basta un mese per un capolavoro
Molti classici sono stati scritti in poco tempo
Ed è nato anche un premio per autori “veloci”

[…]
E oggi? In cima alla lista degli italiani svetta Andrea Camilleri, prolifico a tal punto da non poter che essere veloce.
[…]
Raffaella De Santis
 
 

AGI, 4.11.2010
Camilleri incontra giovane Montalbano

Domani mattina alle 11 in Salacinema Alitalia lo scrittore Andrea Camilleri si racconta ai ragazzi e al pubblico del Festival Internazionale del Film di Roma.
Letteratura e cinema, impegno civile, memoria e futuro si intrecceranno nell'incontro con lo scrittore siciliano amato soprattutto per le inchieste del commissario Montalbano. La scrittura di Camilleri, sospesa tra italiano e il dialetto agrigentino, offre una ricca produzione di decine di titoli che raccontano con distacco solo apparente miserie e nobilta', chiari e scuri di un sud molto amato. Prendera' parte all'incontro anche l'attore Michele Riondino, che indossera' i panni del giovane Montalbano nel nuovo progetto in 6 puntate coprodotto da Rai Fiction e Palomar, per la regia di Gianluca Tavarelli. Nel corso dell'incontro saranno proiettate anche alcune sequenze di film scelti dallo scrittore siciliano, girati durante il fascismo, per raccontare agli adolescenti gli anni della sua giovinezza. L'incontro con Camilleri e la proiezione del documentario di Michele Mossa Asse Mediano (in programma sempre domani alle ore 14 in Salacinema Alitalia), si conclude la sezione Alice nella citta' dedicata ai piu' giovani.
 
 

Gazzetta di Parma, 4.11.2010
Yes we book
Il sorriso di Angelica di Andrea Camilleri

Nell'inevitabile alternanza di risultati legata ad una produzione intensissima (tanto più per un 85enne...), l'ultimo Camilleri è - da semplice lettore - fra quelli "più".
Non tanto per la trama del "giallo", che nemmeno stavolta è la cosa più importante, quanto per l'invenzione che trasfigura e fa nuova l'ormai "consueta" infatuazione del sempre più insicuro Montalbano, in piena crisi da ultracinquantenne, per una splendida "picciotta".
L'identificazione con l'immagine liceale di Angelica, condita dai versi dell'Orlando furioso, regala a questo Camilleri una delicatezza tutta particolare, che rende la nuova avventura di Montalbano ancor più piacevole.  E finisce per invogliare anche a rileggersi l'Ariosto...
Gabriele Balestrazzi
 
 

Festival Internazionale del Film di Roma, 5.11.2010
11:00 Salacinema Alitalia - Villaggio del Cinema
Andrea Camilleri si racconta
Tra letteratura, cinema e TV di fronte alle giovani generazioni.

La scomparsa di Patò, uno dei romanzi “storici” di Andrea Camilleri, ambientato nella immaginaria Vigàta di fine Ottocento, è diventato film in un adattamento firmato da Rocco Mortelliti, e presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma. La rassegna romana è diventata così l’occasione per incontrare lo scrittore siciliano, amatissimo non solo dal pubblico adulto ma anche dai giovani, soprattutto per le inchieste del commissario Montalbano, da cui è stata tratta la fortunatissima serie tv con Luca Zingaretti. Ma la scrittura di Camilleri - di cui l’invenzione di una lingua sospesa tra italiano e siciliano è ingrediente fondamentale - non si può circoscrivere solo al suo eroe-antieroe pur così riuscito: è una produzione ricchissima di decine di titoli che raccontano, con distacco solo apparente, miserie e nobiltà, chiari e scuri di un Sud in realtà ancora molto amato. Sempre con il gusto per l’indagine, la curiosità di non fermarsi alle apparenze, di scoprire cosa c’è dietro le facciate della convenzione e del perbenismo sociale, il coraggio di attraversare mondi senza paura di contaminazioni. Il paesaggio è quello della Sicilia gattopardesca e sempre più condizionata dal potere mafioso, dove antichi riti e antiche consuetudini convivono con una modernità drammatica e aggressiva. Letteratura e cinema, impegno civile e capacità di indignazione, memoria e futuro si intrecceranno nella conversazione tra Camilleri e i giovani alla ricerca di buoni maestri.
 
 

Adnkronos, 5.11.2010
"Sotto il fascismo si era più liberi". Così Camilleri saluta il Festival di Roma

(foto Adnkronos)

Roma - ''Il cinema italiano sta vivendo un momento di enorme difficoltà produttiva, per via della scarsità dei mezzi e della preoccupante svalutazione della cultura''. E guardando ai giovani emergenti ''non sono per niente ottimista. Potrà sembrare un paradosso ma ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi di oggi''.
E' un Andrea Camilleri senza peli sulla lingua a chiudere la sezione Alice nella città. "Un evento per cui, secondo qualcuno, ci siamo guadagnati i pantaloni lunghi'', dice il curatore Gianluca Giannelli. Due generazioni a confronto su cinema e dintorni: lo scrittore siciliano che ha dato vita al personaggio di Montalbano e l'attore Michele Riondino, che del celebre Commissario interpreterà gli anni della giovinezza nel prequel per la tv, ancora in preparazione.
"Non ho mai cercato di influenzare la produzione sulla scelta del casting - spiega Camilleri - ma è stato subito chiaro come Michele fosse assolutamente adatto a questo ruolo". Un ruolo che non è stato mai descritto in nessuno dei romanzi ma solo raccontato e sviscerato in lunghe chiacchierate tra l'interprete e l'autore. Che confessa: ''Dover esternare le caratteristiche di un personaggio che finora era vissuto solo nella mia immaginazione mi ha commosso. E' stato come se, improvvisamente, il mio protagonista avesse un figlio, un erede''.
La stessa emozione condivisa da Riondino, che si dichiara ''orgoglioso della fiducia dimostrata da Andrea''. ''Il mio -annuncia- sarà un Montalbano sanguigno e pratico, immerso nella sicilianità e ricco di dettagli''.
E dopo aver ricordato il film 'La scomparsa di Patò', proiettato dal Festival nella sezione eventi speciali, si discute di cinema e di passato. ''Il mio approccio alla sala e allo schermo e' avvenuto nei primi anni '30, in tenera età, con prodotti ingenui e manichei, o in certi casi, di scarsissimo valore'', racconta Camilleri, riferendosi ai B movie americani, alla nascente industria italiana e a quella tedesca di propaganda.
"E seppur io sia sempre stato un appassionato di Camerini -prosegue- avrei dovuto aspettare il '38 e il Fronte Popolare Francese per avere registi del calibro di Carnet e Duvivier". Tutt'altra situazione quella vissuta da Riondino, immerso nella cultura anni '80, ''nell'epoca in cui registi come Fellini dovevano lottare contro l'ascesa del duopolio televisivo'', spiega l'attore. E a Montalbano, invece, cosa sarebbe piaciuto nella Catania anni '50? "Sarebbe stato molto fortunato - risponde il suo creatore - perché avrebbe avuto a disposizione un grande cinema e delle grandi scelte''.
 
 

ANSA, 5.11.2010
Camilleri: ragazzi più liberi sotto fascismo

Andrea Camilleri con Michele Riondino (foto ANSA)

Roma - ''Si puo' dire ad un giovane solo di essere se stesso, di farsi condizionare il meno possibile da una societa' che finge di darti la massima liberta', e invece ti da' il massimo condizionamento. Io sotto il fascismo ero piu' libero di voi oggi''. Lo ha detto lo scrittore Andrea Camilleri nell'incontro con i ragazzi, organizzato dalla sezione 'Alice nella citta'', al Festival di Roma.
Durante la conversazione, alla quale ha partecipato anche Michele Riondino, l'attore che interpretera' il giovane Montalbano in una fiction Rai, l'autore siciliano ha anche parlato della Rai, rispondendo ad una domanda dal pubblico: ''Ho lavorato in Rai 35 anni, ho esordito come funzionario ed ho sempre rifiutato di esserne dirigente. Vuole che le dica che era meglio ieri di oggi? Si', era meglio ieri, anche con Bernabei. Io ero comunista tesserato e non ho mai avuto fastidi da Bernabei. Ho sempre lavorato senza censure, oggi e' un po' piu' difficile''.
Lo scrittore, che durante l'incontro ha parlato del suo rapporto con il cinema commentando le scene di vari film legati alla sua giovinezza, ha aggiunto: ''Quando mi e' stato detto che volevano fare una fiction su Montalbano giovane ho provato un minimo di commozione, era come se il personaggio non ringiovanisse ma avesse creato un erede e che continuasse a vivere attraverso la mia scrittura. E questo mi ha commosso''. Invece Michele Riondino ha detto di essersi ''molto spaventato quando mi e' stato offerto il ruolo, come quando esci da scuola di recitazione e ti offrono subito Amleto. L'idea di poter avere a che fare con Camilleri, le sue storie e il fatto che approvasse la mia scelta, pero', mi hanno convinto a buttarmi. Anch'io mi sono commosso''.
Lo scrittore ha anche accennato all'attuale situazione del cinema italiano: ''L'altro giorno mi hanno fatto vedere 'Noi credevamo' il film sul Risorgimento di Mario Martone, e si ha l'impressione che il cinema italiano sia in ottima salute, ma non e' vero. La fatica di produttori e registi e' duplice, non solo per fare i loro film, ma per le difficolta' che si frappongono, la scarsita' dei mezzi e una certa sottovalutazione dell'importanza della cultura.
In 'Noi credevamo', un film straordinario che considero uno dei migliori che ho mai visto, si mostrano gia' le crepe di questa apparente unita' d'Italia. Poi si arriva a 'La scomparsa di Pato'' (il film di Rocco Mortelliti), tratto da un romanzo dell'autore, presentato al Festival di Roma), dove il potere gia' cerca di bloccare un'inchiesta. Anche se non c'e' una telefonata alla questura, c'erano gia' gli ordini dall'alto''.
Francesca Pierleoni
 
 

AGI, 5.11.2010
Camilleri, invidio cinema del giovane Montalbano

Roma - "Un po' invidio il cinema che ha visto Montalbano. Lui e' nato nel 1950 e anche ammettendo che sia un precoce frequentatore di cinema, ha davanti a se' una grande produzione. Quando io avevo sei anni invece, il cinema era quello che era e la scelta sulla base di quello che arrivava in Italia era piuttosto limitata". Lo ha detto lo scrittore Andrea Camilleri rispondendo ad una domanda sugli eventuali 'gusti' cinematografici di Montalbano, in occasione di un incontro con i giovani che si e' svolto alla Festa del Internazionale del Film di Roma. "Al cinema di Porto Empedocle, la mia citta', arrivavano film di serie B o americani o i prodotti della nascente industria italiana e tedesca. Una pausa - ha spiegato - c'e' stata nel 1938,inspiegabilmente, quando sono arrivati i film del fronte popolare francese. Allora, ci siamo resi conto che c'era un altro mondo. Poi quei film sparirono". Camilleri, sottolinea quindi che il suo Montalbano, a differenza di chi lo ha creato, "nel 1960, ha a disposizione tutta la produzione europea ed extraeuropea e rischia di subire una saturazione.
Quando ha 12 anni poi, c'e' anche la tv. Io invece avevo la radio e la lettura. La mia generazione - ha detto ancora - nella sua infanzia non e' stata funestata dai vaccini. Mi sono preso tutte le malattie del caso. Era una meraviglia! Me ne stavo a casa anche dieci giorni e leggevo fumetti, libri, mi facevo cioe', una 'culturina' per fatti miei, fra una malattia e l'altra. Voi cari miei, fate i vaccini e andate a scuola sempre, tutti i giorni". Lo scrittore racconta ai giovani il cinema della sua infanzia e adolescenza, quello visto al 'Cinema - Teatro Mezzano' di Porto Empedocle dove "venivano proiettati film della Horse Opera che poi sarebbero diventati gli Western. Il cinema di quegli anni? Era soprattutto ingenuo e americano. Vedevo anche i film di Tarzan. Era un cinema manicheo, dove c'erano i buoni e i cattivi. Poi sono arrivati i film di Blasetti, Mario Camerini con 'Gli uomini che Mascalzoni'. Durante il fascismo andava di moda la dimostrazione di forza maschile, ma Camerini, con quel film, dimostro' di avere una poetica attenta, fatta di piccole cose.
Del resto, lui era il poeta del proletariato vicino alla piccola borghesia". Poi, racconta ancora lo scrittore, "arrivarono le direttive da seguire: l'Italia divenne il migliore dei Paesi possibili, veniva dato grande risalto alla famiglia, a chi faceva figli. Chi non era sposato faceva vita dura, come un fumatore di oggi.... Non era possibile l'adulterio. Con l'epoca dei telefoni bianchi,tutte le passioni extraconiugali si ritrovano a Budapest che diventa il paese dei cornuti e delle cornute...".
 
 

AGI, 5.11.2010
Camilleri, il cinema italiano e' in difficolta'

Roma - "A questo festival sono stati rappresentati due film importanti: 'La scomparsa di Pato'' che poi e' tratto da un mio romanzo e quello di Mario Martone, bellissimo, che si intitola 'Noi credevamo', dedicato all'Unita' d'Italia. Nel vedere i due film si ha l'impressione che il cinema italiano sia in ottimo stato di salute visto che soprattutto il secondo e' bellissimo. Non e' affatto vero". Lo ha detto lo scrittore Andrea Camilleri durante l'incontro con i giovani al Festival del Film Internazionale di Roma, dove il 'papa'' di Montalbano, ha discusso di letteratura e cinema, impegno civile e cultura. "In questo momento - il cinema italiano sta facendo una fatica doppia: fa i film e poi deve fare i conti con tutte le difficolta' che incontra per realizzarli - ha sottolineato Camilleri - con la scarsita' dei mezzi a disposizione e, soprattutto con la sottovalutazione dell'importanza della cultura. Il film 'Noi crediamo' e' uno dei piu' belli che ho visto fino ad oggi: e' la storia dell'unita' d'Italia, ma badate bene ragazzi, non quella che vi raccontano a scuola ma quella che e' capace di mostrare le crepe di questa unita', quei segni che, modestamente arrivano fino a 'La scomparsa di Pato'' e mostrano fin dove arriva il potere. Magari non c'e' una telefonata alla questura...del resto allora, il telefono non c'era, c'erano le lettere. I due film che ho citato fanno riflettere, sono di grande importanza, e oggi abbiamo bisogno piu' che mai di riflettere".
 
 

AGI, 5.11.2010
Montalbano torna giovane, in TV nel 2012

Roma - Il commissario Montalbano tornera' giovane, e probabilmente sara' sugli schermi tra la fine del 2011 e la primavera del 2012. Ad annunciarlo e' stato l'attore Michele Riondino che vestira' proprio i panni del piu' celebre commissario d'Italia negli anni piu' belli della sua gioventu', a margine dell'incontro fra lo scrittore Andrea Camilleri ed un folto gruppo di giovani e studenti al Festival Internazionale del Film di Roma. Le riprese degli episodi inizieranno nel mese di febbraio. Ancora sconosciuti i nomi degli altri protagonisti in particolare quello di chi interpretera' la 'famosa, eterna fidanzata Livia'. "Montalbano e' nato nel 1950 a Catania - ha spiegato Camilleri - ha una sua parabola, e invecchia insieme ai miei libri e quindi puo' essere che anche per lui subentri una certa stanchezza. Siccome molti miei racconti sono dedicati alla giovinezza di Montalbano e alle sue inchieste, si e' pensato di fare una serie tv con il commissario giovane.
 
 

La Repubblica, 5.11.2010
Camilleri incontra gli studenti con il giovane Montalbano
Il maestro ottantacinquenne al festival per una lezione incontro accompagnato da Michele Riondino che interpreterà il commissario da giovane in una nuova serie tv

Andrea Camilleri con il presidente del festival Gian Luigi Rondi (foto La Repubblica)
Cliccare qui per vedere tutte le foto
 
 

La Repubblica, 5.11.2010
L'incontro
Camilleri ai ragazzi del Festival "Sotto il fascismo ero più libero di voi"
Il grande scrittore lancia un monito ai giovanissimi: "Attenti ai condizionamenti della società". Poi parla della fiction in lavorazione sul "Giovane Montalbano": "Mi commuove, è come se il personaggio avesse avuto un figlio"

Roma - "Un consiglio ai ragazzi? Eccolo: farsi condizionare il meno possibile da una società che finge di darci il massimo della libertà, e invece ci dà il massimo del condizionamento. Io, sotto il fascismo, ero più libero di quanto voi siete adesso...". Non la manda certo a dire, Andrea Camilleri. Grande protagonista di questo Festival, già ospite alla presentazione del film "La scomparsa di Patò" 1 tratto da uno dei suoi romanzi, lo scrittore torna oggi, nella giornata conclusiva della kermesse, per un appuntamento molto speciale: incontrare gli studenti, nell'ambito di un dibattito su cinema e letteratura organizzato dalla sezione "Alice nella città". E così, in un PalAlitalia pieno, parla a ruota di libera di tanti argomenti, dall'attualità ai suoi ricordi. Con un passaggio sostanzioso che riguarda la fiction-prequel "Il giovane Montalbano", attualmente in preparazione, con Michele Riondino (presente oggi accanto a lui) protagonista: "Quando mi hanno detto che volevano fare questa serie  -  confessa il 'papà' del commissario più famoso d'Italia - ho provato commozione: per me è come se Montalbano stesso avesse creato un figlio, un erede, che vive attraverso la mia scrittura".
Stavolta dunque Camilleri non si dissocia dalla sua creazione più nota, come aveva fatto qui al Festival qualche giorno fa ("Montalbano mi ha fottuto", aveva detto). Non nasconde l'affetto per il commissario di Vigata, che tanta fortuna e successo gli ha dato: "Ma attenzione - tiene a precisare - io non sono uno scrittore tipo Eco o Faletti, che raggiungono subito il milione e mezzo di copie. Io ne ho vendute in tutto 23-24 milioni, ma ogni libro non è andato oltre le 600-650 mila copie: la forza dei miei romanzi è che procedono affiancati".
Un vezzo, il suo, di minimizzare l'enorme impatto delle sue opere nel panorama italiano, potenziato ovviamente dall'enorme successo della fiction con Luca Zingaretti. E che adesso rinascerà, televisivamente, in una versione più ragazzina, grazie a Riondino: "Il mio Montalbano, che è nato nel 1950 a Catania, invecchia insieme a me  -  spiega l'autore - e così sopravviene una certa stanchezza. Dato però che dei miei racconti risalgono alla sua giovinezza, si è pensato di realizzare per la tv un Montalbano giovane. Io  non ho aperto bocca sugli attori scelti dai registi: Zingaretti fu preso senza che io lo sapessi, e anche se non ha il fisico del ruolo (è più giovane del personaggio e ha quella palla da biliardo di testa) a me non poteva fregare di meno perché per quelle due ore ci dà a bere, con la sua bravura, di essere l'unico possibile per la parte".
Riondino, invece, è ben contento di aver ricevuto il placet dello scrittore: "All'inizio la proposta mi spaventava, poi l'idea di avere a che fare con Andrea Camilleri e con tutte le sue storie, e anche la sua approvazione, mi hanno dato l'energia per buttarmi. Il mio giovane Montalbano lo immagino molto sanguigno, in una Sicilia ancora arcaica e dai colori molto accesi".
Esaurita la parentesi sulla nuova fiction, il protagonista di questo incontro con i ragazzi si concentra sul cinema con cui si è formato. Le commedie anni Trenta, il cinema dei telefoni bianchi, la scoperto del cinema americano e di quelli che erano i suoi due eroi prediletti: Tarzan e il cowboy Tom Mix. Tra i film attuali, invece, elogia  -  insieme a "La scomparsa di Patò" - il risorgimentale "Noi credevamo" di Mario Martone, che definisce "straordinario": "Entrambe le pellicole - aggiunge - fanno riflettere, cosa di cui c'è tanto bisogno. Oggi chi fa cinema deve combattere con la scarsità di mezzi, c'è una certa sottovalutazione dell'importanza della cultura".
Ancora, sempre rispondendo alle domande dalla platea, Camilleri illustra il suo modo metodico di lavorare, e ricorda il consiglio - sicilianissimo - che gli dava il suo mentore Leonardo Sciascia: "Rifletti, prima di pensare". Infine, un accenno alla Rai, azienda in cui lui ha lavorato per molti anni: "Quella di Bernabei era più libera rispetto ad adesso: io ero comunista tesserato, eppure non ho mai avuto fastidi. Ora, invece...".
Claudia Morgoglione
 
 

Corriere del Mezzogiorno, 5.11.2010
Il creatore di Montalbano
Camilleri choc: «Sotto il fascismo ero più libero dei giovani oggi»
«Oggi c'è una grande svalutazione della cultura. Al mio commissario sarebbero piaciuti gli anni Cinquanta»

Palermo - «Sotto il fascismo ero più libero di quanto voi siete adesso». A parlare è Andrea Camilleri protagonista di un incontro con i giovani nel corso del «Festival Internazionale del Film» di Roma. Lo scrittore invita i ragazzi che lo ascoltano a «farsi condizionare il meno possibile da una società che finge di darci il massimo della libertà».
MONTALBANO CON I CAPELLI - A proposito della serie dedicata al commissario Montalbano dice: «Come autore non ho mai messo bocca sulla scelta degli attori da parte dei registi. Anche con Zingaretti, appresi solo dopo la sua scelta che sarebbe stato lui l'interprete. Il mio Montalbano è pieno di capelli, ma non me ne fregava assolutamente nulla perché conoscevo la bravura ed il valore dell'attore quindi per me - prosegue Camilleri - questa storia del physique du role è sempre stata una balla pazzesca».
AMO CAMERINI - Sono state proiettate anche alcune sequenze di film, scelti dallo scrittore siciliano, girati durante il fascismo, per raccontare agli adolescenti gli anni della sua giovinezza. «Il mio approccio alla sala e allo schermo è avvenuto nel primi anni '30, in tenera età, con prodotti ingenui e manichei, o in certi casi, di scarsissimo valore», racconta Camilleri, riferendosi ai B movie americani, alla nascente industria italiana e a quella tedesca di propaganda.
«E seppur io sia sempre stato un appassionato di Camerini -prosegue - ho dovuto aspettare il '38 ed il Fronte Popolare Francese per avere registi del calibro di Carnet e Duvivier».
LA CATANIA ANNI '50 - E a Montalbano, invece, cosa sarebbe piaciuto nella Catania anni '50? «Sarebbe stato molto fortunato -risponde il suo creatore - perché avrebbe avuto a disposizione un grande cinema e delle grandi scelte». Dal passato al presente, Camilleri non si risparmia: «Il cinema italiano sta vivendo un momento di enorme difficoltà produttiva, per via della scarsità dei mezzi e della preoccupante svalutazione della cultura». E sui giovani emergenti conclude: «Non sono per niente ottimista. Potrà sembrare un paradosso ma ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi di oggi».
 
 

L’Altra Notizia, 5.11.2010
Camilleri ai ragazzi: "Sotto il fascismo ero più libero di voi"

Roma - "Un consiglio ai ragazzi? Eccolo: farsi condizionare il meno possibile da una società che finge di darci il massimo della libertà, e invece ci dà il massimo del condizionamento. Io, sotto il fascismo, ero più libero di quanto voi siete adesso...". Non la manda certo a dire, Andrea Camilleri. Grande protagonista di questo Festival, già ospite alla presentazione del film "La scomparsa di Patò" 1 tratto da uno dei suoi romanzi, lo scrittore torna oggi, nella giornata conclusiva della kermesse, per un appuntamento molto speciale: incontrare gli studenti, nell'ambito di un dibattito su cinema e letteratura organizzato dalla sezione "Alice nella città". E così, in un PalAlitalia pieno, parla a ruota di libera di tanti argomenti, dall'attualità ai suoi ricordi. Con un passaggio sostanzioso che riguarda la fiction-prequel "Il giovane Montalbano", attualmente in preparazione, con Michele Riondino (presente oggi accanto a lui) protagonista: "Quando mi hanno detto che volevano fare questa serie - confessa il 'papà' del commissario più famoso d'Italia - ho provato commozione: per me è come se Montalbano stesso avesse creato un figlio, un erede, che vive attraverso la mia scrittura".
Stavolta dunque Camilleri non si dissocia dalla sua creazione più nota, come aveva fatto qui al Festival qualche giorno fa ("Montalbano mi ha fottuto", aveva detto). Non nasconde l'affetto per il commissario di Vigata, che tanta fortuna e successo gli ha dato: "Ma attenzione - tiene a precisare - io non sono uno scrittore tipo Eco o Faletti, che raggiungono subito il milione e mezzo di copie. Io ne ho vendute in tutto 23-24 milioni, ma ogni libro non è andato oltre le 600-650 mila copie: la forza dei miei romanzi è che procedono affiancati".
Un vezzo, il suo, di minimizzare l'enorme impatto delle sue opere nel panorama italiano, potenziato ovviamente dall'enorme successo della fiction con Luca Zingaretti. E che adesso rinascerà, televisivamente, in una versione più ragazzina, grazie a Riondino: "Il mio Montalbano, che è nato nel 1950 a Catania, invecchia insieme a me - spiega l'autore - e così sopravviene una certa stanchezza. Dato però che dei miei racconti risalgono alla sua giovinezza, si è pensato di realizzare per la tv un Montalbano giovane. Io non ho aperto bocca sugli attori scelti dai registi: Zingaretti fu preso senza che io lo sapessi, e anche se non ha il fisico del ruolo (è più giovane del personaggio e ha quella palla da biliardo di testa) a me non poteva fregare di meno perché per quelle due ore ci dà a bere, con la sua bravura, di essere l'unico possibile per la parte".
Riondino, invece, è ben contento di aver ricevuto il placet dello scrittore: "All'inizio la proposta mi spaventava, poi l'idea di avere a che fare con Andrea Camilleri e con tutte le sue storie, e anche la sua approvazione, mi hanno dato l'energia per buttarmi. Il mio giovane Montalbano lo immagino molto sanguigno, in una Sicilia ancora arcaica e dai colori molto accesi".
Esaurita la parentesi sulla nuova fiction, il protagonista di questo incontro con i ragazzi si concentra sul cinema con cui si è formato. Le commedie anni Trenta, il cinema dei telefoni bianchi, la scoperto del cinema americano e di quelli che erano i suoi due eroi prediletti: Tarzan e il cowboy Tom Mix. Tra i film attuali, invece, elogia - insieme a "La scomparsa di Patò" - il risorgimentale "Noi credevamo" di Mario Martone, che definisce "straordinario": "Entrambe le pellicole - aggiunge - fanno riflettere, cosa di cui c'è tanto bisogno. Oggi chi fa cinema deve combattere con la scarsità di mezzi, c'è una certa sottovalutazione dell'importanza della cultura".
Ancora, sempre rispondendo alle domande dalla platea, Camilleri illustra il suo modo metodico di lavorare, e ricorda il consiglio - sicilianissimo - che gli dava il suo mentore Leonardo Sciascia: "Rifletti, prima di pensare". Infine, un accenno alla Rai, azienda in cui lui ha lavorato per molti anni: "Quella di Bernabei era più libera rispetto ad adesso: io ero comunista tesserato, eppure non ho mai avuto fastidi. Ora, invece...".
 
 

Best Movie, 5.11.2010
Festival di Roma 2010: In viaggio nel tempo con Andrea Camilleri
Lo scrittore racconta gli anni della sua adolescenza e il suo rapporto con il cinema. Inoltre presenta il progetto sulle nuove puntate dedicate ad un giovane Montalbano, che avrà il volto di Michele Riondino

Qualcuno propone di inserire il Maestro nell’elenco dell’Unesco del Patrimonio dell’Umanità, lui sorride ringrazia e ribatte «Grazie ma visto che i siti e i parchi naturalistici protetti stanno diventando discariche preferirei di no!»
La sala è gremita di giovani e di scolaresche, tutti sono pronti ad ascoltare Andrea Camilleri che parlerà degli  anni della sua adolescenza, del genere di cinema che ha influenzato la sua vita e delle sue esperienze passate e presenti.
Il viaggio inizia, Camilleri ci fa fare un salto temporale di circa 70 anni; il Maestro (così lo chiamano tutti, ma lui non si stanca di ripetere che forse è un po’ esagerato) inizia a parlare con la sua inconfondibile voce profonda e roca. Ci ritroviamo in una torrida Sicilia, a Porto Empedocle, sua città natale, intorno alla metà degli anni ’30 quando nell’unico cinema trasmettevano ancora film muti, anche se il sonoro era già stato introdotto e le scelte cinematografiche erano veramente ridotte.
«Il cinema dei miei primi anni, ricordo che andavo di nascosto dai miei genitori, era il cinema “ingenuo e semplice” americano, c’erano solo i film di Tarzan e i film Horse Opera, che poi erano i precursori del genere western, poi sono venuti i film sui gangster. Qualche anno dopo (metà degli anni ’30), la cinematografia italiana cominciava a produrre le prime opere e la scelta era un po’ più ampia». Da qui Camilleri inizia a raccontare come i film di Mario Camerini, che avevano protagonista un giovanissimo Vittorio de Sica, siano stati molto importanti per lui: «Camerini aveva una poetica attenta alle piccole cose, ai dettagli, lui era il poeta della piccola borghesia», e queste piccole cose erano importanti in un periodo in cui, di li a pochi anni, il fascismo avrebbe imposto severe direttive che avrebbero condizionato molto la produzione cinematografica italiana.
Camilleri ci racconta con molta simpatia anche come sia cambiato il rapporto che lo spettatore aveva con la sala cinematografica, di come una volta il pubblico in sala partecipasse con battute e commenti, a voce alta, durante la proiezione dei film: «Mi piaceva essere spettatore, mi piaceva quella complicità che si creava nel buio della sala, era bello vedere le facce degli altri e quindi le loro reazioni, mentre guardavano la tua stessa scena».
Andrea Camilleri conclude la sua dissertazione sul cinema del passato raccontando un breve ma significativo aneddoto: «Era il 1943, il fascismo era caduto e in Sicilia sbarcarono gli americani e con loro fu proiettato il primo film americano: Serenata a Vallechiara (1941) c’era una scena in cui suonava l’orchestra di Glenn Miller, bhe, quella fu una vera e propria esplosione di sensi che significava l’arrivo della libertà.»
Il breve viaggio nel tempo finisce qui ma Andrea Camilleri è affiancato sul palco dal giovane Michele Riondino (Il passato è una terra straniera). Entrambi sono fieri di presentare il progetto che riguarda i nuovi episodi televisivi dedicati a Montalbano. Riondino non sostituirà Luca Zingaretti ma vestirà i panni del giovane Montalbano nei nuovi episodi (6 in tutto), coprodotti da Rai Fiction e Palomar, per la regia di Gianluca Tavarelli, che andranno in onda nel 2012.
«Montalbano invecchia con i miei libri, ma ho dei romanzi che raccontano le sue prime inchieste e gli anni della sua giovinezza. Quando ho saputo che si sarebbe fatta una serie per raccontare il giovane Montalbano ho provato un senso di commozione perché è stato come se il personaggio avesse generato un erede, e quindi così, può continuare a vivere».
Alla domanda sulla scelta di Michele Riondino come attore, Camilleri, con la sua solita arguzia e prontezza di spirito risponde: «Io come autore non ho mai detto nulla sulla scelta degli attori, Luca (Zingaretti n.d.r.) non aveva certo il “phisique du role”, il mio Montalbano è più vecchio e, inoltre, è pieno di capelli. Si immagini quando l’ho visto: una palla da biliardo… ma a me “non me ne può fregar di meno”, perché ero certo della sua bravura. In fondo l’importante di un attore è che, in quell’ora e mezza di film, ti dia a bere il fatto che nessuno meglio di lui avrebbe potuto interpretare quel determinato ruolo. E Luca c’è riuscito. Per quanto riguarda Michele, è un bravissimo attore, abbiamo parlato molto del giovane Montalbano, gli ho anche raccontato cose che non ho mai scritto nei miei romanzi, cose che sono solo nella mia fantasia».
Riondino prende la parola e confessa:« Quando mi hanno proposto il ruolo ero molto spaventato, ma sapere che Andrea era d’accordo sulla scelta mi ha spinto ad accettare e a impegnarmi per fare del mio meglio. In Montalbano leggo molto di Andrea, e del suo passato. Il mio giovane commissario avrà un temperamento sanguigno. Ho immaginato una Sicilia “arcaica” (i film saranno ambientati tra gli anni ’50 – ’60) dai colori accesi. Il mio personaggio sarà un Montalbano forte e dal carattere molto pratico, molto ricco di dettagli.»
L’ultima battuta spetta al Maestro che si rivolge ai ragazzi presenti con un messaggio chiaro: «Ragazzi siate voi stessi e non fatevi condizionare in nessun modo da una società che finge».
Francesca Romana Moretti
 
 

35MM.it, 5.11.2010
La prima volta di Camilleri sul grande schermo
Dopo l'enorme successo della fiction sul Commissario Montalbano un racconto dello scrittore siciliano, "La scomparsa di Pato'", arriva sul grande schermo per la regia di Rocco Mortelliti

(foto 35MM.it)

Battesimo della sala cinematografica per Andrea Camilleri, che per la prima volta vede approdare in sala uno dei suoi celebri racconti, che hanno affascinato il pubblico televisivo. Ecco cosa ci raccontano il regista e il cast de "La scomparsa di Patò".
Rocco, ci racconti il tuo film?
R.M.: Si tratta di un romanzo storico, un'impresa complicata da adattare, perche' Andrea scrive in forma di dossier, splendidamente, ma drammaticamente lontana dal cinema. Andrea non descrive i personaggi, quindi dovevo immaginarli.. Per esempio Nino Frassica lo avevo in mente subito...
Neri Marcore', come ha conosciuto il regista?
N.M.: A me e' arrivato un sms, "un giorno lavoreremo insieme..." Non sapevo chi fosse... No ci siamo incontrati e ho accettato subito di lavorare con Rocco.
Hai avuto difficolta' col tuo personaggio, molto misurato?
N.M.: Il freddo... Uno pensa vai in Sicilia e fa caldo.. Invece il freddo... No scherzi a parte amo delle interpretazioni misurate, non mi piace la recitazione urlata, sono contento si noti...
Nino Frassica, a cosa si e' ispirato?
N.F.: Somiglia alla Grande Guerra di Monicelli, tanto per dire una cosa cosi...
Nichetti, qual'e' stato il suo apporto alla storia?
M.N.: Mi sono spaventato nel dover adattare qualcosa scritta dal Maestro Camilleri L'importanza per me e la mia sfida e' stata collaborare a un progetto ambizioso che bada al particolare, al costume, a un disegno di storia. Non c'e' nulla di improvvisato, tutto scritto programmato e studiato da un meccanismo ad orologeria che e' il racconto di Camilleri.
Frassica da attore questo processo ad orologeria aiuta o meno?
N.F.: Ti dico solo che ogni volta che abbiamo pensato di aggiungere qualcosa alla storia abbiamo parlato con il regista. Poi Rocco chiamava Camilleri e lui decideva, si o no...! Ma la sceneggiatura era gia' perfetta! Io ho recitato cosi: ho imparato la parte, poi l'ho dimenticata e ho improvvisato... Ed e' venuto tutto naturalissimo...
Neri, e' una storia antica ma ha dei risvolti vicini all'attualita'?
N.M.: Si, al protagonista piacciono molto le donne...
Rocco con Neri siciliano come e' andata?
R.M.: E' straordinario, ha plasmato il suo dialetto sul set, con le comparse, con i modi di dire, con la gestualita', davvero una bella esperienza, umana e professionale. Ma vorrei ringraziare tutto il cast, Simona Marchini, Manlio Dovi', Frassica, Casagrande, il sindaco di Naro... E tutta la citta'...
Rocco Giurato
 
 

La Gazzetta di Parma, 5.11.2010
"Quest'Italia che ci tocca raccontare" - E giovedì incontro con Caprarica e Zucconi
“Quest’Italia che ci tocca raccontare” - “Pagine Mancanti” doverosamente ammantate di tricolore per l’edizione 2010/2011.

Inventare un sussidiario per affrontare il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Questa è stata l’idea dell’Istituzione Biblioteche del Comune di Parma: offrire alle classi delle scuole superiori uno strumento che diventi didattico una volta portato in aula o a casa. Il dvd “quest’Italia che ci tocca raccontare” è in distribuzione dal mese scorso nei licei della nostra città ad un patto “Dovete raccontare cosa vuol dire essere italiani, oggi”.
Un secolo e mezzo di una nazione merita una riflessione. Proprio questa è la modalità scelta dal progetto che ha realizzato un viaggio tra temi e protagonisti della scena culturale italiana. Riflettere. Interrogarsi, piuttosto che celebrare retoricamente il lieto fine della spedizione dei Mille.
Un Garibaldi dei nostri giorni, il triestino Paolo Rumiz che ha passato l’estate in camicia rossa, Andrea Camilleri, Il sociologo Ilvo Diamanti, lo storico Alessandro Barbero, Gian Antonio Stella, Massimo Gramellini che dalle pagine della Stampa racconta in 150 date la storia nazionale, Massimo Montanari esperto di storia del cibo, Enzo Bianchi Priore di Bose, e Alessandro Baricco che ha appena fatto riscrivere i Promessi Sposi ad Umberto Eco sono i protagonisti di una viaggio che spazia tra il vivere, l’arte e il senso del mondo degli italiani di oggi, di ieri e di domani. L’emigrazione italiana, il senso di appartenenza al Paese, il carattere dei protagonisti del Risorgimento, le diversità regionali, le difficoltà nello stare insieme, il dirsi cristiani oggi sono gli ingredienti di un’identità complessa, propria di un Paese che si appresta a vivere un momento delicato della propria storia.
“Questo anniversario può certamente essere vissuto come una celebrazione, ma per noi è stato naturale pensare a qualcosa che evitasse questo rischio, che non finisse in retorica o in discussione superficiale e preconcetta. Abbiamo voluto contribuire a creare una consapevolezza nei nostri ragazzi, che accompagnati dal lavoro quotidiano dei loro insegnanti, potranno riflettere sul loro modo di sentirsi italiani. In un paese che ha molte criticità, anche nell’essere una nazione, la ricerca appassionata di un senso identitario può essere l’unico fattore capace di superare gli ostacoli e i problemi che ci presentano le cronache di questi anni” dice Luciano Mazzoni, Presidente dell’Istituzione Biblioteche.
Progetto di sistema, tra biblioteche e scuole, per creare memoria, ma anche cittadinanza attiva. Alessandro Baricco ha chiamato il suo ultimo progetto editoriale “Save the story”, salvare la storia, che dobbiamo raccontare! Forse questo non è un paese da salvare, ma da conoscere meglio, soprattutto attraverso la letteratura (il dvd è corredato da una ricca bibliografia tematica curata dalla Biblioteca Balestrazzi). In fondo gli italiani si dicono tali anche perché hanno letto gli stessi libri, visto gli stessi film e gli stessi programmi televisivi. Far raccontare a Camilleri la questione meridionale, o a Rumiz l’Italia minore ha avuto lo scopo di farle sentire con il cuore. La tradizione del racconto è nata in un paese composto da territori e percorso da modi di sentire spesso assai diversi, ma si ritrova nella cultura letteraria. Eccellenza nel mondo, ma anche patrimonio culturale e immaginario che può essere ancora un ponte tra l’Italia che è stata e l’Italia che ci sarà.
[…]
Comunicato stampa
 
 

Luce d’inverno, 5.11.2010
Il sorriso di Angelica
La trama : Montalbano deve indagare su una serie di furti a danno di un gruppo di amici.Ma c'è qualcosa che lo sconvolgerà appannando il suo proverbiale intuito.

Montalbano innamorato. Anzi rapito, stregato, peggio di un adolescente alla prima cotta.Non è la crisi della mezza età o un improvviso disamoramento per la compagna storica Livia. E' di più, è un incanto che viene dal passato, il canto di una sirena a cui non può sottrarsi. Angelica, personaggio dell'Orlando Furioso,sembra essere balzata fuori all'improvviso dalle illustrazioni di Dorè su cui si era consumato gli occhi un Montalbano adolescente. Bellissima, tentatrice,basta tendere la mano per afferrarla, per entrare a far parte di quel poema cavalleresco che ora rimbomba nella mente del commissario.Per lei Montalbano mente, finge,simula e dissimula,mentre nel frattempo deve indagare su dei furti compiuti da una banda di esperti di cui anche Angelica è vittima. E questa volta deve contare solo sull'aiuto di Fazio e Catarella perchè il bel Mimì Augello è stato allicinziato, come dice Catarella, è in licenza, allontanamento strategico voluto dall'autore per lasciare campo libero a Montalbano nella sua avventura. Montalbano , dopo aver strenuamente lottato con se stesso, capirà che, come scrisse Oscar Wilde, il miglior modo per allontanare una tentazione è cederle, e dovrà anche cercare di ritrovare la lucidità necessaria per portare a termine le indagini.
Peccato che il personaggio di Camilleri invecchi come i suoi lettori, a noi piacerebbe vederlo per sempre giovane e scattante, sempre col suo sano appetito e la sua ironia, magari sempre col volto di Zingaretti che lo interpreta nella serie televisiva a cui siamo ormai affezionati. Speriamo che ci siano ancora tante indagini per il Commissario prima del pensionamento!
Morgana
 
 

New York Times, 5.11.2010
Sunday Book Review. Crime
Hard Times

[…]
There’s a deliciously playful quality to the mysteries Andrea Camilleri writes about a lusty Sicilian police detective named Salvo Montalbano. In THE TRACK OF SAND (Penguin, paper, $14), Inspector Montalbano is far from amused — indeed, he’s quite horrified — when a savagely beaten horse dies on the beach outside his home. But once he opens an investigation into this extraordinary event and its possible connection to illegal races rumored to be operating in the area, he turns up plenty of material for broad satire. Taking aim at the idle rich, Camilleri skewers their rude manners, their affected airs and their ostentatious amusements — like the dinner after a charity race at which Montalbano is lured into a barn and hilariously seduced by an aristocratic horse owner. In such society, it pays to be pragmatic. “You are under arrest,” Montalbano informs a suspect (speaking through Stephen Sartarelli’s jaunty translation), “and I should warn you that whatever you say in your defense, nobody will believe you.”
Marilyn Stasio
 
 

Adnkronos, 5.11.2010
Libri: nelle classifiche Montalbano batte Umberto Eco

Roma - Il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, 'Il sorriso di Angelica', batte per 2 a 1 'Il cimitero di Praga' di Umberto Eco. Il nuovo episodio della saga di Montalbano, uscito in libreria 2 settimane fa per i tipi di Sellerio, e' subito andato in vetta alle classifiche rimanendoci e, con il doppio di copie vendute, battendo il romanzo di Eco. 'Il cimitero di Praga' e' uscito la settimana scorsa da Bompiani ed e' balzato anch'esso ai primissimi posti con un boom di vendite al punto da andare subito in ristampa.
 
 

Canicattì Notizie, 5.11.2010
“Ottobre piovono libri”, esposte le opere di Camilleri

Presso la biblioteca comunale di Canicattì, per tutto il mese di novembre, rimarranno esposti i libri dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri. I libri potranno essere letti. L’iniziativa rientra nel progetto nazionale “Ottobre piovono Libri”, promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione, in collaborazione col Comune.
 
 

La Sicilia in tasca, 6.11.2010
Antropologia nuziale in Sicilia. Il fuori campo di Carlisi alle FAM di Agrigento
Il valzer di un giorno|di Franco Carlisi Testi di Andrea Camilleri, Vito Bianco, Gianmaria Testa

Una giovane sposa che allatta in abito bianco, il saluto struggente di un anziano padre alla figlia nel giorno delle nozze: il mistero della vita nel rito di passaggio per antonomasia della società occidentale, il matrimonio, è il tema intorno a cui si snoda l’indagine del fotografo Franco Carlisi, che con “Il valzer di un giorno”  (dal 20 novembre fino al 9 gennaio 2011), espone alle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, lo spazio espositivo curato dall’associazione "Amici della Pittura Siciliana dell’Ottocento" che quest’anno ha celebrato con sei eventi il decennale dell’attività.
Al centro del racconto per immagini, un po’ ricerca antropologica e un po’ riflessione sulle identità residuali della società attuale, sono infatti le nozze religiose e i loro innumerevoli attori e comparse, in una collezione di scatti raccolti dal fotografo Franco Carlisi in anni di ricerca nell’entroterra siciliano e da poco riuniti nel volume “Il valzer di un giorno” la cui prefazione porta la firma dello scrittore Andrea Camilleri, del critico Vito Bianco e del cantautore piemontese Gianmaria Testa.
“Foto - dice Camilleri - che non entreranno mai nell’album ufficiale autorizzato ad essere la matrice dei ricordi (…) le foto matrimoniali di solito anelano all’evanescenza, alla leggerezza, alla purezza, alla solennità. Invece, attraverso lo sguardo di Carlisi, tutto diventa carnale, vissuto forte, reale, senza mezze tinte”.
[...]
 
 

Il Giornale, 6.11.2010
Eja eja Camilleri: «Quando c’era Lui si stava meglio»

Andrea Camilleri è nato nel 1925, un anno dopo l’assassinio Matteotti. Aveva 13 anni quando furono varate le leggi razziali, 15 quando Mussolini trascinò l’Italia in una guerra a fianco dei nazisti, era già maggiorenne quando il Paese precipitò nella guerra civile, e ne aveva venti quando la tragedia fascista si compì.
Camilleri il Ventennio lo conosce bene perché ci visse dentro, non per racconti raccontati. Cosa, questa, che rende ancora più inquietanti le dichiarazioni rilasciate ieri al festival di Roma davanti a una platea di ragazzini. Ai quali, sfruttando l’autorevolezza il fascino dello scrittore di successo, ha impartito la più pericolosa e stupida delle lezioni: commentando le scene di alcuni film legati alla sua giovinezza, girati sotto il fascismo, ha detto: «All’epoca ero molto più libero di voi oggi. L’unica cosa che posso dirvi è di farvi condizionare il meno possibile da una società che finge di darti un massimo di libertà e che in realtà ti sottopone a un massimo di condizionamenti». Aggiungendo: «Potrà sembrare un paradosso ma ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi di oggi».
Cattivo maestro travestito da buon nonno di famiglia, Camilleri con una sola frase - errata dal punto di vista storico, cretina da quello logico e inaccettabile da quello morale - ha distrutto mezzo secolo di leggenda antifascista pur di criticare, fuori contesto peraltro, l’illiberale Italia berlusconiana.
Violentando la propria intelligenza e l’altrui ingenuità, come già in passato Alberto Asor Rosa quando si disse «incline a pensare» che Berlusconi sia peggio del fascismo, Camilleri con una simile uscita, ridicola nel suo incarognito antiberlusconismo ossessivo-compulsivo, dimostra così di essere (delle due l’una): o fascista - se davvero preferisce l’Italia littoria a quella attuale - o stupido - se antepone l’odio ideologico alla coscienza storica che pure siamo certi possiede.
Lo ha già detto, anni fa, il suo politico di riferimento, Gianfranco Fini, quando in Israele proclamò che «il fascismo è il Male assoluto». Sminuirlo, adesso, rispetto a qualcosa d’altro - fosse pure Berlusconi - significa rimettere in discussione un giudizio storico ormai riconosciuto da tutte le parti politiche.
Camilleri è una star intellettuale che scrive su giornali e riviste, pubblica per due case editrici (delle quali una incidentalmente proprio del tiranno contro il quale si scaglia), è ospitato in qualsiasi trasmissione e invitato a tutti i festival. Ha un’età veneranda e una popolarità indiscussa. Noi dobbiamo rispetto alla sua persona e alla sua opera. Lui lo deve ai suoi lettori e al suo pubblico.
Far credere ai nostri ragazzi che l’Italia della dittatura del Duce, dell’Ovra, delle leggi razziali, dell’alleanza con Hitler e della guerra fosse un’Italia più libera dell’attuale, è mostruoso. Non solo perché distorce la verità e la storia, ma perché alimenta l’odio e l’ignoranza.
Per quello che ha detto, Camilleri può solo fare un gesto di scuse. Oppure, per coerenza, il saluto romano.
Luigi Mascheroni
 
 

La Nuova Sardegna, 6.11.2010
Camilleri choc: Sotto il fascismo ero più libero dei giovani d'oggi

Roma. «Si può dire ad un giovane solo di essere se stesso, di farsi condizionare il meno possibile da una società che finge di darti la massima libertà, e invece ti dà il massimo condizionamento. Io sotto il fascismo ero più libero di voi oggi». Lo ha detto lo scrittore Andrea Camilleri nell’incontro con i ragazzi, organizzato dalla sezione «Alice nella città» al Festival di Roma. Durante la conversazione, alla quale ha partecipato anche Michele Riondino, l’attore che interpreterà il giovane Montalbano in una fiction Rai, l’autore siciliano ha anche parlato della Rai, rispondendo ad una domanda dal pubblico: «Ho lavorato in Rai 35 anni, ho esordito come funzionario ed ho sempre rifiutato di esserne dirigente. Vuole che le dica che era meglio ieri di oggi? Sì, era meglio ieri, anche con Bernabei. Io ero comunista tesserato e non ho mai avuto fastidi da Bernabei. Ho sempre lavorato senza censure, oggi è un pò più difficile». Lo scrittore, che durante l’incontro ha parlato del suo rapporto con il cinema commentando le scene di vari film legati alla sua giovinezza, ha aggiunto: «Quando mi è stato detto che volevano fare una fiction su Montalbano giovane ho provato un minimo di commozione, era come se il personaggio non ringiovanisse ma avesse creato un erede e che continuasse a vivere attraverso la mia scrittura. E questo mi ha commosso». Invece Michele Riondino ha detto di essersi «molto spaventato quando mi è stato offerto il ruolo, come quando esci da scuola di recitazione e ti offrono subito Amleto. L’idea di poter avere a che fare con Camilleri, le sue storie e il fatto che approvasse la mia scelta, però, mi hanno convinto a buttarmi. Anch’io mi sono commosso».
 
 

La Sicilia, 6.11.2010
Andrea Camilleri tra la letteratura tradotta in immagini
«Mi diverto a vedere come i miei libri diventano opere per tv e cinema»
Michele Riondino farà Montabano giovane nella prossima serie

Roma. Camilleri Andrea, scrittore, sceneggiatore, parlatore sospeso tra pagina scritta e schermo. Sino a ieri solo piccolo, da domani col suo primo libro in versione cinematografica ne «La scomparsa di Patò».
Ma lei quanto si diverte nel vedere le sue pagine tradotte in immagini? O quanto sente le sue parole pronte per essere tradotte?
«Io mi diverto abbastanza e sento i miei libri pronti per ispirare anche delle immagini. Ho sempre lavorato fornendo al lettore un po' di materiale e poi mettendomi da parte. I miei libri sono già vicini a una certa fruizione cinematografica, anche se il romanzo e la letteratura si possono permettere divagazioni che il cinema, ma anche la tv, non possono permettersi».
Eppure i suoi romanzi sembrano già pronti per diventare film.
«Forse ma di certo mai avrei potuto pensare che sarebbe stato "La scomparsa di Patò" il mio primo libro tradotto per lo schermo. Opzioni per i miei romanzi ne ho avute tante ma sino ad oggi è sempre successo che al momento della realizzazione e della traduzione sullo schermo, insorgano difficoltà tali da rendere impossibile la realizzazione. Con Patò ce l'abbiamo fatta per la prima volta. Ora vedremo ciò che accadrà. Sono preoccupato per le condizioni del cinema italiano oggi. i sono film come il bellissimo "Noi credevamo" di Martone che sta per uscire ma la verità è diversa e il cinema italiano è in difficoltà. E', d'altra parte, un periodo difficile per tutti, soprattutto per i giovani che vivono in una società che finge di dare il massimo di libertà e, invece, sottopone al massimo di condizionamento».
Ma il rapporto dello scrittore col cinema non cambierà?
«Sono un vecchio signore che ha amato il cinema partendo da coordinate precise. Mi sono formato su Jean Gabin e su certo cinema francese ed è sempre lì che guardo. Anche se ogni tanto arriva qualcosa che mi colpisce, che mi entra dentro e mi scalfisce. Ma capita di rado. Mi è successo col "Cattivo tenente" di Abel Ferrara. Sono rimasto colpito dal modo in cui lui è riuscito a mettere dentro un prodotto prettamente americano tanto materiale europeo. Mi ha lasciato un segno profondo. Il mio immaginario cinematografico tutto si è formato sul cinema francese ed è lì che ritorno ogni volta».
Ma nel suo futuro c'è ancora uno stretto rapporto col piccolo schermo. A febbraio le riprese di una nuova serie di Montalbano in onda nel 2012, protagonista il commissario da giovane, interpretato da Michele Riondino che oggi si commuove e confessa: «Aspettavo con ansia di incontrare un maestro come Camilleri. Come farò il Montalbano giovane? Dovrà essere sanguigno, verace abitante di una Sicilia antica e arcaica».
Approva Camilleri?
«Io come autore mai ho voluto interferire nelle scelte dei registi e nel cast degli attori. Quando scelsero Zingaretti per il ruolo del commissario restai perplesso. Non aveva il fisico del ruolo ed era pelatissimo mentre il mio Montalbano è pieno di peli e capelli. Ma sapevo che era un attore bravissimo, la storia del fisico del ruolo è una balla. Di Michele Riondino che posso dire? L'ho conosciuto la scorsa estate e con lui ho parlato molto del giovane Montalbano, dicendogli cose del commissario che neppure ci sono nei miei romanzi. E' il sogno di ogni storico, solo che lo storico non ha la libertà di farlo mentre io sì».
S.D.P.
 
 

IntoTheMovie.com, 6.11.2010
Andrea Camilleri tra racconto, promozione e propaganda

Attorno alle ore 11 del 5 Novembre, Andrea Camilleri è stato accolto da una Salacinema Alitalia gremita di pubblico (particolarmente significativa la presenza di studenti dei licei capitolini) ed addetti ai lavori: prendeva il via uno degli ultimi eventi speciali organizzati dal Festival Internazionale del Film di Roma.
L’autore era stato invitato per raccontarsi e raccontare alle nuove generazioni 70 anni di amore per il Cinema, la televisione e la letteratura; purtroppo però l’incontro si è inspiegabilmente trasformato prima in una conferenza stampa su una fiction ancora da girare e poi in una specie di sfogo politico.
E dire che Camilleri di Cinema ne ha visto eccome e sentirlo parlare di horse opera (Un cinema ingenuo e manicheo: buoni da una parte e cattivi dall’altra) o di telefoni bianchi (Raccontavano le passioni extraconiugali in un paese in cui imperava il culto della famiglia: il paese delle corna, come degli omicidi nei polizieschi, diventa l’Ungheria!) è stato davvero piacevole: aiutato da alcuni aneddoti deliziosi, lo scrittore siciliano aveva catturato tutta l’attenzione dell’uditorio, letteralmente ammutolito dal suo entusiasmo e dalla sua lucidità.
La prima domanda relativa al commissario Montalbano è piombata in sala come un fulmine a ciel sereno ed ha dato il via ad una dettagliatissima presentazione della nuova fiction Rai che racconterà le avventure giovanili del personaggio interpretato finora da Luca Zingaretti.
La spirale promozionale era ormai stata innescata ed allora è sembrato pacifico l’ingresso di vari elementi del cast de La scomparsa di Patò (adattamento di un romanzo di Camilleri, diretto dal suo ex-genero ed interpretato, tra gli altri, da sua nipote).
Sono state le domande del pubblico (onestamente troppo belle per essere vere) ad innescare un’ultima folgorante riflessione, ora squisitamente politica: Camilleri ha consigliato ad i giovani di non farsi condizionare dalla società, spiegando che era più libero lui sotto il fascismo.
La sparata (a cui sarebbero seguite frecciatine contro il ministro Brunetta e la stessa Radiotelevisione Italiana) è stata applauditissima ed i giornali hanno trovato il titolo perfetto, imboccato abilmente da un ottimo oratore: uno scrittore cinefilo che non è sembrato avere tutta questa voglia di parlare di film.
 
 

Almanacco Versiliese, 6.11.2010
La cosiddetta cultura-guida.

E' dal tempo di Togliatti che esiste una cultura-guida.
Mi viene in mente Antonello Trombadori e, perchè no, Ingrao
Ci sarebbe da rivalutare Scelba quando tirò fuori la battuta sul culturame.
Ma chi si ricorda più di queste cose, della dittatura imposta anche in Italia dal PCI?
Adesso viene fuori Andrea Camilleri.
"Io ero comunista tesserato, però io sotto il fascismo ero più libero dei giovani di oggi".
Camilleri è del 1925, anagraficamente ha un anno più di me.
Ma questa battuta proprio non solo non la capisco,a non gliela perdono.
E' un confronto che offende una intera generazione.
Nessuno inneggia alla libertà di oggi (che però c'è e, forse, anche troppa). Ma dire che si era più liberi sotto il fascismo non sta nè in cielo nè in terra.
Certo Camilleri non è un fans di Berlusconi, ma se uno manda a fare nel culo il premier e dice e scrive che è un ladro, non va certo in galera. Al tempo del Duce le cose eran diverse.
Ma Camilleri, già iscritto al PCI, la pensa diversamente.
Più avanti, parlando della Rai, tira lì un'altra battuta: si stava meglio al tempo di Bernabei.
E qui non lo posso contraddire, solo che gli va ricordato che, ai tempi di Bernabei, Togliatti e compagnia cantante suonavano gli inni di guerra e sparavano palle di fuoco dall'Unità e da Paese Sera.
Camilleri racconta di non aver mai avuto fastidi da Bwernabei, ma tanti altri, liberi pensatori, si.
Non ricorda di quando le ballerine potevano ballare solo con i pantaloni lunghi.
Nè di un certo Scalfaro che, di fronte a una certa scollatura, offese la dignità di una signara che, a Ostia, stava soltanto prendendo un pò di sole.
Giorgio Giannelli
 
 

Giornale di Brescia, 6.11.2010
Un Salvo «furioso» ingannato da un'Angelica... pentita

Una serie di furti in appartamenti e ville, ben studiati e articolati, portano il commissario Montalbano ad indagare su un caso che affonda le radici nel passato. Nel suo, prima di tutto, e in quello delle vittime delle ruberie organizzate. Una di queste è infatti una splendida ragazza, Angelica, che per la sua bellezza e il suo sorriso ammaliante, fa tornare il commissario di Vigata all'età dell'adolescenza, agli anni in cui leggendo «L'Orlando furioso» (e imparandone i passi a memoria), aveva dato forma nella sua mente - con anche l'aiuto di un dipinto di Dorè - ad un ritratto della protagonista delle pagine dell'Ariosto.
Nel conoscere l'Angelica «moderna», quei sogni di ragazzo dirompono in un Montalbano alla soglia dei sessant'anni, che perde letteralmente la testa per la ragazza. Il passato letterario e il presente si intrecciano. Le vicende dell'oggi, tra i furti, le sparatorie tra ladri e poliziotti, un cadavere che viene scoperto in un campo, e un agguato per strada, lasciano spazio ai brani dell'«Orlando furioso» e alle poesie che sgorgano spontaneamente nella mente di Montalbano. E in sogno, passato e presente si fanno ancora più vicini quando il commissario si trova al centro di una giostra cavalleresca, con tanto di armatura, e che deve affrontare un avversario senza volto.
Fortunatamente su di lui vigila l'attento e preciso braccio destro Fazio, che capisce il delicato momento che sta vivendo il suo commissario e che con grande discrezione riesce a tenerlo d'occhio. Alla risoluzione del caso contribuisce, inconsapevolmente anche l'immancabile Catarella, che - con le sue parole - farà sviluppare a Montalbano una delle intuizioni che si riveleranno decisive.
Nel dipanarsi della vicenda però, nell'arrivare alle pagine conclusive, la sensazione è quella di aver «già letto» alcuni passaggi, in altri romanzi che Camilleri ha dedicato al commissario.
Ritornano alla memoria «Il gatto col cardellino» nel moltiplicarsi dei furti, uno solo dei quali è però quello mirato e che ha un altro obiettivo rispetto ai dipinti d'autore, ai gioielli e alle pellicce; così come ricorda molto la «Vampa d'agosto» la sbandata del nostro commissario per la bella giovane che riesce a sedurlo e a «manipolarlo» per il proprio tornaconto; e poi ancora il più recente «La caccia al tesoro» per la sfida che la «mente» che ha architettato i furti lancia a Montalbano con puntuali lettere anonime che arrivano in commissariato e che mettono in dubbio il fatto che il poliziotto più noto di tutta Italia possa mai arrivare alla soluzione.
Andrea Camilleri con «Il sorriso di Angelica» ci tiene sì incollati alle pagine fino all'ultimo, ma non riesce del tutto a stupirci, a convincerci come ha fatto finora.
Daniela Zorat
 
 

Libreria L’Indice, 6.11.2010
Pensier che 'l cor m'agghiacci e ardi, e causi il duol, che sempre il rode e lima;che debbo far...
Il Sorriso di Angelica di Andrea Camilleri, Sellerio pagine 250 € 14,00

Salvo innamorato? Salvo furioso? Ancora un caso ingarbugliato per Montalbano, stanco e acciaccato: lui! Camilleri sempre in splendida forma, ma come diavolo farà?
A Vigata in diverse ville ci sono stati furti di opere d'arte e gioielli. Montalbano, dopo una litigata con Livia, che nel sonno parla di un certo Carlo, una conversazione surreale con Catarella che non parla italiano, ma neanche siculo, comincia ad indagare, almeno si rilasserà,spera: fra ladri, cadaveri e refurtiva, macchè! Quando sembra procedere tutto sulla falsariga di sempre, eccotela lì, bella, mediterranea, sensuale: un bignè di libidine:Angelica e lui Montalbano ha una gran voglia di mangiarsela questa dolcissima fimmina, ma la fimmina il diavolo la fece.
Luigi De Rosa
 
 

Stato quotidiano, 6.11.2010
Nella noia di Vigata
Recensione de “La caccia al tesoro” (Andrea Camilleri, Sellerio)

Pieno centro, Vigata, i fratelli “chiesastri” Caterina e Gregorio Palmisano, barricati nella loro casa tra olezzo di incenso, preghiere antiche e rancori mai sopiti, minacciano di sparare a chiunque passi a tiro delle loro armi vetuste. Nessuno se non il commissario Salvo Montalbano può risolvere una simile faccenda. Perturbante è lo spettacolo che gli si para davanti quando, dissuasi i canuti cecchini riesce ad addentrarsi nel loro appartamento chiuso da anni allo sguardo altrui, Caterina quasi calva, completamente folle e con un solo dente in bocca, sullo sfondo, rosari gulliveriani intrecciati a crocifissi di ogni epoca e foggia, sguardi divini che incombono da diverse altezze.
E, in mezzo a tanto sacro, il profano che sconvolge ogni montalbaniana congettura su questo “interno siciliano con anziani ferventi”, distesa sul letto di Gregorio Palmisano, vi è infatti una bambola gonfiabile, obsoleta come il suo proprietario, malconcia, ricucita alla meglio, orba e grottesca nel suo ruolo di unica compagnia e consolazione nel segreto delle stanze chiuse da tempo immemore al mondo di fuori.
Visione che turba Montalbano, che però risolto il caso di demenza senile, torna ad annoiarsi in commissariato, noia, una noia che ha atterrito anche Catarella e i suoi “rebussi” e alla quale il nostro commissario mal si abitua. Attanagliato da questo torpore che suscita riflessioni sulla vecchiaia, sul tempo che passa, sulle notti insonni e così via, si lascia coinvolgere da un gioco stupido, una caccia al tesoro.
Ma è un solo istante come sempre nei romanzi di Camilleri, e l’empasse scompare, il torpore che lasciava presagire addirittura una visita a Livia, fa spazio ad indizi sempre più complessi e ad un susseguirsi di nuovi eventi che smontano ogni buon proposito sentimentale del nostro commissario.
Una gemella profana gonfiabile, erroneamente scambiata per cadavere entra in scena, identica, spiaccicata a quella di casa Palmisano, una ragazza di 18 anni, Ninetta, scompare, e mentre la trama si intrica, Aurelio Pennisi, un simil Harry Potter siculo, si propone di studiare la mente del commissario Montalbano. Si accavallano nuovi indizi, sempre più personali, nuovi luoghi dai nomi suggestivi, Lago di Dio, e un pantheon di immagini del commissario che può ormai esser solo frutto di un folle idolatra.
Il gioco non è più tale e la lettura fin ora serrata si fa altalenante, tra colpi di scena che tanto colpi non sono e un finale che troppo strizza l ‘occhio allo splatter americano di serie infima. Un romanzo che forse si allontana troppo dalla cronaca siciliana di canicola e cicale alla quale siamo abituati a scapito della trama , che a tratti, come la bambola gonfiabile di Gregorio Palmisano risulta rabberciata.
Andrea Camilleri, La caccia al tesoro, Sellerio 2010
Giudizio 3 / 5. Di stima.
Pietro Ferrante
 
 

Radio Pereira, 6.11.2010
Nella lingua di Andrea Camilleri

E’ un fenomeno che si ripete da anni, accade magari per un paio di giorni all’anno, preceduto da attesa trepidante e seguito da infinita gratificazione.
Arriva il giorno in cui apro un nuovo libro di Andrea Camilleri e quel giorno è una festa di risate, riflessioni, congetture, allucinazioni linguistiche, domande; perfino condivisione con persone che estemporaneamente sono presenti all’evento.
Ma mai noia. Mai un passaggio nei libri di Camilleri che m’abbia dato l’impressione di brutto, di sgrammaticato, di vizioso, di non curante.
“Sono nato a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, e il dialetto l’ho molto frequentato. La lingua che uso nei miei libri non è la trascrizione del dialetto siciliano. È una reinvenzione del dialetto ed è il recupero di una certa quantità di parole contadine, che si sono perse nel tempo. Cataminarisi (“muoversi”), per esempio, non viene adoperata nel linguaggio piccolo borghese che era il nostro: era linguaggio contadino.”
L’eccezionalità di Camilleri si trova proprio nel linguaggio. Una lingua viva e caratterizzante, incomprensibile eppure semanticamente definita. Una lingua che racconta suggestioni, profumi, senso della Storia. I libri del maestro Andrea non sono in lingua italiana. Cioè non sono nemmeno in lingua straniera. Per carità!
Quella di Camilleri è la lingua di Camilleri.
Forse Trilussa aveva osato tanto con le sue poesie in romanesco che oggi recano note di traduzione per chi non fosse in grado di decifrare il dialetto. Ma qui (e questo non sminuisca affatto Trilussa!) varchiamo altre soglie, oltrepassiamo il limite, rasentiamo un’altra lingua! Una lingua che resiste all’omologazione di linguaggi, e che paradossalmente non si presta alle traduzioni.
Io, povera traduttrice come farò a spiegare a un nativo tedesco parole come tambasiare, ammuttuni, ‘nzirtare, sciddricari, cumurrìa, sciato? Come farò a riportare a un inglese la teatralità di Catarella, il nervosismo del dottore Pasquano, i salamelecchi di Lattes, il comportamento sciupafemmine di Augello? Ma a un italiano stesso si porrebbe il problema se solo non avesse idea della cultura di questa Sicilia tanto incantevole quanto complessa nei suoi costumi!
Problemi similari li avranno avuti (e forse li hanno ancora) i traduttori di Dante. La Divina Commedia in tedesco è una cosa imbarazzante, stante comunque lo sforzo sovrumano del traduttore!
“Tante cose del linguaggio contadino io le immetto all’interno del mio linguaggio, della mia scrittura. E questa è una lezione che ho appreso da Pirandello. Nella sua meravigliosa traduzione del Ciclope di Euripide in dialetto siciliano Pirandello fa un’operazione strepitosa che è quella di usare due livelli di dialetto: uno è il livello contadino del Ciclope, presentato proprio come un massaro: “Chiove, figlio mio; me ne fotto”. E l’altro è il linguaggio di Ulisse, che ha viaggiato, ha fatto il militare a Cuneo come direbbe Totò, e quindi parla così: “Scussate, non vorrei distrubbare ma…”. Ecco: questa è stata una lezione per me fortissima; in sostanza, Catarella ha fatto il militare a Cuneo.”
E’ una beatitudine riuscire a leggere ed entrare in quell’universo linguistico pregno di melodie, fatto di cantilene che, a tratti, sembra uno spartito musicale. Ad ogni capoverso sembra di stare a teatro, quel teatro erede della vera Sicilia intellettuale; si intravede Pirandello, risorge Verga, si riascolta Mascagni, si gusta Sciascia. Come se fossero tutti lì dentro a vigilare che quell’arte antica, piena di profumo del mare, strascicante timo limonato, venga raccontata come merita.
“Era certamente la mezzanotte passata.”
Guardò l’orologio?
“Non porto orologio, commissario. Di giorno mi regolo con il sole; quando è scuro con l’odore della notte.”
L’odore della notte?
“Già.”
Perché? La notte ha un odore?
“Sì. A seconda dell’ora, la notte cangia odore. Ci faccia caso, commissario.”

Il commissario Montalbano è il protagonista di romanzi che non abbandonano mai le ambientazioni e le atmosfere siciliane e che non fanno alcuna concessione a motivazioni commerciali o a uno stile di più facile lettura.
Salvo Montalbano è una figura ormai a me talmente familiare che a volte quando passeggio per strada mi trovo a pensare che forse lo incontrerò. Mi immagino che starà facendo in quel momento, se all’ora di pranzo si sarà recato da Enzo, se si è fatto poi la passeggiata a ripa di mare per facilitare la digestione, se in ufficio avrà firmato le sue pile di carte.
La potenza descrittiva dei connotati dei personaggi è un’abilità di Camilleri che forse non ha pari: quando uno scrittore è in grado di materializzarmi davanti agli occhi un personaggio come se lo conoscessi io credo che siamo in presenza di pura arte. Un disegnatore di profili è forse in grado di rappresentare davanti ai suoi occhi la fisionomia di qualcuno, ma che può rimanere molto estranea agli occhi di chi non è in grado di cogliere le stesse sfumature. Camilleri invece pensa, disegna e condivide. E condivide fino a far vivere un personaggio. Al punto da credere di poterlo incontrare per strada. Al punto da intuire cosa dirà, con che accento, con che sguardo, con che tempistica.
La forma dell’acqua, come la voce del violino, la luna di carta, la pazienza del ragno sono i titoli di alcuni romanzi di Andrea Camilleri. Ma più che titoli! Suoni, intrecci fatati di parole, segni. Come quel suo libro dal titolo “Privo di titolo”. Come se Camilleri ci provasse gusto a intordonire il lettore fin da principio. Pretesti di storie che generano risate e riflessioni: come Patò che all’inizio della storia sprofondò in una botola e nessuno più lo trovava.
Una lingua che sposa una filosofia e dal connubio nasce l’opera di Camilleri.
Che il solo raccontarla genera difficoltà d’espressione. Perché ciò che vale veramente, ciò che arriva dritto al cervello e il suo modus narrandi.
“Perfino Leonardo Sciascia mi ripeteva: figlio mio, ma come vuoi che ti capiscano i lettori non siciliani? Ma per me era perfetto. Di una tal cosa l’italiano serviva a esprimere il concetto, della stessa il dialetto descriveva il sentimento”. Andrea Camilleri
lamentosonoio
 
 

Gazzetta del Sud, 6.11.2010
Teatro Stabile: scontro al vetriolo
Replica Mancuso (Pdl): non tornano i conti della gestione amministrativa

«La cacciata di Pietrangelo Buttafuoco dal Teatro Stabile è un'ulteriore conferma di come sia necessario nel centrodestra un cambio di passo, in particolare nelle politiche per la cultura». Lo afferma Luca Barbareschi, responsabile del settore Cultura di Futuro e libertà per l'Italia.
«Dopo i tagli al Fus e tax credit - osserva Barbareschi - poco prima dello sciopero del 12 novembre che vedrà le saracinesche abbassate in diversi musei importanti, dopo le battute che rinfacciano alla cultura di non essere commestibile, arriva questa ulteriore, allucinante, prova di ignoranza».
«Il centrodestra, infatti, nelle persone dei deputati siciliani del Pdl - rileva l'esponente di Fli - se la prende con uno dei giornalisti e scrittori migliori 'non di sinistra', all'opposto un personaggio che non ha mai fatto mistero delle proprie idee politiche di destra. Il casus - spiega Barbareschi - è una commedia di Camilleri, l'ottavo spettacolo più seguito nella scorsa stagione, Buttafuoco sarebbe colpevole di mettere in scena un autore "di sinistra".
Ma forse si vuole colpire Buttafuoco per l'impegno profuso per risollevare il Teatro dalla stagnazione nella quale versava, oppure il centrodestra soffre delle stesse preclusioni ideologiche che ho sempre combattuto con fermezza nella sinistra».
«La cultura non deve sottostare ad alcuna egemonia - sottolinea l'esponente del Fli - Buttafuoco è solamente colpevole di aver reso il teatro vivo, con rappresentazioni di tutte le parti che hanno avuto successo con il pubblico, ha portato autori e scrittori di ogni credo, così come dovrebbe avvenire in ogni luogo di cultura. Non vorrei - conclude Barbareschi - che ancora una volta, come successo spesso in passato, si pensi di poter costringere le idee e l'arte al servizio della politica: sarebbe infatti la morte della stessa cultura».
"Troppu trafficu ppi nenti", che non è solo il titolo dell'opera shakespeariana tradotta e messa in scena dal grande Camilleri coadiuvato dal Direttore artistico del Teatro Stabile di Catania, è anche il titolo delle commedie giornalistiche che in questi giorni appaiono su vari giornali nazionali in merito a notizie infondate circa attacchi del Pdl siciliano a uomini di cultura. E' quanto dichiara il presidente della IV commissione Turismo e spettacolo della Regione Sicilia Fabio Mancuso.
L'intervento dell'on. Barbareschi se prima di politico non fosse stato apprezzato attore avrei avuto seri dubbi che la sua esternazione fosse stata fatta su un palcoscenico e non sulla stampa. A quale cacciata si riferisce il deputato del Fli? chi e come è stato cacciato? Comprendo l'estemporaneità proprio del teatro della commedia dell' arte, ma il deputato finiano cosa ne sa del Teatro Stabile di Catania.
Conosce l'interrogazione presentata dai deputati del Pdl? E' a conoscenza delle folli spese telefoniche del Teatro? Sa dei debiti contratti con i trasportatori delle scene del Teatro? Conosce l'importo degli interessi passivi pagati dal Teatro? Conosce i debiti contratti con vari teatri italiani? Sa che gli abbonati per la stagione 2010/2011 sono diminuiti del 50%? Conosce se il Teatro Stabile ha un protocollo di entrata e di uscita che regoli la corrispondenza?
Direbbe Totò, che è stato vero uomo di spettacolo, "ma mi faccia il piacere".
Pietrangelo Buttafuoco è un grande presidente del Teatro Stabile, siciliano verace, grande uomo di cultura che qualora, come lui dice, si dimettesse non sapremmo come sostituirlo.
Egregio on. Barbareschi - dice Mancuso - la questione è un'altra,non c'entra né Camilleri, né Buttafuoco, ma il futuro di un Teatro che ha bisogno dell'aiuto di tutti i siciliani e noi del Popolo della libertà abbiamo questa grande responsabilità.
Lei continui a frequentare le nostre belle isole Eolie, luogo di sole, mare e di grande cultura. Qualora ritiene di aiutare il Teatro Stabile di Catania - conclude Mancuso - si prodighi ad far aumentare gli esigui trasferimenti ministeriali. E ora si chiuda il sipario e si consegnino gli atti per verificare la buona e corretta gestione del teatro.
 
 

La Sicilia, 6.11.2010
«Non faccio gossip ma informazione politica e costume»
Luca Goldoni, 82 anni, ha sempre messo alla berlina vizi, difetti e stereotipi degli italiani nei suoi sferzanti corsivi e nella lunga serie di libri, l'ultimo dei quali è «Asino che sei»

[...]
- Una volta disse che, leggendo Camilleri, a un tratto scagliò il libro contro il muro, irritato dal debordante dialetto siciliano…
"In realtà sono un grande ammiratore di Camilleri. Quella volta lanciai il volume contro il muro perché, dopo essermi abituato al siciliano, Camilleri mi sparò il torinese. Comunque egli è un genio della detection, rivedo sempre con entusiasmo i film tv su Montalbano con Zingaretti".
[...]
Mario Bruno
 
 

La Nuova Sardegna, 6.11.2010
Bisogna difendersi dalla cattiva tv come? Ignorandola

Fumetti, saggi, cinema, televisione. Carlo Lucarelli, padre del commissario De Luca, dell’ispettore Coliandro e della mitica Grazia Negro, non si è fatto mancare proprio nulla: nei ritagli di tempo il vecchio cronista di nera è riuscito a firmare anche il fumetto 153 di Dylan Dog, a insegnare scrittura creativa e a giocare (non si sa quando) nell’Osvaldo Soriano football club, ovvero la nazionale italiana scrittori (Sì, c’è anche quella).
- Scusi ma lei riesce anche a dormire?
«Sì sì, certo non c’è problema».
- Meglio e più di lei solo Simenon?
«Beh no, c’è Andrea Camilleri, che scrive molto più di me».
[…]
 
 

La Sicilia, 7.11.2010
Se la politica fa spettacolo anche sui media

Catania. Il caso Stabile un caso politico? A leggere quel che la stampa nazionale ha pubblicato in questi giorni sembrerebbe assolutamente di sì. Su «Corriere della Sera», «Repubblica», «Libero», «l'Espresso», eccetera, è stato un fiorire di paginate e articolesse unite da un comun denominatore: Buttafuoco sotto attacco del Pdl siciliano perché «filocomunista», in particolare per aver messo in scena «un autore di sinistra» come Camilleri, e aver invitato un sacco di autori «comunisti» (da De Gregori a Carofiglio, da Battiato a Bennato, da Macaluso a Merlo) agli incontri letterari e musicali promossi dallo Stabile con il Comune.
«Libero» ci ha fatto una paginata intitolata «Kultura di destra», sottotitolo: «Il Pdl siciliano censura il "comunista" Buttafuoco», sommario: «Il presidente dello Stabile di Catania mette in scena Camilleri e il centrodestra lo attacca come la peggiore delle sinistre». Sull'«Espresso», col titolo «Il teatro è instabile», stessa linea: «Il Pdl attacca la gestione: troppi autori di sinistra, troppi incontri letterari, troppe spese. E il presidente Buttafuoco si dimette. A meno che...»
A meno che, come leggete qui accanto, non si fa come dice lui: ovvero fiducia completa e via tutti dal Consiglio d'amministrazione. Obiettivo raggiunto.
Singolare, molto singolare la presa di posizione di Luca Barbareschi. L'attore-produttore-deputato Fli, poco prima di andare a Perugia a leggere dal palco il «manifesto dell'Italia del futuro» preparando il terreno al discorso di Fini, ha avuto il tempo di scandalizzarsi per «la cacciata di Buttafuoco». Il che tecnicamente non è esatto perché Buttafuoco si era dimesso. Ma continua, Barbareschi, accusando il Pdl siciliano che «soffre delle stesse preclusioni ideologiche che ho sempre combattuto con fermezza nella sinistra». Replica, sulla «Gazzetta del Sud», il primo firmatario della ormai famosa interpellanza, Fabio Mancuso: «E' a conoscenza Barbareschi delle folli spese telefoniche del teatro? Sa dei debiti contratti con i trasportatori delle scene? Conosce l'importo degli interessi passivi pagati dal teatro? Sa che gli abbonati della stagione 2010-2011 sono diminuiti del 50 per cento? Si chiuda il sipario e si consegnino gli atti».
L'on. Mancuso dà insomma l'impressione di chiedere qualcosa che ha già in mano. Ma l'Assemblea dei Soci, cui ha partecipato anche il capo di Mancuso ovvero l'on. Castiglione responsabile regionale Pdl, ha chiuso la partita con un secco 3-0 per Buttafuoco. Gioco, partita incontro. Se fosse tennis. Invece è politica. Invece, che tristezza, parliamo di teatro.
M. N.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 7.11.2010
Bussola
Identità cercasi

Abbagnale, chi era costui? L'interrogativo si insinua fra scuole e università, serpeggia in teatri e gallerie d'arte, appassiona artisti e intellettuali. A seminare il dubbio è stato il neo-assessore ai Beni culturali Sebastiano Missineo, professore di Marketing all'Aquila, che sul Giornale di Sicilia ha auspicato un forum sull'identità culturale dell'Isola con «tutte le intelligenze della nostra terra»: «da Andrea Camilleri a Cuticchio, da Zappalà a Abbagnale, da Baudo a Tornatore». C'è chi obietterà che Camilleri era stato messo al bando perché pessimista, e chi rileverà alcune omissioni di rilievo. Ma il punto è un altro: chi è Abbagnale? La ballerina Eleonora Abbagnato sfregiata da un refuso? Uno dei canottieri olimpionici di Castellammare (di Stabia, però)? Nell'incertezza, l'identità siciliana sfuma in contorni sempre più evanescenti.
Fabrizio Lentini
 
 

Trentino / Alto Adige, 8.11.2010
Meno male che ogni tanto c'è il solito Montalbano

È vero, come ha scritto certa critica, che l’impressione è quella di leggere “il solito Montalbano”. La trama de Il sorriso di Angelica ricorda quella de La caccia al tesoro. Ma, a parte il fatto che Camilleri va benedetto perché ci dà il nostro Montalbano semestrale, la prova che il romanziere siciliano offre è sicuramente degna di essere sottolineata per la sua singolarità, se non altro per la parafrasi dell’Ariosto che ci offre: nel viso della protagonista dell’ultimo giallo di Vigata, Montalbano rivede quello dell’eroina dell’Orlando furioso così come l’aveva ritratta Dorè nelle illustrazioni del poema. Cinquantottenne impunito, Salvo è pronto a confessare anche a Livia la scappatella con la bionda bancaria vittima di uno dei furti milionari che scuotono la cittadina siciliana, ma non a soffrire per la trentenne quanto aveva penato da adolescente per quelle illustrazioni.  Il piacere sta proprio nello scoprire che passano gli anni, ma quello di Vigata è “il solito Montalbano”, debole di fronte alla bellezza femminile ed altre tentazioni ma capace di risolvere i casi osservando semplicitemente quello che lo circonda, godendo delle meraviglie della natura e cercando le ragioni del male. E affiora anche il Camilleri dell’impegno civile, quando Montalbano se la prende con il governo per la legge contro le intercettazioni e per gli stanziamenti sempre più esigui alle forze dell’ordine. Insomma, meno male che c’è “il solito Montalbano”.
Andrea Camilleri Il sorriso di Angelica Sellerio, 257 pagg., 14,00 euro
M. Di Giangiacomo
 
 

MilanoNera, 8.11.2010
Andrea Camilleri
Il sorriso di Angelica

A Vigata si sta succedendo una serie di furti in appartamento, strana e geometrica per modalità e strategia. Si svaligia la seconda casa di una persona per prenderle la chiave della prima e poi svuotare anche quella. Con metodi che desterebbero l’interesse di Arsene Lupin. Non è mai il momento giusto per l’arrivo di un crimine. Ma questo è ancora meno adatto degli altri. Perché Livia è appena arrivata e Salvo Montalbano annusa nell’aria un certo odore di bruciato che si sviluppa proprio nel forno della loro relazione. Però i ladri non si mettono di certo a dormire per il chi va là del cuore del commissario. Anzi, alla collezione dei furti si aggiunge la sfida che gli lancia il capo della banda di malviventi con missive puntuali.
Livia decide di tornare a Boccadasse, ma il sangue di Montalbano non si calma. Perché da una lista di probabili futuri derubati, attorno alla quale lui stesso e il fido Fazio stanno organizzando le indagini, spunta una signorina di una bellezza così vicina agli occhi di Dio che per il commissario è in arrivo dall’Olimpo un pacchetto contenente un terremoto, una tempesta e uno tsunami. Tre regali in uno. Lei si chiama Angelica. E sembra uscita dalle illustrazioni di Doré dell’Orlando Furioso. E adesso Salvo Montalbano, veditela tu.
Il sorriso di Angelica ci arriva come prima avventura montalbiana da quando se n’è andata Elvira Sellerio. Andrea Camilleri la ricorda in coda al libro. La grande editrice ebbe tempo comunque di leggere il dattiloscritto e ci immaginiamo quanto questa storia, così intimamente dedicata alla bellezza per la bellezza, possa averla conquistata. Perché Il sorriso di Angelica è un vero inno. A tutto ciò che ci sentiamo puro e che non vorremmo mai  toccato dalle mani dell’esperienza. L’intreccio noir non manca di appassionare, il circostante spazio-temporale in cui è calata la storia brilla della più lustra luce dell’autore, l’ambiente umano fa riconoscere da subito il suo respiro e ci accompagna lungo pagine da cui escono odori e profumi culinari da “pancia mia fatti capanna”.
Ma il godimento di veder girare a destra e a manca il Salvo furioso in cerca della bussola smarrita, beh, questo è unico. Anzi, epico.
Corrado Ori Tanzi
 
 

Il Fazioso, 8.11.2010
Il sinistro Camilleri: “Si stava meglio sotto il fascismo che adesso”

Ecco a cosa può portare l’antiberlusconismo più sfrenato e quella puzza sotto il naso di certa sinistra che tende a svalutare il presente perchè non in linea con la loro visione del mondo.
Camilleri, idolo letterario dei beceri sinistrati per il suo impegno contro il governo, se ne è uscito con questo intervento paradossale ma chiaramente indicativo dello stato di salute di certa gente
“Non sono per niente ottimista. Potrà sembrare un paradosso ma ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi di oggi”
e non fa mancare un attacco sulla questione dei fondi al cinema italiano
“Il cinema italiano sta vivendo un momento di enorme difficoltà produttiva, per via della scarsità dei mezzi e della preoccupante svalutazione della cultura”
Ah certo se la Kultura che vogliono loro è questa è cosa buona e giusta che sia svalutata. In ogni caso ormai non usano più lo slogan “Con Berlusconi siamo in una dittatura stile fascismo”, sono andati oltre. Ora l’Italia guidata dal centrodestra è peggio del fascismo. Irrecuperabili
 
 

Booksblog.it, 9.11.2010
Il sorriso di Angelica, di Andrea Camilleri

Sarà l’incipiente vecchiaia, quel trascorrere degli anni che misura la distanza tra la vita e la morte, una debolezza malcelata o tutti questi fattori insieme, a far sì che Salvo Montalbano si ritrovi sempre più spesso a cedere davanti al fascino femminile; fascino che ha sempre sentito in modo intenso, solo che ora, rispetto a prima, ne resta spesso vittima. In quest’ultima avventura il commissario di Vigata si ritrova proiettato con il cuore e i pensieri al tempo dell’adolescenza, quando immaginava con struggimento di vivere una storia d’amore con l’eroina dell’Orlando furioso.
Già perché nella storia che Camilleri ci racconta il personaggio principale si chiama proprio come la protagonista dell’opera di Ariosto, e non solo il nome porta Montalbano a rievocare le vecchie palpitazioni: “La signora Cosulich era pricisa ‘ntifica, ‘na stampa e ‘na figura, con l’Angelica dell’Orlando furioso, accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carni, a sidici anni, talianno ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré che sò zia gli aviva proibito.”
La donna compare nella vita di Salvo per via di un’indagine su una serie di strani furti avvenuti a Vigata a danno di una cerchia di conoscenti. I ladri agiscono seguendo un preciso copione: sorprendono i bersagli scelti nelle case di villeggiatura, li addormentano e poi rubano macchina e chiavi per svaligiare l’abitazione in paese. Sembrerebbe un piano perfetto se non fosse che la mente della banda ingaggia una specie di duello con il commissario: gli scrive una lettera rivelando che il suo scopo ultimo non è la refurtiva.
E mentre la mente lavora al caso, il cuore di Salvo è tutto proteso alla bella Angelica: i versi di Ariosto accompagnano il racconto scandendone tutti i passaggi: dal fatal incontro, all’epilogo quando “Or si ferma su un sasso, e guarda il mare, né men d’un vero sasso un sasso pare“. Proprio quando la natura impone al corpo e allo spirito pace e tranquillità, Montalbano si ribella e ricerca affannosamente l’impeto delle passioni giovanili, quelle che straziano l’anima e assorbono ogni energia; forse per dimostrare a se stesso (e al dottor Pasquano) che non è ancora arrivato il momento della pensione.
lara
 
 

Il Tempo, 9.11.2010
Best seller
Umberto Eco meglio di Camilleri
L'intellettuale Umberto Eco meglio del nazionalepopolare Andrea Camilleri.

Succede nella classifica dei libri più venduti. Il nuovo romanzo del semiologo, «Il cimitero di Praga» (Bompiani), ha scalzato dalla vetta «Il sorriso di Angelica» (Sellerio).
[...]
 
 

Corriere della Sera, 9.11.2010
Il punto della settimana
La riscossa delle frecce tricolori: nove titoli nei primi dieci
Camilleri capo pattuglia

Un falsario all’assalto del trono di Montalbano. È la sfida, tutta libraria, lanciata da Eco a Camilleri. Il giallo dello scrittore siciliano—con «dedica» a Elvira Sellerio—mantiene la vetta della Top Ten ma il semiologo, 230 mila copie in una settimana, conquista il secondo posto.
[...]
S. Col.
 
 

UmbriaLibri, 10.11.2010
Andrea Camilleri
Palazzo dei Priori – Sala dei Notari, ore 16.30
Presentazione del libro "L’occhio di Cordio. Le opere di Nino Cordio, le testimonianze" a cura di Francesco Cordio.
Infinito edizioni. Intervengono Andrea Camilleri, Daniele Silvestri e il curatore. Coordina Giuliano Giubilei.
Cliccare qui per il video del primo intervento di Daniele Silvestri
Cliccare qui per il video del primo intervento di Andrea Camilleri
Cliccare qui per il video dell'intervento di Francesco Cordio
Cliccare qui per il video del secondo intervento di Andrea Camilleri
Cliccare qui per il video del secondo intervento di Daniele Silvestri
 
Giubilei, Camilleri, Silvestri e Cordio (foto Antonella, dal Blog di Daniele Silvestri, 11.11.2010)
 
 

Arion – Le librerie indipendenti, 10.11.2010
Camilleri in diretta tv nei reparti del Gemelli
Il primo appuntamento del ciclo di incontri letterari dal titolo "Il cielo nelle stanze", ideato e promosso dal Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma e dalle librerie Arion, è affidato al papà del Commissario Montalbano, Andrea Camilleri, che inaugura giovedì 18 novembre, alle ore 16.30, nella hall del Policlinico e in diretta tv nelle stanze di degenza.

Migliaia di persone ogni giorno hanno a che fare con il Policlinico Gemelli di Roma. Medici, studenti, personale ospedaliero, ma soprattutto donne e uomini che hanno bisogno di cure. Ognuno con la sua storia, il suo motivo per essere là. Vite e destini che si incrociano nei corridoi dell’ospedale o che si scambiano sguardi distratti in ascensore. A tutti loro è dedicato Il cielo nelle stanze, un ciclo di incontri con scrittori e protagonisti del mondo del libro, che racconteranno il proprio universo creativo agli “abitanti” del Gemelli. Abitanti che spesso sono impossibilitati a muoversi. E infatti grazie a un nuovo sistema tv a circuito chiuso del Policlinico Gemelli inauguriamo un’inedita formula di incontro letterario: al centinaio di persone che assisteranno all’evento nella hall dell’ospedale, andranno ad aggiungersi gli oltre 1.500 degenti, nonché i loro familiari, personale medico e sanitario, studenti e volontari che operano nel Policlinico. Sarà infatti possibile seguire l’evento in diretta dai televisori delle stanze di degenza, consentendo alle persone ricoverate di trascorrere in maniera diversa e coinvolgente la permanenza nei reparti. Gli incontri verranno coordinati dal giornalista Luciano Onder.
 
 

Il Recensore.com, 10.11.2010
Il Paladino Salvo innamorato. Andrea Camilleri si racconta

“Il sorriso di Angelica” di Andrea Camilleri (Sellerio 2010) riscalda il cuore non più giovane di Salvo Montalbano nell’ultima avventura del commissario di Vigata. “La signora Cosulich era pricisa ‘ntifica, ’stampa e ‘na figura, con l’Angelica dell’Orlando Furioso, accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carni, a sidici anni, taliando ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré che so zia gli aveva proibito”.
Durante un’indagine che riguarda una serie di furti per opera di una banda di ladri nelle case di Vigata e dintorni il prode Montalbano resta ammaliato dalla bellezza e dalla sensualità di Angelica Cosulich. Il quasi “sissantino” Montalbano da un po’ di tempo tende sempre a perdere la testa per alcune “fimmine” di pericolosa bellezza. Egli ripercorre i primi amori adolescenziali, risalendo da quando si era innamorato di Doré dalle illustrazioni contenute nell’Orlando furioso. Che cosa rappresenta quel brivido che il “mutanghero” Salvo prova quando Angelica sorride illuminando un’intera stanza? “Sinni era ‘nnamurato completamente perso a prima vista… ”.
Complici i versi di Ludovico Ariosto “… e più di un mese poi siero a diletto i due tranquilli amanti a ricrearsi. Più lunge non vedea del giovinetto la Donna, né di lui potea saziarsi; né, per mai sempre pendergli dal collo, il suo disir sentia di lui satollo”, il nostro eroe ritrova quell’antico sentimento. Nel frattempo un misterioso personaggio, la mente occulta che si trova dietro i furti seriali si diverte a sfidare il commissario in un gioco di astuzia nel quale vince il più furbo. Quando Salvo confessa per telefono a Livia che nella sua vita c’è un’altra donna, la sua fidanzata scoppia a ridere credendo di essere presa in giro. Questo è davvero il colmo commissario Montalbano!
La bravura di Camilleri che ha candidamente confessato di scrivere tanto per non annoiarsi, consiste nell’unire nella sua scrittura avvincente e ironica una geniale miscela di dialetto e italiano che ha catturato e che continua a catturare sempre più lettori. Una letteratura di qualità quindi quella di Camilleri che s’inserisce nel solco della grande tradizione verista nata con Giovanni Verga, rielaborata dallo scrittore attraverso l’ironia e il divertimento. L’autore dalla fantasia narrativa inesauribile, però non dimentica Luigi Pirandello dal quale ha appreso che la verità può essere una, nessuna e centomila… “Come alla Donna egli drizzò lo sguardo, riconobbe, quantunque di lontano, l’angelico sembiante, e quel bel volto ch’all’amorosa rete il tenea involto”.
Abbiamo intervistato Andrea Camilleri.
Una metafora, le molteplici forme che può assumere l’acqua ha inaugurato la serie letteraria dedicata al commissario Montalbano(1). Per tracciare la complessa personalità di Montalbano, il suo intuito e la sua sensibilità si è ispirato a qualcuno in particolare?
“Mentre lo scrivevo, non ero consapevole se mi stessi ispirando a qualcuno, come spesso accade, raccontavo un carattere che comprendeva tante caratteristiche di persone incontrate nella vita. A rivelare verità è stata mia moglie Rosetta che leggendo i primi romanzi mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: ‘Ti rendi conto che stai facendo un ritratto di tuo padre?’. Aveva ragione.”
Salvo Montalbano e Jules Maigret, due personaggi letterari amati da generazioni di lettori per la loro capacità di ragionare e di calarsi nella psicologia dei singoli indagati. Entrambi immersi nelle loro atmosfere così vive e intense che i commissari diventano reali anche grazie a sceneggiati di successo. Che ricordi conserva dall’incontro con Georges Simenon?
“Per me l’incontro non solo con l’uomo ma con tutta la letteratura di Simenon può rappresentare un filo conduttore nella mia vita prima di produttore tv, poi di narratore. È di certo lui l’autore che mi ha più aiutato nel tracciare la mia idea di giallo.”
Alla fine, ricorda “la cura, l’attenzione e l’affetto coi quali Elvira leggeva i suoi autori”. Che cosa ha rappresentato per il mondo culturale Elvira Sellerio recentemente scomparsa?
“Elvira ha rappresentato molto, moltissimo per me. Tutti i giorni che mi sveglio e inizio a lavorare penso che avrei voglia di farle leggere quello che ho scritto e ne vorrei avere un suo parere. Mi manca veramente molto.”
Sia nei romanzi di Montalbano sia nei Suoi raffinati romanzi storici che uniscono tragedia e farsa come Il nipote del negus non manca mai l’ironia. È soddisfatto quando chi legge un Suo libro, ride di gusto?
“Guardi, è veramente la cosa che più mi fa piacere.”
Ha scritto con Carlo Lucarelli Acqua in bocca. Mai come ora i generi noir e thriller conseguono tanto successo nel nostro paese. Secondo Lei quali sono i motivi?
“Al di là di Acqua in bocca che considero un semplice ‘divertissement’ tra me e Lucarelli, io penso che il giallo funzioni molto in questo momento storico, perché permette di contestualizzare meglio il periodo, il momento politico e sociale che si vive. Il lettore si ritrova a leggere qualcosa che ben conosce e riesce facilmente a entrare nel mondo dell’autore.”
Alessandra Stoppini
 
 

La Repubblica (ed. di Firenze), 10.11.2010
Quei reportage per non perdonare firmati Sepúlveda
La memoria dell’esilio

L'esilio, secondo Luis Sepúlveda? «È una condizione che determina un cittadino di seconda o terza categoria, senza diritti. L'ultimo della fila, sempre». Il nostro colloquio con lo scrittore cileno, oggi alle 18 da Feltrinelli per presentare il suo libro “Ritratto di gruppo con assenza” (Guanda, introduce Pino Cacucci), inizia da qui.
[…]
Nel libro cita Andrea Camilleri. «Adoro la sua enorme saggezza. E la capacità di trascinarti fino all'ultima parola di ogni suo romanzo».
[…]
Fulvio Paloscia
 
 

Il Fatto Quotidiano, 10.11.2010
Buttafuoco, My fair Papi e la censura dello stabile
L'intellettuale rivela: "preparavo una pièce su B. e Don Verzè ai Caraibi in compagnia: musiche di Conte, regia di Moretti, testo di Giuliano Ferrara"

Pietrangelo Buttafuoco è un ossimoro. L’inclassificabile apolide di natali missini che indossa l’eskimo come un barone siciliano e al rimpianto di un irrecuperabile passato, preferisce il graffio scorretto del presente.
[…]
Cosa è successo?
”Che lo Stabile di Catania è una perla senza padroni e qualcuno ha pensato di gestirne il potenziale a colpi di clientele attaccando un cartellino.”
La sua reazione?
”Ho rimesso il mio mandato.”
Sabato scorso si è svolto un consiglio di amministrazione.
”C’ero, c’ero. Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare.”
Dica.
”Si è scomodato perfino il governatore Lombardo. Seduto allo stesso tavolo con il presidente della Provincia Castiglione: sono nemici storici, si guardavano in cagnesco, cinema puro.”
Strano?
”Roba da segnare sul calendario. E infatti Stancanelli, sindaco di Catania, mi ha detto scherzando ma non troppo: ‘Pietrà, siamo in minoranza. Gli unici camerati siamo noi, gli altri sono tutti democristiani. Ci fregano’.”
Quando la chiamarono, nel 2005, le cose apparivano diverse.
”All’epoca in cui io e il direttore artistico Giuseppe Dipasquale cominciammo, il debito era consistente. Lentamente, lo ripianammo con i crediti.”
Avete soci nell’impresa?
”Regione Sicilia, Provincia e Comune di Catania, Camera di Commercio.”
Come si comportano?
”Dovrebbero quanto meno sbrigarsi a erogare i denari. Se non arrivano i contanti, dobbiamo chiedere prestiti alle banche. Improvvisamente poi, deflagra una strana voglia di liquidare il direttore artistico.”
Chi smania?
”E’ un prurito politico, che ha origine dalle parti del parlamento siciliano.”
Non sia criptico.
”I parlamentari del Pdl alla Regione iniziano a dire ‘dobbiamo guardare i conti’. Alzano il dito contro la piéce tratta da Camilleri “Il birraio di Preston”, che brucia date ovunque e secondo loro, è costosissima. Per inciso, Camilleri che è un mio amico, ha ceduto i diritti gratuitamente.”
[…]
Malcom Pagani, Silvia Truzzi
 
 

Il Giornale, 10.11.2010
Il critico
Che noia lo showman improvvisato

Che barba. Oltre alla sua, di tre giorni e passa, la nostra, di mezz’ora. Trenta minuti che sono sembrati un’eternità, la tentazione irresistibile di cambiare canale, frenata soltanto dalla paura di perdere l’assolo di Roberto il Primo, che in scena ci sa stare come nessun altro. Ecco, l’esordio di Saviano nell’incauto ruolo di showman è stato una mezza delusione, a prescindere dalle (prevedibili) cose dette. Colpa, certo, di Benigni, balzato in video poco dopo, un confronto che sarebbe impari per chiunque, Walter Chiari redivivo probabilmente compreso. Ma colpa anche e soprattutto sua, dello scrittore più blindato, e forse, con buona pace di Camilleri, più presuntuoso d’Italia, convinto che dal microfono si possa sparare come dal computer.
[…]
Massimo Bertarelli
 
 

La Nazione (Umbria), 11.11.2010
Bagno di folla per Camilleri e Silvestri
Ai Notari il ricordo di Nino Cordio


 
 

Il Giornale dell’Umbria, 11.11.2010
Perugia. La manifestazione letteraria ha preso il via con due autori di grande prestigio che hanno attirato un pubblico numeroso
Su il sipario con Andrea Camilleri e Antonio Pennacchi
Giulia Mengoli
 
 

Corriere dell’Umbria, 11.11.2010
L’occhio di Cordio visto da Camilleri

Pronti via e a Umbria Libri sono subito passati in rassegna i grandi nomi. Camilleri, Pennacchi, Silvestri, tutti ieri pomeriggio. L’attesa maggiore, senza dubbio, era per l’ottantacinquenne scrittore siciliano, chiamato a parlare del volume monografico dedicato al pittore e scultore Nino Cordio dal figlio Francesco. Per “L’occhio di Cordio” Camilleri, che dell’artista morto dieci anni fa era stato frequentatore e amico, ha scritto l’introduzione. A Daniele Silvestri, che invece è amico del Cordio figlio, si deve la prefazione. Ecco perché insieme all’autore dell’opera c’erano questi due grandi della cultura italiana che apparentemente con l’arte contemporanea c’entrano poco o niente. Risultato prevedibile: Sala dei Notari pieni, molto parlar bene – e a ragione – di Cordio, che come ha ricordato nel suo saluto la governatrice Catiuscia Marini ha vissuto una porzione notevole della su vita nella campagna tuderte, moltissimo parlare dell’attualità politica italiana. […] Camilleri è uno che non le manda a dire. Sferzante il suo attacco alla politica culturale del governo Berlusconi: “Sanno solo tagliare. La cultura è il nostro unico grande patrimonio. Basta guardare questa stanza, per capirlo. Siamo la memoria della civiltà europea, e loro la stanno distruggendo”. […]
Giovanni Dozzini
 
 

Infolibro, 11.11.2010
Il sorriso di Angelica, Andrea Camilleri

Gli anni non impediscono a Montalbano di riaccedere alle venture e agli incanti dell'esperienza adolescenziale: all'inadeguatezza emotiva, alle fantasticaggini, ai risalti del cuore, ai turbamenti, alla tenera e trepida lascivia; alle affezioni precipitose, anche: dagli scoppi d'ira, agli schianti di gelosia. Conosce a memoria la poesia "Adolescente" di Vincenzo Cardarelli. Recita a se stesso i versi sul "pescatore di spugne", che avrà la sua "perla rara". E sa, non senza diffidenza e discorde sospetto di decrepitezza, quando più e quando meno, tra il lepido e il drammatico, che "... il saggio non è che un fanciullo / che si duole di essere cresciuto". Non crede invece, alla sua "saggezza", la fidanzata Livia. E scambia per un tratto di guasconeria la confessione di un tradimento, fatta con la schiettezza propria dell'età men cauta. Montalbano è stato folgorato dalla bellezza, sensualmente sporca di vita, della giovane Angelica. Un misterioso personaggio, nascosto in un gomito d'ombra, confonde il commissario con una giostra di furti architettati geometricamente, secondo uno schema d'ordine di pedante e accanita astuzia. Quale sia la posta in gioco è da scoprire. La vicenda è ingrovigliata e ha punte d'asprezza. E intanto Montalbano si vede in sogno, costretto in un'armatura di cavaliere, e buttato dentro un torneo. Fuor di sogno, nel vivo delle indagini, irrompe, in questa "gara" similariostesca, la nuova Angelica.
Libreria Mondadori Prato
 
 

Il Messaggero (Umbria), 12.11.2010
Fondazione Lungarotti e Relais Tre Caselle promuovono un ciclo di incontri con scrittori
Buoni libri
Salotto letterario a Torgiano
[A noi risulta che sarà a Todi, e non a Torgiano, NdCFC]

Tre poltrone dall’elegante design posizionate in modo che sullo sfondo appaia un confortevole e rassicurante caminetto in pietra serena con il suo fuoco, un trionfo di fiori su un tavolinetto, in una sala accogliente dalle pareti decorate con stampe e quadri d’epoca, ed ecco fatto un salotto. Se in questo contesto calate uno scrittore, un giornalista che lo stimola con le sue domande e una esperta di editoria ecco che quel salotto diventa un salotto letterario.
Se poi quel salotto sta al relais ”Le tre vaselle” di Torgiano della famiglia Lungarotti, che intende proporvi una serie di appuntamenti ecco che quelle occasioni diventano ”I salotti letterari de Le tre vaselle”.
Questi appuntamenti letterari prendono il via da una iniziativa di Annamaria Palomba, la direttrice del raffinato relais, che insieme alla pr Anna Maria Romano, e sotto la supervisione di Raffaella Sforza, responsabile della Fondazione Lungarotti che sovrintende a tutti gli aspetti culturali de Le tre vaselle, hanno pensato di proporre a clienti, amici e a quanti interessati, una serie di incontri cultural-mondano-letterari, proprio intorno al caminetto, con personaggi della letteratura, del giornalismo, del cinema e del teatro.
[…]
«Sono già in programmazione i prossimi appuntamenti - dicono Raffaella Sforza, Annamaria Palomba e Annamaria Romano - per ora non possiamo indicare le date perché stiamo attendendo le conferme delle disponibilità, ma ci sono contatti […]. Inoltre incontri con l’attore Luca Zingaretti, con il regista Rocco Mortelliti per presentare il suo ultimo film ”La scomparsa di Patò” il cui soggetto è preso da un romanzo di Andrea Camilleri che ha promesso di riflettere attentamente sull’invito».
Una delle attrattive che potrebbe far dire si al grande scrittore siciliano, inventore del commissario Salvo Montalbano, è uno dei mast attuali del relais Le tre vaselle, la Spa BellaUve, specializzata in trattamenti di “vinoterapia”.
Luigi Foglietti
 
 

todifutura.it, 12.11.2010
Sarà vera la storia su Camilleri?

Corre voce che Andrea Camilleri, in questi giorni, dovesse passare a Todi per presentare un libro su Nino Cordio.
Sembra, però, che qualcuno, nel Palazzo, non l’abbia voluto, perché “troppo schierato” e abbia impedito l’organizzazione dell’evento.
Se fosse vero sarebbe davvero grave. E non serve spiegare perché.
Qualcuno ne sa qualcosa? Grazie!
 
 

La Repubblica, 13.11.2010
"C'è un Dg che fa il tifo contro deve andarsene al più presto"

Roma - A "Vieni via con me" lunedì c'era Vendola. Lunedì prossimo ci saranno Bersani e Fini. È uno scandalo? «Ma dov'è lo scandalo?», risponde Nino Rizzo Nervo, consigliere Rai, di centrosinistra.
[…]
Il debutto di "Vieni via con me è stato fulminante", con oltre 7 milioni e mezzo di spettatori. Il successo di ascolti dà fastidio?
«Questo è il vero dramma della Rai: c'è un dg che tifa contro i programmi di successo della sua azienda. Vuole cambiare la programmazione di Rai1 di lunedì prossimo: al posto della "La baronessa di Carini" ieri avrebbe deciso per dar fastidio a Rai3 di programmare una replica de "Gli arancini di Montalbano". Fazio dovrebbe fare una contromossa: invitare Zingaretti e Camilleri per fargli fare la lista delle delizie culinarie siciliane».
[…]
(le. pa.)
 
 

Il Mattino, 13.11.2010

Ci penserà il commissario Montalbano a fermare la coppia Fazio-Saviano. È l’idea che il direttore generale della Rai Mauro Masi sta accarezzando in queste ore per arrestare il successo di ”Vieni via con me”, che lunedì sera, Raitre, avrà come ospiti il presidente della Camera Gianfranco Fini e il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. La fiction ”La baronessa di Carini”, già programmata sul primo canale, potrebbe essere sostituita da una puntata di Montalbano. L’ipotesi non entusiasma né il produttore della serie Carlo Degli Esposti né il regista Alberto Sironi, ma Masi intenderebbe giocarsi anche questa carta: l’intero commissariato di Vigata contro il duo Fini-Bersani. Un’alleanza, questa, per ora solo virtuale ma, come si sa, la tv anticipa spesso la realtà.
[…]
Maria Paola Milanesio
 
 

ItaliaInformazioni, 13.11.2010
Camilleri contro il commissario Montalbano lunedì alla Rai? Masi sceglie gli “Arancini” per battere Saviano, e Fazio invita lo scrittore

Di questo passo finisce che Andrea Camilleri sarà costretto a scendere in campo per combattere il commissario Montalbano. Rizzo Nervo, membro del Cda della Rai, sospetta infatti che il direttore generale dell’azienda, Masi, stia tramando per stravolgere il palinsesto di lunedì al fine di contenere una audience esagerata su “Vieni via con me”, il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, sulla terza rete del servizio pubblico. A mali estremi, estremi rimedi, insomma.
Conoscendo Camilleri e le sue opinioni politiche, decisamente radicali sul conto del Cav, gli toccherebbe di accettare la sfida di Montalbano (con il bis della puntata sugli “Arancini) e misurarsi con il suo personaggio più popolare. A quel punto toccherà alla platea dei telespettatori assegnare la vittoria al commissario o al suo creatore. Non avrebbe potuto fare di meglio Luigi Pirandello. Masi sarà anche uno con il paraocchi ma senza volerlo sta scrivendo, virtualmente, una piece teatrale en plein air, al cospetto del Paese. Una bella prova di creatività, seppure inconsapevole.
Siccome i sospetti di Rizzo Nervo non sono campati in aria, corre voce che effettivamente Fabio Fazio abbia messo in pre-allarme Andrea Camilleri, in attesa di eventi. Se vuole stravolgere il palinsesto per dare un contentino a Silvio Berlusconi, dovrà farlo entro le prossime ore. Il conduttore, quindi, non avrebbe tempo di fare scende in campo Camilleri, se non ne prevedesse la presenza per tempo.
Si aggiungerebbe a quella di Gianfranco Fini e di Pier Luigi Bersani, invitati a farci sapere, rispettivamente, che cosa sia la destra e la sinistra?
Pare proprio di sì.
Qualche perplessità tuttavia, la scelta di Fazio e Saviano, la suscita, e non certo per le ragioni illustrate da Masi, il pluralismo calpestato, ma per ragioni ben più gravi. Gianfranco Fini ha espresso, nel suo intervento di Bastia Umbra, la convinzione che le categorie della destra, sinistra e centro, siano da mettere in archivio e che il mondo è cambiato, perciò sarebbe bene che ci si accorgesse di questo cambiamento. Una riflessione che è stata pari pari ribadita, seppure con altri accenti, da Pier Ferdinando casini nel corso di Anno Zero. Anche il leader dell’Udc la pensa come Fini: bisogna misurarsi con i grandi temi di oggi, le questioni sul tappeto, le emergenze, i temi e i problemi che assillano gli italiani, piuttosto che guardare a categorie del passato, spazzate via dalle dinamiche sociali, economiche e dalle innovazioni e modernizzazioni sopravvenute. Insomma secondo casini e Fini, ragioniamo con la testa rivolta indietro. E parliamo di nulla.
Ma se è così come farà Fini a spiegare la destra oggi? Dirà che non esiste più? E Bersani? Non ha abiurato alle categorie della destra, sinistra e centro, ma di fatto il suo Pd non è collocabile a sinistra per nulla, visto che sui temi della laicità di pensiero, le questioni etiche – tanto per fare un esempio – non può certo muoversi con l’agilità di un leader della sinistra. E se gli venisse in testa di scendere in piazza sventolando una bandiera rossa, verrebbe subissato di critiche e minacciato di “interdizione”.
In definitiva, Masi farebbe bene a non farsene un cruccio di questa presenza che giudica anomala in “vieni via con me”, perché Fazio e Saviano potrebbero avere messo sulla graticola Bersani e Fini, altro che aiutarli a promuoversi davanti al “loro” pubblico antiberlusconiano.
E siccome i telespettatori di “Vieni via con me” sono tantissimi ma in larga parte schieratissimi, mostrare i loro leader poco convincenti, balbettanti o incoerenti più che un’opportunità potrebbe essere una trappola.
L’audience, comunque, resterà alta. Ma senza soverchio merito. “Vieni via con me” non è certo Anno Zero, dove perfino Vauro, pernicioso nemico dell'establishment, fa spettacolo. E allora, chiederete, che cosa è? Non lo sappiano: non è un programma di intrattenimento, non è un programma culturale, non è un talk show (per ammissione degli autori). Benigni si tira dietro milioni di telespettatori anche se lo invitano alla fiera del martedì. Roberto Saviano viene letto ed apprezzato, con merito, da tutti, ma non è sicuramente un fine dicitore né un intrattenitore di folle. E Fabio Fazio? Beh, non può certo risolvere i suoi problemi con l'understatement accessibile a pochi eletti.
Tirate le somme, condividiamo alcuni contenuti (ma non certo la lacunosa carrellata sulla macchina del fango,), stimiamo i personaggi (perché mai avrebbe dovuto essere pagato il maestro Abbado?), ma non il format della berlusconiana Endemol che l’ha prodotto.
Post scriptum: ci è piaciuto il dialogo Fazio-Saviano sul fuggire o restare qui, oltre che Benigni e quel tenerissimo Vendola.
 
 

AgoraVox Italia, 13.11.2010
L’Italia è la tomba del diritto
“Di testa nostra. Cronache con rabbia 2009-2010” è un’opera che raccoglie tutta l’avversità di Camilleri nei confronti di Berlusconi (Camilleri e Lodato, www.chiarelettere.it, 2010).

Vi è almeno una soddisfazione nel crimine: puoi parlare al tuo complice come a un tuo pari. (Proverbio latino)
“Le cose rifiutano di essere a lungo mal gestite”. (Proverbio latino)
Il titolo di questa recensione prende spunto da un aforisma di Leonardo Sciascia, un siciliano intelligente e senza padroni come Andrea Camilleri, il quale affermò pure che “l’Italia è un paese senza verità”. Dunque sarebbe ora di trovare il tempo e il coraggio di chiedersi che fine farà un paese che continua a vivere senza giustizia e senza verità.
Comunque, ad essere onesti, Camilleri è molto partigiano ma pure molto chiaro e pragmatico: le bassezze e le debolezze dell’attuale classe dirigente vengono evidenziate dal suo acume intellettuale. E per supportare le critiche di Camilleri a Berlusconi bastano questi numeri: nel periodo caratterizzato dai governi di Berlusconi (6 anni degli 8 presi in considerazione), l’economia italiana è stata l’unica importante economia al mondo a subire un consistente calo (pari a circa il 6%) del reddito reale pro capite. Gli unici altri paesi al mondo a subire un calo del PIL sono stati lo Zimbabwe, Haiti e la Costa d’Avorio. A parte questi tre paesi, a nessun altro paese al mondo è andata peggio che all’Italia. (da Impunity dell’economista Charles Young).
Inoltre bisogna ricordare che “Berlusconi era capolista in tutte le circoscrizioni per le europee e il suo partito è pesantemente arretrato. Non si presentava in prima persona in nessuna provincia e in nessun comune, e il suo partito ha ottenuto un buon risultato. Morale della favola: avrà capito che si tratta di una sconfitta assolutamente personale” (Andrea Camilleri, p. 44). E forse anche altri politici hanno capito che è sempre più inutile muovere la lingua e che è giunto il tempo di smuovere le chiappe…
Purtroppo in Italia è molto difficile fare delle critiche costruttive poiché nessuno vuole privarsi dei vantaggi a breve o medio termine anche col rischio di una valanga di svantaggi a lungo termine. In effetti Mark Twain affermò che la libertà di parola è forse un privilegio di cui nessuna persona vivente può godere. Del resto “Questa riluttanza a esprimere opinioni impopolari è giustificata: il prezzo da pagare è assai alto, può comportare la rovina economica di un uomo, farli perdere gli amici, esporlo al pubblico ludibrio e alla violenza, condannare all’emarginazione la sua famiglia” (1905).
Se Twain riscontrava queste difficoltà in un paese anglosassone è quindi inutile pretendere dei comportamenti civili in un paese governato dall’inciviltà, dall’egoismo familista e dall’economia della liquidità mafiosa che ha infettato aziende private e banche politicizzate. Come affermò Sciascia: “Se lo Stato italiano volesse davvero sconfiggere la mafia, dovrebbe suicidarsi”.
Comunque a mio parere si potrebbero risolvere molti problemi italiani eliminando buona parte dei vecchi figuri e figuranti delle attuali direzioni partitiche e statali. La soluzione più pratica, veloce ed economica nel breve e medio termine può essere questa: “Più prepensionamenti per tutti i dirigenti”. Dopotutto i giovani costano meno e le pensioni dirigenziali si possono ridurre a causa della crisi economica per bilanciare l’iniquo blocco delle nuove assunzioni degli ultimi vent’anni.
E si potrebbe rafforzare il ruolo della educativo delle prime linee dello Stato. Infatti “La mafia ha paura della scuola, non della giustizia” gestita all’italiana (Giovanni Falcone). Quindi ancora oggi “La scuola ci appare come l’unica istituzione in grado di trovare un rimedio agli errori perpetrati in famiglia” e nelle altre istituzioni (Alfred Adler). Non si può negare che in troppe nazioni l’educazione ricevuta all’interno della famiglia stimola “in primo luogo la volontà di potenza e l’incremento della vanità” (Adler). Quindi si potrebbero istituire degli "insegnanti di sostegno" per i figli dei pregiudicati.
In conclusione: “gli italiani poveri sono ladri perché sono poveri e gli italiani ricchi sono ricchi perché sono ladri” (rivisitazione di Pino Caruso). E molti italiani “normali” rubano perché quasi tutti trovano il modo più o meno legale per “rubare”: i dirigenti del settore pubblico, i dirigenti del settore privato e lo stato gestito dai grandi protettori dei ricchi e dai politici egoisti e familisti.
Damiano Mazzotti
 
 

Articolo 21, 14.11.2010
Il tradimento di Montalbano

Che anche l'eroico commissario di Vigata non fosse sentimentalmente uno stinco di santo, ce lo aveva concesso persino Camilleri. Molte tentazioni, qualche cedimento e mille rimpianti. Che Montalbano potesse diventare complice delle paranoie burocratiche dello stupido questore Bonetti-Alderighi, proprio non me lo aspettavo. Mi sento tradito personalmente. Resta il fatto che lunedì sera la sfida televisiva non sarà quella tradizionale tra “sbirri” e “caramba”, ma tra i troppi “Usi obbedir tacendo” proliferati in Rai e la incontrollabile Rete Tre modello Siulp, il sindacato della polizia smilitarizzata e persino sinistra. Con Montalbano che salta il fosso. Lui, innocente strumento usato per fare concorrenze di ascolti, sia pure proponendo la sua undecima replica, contro i sovversivi Fazio e Saviano. Con l'aggiunta di Bersani e Fini che ci proporranno la loro versione drammaturgica di Destra e di Sinistra. Speriamo abbiano il coraggio e la stessa chiarezza che ha avuto Vendola nell'elencare i modi per definire, nella prevenzione comune, i gay. Chiarito che a tradimento corrisponde tradimento e mezzo (come si dice a Vigata) e che questa volta Montalbano, suo malgrado, dovrà registrare la prima cantonata della sua vita di sbirro controcorrente, io cittadino chiedo giustizia.
Rivoglio il Montalbano buono. Quello delle cause giuste anche se perse. Un Salvo che ci salva. Un Commissario che somiglia, per alcuni tratti ad un certo Direttore di Rete, capello più capello meno. Se non fosse per questa forzatura, tutti gli altri personaggi in commedia sarebbero al loro posto. Il parallelo Rai con lo stolido questore di Montelusa è sin troppo evidente. Ma si, ma no, lì siamo. Pateticamente. Come è trasparente il parallelo tra l'ispettore Fazio (lo sbirro) e il responsabile del programma e pluribastonato Loris Mazzetti. Fazio (Fabio) lo vedo nel vice commissario Mimì Augello. Sta piacendosi troppo e si riserva soltanto alle più belle fighe dello spettacolo e della cultura. La Litizzetto è certamente Adelina, la tuttofare di casa Montalbano a Marinella: mamma di carcerati e cuoca di piatti sempre saporiti e qualche volta indigesti. Più compromettente individuare il Catarella Rai. Un po' per la sua simpatia assoluta, un po' per le sue intuizioni geniali oltre l'apparenza stolida. Per trovarlo forse occorrerebbe scendere in fureria. Al centralino delle richieste e smistamento di prebende, con “Signorsì” finale d'ordinanza. L'iracondo e siculissimo dottor Pasquano è stato certamente ispirato a Camilleri dal consigliere d'amministrazione Rai Nino Rizzo Nervo che come ti viviseziona lui, da vivo o da morto, non c'è d'eguale.
Torniamo a Montalbano. Redento, ovviamente. Montalbano che la sua Vigata oscura la conosce meglio di Livia, fidanzata decisamente antipatica, anche se di Boccadasse (Genova), da dove Paoli cantava la gatta sul tetto che aveva una macchia nera sul muso. Nell'immaginaria Vigata di Saxa Rubra, le recenti rivelazioni di sprechi direttoriali e premi di clientela politica denunciate da Il Fatto, manco occupavano le chiacchiere da bar. Tanto erano note e conclamate. Semplice equazione matematica. Marchetta giornalistica=incasso da parte del cliente.  Che il direttore di grande testata televisiva sia obiettivo di attenzioni interessate da parte di molti, fa parte delle debolezze del mondo. Che si fosse giunti allo scambio di favori attraverso mediazione organizzata, fosse mai, persino allo smaliziato Montalbano apparirebbe troppo. Ieri era soprattutto la clientela politica a fare premio, oggi ci dicono si paghi  direttamente con carta di credito. In conto aziendale. Dignità a perdere, sembrerebbe la novità. Ma io, speranzoso, attendo smentite. O dimissioni per soprassalto di dignità di principe, vassalli e valvassini assieme. I semplici ruffiani li graziamo per pietas cristiana.
Nel frattempo, recente orfano di antiche dignità Rai, recito i nomi di vecchi direttori del Tg1. Come giaculatorie. Emilio Rossi, tu che ora frequenti il Paradiso, mettici una parolina. E tu Albino Longhi, tridirettore e incorreggibile democristiano dal rude tratto, almeno una “santione” da rimediare in confessione. Nuccio Fava, articolato e complesso, dove mai siamo andati a finire? E anche tu Bruno Vespa, che pure evocavi l'Editore di riferimento. Tu almeno ci imponevi il Caf democristiano, e non Capezzone, Cicchitto o Gasparri. E tu Demetrio Volcic, dai nobili tratti slavi, e lo sdoganato sinistro (ma non troppo) Giulio Borrelli. Che ne dite dell'oggi? E voi meteore esterne spesso maltrattate: Brancoli, Sorgi, Lerner. Un soldo per i vostri pensieri. Su Riotta mi astengo. Il Tg1 forse non è mai stata l'accademia del giornalismo, come ammetterebbero  gli stessi Mimun e Carlo Rossella, precedenti ere berlusconiane Rai, ma è stato sempre e comunque altra cosa. In attesa di conoscere i numeri del referendum sindacale dei giornalisti Rai sul direttore generale Mauro Masi, al napoletano verace e segretario del sindacato Usigrai Carlo Verna segnalo la significativa cabala di Augusto Minzolini. Direttore Tg1 numero 17. Volesse mai predire qualche cosa?
Ennio Remondino
 
 

La Repubblica, 14.11.2010
Rai uno rispolvera Montalbano per far concorrenza a Saviano

Roma - Il commissario Montalbano contro Roberto Saviano.È questo l' inedito scontro televisivo che si consumerà lunedì tra due reti del servizio pubblico. Rai Tre alle 21.05 trasmetterà il programma "Vieni via con me", ma alla stessa ora Rai Uno (a sorpresa) anziché la prevista fiction "La baronessa di Carini" manderà in onda "Gli arancini di Montalbano": una replica della fortunata serie televisiva nata dalla penna di Andrea Camilleri, ma pur sempre uno dei prodotti più amati dagli abbonati Rai. Una decisione presa in gran fretta. E per alcuni sospetta. Perché la Rai di Mauro Masi, lentissima nel siglare i contratti di tanti collaboratori (non solo di Fabio Fazio e Roberto Saviano, ma anche di Michele Santoro e di altri giornalisti "sgraditi"), con straordinaria sollecitudine da ieri mattina offre una raffica di spot promozionali per annunciare che Luca Zingaretti, nei panni del "Commissario Montalbano" sarà l'alternativa alla coppia Fazio-Saviano. Il movente del brusco cambiamento di palinsesto? "Vieni via con me" si preparava a celebrare un nuovo record di ascolti, dopo il debutto con7 milioni e 600 mila tele spettatori. Un'ulteriore cattiva notizia per il premier Silvio Berlusconi. Di certo, sul palcoscenico di Rai3 viene confermata la presenza del presidente della Camera Gianfranco Fini e del segretario del Pd Pierluigi Bersani. Il direttore generale Rai, Mauro Masi, per non apparire un censore, adotta ormai la via della controprogrammazione intestina (in Auditel si direbbe "metodo Tafazzi"), con il rischio di danneggiare entrambe le sue reti. Così, mentre Radiocorriere e Tv Sorrisi e canzoni segnalano che lunedì su RaiUno avrebbe tenuto banco Vittoria Puccini "Baronessa di Carini", il telespettatore si troverà di fronte a un episodio della serie "Il commissario Montalbano". A Rai Uno escludono che sia stato Mauro Mazza, direttore della rete ammiraglia (e storico amico di Fini) a chiedere questo blitz. L'ordine sarebbe venuto direttamente dalla direzione generale.
(le.pa.)
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.11.2010
Sollima suona Betta. Elio si trasforma in Gian Burrasca

[…] Oltre che nel concerto di Sollima, Marco Betta è presente come autore della fiaba musicale "Magaria", con testi di Andrea Camilleri. «La parte narrativa - spiega il compositore ennese - si può sintetizzare come apparizione, incantesimo e magia. Quella sonora, invece, è rappresentata dal concetto di linee: da quelle melodiche a quelle di orizzonte che delimitano il confine tra l'immaginazione della parola ed il suo divenire suono».
Gigi Razete
 
 

La Sicilia, 14.11.2010
Tra boss della mafia e un piccolo mondo visto da Taormina
Nel nuovo libro di Alfio Caruso, «L'arte di una vita inutile», il protagonista è il pianista Willy Melodia, uomo di Lucky Luciano, che nel romanzo rievoca la sua vita

Andrea Camilleri ha detto che "Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia è uno di quei libri che avrebbe voluto non fossero mai stati scritti. "Non si può fare di un mafioso un protagonista, perché diventa eroe e viene nobilitato dalla scrittura. Don Mariano Arena, il capomafia del «Giorno della civetta» giganteggia. Quella sua classificazione degli uomini - omini, sott'omini, ominicchi, piglia 'n culo e quaquaraquà - la condividiamo tutti. Quindi finisce con l'essere indirettamente una sorta di illustrazione positiva del mafioso e ci fa dimenticare che è il mandante di omicidi e fatti di sangue. Questi sono i pericoli che si corrono quando si scrive di mafia".
Non sappiamo se il papà di Montalbano abbia letto il nuovo libro di Alfio Caruso, "L'arte di una vita inutile" (Einaudi, pp. 371, euro 24) la cui trama è costruita tutta in base ai suddetti pericoli. Certo se l'avesse tra le mani farebbe un sobbalzo sulla sedia, perché è come se lo scrittore, d'origine catanese e milanese d'adozione, proprio i precetti moralistici camilleriani avesse voluto disattendere. Basta citare un episodio in cui il protagonista, il pianista Willy Melodia da Catania, assiste in un appartamento di Napoli all'incontro tra due capi mafia, Lansky e Lucky Luciano. La sua ammirazione sconfinata è pari alla consapevolezza della propria inadeguatezza: "per me aver assistito a quell'incontro è come per un altro aver assistito all'incontro tra Marconi ed Einstein. Erano due geni, non operavano nel campo del bene, però erano due geni".
Qui si tratta di omini e sott'omini, ovvero del grande capo e del suo prestanome destinato a gestire il ristorante Paradise a Taormina. L'esaltazione esplicita arriva nella parte finale del libro. Se fossimo stati camilleriani avremmo dovuto chiudere il volume e imprecare contro questo giornalista che si è messo a scrivere romanzi in cui mitizza i mafiosi, utilizzando tutto l'armamentario del mestiere, battute comprese.
[…]
Gli altri personaggi fanno da contorno allo sviluppo dei rapporti tra questi due caratteri, e soprattutto i poliziotti hanno poco del fascino di Montalbano.
[…]
Salvatore Scalia
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.11.2010
Pippo Baudo
"La mia nostalgia per la terra che mi ha maltrattato"

[…]
E al Teatro Stabile lei è stato il successore del mitico Mario Giusti.
«Prima direttore artistico poi presidente. Ho fatto moltissimo e sono stato trattato male. L'ho fatto acquistare, cosa che sembrava impossibile. Abbiamo realizzato produzioni bellissime e messo in scena Camilleri, ma poi la politica ha macchiato tutto. In 25 anni non ho preso mai un rimborso e avrò speso miliardi, ma era un servizio alla mia città. Nessuno mi ha mai ringraziato».
[…]
Sergio Buonadonna
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.11.2010
Questo è un derby inesistente Palermo non è una città siciliana

Da catanese trovo disdicevole la storica rivalità siciliana Catania-Palermo, assurda direi, dato che Palermo, è cosa nota, non è una città siciliana, ma sarda.
[…]
So che questa potrà sembrare una "provocazione", ma mentre chi scrive, io, crede alla Storia, chi legge, voi, crede a Sky, a Premium e alla Lega Calcio, così come credete a una Sicilia esotica, da visitare in giacca sahariana, prendendo dammusi in affitto, e popolata da Camilleri e Buttafuochi, nella vostra perfetta imitazione di Enrico Montesano («Salvatore, che mi piace a tutte l'ore»)
[…]
Ottavio Cappellani
 
 

L’Asino d’oro edizioni, 15.11.2010
Il nuovo libro de L’Asino d’oro edizioni in uscita venerdì 19 novembre 2010 in tutta Italia.
“Storie di Amore e Psiche”, in un libro 19 variazioni della favola d’amore più antica del mondo: dall’Iran alla Sicilia, con una “perla” di Camilleri
Si intitola ‘U Re d’Amuri la fiaba riscritta dal creatore di Montalbano, tra le novelle dell’area mediterranea. La fanciulla e l’amante sconosciuto: un “plot” universale che attraversa i millenni
La presentazione a Roma, sabato 4 dicembre 2010, alla fiera “Più Libri più Liberi”

Roma. Il segreto di un’identità invisibile, i cui protagonisti sono da sempre ragazze e ragazzi innamorati, di ogni civiltà, pervade gli strati della storia, appartiene a tutte le zone del mondo, e definisce un filone narrativo senza confini: è la favola universale dello sconosciuto che la fanciulla può amare soltanto di notte. Dopo averne tradito il mistero, istigata da parenti invidiosi, deve poi superare ardue prove per riconquistarlo.
Un’affascinante testimonianza del vagabondare attraverso l’antichità di questa arcaica trama, talmente diffusa da poterla considerare “la storia d’amore più antica del mondo”, si scopre in“Storie di Amore e Psiche”, a cura di Annamaria Zesi, studiosa di storia del folklore e della letteratura di tradizione orale, in uscita nelle librerie di tutta Italia, venerdì 19 novembre 2010, per i tipi de L’Asino d’oro edizioni, e che verrà presentato a “Più Libri più Liberi”, il Salone del libro di Roma, sabato 4 dicembre (ore 19).
Il volume raccoglie diciannove “varianti” della favola - una delle quali, intitolata “’U Re d’Amuri” è stata riscritta in siciliano per l’occasione da Andrea Camilleri -, che dall’Hindustan alla Scandinavia, dalla Persia alle coste Berbere del Mediterraneo, fino alla Russia passando per l’Italia, ripropongono in modo diverso il “plot” della favola di “Amore e Psiche”.
Sintesi di una ricerca che Annamaria Zesi svolge da decenni, inseguendo tra biblioteche e racconti degli anziani ai mercati mediorientali, le tracce di un ciclo narrativo orale che dall’Anatolia e dall’Iran, attraverso il Caucaso, assume origine letteraria nell’India del II millennio a.C., per giungere poi sotto molteplici vesti (Dracula, La Bella e la Bestia, Biancaneve), fino ai giorni nostri.
Il racconto che nel II sec. a.C Apuleio traspose nella prima forma letteraria conosciuta, identifica un vero proprio genere, le cui fila la studiosa ha ricostruito con estrema sensibilità filologica, riportando alla luce e donando un senso a date, traduzioni e documenti a volte incongruenti. E’ il sogno del principe azzurro, l’immagine ideale di ogni adolescente, che segna il passaggio all’età adulta.
Che si chiami Urvasi, come la ragazza indoiranica protagonista di un inno vedico (Rgveda) di quattromila anni fa, oppure si chiami Tulisa, figlia di falegname e amica degli scoiattoli o sia la bellissima Sguardo Amoroso (Mer Niga), la persiana o la misteriosa berbera Yamina, o Parmetella la napoletana, oppure si chiami Rusiddra, protagonista siciliana della fiaba di Camilleri, tradotta da un racconto del Pitré, l’immagine di Psiche attraversa le epoche e ripropone forse il fascino di “una creazione collettiva”, come adombra nella introduzione Annamaria Zesi, indagando con sapienza l’origine semantica del nome psyché: dall’omerico vita e respiro, fino all’iconografia etrusca che trasforma la parola in farfalla.
E lo sconosciuto sposo, animale di giorno e bel giovane, aitante, di notte? Nella fantasia degli aedi che portavano per il mondo conosciuto le favole dei popoli senza scrittura, diventa a volte serpente, altre volte enorme aragosta oppure un cammello, che al buio si sveste della pelle selvatica e diventa umano.
Tra i motivi che tornano in tutti i racconti, assieme a quello del divieto di guardare il volto dell’amante o di conoscerne il nome (“la gioia e lo smarrimento del misterioso abbraccio notturno, commenta Calvino”, ricorda Annamaria Zesi nell’introduzione), ci sono l’invidia dei parenti che tramano inganni, e le difficili prove per riconquistare il bene perduto.
Quasi che si trattasse di un “apprendistato della ragazza verso l’età adulta”, afferma la Zesi, che cita nell’introduzione il professore Massimo Fagioli, autore dell’originale disegno di copertina di “Storie di Amore e Psiche”, che in una lezione di psicologia parla di Psiche come di “una protagonista, che attraverso tutto il percorso della storia realizza la sua piena identità di donna”.
Comunicato stampa
 
 

Pandora spettacolo, 15.11.2010
Andrea Camilleri - Intervista esclusiva
Ho incontrato Andrea Camilleri nella sua casa romana di via Asiago, accanto alla sede RAi dove lui stesso ha lavorato per lunghi anni, nel gennaio 2008. L'intervista è inserita nel volume di documentazione sul metodo mimico di Orazio Costa, maestro amatissimo e poi amico di Camilleri che fu suo allievo regista in Accademia d'Arte drammatica, a breve in uscita.

Sono stato allievo di Orazio nell’anno accademico 49-50. Ero l’unico allievo regista perché non c’erano allievi della classe di regia né di terzo anno né di secondo anno. Il metodo di insegnamento si svolgeva su due piani, l’insegnamento vero e proprio di regia per almeno quattro ore la mattina, che consisteva semplicemente in un faccia a faccia al di là di un tavolo a discutere su un testo. Si trattava di una analisi testuale la più approfondita possibile. Il primo testo sul quale cominciammo a lavorare fu il Filottete nella traduzione italiana di Ettore Romagnoli, che ai quei tempi era l’unica esistente. Ma nello stesso tempo avevamo di fronte anche il testo greco. Quindi procedevamo così: una iniziale analisi dalla traduzione di Romagnoli dal testo originario, poi una elaborazione di una sorta di traduzione che si basava su Romagnoli ma non si limitava a questa, perché era enormemente modificata dalla nostra stessa traduzione. Su ogni parola che noi modificavamo si svolgevano delle discussioni a non finire. Poiché ogni vocabolario che si rispetti di una parola offre due o tre versioni, il problema per noi era: identificare quale parola, per quale scopo. Tutto ciò era funzionale a individuare una linea di interpretazione registica del testo che veniva elaborata all’atto stesso della traduzione personale o dalla nostra correzione rispetto a quella del Romagnoli. Lo stesso tipo di metodologia di studio venne applicata anche sul testo dell’Amleto nella versione di Eugenio Montale. Il Filottete e l'Amleto furono i due testi sui quali lavorammo per un anno, praticamente tutte le mattine, insieme ad Orazio.
Quindi, ricapitolando, le lezioni di regia consistevano in lettura, traduzione e interpretazione del testo, per poi stabilire i modi migliori per rendere la nostra lettura critica del testo.
Orazio allora aveva un suo modo di lettura che consisteva nella evidenziazione di quelli che lui chiamava “nodi drammatici” e “colpi di scena”. Il procedere dei “nodi drammatici” all’interno di una battuta di una tragedia greca, per esempio, era in realtà il tentativo di individuazione del ritmo che avrebbe avuto l’interpretazione. Di cosa consistevano i “nodi drammatici”? Per Orazio il “ nodo drammatico” era ogni dato di novità che veniva fornito allo spettatore. Faccio un esempio pratico: nel Filottete, entrano in scena, appena comincia la tragedia, due persone, uno più anziano e uno assai più giovane. Altri dati di conoscenza non ne abbiamo. Né quale sia il luogo dove si svolge l’azione né chi siano i due personaggi entrati in scena. Sappiamo solo che sono due guerrieri, perché sono vestiti da guerrieri. Che uno è più anziano e l’altro più giovane.
Comincia a parlare il più anziano e dice:
“Questa è la terra di Lemno”
E' il primo dato che viene fornito dalla lettura.
“Deserta. Lontana dalla rotta delle navi”. Questo è il secondo dato.
“Mai piede umano lo calca. Qui, io Ulisse”... quante cose nuove sta dicendo...
“Oh giovane figlio Neottolemo- e qui abbiamo già identificato i due personaggi- tanti anni fa, abbandonai, per ordine dei miei capi, Filottete”.
Allora, se cominciamo ad analizzare questi primi versi scopriamo che Ulisse non abbandonò Filottete di sua volontà, ma per ordine dei capi. Poi spiega il perché abbandonò Filottete: aveva il piede malato. La somma di tutti i dati conduce a un “nodo drammatico” che viene enunciato da Ulisse, quindi i “colpi di scena” conducono al primo “ nodo drammatico”: si tratta di convincere Filottete a dare le armi che possiede, armi che permetteranno di vincere la guerra. Seguiva una scelta fra i diversi nodi drammatici che consisteva nel decidere a quali fra essi dare maggiore o minor importanza perchè dalla cernita delle cose da evidenziare, nasceva una interpretazione ritmica, oltretutto del testo.
Questi erano i tipi di lezioni che io facevo con lui.
Naturalmente per me, che venivo dalla letteratura, la cosa funzionava a meraviglia.
Poi c’erano le lezioni, alle quali partecipavo, che non erano vere e proprie lezioni di recitazione (le lezioni di recitazione erano tenute dai titolari di cattedra Sergio Tofano e Wanda Capodoglio).
Le lezioni che lui faceva agli allievi-attori si chiamavano “lezioni di mimica”.
Non credo che all’epoca Orazio avesse le idee chiare su quello che sarebbe stato il suo Metodo.
Credo che in quegli anni andasse sperimentando praticamente, attraverso di noi e soprattutto con se stesso, quello che sarebbe diventato il Metodo Mimico. Diciamo che questa “ Mimica”, che lui faceva, era – come posso dire- un po’ naif, rispetto a quella che è stata poi la sua elaborazione.
Certo, ci sorprendeva tutti. Ricordo il povero Nino Manfredi: non finì mai di raccontare la sorpresa che ebbe quando Orazio gli disse “Fammi un albero”.
La richiesta “Fammi un albero” faceva cadere in un equivoco, per cui l'allievo col corpo disegnava l’albero.
Ma Orazio ti spiegava, subito dopo, che quello era il disegno di un albero. Non era un albero.
E che cos’era l’albero? L’albero è anche la linfa che c’è dentro.
E allora le cose cominciavano a complicarsi.
Oppure un'altra richiesta poteva essere “Fammi un fumo”, Già, ma quale fumo?
C'è differenza fra un fumo di legna e il fumo di una locomotiva a vapore. Il fumo ha dei ritmi diversi.
Questo comportava mettersi, col corpo, a cercare non di segnare ma di essere il fumo o di essere l’albero.
Naturalmente, chi erano gli allievi più bravi? I più bravi erano quelli che coglievano il ritmo di una qualunque cosa. O da ferma o in movimento. Per esempio un cavallo meraviglioso, indimenticabile, ricordo, fu quello di Tino Buazzelli. Non disegnò minimamente il cavallo. Non si mise a quattro zampe. Rimase in piedi, appoggiato al tavolo. Ogni tanto batteva il piede per terra. Era un cavallo meraviglioso.
Ecco, era questo che interessava a Orazio: cogliere, dall’interno, la cosa da rappresentare.
Aggiungeva anche un altro esperimento mimico, all’epoca. Dopo aver fatto “l’albero” e “il fumo” diceva: dimmi un verso qualsiasi . Accadeva allora che la voce che usciva non era più la tua voce, ma era il tentativo di essere una voce completamente diversa. Arrivammo a mimare tutti assieme come classe e al di là dell’esperimento singolo, per intero un poemetto del Pascoli Il ritorno di Ulisse. L'esperienza ci massacrò fisicamente. A questo punto, per quello che mi riguarda, mi sono fermato col Metodo mimico.
Poco prima che fondasse a Firenze la sua scuola, Costa venne per parecchi giorni a casa mia in Toscana e in cinque o sei pomeriggi mise per scritto quello che sarebbe poi stato il documento del MIM e me lo lesse. Oramai il Metodo mimico si era molto trasformato rispetto alle originarie e vecchie esperienze al punto tale che lui poi mi telefonò ed era molto contento perché questo metodo era stato anche preso in considerazione da dei geriatri. Il Metodo straripava dal solo fatto teatrale e diventava qualche altra cosa assai più importante, forse, del solo fatto teatrale. Su quello che è stato il suo Metodo mimico io posso dire pochissimo, perché tutto ebbe sviluppo dopo che io non lo frequentavo. Sono le generazioni dopo la mia che possono testimoniare assai meglio – credo che Roberto Herlitzka possa dire cose notevoli al riguardo - più di quanto non possa dire per esempio un mio compagno come Franco Graziosi, che pure è un grandissimo attore che però il Metodo mimico lo percorse nel suo addestramento attoriale.
Sul documento dell’ETI mi ha colpito il racconto dell’impatto complesso che lei descrive dall’incontro con Costa, due personalità che si sono incontrate ma che in qualche modo erano divergenti.
Completamente divergenti. Dei suoi allievi io credo di essere stato l’allievo più infedele per ciò che riguarda le sue idee di teatro, nel modo più totale. E lui aveva paura di questa infedeltà, in un certo senso, paura di addolorarsene tanto è vero che c’era questo curioso rapporto di grandissima amicizia e soprattutto di devozione da parte mia nei suoi riguardi, al punto di non essere mai riuscito a dargli del tu, malgrado lui me lo avesse chiesto centinaia di volte.
Lui non venne mai ad un mio spettacolo.
Per paura di esserne deluso?
Esatto. Io feci Beckett e lui non venne mai a vedere quello che era stato un grosso successo, il Finale di partita. La cosa bella era che certe regie che non poteva fare, le passava a me . Però non sarebbe mai venuto a vedere un mio spettacolo. Preferiva leggere le mie poesie, magari leggerle, alla radio, però nel momento in cui dovette lasciare l’insegnamento designò me come successore alla cattedra in Accademia con Ruggero Jacobbi, cioè designò, essendo un vero maestro, l’allievo meno fedele al suo insegnamento. Purtroppo io non ho avuto questa possibilità ma avevo già in mente il mio successore all’Accademia e sarebbe stato il mio allievo meno fedele. Lo stesso Costa, che era stato allievo di Copeau a cui aveva fatto anche da aiuto, non è che gli fosse in fondo così fedele, nel senso che il Metodo mimico che andava sperimentando, già dirazzava rispetto all’insegnamento di Copeau.
C’è una cosa che vorrei dire: attorno a Orazio si è creato un pregiudizio, quello che Orazio fosse un intellettuale raffinatissimo prestato al teatro, al contrario di Strehler che non era un intellettuale ma un puro e semplice animale di palcoscenico. Questo non è vero. Lo stesso Metodo mimico, per quello che io ne ho potuto capire, il privilegiare che fa dell’espressione corporale, ribalta completamente l’idea di Costa di intellettuale, semmai fa nascere dall’interno del corpo dell’attore l’impossibilità di espressione. Quanto di meno intellettuale si possa pensare.
Questo pregiudizio da chi è stato formulato?
Da tanti registi, da tanti uomini di teatro, da tanti critici.
A questo proposito mi viene in mente ciò che mi ha detto Roberto Herlitzka sulle straordinarie capacità attoriali di Costa.
Costa era un attore, su questo non c’è dubbio.
Quindi il Metodo vissuto anzitutto attraverso il suo corpo.
Sì, sì. Vede per esempio, Orazio è stato aiuto di Sharof però con Sharof ha anche recitato e Sharof non finiva mai di dirmi che bravo attore che era Orazio, certo si sentiva handicappato dal rotacismo che aveva ma era un bravissimo attore, straordinario.
Comunque il fatto della preponderanza della mente o comunque dell’apparato teorico lei lo condivide…
L’apparato teorico ce l’aveva, le ho spiegato infatti come si svolgevano le lezioni di regia.
Assolutamente teoriche.
Assolutamente teoriche, se non che poi le incorporava e questo era un altro discorso magico suo. Poi io gli facevo da assistente alla regia e vedevo come tutto questo diventava carne e sangue in palcoscenico. Senza perdere nulla di quello che era il suo apparato teorico sul testo.
Non c’è nessun regista che abbia avuto tanti allievi così bravi e così diversi come Orazio.
Per via della sua forte dimensione della socraticità.
Perché, vede, si diceva “però quando fai l’esame di regia e metti in scena, lui interviene”. Certo che interveniva, ma non interveniva su un’idea sua di testo, interveniva sulla tua idea di testo. Se vedeva che tu non riuscivi a realizzare interveniva dicendo “si può fare in questo modo la tua idea non la mia idea di testo”. Poi ti insaponava la corda per impiccarti, ma te la insaponava quella corda, non so se mi spiego. Quindi sono tutte leggende. Il suo rigore morale, il suo rigore sul lavoro faceva nascere queste leggende.
Era rigore il suo o rigidità?
Ha detto bene: il suo rigore veniva scambiato per rigidità invece era semplicemente rigore. Tutto qui.
Io mi sono trovata di fronte a bravissimi attori e bravissimi insegnanti di mimica, tutti con una personalità molto accentuata e anche un po’ anarchica rispetto alla matrice. E anche un po’ rissosi, devo dire. Questa è una delle ragioni per cui io mi sono incuriosita, e anche stupita, rispetto all’anomalia di un maestro che comunque ha creato non una scuola ma tanti piccoli maestri.
Per quale ragione secondo lei Costa non ha mai dato una forma cartacea dei suoi quaderni? Perchè non ha mai deciso di dare una definizione da lui firmata del suo metodo?

Ora io non vorrei essere e passare per un uomo che dice paradossi, mi piace dirli, però: Costa non pensava mica di morire. Costa pensava di essere eterno. Sarebbe venuto forse il tempo in cui avrebbe dato un ordine, una sistematicità a quelle che erano le idee sue, ma era sempre un work in progress, sarà difficile fare un punto fermo. Sul fatto che Costa fosse eterno ne ebbi una riprova, avemmo una discussione che durò fino alle tre del mattino, a Roma. A proposito della sua messa in scena, se non ricordo male della “Novella del grasso legnaiolo” di cui lui aveva scritto un cappello para-filosofico sulla burla del Brunelleschi - dissi “non funziona”. Non era facile fare cambiare idea ad Orazio e quindi la realizzò. E non funzionò. Telefonò la sera stessa e disse “non ha funzionato. Conto di riprenderlo fra una diecina di anni…”.
Non aveva il senso del tempo.
Non aveva il senso del tempo. Le assicuro. Solo nell’ultimo anno esaminò la possibilità di morire perché ci incontrammo casualmente e lui mi disse- sai che siamo due cretini-? Perché Orazio? Perché siamo diventati due vecchi e invece di stare dalla mattina alla sera insieme a parlare, non ci vediamo più quasi mai. – E io dissi “Orazio, ci rincontreremo da qualche altra parte. Disse “ Non mi dire che sei diventato credente perché io comincio ad avere seri dubbi sull’al di là”.
Ecco, questa è stata l’ultima volta che ci siamo parlati. Quindi era un uomo imprevedibile.
Anche misterioso.
Sì. Era difficile adagiarsi su “Orazio la pensa così”. Una volta occupammo l’Accademia, insegnanti e professori. Una occupazione vera, dormivamo dentro l’Accademia che allora stava in via Quattro Fontane e una sera prima di addormentarci non ricordo quale ragazzo lesse una storia di Mao, dal Libretto rosso dove ci sono due che si perdono in un deserto. La storia racconta che i due stanno per morire di fame e di sete. Uno, prima di addormentarsi, legge il libretto di Mao. L’altro no. L’indomani mattina quello che ha letto il libretto di Mao, trova un cavallo, e si salva. L’altro, che non aveva letto il Libretto di Mao, muore.
Questo finale ci fa sganasciare tutti dalle risate. A cominciare dal direttore, che allora era quel genio Ruggero Jacobbi. Costa prese le parti di quello che non aveva letto Mao.
Disse “non è vero, è la Fede che…”
Allora, in quella occasione, Ruggero coniò, per lui, la memorabile definizione di “Cristo maoista”. Che io trovo splendida. Perfettamente rispondente a Orazio.
Cristo, Maoista? (Camilleri ride, tossisce)
Ecco, ha colpito personalmente me, il tratto molto aristocratico di Orazio.
Lo era di natura. Di educazione. Perché la madre, la signora Nina, era un personaggio…
Il primo mese che io ero in Accademia da allievo, tornando a casa una sera verso le dieci con il tram, incontrai Mario Ferrero che allora era stato trattenuto in Accademia dopo aver terminato i tre anni. Non frequentava più le lezioni. Era rimasto per realizzare il saggio dell’Accademia perché allora i saggi, non li seguivano i professori ma gli allievi-registi.
Mancando l’allievo-regista di terzo anno fu chiesto a Mario Ferrero di rimanere. E così lo incontrai, casualmente, seduti sul tram. “Come ti trovi con Orazio?”- mi chiese.
“Male”
“ Perché ti trovi male?
Dico “ mi trovo male umanamente, perché, per mio temperamento, tu capisci, Mario, alle otto del mattino, io mi trovo di fronte a una lastra di ghiaccio. Che non si scioglie mai col passare delle ore. Io, se non ho un minimo di comunicazione umana con una persona, non resisto. Quindi sto meditando sinceramente e veramente di lasciare l’Accademia.
“Faresti un errore” -disse- perché lui ti stima molto.
Due giorni dopo, nella pensione dove io allora vivevo, squillò il telefono. Ed era una signora, con l’accento francese, che mi disse
“Sono la Signora Costa. Può venire oggi pomeriggio verso le cinque a casa mia. Ma senza dirne niente a Orazio?”
Ora, io non sapevo se Costa era sposato. Non sapevo chi fosse ‘sta' signora Costa.
“L’aspetto alle cinque in Viale Parioli, 10.”
Le cinque, non so che lezione avessi. Però la saltai. E andai in viale Parioli. E mi trovai di fronte a una signora, anziana. Che mi disse:
“Mi chiamo Nina e sono la mamma di Orazio. Si accomodi.” Mi fece accomodare.
E mi disse: “Ho saputo da Mario Ferrero che lei vuole andarsene dall’Accademia. Sappia che Orazio ne proverebbe un grande dolore. E io non voglio che mio figlio provi un dolore. Chiaro? Lei è siciliano. Io sono sarda (lapsus). Io sono Corsa. Ci siamo capiti?”
“Perfettamente. Signora.” Divenne la mia seconda madre.
Ricordo un episodio. Ero a casa sua a Firenze, via della Pergola, c’era anche Alessandra Niccolini. Sulla porta mentre stavo per uscire dopo l’incontro, noto un contenitore con moltissime belle conchiglie. “Sono di mia madre”, disse abbassando gli occhi e mi sembrò quasi commosso.
Orazio era legatissimo alla madre. Erano quattro fratelli Livio, Tullio, Orazio e Valeria.
Livio è l’unico vivente, ha novantadue anni. Vive in Francia. Mi ha telefonato ieri. E’ lui che mi ha regalato questa testa di Orazio, è Orazio a vent’anni. E la scultura originale è fatta da Pericle Fazzini che aveva allora diciotto anni. E’ una meravigliosa scultura in legno di proprietà di Livio Costa. Livio ne ha fatto fare due copie in bronzo. Una l’ha regalata a me, l’altra all’Accademia.
Quindi erano quattro fratelli, tutti con nomi romani dato che il padre insegnava Storia romana. Livio e Tullio furono i primi ad andarsene via da casa. Valeria si sposò e Orazio rimase con la madre. La madre morì che Orazio aveva sui quarantacinque anni, capisce, c’era un legame strettissimo fra lui e sua madre, più che con gli altri figli. Tullio era un pittore e scenografo notevole, Valeria ha fatto la mamma ma ha dipinto cose stupende. Mi raccontava Livio: “era molto divertente, quando eravamo bambini, c’era un terrazzo avvallato allora quando pioveva lì si formava un pozza d’acqua e i fratelli giocavano a cosa ci vedevano, io ci vedo un elefante, io ci vedevo l’acqua dicevo io e quindi ho preso un’altra strada, gli altri sono diventati tre artisti”.
La non fortuna come regista di Costa come la spiega?
Orazio era un uomo solo. Orazio non era un uomo che avesse amici. Forse ne aveva uno, Paolo Milano. Quindi non aveva neanche un entourage che avesse un minimo di potere nella società teatrale, salvo D’Amico, che però è morto troppo presto. Non ha mai avuto accanto a sé una personalità come per esempio Paolo Grassi. Era un uomo solo, inviso per il suo carattere perché non concedeva niente a nessuno, certo che un uomo in Italia, anche di valore, se non ha un appoggio… aveva la stima profondissima di quelli che lavoravano con lui, dei suoi allievi, ma nel mondo teatrale si preferiva un regista che faceva più copertina. Ma non credo che la cosa a lui importasse più di tanto. Andammo io e lui a vedere Il carosello napoletano di Ettore Gelmini. Era uno spettacolo straordinario, mi ricordo che ne parlammo a lungo con Orazio l’indomani mattina, allora ero suo allievo. L’Accademia a quei tempi era in piazza Croce rossa, andammo al solito caffè prima di iniziare la lezione, e lì per caso incontrammo Luchino Visconti. Orazio gli chiese, tu hai visto ieri sera Carosello napoletano? Sì. Che te n’è parso?
“Boh. Mediocrissimo spettacolo. Ho visto un albero trasportato a spalle da un macchinista.”
Orazio non ha avuto nessuna remora a parlarne con me. Ne parlava con me... Capisce... non con terzi... Orazio era un individuo solo. A parte che diceva quello che pensava... al Ministero lo odiavano. A parte che allora dipendeva tutto dal Ministero che fece chiudere il Teatro Stabile.
Quali sono gli attori più “costiani”, per lei? A parte Herlitzka?
Lavia e Rossella Falk. Anche se lei non ama dirlo. Tino Buazzelli, Tonino Pierfederici.
Ronconi?
Ronconi è stato un buon allievo di Costa. Non credo che ne avesse mai condiviso i metodi mimici. Però Ronconi era un attore. Non era un regista. Ronconi venne in Accademia come attore. Non ha fatto i corsi di regia. Però, esordì in teatro con Orazio, nella cattedra di show. Faceva la parte del giovane poeta Max Planck. E imparò molto a lavorare in palcoscenico con Orazio.
E anche sulla testualità? Perchè la testualità è matrice essenziale. In entrambi.
Sì.
C'è qualcos'altro che ha voglia di raccontarmi?
Niente. Se non questo grandissimo rapporto, perso, di amicizia. Perso con la sua morte. Quella capacità di capirci. A volo. Questa sorta di avere gli stessi pensieri. O gli stessi sogni.
Sogni?
Guardi, è capitato due volte. Una volta abbiamo avuto lo stesso sogno. Io mi trovavo, con lui, a Sidney.
Dove eravate stai o no?
No. Mai stati a Sidney. Eravamo di fronte a uno stadio. Uno stadio però di ottantamila persone. Io avevo la responsabilità dei microfoni e degli altoparlanti. E naturalmente c'era sempre qualche cosa che mi stava facendo impazzire. Che non funzionava. Arrivati ad un certo punto, perdevo le staffe e gli dicevo: “ma che cazzo mi viene a raccontare, che questo è teatro, ma che questo con ottantamila spettatori è che ne so io, una partita di calcio, non mi dica che è teatro!” Ed ero così arrabbiato che mi sono svegliato. E quindi il sogno mi è rimasto scolpito. Alle otto e dieci otto e venti, della mattina, squilla il telefono. E' Orazio. Da Firenze. Dice, “lo sai che stanotte ti ho sognato?” Sono rimasto (ride), veramente, senza parole. Dico: “e dove eravamo?”
“Eravamo qui, a casa mia. E discutevamo sul numero ideale degli spettatori in un teatro.”
Dunque: la sostanza del sogno c'era. La situazione era diversa. Cioè, voglio dire era ancora più impressionante la cosa perchè era la voce del sogno che era uguale.
Non la situazione.
E l'altra volta, è stata la nascita della mia prima nipote. Che avvenne inaspettatamente. In anticipo. All'una di notte.
Renzia D'Incà
 
 

La Repubblica (ed. di Parma), 16.11.2010
Cacopardo, la difesa di Camilleri: "Omonimia del tutto casuale"
Approda in tribunale la causa intentata dal romanziere residente a Parma contro il padre del commissario Montalbano. Domenico Cacopardo si è sentito diffamato ne "Il nipote del Negus" e ne ha chiesto il ritiro dalle librerie. Sellerio e l'autore respingono ogni accusa. Il giudice deciderà nei prossimi giorni

Cacopardo contro Camilleri, la guerra dei romanzieri siciliani è approdata nelle aule di giustizia. Una guerra in cui i rivali non si risparmiano strali grondanti d'ironia neppure sulle carte bollate. Da una parte, l'ex magistrato Domenico Cacopardo, noto scrittore residente a Parma, che si è sentito diffamato da una frase de “Il nipote del Negus” di Andrea Camilleri tanto da chiedere al Tribunale la sospensione della pubblicazioni (il libro è già alla nona edizione) e il ritiro di ogni copia dall'edicola. Dall'altra l'acclamato e prolifico “papà” del commissario Montalbano. Questa mattina il giudice Massimiliano Razzano del foro di Parma è stato chiamato a dirimere la controversia. In udienza Domenico Cacopardo ha esposto le proprie ragioni personalmente, assistito dall'avvocato Giovanni Franchi, mentre Camilleri e l'editore Sellerio hanno presentato le proprie memorie difensive. Oltre a sostenere l'incompetenza del tribunale di Parma nella causa, ritenendo che il giudizio spetti alle sezioni specializzate in diritto d'autore, hanno richiesto che il ricorso sia rigettato in toto perché infondato in fatto e in diritto.
Di certo la questione è sottile e ruota intorno a un cognome: Cacopardo. Quello che il magistrato parmigiano d'adozione, Domenico, condivide con Aristide, controllore ferroviario che “(...) è fissato di essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese”. Ma mentre Domenico è uno scrittore in carne ed ossa, Aristide esiste solo ne “Il nipote del Negus”, precisamente a pagina 88. E' un personaggio marginale partorito dalla fantasia dell'autore siciliano, che secondo il rivale gli avrebbe appioppato quel cognome con l'intento di deriderlo, tantopiù che Cacopardo è stato definito dalla stampa l'anti-Camilleri.
Le parti trascinate in giudizio concordano su un punto: Aristide Cacopardo è un nome assegnato in modo assolutamente casuale a uno dei tanti personaggi del libro, che non è in alcun modo confondibile con l'autore Domenico Cacopardo. “Nel romanzo di Camilleri si sono contati almeno 50 personaggi, fra i quali il direttore della Regia Scuola Mineraria Carmelo Porrino, il Capo di Gabinetto Corrado Perciavalle, il prefetto Felice Matarazzo, il direttore del Convitto Mattia Siniscalco...” si legge nel ricorso di Sellerio, che prosegue con una lunga lista dei soggetti che popolano la Vigata camilleriana per poi concludere “Per ognuno di questi, fatalmente, esistono nella vita reale una o più persone corrispondenti, persone con il medesimo cognome e il medesimo mestiere, dello stesso aspetto o della medesima provenienza. (...) E chissà quanti minatori di nome “Pignataro”, quanti generali di nome “De Bono”, quanti cassieri di nome “Musumeci”. Chissà quanti ingegner Muller!”.
Così, basta digitare il comune cognome siciliano “Cacopardo” sulle Pagine bianche per trovare oltre 250 omonimi, di cui cinque Domenico, mentre anche la più nota libreria online, Ibs, interpellata su quel cognome restituirà una manciata di autori. Non solo: circa l'80% dei cognomi dei personaggi del romanzo compaiono su Ibs, sono omonimi di scrittori più o meno noti. “Tutti vittime di Camilleri che ne ha usurpato il nome?”. In Italia si pubblicano 160 libri al giorno, diecimila all'anno, frutto di altrettanti scrittori. Come potrebbe Camilleri controllare le omonimie di ogni suo singolo personaggio nella vita reale? L'Aristide camilleriano, proseguono le memorie difensive del romanziere e dell'editore, non ha poi davvero niente a che vedere con Domenico Cacopardo: uno è un controllore ferroviario vissuto in epoca fascista, l'altro è un magistrato in pensione nostro contemporaneo. Ma, soprattutto, il personaggio di fantasia pubblica le proprie velleità letterarie a proprie spese. Lo scrittore reale, invece, vanta da anni pubblicazioni con grandi editori italiani. Non si capisce perché il lettore, anche quello più malizioso, dovrebbe sovrapporli.
L'ex consigliere di Stato mostra un'attenta sensibilità a vili critiche “occulte”? Oppure tradisce “una mania di persecuzione che non ha ragione di esistere - si legge nella memoria di Sellerio - ma che deriva evidentemente da un'avversione che è invece lo stesso ricorrente (...) ad avere nei confronti di Camilleri”? Mentre i difensori del padre di Montalbano fanno notare, senza giri di parole, che qualunque sia l'esito del procedimento il ricorrente beneficerà di un notevole volano pubblicitario per il susseguirsi di notizie di stampa. Ora la palla passa al giudice, che depositerà la decisione nei prossimi giorni.
Maria Chiara Perri
 
 

Carlo Lucarelli, 16.11.2010
Anticipazioni sulla prossima serie di "Lucarelliracconta"

Dopo dieci edizioni di “Blu Notte - Misteri italiani”, Carlo Lucarelli ritorna su Rai Tre con un nuovo programma: “Lucarelliracconta”.
Lo scrittore e conduttore televisivo riprende con il suo appassionante stile narrativo un percorso di indagine e ricostruzione di alcune delle più controverse vicende della società italiana.
Cinque nuovi casi della nostra storia recente: “La mala del Brenta”, “La quarta mafia”, “La morte sul lavoro”, “Nelle mani dello Stato” e “La trattativa”, per raccontare fatti che troppo spesso rimangono nascosti o vengono archiviati, dove la storia del crimine inevitabilmente si intreccia alla storia di chi al crimine si contrappone o di chi fatalmente ne rimane vittima.
Ogni puntata avrà un prologo e un epilogo con un’intervista di Carlo Lucarelli a un personaggio che introduce e chiude il tema trattato nella puntata.
Per quella dedicata alla trattativa tra lo Stato e la mafia sarà lo scrittore Andrea Camilleri a introdurci nelle pieghe di una storia di misteri, di stragi sanguinose, di apparati dei servizi segreti deviati. Una storia a cui si aggiungono sempre nuovi elementi, una sorta di mosaico che, giorno dopo giorno, sembrerebbe apparire più definito. Perché soprattutto questa è la storia di un’ipotesi, l’ipotesi di un filo che ha legato e lega Cosa Nostra non solo all’economia, non solo alla politica, ma a una parte dello Stato.
Un’intervista al giallista Massimo Carlotto, invece, ci accompagnerà nelle vicende di una mafia del Nord, “La mala del Brenta” di Felice Maniero, detto “faccia d’angelo”, che con la sua feroce organizzazione criminale dal piccolo paese di Campolongo Maggiore arriva a controllare non solo tutto il Veneto, ma anche altre zone d’Italia e traffici illegali internazionali con i Balcani. La parabola di Felice Maniero sembrerebbe quasi incarnare, da un punto di vista criminale, l’espansione fulminea del Nord-Est, uno dei settori geografici più produttivi del nostro Paese.
Si snoda in Puglia l’inchiesta su “La quarta mafia”, la Sacra Corona Unita. Una mafia autoctona che si ispira alla Camorra e alla ‘Ndrangheta, fatta di estorsioni e di usura, di traffico di stupefacenti, armi e sigarette, di omicidi e di bombe. Ma anche di rituali segreti, di parole arcaiche come formule magiche, immagini sacre bruciate. Forse l’unico esempio in Italia di mafia che è stata sconfitta e sradicata da una terra che, come Don Luigi Ciotti ci racconta, può essere ‘sfruttata’ in maniera positiva.
Non ha invece connotazioni territoriali la puntata su “La morte sul lavoro” che si apre con prologo di Ascanio Celestini sulla difficoltà di narrare un mondo del lavoro sempre più frammentato e convulso. Carlo Lucarelli cercherà di indagare le ragioni profonde degli incidenti, i problemi della sicurezza sul lavoro, quanto è stato fatto per difenderla e quanto ancora resta da fare, per impedire che il lavoro, fondamento nella nostra Repubblica e della nostra Costituzione, invece di portar vita e possibilità di esprimere il proprio talento, porti così la morte.
La puntata “Nelle mani dello Stato” - ­introdotta dall’intervista a un cantautore con un forte interesse per i temi sociali come Daniele Silvestri - racconta di luoghi diversi: caserme, questure, carceri, reparti penitenziari degli ospedali, ospedali psichiatrici giudiziari, centri di identificazione ed espulsione, in cui un cittadino finisce nelle mani dello Stato perché arrestato o fermato, detenuto in attesa di giudizio, condannato, o semplicemente bisognoso di cure. Ci sono leggi, procedure, controlli e persone che regolano questa tutela. Ci sono forme di garanzia che, in una democrazia, spesso funzionano ma altre volte no. Come nei casi di Stefano Cucchi o Federico Aldrovandi, o come in quelli di donne e uomini che stavano dietro le sbarre e che sono morti di morte violenta mentre erano nelle mani dello Stato.
 
 

Adnkronos, 16.11.2010
Tv: Fazio-Saviano senza precedenti, oltre 9 mln e il 30,21% su Raitre

Roma - Boom d'ascolto senza precedenti per la seconda puntata di 'Vieni via con me' ieri in prima serata su Raitre. Il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano e' stato visto da 9.031.000 spettatori, registrando oltre 20 milioni di contatti e una media di share del 30,21%. Invece di subire il calo fisiologico che in molti si aspettavano dopo il boom della prima puntata con il lungo show di Roberto Benigni, il programma ha incrementato il suo ascolto, nonostante la concorrenza di 'Grande Fratello 11' su Canale 5 e 'Montalbano' su Raiuno.
 
 

ASCA, 16.11.2010
TV/Ascolti: Con ''Vieni via con me'' Raitre stravince prime time

Roma - Ancora uno straordinario risultato su Rai3 per il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano ''Vieni via con me'' che ieri, lunedi' 15 novembre, ha ottenuto in media un ascolto di 9 milioni 32mila telespettatori e uno share del 30.20; in particolare, la trasmissione ha superato i 10 milioni di telespettatori durante il primo intervento di Saviano e nel corso della partecipazione di Bersani e Fini, mentre nel finale lo share ha superato il 40 per cento. Rai3 si e' aggiudicata la fascia del prime time con 7 milioni 390mila telespettatori e il 23.41 di share e la seconda serata con il 23.75.
La serata televisiva prevedeva su Rai1 la fiction ''Il commissario Montalbano'' che e' stato visto da 3 milioni 999mila telespettatori con uno share del 12.56.
[…]
 
 

Il Messaggero, 17.11.2010
Un accordo tra le librerie Arion e il policlinico Gemelli
Bookterapy con Camilleri
Lo scrittore apre la serie degli incontri mensili degli autori con i degenti e i medici. Il 13 sarà ospite Pennacchi

Nasce per portare “Il cielo nelle stanze” l’accordo tra le librerie Arion e il Policlinico Gemelli: una volta al mese uno scrittore incontrerà degenti, personale medico, familiari e amici dei pazienti nella hall del complesso ospedaliero, che accoglie anche una delle ventuno librerie Arion, Vita e pensiero, specializzata in testi di medicina ma fornita anche di romanzi, saggi e libri per bambini. Naturalmente l’invito è aperto a tutti, non solo a chi è “costretto” a frequentare il Policlinico e a chi ci lavora, perché uno degli obiettivi è proprio la normalizzazione dell’ambiente ospedaliero. «Questo progetto - spiega Cesare Catananti, direttore del Gemelli - risponde alla sempre più urgente necessità di realizzare un processo di umanizzazione della medicina, soprattutto dove viene quotidianamente esercitata nella cura e nell’assistenza dei malati, e va ad arricchire un’offerta culturale proposta in questi anni ai degenti».
La booktherapy parte domani con Andrea Camilleri, che alle 16,30 nel “salotto letterario” del Gemelli parlerà del suo ultimo romanzo, “L’intermittenza” (Mondadori). Il 13 dicembre (ore 15) l’appuntamento è con Antonio Pennacchi, vincitore dello Strega 2010, e con “Canale Mussolini” (Mondadori). Gli altri nomi si sapranno strada facendo. Fatti inediti rispetto ai tradizionali incontri con l’autore: al centinaio di persone che assistono di persona si aggiungono gli oltre mille degenti che potranno guardare quello che accade nella hall dagli apparecchi televisivi nelle stanze, collegati da una sorta di circuito chiuso. In più, gli ospiti della struttura potranno acquistare il libro - che verrà consegnato direttamente in camera a chi lo desidera - a un prezzo scontato. L’idea è di Nicola Cervino, ufficio stampa del Gemelli, e di Marcello Ciccaglioni, presidente delle Arion e dell’Associazione Librai di Roma e provincia. Gli incontri verranno coordinati da Luciano Onder, il conduttore di Medicina 33 sul Tg2.
Come vengono scelti gli autori e gli argomenti da trattare?
«Abbiamo pensato a Camilleri e Pennacchi - spiega Ciccaglioni - perché sono scrittori molto comunicativi e popolari. Anche l’argomento dei libri deve essere distraente, non cupo. E’ proprio per alleviare il meccanismo di associazione tra ospedale e dolore che è nata Vita e pensiero, una libreria apprezzata perché, ad esempio, il paziente in attesa di intervento può trascorrere un po’ di tempo scegliendo o sfogliando un libro».
[…]
Paola Polidoro
 
 

Corriere dell'Umbria, 17.11.2010
Ventimila presenze ma basta con le sovrapposizioni.
Confermato il successo della manifestazione ma 25 incontri al giorno sono troppi e l’editoria locale cerca più spazio.

Croce e delizia del dibattito su UmbriaLibri ogni anno si torna a parlare di sovrapposizioni degli eventi in cartellone. In alcuni giorni se ne contano anche otto nella stessa ora di punta del pomeriggio. Un dilemma che si va trasformando in fastidio visto che le proteste dei frequentatori si stanno allargando a macchia d'olio ed alzando di tono. E delle quali, crediamo, l'organizzazione debba tener conto. Ne è convinto, e lo ha detto, lo stesso assessore Bracco. "Ci debbono dare la possibilità di poter assistere a tutto ciò che ci interessa" si lamenta la gente "Scrivetelo voi della stampa". E noi lo facciamo. E lo abbiamo fatto con tenacia per anni e anni ma Baldissera Di Mauro e la sua struttura non mollano. Convinti seriamente che più il cartellone è carico e variegato e più i visitatori aumentano. E forse ne sono convinti gli stessi autori, anche se non crediamo che Camilleri e David Lane abbiano urlato "alleluia" quando hanno scoperto di essere alla stessa ora, uno alla Sala dei Notari e l'altro al Teatro Pavone. Camilleri ha fatto il pieno e Lane no.
[...]
Anna Lia Sabelli Fioretti
 
 

Arion – Le librerie indipendenti - Policlinico "Gemelli", 18.11.2010, ore 16:30
Il cielo nelle stanze
Sarà il papà di Montalbano, Andrea Camilleri, a inaugurare giovedì 18 novembre, alle ore 16.30, il ciclo di incontri dal titolo “Il cielo nelle stanze” , ideato e promosso dal Policlinico universitario “Agostino Gemelli” (hall, largo Gemelli 8, Roma) e dalle librerie Arion.

 
 

Gazzetta del Sud, 18.11.2010
Nel monologo "Ecce Robot" rivivranno Goldrake e Mazinga
Domani all’Umberto prende il via la rassegna “Ricrii”

Lamezia Terme. Parte stasera al Teatro Umberto l'ottava edizione della rassegna Ricrii diretta dall'attore e regista lametino Dario Natale.
[…]
Il 28 dicembre, lo stesso Dario Natale sarà in scena con "Motion in picture 1", pièce liberamente ispirata a "Il gioco della mosca" di Andrea Camilleri.
[…]
Maria Scaramuzzino
 
 

La Sicilia, 18.11.2010
Il giallo. Tutti gli ingredienti per un possibile caso del commissario Montalbano e un libro di Andrea Camilleri
Turista tedesca trovata morta sulla spiaggia di Scicli
Il corpo della donna sessantacinquenne aveva indosso solo il reggiseno: malore, incidente o...?

Un «giallo» per Montalbano e un'idea per Camilleri. Gli ingredienti ci sono tutti e anche la morte può diventare una fiction. Una signora tedesca di 65 anni, da un mese in un camping con il marito a Donnalucata, esce di sera in tuta per una passeggiata sulla spiaggia. Usciva tutte le sere per portare a spasso il suo cane a fare i suoi bisogni, ma stavolta stranamente il cane lo lascia al marito e se ne va da sola. Non torna, il marito dà l'allarme e ieri mattina alle 10 la trovano cadavere in contrada Spinasanta, lungo la spiaggia di Scicli, indosso aveva solo il reggiseno. Il corpo presentava ecchimosi diffuse.
Secondo una prima ipotesi, la donna, cardiopatica, si sarà sentita male mentre nuotava (come è noto i tedeschi sono abituati al freddo). La mancanza degli indumenti si potrebbe spiegare con il fatto che il mare era agitato e può averglieli strappati di dosso. Presenta contusioni in tutto il corpo, ma potrebbe avere sbattuto contro gli scogli.
Andiamo ai contorni del «giallo». Perché quella sera è uscita senza il suo cane? E perché è andata in contrada Spinasanta che lei non gradiva perché è acciottolata e a lei invece piaceva la sabbia? Chi ce la portava di sera da sola in una zona attraversata in passato da cani randagi? E poi, se voleva fare il bagno nonostante le condizioni avverse del mare, non avrebbe dovuto ripiegare per bene a terra la sua tuta? La tuta c'era sulla spiaggia, ma tutta in disordine e soltanto il cappuccio le avvolgeva la faccia. Se l'era tirato addosso, il cappuccio, sentendosi mancare? Non c'è una logica in questa morte. E se fosse stata aggredita da qualche malintenzionato che dopo averla uccisa l'ha lasciata lì sul posto, oppure buttata sugli scogli? E se al contrario lei avesse deciso di togliersi la vita e per questo motivo avesse deciso di non portare il cane?
Certo ci può essere la spiegazione più semplice, e cioè che quando ci si sente morire, specie in occasione di un embolo, si sente un gran caldo al punto che ci si libera degli indumenti. Ma non aver portato con sé il suo cane lascia un dubbio. Intanto, in assenza di Montalbano, se ne stanno occupando i carabinieri. La salma è all'obitorio di Scicli e l'autorità giudiziaria non ha ancora disposto l'autopsia.
Tony Zermo
 
 

l’Unità, 19.11.2010
La solidarietà degli intellettuali

Aderisco. Firmo anch’io. Eccomi, ci sono. Chiedi a uno e arrivano in cinque, in dieci. Scrittori come Andrea Camilleri, e quelli che hanno l’età di Saviano.
[...]
Per Roberto Saviano, per non lasciarlo solo, ché la solitudine rende vulnerabili.
[…]
Daniela Amenta
 
 

Cattolica news, 19.11.2010
Policnico
Camilleri, il primo romanzo è nato al Gemelli
Lo scrittore siciliano ha aperto con una testimonianza toccante, legata al suo riavvicinamento al padre ricoverato al Policlinico nel ’67, il ciclo “Il cielo nelle stanze”, che fa incontrare gli scrittori con i degenti in ogni stanza, grazie alla tv
VIDEO Andrea Camilleri si racconta al Gemelli - Università Cattolica

Non poteva ricevere un ‘battesimo’ migliore Il cielo nelle stanze – il nuovo progetto ideato e promosso dal Policlinico universitario “Agostino Gemelli” e dalle librerie Arion per far incontrare importanti scrittori con la comunità dei degenti e loro familiari, dei medici, studenti e operatori che ogni giorno affollano le corsie. Andrea Camilleri, autore di oltre 70 opere fra cui quelle celeberrime del commissario Montalbano, giovedì 18 novembre è stato accolto nella hall del Gemelli da un pubblico foltissimo, a cui si sono aggiunti quanti dai reparti, grazie al sistema tv a circuito chiuso del Policlinico, hanno potuto seguire in video la conversazione dello scrittore siciliano.
Sapientemente sollecitato da Luciano Onder, Camilleri ha ragionato sul valore della lettura e il peso delle radici culturali, mescolando con maestria riferimenti letterari e memorie d’infanzia. Toccante è stata un’inattesa confidenza, un ‘regalo’ inaspettato: «Il mio primo romanzo – ha svelato Camilleri – è nato proprio qui, nel 1967, in una stanza del Gemelli, quando mio papà è stato ricoverato. In quell’occasione io e lui ci siamo riavvicinati dopo un periodo difficile. Gli tenevo compagnia anche la sera e, così, iniziai a raccontargli una storia, a puntate». Nel 1968 decise di mettere nero su bianco quella storia e si trasformò ne Il corso delle cose, romanzo che però vide la luce solo 10 anni dopo, «perché tutte le case editrici, all’epoca, lo rifiutarono».
Camilleri ha voluto spiegare, fra l’altro, quanto seriamente debba essere preso l’impegno per la scrittura: «Personalmente, non riesco a scrivere se non mi metto in perfetto ordine, ben rasato, ben vestito, anche se sono a casa. È una questione di rispetto per la scrittura stessa». E questo impegno da decenni lo porta a lavorare alacremente, senza sosta: «Anche adesso, mentre parlo qui – ha ammesso Camilleri – un’altra parte del mio cervello continua a pensare ai miei romanzi, non mi fermo mai. È come per un musicista o un chirurgo, occorre sempre tenersi in esercizio». Non sono mancati alcuni riferimenti a Salvo Montalbano, il suo più noto personaggio, anche qui con un richiamo alla figura paterna: «Quei tratti non potrebbero essere così convincenti se non fossero legati in qualche modo a una persona reale. Ma non sono io. Solo dopo alcuni romanzi, mia moglie ha osservato: “Ti rendi conto che stai descrivendo tuo padre?”. Era vero, anche se non ne ero consapevole».
L’ultima battuta è stata riservata agli «ospiti» del Policlinico, soprattutto a quelli bloccati dalla malattia nelle loro stanze. «Già il termine, ‘paziente’, indica la necessità di avere molta pazienza. Dobbiamo adeguarci a una verità inevitabile. Dalla nascita riceviamo un ticket in cui sta tutto: la giovinezza, la maturità, la vecchiaia, la sofferenza, fino alla morte, che è il prezzo finale di quel biglietto. Dobbiamo accettarlo, ma ricordarci sempre di quanto bello e forte sia l’essere umano, e di quante risorse sorprendenti sia capace».
«Questo splendido incontro – ha sostenuto Cesare Catananti, direttore del Policlinico Gemelli – e l’intero progetto dimostrano che si può rispondere alla sempre più urgente necessità di realizzare un compiuto processo di “umanizzazione” della medicina, soprattutto nei luoghi in cui essa viene quotidianamente esercitata nella cura e nell’assistenza dei malati». «Come librai – ha aggiunto Marcello Ciccaglioni, presidente delle librerie Arion – siamo orgogliosi di essere accanto al Gemelli in questa iniziativa».
Ed è già fissato il prossimo appuntamento: il 13 dicembre, alle ore 15, nella hall del Policlinico arriverà Antonio Pennacchi, vincitore del premio Strega 2010 con il romanzo Canale Mussolini.
Matteo Bellati
 
 

Arion – Le librerie indipendenti, 19.11.2010
Grande successo per Camilleri al Gemelli

"Quando sono qui e parlo un'altra parte del mio cervello pensa ai miei romanzi. Non mi fermo mai, lavoro anche sabato e domenica. Se fossi un impiegato pubblico Brunetta mi dovrebbe dare due medaglie d'oro. E pensare che il mio primo romanzo, Il Corso delle Cose, è nato qui in una stanza del Gemelli dove era ricoverato mio padre". E' stato il 'papa del Commissario Montalbano, lo scrittore Andrea Camilleri, ad inaugurare il ciclo di incontri, al Policlinico Gemelli "Il cielo nelle stanze".
Incontri finalizzati a far trascorrere un'ora in modo diverso ai circa 1.500 pazienti ricoverati che possono seguite dai televisori a circuito chiuso nelle loro stanze, i vari dibattiti. Quello di oggi è stato moderato dal giornalista Luciano Onder e si è svolto nella hall del Policlinico Universitario.
Pazienti, medici, infermieri e universitari hanno viaggiato nella scrittura di Camilleri, tra i suoi libri e i suoi personaggi e si sono tuffati in un mare di parole siciliane, nel potere del dialetto.
"Qualche anno fa - ha raccontato Camilleri - venne da me una giornalista cinese e mi chiese perchè scrivessi in questo modo.
Le risposi che scrivo così perchè parlavamo così, un pò in dialetto e un pò in italiano. Capita che le parole in siciliano che uso non le capiscono neanche i miei conterranei. E' vero, lo ammetto, perchè alcune volte me le invento".
L'iniziativa, promossa in collaborazione con Librerie Arion, proseguirà a dicembre con il vincitore del Premio Strega 2010, Antonio Pennacchi: "E' un evento che vuole creare un momento di relax e di serenità per i pazienti - ha detto il direttore sanitario del Gemelli, Cesare Catananti - perchè spesso l'ospedale è un luogo di dolore ma anche di speranza".
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 19.11.2010
Scrittori in corsia
Camilleri racconta Montalbano ai malati
"Qui ho scritto il mio primo libro, era il 1967". In platea ad ascoltare anche medici e studenti. Al Policlinico incontri con gli autori più popolari diffusi dal circuito tv interno. Il 13 dicembre Pennacchi

Metti un pomeriggio in ospedale, interminabile, quando fa buio presto. Se uno scrittore potesse raccontare la sua ultima storia a chi è fermo in un letto, anche quella potrebbe essere una cura, un addolcimento. È costruita intorno al potere terapeutico della parola, alla capacità liberatoria della letteratura, l'iniziativa del Policlinico Agostino Gemelli dove il principe dei bestseller Andrea Camilleri ha incontrato ieri pomeriggio il pubblico dei degenti, raggiungendoli in diretta tv nelle loro stanze grazie ad un sistema di telecamere a circuito chiuso.
Primo di una serie di pomeriggi letterari, catalogo di un moderno de consolatione all'esordio con il popolarissimo autore siciliano. Applaudito e accolto come un divo, Camilleri ha parlato di "Il sorriso di Angelica", ultima avventura del commissario Montalbano affiancato da un personaggio che ha qualcosa, oltre al nome, di ariostesco, dando vita una volta di più ad un intreccio da giallo classico. Per i pazienti che hanno potuto seguire l'incontro dal loro letto di degenza, magari con un familiare o un infermiere al fianco, è stato un pomeriggio insolito, volato via senza la monotonia dei ritmi della vita d'ospedale. Con un curioso scherzo del destino, narrato dallo scrittore: "Proprio qui, nel 1967, durante un ricovero di mio padre scrissi il mio primo libro "Il corso delle cose"".
E la platea - o meglio, dato il piccolo schermo, un'audience - non esigua, contando il Policlinico universitario della Cattolica oltre mille e cinquecento posti letto, per l'iniziativa voluta dal Gemelli insieme alle librerie indipendenti Arion e aperta anche ai medici, al personale sanitario e agli studenti. "Come librai siamo orgogliosi di essere accanto al Policlinico Gemelli in questa iniziativa - commenta Marcello Ciccaglioni, presidente delle librerie Arion, una delle quali ha sede proprio all'interno dell'ospedale - Abbiamo la possibilità di toccare con mano l'importanza che il valore dei libri e della lettura possono avere nella vita delle persone". "Questo progetto risponde alla sempre più urgente necessità di realizzare un compiuto processo di "umanizzazione" della medicina. Soprattutto nei luoghi in cui essa viene quotidianamente esercitata", spiega Cesare Catananti, direttore del Gemelli.
Gli incontri si ripeteranno una volta al mese e saranno coordinati da Luciano Onder che unisce le sue competenze in campo sanitario con la passione per la lettura. Il prossimo appuntamento è fissato il 13 dicembre, sempre nella hall del Gemelli e alle ore 16,30, con un altro autore molto amato dal pubblico, il vincitore del Premio Strega Antonio Pennacchi che parlerà del suo romanzo "Canale Mussolini". A seguire, altri incontri ogni quattro settimane fino alla prossima primavera. Anche se il calendario non è stato definito, nella lista degli autori che hanno mostrato interesse per l'iniziativa ci sono Marco Lodoli, Bruno Vespa, Chiara Gamberale, Sandro Veronesi e Francesco Piccolo.
Francesca Giuliani
 
 

L'espresso, 19.11.2010
Italiani e tedeschi
Camilleri spiegalo tu

Che cos'è un italiano? Lo chiedono i tedeschi ad Andrea Camilleri, mentre a Berlino Angela Merkel osserva con occhio freddo la fase calante dell'astro Berlusconi. Sui vizi, le virtù, l'armi e gli amori nazionali lo scrittore verrà interpellato dal sociologo Peter Kammerer e dalla germanista Maria Carmen Morese al Goethe Insititut di Roma il 26 novembre. Il tutto si ispira al saggio "Was ist ein Italiener?" pubblicato da Wagenbach, che in Germania è piaciuto molto.
Camilleri, oltralpe, è un autore diviso in due: la berlinese Wagenbach, protagonista della sinistra culturale, ne pubblica l'opera più letteraria, una decina di titoli, con tirature medie; mentre il ciclo di Montalbano è edito da Lübbe e fa numeri da bestseller. La fortuna di Camilleri è merito anche del suo traduttore di fiducia, Moshe Kahn, italianista di talento.
E. A.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 19.11.2010
Ad Agrigento si apre una mostra fotografica che sbircia dietro le quinte delle nozze e che alimenta un mito dell’Isola
Matrimonio alla siciliana
Baci, lacrime e tradizioni un rito che resiste al tempo

[…]
"Valzer di un giorno" è l'accattivante sintesi di una mostra di fotografie di matrimoni religiosi scattate da Franco Carlisi che si inaugura oggi nelle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento (organizzano Gli amici della pittura siciliana dell'Ottocento, visite, fino al 9 gennaio, da martedì a domenica 16,30-20,30). Il catalogo pubblicato dalle edizioni Polyorama, include testi dello scrittore Andrea Camilleri, del critico Vito Bianco e del cantautore piemontese Gianmaria Testa, al quale il fotografo agrigentino ha "rubato" il titolo di un disco per darlo alla sua esposizione.
[…]
«L'occhio di Carlisi - scrive Camilleri - coglie continuamente dei "fuori campo" e ce li restituisce, direi proprio da narratore, con straordinaria vivezza e intensità. Uno sguardo assente, una sposa distratta, l'aspetto assente di un genitore per l'imminente separazione. Sono foto che non entreranno mai nell' album ufficiale autorizzato ad essere la matrice dei ricordi. La sarta che spezza coi denti un filo dell'immacolato abito della sposa stonerebbe».
Non c'è l'evanescenza, la leggerezza, la solennità a cui ci hanno abituato i tanti album sfogliati. «Con lo sguardo di Carlisi tutto diventa carnale, forte, vissuto, reale».
[…]
Tano Gullo
 
 

Un giorno da pecora, 19.11.2010
Venerdì 19: Zingaretti, Morvillo, Zanardi, Albertini, Badescu

Luca Zingaretti si arrabbia perché Rai 1 ha mandato la replica del Commissario Montalbano in contemporanea con "Vieni via con me", [...].
Cliccare qui per scaricare il podcast
 
 

RagusaNews.com, 19.11.2010
Il Commissario Montalbano? Anche così si promuove la Sicilia
Parla Carlo Nardello, Ad Rai Trade

Presentato, in occasione di Expobit, il libro “Marketing Televisivo” a cura di Carlo Nardello, Amministratore Delegato di Rai Trade e Carlo Alberto Pratesi, docente di Marketing e Corporate Communication presso la Facoltà di Economia dell’Università Roma Tre.
[…]
“Il libro - ha dichiarato Carlo Nardello - cerca di far comprendere quali sono gli utilizzi delle tecniche di ricerca e di marketing per fare sempre più una tv di qualità. Il marketing televisivo riesce a capire, spiegare e creare le mode del momento e aiuta indirettamente anche il marketing turistico. Si pensi che la fiction di Montalbano, attirando pubblici da tutta Europa, dalla Cina e dal Giappone, diventa occasione di promozione della Sicilia. Non è un caso che in provincia di Ragusa siano aumentate negli ultimi anni le presenze di turisti provenenti, ad esempio, dalla Scandinavia dove Luca Zingaretti è un personaggio assolutamente riconoscibile”.
[…]
 
 

Il Messaggero, 20.11.2010
Avventure in città
Un quadro completo

Quando Luciano rientrò in casa, trovò al piano terra l’ascensorista che stava riparando la cabina. «Ci vuole tanto? - chiese Luciano - Io abito all’ottavo piano e farmela a piedi...».
«Cinque minuti, dotto’», lo rassicurò il tecnico.
Allora Luciano decise di attendere e ingannò il tempo facendo due chiacchiere con l’ascensorista.
«Certo - disse Luciano - dev’essere dura per lei, tutto il giorno in giro per la città a riparare ascensori. La sera sarà distrutto».
«Embè - rispose l’operaio - ce s’abbitua a tutto. Certo, ’a sera arivo a casa, magno ’na cosetta e me leggo ’n libbro de Camilleri».
«E perché legge Camilleri?».
«Boh... perché è bravo».
«Scusi, chi lo dice che è bravo?».
«Mah... ’nzomma, a me me pare che è proprio bravo».
«Mi consenta, lei conosce tutta la storia della letteratura internazionale? Non credo, e quindi non può esprimersi».
«Vabbe’, ma pe’ legge ’na storia der commissario Montalbano bisogna conosce tutta ’a letteratura?».
«Non ho detto questo, ho detto che la sua opinione conta poco se non possiede un quadro completo delle cose. E prima di leggere, cosa mangia?».
«Ah be’, robba bbona. De solito ’a pizza rustica co’ li spinaci. ’Na specialità».
«Lo vede? Lei è un conoscitore della gastronomia mondiale? Mi faccia il piacere via, lei non ha alcun titolo per affermare la qualità dei cibi».
Pur nell’odioso dialogo, l’ascensorista riuscì a terminare puntualmente il suo lavoro.
«Bene - disse allora Luciano - allora adesso direi che posso utilizzare l’ascensore».
«None», rispose l’ascensorista.
«E perché mai?»
«E che me voi fa’ crede, che conosci tutta ’a storia dell’astronautica?».
 
 

La Repubblica, 20.11.2010
Il personaggio
Da Miss Italia a Palazzo Chigi la fiaba interrotta di Mara
Meglio di chiunque altro incarnava il berlusconismo. "Il ministro più bello del mondo", titolò il giornale tedesco Bild. Capelli tagliati, sobria ed elegante, ma anche preparata: è la metamorfosi del ministro delle Pari opportunità

[…]
Trasformare una soubrettina televisiva in una apprezzata figura istituzionale, oplà: nuovo taglio di capelli e giù a sgobbare sui dossier di governo e la sera a far bella e compunta figura sulle poltroncine dei talk-show; il tutto affidato ai fratelli Crespi, spin doctors all'altezza dei tempi e della loro sciagurata fascinazione. Allora lei "sostituisce il topless con il colletto severo", sintetizza Andrea Camilleri in una poesia dichiaratamente "incivile", però efficace.
[…]
Filippo Ceccarelli
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 20.11.2010
Federico Cimò, dall'aula al set chi è il giudice attore per hobby

Quando in un film ha dovuto interpretare la parte di un commissario, ha tirato fuori dall'armadio la sua vera divisa di funzionario della questura di Palermo. Federico Cimò, termitano di 48 anni, attore per vocazione, cantante per diletto, è probabilmente l'unico in Italia ad avere svolto tre lavori, diversi che hanno a che fare con la legge: carabiniere, poliziotto e magistrato. Non solo, è transitato anche dall'esercito. Un puzzle di tante esistenze appassionate. Oggi da giudice del Tribunale di Termini Imerese, coordina la sezione di Corleone dove esercita funzioni penali, istruendo una sessantina di processi al mese. Fisico atletico, abbigliamento causal, capello sul lungo, passa con disinvoltura dalla toga al cerone. Dalle severe aule di giustizia ai set in cui presta il suo volto a personaggi spesso lontani dal suo mondo regolato dai codici. In uno degli ultimi Montalbano, "Caccia al tesoro" - che andrà in onda su Rai uno - recita la parte del signor Vilardo, un tipo bizzarro che si reca nella questura di Vigata per presentare una denuncia al celebre commissario di Camilleri.
[…]
Tano Gullo
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.11.2010
La libraia
Giusy Indelicato: "I consigli dello chef Camilleri"

«Andrea Camilleri lo scrittore italiano, più amato e letto, e Saverio Lodato raccolgono gli scritti della rubrica "Lo Chef consiglia" apparse su "L'unità". Gli interventi seguono uno schema in cui Lodato, da stimolatore, innesca la discussione e Camilleri, con la forza espressiva delle parole di cui è capace risponde - dice Giusy Indelicato della libreria Giunti al Punto di Carini - Tra i tanti argomenti trattati, autori come Pirandello con il suo gusto dell'assurdo e Sciascia con gli scritti politici. Una parte fondamentale occupano la Mafia e i magistrati che sono morti per combatterla».
a. f.
 
 

Kult Underground, 21.11.2010
Il sorriso di Angelica - Andrea Camilleri

Ennesima prova narrativa dello scrittore siciliano sul commissario Montalbano. A Vigàta si registrano degli strani furti. I ladri, organizzati da un misterioso personaggio Zeta, il quale scrive delle lettere al commissario e con il quale imbastisce una fitta corrispondenza epistolare, dando vita ad una “ partita a scacchi”, irrompono nelle abitazioni di persone del luogo, li fanno addormentare con lo spray, li derubano degli oggetti preziosi. Furti strani, realizzati con una tecnica particolare che sfugge al commissario che si rende conto che è ora di andare in pensione. 58 anni, i riflessi e le intuizioni investigative non sono più quelle di un tempo, il rapporto con la storica fidanzata Livia è agli sgoccioli, di fatto finito. Le persone derubate sono benestanti, si conoscono fra di loro, sono 16 persone che formano una lista. Le autorità giudiziarie aspettano che Montalbano riesca a trovare i responsabili dei furti che suscitano clamore anche perché i colpevoli restano impuniti e Zeta , avvolto in un cono d’ombra, sembra divertirsi a disorientare l’eroe di Camilleri. La vicenda è ingrovigliata e ha punte d'asprezza e bisogna scoprire qual’è la posta in gioco. Nella scena irrompe la bellissima Angelica, impiegata di banca , derubata anch’essa, della quale, era ora, il commissario si innamora perdutamente tanto da confessarlo a Livia che non gli crede. La vicenda si complica quando ad un gioielliere viene rubato i gioielli che teneva nella cassaforte e si impicca. Basta un furto,anche se importante, per decidere di togliersi la vita e , oltre ai gioielli, cosa vi era nella cassaforte. Tra un pranzo da Enzo, delle serate trascorse con la bellissima Angelica, coadiuvato da Fazio che,in questo libro acquista uno spessore consistente rispetto al passato, ( terminata la serie di Montalbano, sarà l’ispettore a prendere il suo posto?) il nostro eroe ritrova forza, energia e lucidità mentale. Incomincia a decifrare segni, a scoprire il carattere di Angelica, lasciando da parte i suoi turbamenti sentimentali, riesce, come sempre, a comprendere il movente dei furti precisi e geometrici e chi li ha li progettati, mosso da un odio nei confronti di una delle 16 pensione della lista, grazie anche ad una frase di Catarella inerente un gioco con il computer. Assicurerà alla giustizia i responsabili dei furti, lo stratega Zeta e riuscirà a chiudere positivamente anche questa inchiesta. Nel libro ,Camilleri ci descrive un Montalbano che, nonostante la non più giovane età, intreccia una storia sentimentale con Angelica, è sempre inadeguato emotivamente, è dedito ai turbamenti del cuore, agli scoppi d'ira, agli schianti di gelosia. Conosce a memoria la poesia "Adolescente" di Vincenzo Cardarelli. Recita a se stesso i versi sul "pescatore di spugne", che avrà la sua "perla rara". E sa, non senza diffidenza e discorde sospetto di decrepitezza, quando più e quando meno, tra il lepido e il drammatico, che "... il saggio non è che un fanciullo / che si duole di essere cresciuto". Quale sia la posta in gioco è da scoprire. La vicenda è ingrovigliata e ha punte d'asprezza. E intanto Montalbano si vede in sogno, costretto in un'armatura di cavaliere, e buttato dentro un torneo. Fuor di sogno, nel vivo delle indagini, irrompe, in questa "gara" similariostesca, la nuova Angelica e, non a caso, il libro è infarcito di frasi dell’Orlando Furioso dell’Ariosto. Vero è che Camilleri ci regala una trama narrativa sapientemente costruita e ricca di colpi di scena, ma , rispetto ai primi libri incentrati sulla figura del commissario Montalbano come “Il ladro di merendine”, Il cane di terracotta”, tanto per citare due libri, lo scrittore siciliano dà vita a storie meno serie e più gioiose, ironiche, ci regala gialli intrisi di umorismo e di comicità. E’ sempre bravo nell’imbastire trame narrative complesse e delicate, nel delineare personaggi e situazioni, come il personaggio di Angelica, nel regalarci emozioni e, soprattutto, nel disorientare il lettore. Montalbano riacquista, negli ultimi libri, gioia di vivere, si lascia facilmente catapultare in situazioni sentimentali, tanto da arrivare a tradire Livia. Il rapporto con Angelica è intenso, forte, il nostro commissario ne è perdutamente innamorato. Ma che fine farà l’eroina? Leggete il libro e andatelo a scoprire. Ne vale la pena.
Giuseppe Petralia
 
 

Vieniviaconme
III puntata - Comunicato
Il ministro dell’Interno Roberto Maroni interviene a Vieniviaconme
Corrado Guzzanti e il suo monologo
L’orazione civile di Saviano sui rifiuti a Napoli
Gli elenchi inediti scritti da Andrea Camilleri e Carlo Fruttero

Lunedì 22 novembre alle ore 21.05 su Rai Tre

[...]
Il terzo appuntamento di Vieniviaconme, in onda lunedì 22 novembre alle ore 21.05 in diretta su Rai Tre, continua a raccontare l’Italia di oggi, il suo farsi e disfarsi, i suoi problemi e le sue contraddizioni, ma anche le sue risorse e le sue speranze.
[...]
Due grandi maestri della cultura e dell’ironia come Andrea Camilleri e Carlo Fruttero hanno scritto appositamente per Vieniviaconme due elenchi inediti che verranno letti nel corso della puntata.
[…]
 
 

Arion – Le librerie indipendenti, 22.11.2010
Andrea Camilleri inaugura "Il cielo nelle stanze"
VIDEO Andrea Camilleri racconta Montalbano fra aneddoti e battute.
FOTO Ecco le immagini del primo incontro con gli autori nella hall del Policlinico Gemelli di Roma.
 
(Foto di Fabrizio Nocini)
 
 

ANSA, 22.11.2010
Stasera la penultima puntata del programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano
Il giorno di Maroni a “Vieni via con me”

Roma – […]
Piatto forte della puntata di stasera saranno anche gli “elenchi” scritti per la trasmissione da Andrea Camilleri e Carlo Fruttero: il primo – secondo quanto si sa – avrà un lettore d’eccellenza: Luca Zingaretti, il “Montalbano” dello scrittore siciliano.
[…]
 
 

Adnkronos, 22.11.2010
Tv: 'Vieniviaconme' si apre con 'elenco' di Camilleri a sostegno sciopero

Roma - Nel giorno della protesta dei lavoratori dello spettacolo, in sciopero, oggi, per i tagli alla cultura, 'Vieniviaconme', il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, questa sera, in apertura della terza puntata, dedichera' una testimonianza a loro sostegno. Luca Zingaretti, negli studi della Rai di Mecenate, leggera' ''l'elenco dei motivi per cui con la cultura si mangia'' un testo inedito, di grande ironia, scritto dall'autore di 'Montalbano', Andrea Camilleri.
 
 

Il Giornale, 22.11.2010
Ipocrisia: ora l'Unità si dispera per la Carfagna
È bastata una critica al Pdl per far ricredere il quotidiano della De Gregorio. Dalle squallide allusioni sulla nomina alla santificazione della Carfagna. Le donne ministre erano "belle statuine nell'harem", ora se ne loda il valore. Scambio di insulti Carfagna-Mussolini: sceneggiata napoletana

[…]
La Carfagna non è ancora uscita dal partito che l’ha tra­mutata in ministro, ma di fatto è già arruolata in quello (ma­schiofobo e retorico) dell’ Uni­tà delle Concite e delle Ravere. Sì ma come la metteranno col collaboratore bestseller An­drea Camilleri? Modificherà, in parte o in toto, la sua poesia incivile che tanto ci piaceva e che diceva: «Qualcuna viene eletta ai rossi scanni/ sostitui­sce il topless con un colletto se­vero/ ma, a pagarle, infine, è il solito contribuente/ lo stesso che foraggiava il cavallo sena­tore »?. Provvedere, immedia­tamente, ad avvertirlo che non si scherza più sulle donne se­rie e perbene premiate dalla politica.
[..]
Paolo Bracalini
 
 

Vieniviaconme, 22.11.2010
III puntata - Elenchi
Elenco del perché con la cultura si mangia, di Andrea Camilleri
(legge Luca Zingaretti)
Guarda il video  

1. Eva quando prese la mela dall’albero e la offrì ad Adamo, fece cultura
2. La prima madre che svezzò il suo bambino con delle bacche che aveva scoperto commestibili, fece cultura
3. Il primo uomo che appuntì un sasso per cacciare e quindi mangiare, fece cultura
4. Il primo uomo che incise sulla roccia un bufalo per comunicare che lì c’era da cacciare e quindi da mangiare, fece cultura
5. Il primo uomo che si rese conto che la carne di animale era gustosa, fece cultura
6. Il primo uomo che fece 2 buchi su un uovo di dinosauro, lo bevve e consigliò al suo clan di fare lo stesso, fece cultura.
7. Il primo uomo che sfregando due legnetti provocò una scintilla con la quale accese un fuoco su cui cucinò la carne dei bufali, fece cultura.
8. Il primo uomo che, arrabbiato per il bufalo che gli era appena scappato, maciullò con le mani alcune olive e si accorse che potevano essere un buon condimento per la carne di bufalo, fece cultura.
9. Il primo uomo che dopo un’indigestione di carne di bufalo, provvide ad avvertire gli altri che non bisognava mangiarne troppa, fece cultura.
10. Il primo africano e il primo indoeuropeo, che si scambiarono i loro diversi cibi, fecero cultura
11. Dal che si deduce, contrariamente a chi afferma l’opposto, che con la cultura si mangia eccome, talvolta meglio talvolta peggio ma si mangia.
 
 

Under 13 Orchestra, 23.11.2010
Concerto dell'Under 13 Orchestra - per i bambini di Dynamo Camp
Milano, martedì 23 novembre - ore 20.30
Auditorium di Milano Fondazione Cariplo - Largo Mahler
"La Magarìa" di Andrea Camilleri
Fiaba per voce narrante e orchestra
Musica di Marco Betta
Maurizio Nichetti - voce recitante
Alessandra Mortelliti - Lullina
Rocco Mortelliti - regia
Marcello Sirotti - Direttore
Ospiti della serata:
Linus - conduzione
Beatrice Carbone - danza
Enrico Pieranunzi - piano
e con la partecipazione straordinaria di Ron

La Magarìa e il concerto - E' la nuova magia di Andrea Camilleri, una fiaba per voce narrante e orchestra, con i testi del grande scrittore siciliano e le musiche originali del compositore Marco Betta, in prima esecuzione nella versione dedicata all'Under 13 Orchestra per Dynamo Camp. Non si tratta di un semplice concerto, ma di un concerto multimediale: verrà infatti presentato in prima assoluta il cortometraggio de "La Magarìa" con la regia di Rocco Mortelliti, appositamente commissionato per questo evento. In sincro suonerà live la Under 13 Orchestra ed i piccoli orchestrali saranno la colonna sonora di una fiaba che parla di incanti, magie e meraviglie. Rocco Mortelliti firma inoltre la regia de "La Scomparsa di Patò" - altro sodalizio con Camilleri - primo romanzo storico dello scrittore ad arrivare sul grande schermo al Festival del Cinema di Roma il 31 ottobre 2010. Marco Betta, compositore palermitano autore di molte opere e colonne sonore per la televisione, ha scritto le musiche de La Magarìa per l'Under 13 Orchestra.
 
 

ASCA, 23.11.2010
Editoria: momento di tagli, ma piccoli e medi avanzano col segno più

Roma - Nel momento critico attuale, in cui il mondo della cultura e' vittima di continui tagli e restrizioni, i piccoli e medi editori vanno controcorrente, moltiplicando i loro sforzi e le loro proposte in un impegno che trova nella Fiera Nazionale della piccola e media editoria Piu' libri piu' liberi, un momento di massima visibilita', con oltre 16.000 titoli in esposizione, presentati da 430 case editrici indipendenti.
[…]
Ospiti nazionali e internazionali contribuiranno a dare spessore all'editoria indipendente. […] Per ricordare Elvira Sellerio, leggendaria figura dell'editoria italiana scomparsa la scorsa estate, alle 18 sul palco della manifestazione si incontreranno tanti autori che hanno lavorato con lei, tra cui Andrea Camilleri e Adriano Sofri.
 
 

Il Tempo, 23.11.2010
Fazio e Saviano tirano un bidone
L’immondizia sommerge la Campania. La colpa è della destra. Anche se non c’era. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni in scena.

[…]
Primo ospite Luca Zingaretti (il commissario Montalbano) che ha letto un bel brano di Andrea Camilleri (purtroppo lui non c'era).
[…]
Antonio Angeli
 
 

Mainfatti.it, 23.11.2010
Vieni via con me: Camilleri e l'uovo di dinosauro "creazionista"
Andrea Camilleri dimostra con un suo elenco letto da Luca Zingaretti che la "cultura si mangia" ma c'è un uovo di dinosauro con due buchi che non poteva né essere mangiato per "fare cultura". Almeno per la scienza ufficiale.

Il pubblico di Rai Tre è, come si sa, tendenzialmente schierato a sinistra e composto da intellettuali che soppesano ogni affermazione catodica (ora per la maggior parte LED) che si fa in tale Rete, soprattutto per rispondere a puntino agli attacchi filogovernativi "del giorno dopo". Questo pubblico preparato ha quindi guardato "Vieni via con me" con grande attenzione per prevenire quell'odiosa macchina del fango che cementifica, con le sue argille impermeabili, parole e azioni frutto di menti libere e creative. Stavolta il pericolo della macchina del fango era sicuramente di grandezza epocale, visto che la terza puntata di "Vieni via con me" della premiata ditta Fazio Saviano, ha ospitato un "elenco" che avrà fatto sobbalzare Piero Angela dalla sua poltrona. La frecciata scoccata da Camilleri al Governo, per ricordare che la cultura "si mangia", si è trasformata stranamente in una punta di ossidiana. Non che faccia meno male, ma la scienza, almeno quella ortodossa, sicuramente ne ha sofferto, visto che si parlava di "cultura". Camilleri parte da lontano, addirittura da Eva, per dimostrare che la cultura si mangia e declama, con la voce di Luca Zingaretti: "Eva quando prese la mela dall'albero e la offrì ad Adamo, fece cultura" e termina il suo elenco, a furia di esempi edibili che "si deduce, contrariamente a chi afferma l'opposto, che con la cultura si mangia eccome, talvolta meglio talvolta peggio ma si mangia". Il video dell'elenco di Andra Camilleri letto da Zingaretti è ovviamente da vedere (http://tinyurl.com/camilleri1). Ma c'è un particolare che gli attenti telespettatori intellettuali della terza Rete avranno notato nell'elenco di Camilleri, si tratta del punto 6 e recita: "Il primo uomo che fece 2 buchi su un uovo di dinosauro, lo bevve e consigliò al suo clan di fare lo stesso, fece cultura". Ecco, per onore della cultura, almeno quella che "è autorizzata a fare cultura", cioè quella scientifica "mainstream", non è esistito nessun uomo che ha fatto due buchi su un uovo di dinosauro perché i dinosauri non hanno mai avuto l'onore di convivere con l'Essere Umano. A meno di non sposare le tesi dei creazionisti che hanno fatto anche un simpatico museo a Eureka Springs, in Arkansas, dove ricostruiscono l'arca di Noé con alloggiamenti anche per le coppie dei simpatici rettili, Camilleri ha preso l'uovo sbagliato. E' stata quindi quella di Camilleri una provocazione letteraria o una presa di posizione creazionista? Oppure anche il grande scrittore siciliano (anzi "grandissimo", per citare l'altro elenco di Fruttero) crede all'autenticità delle Pietre di Ica? Oppure anche lui ha letto (ed è d'accordo) con lo splendido libro (in edizione completa) di Michael A. Cremo e Richard L.Thompson "La Storia Segreta della Razza Umana"? Forse che la macchina del fango archeologica cerca di cancellare le prove di coesistenza tra uomo e dinosauri (magari con una stratigrafia spuria)? Questa la domanda, che sicuramente rimarrà senza risposta, che si sono fatti ieri due o tre vecchi intellettuali davanti a Vieni via con me.
Monia Manna
 
 

SiciliaInformazioni, 23.11.2010
Luca Zingaretti batte il commissario Montalbano. Una sfida nella sfida in Rai

Luca Zingaretti ha dato una lezione ai vertici della Rai. Avendo saputo che mandavano in onda una puntata della serie dedicata al Commissario Montalbano [In effetti ciò era successo la settimana prima, NdCFC], ha partecipato a “vieni via con me”, che dalla concorrenza sulla prima rete avrebbe dovuto essere danneggiata negli ascolti. Invece è accaduto il contrario.
Il Commissario Montalbano, così come il Grande Fratello, sono stati “cancellati” dal programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano. Non c’è stata proprio partita.
La presenza di Zingaretti, in apertura, ha dato sicuramente una mano, perché al commissario è stato preferito l’attore e l’uomo, impegnato nelle attaglie civili.
Zingaretti ha perfino cantato “Vieni via con me”, da fine dicitore più che da “cantore”, ma è stato efficace lo stesso, perché ha dato un tono ed un timbro efficaci al “pezzo” di … [Paolo Conte, NdCFC].
Ha anche letto il suo elenco, come gli altri invitati, ed ha concluso la sua performance con grande fair play e dignità. Sembrava compreso nella parte; non quella dell’attore e dell’ospite, ma del suo impegno.
Avrebbe dovuto essere presente Andrea Camilleri, ma il compito di “duellare” con il commissario Montalbano è stato affidato all’attore che lo “rappresenta”.
Chi legge i gialli di Montalbano gli dà il suo volto, ormai.
In definitiva, il commissario era con Fabio Fazio e Roberto Saviano, non dall’altra parte, nella fiction in edizione “da combattimento”.
Il fatto che il commissario abbia perso non deve avergli [Sic!, NdCFC] dispiaciuto, anzi.
 
 

BigHunter, 23.11.2010
Con la cultura si mangia: la caccia vista da Camilleri

La caccia, prima vera attività antropica a cui si deve la formazione degli iniziali e decisivi agglomerati sociali, è da considerarsi la prima forma di cultura da cui hanno avuto origine tutte le successive conquiste dell'umanità.
Significativo che a ricordarcelo sia un grande scrittore come Andrea Camilleri, che ha scelto di partire proprio dagli albori della nostra civiltà per rispondere a chi ha tagliato le gambe al settore (Tremonti ha dichiarato che con la cultura non si mangia), inviando una pagina inedita alla fortunata trasmissione Vieni via con me, letta in diretta d Luca Zingaretti, protagonista della serie Il Commissario Montalbano (tratta dall'ononimo romanzo di Camilleri), per sottolineare che con la cultura si mangia, eccome.
 
 

RagusaNews.com, 23.11.2010
In treno alla volta di Casa Camilleri
L'esperienza di Luigi Nifosì, già pubblicata dal Giornale di Scicli

Bisogna ringraziare la gentilezza complice di Valentina Alferi, la segretaria storica di Andrea Camilleri presentatami a Modica, qualche anno, da Franco-Bonajuto-Ruta, se nel giro di poche ore viene concordato l'appuntamento romano per la consegna del premio Scicli 2010 al fenomeno letterario degli ultimi 15 anni, almeno in termini di vendite e altro.
Partiamo in treno. Scegliamo il mezzo di locomozione oramai desueto, e non solamente perchè gli aerei viaggiano molto più velocemente, grazie alla paura presunta di Peppe di volare. Andare in treno a Roma significa un poco entrare nell'atmosfera senza tempo dei romanzi di Camilleri e non sto parlando dei tecnologici e veloci freccia rossa o argento, perchè ci siamo mossi verso la capitale e verso la casa di quello che viene chiamato "il papà di Montalbano" salendo a bordo della più classica vettura di quelle che furono le gloriose Ferrovie dello Stato, oggi Trenitalia. Viaggiando di notte e con tanto di cuccetta di seconda classe.
Le fermate siciliane prima e calabre poi sembrano riportarci alla scansione lenta e fuori da ogni collocazione temporale di uno dei tanti racconti su Montalbano e alla fine la cosa diventa estremamente piacevole, sicuramente per me che le linee ferrate e le stazioni ce le ho nel mio DNA, ma mi pare di capire che anche per gli altri rappresenti un piacevole diversivo.  Ah, poi anche il traghetto: qualcuno tra i quattro della spedizione non lo prendeva da più di vent'anni: la madonnina, illuminata nella notte messinese punteggiata dalle luci calabre, ci fa sentire per un attimo emigranti.
Roma ci accoglie invece con un mattina soleggiata ma fresca; non c'è il tempo di soffermarsi sul cielo, i monumenti eterni o altre stranezze caratteristiche della capitale. Il tempo di una doccia, un tassì e siamo già davanti a casa Camilleri. Nelle scale ci scambiamo gli ultimi suggerimenti, le ultime dritte: "come lo appelliamo"?... "ho sentito più volte alla TV che lo chiamano professore, - dico io - faremo così anche noi". Lui invece esordisce mettendoci sin da subito a nostro agio - mi piace pensare volutamente - con una delle più tipiche espressioni idiomatiche per definire stanchezza e confusione tra noi siciliani, senza rasentare la volgarità e nonostante l'ampia rappresentanza femminile. Alla domanda di Peppe “professore, come sta?” risponde "sono completamente scoglionato", rubando subito la scena e regalando ilarità.
Siamo in sette compressi in una stanza di pochi metri quadrati, con la luce radente che filtra dal balcone e che taglia la faccia di Camilleri. Alessia Scarso e il suo assistente montano frettolosamente i cavalletti e piazzano le telecamere mentre il fumo delle sigarette che Camilleri accende a ripetizione ci avvolge. Ne fuma mezza o poco più e passa alla successiva senza soluzione di continuità. Ai nostri occhi si materializza ciò che pensavamo, sino a quel momento, fosse solo frutto della fervida fantasia di Fiorello. Invece è davvero così: la sigaretta è davvero una sorta di prolungamento naturale delle sue dita, una specie di protesi con cui Camilleri sembra in rapporto simbiotico e feticistico allo stesso tempo.
Dobbiamo stare attenti a come ci muoviamo; si rischia di far crollare le pile disordinate di volumi che ci circondano dappertutto. La stanza è una sorta camera-libreria piena zeppa di volumi... impossibile mnemonizzarne qualcuno: sono decisamente troppi; ma un titolo non posso fare a meno di ricordarlo, con un pizzico di malcelato orgoglio: sotto ad una pila di grandi volumi illustrati intravedo il dorso di “In volo sulla Sicilia”, a me sin troppo familiare.
Rispondendo alla ovvia domanda “che cosa sa di Scicli” ci racconta per primo l'aneddoto di Elvira Sellerio, che per prima lo accompagnò nel ragusano e nella nostra città; ma anche della sua ritrosia a bazzicare sul set di Sironi: " so bene, da regista e sceneggiatore, quanto possa infastidire  la presenza di un collega sul set di un lavoro di cui, peraltro, sono anche l'autore". E con ciò ci fa velatamente intendere che lui, molte cose del Montalbano televisivo - pur apprezzandole e condividendole - le avrebbe sicuramente realizzate in maniera diversa. Sempre tenendosi nei paraggi di Scicli, cita anche Piero Guccione, non per fatti legati all'arte del nostro pittore: gli invidia la vicinanza nel periodo estivo coi suoi amati nipotini. Le rispettive figlie, sua e di Piero, complice una amicizia decennale, ogni estate trascorrono assieme alla prole una settimana nella casa di contrada Corvo.
Arriva il caffè, quello fatto in casa e con la moka napoletana servito dalla giovane Annalisa, che funge da segretaria-assistente unitamente all'amica Valentina.
Poi ci racconta la storia della giornalista cinese alle prese con la madre – fissata anche nel video di Alessia - che ripercorre un antefatto tra Camilleri e la madre, per dire come tutto il mondo sia paese, ma in maniera dotta. Un'altra domanda fa riaffiorare i suoi ricordi di studente pendolare tra Porto Empedocle e Agrigento e di come un quartiere del capoluogo sia stato la vera fonte di ispirazione per il fantasioso luogo di "Vigata".
Camilleri parla con una sicumera degna di un navigato attore. Non sbaglia una battuta, non sbaglia aggettivo o sostantivo: non si corregge mai. Conosce la parte a  memoria. Ci ripete una seconda volta, a favore delle telecamere e di chi ha visto o vedrà il girato della bravissima Alessia Scarso, lo stesso racconto, usando le stesse parole, gli stessi punti, punti e virgola, e due punti. Pazzesco, penso io. Questo è più attore di molti altri che attore ce l'hanno scritto sulla carta di identità alla voce professione.
Peppe Savà ci fa fare un figurone. Gli pone le domande che sembra un Chiambretti navigato, senza tradire l'emozione che pure m'aveva confessato sino a poco prima di varcare la soglia del portone di Via Asiago. Vola subito alto e Camilleri ci prende gusto. Cita Moravia che cita a sua volta Pasolini. Leonardo Sciascia e il suo "italiano usato come un bisturi" ruba ben più che delle semplici battute. Si comprende da subito che non si parlerà di stupidi luoghi comuni, che non ci saranno vicendevoli e compiacenti complimenti, in quella conversazione. Io ne ero praticamente certo; sapevo quanto Peppe si fosse preparato a dovere, chiedendo ausilio anche all'altro Peppe, Pitrolo, che su Camilleri la sa forse più lunga di ogni altro dalle nostre parti.
L'altra segretaria sembra contrariata dal dilungarsi dell'intervista, mi fa segno di tagliare corto e a dire la verità siamo davvero andati oltre i tempi programmati: sono trascorse quasi due ore dal nostro arrivo. E' pur vero che dopo, per telefono, ci ringrazierà dicendoci che "il professore" si è detto felice del premio, della visita dei conterranei e della compagnia, ma s'è fatto davvero tardi e bisogna togliere l'incomodo.
Si procede alla consegna formale del premio; Peppe legge le motivazioni dalla pergamena e il Sindaco Venticinque gli consegna il bronzetto del nostro Carmelo Candiano a forgia di leone. Io mi alzo e mi avvicino, dopo aver seguito per quasi tutto il tempo seduto in disparte l'intervista, ma solo per dire al professore che quel libro su Scicli che stringe in mano, lo abbiamo stampato grazie alla generosità di Piero Guccione. Infine si smonta il set improvvisato nella stanza-libreria.
Prima di accomiatarci, l'ultima richiesta: una delle sue Multifilter autografata per mia moglie. Acconsente, segnando con un lampostil indelebile la sigaretta per l'intera sua lunghezza, con la bonarietà paziente con cui ci ha accolto sin dal primo minuto, biascicando un "questa cosa non me l'aveva mai chiesta nessuno".
Scendendo le scale abbiamo la sensazione piacevole e gratificante di aver vissuto una delle pagine più belle della storia del premio. Sento o forse sentiamo che questa leggera euforia durerà  per tutte le altre 12 ore e passa di treno che ci separano dalla Sicilia. Intanto, fuori, l'aria di Roma s'è fatta più tiepida: sembra quasi quella calda e accogliente di Scicli.
Luigi Nifosì
 
 

Il Piccolo, 23.11.2010
In viaggio con il Collodi a vapore

Collodi? ”Pinocchio”! Lo scrittore Carlo Lorenzini (Firenze, 1826-1890) è ancora oggi ”prigioniero” del capolavoro della letteratura per l’infanzia che pubblicò nel 1883 con quello pseudonimo. Cosicchè, se Carlo Collodi-Pinocchio lo conoscono tutti, Carlo Lorenzini è ancora tutto da scoprire. È quello che si propone la Fondazione Collodi con l’ambiziosa Edizione Nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini, inaugurata con un volume fresco di stampa comprendente i suoi primi due romanzi, «Collodi - ”Un romanzo in vapore. Da Firenze a Livorno” e ”I misteri di Firenze”» (Giunti editore, pagg. 512, euro 35,00).
[…]
Il secondo romanzo del volume, ”I misteri di Firenze. Scene sociali” (1857), è altrettanto interessante per i lettori di ieri e di oggi, in quanto Lorenzini - come rileva Andrea Camilleri nella prefazione - dichiara esplicitamente l’impossibilità d’ambientare a Firenze qualcosa di simile ai ”Misteri di Parigi” (1848) di Eugene Sue, per la semplice ragione che a Firenze non possono esistere ”misteri”.
[…]
Renzo Sanson
 
 

Corriere della Sera (Ed. Roma), 23.11.2010
Al Teatro Sette
Tutti a letto dopo Carosello. E i ricordi diventano la rievocazione di un'epoca
Torna la fortunata pièce di Michela Andreozzi: il meglio di un decennio con gli spot sul tubo catodico

Roma. […]
BRILLANTINA - «Anche io ho commesso un errore, non ho mai usato la brillantina L...» recitava Ubaldo Lai nel suo serial «Squadra Omicidi», pubblicizzando una nota marca di brillantina. Delegato alla produzione un autore che sarebbe divenuto famoso: Andrea Camilleri.
[…]
 
 

Iris Press, 23.11.2010
Editoria: in edicola 'The Week', settimanale degli Under 40

Roma - Esce giovedì 25 novembre in anteprima nazionale nelle edicole di Roma, dove i redattori dislocati in vari punti della città spiegheranno le ragioni del giornale, il nuovo settimanale The Week, da venerdì in tutta Italia. Il primo titolo di copertina è una dichiarazione d'intenti: "Siete vecchi", con le foto di Berlusconi, Bossi, Fini e D'Alema appesi al muro in polverose e antiche cornici. E la cover story racconta tutto il potere dei "grandi vecchi", con tanto di elenco di venticinque anziani che detengono le redini di politica, economia, finanza ma anche cultura e spettacolo, con i casi Andrea Camilleri e Gianni Morandi.
[…]
 
 

Il Messaggero, 24.11.2010
Ieri al Quirinale, Giorgio Napolitano ha consegnato il Premio De Sica, giunto alla 35ma edizione
I messaggi di attori, registi, musicisti, ballerini, autori solidali con l’appello lanciato dal Capo dello Stato
Il Presidente e i tagli alla Cultura: non è così che si risana l’Italia
«L’attuale situazione non deve pesare sulle nuove generazioni»

ANDREA CAMILLERI Con la cultura si mangia, eccome.
[…]
Pagina a cura di Jattarelli, Mocci, Urbano
 
 

Consiglio Nazionale delle Ricerche, 25.11.2010, dalle ore 17:20 alle 19:00
IV Dialogo in Biblioteca
L'onere della prova
Ne discutono lo scrittore Andrea Camilleri e il fisico Luciano Pietronero
Modera il fisico on.le Giovanni Bachelet
Biblioteca “Guglielmo Marconi” – Consiglio Nazionale delle Ricerche – Sede centrale, Piazzale Aldo Moro 7 – 00185 – Roma
Ingresso libero

La ricerca del particolare è il punto di contatto tra l’indagine per la soluzione di un caso e l’esperimento scientifico; nello stesso tempo il particolare è la base di appoggio da cui muovere razionalmente e sperimentalmente per giungere alla definizione del sistema generale. Sia sul piano degli accadimenti umani, sia in quello fisico. La comparazione delle sequenze e per loro tramite la tentazione della legificazione del reale come via obbligata allo svelamento del vero, sono il terreno di confronto tra chi fa dell’indagine la propria missione, ben sapendo, però, che ogni affermazione postula, appunto, “l’onere della prova”.

La storia dell’onere della prova inizia a Mileto, circa 600 anni prima della nascita di Cristo. Talete, uno dei sette saggi dell’antichità greca, propone una teoria sul costituente ultimo della materia. Secondo lui tutto ciò che ci circonda, in ultima analisi, è formato da acqua.
Sebbene oggi la risposta ci lasci perplessi, colpisce che, per la prima volta nella storia, Talete si preoccupi di fornirci due motivazioni per la sua risposta. La prima è che senza acqua non esiste vita e, dato che la vita esiste, non può non esistere l’acqua. La seconda è che l’acqua è l’unico elemento che, alle temperature del nostro pianeta, si trova nei tre stati: solida, liquida e gassosa. Dato che in natura esistono elementi solidi, liquidi e gassosi, l’unica cosa che vediamo che possa garantire questo è effettivamente l’acqua.
Non possiamo certo ancora parlare di prova sperimentale, ma da Talete ai nostri giorni, qualsiasi affermazione scientifica dovrà essere accompagnata, prima o poi, dall’onere della prova.
Già il pensiero greco maturo, come quello dell’epoca ellenistica, che vede scienziati del calibro di Eratostene, Aristarco e Archimede, conosce ed utilizza il metodo sperimentale così come è stato più tardi riscoperto, portato a maturità e soprattutto divulgato da Galileo Galilei.
Il “metodo sperimentale” diventa sinonimo di “metodo scientifico”.
Fare un esperimento scientifico significa ricreare uno specifico fenomeno naturale, sotto condizioni controllate e misurare in maniera quantitativa il valore delle variabili fisiche che vogliamo controllare. Questo esperimento deve poter essere ripetuto quante volte vogliamo, in qualsiasi luogo vogliamo e, affinché possiamo ritenere affidabile la teoria che lo spiega, deve dare lo stesso risultato, sotto le stesse condizioni.
Da Galileo a… l’altro ieri, questa definizione era impeccabile. Oggi le cose sono un po’ diverse.
Il pensiero dell’uomo si è inoltrato in luoghi dove la definizione di esperimento sopra riportata non ha più senso. Ad esempio oggi abbiamo teorie che tentano di spiegare la nascita del nostro Universo. La teoria del Big Bang è la più accreditata. Come facciamo, però, a “ripeterla sotto condizioni controllate” e per di più “tante volte quante vogliamo”? Ovviamente impossibile, dobbiamo accontentarci, al massimo, di provare a riprodurre in laboratorio (come adesso sta avvenendo a Ginevra) alcune specifiche condizioni che ipotizziamo possano essersi verificate in una specifica fase dell’evoluzione dell’universo e misurare se sia o meno avvenuta una determinata reazione e, nel caso, in che quantità e con quale modalità.
Se otteniamo ciò che era previsto dalla teoria, cosa possiamo affermare? Che la teoria descrive bene la nascita o l’evoluzione dell’Universo? Assolutamente no. Possiamo solo dire che al momento la descrizione dell’Universo illustrata dalla nostra teoria è la migliore descrizione in nostro possesso in questo momento, se non addirittura “una delle descrizioni non contraddittorie” in nostro possesso, in questo momento.
La “prova”, quindi, ci serve per scartare teorie che non funzionano, ma non sono sufficienti ad avvalorare teorie che non vengono smentite.
Problemi analoghi li troviamo nella fisica delle particelle elementari dove le dimensioni spazio-temporali coinvolte sono così infinitesime che le nostre misure sono tutte misure indirette e quindi dipendono esse stesse dalla teorie che le descrive.
Immaginate di avere una scatola chiusa con dentro un oggetto. Potete attraverso dei fori inserire dei bastoncini e, toccando l’oggetto con la punta del bastoncino, in diversi punti, cercare di capire di che oggetto si tratti. Dopo varie misure fate un’ipotesi. Ad esempio affermate: “dentro c’è un libro”. Adesso aprite la scatola e controllate se avete indovinato.
Ecco, possiamo pensare che le “punzecchiature” con il bastoncino siano le misure che noi facciamo sulla natura… il problema è che dopo aver formulato l’ipotesi, non possiamo mai aprire la scatola per controllare! Certo, se l’ipotesi che facciamo è sbagliata, abbiamo una certa probabilità (che non sempre è così grande) che prima o poi faremo una misura che contraddirà la nostra ipotesi.
Anche in questo caso (come in tutti, d’altra parte), possiamo solo scartare, o superare, migliorare, teorie non più soddisfacenti, ma non affermare “l’esattezza” di una teoria.
Queste considerazioni valgono comunque per fenomeni “facili”, oggi la scienza si sta insinuando anche in campi più “complessi”, dove il solo fatto di selezioni variabili da misurare o capire cosa sia una misura è un problema aperto. Provate, ad esempio, a definire la pressione in punti situati nel bel mezzo di una esplosione. Ma questo è ancora niente se pensate di voler trovare variabili che definiscano la quantità di “vita” o di “intelligenza”.
È chiaro che anche il concetto di “prova” si sta evolvendo.
 
 

Europa, 25.11.2010
Camilleri e Pietronero, mix di saperi

Pur non avendo regole fisse, i “Dialoghi in biblioteca” sono nati come un tentativo di realizzare la “mission” della divulgazione della ricerca. In particolare il criterio guida di questa iniziativa è racchiuso nel concetto di “contaminazione dei saperi” il quale si realizza sia nel confronto tra eminenti personalità di discipline diverse e anche fra loro distanti, ovvero nei confronti tra studiosi di materie fra loro più prossime, ma con diverse appartenenze e punti di vista differenti.
In questo senso il dialogo fra lo scrittore Andrea Camilleri e il fisico Luciano Pietronero incarna la prima tipologia di contaminazione e lo fa nel modo più proprio. Ed è significativo che sia stato lo stesso Camilleri a volerlo, ponendolo quasi come condizione – e comunque come suo motivo di interesse reale – alla partecipazione al confronto che si svolge oggi (17.30) nella biblioteca “Guglielmo Marconi” della sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche.
“L’onere della prova” che titola questo dialogo, è anch’essa paradigmatica dell’intera iniziativa, nel senso che chiama i “contendenti” moderati dal fisico e parlamentare Giovanni Bachelet, ad una sorta di dimostrazioni incrociate a sostegno dei loro argomenti di scrittura e di ricerca, richiamate dalla reciproca curiosità dei loro differenti saperi.
Essa non è una stravaganza, ma appartiene a un sentimento profondo dell’uomo studioso, qualunque sia la disciplina nella quale egli impegna la sua vita. Tanto più nell’ambito di una modernità caratterizzata sempre di più dalla separazione dei saperi, fino alla drammatica definizione della post-modernità come il tempo della “frantumazione”.
Logico, dunque, e condizione essenziale per qualsiasi “divulgazione”, aprire percorsi di comunicazione e di ricomposizione intellettuale la quale – ed è la scommessa di questa iniziativa – necessariamente postula la “contaminazione dei saperi”.
Forse il frutto più facile da cogliere dalla grande pianta del Cnr la cui massa critica è composta da moltissimi differenti settori di ricerca scientifica, ma anche umanistici e sociali. Un desiderio che, se vale ancora rivolgere qualche sguardo al passato, rimanda ad una idea unitaria dell’uomo come fu quella del Rinascimento e dell’Umanesimo dal quale esso nacque. Non una nostalgia di tempi impareggiabili e perduti, ma una speranza intellettuale di fronte alla crisi contemporanea: capirsi di più. Non perdersi di vista.
Pio Crocchi
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 25.11.2010
Domani il marchio di Acireale celebra il suo anniversario con i libri
La dinasty dei Bonanno cinquant'anni da editori
Una storia che inizia negli anni Trenta con la libreria frequentata da Brancati e Patti
Nel 1960 i primi volumi, poi le collaborazioni di Spadolini e Mack Smith fino alla sfida di oggi con l’e-book

[…]
Dalla scomparsa di Pippo, avvenuta cinque anni fa, il timone è dunque nelle mani di Mauro che, vincitore del premio Parlamento europeo per l'editoria, allarga gli orizzonti. […] Cavalca le fortune camilleriane con la versione teatrale della Concessione del telefono e fa uscire con Lombardi un volumetto ricercatissimo dai collezionisti di Andrea Camilleri.
[…]
Emanuela E. Abbadessa
 
 

Goethe Institut Roma, 26.11.2010, ore 21:00
Che cos'è un italiano?
Faccia a faccia tra Andrea Camilleri e Peter Kammerer

“Che cos’è un italiano?”
Se lo domanda il noto scrittore siciliano Andrea Camilleri nel libro che ha pubblicato in Germania ("Was ist ein Italiener?", Wagenbach 2010) con i commenti dal punto di vista tedesco del sociologo Peter Kammerer.
Prosegue con quest'appuntamento, che vede a confronto Andrea Camilleri e Peter Kammerer, con la moderazione di Maria Carmen Morese, la rubrica "Faccia a faccia", che ha già ospitato il confronto tra i giornalisti Beppe Severgnini del Corriere della Sera e Mark Spörrle della Zeit, e Gad Lerner de L’infedele / La7 e Luzia Braun di Aspekte / ZDF.
Per l'occasione sarà inoltre portata a Roma la mostra di vignette satiriche di artisti italiani e tedeschi "In punta di penna".
Auditorium del Goethe-Institut Rom - Via Savoia 15, Roma - tel. 06 8440051. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Traduzione simultanea
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 26.11.2010
Feltrinelli a Catania
"Noi e la Sicilia, un rapporto antico"

Le prime parole della signora al telefono sono volte a chiedere che tempo fa in Sicilia. Alla parola "sole", poi esprime tutta la sua benevola invidia. «A Milano piove da cinque giorni», dice rabbuiata. Poi recupera tutta la sua allegria: «Tra poco sarò lì e spero che il bel tempo mi aspetti» (ma il sole non l'ha aspettata). Inge Feltrinelli, dopo l'apertura mercoledì del più grande centro italiano di vendita multimediale a Milano, oggi a Catania in via Etnea 285, con il figlio Carlo inaugura la nuova libreria di famiglia "Libri e musica".
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Oggi lo scrittore siciliano di punta è Andrea Camilleri. I suoi libri spopolano in Italia e nel mondo. Rimpianti per non averlo intercettato?
«Non è che possiamo stampare tutto noi. E poi è giusto che sia approdato alla Sellerio, una casa editrice della sua terra. Ho conosciuto Camilleri quest'anno al Festival della Letteratura di Mantova. Era seduto a un tavolo con la moglie, mi sono avvicinata a salutarlo e mi ha invitata a sedermi. È stato un incontro divertentissimo. Mi ha affascinato con i suoi aneddoti.È un uomo fantastico, lo adoro».
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Tano Gullo
 
 

Il Venerdì, 26.11.2010
Libri
L'intermittenza
Andrea Camilleri, Mondadori, pp. 171, euro 18

Una decisa virata porta Camilleri - alla quarta uscita nel 2010 - lontano dalla Sicilia e sulle tracce del cinico De Blasi. L'Intermittenza è uno spaccato su un'alta borghesia milanese livida, odiosa, vuota. Le losche manovre del protagonista, dirigente industriale, s'intrecciano con le perversioni e frustrazioni dei personaggi che gli girano intorno.
Gianmarco Volpe
 
 

La Repubblica, 27.11.2010
L'esorcismo mediatico dell'emergenza rifiuti

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Nell'adattamento televisivo di Berlusconi, la sceneggiata napoletana dei rifiuti ricorda la paradossale vicenda narrata dalla fantasia di Andrea Camilleri in uno dei suoi romanzi storici più riusciti: Privo di titolo (Sellerio, 2005). Si racconta che, durante una visita in Sicilia, il Cavaliere (quello vero) ordina la costruzione "ex novo" di un'improbabile città. Qualche tempo dopo, quando il duce chiede conto del progetto ai suoi federali, questi non trovano di meglio che allestire in tutta fretta uno scenario di cartapesta, fotografarlo e quindi portare in pompa magna a palazzo Venezia un bell'album di immagini fasulle. Forse, l'emergenza spazzatura potrebbe suggerire al geniale scrittore siciliano lo punto per un altro romanzo di successo.
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Giovanni Valentini
 
 

La Repubblica, 27.11.2010
"Teniamoci i cattivi movimentano la vita" Parola di Paolo Poli

Roma. Le storie di Anna Maria Ortese sono belle, dolorose e fatali: un vecchio signore povero che riceve una ricca eredità solo in punto di morte; un bimbo che accende il lumicino al nonno e scoppia l´incendio; una ragazzina cieca che quando finalmente mette gli occhiali non regge alla vista del mondo...
Solo Paolo Poli, grande attore col gusto antico del melò, del tragico e del crudele, poteva leggerle con grazia ironica per farne uno spettacolo colto e gradevole, con le novelle di "Angelici dolori" degli anni Trenta e via via con quelle della vasta produzione degli anni Settanta fino a "Cardillo addolorato" e "Il mare non bagna Napoli", ricucite in un tessuto nostalgico di ritratti e canzonette che raccontano con leggerezza l´afflitta normalità della nostra vita.
Lo spettacolo si intitola Il Mare e porterà Paoli Poli, 81 anni operosissimi e ben tenuti, a scarrozzare per l´Italia fino a maggio: in questi giorni a Firenze, dal 9 dicembre a Milano, ospite di Teatridithalia, dall´11 gennaio all´Eliseo di Roma, dall´8 febbraio a Napoli e poi ancora da Lodi a Palermo.
«Così la Ortese sarà più conosciuta - esordisce Poli - La gente legge solo quel commissario lì, Montabano. E va anche bene, perchè almeno Camilleri è simpatico».
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Anna Bandettini
 
 

Avvenire, 28.11.2010
«Fermiamo il boia negli Usa. Boicottaggio di Italia e Ue»
Sant’Egidio nella Giornata delle città per la vita
Da domani le manifestazioni di testimonianza, promosse dalla Comunità romana, che culmineranno con il raduno al Colosseo

Roma. L’Italia e l’Europa non riforniscano più i boia texani degli ingredienti per l’iniezione letale. Parte con una campagna contro la produzione in Italia del sodium thiopental, uno dei tre farmaci alla base del cocktail usato negli Stati Uniti per le esecuzioni, la IX edizione della Giornata internazionale delle “Città per la vita, città contro la pena di morte”, promossa il 30 novembre in tutto il mondo dalla Comunità di Sant’Egidio. La data – che ricorda l’abolizione della pena capitale nel 1786 nel Granducato di Toscana, primo stato abolizionista d’Europa – coinvolge quest’anno oltre 1.300 città (500 in Italia, 64 sono capitali) in 85 Paesi di ogni continente. Tra le tante iniziative, domani, all’Auditorium Antonianum di Roma, l’incontro “Voci dal braccio della morte”, a cui partecipano Mario Marazziti, Andrea Camilleri, Neri Marcorè e Derrick Jamison, un ex condannato a morte innocente. Poi, in serata, il raduno al Colosseo.
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Luca Liverani
 
 

Comunità di Sant'Egidio, 29.11.2010, ore 16:30
Auditorium Antonianum, Roma
Voci dal braccio della morte
Incontro con: Mario Marazziti, Andrea Camilleri, Neri Marcorè, Derrick Jamison (ex-condannato a morte innocente)

 
 

Il Resto del Carlino, 29.11.2010
Anche Montalbano ha la sua statua
Così come accadrà per Pavarotti, il Comune di Porto Empedocle bandì un concorso

Modena. Ha una folta capigliatura e un bel paio di baffi. La statua che l’artista siciliano Giuseppe Agnello, tra l’altro docente di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, ha scolpito ispirandosi al celebre commissario Montalbano, non assomiglia affatto a Luca Zingaretti.
Per espressa richiesta dello scrittore Andrea Camilleri, inventore del personaggio che tanto successo ha avuto anche in televisione, la statua doveva assomigliare al Montalbano letterario, descritto con maestria dallo scrittore.
E così è stato (su Youtube ci sono le immagini dell’opera così come è stata mano a mano realizzata dallo scultore). Insomma, a Porto Empedocle, paese natale di Camilleri, luogo dove idealmente si svolgono le avventure del commissario di polizia, hanno vissuto più o meno le stesse vicende che anche a Modena, con il progetto che riguarda la statua di Pavarotti, ci si appresta ad affrontare.
Anche a Porto Empedocle si è deciso di aprire un bando di concorso. Della giuria tecnica, presieduta dallo stesso Camilleri, hanno fatto parte il sindaco Calogero Firetto e altri dieci membri: (l’esperta d’Arte moderna e gallerista Marina Covi; il produttore cinematografico Carlo Degli Esposti; i giornalisti Onofrio Dispenza, vice direttore Tg3 Rai; Toti Ferlita, critico letterario di ‘Repubblica’ e docente universitario e Lorenzo Rosso, oltre al presidente della Pro loco di Porto Empedocle, Paolo Savatteri, al presidente del Consiglio comunale, Luigi Troja, al capo dell’Ufficio tecnico, Luigi Gaglio, al dirigente dell’Ufficio legale, Antonio Insalaco e al segretario generale del Comune, Pietro Rizzo (nella qualità di segretario della Commissione).
In comune sono arrivati tredici bozzetti, quello più votato è risultato essere quello di Giuseppe Agnello per il quale anche la giuria popolare nei giorni successivi si era espressa con una ‘valanga’ (1345 voti) di consensi al termine dell’esposizione pubblica nelle vetrine dei negozi di via Roma, organizzata dalla Pro loco.
Non si è trattato però di un concorso internazionale, anzi. La Sicilia è stata protagonista in tutto e per tutto. Al concorso hanno infatti partecipato dieci artisti siciliani alcuni dei quali hanno presentato più bozzetti: Giuseppe Agnello, Biagio Foderà, Filippo Misuraca, Salvatore Profetto, Angela Tindara La Rocca, Rosario Vullo, Domenico Zora, Rosa Tirrito, Lorenzo Reina e Giuseppina Alaimo.
Roberto Grimaldi
 
 

Polizia Moderna, 11.2010
La storia siamo noi
Da Guardie e ladri a Romanzo criminale. 50 anni di film, attori e registi per raccontare il rapporto tra cinema e polizia con una guida d’eccezione: il critico del Tg1 Vincenzo Mollica

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Maschere di poliziotti: Merli, Nero, Volonté & co «A volte ci dimentichiamo di quanto le forze dell’ordine fanno per la gente: e allora ben vengano al cinema le figure di poliziotto, che ci ricordano come anche nella realtà c’è sempre qualcuno in divisa che sta lavorando per la nostra sicurezza. Sono eroi di celluloide che aiutano a realizzare quella sorta di sicurezza partecipata che vede insieme cittadini e polizia. Io, ad esempio, se abitassi a Vigata (il paese in cui sono ambientate le inchieste del commissario Montalbano) dormirei con le porte aperte, sapendo di poter contare su un poliziotto così bravo». Vincenzo Mollica, da critico navigato centra immediatamente, al di là dell’aspetto puramente spettacolare, l’importanza mediatica e perfino una sorta di responsabilità morale e sociale di chi, sul set cinematografico, è chiamato a indossare una divisa.
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«Se tra tutti questi poliziotti dovessi proprio sceglierne uno, sceglierei… il commissario Montalbano, perché sebbene rappresenti un eroe televisivo, rimane comunque un personaggio dall’enorme impatto cinematografico. Montalbano prosegue, come abbiamo visto, quella tradizione di poliziotti che riuniscono in sé l’umanità con cui affrontare il proprio lavoro e la propria vita privata, e il senso dello Stato. Non è un caso che la faccia di Luca Zingaretti, che lo interpreta magistralmente, sia ormai diventata famosissima.»
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Anacleto Flori
 
 

 


 
Last modified Sunday, October, 05, 2014