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RASSEGNA STAMPA

MAGGIO 2013

 
Libera


 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 1.5.2013
Camilleri: Io, il presidente e i tagli da evitare alla cultura
Lo scrittore auspica canali privati di finanziamento. “Attenti però alle stangate indiscriminate”

Crocetta annuncia un cambio di marcia nella gestione della cultura: ricorso alle risorse europee, tagli agli sprechi, azzeramento delle consulenze; provvedimenti che vanno nella direzione dell'uso razionale dei soldi pubblici. È giustificata la protesta degli enti teatrali? Lo chiediamo ad Andrea Camilleri che da Roma segue con attenzione ciò che accade al di qua dello Stretto.
«Io non credo che la protesta degli enti teatrali sia dovuta al taglio degli sprechi delle consulenze e del magna magna. Credo invece che ci siano tagli che possono investire le vere necessità di quei teatri. Quindi la questione va esaminata, e attentamente, perché il taglio degli sprechi non corra il rischio di diventare un taglio su qualcosa di sostanziale».
In passato mamma Regione è stata prodiga con tutti, strutture di serie A e ricettacoli di guitti. Ora riduce in modo sensibile a tutti. È giusto?
«Attenzione: le sovvenzioni date in modo indiscriminato sono sempre un male, così come sono un male i tagli indiscriminati. A un errore precedente non si può rimediare con un altro errore».
Non siamo forse vittime del nostro troppo avere a livello regionale: due teatri stabili, due teatri lirici, una fondazione di teatro classico, un'orchestra sinfonica. Non è un'esagerazione?
«Io mi augurerei che in ogni città e paese siciliano ci fossero un teatro di prosa, un teatro lirico e un'orchestra stabile, perché questo sarebbe il segno estremo della civiltà di un Paese».
E a cosa servono teatri di piccolo cabotaggio?
«Se sono di piccolo cabotaggio ma di buona qualità, hanno una funzione culturale molto importante».
Cosa ne pensa del fatto che papà Stato e mamma Regione debbano sovvenzionare costosissime produzioni, soprattutto nella lirica, orchestre esosissime, strutture impegnative? Non sarebbe più giusto che in qualche maniera si introducessero le leggi del mercato, fatto salvo un contributo per le strutture di eccellenza?
«Sì, certo, procurarsi sovvenzioni attraverso canali privati dovrebbe essere un fatto doveroso di ogni orchestra e teatro, perché la sovvenzione privata significa avere un riscontro nel mercato. Ma quello delle sovvenzioni ai grandi enti lirici o alle grandi orchestre non è un problema siciliano: anche la Scala di Milano è in crisi da questo punto di vista, come il Maggio fiorentino».
Come rendere produttivo il fantastico patrimonio culturale siciliano?
«Anzitutto mantenendolo in vita, poi dando alle iniziative del nostro patrimonio culturale la più ampia pubblicità possibile, così che a fruirne non siano solo i siciliani ma anche i numerosi turisti che giungono nell'Isola. Ogni anno a Bayreuth, per le celebrazioni wagneriane, arriva gente da tutto il mondo. Se facessimo lo stesso, per esempio, col nostro Bellini, non sarebbe mica male...».
Alla vigilia delle elezioni regionali, tramite Repubblica, lei lanciò un appello per Crocetta? Lo rifarebbe?
«Certo, e senza il minimo dubbio». Come giudica l'operato del governo regionale in questi sei mesi?
«Non vivo in Sicilia e non ho elementi per poter dare una risposta concreta. Ma il fatto stesso che la Sicilia sia stata la prima Regione ad abolire le Province mi sembra già un bel passo positivo in avanti».
Al Turismo Battiato è transitato come una meteora. Che idea si è fatto della vicenda?
«Secondo me Battiato ha sbagliato in una sola cosa: nell'aver usato poca diplomazia. D'altra parte, dato il rumore seguito alle sue dichiarazioni, non credo che Crocetta potesse agire diversamente».
Il nuovo assessore ai Beni culturali è Mariarita Sgarlata, un'archeologa. Pensa che potrà mettere a frutto la sua esperienza professionale e migliorare la fruizione dei beni archeologici?
«Glielo auguro e me lo auguro, perché la rivalutazione dei nostri beni archeologici è in Sicilia un'esigenza primaria».
Il mondo dei beni culturali è stato infestato da affaristi e truffatori: per tutti basti ricordare i soldi incassati alle biglietterie da una società privata e mai versati alle casse regionali. Come attivare anticorpi affinché queste cose non possano più accadere?
«La sua domanda mi straluna letteralmente: ma in questi casi non esiste un codice penale per i truffatori?».
Tano Gullo
 
 

La Sicilia (Ragusa), 1.5.2013
10 milioni e 223mila spettatori per la puntata di lunedì
Il ragusano nel mondo di Montalbano
Ancora un primato d'ascolti per la fiction televisiva. In questa puntata anche Sebastiano D'Angelo, politico corrotto che alla fine viene ucciso: «Difficile ma divertente»

Ancora un successo per Montalbano, nel terzo dei quattro episodi della nuova serie. In onda lunedì su Raiuno, la fiction del commissario più amato d'Italia ha fatto ancora una volta record di ascolti: l'episodio "Una voce di notte" ha infatti raccolto una media di 10 milioni 223 mila telespettatori pari al 36.43% di share, migliorando il precedente record che era stato raggiunto lunedì scorso con "Il gioco degli specchi" (9 milioni 948 mila con il 35.17%).
La fortunata nuova collana di episodi, tratti dai romanzi di Andrea Camilleri e coprodotti da Rai Fiction e dalla Palomar di Carlo Degli Esposti, si concluderà lunedì 6 maggio con l'episodio "Una lama di luce".
Nell'episodio di lunedì tra gli attori iblei c'era anche Sebastiano D'Angelo, brillante attore della compagnia teatrale "Amici di Chiaramonte Gulfi" e tra l'altro direttore dell'associazione Ragusani nel Mondo. Ha interpretato il ruolo chiave, proprio sul finire dell'episodio, dell'on. Mongibello, avvocato di fiducia della famiglia mafiosa Cuffaro. Non fa una bella fine l'on. Mongibello perché verrà ucciso proprio quando arriva Montalbano con i suoi uomini.
E' stata una bella interpretazione che ha visto Sebastiano D'Angelo praticamente subissato da tanti commenti positivi arrivati su facebook praticamente da ogni parte d'Italia ma anche da varie nazioni sparse in giro per il mondo dove è stato possibile seguire la fiction tramite internet o mediante Rai International. Scenari bellissimi, quelli usati come location della fiction, e tutti presi a prestito proprio dalla provincia di Ragusa, quell'area iblea che anche D'Angelo, con il suo contributo, cerca di far conoscere in giro per il mondo.
E lui, in questi giorni tra l'altro fuori Italia, ringrazia per i complimenti ricevuti. "Devo ringraziare davvero tutti gli amici che hanno manifestato una testimonianza di affetto e di attenzione sulla puntata di Montalbano. E' stata una meravigliosa esperienza, rubricata ovviamente ad un mero gioco, e una simbolica parodia della vita, vista la trama dell'episodio, ovvero come dimostrare di saper morire, non è facile, lo giuro, per poi ritornare sulla scena della vita più vegeti che mai. E' stato bello ma è stata bella anche l'intesa avuta con il regista Alberto Sironi con cui è nata una bella amicizia. Abbiamo avuto modo di collaborare anche in America per presentare alcune puntate della fiction".
Michele Barbagallo
 
 

La Repubblica, 2.5.2013
Montalbano aiuta Martina
serata per la figlia di Giangrande

Domenica a Roma all'Auditorium Parco della Musica l'anteprima dell'ultima puntata della serie, "Una lama di luce" (in onda lunedì su RaiUno) dedicata al carabiniere ferito a Palazzo Chigi. Biglietto a 7 euro

Roma - Il commissario Montalbano aiuta i carabinieri con una serata di solidarietà per Giuseppe Giangrande, il brigadiere colpito domenica davanti a Palazzo Chigi. Domenica 5 maggio alle 21 presso l'Auditorium Parco della Musica - Sala Sinopoli, la Rai e Palomar, con la collaborazione dell'Auditorium, presenteranno l'anteprima dell'ultima puntata della serie del Commissario Montalbano, dal titolo Una lama di luce. Il biglietto costerà 7 euro e il ricavato della serata - che la Rai raddoppierà - sarà interamente devoluto alla famiglia del carabiniere Giangrande; un modo ideale e concreto per stringersi alla figlia, Martina, al suo fianco in ospedale. Saranno presenti Andrea Camilleri, Luca Zingaretti e tutto il cast del film. Durante la serata sarà possibile acquistare i dvd della serie e i romanzi, autografati dallo scrittore. I biglietti, fino a esaurimento posti, potranno essere acquistati presso la biglietteria e sul sito dell'Auditorium Parco della Musica.
L'idea. "L'iniziativa - racconta il produttore Carlo Degli Esposti, produttore della serie - è nata da un'idea dal direttore generale della Rai Luigi Gubitosi che in un incontro con Zingaretti e col direttore di RaiFiction Tinni Andreatta, dopo il successo della terza puntata, ha proposto di organizzare una serata di solidarietà per Giangrande e la figlia Martina. Naturalmente hanno aderito tutti. Zingaretti torna apposta a Roma da Modena, dov'è in scena a teatro il pomeriggio; Camilleri è intento a firmare centinaia di copie del libro che verranno date in cambio di una donazione, così come tutto il materiale video di Montalbano messo a disposizione della Rai. Saranno in vendita gadget unici e il pubblico potrà incontrare tutto il cast. La Rai raddoppierà la cifra raccolta per la donazione".
Il film. Salvatore Di Marta si presenta al commissariato insieme alla giovane moglie Loredana: Di Marta è assai ricco, è il proprietario del supermercato più grande di Vigata, ed è venuto a denunciare la rapina e l'aggressione subìte da sua moglie mentre stava andando a depositare alla cassa continua della banca l'incasso della giornata, ben trentamila euro. Ma fin dall'inizio vari punti del resoconto di questa rapina sembrano contraddittori e Montalbano vuole indagare più a fondo. Scopre anzitutto che, prima di sposare il più anziano Di Marta, Loredana era fidanzata col coetaneo Carmelo Savastano, un piccolo delinquente. In seguito va a parlare con Valeria Bonifacio, la più cara amica di Loredana: è da lei che la moglie di Di Marta si era recata prima di andare a versare i soldi. Valeria suggerisce al commissario che quella notte Loredana non ha subìto soltanto una rapina...
Silvia Fumarola
 
 

Stampalibera.it, 2.5.2013
Cultura in lutto - L'inedito. L'ultima intervista a Massimo Mollica
La mia lunga amicizia e collaborazione con Camilleri, il “coloratore di parole”
Ci mancherà Massimo Mollica, scomparso ieri a 84 anni (i funerali si tengono oggi a Messina S. Nicolò alle 16), ci mancherà per la sua umile generosità e per sua magnifica arte scenica, il suo volto espressivo e la sua passione per il teatro: fino all’ultimo ci parlava di letteratura, degli amati Pirandello e Verga, della Sicilia come terra unica, dell’amata lingua siciliana che considerava la vera lingua italiana, della Messina che diceva che era la più bella città di provincia d’Italia, del teatro come luogo della sua vita. Questo è il suo ritratto, pieno di aspetti ancora inediti, che mi ha lasciato frequentandolo in questi ultimi anni e mesi nella sua casa di via Risorgimento e nel bar di via dei Mille, partendo dai suoi ricordi con Camilleri, il cui sodalizio e amicizia sono ancora poco noti: dietro il successo dell’autore di Montalbano c’è anche il rapporto con il nostro grande Massimo, che a Messina ha creato tanti teatri, che ha portato il nome della città con orgoglio in tutti i teatri italiani. Grazie di tutto Massimo.

Massimo Mollica e Andrea Camilleri al Teatro della Fiera di Messina, 1977

“La laurea honoris causa che Andrea ha ricevuto dall’Università di Urbino rende davvero il giusto merito a un grande intellettuale, quello che ritengo il più intelligente scrittore dei nostri tempi perché è davvero ricco di conoscenza e di sapienza, l’unico capace di estrarre e rendere vivo il colore delle parole. Da amico e sodale per tanti anni ancora mi meraviglio e mi inorgoglisco di questa lungo e splendido rapporto umano e artistico”. Sono parole sincere e calde quelle di Massimo Mollica, il grande attore e regista messinese protagonista di sceneggiati di successo come il Joe Petrosino con il concittadino Adolfo Celi e di tanti spettacoli teatrali nei massimi teatri italiani, considerato uno dei massimi interpreti pirandelliani, interprete anche di drammi di Brancati (Il Bell’Antonio) e Ionesco (Il re muore interpretato a Catania davanti all’autore entusiasta). Pochi sanno che a contribuire alla carriera nel mondo dello spettacolo di Andrea Camilleri è stato proprio Mollica, partner di tanti progetti culturali e teatrali negli anni della sua carriera come produttore e sceneggiatore della Rai, decenni prima del successo letterario con il Commissario Montalbano. Nella stagione che vede il giovane Mollica sbarcare da Mamma Rai (“riuscì ad evitare di farmi classificare come attore dialettale e riuscì a suggerì agli autori del Novelliere di Verga la messa in scena di Don Candeloro & C., secondo me la più bella novella, a cui loro non avevano pensato”), conosce un giovane e abile funzionario Rai, tale Andrea Camilleri da Porto Empedocle, che svolgeva il ruolo di produttore delegato, da poco diplomato in regia. ”Abbiamo familiarizzato subito raccontandoci le nostre “lastime”, i nostri problemi pratici, lui si adattava scrivendo di tutto sul “Radiocorriere”. Pochi sanno che era specializzato in storia del teatro europeo, aveva una cultura umanistica straordinaria, sono orgoglioso nell’aver creduto in lui da subito. In lui apprezzavo la generosità, il suo grande attaccamento alla famiglia e la larghezza di vedute, mi ha insegnato ad essere umile, insieme abbiamo fatto tanti spettacoli teatrali e tanti radiodrammi, sceneggiati nelle varie sede Rai. “Tra i tanti spettacoli che abbiamo insieme ricordo con grande importanza “Il Vendicatore”, tratto dal romanzo di Lanza, che la Rai volle registrare nella sede di Firenze nel nostro siciliano vorticoso e divertente, e che vorrei proporre nella prossima stagione del teatro Vittorio Emanuele di Messina [In realtà Camilleri non compare fra gli autori de "Il vendicatore", avendo soltanto condiviso con Mollica delle discussioni preparatorie, NdCFC]. Mi posso vantare di essere stato il primo protagonista dei suoi primi gialli televisivi, Domenica di Ferragosto e La mano sugli occhi, interpretando il personaggio che si può considerare l’anticipatore di Montalbano. Con lui siamo stati dei compagni di viaggio e di creazione artistica, ci sposavamo nelle idee e nella visione delle cose”. Del noto scrittore agrigentino, Mollica conosce le sfumature e le capacità di sapere “scandagliare” linguisticamente le storie, di saper personificare le vicende da narrare: “E’ un autentico talento per raccontare fiabe per grandi, ha una cultura universale, sa mettere insieme le cadenze temporali in intrecci avvincenti, il suo linguaggio è davvero ricco di musicalità. Nei soggiorni nella sua villa in Toscana ci siamo scambiati le riflessioni e le analisi su Pirandello, lì è nata l’idea di portare in scena U ciclopi con Ferro e Musumeci che portammo a Taormina e Tindari”. Mollica, forte dei suoi splendidi 83 anni, racconta con piacere della sua carriera di protagonista di tanti sceneggiati, radiodrammi e varietà di successo, compreso il mitico Canzonissima. “Ci andai in seguito al successo dello sceneggiato Joe Petrosino dove ero l’antagonista del nostro grande concittadino Adolfo Celi, interpretavo il cattivo, Don Vito Cascioferro, che affascinava gli spettatori, così Pippo Baudo e Loretta Goggi mi fecero giocare in un simpatico sketch televisivo dove raccomandavo i mie nipoti cantanti”. “Cominciai a fare il cattivo in Maigret e i diamanti, episodio della celebre serie poliziesca con Gino Cervi che ha fatto la storia della tv”.
[...]
Sergio Di Giacomo
 
 

Suprauponti, 3.5.2013
“Sono l’onorevole Rizzopinna di Castelbuono”. Così parlò Montalbano

La sera del 22 aprile scorso su Rai1 è andato in onda il film “il gioco degli specchi” della serie “Il commissario Montalbano”. A un certo punto Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, in una telefonata afferma: “Sono l’onorevole Rizzopinna di Castelbuono”. La frase è la stessa riportata sull’omonimo libro di Andrea Camilleri edito da Sellerio nel 2011.
Del fatto ne abbiamo parlato con Filippo Lupo (nella foto con il Sommo), “u Presidenti” del Camilleri Fans Club. “Ti posso raccontare – afferma Lupo – che, quando lessi il libro, fui ovviamente felice di leggere il nome del mio paesello. Ma per una sorta di pudore non ho mai chiesto al Sommo, in maniera esplicita, se la citazione di Castelbuono fosse in qualche modo da collegare alla nostra conoscenza. Ma successe una cosa divertente. Per fargli sapere che avevo notato la cosa, gli mandai “babbiando” i saluti ‘del mio compaesano onorevole Rizzopinna’. E lui rispose, sinceramente preoccupato, ‘Oddio, non è che per caso esiste davvero e mi denuncia per diffamazione o qualcosa di simile?”.
Giuseppe Spallino

L'onorevole Rizzopinna di Castelbuono
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 3.5.2013
Il Montalbano da fiction che non piace a Camilleri

Se c'è una cosa che irrita Camilleri è la possibilità che si crei una commistione tra il suo Montalbano di carta e quello televisivo, ancor più che si sospetti che dopo il successo del secondo egli concepisca le vicende del primo alla stregua di sceneggiature. Tanto che, nell'ultimo episodio della serie, consegnato otto anni fa alla Sellerio e destinato a uscire postumo, l'autore regola i conti tra i due pretendendo che quando il commissario arriva sul luogo di un delitto la gente si chieda se sia quello vero o quello della televisione, così stabilendo che uno è autentico e l'altro falso. In realtà non c'è alcuna affinità tra le due figure, nemmeno sotto l'aspetto della somiglianza fisica. Il Montalbano letterario ricorda Montalbàn, l'autore catalano che fu amico di Camilleri, o tutt'al più un docente sardo che quando Camilleri vide per la prima volta gli scappò di dire: «Montalbano è lei». Di fatto Luca Zingaretti è quanto di più estraneo possa immaginarsi rispetto ai modi misurati, lenti e indolenti del Montalbano camilleriano: che rifugge dai guizzi e dai gesti scomposti da cinema muto affettati dell'attore romano, reso peraltro protagonista in televisione di casi giudiziari dove il copione tradisce molte volte il romanzo prendendo chine che rispondono ad esigenze più teatrali che narrative, indugiando su elementi, quali la femme fatale, il siciliano erotomane, il frizzo e il lazzo, che fanno del Montalbano televisivo non più che un cartone di quello vero.
Pippo Russo, nell'articolo di sabato scorso su Repubblica, ne trae un'olla podrida avverando così la profezia dello stesso Camilleri che, sin dall'inizio della serie Tv, ha sempre ben saputo come il suo commissario non sarebbe che rimasto schiacciato dall'altro, tanto che, parlandogli in un dialogo surreale, prova a lenirne l'avvilimento: «Che vogliamo farci? Io stampo 500 mila copie ma quello fa dieci milioni di telespettatori!». Russo ha ragione a denunciare la deriva della serie televisiva, prigioniera del proprio successo e dunque costretta a reiterare gli highlights di scene e battute come per attori di giro, ma sbaglia a chiamare in correità Camilleri, che se è il primo ad avere previsto gli effetti speciali e finali del Doppelgänger è però l'ultimo a poter dire male di una trasposizione televisiva che dopotutto ha fatto la fortuna del suo commissario. Lanciando l'appello a salvare il personaggio proprio dalle mire dei suoi padri cartacei e catodici, mostrando perciò di tenere comunque a Montalbano, del quale allo stesso tempo sembra invece augurarsi la messa in quiescenza, Russo incrimina autore e sceneggiatori imputando al primo la «tintobrassizzazione» del commissario e agli altri il suo «massacro», perché, «in palese crisi creativa, hanno ridotto la macchina narrativa a poche situazioni reiterate allo sfinimento». Ora, è ragionevole attribuire agli sceneggiatori un'autonoma capacità creativa solo se Camilleri, proprio perché escluso in Tv dalla macchina narrativa, viene scagionato da qualsiasi colpa circa la coazione a ripetere macchiette e siparietti da parte della televisione. Dove l'impulso a creare bozzetti perlopiù cochon sortisce esiti ben diversi che nei romanzi: lì vellica la pruderie nazionale e soddisfa esigenze di avanspettacolo, qui risponde a una fisiologia del carattere e ad una sociologia del campanile che dalla Lupa verghiana al brancatiano Paolo il caldo, passando dalla Zobeida vittorianiana alla Lidia sciasciana, dalla Graziella di Patti fino alla Marta bufaliniana, riflette in Sicilia un'antropologia dell'identità collettiva entro la quale fermentano piacere e peccato, vizi e virtù, pubblico e privato, colpa e riscatto, in un rovesciamento della morale per la quale il santo più bestemmiato è anche quello più venerato: una morale agonale di cui Camilleri, il più convinto discepolo del credo nel doppio, si è fatto l'interprete più icastico e mimetico. Ma nella dottrina siciliana del doppio, cardine del nostro sistema di valori, Russo non coglie che i soli aspetti più caduchi e corrivi. E pur essendo attento esploratore della semantica siciliana, rinnega o tradisce un modello nato proprio nella terra agrigentina, che è di Camilleri quanto sua come pure di Pirandello. Sennonché, mentre fa bene a rimproverare alla serie televisiva una propensione a distorcere il personaggio del commissario per farne un misirizzi alla mercé di starlets sans merci, veline più che vestali (quando avrebbe fatto ancor meglio a leggere il Montalbano di Sellerio prima di guardarlo su Rai Uno), Russo manca di dividere colpe e meriti rendendo Camilleri complice di un'operazione mediatica che l'autore in verità ha subìto più che sostenuto. Nella visione di Russo, Montalbano diventa un personaggio in cerca di autore e Camilleri il sembiante della contessa Ilse de I giganti della montagna, che muore per avere provato a portare la sua arte tra la propria gente; oppure lo Straniero che giunge nella Oblivia dello stesso Russo, che tutti si chiedono chi sia mentre egli possiede la memoria perduta di ciascuno di loro. Per dire che, a volere conoscere bene Camilleri, c'è ancora tanto da fare anche in Sicilia, ma non per questo può egli rispondere in solido di un misfatto altrui. Così vale per Montalbano. Che se è irriconoscibile, il primo a non riconoscerlo è lo stesso Montalbano. Quello vero.
Gianni Bonina
 
 

RagusaNews, 3.5.2013
Grazie al commissario Montalbano 800 mila turisti in più in Sicilia
Negli Iblei è boom

Il Commissario Montalbano, storica figura dell’omonima serie tv, è “la causa” di un enorme aumento dei turisti in Sicilia. I dettagli. L’Osservatorio Turistico Uob tramite uno studio realizzato da Centro Studi Luoghi & Locations per Expo Cts ha constatato che la fiction RAI, tratta dai libri di Andrea Camilleri, porta in Sicilia ben 800.000 turisti. Approdato sullo schermo nel lontano 1999, è da allora entrato nell’immaginario collettivo come la rappresentazione più pura della Sicilia fornendo, in questo modo, un fortissimo impatto sul turismo siculo: tale ricerca sottolinea che gli operatori del settore turistico hanno ottenuto un incremento notevole delle entrate. Giovanni La Ferla, proprietario della trattoria “Al Castello di Donnafugata”, sottolinea che “Dopo Montalbano possiamo dire che il nostro lavoro è aumentato del 50% rispetto a prima”.
 
 

La Sicilia, 3.5.2013
Teatro a lutto
Ha fondato e diretto sale e stagioni teatrali nella città dello Stretto

Messina. È scomparso all'età di 84 nella sua Messina l'attore e regista Massimo Mollica, considerato uno dei maggiori e più sensibili interpreti pirandelliani e verghiani del nostro teatro.
[…]
Di lui va ricordata anche la collaborazione con Andrea Camilleri, col quale lavorò per vent'anni circa.
[Fu fra l’altro interprete dello sceneggiato televisivo La mano sugli occhi, tratto dal primo romanzo di Camilleri, Il corso delle cose, NdCFC]
S. V.
 
 

Magazine Pausa Caffè, 3.5.2013
Con Massimo Mollica va via un altro pezzo di storia culturale della Sicilia

Si sono celebrati ieri, nella Chiesa di San Nicolò all'Arcivescovado di Messina, i funerali di Massimo Mollica, morto lo scorso primo maggio a 84 anni e originario di Pace del Mela. Attore, regista teatrale e direttore della Compagnia Stabile di Prosa di Messina, da lui stesso fondata nel 1965, Mollica ha rappresentato per la porta della Sicilia un vanto e un orgoglio, contribuendo attivamente alla sua crescita culturale. […]
Altri film sono […] "La mano sugli occhi", […]. Infine, "Lazarillo", tratto dal romanzo "Lazarillo de Tormes", con la regia dell'autore e scrittore Andrea Camilleri al quale fu legato da profonda amicizia.
E proprio nel giorno dei funerali di Massimo Mollica, si è appresa la notizia che Andrea Camilleri riceverà, il 10 maggio, la Laurea Honoris Causa in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane conferita dalla Facoltà di Studi Umanistici dell'Università di Cagliari.
[…]
Antonella Di Pietro
 
 

Corriere della Sera, 4.5.2013
L'intervista. Il commissario è il personaggio del momento con oltre 10 milioni di fan
Zingaretti e i record tv: una follia da musical mi trasformò in attore
Il calcio è la mia passione, fui preso dal Rimini ma arrivò la chiamata dell'Accademia«La prova decisiva: una canzone di Bice Valori»

Luca Zingaretti, lei è ora Mister Dieci Milioni di Spettatori, record stabilito dalle ultime inchieste del commissario Montalbano. Mi racconta tutto da quando è cominciato?
«Da quando sono cominciati i film di Montalbano?».
No, da quando cominciò lei come attore. Lei ama i documentari tanto che organizza ogni anno, a Cortona, un festival sul genere intitolato «Hai visto mai?».Se dovesse girare un documentario su se stesso quale sarebbe la scena che fa vedere come diventò attore?
[…]
Senta, ma se nel suo documentario dovesse spiegare i dieci milioni di spettatori di Montalbano come lo spiegherebbe?
«Direi tante cose. Che c'è alla base il genio di Camilleri. Che c'è, me lo permetta, il lavoro ben fatto del regista Sironi e della troupe. C'è poi che il commissario è un eroe positivo di cui abbiamo bisogno perché siamo caduti in basso e Montalbano ci ricorda un modo perduto di essere italiani, i nostri compatrioti degli anni 60. Questo discorso andrebbe bene se poi Montalbano non avesse un successo così straordinario anche all'estero, con i lord inglesi che si riuniscono la sera per vederselo nei loro club (me lo hanno raccontato di persona), se il commissario non piacesse a un grande scrittore come sir Ronald Harwood, di cui sto mettendo in scena La torre d'avorio, che nella conferenza di presentazione dello spettacolo ha detto: "Mi sono appena reso conto che il signor Zingaretti è lo stesso attore che fa Montalbano". Abbiamo creato un prodotto italiano esportabile, cosa che fino a poco tempo fa sembrava impossibile».
Ultima domanda: perché lei è un sex symbol?
«Io non sono un sex symbol. Penso di avere un pubblico femminile affezionato perché gli ho sempre raccontato belle storie con energia e onestà. Sa che con la costumista Chiara Ferrantini ogni volta ci interroghiamo sul percorso che Montalbano potrebbe aver fatto in merito al suo abbigliamento? Sono i dettagli che fanno la differenza e non sfuggono al pubblico, specie quello femminile. Credo che sia bello vedere una persona appassionata del proprio lavoro. Io mi innamoro di persone così e, forse, non sono il solo».
Antonio D'Orrico
 
 

Il Piccolo, 4.5.2013
Quella storia di famiglie tra Trieste e Gorizia
Dal volume “I cognomi triestini e goriziani - Origini, storia, etimologia dall’Istria al Basso Friuli” pubblichiamo un brano dalla prefazione di Michele A. Cortelazzo.

In uno degli ultimi romanzi di Andrea Camilleri, Il sorriso di Angelica, del quale è stata recentemente trasmessa la versione televisiva, il commissario Montalbano ha a che fare con la bella Angelica Cosulich. Nel delineare il personaggio, l’autore ha immaginato che Angelica fosse il frutto di un matrimonio misto tra un triestino e una siciliana. Dal modo di parlare della giovane, come è stato realizzato dalla trasposizione televisiva, non traspare nessun tratto non dico di triestino, ma neppure di italiano settentrionale. Eppure, a chi ha una qualche frequentazione della Venezia Giulia, l’origine triestina era apparsa subito chiara, fin da quando la giovane Angelica si è presentata: il cognome ha indirizzato subito lo spettatore attento verso Trieste. Cosulich, infatti, è un cognome proveniente dalla Dalmazia e dall’Istria (come tutti i cognomi in -ich significa “figlio di …”, in questo caso “figlio di Cosulo”, o Cosule o Cosul). […]
Michele A. Cortelazzo
 
 

ANSA, 4.5.2013
Per Montalbano le ultime cartucce
Camilleri: a giugno 'Un covo di vipere'

Trieste. ”Bisogna capirlo, Montalbano ha una certa età, comincia a vivere quel fenomeno tipico degli uomini che sentono la necessità di sparare le ultime cartucce”. Tollerante, sarcastico, Andrea Camilleri risponde con il distacco del vecchio saggio a chi gli fa notare che il suo protagonista Salvo Montalbano nell’ultima serie televisiva indugia molto sul fascino femminile, con una sensibilità che in passato aveva appena accennato.
”Questa serie direi che si è conclusa con un due a due, nel senso che in due puntate ci sono altrettante cadute montalbaniane e in altre due no – spiega in un inusuale gergo calcistico lo scrittore siciliano -. Montalbano è un uomo come un altro…”. Ma non si tratta soltanto delle inclinazioni personali del commissario di Vigata, quest’ultima serie tv sarà ricordata anche per essere stata un ciclo da record di ascolti. Ciclo che si concluderà con Una lama di luce in onda lunedì 6 maggio in prime time su Rai1 e in anteprima domani sera all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in una serata evento alla quale parteciperà il cast montalbaniano compresi Luca Zingaretti e lui, Camilleri, il cui ricavato – che la Rai raddoppierà – sarà interamente devoluto alla famiglia del carabiniere Giangrande.
L’autore analizza le ragioni del successo: ”La serie tv ha avuto un andamento contrario a quanto avviene di solito con i serial, è andato crescendo come numero di spettatori – illustra Camilleri -. Di solito dopo la seconda puntata c’è una flessione, in questo caso invece i 9,600 milioni di telespettatori della prima puntata sono diventati 9,900 alla seconda e 10,200 alla terza. È un fenomeno interessante, anche per i tecnici. La ragione credo che sia nel fatto che stavolta il livello del Montalbano nel suo complesso è un più alto rispetto alle serie precedenti. C’è forse anche una seconda ragione: in questi ultimi episodi la trama è più densa.. è così che mi è venuta scrivendo”, spiega lo scrittore. Puo’ avere un peso il fatto che ogni puntata fosse introdotta da lei? ”Ho inizialmente esitato ad accettare questa proposta, mi sono convinto quando ho capito che in questo modo potevo indirizzare il telespettatore verso una maggiore comprensione di quanto stavano per vedere. A me interessava, dunque, dire il senso, l’origine e l’occasione di quanto avevo scritto. Se mi hanno chiesto di fare la presentazione e hanno insistito perchè accettassi, evidentemente ritenevano che io potessi dare un apporto. In questo senso quindi risponderei che sì, è possibile, ma io non sono in grado di giudicare”.
Il Maestro è soddisfatto: ”Queste ultime quattro puntate mi sono piaciute in modo particolare. Le precedenti avevano tagli eccessivi che rischiavano di rendere incomprensibile la trama. In questo caso non è accaduto”. È dunque imminente una nuova serie? ”Non lo so, a giugno sarà pubblicato il nuovo Montalbano, Un covo di vipere per Sellerio. Occorrono almeno quattro libri per una nuova serie: forse bisognerà aspettare ancora due anni per rivedere Zingaretti. A meno che non tirino fuori un altro Montalbano giovane che in passato ha avuto un successo inferiore all’altro ma comunque buono”.
 
 

Auditorium Parco della Musica, 5.5.2013
Sala Sinopoli, ore 21
Serata Montalbano
Anteprima del film TV "Il Commissario Montalbano-Una lama di luce"
Biglietti: Posto unico: 7.00 euro
I biglietti, fino ad esaurimento posti, possono essere acquistati presso la biglietteria e sul sito dell'Auditorium Parco della Musica

La RAI Radiotelevisione Italiana e PALOMAR, con la collaborazione di Fondazione Musica per Roma, presentano l'anteprima del film TV "Il Commissario Montalbano - Una lama di luce". L’ingresso in sala per tutti gli appassionati del Commissario avrà un costo di 7 euro e il ricavato - che la Rai raddoppierà - sarà interamente devoluto alla famiglia del carabiniere Giuseppe Giangrande. Saranno presenti lo scrittore Andrea Camilleri, l'attore Luca Zingaretti e tutto il cast del film. Durante la serata sarà possibile acquistare i DVD della serie televisiva e i romanzi autografati dall'autore.

Ieri sera sono stato all'Auditorium per la serata di Beneficenza per il carabiniere ferito nell'attentato di Largo Chigi.
Serata molto gradevole, alla presenza di generali di tutte le armi, del ministro Cancellieri, e dello staff al completo, completo anche delle attrici non protagoniste di questo episodio.
Sul palco oltre al direttore generale della Rai ed a Degli Esposti della Palomar, il Sommo e Montalbano/Zingaretti.
Dopo i saluti di rito da parte dei rappresentanti di Rai e Palomar, che hanno spiegato come è nata l'idea della serata, la parola è passata al Sommo il quale con grande capacità di sintesi ha fatto un intervento "profondo" sulle istituzioni, e sul senso civico che ognuno di noi dovrebbe avere dando quello che può nelle sue capacità (di forte impatto la storiella del leone e del colibri).
La parola è poi passata al commissario Montalbano, cioè Luca Zingaretti (tra l'altro entrato trionfalmente in platea con un cordone di poliziotti che lo scortava), che ha letto un discorso preparato in treno dove esaltava la capacità del Commissario di riunire tutta l'Italia senza nessuna distinzione, come la nazionale di calcio (quando vince!).
Applausi ogni volta che si menzionava il carabiniere ferito o le forze dell'ordine.
A questo punto è iniziata la proiezione dell'episodio, a mio modo di vedere il più bello di tutti i nuovi, anche se non segue pedissequamente la storia "cartacea" (lo stesso Sommo nell'anteprima che vedrete stasera racconta che un personaggio cardine del libro nella trasposizione cinematografica non compare).
Episodio comunque godibilissimo.
Al termine della proiezione lunghi applausi...
Buona visione a tutti!

Roberto Ciardo, 6.5.2013
 
 

Corriere della Sera (ed. di Roma), 5.5.2013
Il fenomeno! Intervista a Carlo Degli Esposti della Palomar: «Dal 2014 i nuovi episodi»
«L'arma segreta di Montalbano? Una piccola grande donna di nome Elvira»
Il produttore Degli Esposti spiega il successo del personaggio inventato da Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti

Esclusiva - I primi 5 minuti di «Una lama di luce»

Roma - Gli ascolti elevati non sono sempre garanzia di qualità in tv. Eppure, qualche eccezione esiste. I fuoriclasse poi, quelli che riescono non solo ad abbattere il muro del suono dei 10 milioni di spettatori, ma a raccogliere critiche positive in tutto il mondo sono veri e propri eventi miracolosi. È questo il caso del Commissario Montalbano che lunedì 6 maggio saluta i suoi fan in prima serata su Rai 1 con «Una lama di luce» (GUARDA i primi cinque minuti in esclusiva su Corriere.tv) l'ultima puntata diretta da Alberto Sironi. Proprio quel giorno, lo «sbirro di Vigata» venuto fuori dalla penna ispirata di Andrea Camilleri festeggerà 14 anni in tv e un successo che non si arresta. «Montalbano è la fiction più local che la tv italiana abbia mai prodotto eppure è venduta all'estero in 62 paesi. Almeno credo, ormai ho perso il conto - spiega il produttore della Palomar, Carlo Degli Esposti, che ha seguito il progetto sin dall'inizio - Il segreto? Essere sinceri e rispettosi dell'opera letteraria, non tradirla mai ma darle respiro attraverso le immagini».
SERATA MONTALBANO - E per celebrare il successo, domenica sera nella Sala Sinopoli dell'Auditorium di Roma è in programma la Serata Montalbano, organizzata dalla Rai e dalla Palomar. Andrea Camilleri, l'attore Luca Zingaretti che da sempre dà il volto a Montabano e tutto il cast del film presenteranno in anteprima al pubblico l'ultima puntata «Una lama di luce». L’ingresso in sala per tutti gli appassionati del Commissario avrà un costo di 7 euro e il ricavato - che la Rai raddoppierà - sarà interamente devoluto alla famiglia del carabiniere Giuseppe Giangrande, ferito nella sparatoria davanti a Palazzo Chigi. «Vogliamo dare il nostro contributo a un uomo delle forze dell'ordine come il nostro Montalbano» spiega Degli Esposti.
PER ELVIRA - Una serata in cui si farà anche il punto dopo 15 anni di lavoro. «Devo dire diversi grazie per questo successo, ma quello più grande va a Elvira Sellerio, una grande donna e intellettuale che l'Italia rimpiange ogni giorno - ricorda Degli Esposti - È stata lei a farmi accorgere di questo grande tesoro che sono i libri di Camilleri. Passai da Palermo, e lei che aveva appena pubblicato i primi due libri me li dette in mano e disse leggili perché possono essere buoni anche per la tv. Lei ci vedeva lungo e io le ho dato ascolto. Così ho potuto lavorare a questa operazione e fin da subito, cercando di non tradire l’opera letteraria, ma di darle respiro». Ed è stata la stessa Sellerio a far capire a tutti di aver fatto centro: «Insieme a Camilleri l'ho invitata a vedere il primo montaggio dei primi due episodi. Quando si sono accese le luci Elvira ha detto 'sono venuti proprio bene'. Ecco, di tutto il lavoro di questi anni è la sua figura che ricordo con più commozione».
LA PRIMA PUNTATA - Era il 6 maggio del 1999 quando Rai 2, e non l'ammiraglia della tv pubblica, mandò in onda in prima serata, il primo episodio «Il ladro di merendine». Ad oggi sono andati in onda 107 episodi (tra prime visioni e repliche), più i 6 episodi andati in onda lo scorso anno di «Il giovane Montalbano», con grande successo. «Mai gli ascolti sono stati così alti come per gli episodi in onda in queste settimane. Mai avevamo superato i 10 milioni - dice Degli Esposti - Stiamo conquistando pubblico perchè cerchiamo sempre l'equilibrio sostenibile tra tutti i fattori in gioco. E non esiste un successo tv che sia così rispettoso dell'opera letteraria. I nostri tv movie sono tratti ognuno da un libro: libri che sono già famosi in Italia e all'estero. Ed è proprio sull'onda del successo di Camilleri che esportiamo la fiction in tutto il mondo».
ZINGARETTI IL MIGLIORE DI TUTTI - Gran parte del successo arriva dalla scelta di Luca Zingaretti come protagonista: «Vinse il provino 15 anni fa, è stato di gran lunga il migliore di tutti - ricorda Degli Esposti - Non abbiamo badato alle contingenze del momento: non era un attore famoso al tempo. Ma era di grande talento e tutti ora glielo riconoscono».
I TEMI SCOMODI DI CAMILLERI - «Il nostro team di sceneggiatori ha lavorato con Camilleri su ogni puntata» dice il produttore. Nessun problema a portare sullo schermo temi scomodi come con la corruzione e l'intreccio tra mafia e politica che Camilleri inserisce nei suoi libri? «Mai, si tratta di temi sociali importanti per dare spessore alla storia. Quelli di Camilleri sono sfoghi etici e la politica viene sempre dopo l'etica. Davvero, problemi io non me ne pongo perché vado onestamente a rappresentare un’opera letteraria di grande valore» chiarisce il produttore. Dopotutto, «tutti noi dobbiamo ringraziare Camilleri. La Sicilia deve tanto a Camilleri che l’ha descritta come un sogno per il mondo intero».
I PROSSIMI EPISODI - Lunedì va in onda l'ultimo episodio della stagione e i fan della serie dovranno aspettare per le nuove avventure. Ma quanto durerà ancora Montalbano? «Noi andiamo avanti. Stiamo aspettando i prossimi romanzi di Camilleri che ci ha fatto sapere che ha due romanzi pronti, uno già finito e uno in scrittura. Quando ce ne saranno quattro, orientativamente nel 2014, inizieremo le riprese». Anche «Il giovane Montalbano» avrà un seguito: «Probabilmente nel 2014 produrremo le nuove puntate».
Carlotta De Leo
 
 

l'Unità, 5.5.2013
Cani sciolti
Il commissario Montalbano eccellenza ..in tutto!

Se stravedete per Il commissario Montalbano e abitate a Roma e dintorni, non lasciatevi sfuggire un occasione ghiotta, la visione della Lama di luce l’ultimo episodio di questa serie del Commissario Montalbano presso l’Auditorium Parco della Musica – Sala Sinopoli. L’anteprima, a cui parteciperanno i protagonisti della serie, Luca Zingaretti e Andrea Camilleri in primis, è stata organizzata dalla RAI con la PALOMAR, per aiutare la famiglia del carabiniere Giangrande, ferito gravemente domenica scorsa davanti a Palazzo Chigi. L’intero ricavato della giornata (biglietti 7 euro) che la Rai raddoppierà, sarà infatti, interamente devoluto alla sua famiglia.
Un motivo nobile per abbandonare il divano e fiondarvi all’Auditorium Parco della musica, ma per tutti voi per chi potrà andare all’Auditorium di Roma e per chi non potrà farlo, raccomando di vedere comunque La lama di luce, l’ultimo episodio della serie del Commissario Montalbano , una delle serie più belle e di grande qualità artistica, visiva e di interpretazione della Rai, venduto in ben 65 paesi nel mondo, (ultimo accordo in ordine di tempo la vendita di questi ultimi 4 episodi alla BBC ) il Commissario Montalbano è il cavallo di razza della Rai, è l’eccellenza italiana in questo campo, per qualità di tutto, dalla scrittura, alla regia, all’interpretazione, per la musica, la fotografia, per la Sicilia, per tutto, e per questo è molto amato e seguito in tutto il mondo.
Gli episodi del Commissario Montalbano, sono dei piccoli film di grande qualità, e forse per questo che sono così amati. Sicuramente gran parte di questo successo è dovuto alla scrittura del grande Andrea Camilleri, che con un linguaggio quasi antico racconta in fondo un mondo di uomini moderni ma fuori dal comune. Montalbano è un uomo che preferisce non fare carriera, rimanere insieme al suo gruppo di collaboratori nel suo piccolo commissariato, è un uomo che non ama gli agi, guida una vecchia macchina, è indipendente, solo, non ha famiglia, è colto, ama leggere e mangiare, incapace di grandi slanci, è onesto e fedele ai suoi uomini e meno alla sua donna, ed ha molte umane debolezze. Ma le eccellenze di questo prodotto non si fermano alla scrittura di Andrea Camilleri e dello sceneggiatore Francesco Bruni, o al carisma e al fascino di Montalbano/Zingaretti, ma comprende la bravura di tutti, dal cast, compresa l’ultima delle comparse che anche in una battuta riesce a dimostrare bravura e valore, fino ai tecnici.
Roccaforte di questa eccellenza il cast e il regista Alberto Sironi, invariati da 13 anni e a cui dobbiamo questo grande successo, anche per la cura che ognuno mette nella costruzione dei personaggi della squadra del Commissario Montalbano.
Siamo affezionati all’umanità silenziosa e precisa di Fazio/Peppino Mazzotta, sorridiamo ancora all’aria da Casanova impenitente di Augello/Cesare Bocci, amiamo visceralmente Catarella/Angelo Russo e rispettiamo il lavoro di Zito/Roberto Nobile, esempio di giornalista onesto e coraggioso e amiamo questa eccellenza siciliana, la fotografia di una regione splendida, culla della cultura, aperta al mondo e alla gente.
Insomma Montalbano piace in Italia e all’estero perché è bello, scritto e diretto con grande maestria ed è un prodotto di grande qualità di cui essere orgogliosi. Un eccellenza che tra l’altro contagia anche il Giovane Montalbano, che ha gli stessi criteri, di cura, di bravura, di grande interpretazione ( Michele Riondino, strepitoso) e di grande successo anche all’estero. Non è per fare polemica, ma vorremmo tanto che una parte di questa grande qualità con una squadra di sceneggiatori che lo fanno di mestiere, un cast di attori di grande livello, un regista che nasce come regista e lo fa bene, contagiasse anche i vertici di Rai cinema che producono tanti film che sinceramente non sempre sono di qualità, che difficilmente arrivano all’estero e che tra l’altro vediamo poco persino sulle reti Rai. Perchè?
Antonella Matranga
 
 

Il Sole 24 Ore, 5.5.2013
Per Andrea Camilleri laurea honoris causa a Cagliari

Un seminario e un incontro con gli studenti (giovedì 9) e quindi la laurea honoris causa (venerdì 10, ore 11, Aula Magna del Rettorato) in letteratura a Cagliari per lo scrittore Andrea Camilleri. Il creatore di Montalbano, dopo il saluto del rettore Giovanni Melis e la “laudatio” di Giuseppe Marci, terrà la sua lectio magistralis su Svevo e il rapporto padri-figli. Ne pubblicheremo uno stralcio su queste pagine domenica prossima.
 
 

MicroMega, 6.5.2013
"18 maggio, il Terzo Stato con la Fiom". Firma l'appello

Il 18 maggio la Fiom scende in piazza con una grande manifestazione nazionale (“BASTA! NON POSSIAMO PIU' ASPETTARE. Diritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza, per la giustizia sociale e la Democrazia”). Già nelle parole d’ordine, chiama alla mobilitazione non solo i lavoratori metalmeccanici ma l’intero “Terzo Stato”.
Sarà la prima manifestazione di opposizione e lotta costruttiva al governo Letta-Alfano da parte di tutti i cittadini che ancora si riconoscono nella Costituzione repubblicana e hanno come programma politico la realizzazione dei valori di giustizia e libertà che la informano.
Crediamo sia dovere del mondo della cultura, inteso nel senso più ampio, partecipare in modo attivo alla realizzazione e al successo di questa giornata di lotta, caratterizzata dalla più autentica e positiva “larga intesa”, quella fra cittadini che non si piegano alla crescente diseguaglianza, alla crescente illegalità, alla crescente dismisura del privilegio, alla crescente distanza fra i cittadini-elettori e i centri di decisione politica ed economica, nazionali e sovranazionali. In questa “larga intesa” tra cittadini non può esserci spazio per revisioni della Costituzione affidate a “Convenzioni” che si adopereranno per stravolgerla.
Andrea Camilleri, Roberta De Monticelli, Paolo Flores d’Arcais, Fiorella Mannoia, Adriano Prosperi, Stefano Rodotà, Salvatore Settis, Barbara Spinelli, Gino Strada, Gustavo Zagrebelsky
Firma anche tu e passaparola!
 
 

Università degli Studi di Cagliari, 6.5.2013
Venerdì 10 maggio Laurea magistrale honoris causa ad Andrea Camilleri

L’Università degli Studi di Cagliari conferirà venerdì 10 maggio alle 11, nell’Aula Magna del Rettorato (in via Università 40) la laurea magistrale honoris causa in Lingue e Letterature Moderne, Europee e Americane ad Andrea Camilleri.
La cerimonia di conferimento prevede alle 11 l’introduzione del Magnifico Rettore, Giovanni Melis, e alle 11.15 la Laudatio da parte del prof. Giuseppe Marci. Alle 11.30 comincerà la Lectio Magistralis di Andrea Camilleri, dal titolo “Riflessioni su un capitolo di Svevo”. Durante la cerimonia Rita Atzeri leggerà brani tratti dalle opere di Andrea Camilleri.
Lo scrittore, sceneggiatore e regista siciliano, padre letterario del noto commissario Montalbano sarà a Cagliari da giovedì 9 maggio: alle 18, nell’Aula Magna della Facoltà di Studi Umanistici (ex Campus Aresu), incontrerà studenti e lettori in occasione della presentazione del suo nuovo romanzo “La rivoluzione della luna”, edito da Sellerio.
Parteciperà anche alla premiazione dei tre migliori elaborati realizzati dagli studenti che hanno preso parte al seminario, durato due mesi, incentrato sull’opera di Camilleri e sui problemi legati alla trasposizione televisiva del commissario Montalbano.
I premi sono stati assegnati da una giuria internazionale, composta dai professori Paolo Cherchi, Presidente della Giuria (University of Chicago); Giuliana Adamo (Trinity College, Dublino); Marco Aresu (University of Harvard); Francesca Congiu (University of Leeds); Marco Gargiulo (University of Bergen); Stefania Lucamante (Catholic University of America, Washington); Filippo Lupo (Presidente del Camilleri Fan Club); Franco Manai (University of Auckland); Margherita Marras-Dupre (Université d’Avignone); Stefano Mula (Middlebury College, Vermont); Giuliana Pias (Université de Paris Ouest Nanterre La Defense); Stefano Salis (Il Sole 24 ore); M. Cristina Secci (UNAM, Città del Messico); Gigliola Sulis (University of Leeds); M. Bonaria Urban (Università di Amsterdam), integrata dai professori Duilio Caocci, Antioco Floris, Maria Dolores Garcia Sanchez, Mauro Pala e Veronka Szoke dell’Università di Cagliari.
L'evento sarà trasmesso in diretta streaming: http://elearning.unica.it/diretta1/
 
 

RaiNews24, 6.5.2013
Montalbano in anteprima a sostegno della famiglia di Giangrande

Si chiama "UNA LAMA DI LUCE", l'episodio del Commissario Montalbano che andrà in onda stasera su Raiuno: l'anteprima al Parco della Musica di Roma, un'occasione per stringersi a fianco alla famiglia del brigadiere Giangrande, colpito gravemente durante la sparatoria della scorsa settimana davanti a Palazzo Chigi. La RAI ha deciso che l'intero incasso della proiezione in anteprima vada a sostegno di Giangrande.
Gerardo D'Amico
 
 

#tvtalk – Il blog degli analisti, 6.5.2013
Montalbano, il commissario piu' amato dagli italiani

Mare azzurro cristallino, aria leggermente salmastra, paesaggi inondati di sole e per finire una buona dose di passione per la cucina mediterranea. “Il Commissario più amato della televisione italiana”, com´è stato infaustamente appellato dai promo che ne anticipavano il ritorno su Rai1, è tornato. Da quindici anni a questa parte non perde un appuntamento: basta un nuovo romanzo del maestro Camilleri, e la “solita squadra”, come ama chiamarla il regista Andrea Sironi, è già in viaggio alla volta dell’immaginaria Marinella - nella realtà, la bellissima e assolata frazione di Punta Secca nel ragusano.
I giudizi non possono che essere positivi. Montalbano-Zingaretti non delude, neppure questa volta, riuscendo ancora una volta ad ammaliare non solo il pubblico femminile ma anche quello dei maschietti di casa nostra, che in quel commissario burbero dal cuore tenero un po’ ci si vorrebbero rispecchiare. Per non parlare dell’intera giostra di personaggi che ruotano attorno al protagonista, tutti presenti e puntuali, ad eccezione di Livia (piccola nota negativa: cambiare volto ad un personaggio ma dargli la stessa voce non agevola il processo di immedesimazione dello spettatore, al massimo lo ostacola).
E fino a qui nulla di nuovo. Un prodotto di ottima fattura, che in sé nasconde la doppia natura cinematografica e teatrale, rispettivamente nella tecnica registica e nel livello recitativo del cast. Qualche segno del tempo però, dopo anni di prime visioni e repliche, il nostro inossidabile Montalbano lo mostra, fortunatamente concentrandoli tutti, o quasi, nei primi trenta minuti del primo episodio. Si faccia riferimento ai tanti ammiccamenti rivolti al pubblico di RAI1. Un esempio su tutti, i mille e più siparietti fra Catarella e il Commissario: oltre a risultare talvolta eccessivamente ripetitivi, hanno rischiato seriamente di far apparire banale un personaggio che nella sua natura, seppur secondario, è indispensabile ai fini della storia proprio perché necessario per far risaltare la figura dello stesso Montalbano. Per non parlare del lunghissimo flashback sulla storia del piccolo Francois, e su cui forse fin dalla primissima puntata si era voluto calcare un po’ troppo la mano, al punto da stravolgere l’ordine dei racconti pur di avere una leva emotiva su cui fare presa.
Stando al libro, poi, Montalbano in questa serie avrebbe dovuto finalmente mostrare qualche segno di cedimento, da uomo di mezza età qual è. E invece nessuna debolezza, nessun acciacco fisico o morale, fatta eccezione per qualche scappatella amorosa di tanto in tanto. Da questo punto di vista, il nostro inossidabile commissario-superuomo sembra proprio voler rimanere scostato dal suo alter ego letterario e dalle sue turbolenze emotive.
Per il resto la serie è stata e rimane un pezzo unico di televisione italiana, da custodire gelosamente in un cassetto chiuso a doppia mandata.
Lo dico e lo ribadisco, di pirsona, pirsonalmente.
Veronica Cubani
 
 

Panorama, 6.5.2013
Il commissario Montalbano, 5 motivi per amarlo
La serie tv ha registrato record di pubblico. Cerchiamo di capire le ragioni del successo: Luca Zingaretti, la sagacia di Andrea Camilleri, una Sicilia mozzafiato...

Col suo fascino siculo Montalbano ha collezionato record: i nuovo episodi della serie tv, andati in onda dal 15 aprile, hanno fatto ascolti che fanno sorridere Rai1.
Una voce di notte, terzo dei quattro nuovi capitoli del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri, ha fatto il miglior risultato di sempre, sia in termini di spettatori che in quelli di share. Il film tv con Luca Zingaretti, prodotto da Palomar con Rai Fiction, ha raccolto una media di 10 milioni 223 mila telespettatori pari al 36.43%, migliorando il precedente record raggiunto lunedì 22 aprile con Il gioco degli specchi (9 milioni 948 mila con il 35.17%).
Con queste premesse per Una lama di luce, ultimo episodio in programma questa sera, c'è da aspettarsi il botto. Il 6 maggio è tra l'altro una data simbolica, visto che proprio in questo giorno del 1999 esordiva la serie tv Il commissario Montalbano.
Indagando anche nella redazione, tra le tante aficionados della serie, cerchiamo di capire le ragioni del successo.
Ecco cinque motivi per amare il commissario Montalbano.
1) Ah, che Sicilia! Seguendo le avventure del commissario Montalbano anche un leghista non potrebbe non innamorarsi della "Trinacria", quest'isola triangolare dirompente nelle sue chiese barocche, nelle case nobiliari, nelle vie e nelle piazze tipiche di un certo Sud Italia, in spiagge e mare esaltati dalla fotografia della serie televisiva. E poi, ah, i piatti siciliani! Anche solo sfogliando le pagine di Camilleri sale l'appetito: il lettore vorrebbe assaggiare tutte le pietanze che lo scrittore elenca con dovizia di particolari. E anche il Montalbano di Zingaretti, pur nella sua condotta integerrima, si scioglie al profumo invitante di cucinato, soprattutto se gustato su una terrazza sul mare.
Anche chi non ama i localismi non può inoltre non essere stuzzicato dal dialetto siciliano, che sia Zingaretti che i suoi compagni di set rendono in maniera genuina e mai stucchevole.
Non è un caso che agenzie di viaggio esaltino la Sicilia attraverso dei tour "sulle tracce di Montalbano" e che nella casa del commissario sia sorto un bed & breakfast.
2) Montalbano rubacuori, sia sulla carta che col volto di Zingaretti. Il fascino di Luca Zingaretti come uomo è fuori dubbio, ma è altrettanto certo che a questa sua fama da homme fatale abbia contribuito lo charme di Montalbano. Se Il commissario Montalbano deve tanto a Zingaretti, Luca Zingaretti deve altrettanto a Montalbano: i due sono una fusione perfetta. Zingaretti è superbo e Montalbano è il paladino della rettitudine che tutti vorremmo al nostro fianco, con quel suo modo di procedere del tutto fuori dagli schemi, capace di andare anche contro le regole del corpo di polizia pur di far luce e giustizia.
Non meno azzeccati sono gli altri attori che fanno cerchio attorno a Montalbano, tutti interpreti precisi di una sicilianità che sa di autentico. Non solo quelli più ricorrenti come Angelo Russo, che interpreta l'agente Catarella, o Cesare Bocci, "Mimì", il vice di Montalbano, o Peppino Mazzotta che è l'ispettore Fazio, ma anche chi dà corpo a personaggi che pennellano singole puntate sa sempre amalgamarsi al contesto. La caratterizzazione è sempre molto forte, ma la regia di Alberto Sironi non straborda mai nella caricatura e nella macchietta.
3) Veracità ed essenzialità. Se si dovesse scegliere un aggettivo, che accomuni i libri come la serie tv, da mettere addosso a tutto l'universo di Montalbano/Zingaretti, di certo questo sarebbe "verace". Montalbano è un poliziotto schietto e senza fronzoli, integerrimo e sincero, che sa sempre vedere la realtà dal punto di vista più "giusto". Per dirla alla Zingaretti : "Montalbano è uno che se ne frega del 90% delle cose con cui ci complichiamo la nostra esistenza". Per questo piace. Tanta sostanza, pochi sosfimi: evviva il suo essere essenziale!
4) Meccanismi narrativi perfetti. Grazie alla sagacia di Camilleri, gli intrecci de Il commissario Montalbano sono impeccabili dal punto di vista dell'indagine, sia che si abbia a che fare con la criminalità organizzata sia che si abbia per mano la delinquenza più "ordinaria". Per di più gli svolgimenti della serie tv rispecchiano bene i libri a cui sono ispirati, senza falsare la trama e lasciando soddisfatti anche i lettori più fedeli.
5) Indagine sociologica. Accanto alla godibilità tipica scaturita da un giallo ben intessuto, lo spettatore come il lettore prova la gratificante sensazione di un arricchimento intellettuale. Il commissario Montalbano regala tanti casi umani tipici dell'Italia, del meridione, della Sicilia. Anche la mafia è argomento frequente, come pure i rapporti e la riverenza che hanno anche gli uomini di Stato hanno verso questo magma oscuro. Ecco quindi che si ha di fronte uno specchio dell'oggi, un affresco di storia contemporanea.
Questi sono i 5 motivi che abbiamo estrapolato noi. Se volete, aggiungete le vostre ragioni per amare Moltalbano.
Simona Santoni
 
 

ilsussidiario.net, 6.5.2013
IL COMMISSARIO MONTALBANO/ Roberto Nobile: è la Sicilia il “segreto” di ogni puntata. Sarò ne Il dodicesimo apostolo 2
IL COMMISSARIO MONTALBANO - Anticipazioni, l’intervista a Roberto Nobile (esclusiva)

Questa sera su Raiuno (alle 21:10), andrà in onda “Una lama di luce”, ultimo episodio per quest’anno de Il Commissario Montalbano. Per l’occasione ilsussidiario.net ha intervistato Roberto Nobile, che nella fiction interpreta il ruolo di Nicolò Zito, il fidato e amico giornalista di Salvo Montalbano (Luca Zingaretti), conosciuto al grande pubblico della tv anche per aver interpretato Giuseppe Parmesan nella serie Distretto di Polizia.
Come si è trovato a recitare nel ruolo di Nicolò Zito?
Ho letto la sceneggiatura, ero amico dello sceneggiatore, gli ho detto che mi sarebbe piaciuto interpretare quel ruolo. Lui lo disse al regista che poi mi chiamò. Io avevo già intuito che quel ruolo era adatto a me, mi piaceva e mi piace farlo e mi sento anche onorato di farlo: un giornalista coraggioso in Sicilia è molto più coraggioso di un giornalista coraggioso a Milano.
Un personaggio spesso fondamentale nelle indagini del commissario. Come descriverebbe il rapporto tra i due?
C’è un reciproco rispetto parlando delle competenze di ciascuno. Il commissario è un poliziotto e il giornalista è un giornalista. Hanno un passato diverso alle spalle, vivono nello stesso contesto, hanno le stesse conoscenze. Forse il giornalista è più anziano e può anche essere più consigliere.
Nella serie c’è un legame stretto tra gli organi di stampa e la polizia. Cosa ne pensa?
Credo che nella realtà questo legame ci sia, soprattutto in Sicilia dove la stampa si occupa di cronaca nera, mafia. Questo è abbastanza comune: i giornalisti vanno spesso nei commissariati per carpire notizie sulle indagini. E, soprattutto in Sicilia, poliziotti e giornalisti collaborano.
Quali sono i punti di forza della serie che la rendono così amata e seguita dal pubblico?
Me lo sono chiesto anch’io. Credo che forse sia lo sfondo sociale. I gialli in genere si svolgono nelle metropoli, come Londra o New York. La Sicilia con i suoi paesaggi, con il suo relativo quieto vivere, con la gradevolezza del cibo diventa lo sfondo in contrasto alle delusioni e ai dolori dei grandi criminali e diventa affascinante, una mescola bellissima.
Spesso vediamo le indagini del commissariato avere a che fare con le famiglie mafiose, ma mai in modo opprimente e sanguinario come in altre fiction. I Cuffaro, ad esempio, sembrano quasi un’entità astratta, presente ma inscalfibile. Come mai, secondo lei, questa scelta?
Credo che sia una scelta letteraria. In effetti, le puntate sono ambientate in un mondo senza tempo, agricolo, della campagna: per quanto si parli di crimini, si è legati a una sorta di etica antica a una specie di rispetto. È un po’ come il west.
[...]
Elena Pescucci
 
 

TvBlog, 6.5.2013
Il commissario Montalbano, Dajana Roncione a TvBlog: "Torno su questo set per la seconda volta"
TvBlog intervista Dajana Roncione, guest star della puntata di oggi de Il commissario Montalbano, Una lama di luce

Torna questa sera l’appuntamento con Il commissario Montalbano, con l’ultimo dei 4 film previsti per quest’anno, dal titolo Una lama di luce. La guest star di puntata, questa volta, sarà Dajana Roncione, giovane e brava attrice che abbiamo recentemente visto in tv in Nero Wolfe, Il sogno del maratoneta e Walter Chiari - Fino all’ultima risata. La incontro alla conferenza stampa di presentazione della fiction, e rimango colpita da due cose: dalla sua bellezza (dal vivo è ancora più bella che in video) e dalla forza e dalla determinazione di questa ragazza che, da quando si è diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, non ha mai perso di vista il suo sogno, quello di recitare in prodotti di qualità.
Intanto, per iniziare, sappiamo che per te è la seconda volta ne Il commissario Montalbano…
Sì, ho avuto una piccola parte ne La caccia al tesoro, andato in onda nel 2011. Ero Alba Carraro, una ex prostituta che cercava di rifarsi una vita e che è stata coinvolta nelle indagini di Montalbano. Ora il mio impegno è stato maggiore.
Sappiamo che in Una lama di luce il tuo personaggio dovrà interagire con quello di Mimì Augello. Cosa ci puoi raccontare?
Interpreto Valeria Bonifacio, una donna che sarà coinvolta in un’indagine del commissario. Montalbano manderà Augello, sotto le mentite spoglie di un avvocato, per sapere qualcosa di più di questa donna, un personaggio estremamente complesso. Valeria, nel suo unico attimo di debolezza, cederà alle lusinghe di Mimì, che riuscirà ad irretirla, anche se tra loro non ci sarà nulla di intimo. Lei è una donna che usa molto la sua seduzione, ma in realtà rimane sempre molto chiusa, e quello che fa lo fa sempre per uno scopo calcolato. Mi piace pensarla come una pupara, una che muove dei burattini, un ragno che costruisce le tele… Si vede e si sente che è un personaggio scritto da un grande autore come Camilleri.
Ci sarà quindi questo incontro-scontro con questo avvocato Diego Croma, che poi sarebbe Mimì. In realtà la sua storia è legata a quella della sua migliore amica, che si chiama Loredana. Non si capisce bene come mai Valeria prenda in mano la situazione, mettendosi a rischio, costruendo un piano elaborato altamente criminale, per il bene di questa sua amica che, a differenza sua, è una donna molto debole, che viene da un precedente fidanzamento con un ragazzo violento, che è stata poi ‘comprata’ da un marito, e si è poi innamorata del fratellastro di Valeria. In un primo momento, quindi, può sembrare che Valeria faccia tutto questo per il bene del fratellastro, o per una voglia di dare libertà a un’altra donna, in un concetto femminista, dall’altro può sembrare che ci sia un innamoramento della donna nei confronti dell’amica. Un personaggio molto enigmatico, molto ambiguo.
Immagino quindi che sia stato interessante interpretare un personaggio così complesso, no?
Sì, molto. Diciamo che è stato un lavoro ‘al contrario’, perché di solito i personaggi che hanno questo tipo di corazza necessitano una costruzione di tutto ciò che dentro li muove, per poi costruire questa corazza esterna. Ho cercato quindi prima di tutto di capire questo personaggio, che neanche nel romanzo si capisce bene com’è, per via di questa sua ambiguità, per poi metterlo in scena. È stato un lavoro molto bello.
Per te che sei ancora così giovane, come è stato rapportati ad attori, come ad esempio Zingaretti o Bocci, che interpretano il loro ruolo da 15 anni? Eri in soggezione?
Paradossalmente, questo fatto che tra di loro ci sia questa unione, quasi come se fossero una compagnia teatrale, fa sì che anche chi arriva dopo venga accolto con entusiasmo. Non mi stancherò mai di dirlo: ho trovato davvero delle persone e dei colleghi straordinari su quel set. Il fatto che poi, dopo la mia prima partecipazione, sia stata confermata di nuovo, è la testimonianza che c’è anche una stima reciproca, sia nel lavoro che come umanità. Sono tutte persone che fanno questo lavoro insieme da 15 anni, quindi c’è una grande sintonia, grande partecipazione e grande organizzazione. Io mi sono sentita subito parte di questo loro ambiente, non mi sono mai sentita esclusa.
Tu sei siciliana. Come è stato per te tornare a lavorare nella tua terra?
Sono sempre contenta di interpretare dei ruoli che rispecchino la mia terra, che mi permettano anche di parlare con la mia cadenza, di parlare della Sicilia. È sempre un’occasione che mi permette anche di sentirsi più libera, di indagare attraverso Camilleri le nostre patologie, i nostri lamenti, i nostri respiri. In questi quattro episodi poi si sente veramente che lui si inoltra nelle nostre radici, nella nostra storia. Purtroppo io non ho mai avuto la fortuna di incontrare Camilleri, avrei voluto tantissimo conoscerlo, spero possa capitare presto.
Quando hai saputo di essere stata scelta di nuovo per Montalbano, per questo nuovo ruolo, che emozione è stata?
Ah, un’emozione grandissima. Per me è stata una conferma che il lavoro che avevo fatto precedentemente era rimasto impresso, era piaciuto. Il fatto di essere stata fortemente voluta da Alberto Sironi, da Luca, da Cesare, mi ha fatto sentire apprezzata, stimata, e questo per un’attrice è molto importante.
Far parte di un progetto come Montalbano, con picchi di share altissimi e milioni di telespettatori incollati alla tv, come ti fa sentire? Senti una certa responsabilità?
Se dovessi vivere il mio lavoro con questo grande senso di responsabilità forse smetterei di farlo (ride, ndr). In realtà è perché questo senso di responsabilità io ce l’ho di mio già moltissimo, e spesso questa cosa mi causa una non libertà di osare, di divertirmi o essere sicura di quello che sto facendo. Io mi fido sempre molto del fatto che quando lavoro ci tengo tantissimo a fare un lavoro curato, scrupoloso, studiato. Devo fidarmi di questo, di me stessa. Mi piace anche buttarmi, con estrema coscienza di quello che faccio però.
[...]
Ringraziamo Dajana per il tempo che ci ha dedicato. L’appuntamento televisivo con lei è per questa sera su Rai1 intorno alle 21.10.
Daniela Bellu
 
 

La Stampa (Asti), 6.5.2013
Televisione
Valentina Reggio stasera compare nell’inchiesta di Montalbano
L’attrice di Bubbio stasera interpreta la parte di una ragazza rapinata

Bubbio. Valentina Reggio, attrice di Bubbio, comparirà stasera nell’episodio “Una lama di luce” della fortunata serie dedicata al Commissario Montalbano. La giovane interpreterà la parte di Loredana Di Marta, moglie del proprietario del supermercato più grande di Vigata, che denuncia di essere stata rapinata dell’incasso della giornata e di essere stata aggredita. Toccherà al celebre investigatore creato da Camilleri scoprire come sono andate effettivamente le cose e se la giovane donna sta dicendo la verità o se ha inventato una storia per coprire una realtà differente. A complicare ulteriormente il caso, il ritrovamento del corpo senza vita dell’ex fidanzato della ragazza.
Studentessa di Teatro & Musical alla “Fonderia delle Arti di Roma”, Valentina Reggio ha finora lavorato in due importanti produzioni televisive, le fiction «Che Dio ci aiuti» di Francesco Vicario, e “La certosa di Parma» di Cinzia Th Torrini, dal romanzo di Stendhal. Nel 2008 “ha conquistato il titolo di «La bella D’Italia».
c.f.c.
 
 

Glenville, 6.5.2013
Montalbano e la politica

Immagino sia già stato scritto, ma il successo clamoroso dell’ultima serie di Montalbano ha un precedente solo nella Piovra. Due prodotti di Raiuno, due prodotti che “uniscono gli italiani”. Il Montalbano di Camilleri (che non è per nulla distante dal Montalbano di Zingaretti, anzi direi che di anno in anno finisce per sovrapporvisi perfettamente) ha tutte le caratteristiche per piacere agli italiani. Nella tradizione della politica americana si dice che i Repubblicani rappresentano l’America “com’è” e i Democratici “come vorrebbe essere”. E’ un vecchio adagio, probabilmente superato dai tempi. Però mi viene in mente quando parliamo di Montalbano: perché Montalbano è sia l’Italia com’è che l’Italia come vorrebbe essere. Praticamente Montalbano/Zingaretti (Luca) è il leader del Partito Democratico che il Pd non ha mai avuto. Perché si indigna ma perdona, rispetta gli altri ma non si fa mettere i piedi in testa, ha un innato senso di giustizia ma non condanna le tentazioni epicuree. Montalbano non è un moralista, anche se ha un’alta concezione della moralità; non è un populista (anche se rispetta, a modo suo, i colleghi e i subordinati); non è un cacasotto (anche se non si mette inutilmente a portata del fuoco nemico).
E poi Montalbano/Zingaretti sa recitare nella commedia. Drama e commedia vanno a braccetto, perché questa è l’unica narrazione possibile nel nostro Paese. Il prodotto televisivo che ne scaturisce ha fortissimi elementi di tradizione (lo stile di ripresa, il montaggio, perfino la semplicissima grafica dei titoli, che sembra alludere -probabilmente senza volerlo- alle vecchie truke di Luciano Vittori). Montalbano non è un sushi bar nè un franchising di Eataly: è, come recitavano una volta le guide Michelin “di qualità, per habitué”. Gli odori e i colori sono arcitaliani. E infatti è venduto all’estero. Chi sottolinea come la serialità italiana sia lontana anni luce da quella inglese ed americana non potrà sostenere che Montalbano si avvicini più di altre fiction al modello anglosassone. Al contrario, Montalbano è un prodotto che ha tutto il meglio della nostra diversità. Ma non può essere un modello per nessun’altra impresa. Almeno in televisione. In politica, beh lì è un’altra storia.
Gregorio Paolini
 
 

Panorama, 7.5.2013
7 libri importanti che escono a maggio
L'ultimo thriller di Dan Brown. Un inedito Vargas Llosa. E il nuovo Montalbano di Camilleri. Ma anche…

Maggio, mese dei libri: lo dice la campagna curata dall'Associazione Italiana Editori, che porta nelle piazze italiane 1.635 eventi (ecco il programma) con il culmine a Torino, dove dal 15 si apre il Salone Internazionale del Libro. Ma quali sono i libri importanti che escono in questi giorni? Per ora ne abbiamo scelti sette.
[…]
2. Andrea Camilleri - Il covo di vipere (Sellerio) - Arriva l’estate e il più che mai produttivo Camilleri non poteva farci mancare un'avventura inedita di Salvo Montalbano. Il commissario è alle prese con due enigmi, uno di natura poliziesca, l'altro, in apparenza, emotiva. Da un lato c'è l’omicidio del ragioniere Barletta, stimato signore di cui però le indagini svelano retroscena privati non proprio esemplari. Dall’altro un misterioso clochard accampato in una grotta a poca distanza dalla casa dove dormono Salvo e Livia… L'uscita in libreria di Il covo di vipere è prevista per il 30 maggio.
[…]
 
 

ilsussidiario.net, 7.5.2013
IL COMMISSARIO MONTALBANO/ Peppino Mazzotta: Zingaretti ed io insieme anche a teatro. Sono “pronto” per i nuovi episodi
IL COMMISSARIO MONTALBANO - L’intervista a Peppino Mazzotta (esclusiva)

Legato mani, piedi e cuore al suo personaggio, l’ispettore Giuseppe Fazio che interpreta ne Il commissario Montalbano, Peppino Mazzotta è un attore poliedrico. Non si è fermato al suo primo amore, quello per il teatro, ma ha saputo reinventarsi. Nel corso della sua carriera si è dedicato oltre alla tv anche al cinema (era nel cast del film con Checco Zalone Cado dalle nubi). Ma è certamente il suo ruolo ne Il Commissario Montalbano che gli ha dato la notorietà. Braccio destro di Salvo, l’ispettore Fazio lo aiuta nelle indagini con un caso da risolvere a ogni episodio. Ieri sera abbiamo visto l’ultimo di questa stagione. E visto il successo ottenuto è facile immaginare che le avventure di Montalbano (finora ne sono state trasmesse 26) torneranno presto in tv. E Mazzotta, come spiega in questa intervista a ilsussidiario.net, sarà pronto a farne parte.
Ci parli innanzitutto del suo personaggio: chi è l’ispettore Giuseppe Fazio?
Nei romanzi di Camilleri è quella funzione narrativa che c’è in tutti i gialli che serve allo scrittore sostanzialmente per dare una serie di informazioni al pubblico e anche all’eroe che conduce le indagini per far procedere la vicenda.
Che rapporto ha Fazio con il commissario?
Lui è l’uomo di fiducia del commissario, la persona, il collega con il quale si riconosce maggiormente: in qualche modo si assomigliano. È l’uomo di cui Montalbano si fida di più e finora questa fiducia non è mai stata tradita. Tra l’altro nelle prime puntate l’ispettore Fazio era un agente scelto che poi viene promosso a seguito dell’arresto di un boss. Il rapporto tra loro è di grande empatia, lealtà e affetto che però non si esprime nelle forme convenzionali, ma sempre all’interno del lavoro. Noi riusciamo a vedere l’affetto che li lega solo ed esclusivamente attraverso il modo in cui portano avanti l’indagine.
Cosa la accomuna al personaggio che interpreta e cosa invece la differenzia?
Ci sono alcuni aspetti di somiglianza legati all’essere molto metodici, precisi e minuziosi. Quando si deve fare una cosa sia io che lui siamo portati a farla fino in fondo e nella maniera più specifica possibile. In lui questo si trasforma in quello che è stato chiamato il complesso dell’anagrafe: non si ferma alle informazioni utili, ma va oltre, trova tutte le informazioni su una persona. Anch’io sono così: se prendo un impegno tendo a portarlo fino in fondo e anche oltre le richieste che mi sono state fatte. Poi diciamo che io sono un po’ più matto di Fazio, lui è una persona molto equilibrata, io invece ho un equilibrio “a tratti”.
La rivedremo nella prossime puntate de Il Commissario Montalbano?
Se ci sarà una prossima serie sicuramente ci sarò anch’io.
Non ha mai sentito il bisogno di “staccarsi” dal personaggio che interpreta?
Sì, ovviamente sì. Purtroppo questo è molto difficile in questo momento. Da una parte mi ritengo molto fortunato di aver incrociato il “viaggio” di Montalbano ed essere salito su questo treno meraviglioso, dall’altra parte è successo, come spesso accade, che si rimane un po’ invischiati nel personaggio a cui giustamente le persone si affezionano. Alla fine è il giusto prezzo che si paga anche per avere l’affetto della gente.
Sta facendo intendere che c’è crisi anche nel mondo dello spettacolo?
Io sono uno che viene dal teatro, faccio tanto teatro e devo dire che la crisi è totale e non è solo economica. C’è una crisi di curiosità, di idee. Questo ha innescato un meccanismo di frustrazione molto forte negli artisti di teatro.
Vale lo stesso discorso anche per la televisione?
La televisione è sempre stato un luogo dove l’eccellenza raramente ha preso corpo, perché c’è la logica di un messaggio massificato, di conseguenza quello che è massificato non può essere eccellente perché altrimenti escluderebbe una fascia molto grande di pubblico. Prodotti come Il commissario Montalbano rappresentano un’eccezione, perché è di grandissima qualità e riesce contemporaneamente a interessare 10-11 milioni di persone. E questo vuol dire che lo spettatore televisivo non è così “imbecille” come pensano quelli che poi la televisione la producono o la pensano dal punto di vista della proposta culturale.
C’è qualcosa che la lega a questa fortunata serie tv?
Tutto. Io sono legato emotivamente alla serie perché ero proprio un ragazzino quando ho iniziato. Tra l’altro all’epoca non avevo mai fatto televisione, ma facevo cinema e teatro. Sono cresciuto con Montalbano, proprio come persona: avevo 27 anni, ora ne ho 41. 14 anni della mia vita sono legati ai ricordi, alle emozioni, alle difficoltà e alle gioie di Montalbano. Grazie alla serie, poi, ho ottenuto una certa visibilità. Io sono fortemente legato a questo progetto, alle persone con le quali lo facciamo, ai posti nei quali lo giriamo. È qualcosa che ormai è “fuso” con la mia vita di questi anni.
[…]
Elena Pescucci
 
 

TvZoom, 7.5.2013
Ascolti: “Montalbano” record a 10,7 milioni, “Arrow” 2,5, “I love shopping” 2,4. “Carosello reloaded” a 11 milioni

È morto Giulio Andreotti alle 12.25 di ieri e della sua vita si è parlato da quel momento in poi in tutti i programmi giornalistici. E’ tornato Carosello, non sorprendente ma ben incastrato tra Affari Tuoi e Il Commissario Montalbano. Luca Zingaretti tra premonizioni e depistaggi ha risolto due casi in una volta.
Il tema della serata era verificare se gli ascolti della fiction con Luca Zingaretti protagonista dopo l’esordio a 9,6 milioni, la seconda puntata a 9,9 e la terza a 10,2, sarebbero stati ancora in crescendo in un momento della stagione in cui la penetrazione del mezzo tende rapidamente a declinare e se, comunque, la platea televisiva avrebbe superato la quota del 36,43% del totale in visione conquistata sette giorni prima. […]
Alla fine Una lama di luce ha riscosso ben 10,7 milioni di spettatori ed il 38,13% di share guadagnando cinquecentomila spettatori rispetto al risultato già record della terza puntata. […]
In access […] Camilleri Racconta il 'programma' più visto a quota 10,8 milioni.
Ma ecco più in dettaglio come stamane Auditel, considerato il numero di spettatori raggiunti, ha messo in fila le proposte delle sette principali emittenti generaliste.
Su Rai Uno l’ultimo dei quattro film tv inediti de Il Commissario Montalbano, Una lama di luce, con Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta e Dajana Roncione protagonisti, ha riscosso 10,714 milioni di spettatori ed il 38,13% di share.
[…]
Emanuele Bruno
 
 

ANSA, 7.5.2013
Montalbano vola a quasi 11 milioni
Ultimo episodio con Luca Zingaretti miglior risultato di sempre

Montalbano super record. C'era da aspettarsi, dopo tre successi uno dopo l'altro e tutti in progressione, un risultato come quello di ieri sera che ha concluso una stagione da record per il nuovo ciclo del Commissario Montalbano: 10.715.000 milioni di spettatori e il 38,1% per Una lama di luce. Il più visto Montalbano di sempre e, vedi la coincidenza, esattamente 14 anni dopo il debutto del personaggio inventato da Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti.
Era il 6 maggio '99 quando non su Rai1 ma su Rai2 faceva il suo esordio. Il film tv con Luca Zingaretti, prodotto dalla Palomar di Carlo Degli Esposti con Rai Fiction, ha avuto una platea ricca di tutte le fasce di pubblico, ottenendo il 50% presso il pubblico di ultra 65 anni e il 46,77% tra i 55-64 anni, un pubblico per oltre il 47% laureato. Il picco in chiusura: 42% di una platea televisiva che non se ne voleva andare.
Il Commissario Montalbano, ecco la top ten dei piu' visti in milioni di spettatori, dalla prima puntata del 6 maggio 1999 su Rai1:
1) Una lama di luce (2013) - 10.715.000 (38,1%)
2) Una voce di notte (2013) - 10.223.000 (36,43%)
3) Il gioco degli specchi (2013) - 9.948.000 (35,17%)
4) Gli arancini di Montalbano (2002) - 9.892.000 (34,44%)
5) Gatto e cardellino (2002) - 9.795.000 (32,83%)
6) Il sorriso di Angelica (2013) - 9.630.000 (34,2%)
7) Il campo del vasaio (2011) - 9.561.000 (32,61%)
8) Il senso del tatto (2002) - 9.352.000 (33,52%)
9) L'età del dubbio (2011) - 9.295.000 (32,46%)
10) La caccia al tesoro (2011) - 9.293.000 (31,37%)
 
 

Corriere della Sera, 7.5.2013
La serie Tv su Raiuno
Montalbano chiude con il record assoluto
E il commissario torna in libreria a giugno

L'ultima puntata della nuova serie di episodi è stata vista da oltre 10.700.000 spettatori. In attesa di «Un covo di vipere»

I caffè sulla verandina affacciata sulle onde, i comici fraintendimenti di Catarella (Angelo Russo), l'affidabilità dell'ispettore Fazio (Peppino Mazzotta) e il fascino (sempre utile per le indagini) di Mimì Augello (Cesare Bocci). E poi la bellezza mozzafiato delle protagoniste femminili e dei paesaggi, le trame «a orologeria» al profumo di gelsomino, l'intensità dei personaggi e soprattutto lui, il commissario Montalbano. Sono tanti i segreti del successo - costante negli anni (la prima puntata è del 1999) - dei film per la tv tratti dai romanzi di Andrea Camilleri, diretti da Alberto Sironi e interpretati da Luca Zingaretti. E infatti la nuova serie ha chiuso con un record assoluto, sia in termini di spettatori che di share: «Una lama di luce», quarto e ultimo dei nuovi episodi andato in onda lunedì sera su Rai1, è stato visto da una media di 10.715.000 telespettatori pari al 38,1% di share, migliorando il precedente record di lunedì scorso (10 milioni 223 mila con il 36.43%).
ESCALATION DI SUCCESSO - Andrea Camilleri, il creatore del commissario, analizza così le ragioni del successo del suo Montalbano in televisione: «La serie tv ha avuto un andamento contrario a quanto avviene di solito con i serial, è andato crescendo come numero di spettatori - illustra Camilleri -. Di solito dopo la seconda puntata c'è una flessione, in questo caso invece i 9.600 milioni di telespettatori della prima puntata sono diventati 9.900 alla seconda e 10.200 alla terza. È un fenomeno interessante, anche per i tecnici. La ragione credo che sia nel fatto che stavolta il livello del Montalbano nel suo complesso è un po' più alto rispetto alle serie precedenti. C'è forse anche una seconda ragione: in questi ultimi episodi la trama è più "densa"... è così che mi è venuta scrivendo», spiega lo scrittore.
LE INTRODUZIONI HITCHCOCKIANE - Ma un altro punto di forza della nuova serie è stato di certo anche il fatto che ogni puntata sia stata introdotta brevemente da Camilleri «di persona personalmente». La sua voce calma e impastata di fumo di sigarette ha infatti illuminato gli spettatori favorendo una comprensione più profonda delle storie, delle circostanze in cui sono nate e dei titoli. «Ho inizialmente esitato ad accettare questa proposta - ha detto lo scrittore siciliano - mi sono convinto quando ho capito che in questo modo potevo indirizzare il telespettatore verso una maggiore comprensione di quanto stavano per vedere. A me interessava, dunque, dire il senso, l'origine e l'occasione di quanto avevo scritto. Se mi hanno chiesto di fare la presentazione e hanno insistito perché accettassi, evidentemente ritenevano che io potessi dare un apporto».
IN ATTESA DI «UN COVO DI VIPERE» - «Queste ultime quattro puntate mi sono piaciute in modo particolare - ammette Camilleri -. Le precedenti avevano tagli eccessivi che rischiavano di rendere incomprensibile la trama. In questo caso non è accaduto». La Rai adesso manderà in onda le ennesime repliche degli episodi più datati ma sempre gustosi da rivedere (la settimana prossima è previsto «La gita a Tindari») e a giugno in libreria sarà pubblicato il nuovo Montalbano, «Un covo di vipere», sempre per Sellerio. I fan, dunque, possono stare tranquilli: non andranno in crisi di astinenza da Montalbano.
Angela Geraci
 
 

ANSA, 7.5.2013
Zingaretti, Montalbano unico
Brindisi in Rai per record dedicato a Sellerio, ora le repliche

Roma. ''Niente era scontato, e' un risultato oltre l'immaginabile'', dice Luca Zingaretti commentando il record di sempre del Commissario Montalbano tratto dai gialli di Andrea Camilleri: 10.715.000 telespettatori pari al 38,1%. ''Proprio se pensiamo da quanti anni lo vediamo in tv, la sua tenuta e' qualcosa di unico''. In Rai si brinda, Zingaretti, che sta per andare sul set cinema di Mal d'amore di Angelo Longoni, dedica il risultato all'editrice Elvira Sellerio; Rai1 ha in programma le repliche.
 
 

Oggi, 7.5.2013
Personaggi
Montalbano, il segreto del successo svelato dal regista Alberto Sironi
Si è appena chiusa la nona serie con protagonista Luca Zingaretti. Con quasi 11 milioni di telespettatori e oltre il 38% di share. Un successo senza precedenti. Di cui ci spiega il perché il regista Alberto Sironi

Il commissario Montalbano supera se stesso. Un successo senza precedenti. Che continua ininterrottamente da ben 14 anni. Quali sono i segreti del suo successo? La penna di Andrea Camilleri, certo. ma anche la sapiente regia di Alberto Sironi. Che rivela in esclusiva a Oggi i segreti del successo della fiction Rai, con protagonista un impareggiabile Luca Zingaretti.
TRIONFANO PERSINO LE REPLICHE - Un trionfo televisivo senza precedenti, si diceva. In questi anni ci si era abituati a un seguito di pubblico eccezionale, pure nelle repliche, per il poliziotto siciliano creato dallo scrittore agrigentino Andrea Camilleri. Ma mai la serie di Rai 1 aveva raggiunto tali vette, come quelle registrate nell’ultima stagione, la nona, appena conclusa. E così, la Rai ha deciso di continuare a cavalcare l’onda del successo riproponendo nelle prossime settimane le repliche di Montalbano, anche se viste e riviste.

MONTALBANO: 14 ANNI DI ASCOLTI RECORD
PARLA IL REGISTA SIRONI – Per capire le ragioni di questo successo, che dura da 14 anni, abbiamo sentito Alberto Sironi, il regista stabile della serie che ha scelto e voluto Luca Zingaretti come protagonista nei panni di Salvo Montalbano. Sironi è nato il 7 agosto 1940: prima di trasferirsi a Roma, ha vissuto fino ai 27 anni a Gallarate (Varese), anche se risulta nato a Busto Arsizio, nel cui ospedale è venuto alla luce.
Sironi, perché Montalbano si è confermato un fenomeno di ascolti in una televisione che si sta svuotando di telespettatori?
«Il successo è un fatto misterioso. Se avessi in tasca questa ricetta, diventerei miliardario. Sono un appassionato del genere giallo e posso dire che Camilleri ha scritto uno dei personaggi più centrati della letteratura popolare. Prima di lui, il poliziotto italiano era visto in modo negativo: un personaggio col manganello, di origine fascista. Montalbano, nato negli Anni 90, è invece un poliziotto presentato in modo positivo. Quando nel 1990 scrissi e diressi per Rai 2 Il commissario Corso con Diego Abatantuono, anch’io ne feci un personaggio umano: un poliziotto che non ama le armi, che ha un figlio ma è separato dalla moglie, che è andato a vivere con la madre».
Il critico Aldo Grasso sul Corriere della Sera, pur riconoscendo il valore di attore protagonista e regista, ha rilevato nella seguitissima prima puntata manierismi, prevedibilità, trama fragile…
«Beh, piccoli manierismi, qualcosa di ripetitivo, ci sono senz’altro, è un rischio inevitabile. Ma spesso alcuni manierismi (“Montalbano sono”) piacciono a molti. E poi il pubblico capisce che siamo onesti, sinceri, che raccontiamo le cose che sappiamo».
Come è arrivato a Montalbano?
«Per me, realizzare Il commissario Montalbano è stato un colpo di fortuna. Ero in Sicilia nel 1998 per girare Una sola debole voce, film-tv per Rai 2 e lessi i primi due romanzi di Camilleri usciti da Sellerio: mi piacquero subito. Poco dopo ebbi la proposta da parte di Carlo Degli Esposti della Palomar, da allora coproduttore fisso con Rai Fiction, di dirigere i primi due episodi sul commissario siciliano: una coincidenza incredibile, ne ero felicissimo e soprattutto prontissimo».
La Rai accettò subito il progetto?
«In verità, non fu facilissimo convincere la Rai. Io invece ero consapevole che quel poliziotto sarebbe stato un personaggio amato, mentre i dirigenti Rai reputavano la serie un prodotto di nicchia: e infatti per tre stagioni lo destinarono a Rai 2. Invece il pubblico si è innamorato di Montalbano, lo segue numeroso anche nelle repliche (alcuni titoli sono stati trasmessi anche cinque o sei volte) perché lo considera come un amico di famiglia che torna a farci visita».
Anche il produttore Carlo Degli Esposti ci credeva molto?
«Sì, ha capito presto, prima degli altri, di avere in mano una buona carta. È un uomo generoso, che ama far le cose per bene, non è uno zucchero, ha il suo caratterino, ma ama rischiare. Ha subito puntato alla qualità permettendomi di girare con pellicola 35 millimetri (gli altri usano 16 millimetri o la ripresa elettronica). Ancora oggi giriamo con questo tipo di pellicola».
Uno dei segreti del successo sta nella scelta che si ispira al detto “squadra che vince non si cambia”? Lei è il regista fisso della serie dalla primissima puntata…
«Penso che sia un elemento fondamentale. Se si pensa a La Piovra, negli anni hanno cambiato tutto, dai registi agli sceneggiatori fino agli attori! Abbiamo sostituito solo le costumiste: se ne sono avvicendate tre. Ora abbiamo Chiara Ferrantini».
Il cast fondamentale è immutabile a cominciare dal protagonista Luca Zingaretti…
«Gli attori principali non sono mai cambiati: Cesare Bocci (Mimì Augello), Peppino Mazzotta (Fazio), Angelo Russo (Catarella), Davide Lo Verde (Galluzzo). Sono sempre gli stessi anche il direttore della fotografia Franco Lecca (già collaboratore di Fellini e Scola) e lo scenografo Luciano Ricceri, un collaboratore intelligente che ha saputo capire e interpretare la magia delle storie. Entrambi veri e propri pilastri».
Anche gli sceneggiatori, variamente miscelati, cambiano di poco nel tempo…
«Sì, ma quelli fissi sono Francesco Bruni e Salvatore De Mola, qualche volta lo stesso Camilleri. A loro si è aggiunto di recente Leonardo Marini. È importante che ci sia un gruppo che lavora insieme da anni».
Perché non risulta che lei abbia partecipato alla stesura delle sceneggiature? Eppure ha all’attivo scrittura di fiction e sceneggiati per la radio.
«Come capita a molti registi, spesso intervengo mentre giro cambiando aspetti e situazioni che non funzionano. E questo con l’implicito consenso di sceneggiatori e autore. Anche lo stesso Zingaretti suggerisce aggiustamenti quando è necessario».
In questi quattordici anni i film su Montalbano sono stati 26. Questo ha consentito di puntare con più agio sulla qualità? Il pubblico non si è stancato per la moderata presenza in video?
«In effetti, in Italia le fiction popolari possono arrivare anche a 200 puntate. In fondo, i nostri 26 episodi in 14 anni hanno una regolarità accettabile. Una volta mandavano in onda due episodi una volta l’anno, ora ne giriamo quattro trasmettendoli ogni due anni. Si tratta di veri e propri telefilm, l’episodio inizia e finisce».
Ovviamente anche le storie hanno il loro peso nel successo?
«Le trame di Montalbano miscelano elementi drammatici, pesanti, “scuri”, con elementi di commedia, leggeri, come alcuni personaggi laterali (l’agente Catarella, per esempio) che distraggono e attraggono. L’originalità dei romanzi gialli di Camilleri sta nel riflettere i drammi del mondo d’oggi, ma introducendo anche elementi di favola, specificamente inventati, molto siciliani».
Il carattere di Montalbano, pur così singolare, attrae il pubblico. Moralmente integerrimo e incorruttibile, ama mangiare senza chiacchierare coi commensali, ha gusti culinari immutabili, predilige cucina tradizionale siciliana e cibi genuini, fa la nuotata quotidiana nel mare davanti alla sua casa…
«Di più. Rinuncia a diventare vicequestore pur di rimanere nella sua Vigàta, pur di continuare a seguire i suoi rituali: la passeggiata dopo pranzo, la sosta in trattoria, la cena preparata dalla fida Adelina. In questo, il pubblico tende a riconoscersi».
Uno dei segreti di Montalbano è dunque la coerenza incrollabile, il pigro assecondare le proprie rassicuranti abitudini?
«Non solo. C’è qualcosa di ancor più profondo che ha fatto Camilleri nel delineare il personaggio. Nella sua testardaggine si rivela persino elastico: se lo ritiene utile per le indagini, va anche a parlare col capo dei mafiosi. Non ha paura di essere come diceva Giovanni Falcone: “Bisogna essere un po’ mafiosi per combattere la mafia”».
In fondo, è un po’ come a suo tempo Maigret, il commissario francese creato da Simenon: prevedibilissimo nei suoi riti quotidiani, inimmaginabile lontano da Parigi. Legato a un volto, quello di Gino Cervi, nonostante molti altri grandi attori avessero interpretato il personaggio…
«Certamente. Camilleri ha detto che non avrebbe mai creato Montalbano se non si fosse occupato, come funzionario Rai, della realizzazione degli sceneggiati Le inchieste del commissario Maigret con Cervi negli Anni 60».
Qual è il metodo investigativo di Montalbano?
«Il cosiddetto “metodo” di Montalbano consiste essenzialmente in questo: mentre svolge le indagini rivela pochissimo delle sue scoperte ai collaboratori, ragiona sui risultati ottenuti, ci gira continuamente intorno, ma sempre da solo. Si rivela individualista e anarchico, pur essendo un onestissimo paladino della legge. In questo è molto siciliano. Da lombardo, ho appreso piano piano un peculiare aspetto di carattere storico riguardante i siciliani, che vivono in un territorio pericoloso e complicato».
Di che cosa si tratta?
«I siciliani devono guardarsi bene le spalle: da quando si svegliano a quando vanno a letto, forse persino quando dormono, non smettono mai di tenere attivo il cervello per capire che cosa c’è sotto alle cose. Usano spesso un linguaggio cifrato, che è tipico dei siciliani e non solo dei mafiosi. Questo aiuta a capire meglio certi atteggiamenti del commissario».
Montalbano è insieme simpatico e ruvido, autorevole e anticonformista, pacato e nervoso. Assomiglia a ciascuno di noi, e per questo ci piace? Oppure ne siamo attratti perché è diverso da ciascuno di noi?
«Mi sembra più fondata la seconda ipotesi. Montalbano ha qualità straordinarie, diverse da quelle di ciascuno di noi. Possiede una moralità indefettibile, che tutti vorrebbero avere. Ha un coraggio invidiabile, ma non tutti possono permettersi un cuor di leone. Sì, è irascibile e cocciuto, a volte infantile e tenerissimo, ha una capacità rara di riconoscere i propri errori. La sua concezione dell’onore è alta, ma nel senso di un grande rispetto per se stesso e insieme un grande rispetto per gli altri».
Anche Livia, la fidanzata perennemente lontana con la quale Salvo ha frequenti rapporti telefonici, non cambia mai (solo quest’anno è stata sostituita dalla svedese Lina Perned: ma cambia l’attrice, non il personaggio). Nelle ultime serie, qualche volta Salvo ha ceduto alla tentazione di tradirla…
«Il ruolo di Livia è cambiato nel tempo. Si vogliono ancora bene e non si separano, anche se non si amano più nel modo caldo e appassionato del tempo giovanile. Non si sono sposati, non hanno figli, vivono lontani l’uno dall’altra, qualche tradimento ci scappa. Ma sono pochi: tre volte lui, forse una sola volta lei. Le telespettatrici non apprezzano questi tradimenti, i telespettatori invece sono nel complesso d’accordo».
Secondo lei, il pubblico (e mi riferisco in particolare a quello femminile) è attratto maggiormente da Zingaretti come essere umano o da Zingaretti come Montalbano?
«Spesso e volentieri, il pubblico confonde il personaggio con l’attore. Così, attribuisce a Luca qualità meravigliose, pur non conoscendolo. Ma Zingaretti, al di là di Montalbano, è affascinante, maschio che piace alle donne. Le qualità del fascino personale e di quello del personaggio si assommano».
Impossibile ormai immaginare Salvo Montalbano con una faccia diversa da quella di Luca Zingaretti, nonostante Michele Riondino nei panni del giovane Montalbano abbia capigliatura riccioluta e barbetta corta…
«Ma il Montalbano originale creato da Camilleri è diverso da Zingaretti. Più vecchio di 15 anni, riccioluto, con la pancia, ha qualche problema fisico. Io ho scelto nel 1998 un attore più piccolo, occhi verdi, amante dell’attività fisica. Camilleri, che pur era stato docente di Luca all’Accademia d’arte drammatica, quando seppe che avevo preferito Luca, si stupì: “Ma proprio uno senza capelli dovevi scegliere?”».
Per Zingaretti una popolarità enorme, che lo ha trasformato nell’attore più pagato d’Italia, 200-300 mila euro a film. Ma quali sono le maggiori doti di Luca?
«Tra lui e me c’è una simbiosi sempre maggiore. Luca, innanzitutto, ha capito subito Montalbano e ora sa bene che cosa fare col personaggio, col quale è cresciuto negli anni. Non strafà, ha un grande pudore nel suo lavoro, è un attore intelligente. E l’intelligenza interpretativa è una rarità».
Neppure la lingua siciliana usata da Montalbano ha scoraggiato il romano Zingaretti?
«No, come si è visto. Ma Camilleri e noi abbiamo evitato il “sicilianese” con troppa cantilena, che ci appare sbagliato. Del resto quella dei romanzi di Camilleri è una lingua totalmente inventata, basata sì sul dialetto ma cambiata. Per la tv, l’abbiamo comunque resa meno ostica, sarebbe risultata troppo difficile per il pubblico. L’abbiamo modulata sul catanese, dandole sfumature più leggere».
Una domanda tecnica: la serie è girata in presa diretta?
«In presa diretta, certo. Solo Livia, per forza di cose (un’attrice austriaca prima, svedese da quest’anno), viene doppiata. Purtroppo, si sente e si capisce. E mi disturba, ma non c’è nulla da fare».
Un’ultima domanda: la produzione ha avuto problemi con la mafia in Sicilia?
«No, mai. La zona dove giriamo, il Ragusano, è particolarmente tranquilla. Si tratta di una provincia che la mafia lascia fuori».
[…]
Mauro Gaffuri
 
 

Enterntainment & Stars, 7.5.2013
Il commissario Montalbano: le ragioni del successo. Intervista con esperto prof.ssa Leonzi

Il commissario Montalbano ha chiuso con un ennesimo successo, 38, 1 di share per l'ultimo episodio della nuova stagione, il ventiseiesimo in totale. Una lama di luce questo il titolo dell'ultimo episodio trasmesso ieri, è volato sopra i 10 milioni. Ma quali sono le ragioni del successo per Il commissario interpretato da Luca Zingaretti e creato da Andrea Camilleri?
Lo abbiamo chiesto alla professoressa Silvia Leonzi che insegna Industria culturale e Media studies nei corsi di laurea triennali e Media e Studi Culturali nei corsi di laurea magistrali del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma, dove è Professore Associato. È esperta delle dinamiche di produzione e riproduzione di modelli narrativi nei prodotti culturali.
Professoressa Leonzi, cosa ne pensa dell'ultima serie del Commissario Montalbano, appena terminata?
Penso sia interessante il fatto che la serie ha avuto un andamento opposto ai serial. È cresciuto in maniera esponenziale negli ascolti, mentre di solito è il contrario si parte con un picco e poi si decresce a seconda dei casi. Credo comunque che abbia contribuito al successo anche la strategia di palinsensto della rete. Il periodo di messa in onda non è quello "agguerrito" come quella di garanzia e la controprogrammazione è stata abbastanza debole, non ci sono stati grandi competitors, specialmente in una stagione di fiction non eccellente.
Però Il Commissario Montalbano in tv va da sempre bene in termini di ascolti, sin dalla sua prima messa in onda nel 1998, quali sono i fattori di successo secondo lei?
Certamente, il successo è duraturo. Credo che ci siano dei fattori intrinseci al prodotto narrativo: la grande scrittura di Camilleri, il ritmo della vita di Vigata, lento, calmo, il dialetto e poi credo che i caratteristi siano un elemento di forza. Stavolta sono stati attualizzati, come i temi della fiction che parlano, ad esempio della crisi economica. Altro fattore chiave è il genere unione di crime e commedia che funziona molto. Ovviamente non dobbiamo dimenticarci di Zingaretti, interprete del commissario, è la risposta italiana al tenente Colombo. Sempre dalla parte degli ultimi, con ironia. Penso che con le dovute differenze di scrittura e interpreti, il commissario sia vicino anche a Don Matteo. Pure nella fiction con Terence Hill c'è un protagonismo della comunità, del luogo ameno che si lega con l'eroe e il genere crime. C'è da dire poi che ormai negli anni con Montalbano si è instaurato "l'effetto attesa": ormai è diventato un rituale, lo spettatore perde quasi il senso critico.
A proposito di spettatori. Rispetto all'esordio di Montalbano in tv, il piccolo schermo è cambiato. C'è stata una moltiplicazioni dei canali televisivi e l'ascolto si è distribuito su più emittenti rendendo più difficile fare i grandi numeri di share di una volta. Come Montalbano riesce ancora ad avere un seguito televisivo così importante?
Perché il pubblico di Montalbano è trasversale, ampio ed è un pubblico attento. Quando fiuta la buona offerta risponde bene, la accoglie. Un pubblico credo più raffinato, ricettivo verso la psicologia di personaggi, alla scrittura, al prodotto fatto bene. È ben disposto verso la tv generalista e la Rai dunque quando sa che gli viene offerto un buon prodotto lo accoglie con gradimento.
Ma allora, secondo lei, ha qualche difetto questo Commissario Montalbano?
Credo di sì, specialmente in questa serie c'è una leggera tendenza al manierismo, Catarella è diventato troppo macchiettistico. Credo che Montalbano abbia poi rubato troppo la scena al personaggio di Mimì Augello. E poi non ho apprezzato la virata su Montalbano latin lover e non credo sia una cosa che funzioni del tutto nella serie, difatti l'ultima puntata senza una elevato protagonismo della femme fatale e senza spingere sul lato "Don Giovanni" del commissario, ha avuto il miglior successo rispetto alle tre precedenti.
Come vede il futuro di questa fiction?
Camilleri è talmente prolifico che finché vivrà ci sarà Montalbano, visto poi il successo longevo della fiction credo che andrà avanti. In futuro credo che Montalbano sia avvicinerà sempre più a quello del modello letterario.
Per chiudere: una fiction simile a quella del Commissario Montalbano che consiglia agli affezionati della serie?
Domanda difficile, ma mi sento di consigliare le fiction americane, come Criminal Minds, N.C.I.S. che, con le dovute differenze narrative, uniscono crime e ironia, eroe e antieroe.
Luca Marra
 
 

Formiche, 7.5.2013
(Commissario) Montalbano sono, ero e sarò

Salvo Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti, è il personaggio letterario e TV più amato dagli italiani. Nell’ultimo episodio “Una lama di Luce”, trasmesso da Rai1 il 6 maggio ha raggiunto l’ascolto record di 10.714.748 spettatori con uno share del 37,13%.
Gli ultimi 4 episodi del “Commissario Montalbano” mandati in onda dalla Rai hanno totalizzato un ascolto medio di 10,1 milioni ed uno share del 36%, in crescita di 824 mila spettatori e +4punti di share, rispetto alla serie precedente trasmessa nel 2011.
Questo nuovo record mi ha spinto a riflettere sul perché una serie così longeva possa avere ancora una così vasta platea televisiva, in una stagione costellata da numerosi flop sia nell’area fiction che dell’intrattenimento.
In effetti, insieme al successo del Commissario Montalbano, si confermano i successi di fiction come “Un medico in famiglia 8” e “Che Dio ci aiuti 2”, show quali “63° Festival di Sanremo”, “Italian Got Talent 4” e “Le Iene 11” o talkshow come “Ballarò 11” e “Chi l’ha Visto 24” (i numeri sono le edizioni).
Insomma, la TV si regge ancora sui “vecchi” programmi, mentre, nella stagione televisiva autunnale e primaverile si fa a fatica a ricordare un nuovo titolo, di una serie o di un programma di intrattenimento, che abbia superato la media di rete.
Nel caso del Commissario Montalbano, proprio 14 anni fa cominciava la sua avventura televisiva su Raidue, allora diretta da Carlo Freccero. Perciò ho chiesto proprio a lui di raccontarmi come avvenne. In quegli anni nel consiglio di amministrazione della Rai c’era Elvira Sellerio, fondatrice dell’omonima casa editrice, che pubblica i libri di Camilleri. Fu lei che passò a Freccero il primo romanzo della serie incentrata sulle avventure del Commissario Montalbano “La forma dell’acqua”.
Dopo qualche tempo il produttore Carlo degli Esposti della Palomar propose a Freccero di realizzare i primi due episodi che andarono in onda nel 1999 e raggiunsero su Raidue un ascolto medio di 6,5 milioni ed uno share del 25,9%. Nel 2002 con l’allontanamento di Carlo Freccero da Raidue, il Commissario Montalbano fu trasferito su Raiuno realizzando un exploit a 9,4 milioni e 32,8%.
Ad oggi delle inchieste del Commissario Montalbano sono stati realizzati 26 episodi, che hanno garantito in questi anni a Raiuno un ascolto medio di 9,2 milioni e 30,8% di share; mentre, le repliche trasmesse, per l’esattezza 81, hanno realizzato ottime performance, in media 5,5 milioni ed 22,1% di share. Se il Maigret di Simenon arrivò a 75 romanzi, al nostro Montalbano ne mancano ancora parecchi per raggiungere il collega francese, perciò forza Camilleri!
Luigi Ricci
 
 

Corriere di Ragusa, 7.5.2013
L´ultima puntata della serie è stata vista da 10milioni e mezzo di spettatori
Montalbano: "Il commissario dei record d´ascolti sono"!
Rispetto alle precedenti serie della fortunata fiction ci sono meno esterni, le location sono più circoscritte ed in qualche caso anche ripetute

Montalbano chiude con il record di sempre sia in termini di spettatori sia di share: «Una lama di luce», quarto e ultimo dei nuovi episodi con Luca Zingaretti, ha raccolto su Rai 1 una media di 10milioni 715 mila telespettatori pari al 38,13% di share, migliorando il precedente record di lunedì scorso (10 milioni 223mila con il 36,43%). Si chiude così la nuova serie di quattro puntate girate lo scorso anno in provincia anche se la Rai riproporrà da lunedì prossimo puntate precedenti partendo con «La gita a Tindari». Nella nuova serie il regista Sironi ha puntato su un Montalbano più intimo e combattuto dalle vicende personali. Anche l’episodio conclusivo («Una lama di luce») si conclude con una tragedia personale del commissario e della sua compagna, colpiti dalla morte del giovane tunisino che la coppia aveva aiutato a crescere quasi come un figlio. Sullo sfondo c’è la campagna iblea, pastellata di giallo e di verde, la pietra dei muri a secco che la regia sa esaltare con riprese dall’alto ed in profondità.
Rispetto alle precedenti serie della fortunata fiction ci sono meno esterni, le location sono più circoscritte ed in qualche caso anche ripetute. Molta azione è circoscritta alla stanza del commissario, a qualche casa del lungomare di Donnalucata o Sampieri ed alla via Mormino Penna dove il commissario passeggia e si confida con i suoi collaboratori. Il risultato finale è comunque decisamente positivo in termini di spettatori, quasi 45 milioni di spettatori per le quattro puntate, sia in termini di promozione per un territorio che non riesce ancora a capitalizzare al massimo l’effetto Montalbano anche se c’è da scommettere che queste ultime puntate contribuiranno ancora a rilanciare l’immagine del territorio ibleo in tutta il suo fascino grazie anche alle magistrali riprese aree della sigla che esaltano i centri barocchi della provincia e naturalmente il mare di Punta Secca.
Duccio Gennaro
 
 

Consulta Giovani Palmas Arborea, 7.5.2013
Andrea Camilleri all’Università di Cagliari

Lo scrittore Andrea Camilleri, padre del famosissimo Montalbano e non solo, torna in Sardegna. I motivi della sua visita sono due: incontrare i ragazzi dell’Università di Cagliari che hanno seguito un seminario sulla sua opera e ricevere la laurea honoris causa in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane.
Il “seminario sull’opera di Andrea Camilleri”, organizzato e diretto dal professor Giuseppe Marci, è stato seguito da circa 70 studenti dell’ateneo cagliaritano che, oltre a partecipare agli incontri settimanali, sono stati chiamati a leggere uno dei tanti libri dell’autore siciliano per poi scriverne una recensione rispettando un numero preciso e abbastanza ridotto di battute. Le recensioni sono state poi sottoposte al giudizio di una commissione internazionale composta da Stefano Salis, giornalista de “Il Sole 24 ore”, Filippo Lupo, presidente del Camilleri fan club, e da 13 docenti sardi che insegnano in università prestigiose sparse nel mondo (Città del Messico, Amsterdam, Chicago, Dublino, Washington, Cambridge, Auckland , Leeds, Avignone, Bergen, Middlebury e Parigi). I tre lavori migliori verranno premiati giovedì 9 maggio a partire dalle h.17.00 presso l’Aula Magna della Facoltà di Studi Umanistici di Cagliari in Via Is Mirrionis n°1. A seguire, gli studenti e chiunque voglia partecipare incontreranno l’autore che presenterà il suo ultimo libro, “La rivoluzione della Luna”.
Il giorno seguente, venerdì 10, a partire dalle h.11.00 presso l’Aula Magna del Rettorato in Via Università n° 40, si svolgerà la cerimonia durante la quale il Magnifico Rettore Giovanni Melis conferirà all’autore la laurea ad honorem e, a seguire, lo stesso Camilleri terrà una lectio magistralis intitolata “Riflessioni su un capitolo di Svevo”.
Camilleri ha ormai un rapporto saldo e stretto con la Facoltà di Cagliari. Questa infatti, dopo il 1996 e il 2003, è la terza volta che lo scrittore incontra gli studenti dell’ateneo e ci auguriamo ce ne siano tante altre ancora.
Gaia Cadoni
 
 

DaringToDo, 8.5.2013
Il Commissario Montalbano - parla Andrea Camilleri
Lo scrittore parla del successo incredibile della fiction e di un aneddoto divertente

Montalbano ha fatto nuovamente centro. Il commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri ha conquistato per l’ennesima volta la vetta degli ascolti televisivi con i quattro nuovi appuntamenti della stagione 2013. E’ lo stesso autore che si è detto molto sorpreso riguardo questo ennesimo ed incredibile successo targato Raiuno.
“Il prodotto è ottimo” afferma lo scrittore siciliano che aggiunge “ma mi pare che ci sia un consenso che va oltre.” Camilleri è pienamente convinto che in tv si stia verificando quanto sia avvenuto nei romanzi: i lettori si affezionano al personaggio perchè faceva loro simpatia.
Il modello ispiratore di Salvo Montalbano è un altro celebre commissario: Maigret. “Sono stato il produttore della famosa serie televisiva con Gino Cervi ed imparai da vicino la tecnica del romanzo poliziesco.” L’autore della celebre saga dell’eroe di Vigata ha ammesso che non poteva essere nè un poliziotto nè un ufficiale dei carabinieri. Salvo infatti non è un personaggio ortodosso ed utilizza metodi spesso non convenzionali per risolvere i casi più difficili.
Camilleri rivela una piccola curiosità: rivela di non avere Internet e neppure una grande dimestichezza con le nuove tecnologie. Ha deciso di usare il pc perchè, ad ogni errore di battitura, levava il foglio e ricominciava da capo. Lo scrittore dice a riguardo: “Il correttore automatico mi cambiava le parole, poi ho chiamato un tecnico e ho vinto io.”
Montalbano, assicura, “non muore nè va in pensione” anzi. In questa stagione si è rivelato un gran “fimminaro” mentre prima era assolutamente integerrimo. Dopo così tante avventure, le indagini di Salvo non sembrano stancare nè il suo autore nè i milioni di appassionati che lo continuano a seguire sia sui libri che in televisione.
 
 

Corriere TV, 8.5.2013
La Confessione
«Tutti vorremmo essere Montalbano»
Il produttore Degli Esposti spiega i segreti di un successo

Carlo Degli Esposti da 13 anni produce i film-record sui libri di Camilleri. «Piace il suo senso di giustizia e di equilibrio». «Mi sono ispirato a Germi, ho scelto un regista come Sironi». «Cerco di tutelare l'immagine della donna, dopo che Berlusconi l'ha danneggiata».
Giuseppe di Piazza
 
 

La Sicilia, 8.5.2013
Montalbano record dedica alla Sellerio
Successo "siciliano". Nel cast molti attori locali. «E tra le ragioni del successo anche il paesaggio: la campagna meravigliosa del Ragusano, la trattoria sul mare», dice Roberto Nobile

Un successo clamoroso, sfacciato, esagerato, roboante, addirittura in crescita nei nostri miseri tempi di tagli, riduzioni, rinunce: 14 anni dopo il debutto Il Commissario Montalbano straccia tutti con 10.715.000 telespettatori pari al 38,1% di share. Ma nella ricerca dell'alchimia che conduce a questo trionfo, sono tutti d'accordo nel mettere in testa la scrittura forte di Andrea Camilleri, la sua capacità di creare atmosfere e personaggi. A partire dal commissario più amato, Luca Zingaretti: «È un risultato oltre l'immaginabile - dice il protagonista - proprio se pensiamo da quanti anni lo vediamo in tv, al di là degli eccezionali dati d'ascolto la sua tenuta è qualcosa di unico nel panorama mondiale. Niente era scontato, neppure il risultato di lunedì, questo exploit è pazzesco».
La Rai brinda al successo della stagione più seguita di sempre e l'attore dedica «tutto questo» all'editrice dei gialli di Andrea Camilleri, scomparsa nel 2010. «A una grande donna che avremmo voluto qui a brindare con noi: Elvira Sellerio. Voglio ringraziare il pubblico - prosegue - per questa ennesima grande prova di apprezzamento e fedeltà. È talmente desueto un successo del genere e dopo tutti questi anni ripeterlo al meglio».
Brindano il produttore di Palomar, Carlo Degli Esposti, ed Eleonora Andreatta guida di Rai Fiction e brinda la Rai anche per il boom di Carosello il cui ritorno lunedì è stato seguito da oltre 11 milioni di spettatori.
Le ragioni del successo? «Il paesaggio, il contesto di bellezza in cui si svolgono le storie; un tempo che sembra scorrere più lentamente», elenca Roberto Nobile, ragusano, nella serie dalla prima puntata nel ruolo del giornalista, volto noto di tv e cinema, da Distretto di polizia ai film di Moretti a Nine, che vedremo nella fiction La grande famiglia. «I polizieschi si muovono nelle metropoli, in questo caso le tragedie avvengono in una campagna meravigliosa come quella ragusana; poi c'è il godimento con cui Montalbano va a mangiare in una trattoria in riva al mare: sembra di sentire i profumi. E naturalmente la scrittura di Camilleri». «Le storie di Camilleri sono alla base di tutto - concorda Marcello Perracchio, modicano, il medico legale Pasquano, appena rientrato con lo Stabile etneo dalla tournée della Governante e in estate in scena con La concessione del telefono - i luoghi bellissimi, la bravura di Zingaretti e degli attori, il regista Sironi, un insieme di cose che hanno creato un successo straordinario. Mi vedo poco nella fiction, ma la gente si ricorda, mi ferma, mi parla. Dalla prima edizione il commissario è un po' cambiato, più serioso, più avventure amorose». «Il successo? Certamente Camilleri - ripete anche Giacinto Ferro, che nella fiction è il questore, attore di Palazzolo Acreide, passato da La Piovra ad Agrodolce da Bronte a La passione di Cristo - Zingaretti ha centrato il personaggio in modo perfetto, e poi la luce incredibile della Sicilia. Sironi ha curato le storie fin dalla nascita, ha utilizzato al meglio le potenzialità del nostro teatro, dei nostri attori». Come Catarella con il suo italiano strampalato, il ragusano Angelo Russo, ai tanti attori siciliani che dalla prima serie o solo per una puntata hanno contribuito a creare questo trionfo: il catanese Davide Lo Verde, che è l'agente Galluzzo, Dajana Roncione, Santo Pennisi, per citare solo quelli di quest'ultima puntata. Fabio Costanzo, catanese, è Pasquale il figlio di Adelina: «La fiction funziona anche all'estero, ho amici dall'Inghilterra e dalla Germania che mi seguono. Questa edizione? L'introduzione affidata a Camilleri è l'elemento in più». Filippo Brazzaventre, attore catanese dello Stabile (in scena con Erano tutti miei figli, poi nell'Altalena) dopo Il gatto e il cardellino di più di 10 anni fa, è l'antipatico giornalista avversario di Montalbano. «La scrittura di Camilleri è la forza grandissima della fiction, poi le immagini incisive di Sironi, la scena naturale che ha fatto conoscere la Sicilia nel mondo. E poi il pubblico ama Montalbano, faccio una piccola parte, ma la gente mi chiede perché ce l'ho con il commissario... ».
Ma come fa Montalbano, secondo Zingaretti, ad avere sempre più fascino? «Montalbano è un uomo come tutti vorremmo essere, non ha il cartellino con il prezzo, è ancora capace di pensare con la propria testa e di chiedersi cosa gli piace fare. Oggi invece siamo tirati per la giacca da mille cose e non riusciamo più a pensare da soli: lui lo fa, se ne frega dei soldi, della carriera, dei riconoscimenti, è un uomo in accordo con se stesso e in pace con la propria coscienza, è un uomo integro». Dunque Montalbano per sempre? «Anni fa avevo deciso di chiudere poi l'ho ripreso, oggi sono felice, non voglio dire più niente».
L'appuntamento con i nuovi episodi è tra due anni con Montalbano e Il giovane Montalbano, nel frattempo Rai1 manda in onda le repliche, già da lunedì con La gita a Tindari. Zingaretti si riposa? «Tra poco sono sul set di Mal d'amore di Angelo Longoni, poi per Rai1 sarò Il giudice meschino dal romanzo di Mimmo Gangemi e poi farò un film in Francia. Per Montalbano c'è tempo».
Ombretta Grasso
 
 

La Sicilia, 8.5.2013
La carta stampata traina i telefilm

Certi numeri non solo fanno riflettere, ma incutono soggezione. Montalbano stravince, si direbbe che fa cappotto a tutti, straccia i telefilm non solamente della stagione attuale. Siamo sulle orme delle partite di calcio, del Benigni più in forma, delle fiction religiose d'un tempo: 10 milioni e 715 mila spettatori con uno share del 38.13%. Senza fare facile sociologia, e nulla togliere ai siculi telefilm, è sin troppo chiaro che il trionfo si muove su due spinte: la pochezza dell'offerta intorno e l'onda lunga del successo dei vecchi telefilm e dei libri. Poi metterei la variante della pigrizia, quella che gli esperti di marketing, chiamerebbero "fidelizzazione": un lavoro di anni che dà i suoi frutti e viaggia ormai da solo. Nonostante oggi si scomodino egregi docenti universitari per dire quanto Camilleri sia "classico", mi permetto di pensare che la produzione televisiva e libresca va perdendo sempre più qualcosa. S'insinua la noia, a tratti anche la confusione della trama. Prendete quello di lunedì: ho capito qualcosa perché avevo letto il libro. E' la carta stampata che traina il telefilm o viceversa? Per una volta credo nel primo caso. Perché la regìa si mostra sempre più svogliata, la sceneggiatura ancor più incerta e quella malinconia, quell'osservare di Montalbano con comprensione anche gli assassini (in questo sono chiare le influenze di Maigret), è venuto meno. I personaggi diventano sempre più macchiette, parodie di un tempo (Catarella su tutti), Mimì poi rasenta l'idiozia ormai. Resta pur sempre la semplicità di base, il paesaggio marino e cittadino della Sicilia. E quei colori, quella luce che nessuno batterà mai.
Filippo Arriva
 
 

Bresciaoggi, 8.5.2013
In alto i calici per Montalbano In Rai si brinda al nuovo record
TELEVISIONE. Il popolare commissario siciliano nato dalla penna di Camilleri ha fatto registrare il picco di ascolti
Impressionante il dato registrato: quasi 11 milioni di telespettatori Zingaretti: «Dedica alla Sellerio» La nuova serie arriva tra due anni

Dalle parti di Vigata oggi si brinda: Il commissario Montalbano tratto dai gialli di Andrea Camilleri esattamente 14 anni dopo il debutto in tv su Rai2, sempre con lo stesso protagonista, Luca Zingaretti, fa il suo record di sempre 10.715.000 telespettatori pari al 38,1%. «È un risultato oltre l'immaginabile - dice all'ANSA Luca Zingaretti - proprio se pensiamo da quanti anni lo vediamo in tv, al di là degli eccezionali dati d'ascolto la sua tenuta è qualcosa di unico nel panorama mondiale, non ha precedenti». A Viale Mazzini si brinda al successo della stagione più seguita di sempre del commissario Montalbano: 4 film tv con una progressione di ascolti impensabile. «Niente era scontato, neppure il risultato di lunedì - prosegue Zingaretti - questo exploit è pazzesco». Brindisi veri con il produttore di Palomar Carlo Degli Esposti nella stanza di Eleonora Andreatta guida di Rai Fiction (all'epoca furono Stefano Munafò con Max Gusberti a scommettere su quel personaggio in tv, regnando Carlo Freccero all'epoca direttore di Raidue) e nell'euforia Zingaretti firma persino autografi ai colleghi, a Cesare Bocci tanto per citarne uno». «A nome di tutti noi voglio dedicare tutto questo - aggiunge l'attore reduce da una tourneè teatrale con La torre d'avorio - ad una grande donna che oggi avremmo voluto qui a brindare con noi: Elvira Sellerio (l'editrice che per tanti anni ha pubblicato i gialli di Andrea Camilleri). Voglio ringraziare il pubblico per questa ennesima grande prova di apprezzamento e fedeltà. È talmente desueto un successo del genere e dopo tutti questi anni ripeterlo al meglio». Il commissario Montalbano che era nato con il supporto produttivo della tv svedese e subito il primo anno conquistò candidature all'Emmy raccoglie oggi anche i successi all'estero, persino nella blasonata Bbc, «abbiamo sfondato», dice carico Zingaretti. Ma come fa ad avere tutto questo appeal ancora, mentre la fiction tv gira a ben altri ritmi? «Continuo a pensare che il motivo sia questo: Montalbano è un uomo come tutti vorremmo essere, non ha il cartellino con il prezzo non è un uomo in vendita, è ancora capace di pensare con la propria testa e di chiedersi cosa gli piace fare. Oggi invece siamo tirati per la giacca da mille cose e non riusciamo più a pensare da soli: lui lo fa, se ne frega dei soldi, della carriera, dei riconoscimenti, è un uomo in accordo con se stesso e in pace con la propria coscienza, è un uomo integro». L'altro «segreto» per il successo è quello di «farlo ogni due anni perche ci va, non perchè sia un dovere. In questo il produttore Carlo Degli Esposti è stato in tutti questi anni bravissimo: si va avanti per il piacere di ritrovarsi, di misurarsi ancora con quegli scenari e quelle storie». Dunque Montalbano tutta la vita? «Anni fa avevo deciso di chiudere poi l'ho ripreso, oggi sono felice, non voglio dire più niente. Non siamo legati da un contratto ma certo non molliamo». L'appuntamento con i nuovi episodi è tra due anni, nel prossimo biennio - ha annunciato Degli Esposti - ci sarà sia Montalbano che Il giovane Montalbano, nel frattempo Rai1 va avanti con le repliche, già da lunedì prossimo. E Zingaretti si riposa? «Tra poco sono sul set di Mal d'amore diretto da Angelo Longoni, poi in tv diretto da Carlo Carlei per Rai1 sarò 'Il giudice meschinò dal romanzo di Mimmo Gangemi, un magistrato indolente costretto a diventare eroe sue malgrado e poi farò un film in Francia. Per Montalbano c'è tempo».
 
 

Live Sicilia, 8.5.2013
Il commissario (politico) Montalbano
L'ultima stagione televisiva del famoso poliziotto di Vigata guarda molto all’attualità politica: Il personaggio di Camilleri diventa sempre più reale e meno di fantasia. Agli spettatori l'ardua sentenza.

PALERMO - Su Raiuno è andato in onda il quarto ed ultimo episodio della nona stagione televisiva de Il Commissario Montalbano, celebre personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri e protagonista di ben 31 romanzi. “Montalbano sono” è il modo un po’ burbero, che questo navigato poliziotto di Sicilia usa per presentarsi e la voce e la faccia dell’attore Luca Zingaretti sono oramai sovrapposti nell’immaginario collettivo alla figura letteraria del commissario di Vigata. Da ultimo inoltre, la fantasia di Camilleri è stata premiata dalla Disney che ha reso “mouse” questo commissario e lo ha battezzato Topalbano.
I dati auditel di successo e le classifiche librarie, che lo vedono spesso in vetta, fanno di Andrea Camilleri e del suo personaggio un monumento nazionale oltre che siciliano. Eppure e lo diciamo sottovoce e sperando di avere meno di venticinque lettori (perché l’opinione pubblica è l’unica cosa da temere), quest’ultima serie, pur ricompensata dal favore del pubblico, è parsa segnare il punto di calata, rispetto alle precedenti. Non serve infatti avere la competenza dei critici televisivi per accorgersi che anche il pur bravo Luca Zingaretti, pare essersi annoiato ad interpretare il commissario e difatti in questi quattro episodi non ha fatto ne più ne meno che delle pose a memoria (e da fan, questo ci dispiace un pochino). Ma quello che ha sorpreso di quest’ultima serie andata in onda però, non è la qualità della recitazione, piuttosto il fatto che la trama d’ogni puntata, sia stata “politicizzata”.
Con questo, non vogliamo dire che la trama abbia teso a destra o a sinistra, quanto appunto, che abbia spuntato qualche freccia all’indirizzo dell’attualità politica. Sul ruolo della magistratura ad esempio, sembrerebbe che il sinistro Camilleri abbia opinioni quasi berlusconiane, perché il suo commissario è parecchio indispettito dal saccente P.M. Nicolò Tommaseo che è sempre pronto ad incarcerare preventivamente l’incolpevole di turno che ha il destino di apparire reo e non confesso. Ma le frecciatine “politiche” non risparmiano nessuno, perché il commissario ha parole ironiche anche per i tagli fatti alle forze di polizia e per qualche infelice dichiarazione di qualche politico vero, sulla mafia. Piccole cose “politiche” seminate qua e là nelle sceneggiature, ma che hanno dato l’impressione di un commissario meno neutrale e più schierato. Ad alcuni spettatori, questa presa di posizione politica del commissario sarà piaciuta (e noi siamo tra questi), ad altri sarà spiaciuta e perciò non si può dire che questa, sia stata un limite o un pregio della sceneggiatura. Quello che si può dire, è che il commissario Montalbano, con l’aggiunta di queste sfumature politiche, sembra sempre più una persona reale e meno un personaggio di fantasia. Se questo sia o meno un complimento per il suo creatore però, lo decideranno i lettori e gli spettatori.
Fabrizio Grasso
 
 

Sicilia Informazioni, 8.5.2013
Conclusa la fortunata serie ispirata da Camilleri
Montalbano, quando la tv svilisce il romanzo

L’episodio dal titolo “Una lama di luce” ha chiuso quella che, per quanto dichiarato finora, sarà l’ultima serie in tv del Commissario Montalbano. Volendo tirare un pò le somme dell’intero prodotto dobbiamo considerare alcuni aspetti.
Primo fra tutti il dato degli ascolti che, più o meno altalenante nelle quattro puntate della serie, ha registrato un consenso di pubblico non solo non sperato ma anche sorprendente (l’episodio “Una voce di notte” ha fatto registrare lo share più alto di sempre dalla nascita della fiction in questione).
Abbiamo voluto attendere la conclusione della serie per considerare se le prime impressioni fossero solo frutto di un’aspettativa per il ritorno, in “carne e ossa” del Commissario, o osservazioni motivate. Che il personaggio Montalbano, ci riferiamo a quello letterario, sia ben consolidato, maturo per certi versi e sempre affascinante nei suoi aspetti tipicamente siculi, non è messo in discussione.
Semmai è quello televisivo, unitamente al corollario di altre figure attoriali che gli ruotano intorno da sempre, a non convincere più come un tempo. All’inizio il commissario era votato all’indagine poliziesca, condotta sempre con estrema professionalità e rigore, e lasciava alle vicende personali e familiari, compresi gli scivoloni sentimentali, a questioni marginali che sfumavano nella narrazione principale. Lo stesso Luca Zingaretti, che ha sempre vestito in maniera perfetta i panni del personaggio, è apparso spento, per nulla convincente nella recitazione, quasi svogliato.
Passiamo a Catarella, uno degli uomini fidati di Montalbano: all’inizio coinvolgeva per la sua svagata superficialità che, una volta simpatica e leggera, adesso ha raggiunto livelli eccessivi, con tratti caricaturali quasi irritanti per lo spettatore. Questi sono solo un paio di esempi di una macchina che, se all’inizio teneva incollati alla tv fino alla fine, oggi volge alla noiosa riproposizione di figure stereotipate e non “cresciute”, almeno artisticamente. Pare, infatti, che lo stesso Andrea Camilleri ultimamente non abbia ritrovato sul piccolo schermo il “suo” Montalbano.
Cos’è allora che si è inceppato in questa macchina che, per anni, ha affascinato un vastissimo pubblico? Parlare di aspettative deluse ci sembra riduttivo, forse l’intero cast, ormai corroborato da anni di lavoro, ha perso lo slancio e l’entusiasmo iniziale. Certo è che, tra il nulla che la televisione italiana propone ormai da troppo tempo, il vecchio caro commissario era una certezza che oggi, più che mai, fa sentire la sua assenza.
Rosa Guttilla
 
 

Tiscali: Socialnews, 8.5.2013
Montalbano, successo da undici milioni di telespettatori, che racconta una Sicilia che non c’è

Non possiamo che gioire dell’ampio e straordinario successo del Commisssario Montalbano su Raiuno, il lunedì sera. Il giorno che una volta era deputato dai programmatori al grande film in prima visione sul piccolo schermo. Come impegno produttivo, qualità di racconto, raffinatezza tecnica e livello recitativo, le puntate della serie diretta da Alberto Sironi hanno pochissimo da invidiare al cinema, che tra l’altro ultimamente sta dando prove alquanto trascurabili; a parte qualche punta di diamante. Il consenso che coagula attorno al personaggio creato dallo scrittore siciliano Andrea Camilleri, a cui presta il volto Luca Zingaretti, oltretutto non si limita ai confini nazionali, viene venduto – ed è un’eventualità rarissima - sui principali mercati internazionali.
Le varianti che contribuiscono ad alimentare il consenso abnorme (si parla di oltre dieci milioni di telespettatori, tendenti agli undici per l’ultimo, Una lama di luce) sono molteplici. Innanzi tutto, il plot narrativo, la trama, forte. Camilleri scrive molto, non tutti i libri possono dirsi riusciti allo stesso modo, ma le investigazioni del commissario di Vigàta corrispondo in pieno alle rassicurazioni di cui i lettori di narrativa “di genere” hanno bisogno: forte caratterizzazione del protagonista, comprimari credibili, quel tanto di violenza che serve per innescare la suspence, ritmo sostenuto, agnizioni finali credibili. Montalbano inoltre, con le sue ansie legate all’età o gli scontri lessicali con Catarella, induce spesso il sorriso. Ama mangiare, si fa irretire dalle belle donne, vessato com’è dalle lagne della fidanzata Livia. Impossibile non provare simpatia per lui e solidarizzare con le sue debolezze.
Devo però dare ragione a un noto autore tv e scrittore, quando mi scrive che i film della serie mostrano una Sicilia poco riconoscibile: “Che bella la Sicilia di Montalbano, paesi bellissimi, palazzi ripuliti di fresco, strade pulite a specchio, niente traffico, strade deserte, neppure un passante. Niente squillo di telefonini, anche se l'uso dell'euro fa pensare agli anni 2000. Bella la Sicilia di Montalbano... peccato che non esista nella realtà!”. Se ci si riflette, in effetti, si tratta di un clamoroso esempio di capovolgimento di luogo comune applicato a un territorio del Belpaese. Rumore, disordine, spazzatura, sprezzo dell’ambiente è quello che ci aspetterebbe da Sicilia e siciliani. Sironi e gli sceneggiatori, ma lo stesso Camilleri che ne suoi romanzi si tiene lontano da certi topoi ambientali, scelgono invece di sublimare il vero, proponendosi di trasportare chi guarda in una dimensione letteraria pura. Scusate se è poco.
Mariano Sabatini
 
 

Università di Cagliari, 9-10.5.2013
Laurea magistrale honoris causa in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane ad Andrea Camilleri

La Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari conferirà ad Andrea Camilleri la Laurea magistrale honoris causa in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane, nel corso di una cerimonia che si terrà venerdì 10 maggio 2013, alle 11:00, nell’Aula Magna del Rettorato (Via Università, 40), con questo programma:
ore 11:00 Introduzione del Magnifico Rettore Giovanni Melis
ore 11:15 Laudatio di Giuseppe Marci
ore 11:30 Lectio magistralis di Andrea Camilleri: Riflessioni su un capitolo di Svevo
Durante la cerimonia Rita Atzeri leggerà brani tratti dalle opere di Andrea Camilleri.
La lectio magistralis di Camilleri farà riferimento a La coscienza di Zeno, e in particolare al quarto capitolo, La morte di mio padre. Uno stralcio del testo sarà pubblicato su Il Sole 24 Ore domenica 12 maggio 2013.
La cerimonia sarà trasmessa in diretta streaming: http://elearning.unica.it/diretta1/
In preparazione dell'evento si è svolto un Seminario sull’opera di Andrea Camilleri coordinato dal professor Giuseppe Marci. Il seminario, aperto agli studenti della Facoltà di Studi Umanistici, ha preso in esame i principali aspetti dell’opera camilleriana, così come i problemi legati alla trasposizione filmica nella serie televisiva del commissario Montalbano: cliccare qui per il programma e i docenti, cliccare qui per tutte le notizie (accedendo con "Login as a guest"). Al termine dei lavori i partecipanti hanno elaborato delle relazioni conclusive che sono state sottoposte al vaglio di una Giuria Internazionale presieduta dal professor Paolo Cherchi (University of Chicago) e composta da docenti sardi che insegnano nelle università del mondo, dal giornalista Stefano Salis de Il Sole 24 Ore e da Filippo Lupo, Presidente del Camilleri Fans Club), integrata dai professori D. Caocci, A. Floris, M.D. Garcia Sanchez, M. Pala e V. Szoke dell’Università di Cagliari. Le relazioni classificate ai primi tre posti riceveranno un premio costituito da libri. La cerimonia di premiazione si terrà giovedì 9 maggio alle 17:00 nell’Aula Magna della Facoltà di Studi Umanistici (Via Is Mirrionis, 1) alla presenza di Andrea Camilleri, che alle 18:00 incontrerà gli studenti e i suoi lettori sardi, presentando nell'occasione il suo nuovo romanzo La rivoluzione della luna; coordina Stefano Salis.
 
 

La Nuova Sardegna, 9.5.2013
Andrea Camilleri oggi un incontro a Cagliari

Cagliari. Arriva in Sardegna lo scrittore Andrea Camilleri per ricevere la laurea honoris causa dell'Università di Cagliari. Questa sera alle ore 18 il padre del Commissario Montalbano sarà nell’ula Magna della Facoltà degli Studi Umanistici, via Is Mirrionis 1, per incontrare studenti e lettori e presentare il suo romanzo “la Rivoluzione della Luna” edito da Sellerio. Introduce Giuseppe Marci e coordina Stefano Salis. L’attrice Rita Atzeri invece leggerà alcuni brani tratti dal libro. Saranno presenti anche gli studenti che hanno partecipato al seminario sulle opere di Camilleri. L’iniziativa è allestita in collaborazione con la libreria Fahrenheit 451. In questa stessa occasione saranno infatti premiati da una giuria internazionale, alla presenza dello scrittore siciliano, i tre migliori elaborati realizzati dagli studenti che hanno preso parte al seminario, durato due mesi, incentrato sull’opera camilleriana e sui problemi legati alla trasposizione televisiva del commissario Montalbano. Domani mattina invece la Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari conferirà a Camilleri la Laurea magistrale honoris causa in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane. La cerimonia si terrà alle 11, nell’Aula Magna del Rettorato di via Università. Dopo l’introduzione del Rettore Giovanni Melis e la Laudatio di Giuseppe Marci, preside della facoltà di Lingue, è la volta della Lectio magistralis di Andrea Camilleri “Riflessioni su un capitolo di Svevo”. In particolare lo scrittore siciliano si soffermerà sul quarto capitolo del capolavoro dello scrittore triestino, “La coscienza di Zeno”. Brani tratti dalle opere di Camilleri, saranno affidati alla voce e all’interpretazione dell’attrice teatrale Rita Atzeri.
 
 

Videolina, 9.5.2013
Andrea Camilleri a Cagliari: dilaga la ''Montalbano-mania''
Domani lo scrittore siciliano Andrea Camilleri riceverà a Cagliari la laurea honoris causa in Lingue e letterature moderne. Lo abbiamo incontrato.
Cliccare qui per il video
 
 

Settimanale Nuovo, 9.5.2013
Domande e risposte
Montalbano premier? Improbabile…

Sono una grande appassionata della fiction su Montalbano: non mi perdo una puntata. Secondo lei, vista la crisi, non sarebbe perfetto uno come il commissario sulla poltrona di premier?
Mariuccia, Como

Forse Montalbano, che piace così tanto agli italiani - oltre dieci milioni, il 22 aprile, secondo gli indici d'ascolto della fiction su Raiuno - sarebbe il candidato premier ideale. Insieme ad Andrea Camilleri, il suo "papà" letterario, rappresenterebbe una coppia vincente. In fondo, lo scrittore siciliano che ha creato il commissario Montalbano ha più o meno la stessa età di Giorgio Napolitano, quindi avrebbe potuto benissimo essere lui il dodicesimo presidente della Repubblica italiana. Montalbano piace ovunque, da Bolzano a Trapani. Il suo dialetto, a volte esagerato, viene capito da tutti e il suo fantastico '"un ci rum-piri i cabasisi" è diventato linguaggio corrente. Irascibile, tosto, a-bile, seducente ma anche capace di contraddirsi: uno di noi insomma. Antico e moderno nello stesso tempo. Non ama la politica in sé perché crede solo nella Giustizia, ma quella con la G maiuscola. Anche se in cuor suo sa bene che la vera Giustizia non si avrà in questo mondo. Si rassegni, però... Luca Zingaretti non diventerà mai premier. Anche se, a dire il vero, c'è già suo fratello Nicola, che è da marzo presidente della Regione Lazio...
Massimo Giletti
 
 

Università degli studi di Cagliari, 10.5.2013
Dalle 11 in diretta streaming la laurea honoris causa ad Andrea Camilleri
Per poter assistere alla cerimonia in diretta, l’aula 7 della ex facoltà di Lingue (in via San Giorgio 12) sarà adibita a sala di proiezione.

Cagliari, 10 maggio 2013 – Tra poche ore il via alla cerimonia di conferimento della Laurea honoris causa in Lingue e Letterature Moderne, Europee e Americane ad Andrea Camilleri, con la trasmissione in diretta streaming. Ieri una sostanziosa anteprima nella Facoltà di Studi umanistici, dove – alla presenza del presidente Paulis e del rettore Melis – lo scrittore siciliano è intervenuto alla premiazione dei migliori elaborati degli studenti che hanno partecipato al seminario di studio sulla sua opera diretto da Giuseppe Marci, e realizzato con il contributo di tanti docenti della facoltà. Il compito non era dei più semplici: scrivere, in 2mila battute, una recensione di un’opera di Camilleri. Primo premio – consegnato dal Rettore – a Simona Palmas.
Per lo scrittore, era la terza volta a Cagliari: a rinverdire il passato ci hanno pensato lo stesso Marci e Stefano Salis, oggi giornalista del Sole24Ore, allora giovane studente. La serata è stata impreziosita dalle letture di Rita Atzeri e dalle magnifiche "pietre sonore" di Pinuccio Sciola, fatte "cantare" dal maestro di San Sperate.
Poco dopo, in una sala gremita, la presentazione dell’ultimo romanzo del “papà” del Commissario Montalbano, “La rivoluzione della luna”. Dopo la presentazione di Marci e Salis, Camilleri non si è sottratto alle domande di un pubblico ancora incredulo di poter dialogare con un autore di così grande successo. “Non scrivo per i miei lettori – ha detto lui, quasi scusandosi – Se mi amano ne sarò grato. Ma scrivo perché ho necessità di raccontare”.
E poi una serie di affermazioni, di ricordi, aneddoti, quasi confidenze, alla platea cagliaritana. Il suo lavoro preferito? “Il re dei Girgenti: è stato un parto lungo e doloroso, maturava lentamente, ogni capitolo aveva bisogno di una lunga riflessione”. Il suo modo di scrivere? “E’ un po’ anarchico: se leggo una notizia storica, comincio a scrivere da lì, ma quello non sarà mai il primo capitolo”. E ancora, il ricordo dei suoi inizi: “Sciascia mi diceva che non potevo scrivere così, che non mi avrebbe letto nessuno. E aveva ragione: per dieci anni nessuno voleva pubblicare i miei libri. A un certo punto la situazione si è sbloccata”.

Giuseppe Marci e Andrea Camilleri

Andrea Camilleri con Pinuccio Sciola

 
 
L’incontro tra Camilleri e il Rettore Melis / Rita Atzeri legge brani de "La rivoluzione della luna"
 
Il Rettore premia la prima classificata / Il giornalista Stefano Salis
testi Sergio Nuvoli - foto di Francesco Cogotti
 
 

L'Unione Sarda, 10.5.2013
Il romanziere e la mafia, la politica, le sceneggiature, il rapporto con Atzeni
«Ho imparato a scrivere libri vedendoli strappare per la tv»
Andrea Camilleri a Cagliari per la laurea honoris causa

Partiamo dalla morte dì Andreotti?
«Chi è?».
Risposta andreottiana.
«In effetti».
In letteratura, come in ogni campo, ci sono i monumenti a se stessi. Le icone solenni e consapevoli. I venerati maestri, come li chiamava Berselli.
Andrea Camilleri, beato lui, è tutt'altra cosa. Garbato e spiritoso, felice di raccontare e curioso di ascoltare, ieri mattina è arrivato a Cagliari - che per l'occasione si è finalmente inventata una giornata di primavera afrosiciliana - per incontrare gli studenti del seminario sulla sua opera organizzato da Studi Umanistici, presentare il suo nuovo romanzo del filone storico "La rivoluzione della luna" (dedicato al breve e intenso periodo che nel Seicento vide Eleonora de Moura viceré della Sicilia) e infine, stamattina alle 11 in Rettorato, venire insignito della laurea honoris causa in Letteratura..
La sua lectio magistralis sarà "Riflessioni su un capitolo di Svevo", ad occuparsi della laudatio del romanziere siciliano sarà il docente Giuseppe Marci che, come raccontato più volte, prestò la faccia al Montalbano mentale di Camilleri. Nel senso che (nel periodo ante-Zingaretti) dopo un incontro con Marci lo scrittore prese a immaginare il proprio commissario con i baffi e lo sguardo del professore sardo.
Prima di tuffarsi nella due giorni cagliaritana lo scrittore fa due chiacchiere con i giornalisti, cominciando da Andreotti che in realtà «è stato l'Italia democristiana, con le sue luci e le sue molte, moltissime ombre. Io non aspetterei che sia la Storia a dare un giudizio sul suo conto, come ci viene suggerito da un'altissima carica istituzionale: credo che un parere sul suo conto gli italiani se lo siano già abbondantemente formato. Che altro dire? Di certo se n'è andato nell'Aldilà con una valigia piena di misteri».
Restiamo all'attualità: Ferrara dice che la mafia è l'essenza della Sicilia.
«E questa è una minchiata, tanto per rimanere in ambito siculo. La mafia è una parte importante della Sicilia, ma non la sua espressione assoluta. Mi verrebbe da dirgli: ma caro amico, e allora Falcone di che cosa era espressione se non della Sicilia? E Borsellino? E gli altri magistrati, carabinieri e poliziotti siciliani che hanno fatto la loro stessa fine? E poi, scusi, se questa cosa fosse vera perché non dovremmo dirla anche della camorra, o della 'ndrangheta? Che cosa dovremmo dire di tutto un Paese dove la politica è così devastata che appena si sciolgono le Camere c'è un sottosegretario - fino a quel momento difeso strenuamente dai suoi compagni - che mette piede fuori dal Parlamento e va dritto in carcere?».
A proposito di politica: il governo delle larghe intese.
«Che cosa vuole che le dica? Come la penso io lo sanno i porci e i cani: non posso che essere contrario. Detto questo, già che il governo c'è almeno risolva le questioni urgenti. Trovi i soldi per la cassa integrazione e cambi questa legge elettorale schi-fo-sa. Poi torniamo al voto. Dice: "Eh ma così vince Berlusconi". Va bene. Cioè: a me non va bene per niente, però il gioco della democrazia è questo. È l'alternanza».
E nel frattempo lei va a ripescare il Seicento siciliano.
«Guardi, quando vado a frugare nella Storia non lo faccio per impadronirmi di un personaggio e poi lasciarlo lì, inerte. Se mi occupo di una figura o di un fatto è perché lo vedo stingere sui giorni nostri, in qualche modo. Prenda la mia Eleonora: in poco tempo fece una quantità impressionante di cose positive, dal prezzo del pane calmierato ai ricoveri per le vecchie fino alle corporazioni professionali. Quando hanno il potere le donne lo esercitano con un impegno, una dedizione assoluti. Pensi alla Thatcher: terrorizzante! Io proposi per scherzo le quote azzurre: lasciamole fare, affidiamoci alle donne, non potrà che venircene del bene. Poi, certo, non sono solo le donne a lavorare bene: pensiamo a Crocetta, che da governatore siciliano ha abolito le Province. Lei ha un'idea dell'intreccio di potere che ha spazzato via con una firma?».
Montalbano continua a mietere record di ascolti. Quanto è doloroso adattare un romanzo alla tv?
«Le dico una storia che mi piace moltissimo. Quando gli americani si decisero a trarre un film da "Il postino suona sempre due volte" di Cain, lui non lo vide. Ci andò un suo amico, che poi corse da lui scandalizzato: "Oh James, sapessi come hanno ridotto il tuo libro!". Lui scattò in piedi, andò alla libreria e poi, osservando il volume, rispose: "Ma no, mi sembra in ottime condizioni...". Certo, di solito la versione cinematografica di un libro è molto più fedele di quella televisiva, io però firmo la sceneggiatura degli episodi di Montalbano e quindi non mi tocca soffrire. Mi capita di discutere, questo sì. Per esempio mi pareva che per "Una lama di luce" Francesco Bruni stesse alleggerendo troppo il testo, che trovava eccessivo: bene, alla fine aveva ragione lui. Si impara tanto in tv, sa? Io ero il produttore delegato Rai per i gialli di Maigret e ricorderò sempre come lavorava lo sceneggiatore, Diego Fabbri. Ha presente come funzionano i romanzi di Simenon, no? C'è un episodio che comincia e si interrompe, poi parte l'episodio due e si interrompe, poi il tre eccetera. Lui comprava sei edizioni economiche, strappava le pagine e ricomponeva gli episodi. Poi sceglieva: parto con questo, continuo con quest'altro... Destrutturava e ristrutturava. Quando scrivo, mentalmente seguo ancora quel modello».
Ora cominciano le sue 48 ore nella città di Sergio Atzeni.
«Mi colpì molto scoprire che leggendo il mio italiano regionale disse di considerarmi "un suo fratello", esattamente come io percepivo lui. Ci siamo reciprocamente stimati a distanza, ma l'anno scorso ho avuto il profondo giacere di conoscere sua figlia. E stato come se questa nostra amicizia prendesse finalmente corpo».
Celestino Tabasso
 
 

La Nuova Sardegna, 10.5.2013
Andrea Camilleri, il mestiere di scrivere nell'Italia alla deriva

Scherzi del Tempo e degli scrittori. Azzerano i secoli, così ciò che accadeva ieri è simile all'oggi. Eleonora De Moura, vedova del vicerè Aniello de Gusman, diventò vice regina per sbaglio e per poco nella Sicilia del 1677, ma varò provvedimenti rivoluzionari per l'epoca: abbassò il prezzo del pane e le tasse per le famiglie numerose. Fu amata dal popolo e per questo dopo intrighi e congiure rispedita in Spagna. Il tempo giusto per "La rivoluzione della luna" come si intitola l'ultimo romanzo per la Sellerio di Andrea Camilleri, da ieri in Sardegna, a Cagliari, per ricevere (stamane nell'Aula Magna del Rettorato) la laurea honoris causa in Lettere moderne europee e americane. «Quando scrivo i romanzi storici amo raccontare episodi che "stingono" nei nostri giorni e questa _ spiega _ mi è parsa un'occasione mirabile. Mi sono imbattuto in una donna che in poco tempo, avendo poteri straordinari, riesce a fare del buongoverno. Mi è parso un fatto squisitamente contemporaneo. Non esiste attualmente alcuna donna che possa avere quel tipo di poteri, però quando vedi in questo governo una donna come Emma Bonino, ministro agli Esteri, o al ministero della Giustizia una signora che non viene dalla politica ma dall'amministrazione statale non puoi che compiacerti. Proviamo a dare maggior potere alle donne. Capace che ce la passiamo meglio, vedi la Thatcher: era un terrore sì, ma non demordeva. Quando hanno un'idea le donne si battono fino in fondo e con coerenza». Camilleri è in forma smagliante. La battuta sempre pronta e intrisa di un'ironia proverbiale. «Andreotti chi?» risponde riferendosi al politico dc scomparso qualche giorno fa. E aggiunge: «Ha rappresentato l'Italia democristiana con le sue luci e le moltissime ombre. Non c’è bisogno di aspettare il giudizio della storia per dirlo. Credo si sia portato un bel sacco di misteri nella sua valigia per l'aldilà». Ironia, arguzia ma anche considerazioni lucide sul presente e prese di posizioni nette come quella sull'appello firmato per la manifestazione indetta dalla Fiom per il 18 maggio sui temi dei diritti e del lavoro (« È la prima emergenza del Paese») con un'opinione precisa anche sul governo Letta . «Per le mie idee politiche non posso che essere contrario a questo governo. C'è da considerare però le urgenze da affrontare come quella di trovare i soldi per la cassa integrazione, rifare questa schifosa legge elettorale . Si risolvano queste cose e si torni presto alle urne». Guai a toccare la Sicilia e dipingerla con i soliti luoghi comuni. Giuliano Ferrara ha detto che "la mafia è la vera essenza della Sicilia"? Lo scrittore ribatte: «Minchiate! La Mafia purtroppo è parte grossa della Sicilia, ma non la sua vera espressione, perché allora si può sostenere anche che la vera essenza sono i Falcone, i Borsellino come le decine di magistrati, poliziotti, carabinieri siciliani uccisi dalla mafia. E la camorra e la 'ndrangheta? Quanta parte hanno? Il fatto è che nel Paese una politica assurda e devastante ha fatto sì che la mafia acquistasse maggiore potere. Se un deputato ed ex sottosegretario difeso strenuamente dal Parlamento appena smesso di fare il parlamentare finisce in prigione che immagine si da? Devastante per la politica, ma dà anche l'idea di cosa sia l'infiltrazione delle mafie dentro le istituzioni». Intellettuale impegnato, scrittore di fatti storici che guardano al presente, ma anche inventore di un eroe popolare come il commissario Montalbano. Una passione per il poliziesco appresa con la lettura di George Simenon inventore di Maigret, del quale proprio Camilleri fu il primo produttore tivù con la serie interpretata da Gino Cervi. «Lavorai con un grande commediografo, Diego Fabbri, che mi insegnò a destrutturare il romanzo e a ristrutturarlo in forma televisiva. Era come andare in una bottega di orologiaio. Levava la cassa e rimontava gli ingranaggi. Così ho imparato il mestiere. Quando mi venne l'idea di scrivere un poliziesco non potevo che seguire quella lezione. Il problema fu: come differenziarmi da Maigret? Allora decisi: uno è sposato? Allora l'altro no. Che tipo di indagine fanno? Maigret si mette dalla parte dell'assassinato, Montalbano allora guarderà l'ambiente e studierà il contesto». E infine un omaggio alla Sardegna. A un suo figlio letterato, Sergio Atzeni, che proprio un editore come Sellerio decise di pubblicare per primo. Uno scrittore che, come Camilleri, usava introdurre elementi di lingua sarda dentro i racconti scritti in italiano. «Quando lessi il primo romanzo di Atzeni, "Apologo del giudice bandito", rimasi estremamente colpito dalla sua scrittura. Ignoravo il fatto che leggendo i miei romanzi avesse detto a Giuseppe Marci (ex preside della Facoltà di Lingue di Cagliari ndr) "questo è mio fratello". Io avevo pensato esattamente la stessa cosa di lui. Non ci conoscemmo mai. Ci siamo stimati reciprocamente a distanza. Però l'anno scorso ho avuto il piacere che sua figlia, Jenny, abbia voluto conoscermi. E' come se quell'amicizia ci fosse stata veramente. E forse c'è stata davvero. Anche se non ci siamo mai incontrati».
 
 

La Nuova Sardegna, 10.5.2013
Pirandello e le lezioni di teatro, il Maestro ritrova gli ex allievi

Cagliari. «Luisa, Luisa Mereu!». Andrea Camilleri ha un moto di sorpresa e, subito dopo, un largo sorriso si stampa sul suo volto nello scoprire, ieri mattina tra una piccola folla di curiosi, nella hall di un albergo, una allieva sarda dei corsi che teneva come regista presso la prestigiosa Accademia d’arte “Silvio D’Amico” nei primi anni Ottanta a Roma. In città per ricevere, stamane nell’Aula Magna del Rettorato la laurea honoris causa in lingue e lettere moderne, il grande scrittore siciliano padre del commissario Montalbano si mostra felice di questo incontro. Assieme a Luisa Mereu anche altri due amici, attori e allievi di Camilleri, si stringono affettuosamente al loro Maestro. Sono Niama Merisi e Luigi Tontoranelli, quest’ultimo da anni in forza alla compagnia del Teatro Sardegna. «Siamo stati suoi allievi per un triennio a partire dall’anno 1978 e fino al 1980. Con la sua regia – raccontano – portammo in scena anche un allestimento de “I Giganti della Montagna con la Favola del figlio mancato” di Pirandello».
w.p.
 
 

Sardegna Quotidiano 10.5.2013
L’ULTIMO ROMANZO Si intitola “La rivoluzione della luna” (edizioni Sellerio, 276 pagine) l’ultimo romanzo di Andrea Camilleri. Il libro è stato presentato ieri sera nell’aula magna della facoltà di Studi Umanistici.
Se la luna è una donna coraggiosa

Camilleri e Montalbano? Non per questa volta. Camilleri, una laurea ad honorem e “La rivoluzione della luna”. Lo scrittore siciliano è a Cagliari: oggi alle 11, nell’Aula Magna del Rettorato, l’Università gli conferisce la laurea honoris causa in Lingue e Letterature Moderne. Laudatio di Giuseppe Marci e lectio magistralis, “Riflessioni su un capitolo di Svevo”. Partiamo dall’ultima fatica letteraria. Un romanzo storico, come il precedente, “Il re di Girgenti”. Con il solito intreccio linguistico tra italiano e dialetto siciliano, con un tocco di spagnolo. “La rivoluzione della luna” (edito da Sellerio, come tutti i suoi libri), dove la luna è una donna, intelligente e seducente, un’eroina nella Sicilia della fine del XVII secolo. Eleonora de Moura, moglie del vicerè Anielo de Guzmán y Carafa, che, sul punto di morire, nomina suo successore la consorte. Dotata di grandi capacità politiche, risolleverà da carestia e miseria Palermo: ridurrà le tasse per le famiglie povere, il prezzo del pane, vigilerà sui commerci, introdurrà alcune riforme a sostegno delle donne. Dopo ventisette giorni, la durata di un ciclo lunare, il re sarà costretto a richiamarla in Spagna, per un tranello giocatole dai suoi nemici (i potentati locali, la Chiesa), ponendo fine alla “rivoluzione della luna”.
LA RIVOLUZIONE DELLA LUNA
«Quando scrivo i romanzi storici - spiega Camilleri - mi piace scrivere degli episodi che stingono nei nostri giorni. Questa mi è parsa un’occasione mirabile: una donna che in brevissimo tempo fornisce un esempio di come si possa governare bene in nome di pochi principi e dell’onestà ». Romanzo molto “contemporaneo”, allora. «Oggi non potrebbe esistere una Eleonora de Moura, che aveva poteri assoluti. Ma non posso che compiacermi nel vedere una Emma Bonino al ministero degli Esteri o una signora come la Cancellieri, che non viene dalla politica, alla Giustizia: le donne, quando si mettono di buzzo buono, portano fino in fondo le loro idee con una coerenza superiore a quella di noi uomini ». Intellettuale “organico”, Camilleri, che, a dispetto delle ottantasette primavere, vive pienamente la realtà civile e politica del nostro Paese, e che non ha mai fatto mistero delle sue idee. Andreotti? «Si è portato via un bel sacco di misteri nella sua valigia per l’aldilà». Il governo delle larghe intese? «Non posso che essere contrario, ma un governo ci deve essere, che metta mano alle emergenze del Paese, che riformi questa legge elettorale schifosa per poi tornare alle urne». Qualcuno (Giuliano Ferrara, su La 7, durante il dibattito su “Il divo”, il film di Sorrentino proprio sulla controversa figura di Andreotti) ha detto che “la mafia è la vera essenza della Sicilia”? «Queste sono minchiate», sentenzia. «Allora io dico che l’essenza della Sicilia si chiama Falcone, Borsellino, quelle decine di polioziotti siciliani che sono stati ammazzati dalla mafia». Talento multiforme Camilleri: scrittore, regista teatrale, funzionario Rai. Sua la produzione di sceneggiati memorabili, come “Le inchieste del commissario Maigret”, da Simenon, con Gino Cervi. “Ho capito cosa significa destrutturare un romanzo e ristrutturarlo in forma televisiva». Quello che è stato fatto con il suo amatissimo Montalbano, un cult ormai la serie con Luca Zingaretti, di cui è co-sceneggiatore. «Ogni opera letteraria soffre sempre quando viene trasposta in un altro linguaggio», dice. E racconta un aneddoto legato allo scrittore americano James Cain, l’autore de “Il postino suona sempre due volte” (di cui Visconti firmò la versione cinematografica italiana, “Ossessione ”). «Quando fecero il film negli Stati Uniti, Cain mandò a vedere il film un suo amico, che gli riferì: “se vedessi come hanno ridotto il tuo libro…”. Allora lui andò nella sua biblioteca, lo prese e disse: “a me sembra perfetto!”». Camilleri e la Sardegna. Il ricordo del padre, che fece la grande guerra con la Brigata Sassari, agli ordini di Emilio Lussu, e un omaggio a Sergio Atzeni (stessa casa editrice, Sellerio, e stessa scrittura, “contaminata”). «Quando pubblicò il suo primo romanzo io rimasi colpito. Non ci conoscemmo mai. Poi ho saputo che leggendo i miei libri aveva detto: “questo è mio fratello”. Io avevo pensato la stessa cosa».
Massimiliano Messina
 
 

Università degli studi di Cagliari, 10.5.2013
Conferita la laurea honoris causa ad Andrea Camilleri

Lo scrittore con il rettore di Cagliari e la commissione di laurea. Da sinistra: Antonietta Marra, Giulio Paulis, Marco, Pignotti, Antioco Floris, Maria Elena Ruggerini, Duilio Caocci, Giovanni Melis, Andrea Camilleri, Mauro Pala, Giuseppe Marci, Maria Dolores Garcia Sanchez, Paolo Maninchedda

Cagliari – Una lectio magistralis sul rapporto tra genitori e figli, al termine della quale l’Università di Cagliari ha conferito la Laurea honoris causa in Lingue e Letterature Moderne, Europee e Americane ad Andrea Camilleri.
Dopo l’introduzione del Rettore Giovanni Melis, e la laudatio del prof. Giuseppe Marci, lo scrittore siciliano ha tenuto una lezione spaziando da Verga a Grazia Deledda, da Gavino Ledda a Pirandello a Italo Svevo. Di quest’ultimo ha commentato in particolare un capitolo de “La coscienza di Zeno”, soffermandosi in particolare sul contrasto generazionale, “tra padri e figli – ha detto – ma che diventa tra vecchi e giovani”.
 
“Il movente del contrasto – ha spiegato Camilleri – è sempre sulla ‘roba’, cioè sulla proprietà. Chi l’ha accumulata nutre il timore che chi la erediterà non sarà in grado neppure di mantenerla. E alla paura del nuovo fa da controcanto l’insofferenza verso le regole: si tratta di uno scontro tra due mondi chiusi nelle loro certezze”.
Citando Pirandello ha aggiunto “formichetta si nasce, moscerino, filo d’erba”, mentre la parte centrale della lezione si è sviluppata intorno al “secondo nucleo narrativo del libro di Svevo, il rapporto tra Zeno e il padre”. Quindi la sorpresa: “Se mi sono soffermato su questo capitolo è perché mi permette di passare all’autobiografia”. L’autore del Commissario Montalbano ha quindi raccontato il proprio personale rapporto con il padre e la malattia che – quando Camilleri aveva 42 anni - lo condusse alla morte, insieme al ritrovato rapporto filiale nell’ultimo periodo della vita. “Penso di averlo deluso sempre – ha confidato lo scrittore – L’amavo intensamente, anche se non mi piacevano le cose che faceva. Amavo molto i libri che leggeva. Era stato fascista, squadrista, ma mai facinoroso né settario”.
“Partecipò alla guerra nella Brigata Sassari – ha aggiunto – agli ordini di Emilio Lussu, verso il quale nutriva un’autentica ammirazione”. Il ricordo degli ultimi istanti di vita del padre ha concluso, tra gli applausi, la lectio magistralis.

 






testi Sergio Nuvoli - foto di Ivo Cabiddu e Francesco Cogotti
 
 

ANSA, 10.5.2013
Laurea honoris causa a Camilleri
Il padre di Montalbano a Cagliari, da oggi dottore in Letteratura

Cagliari - Tutti in piedi e un lungo applauso nell'Aula Magna del Rettorato di Cagliari. La Facolta' di Studi Umanistici ha conferito ad Andrea Camilleri la laurea magistrale honoris causa. Il legame che unisce lo scrittore siciliano alla Sardegna ha origini antiche. ''Mio padre e' stato ufficiale della Brigata Sassari anche agli ordini di Emilio Lussu, per il quale nutriva una autentica venerazione. Aveva da sempre il desiderio di tornare in quest'Isola'', ha raccontato nella sua lectio magistralis.
 
 

Videolina, 10.5.2013
Cagliari, laurea a Camilleri: lectio magistralis «indimenticabile»
Da Pirandello a Svevo, passando per Verga. Andrea Camilleri ha ipnotizzato l'aula magna del Rettorato di Cagliari, nel giorno della sua laurea honoris causa in lingue e letterature moderne, europee e americane.
Cliccare qui per il video
 
 

La Stampa, 10.5.2013
Laurea honoris causa a Camilleri
Dall’Università di Cagliari: “con la sua lingua parla al mondo”

Lo scrittore Andrea Camilleri in una foto d’archivio (ANSA)

Cagliari. Questa mattina nell’Aula Magna del Rettorato di Cagliari la Facoltà di Studi Umanistici dell’Università ha conferito ad Andrea Camilleri la laurea magistrale honoris causa. Il padre del commissario Montalbano da oggi è dottore in Lingue e letterature moderne europee e americane.
Il legame che unisce Camilleri alla Sardegna ha origini antiche. «Mio padre è stato ufficiale della Brigata Sassari anche agli ordini di Emilio Lussu, per il quale nutriva una autentica venerazione. Aveva da sempre il desiderio di tornare in quest’Isola», ha raccontato lo scrittore nella sua lectio magistralis, `Riflessioni su un capitolo di Svevo´, dove in un affascinante excursus che ha toccato Verga, Deledda, Pirandello e Svevo sul «contrasto generazionale vecchi e giovani» ha commosso la platea con i suoi ricordi legati al padre e al lontano ritrovato legame «in quel tempo sospeso, quasi non fossimo più padre e figlio».
«Grande linguista, con il suo alto valore letterario ha la capacità di parlare ai lettori sparsi in Italia e nel mondo». È una sintesi della più ampia motivazione del conferimento della laurea che l’Ateneo ha voluto conferirgli. «Scrittore italiano nato in Sicilia», così si definisce l’autore di numerosi romanzi di successo e «creatore di una scrittura ad alta intensità civile e di architetture narrative che aiutano a capire come la diversità sia un valore piuttosto che un ostacolo». Nella laudatio del preside Giuseppe Marci, che ha ripercorso la carriera umana e artistica di Camilleri, c’è in parte il senso dell’universalità’ del grande romanziere per il quale «i dialetti sono lingue vere del paese», baluardi contro il colonialismo linguistico. Il rettore dell’Ateneo cagliaritano, Giovanni Melis, ha sottolineato da lettore ed estimatore di Camilleri la «complessità linguistica e l’abilità di creare storie poliziesche che inchiodano il lettore al libro dalla prima all’ultima riga».
Fra la Sardegna, e in particolare Cagliari, e lo scrittore c’è un forte legame: risale al 1987 la sua prima visita nel capoluogo sardo, nel ’96 e ’97 è ospite del Senato accademico, nel 2003 ritorna per rinsaldare il legame con lettori e studenti.
 
 

Sardiniapost.it, 10.5.2013
Le confessioni del dottor Camilleri sulle donne, Emilio Lussu e Sergio Atzeni

“La mia Eleonora è molto simile alla vostra, una donna vera spinta da azioni di equità verso il popolo. Una donna giusta, capace di regnare in un’isola difficile e dominata dagli uomini. Questo accadeva in tempi antichi, sarebbe ora di dare spazio alle quote rosa e farsi governare dalle donne. Che, da notare, hanno molto più cervello di noi uomini”.
Parla Andrea Camilleri, si sente a suo agio con il docente di Filologia Giuseppe Marci al suo fianco. A Cagliari per ricevere le laurea honoris causa in Lingue e letteratura, lo scrittore siciliano parla di tutto, dei suoi libri, dei suoi sceneggiati, della sua vita. Anche di politica, la sfiora almeno. A vedere l’aula magna del corpo aggiunto del magistero stracolma di studenti, genitori e curiosi, Camilleri si sente a casa.
L’incontro pubblico è stato aperto, giovedì verso le diciassette, dalla premiazione degli studenti partecipanti al seminario a lui dedicato. A ricevere gli applausi del pubblico è stata la studentessa Simona Palmas, autrice di una recensione dell’ultimo romanzo dello scrittore siciliano, “La rivoluzione della luna”, poi letta assieme ad altri lavori durante la serata. A dare intensità vocale alla prosa rivoluzionaria di Camilleri ci ha pensato l’attrice Rita Atzeri, ottima nel rendere musicale il miscuglio di siciliano, italiano e spagnolo proposto nel romanzo.
“Io scrivo per me stesso e non per i miei lettori. Lo dico con molta sincerità perché spesso gli scrittori si basano sul gusto del pubblico. Invece io voglio essere soddisfatto per primo di ciò che scrivo e leggo. Voglio che una storia mi intrighi, mi sappia attrarre dall’inizio alla fine. E mi sono innamorato di questa Eleonora, non vedevo l’ora di possederla in tutta la sua interezza. Ho lavorato molto su questo personaggio, non mi sono fatto alcun riferimento alla realtà. Ho preso questa donna secentesca e l’ho modellata come volevo che fosse. Volevo finire in fretta di scrivere, volevo vedere che donna avevo creato”.
Si concede a qualche scatto e parla del suo ultimo romanzo. Niente autografi però, a 88 anni non regge più. Lo richiede la sua manager, lo richiede il coordinatore della serata Giuseppe Marci. Lui sorride, allarga le braccia e beve acqua. Il pubblico lo ascolta attentamente, applaude. Qualche donna è incantata dalla sua voce bassa e roca, lo considera un maestro. Montalbano, prima che fenomeno televisivo, è anche un fenomeno letterario che molti leggono. Bastano novecento mila copie vendute di ciascun romanzo che ha come protagonista il burbero commissario per capire quanto il personaggio sia entrato a far parte dell’immaginario italiano.
Rispetto all’incontro mattutino con la stampa, nel pomeriggio Camilleri risponde vagamente alle curiosità dei lettori. Ritiene che un personaggio come quello raccontato nell’ultimo lavoro esista, ma non dice chi possa essere. Col pubblico non intende sbilanciarsi, vuole solo far sapere quanto ama le donne, l’intelligenza delle donne e la loro capacità di operare per il meglio. Ma a microfoni spenti fa anche qualche nome: Emma Bonino, Anna Maria Cancellieri. Vede in loro lo stesso spirito, ma manca lo stesso potere assoluto posseduto da Eleonora. Hanno polso, col potere in mano farebbero grandi cose.
Ricorda l’ammirazione del padre per Emilio Lussu e la Sardegna tutta, la sua partecipazione alla prima guerra mondiale al fianco della Brigata Sassari. Quindi Sergio Atzeni, quel suo fratello letterario di cui sente viva la mancanza. Ricalca le affinità di identità storica, le somiglianze nel trattare la propria terra con occhio critico e mano dolce. Poi tutto si conclude, i libri volano via tra le mani di lettori desiderosi di recuperare le sue opere.
Quindi il riconoscimento. La Facoltà di Studi umanistici dell’Università di Cagliari conferisce la laurea magistrale honoris causa in Lingue e letterature moderne, europee e americane. La cerimonia tenutasi nell’aula magna del Rettorato di Cagliari ha visto la Lectio magistralis di Andrea Camilleri “Riflessioni su un capitolo di Svevo”, sul quarto capitolo dell’opera “La coscienza di Zeno”, quello che discetta sul rapporto tra il protagonista e il padre. Una scelta che ha messo lo scrittore di fronte al suo passato e alla figura maestosa del padre, che ricorda come fosse qualcosa di odierno. Esattamente come accade nei suoi romanzi.
Simone Spada
 
 

Sardegna oggi, 10.5.2013
Andrea Camilleri, l'Università di Cagliari gli rende merito: laurea honoris causa
L'Università di Cagliari rende omaggio ad Andrea Camilleri, lo scrittore padre di tanti libri tra i quali quelli del commissario Montalbano. Lo ha fatto questa mattina consegnandogli la laurea honoris causa.

Cagliari - Andrea Camilleri dottore ad honorem in lingue e letteratura europea e americana presso l’Università di Cagliari. Nella parole del magnifico rettore Giovanni Melis tutto l’orgoglio per la presenza dello stimato autore, “questo riconoscimento arriva a completamento di un percorso umano e culturale”.
Classe 1925, nato a Porto Empedocle, animato dalla incessante necessità di tenere in esercizio la penna, dal 1967, anno in cui scrisse il suo primo romanzo, non si è fermato fino alla recente pubblicazione di “la rivoluzione della luna”. Segni particolari: il fumante sigaro, il successo senza precedenti del genio di Montalbano e il suo irrinunciabile dialetto siciliano. Fare un discorso in parte in dialetto e in parte in italiano era il linguaggio comune per la borghesia siciliana, dichiara l’autore “io mi trovavo a raccontare le storie in quel modo e poi le ho scritte pure così”. Nella seconda metà degli anni novanta tutti i suoi libri vantano numeri da capogiro: nel 1998 con Sellerio 900mila copie vendute più le 300mila con la Mondadori, fino al 1999 quando il Commissario Montalbano conquista i cuori di milioni di lettori e di telespettatori. L’ultima versione di Montalbano andata in onda, ha registrato 10 milioni di telespettatori. Tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, Camilleri si conferma uno degli autori italiani più letti e amati in assoluto.
Intimamente legato alla Sardegna e a Cagliari, dove è venuto in diverse occasioni per studi e seminari, la sua penna è un innegabile strumento di attrazione anche per i giovani. A lui hanno dedicato tesi di laurea e seminari di studi sulle sue opere, come quello che recentemente l’università di Cagliari ha organizzato coinvolgendo 15 docenti provenienti da tutto il mondo ma di origine sarda.
Un Camilleri commosso, con le lacrime agli occhi al termine della sua lectio magistralis su vita, morte, politica, rapporti generazionali e naturalmente sulla “roba”, per dirla con il Verga. Parte infatti inaspettatamente dal Mastro Don Gesualdo, lo scrittore per trattare di un filone della letteratura tutt’altro che marginale, quello che è incentrato sullo scontro generazionale tra padre e figlio e sulla proprietà. Il mastro don Gesualdo muore consapevole che le sue ricchezze andranno disperse, perché il figlio non vorrà occuparsene. Due mondi, due modi di essere che non sentono la necessità di un dialogo. L’atro filone narrativo di cui decide di occuparsi è quello che racconta il contrasto di idee, la lacerazione tra essere e avere, il contrasto tra giovani e vecchi. Analizza Pirandello e i suoi “sei personaggi in cerca di autore”, dove emerge la sofferenza della non appartenenza e l’ingiusta condanna di restare per sempre agganciati ad un gesto sbagliato. Il senso del profondo disagio di essere figlio e il senso della causalità del nascere. Passa poi ad analizzare la coscienza di Zeno e un Italo Svevo che racconta una sacra verità: è impossibile essere contemporanei del proprio padre. Zeno è convinto che il padre non abbia ragione ma non riesce a dirglielo e siccome non ci riesce allora ride. Zeno ride in quanto figlio.Poi quando il padre giace malato nel letto di casa allora i due recuperano il non detto, in un gesto di estrema pietas.
Infine Camilleri racconta di sé e del suo rapporto con il padre. “Quando lo ricoverano al Gemelli di Roma e ci dissero che era malato di tumore sentii il bisogno di stargli accanto. Avevo 42 anni, così mia madre stava con lui tutto il giorno e io tutte le sere e le notti. E’ stato così che ho recuperato il rapporto con mio padre. Ho sempre pensato di averlo deluso, e indubbiamente avevo convinzioni che lo avevano addolorato. Lo amavo ma non mi piacevano le cose che faceva, mentre mi piacevano i libri che leggeva. Era fascista e io segretamente maturai la mia conversione al comunismo. Iniziava così il nostro periodo di attrito, non mi perdonava la scelta politica un giorno disse a mia madre cosa ho fatto io di male nella vita per avere un figlio comunista? Me ne andai di casa nel 1949 . Loro vennero a Roma da me quando mio padre si ammalò. In quelle notti all’ospedale gemelli ci riconoscemmo l’un l’altro e parlammo senza reticenze. Gli raccontai una storia e lui mi fece promettere che la dovevo scrivere, è così che è nato il mio primo romanzo, 'il corso delle cose' era il 1967. Una notte urlò 'tenente Camilleri, tenente Camilleri' io capii che si stava ricordando della guerra, era un soldato della Brigata Sassari, agli ordini di Emilio Lussu. Io gli risposi 'signor si' e lui disse 'presto si ritiri non vede che è sotto tiro? o vuole insegnarci il coraggio, coglione di un siciliano'. Una sera lo aiutai a fare il segno della croce poi mi disse di andare a fumare una sigaretta, io ci andai ma sapevo che quando sarei tornato l’avrei trovato morto e così è stato”.
Cristina Caddeo
 
 

Casteddu On line, 10.5.2013
Laurea honoris causa a Cagliari ad Andrea Camilleri: la vita come romanzo

Si è svolta oggi alle 11 la cerimonia per assegnare la laurea honoris causa in Lingue e letterature moderne europee e americane ad Andrea Camilleri, nell'aula del Rettorato di Cagliari. Il rettore Giovanni Melis ha presentato l'evento, in relazione anche ad un concorso promosso tra gli studenti per le tesi di laurea intorno all'ultimo romanzo dello scrittore "La rivoluzione della luna", un'iniziativa che si vorrebbe ripetere l'anno venturo per avviare un vero e proprio processo didattico intorno all'opera delle scrittore siciliano. Il prof. Marci ha poi presentato l'opera, anche in relazione con Sergio Atzeni. L'alta intensità civile della scrittura di colui che si definisce "scrittore italiano nato in Sicilia" è stata sottolineata da Giuseppe Marci, anche sulla "questione della lingua", sull'immissione dei dialetti nella lingua italiana per non fare diventare quella italiana una "lingua di colonia". C'è quasi un passaggio del testimone da Alessandro Manzoni: così Camilleri inventa una lingua in cui la diversità è un valore. "A kent'annus e in saludi, mannu e bonu!", ha concluso Marci, con la speranza che quel "mannu" cresca ancora nel tempo.
Andrea Camilleri ha poi presentato la sua lectio magistralis, dal titolo "Riflessioni su un capitolo di Svevo". Lo scrittore ha letto con grande pathos il capitolo quarto de La coscienza di Zeno, che racconta della delicata problematica tra Zeno e il padre, sul famoso "schiaffo". Il rapporto coi genitori, una tematica che accomuna Camilleri con Svevo, e che fu occasione del suo primo romanzo. Lo scrittore ha raccontato con molta commozione la sua personale esperienza, in qualche modo simile a quella dello scrittore triestino. Camilleri è poi stato lungamente applaudito in una giornata memorabile per Cagliari.
 
 

La lingua batte, 11.5.2013
Andrea Camilleri e il dialetto per diletto
Le parole sono importanti
Giuseppe Antonelli intervista lo scrittore, sceneggiatore e regista siciliano Andrea Camilleri
Cliccare qui per il podcast della trasmissione
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L'Unione Sarda, 11.5.2013
Da Svevo a una pagina autobiografica, un viaggio nel rapporto fra generazioni
Mio padre sul letto di morte mi promosse tenente Camilleri
Ieri la lezione magistrale cagliaritana del romanziere

Sarà bizzarra, questa abitudine di rendere dottore honoris causa un uomo per continuare a chiamarlo maestro, ma ha degli aspetti interessanti, belli, umani.
Uno è la ressa che c'era ieri nell'aula magna del rettorato cagliaritano per la lectio di Andrea Camilleri, con il garbato servizio di accoglienza costretto a trasformarsi in teutonico servizio d'ordine («Niente invito? Mi spiace, deve aspettare. Sì, lo so che lei è una professoressa: abbia pazienza»).
Un altro sono gli accenti di gratitudine e di ammirazione del rettore Giovanni Melis e del docente Giuseppe Marci, autore della laudatio, per uno scrittore che ieri ha rinsaldato un rapporto con Cagliari che risale alle lezioni degli anni '90 e alla lettura di Sergio Atzeni.
Un altro ancora - infine e soprattutto - è il regalo scelto dal romanziere per ricambiare l'onore accademico: un lungo excursus - letterario e poi intimo - sulle difficoltà del rapporto fra padre e figlio, fra antico e nuovo.
Il viaggio del Dottor Camilleri parte da Grazia Deledda, con l'ineluttabile obbedienza ai maggiori e alla tradizione, sfiora Gavino Ledda e Federigo Tozzi e si tuffa nel suo amatissimo Pirandello, così lontano dal proprio genitore garibaldino, concreto, uomo d'azione al punto «da finire coinvolto in sparatorie western», perplesso davanti a un figliolo con tanti impalpabili grilli per la testa, rinserrato nei suoi rancorosissimi silenzi. Un figlio che, sorpreso il padre a colloquio con l'amante, gli sputerà in faccia. E poi saprà raccontare le vite "agganciate a un gesto sbagliato".
Ed è subito tempo di Svevo, in aula magna. È tempo di farsi guidare dal vocione pastoso e arrochito nella stanza da pranzo dove il padre di Zeno Cosini guarda quel figlio che lo inquieta più di chiunque altro. Lo inquieta perché ride, sa solo sganasciarsi per esprimere il proprio disagio, per prendere le distanze. Il vecchio lo crede pazzo? E lui si presenta dopo una visita con un certificato che attesta la sua perfetta salute mentale. Sarà quel foglio a convincere definitivamente il papà della sua follia.
E se quell'attestato di salute allontanerà padre e figlio, sarà una diagnosi infausta ad avvicinarli. La malattia del padre, l'odio di Zeno per il medico che potrebbe, dovrebbe fare tutt'altro per salvarlo, il terrore di dover finalmente vedere l'uomo che si celava dentro la corazza da Pater, e infine la voglia, la necessità di incontrarlo. Sono le tappe di una rincorsa frenetica, di una corsa contro il tempo per colmare le distanze e i silenzi. Scavalcare le incomprensioni, perdonare le amarezze. E quando il padre, nell'ultimo lampo di agonia, si leverà in piedi lucidissimo e spettrale e lascerà piombare sulla guancia di Zeno un ceffone, lui quel gesto violento se lo porterà dentro fino ad ammorbidirlo, trasfigurarlo, digerirlo, avendone infine una rilettura dolcissima della figura paterna.
E Camilleri, su quest'ultimo tratto del cammino di Zeno, non è d'accordo. Per spiegarlo fa forza alla sua ritrosia a parlare di sé e nell'aula magna, una frase dopo l'altra, prende forma e colore la figura di Camilleri senior. Un uomo non banale, un impasto di contraddizioni come siamo quasi tutti.
Fascista della prima ora e invincibilmente contrario alle leggi razziali: quando Andrea raccontò a casa che un suo compagno ebreo lo aveva salutato, spiegandogli che dal giorno dopo non gli sarebbe più stato consentito di seguire le lezioni, quella camicia nera «arrossì, strinse i pugni e disse che tra noi e gli ebrei non c'era alcuna differenza, le leggi razziali erano una tragica buffonata che serviva a far contento Hitler».
Era una figura complessa, uno squadrista che da giovane ufficiale - raro siciliano arruolato nella Brigata Sassari - aveva combattuto nella Grande Guerra agli ordini di Emilio Lussu, per il quale continuò sempre a nutrire un'autentica venerazione. Un fascista che perse la fede nel regime e non esitò a dirlo pubblicamente, andando verso il deferimento alla commissione disciplinare. Proprio in quei giorni Andrea si avvicinava al comunismo e nel dopoguerra, al momento del referendum, il padre monarchico e ormai liberale e il figlio rosso e repubblicano si guarderanno increduli dalle due sponde di un lago di silenzi offesi.
«Che cosa ho fatto io di male per avere un figlio comunista?» è una delle rare frasi paterne che spezzano in parte quei silenzi, ma non è una domanda diretta: Camilleri la orecchia in un dialogo fra i genitori. Delusioni gliene aveva date altre, non in campo politico ma sempre per via di passioni non condivise. Andrea non amava la caccia, al contrario del padre, e tantomeno amava le partite di calcio e neppure l'imprescindibile biliardo. Il padre lo amava, questo sì, e molto. E amava la sua biblioteca da borghese non intellettuale ma di buone letture. E questo amore velato di fraintendimenti, appannato da microscopiche delusioni vivrà ma forse senza scintillare fino a un pessimo giorno romano, quando un medico «mi spiegò che la pleurite di mio padre era un tumore diffuso, e gli restavano forse due mesi. Lo odiai, come Zeno odiava il medico di suo padre, quando dopo avermi dato brutalmente la notizia girò le spalle e si allontanò fischiettando».
Quelli che restano sono giorni di intimità fra padre e figlio in quella stanza di ospedale, in quel tempo sospeso dove il vecchio e l'adulto sussurrano, si tengono per mano, si pacificano. E quell'amore che era sempre andato dall'uno all'altro inciampando ora nella politica e ora nel biliardo, ora fluisce lieve e potente. Ma una notte il padre cambiò voce. Era più asciutta, ora, e imperiosa: «Tenente Camilleri. Tenente Camilleri!».
Andrea rimase confuso, e poi addolorato.
«Tenente Camilleri, si defili. Non vede che lì piovono pallottole? Si defili, le ho detto!».
Il padre riviveva una pagina della sua guerra. In quel momento era Lussu, e in suo figlio rivedeva se stesso.
«Si defili, tenente! Vuole dimostrarci di essere più coraggioso di noi, coglione di un siciliano?».
«Signorsì».
Quella risposta giusta rasserenò il padre, che si distese sul letto. Quando poi il figlio lo vide muovere con impaccio la mano verso il volto, capì che stava cercando di farsi il segno della croce. Lo aiutò. Poi fu congedato: «Ora esci».
«Ma papà...».
«Vai a fumarti una sigaretta, e torna dopo».
Camilleri obbedì all'ordine del tenente suo padre. Mentre fumava, sapeva che tornando nella stanza lo avrebbe trovato morto.
Celestino Tabasso
 
 

L'Unione Sarda, 11.5.2013
Lo scrittore agli studenti
«Misurarsi, ecco il senso della vita»

«Che cosa penso io di loro? Piuttosto voglio sapere io che cosa pensano di me. Ho bisogno di sentire le opinioni dei giovani su ciò che scrivo. Nel '58, quando misi in scena "Finale di partita" di Samuel Beckett, il critico Nicola Chiaromonte scrisse su "Il Mondo" tre colonne di recensione per lo spettacolo giudicandolo estremamente serio e impegnato. Della regia però, aggiunse, «non condivido quasi nulla» e punto per punto spiegò il suo dissenso. Sei anni più tardi, usai molte di quelle note per la versione televisiva dell'opera di Beckett. Oggi mancano i recensori seri dei miei romanzi, scrive troppo dicono, e così li ignorano».
Andrea Camilleri è uomo generoso e ironico, e giovedì, nel corso dell'incontro con gli studenti della facoltà di Studi Umanistici, che hanno commentato e recensito la sua opera nel seminario coordinato dal filologo Giuseppe Marci, e durante il quale è stato presentato il suo ultimo libro "La rivoluzione della Luna", ha raccontato molto di sé, della vita e del lavoro di scrittore. Nell'aula magna di Sa Duchessa, davanti a una platea affollatissima, ha dimostrato che il senso di una vita non è mai dato una volta per tutte, piuttosto consiste nel mettersi continuamente alla prova (la serie di Montalbano nasce da una sfida con se stesso), nel non demordere (dieci anni hanno impiegato i romanzi prima di uscire dal cassetto), che ognuno ha un talento e quello gli tocca seguire.
Per un certo periodo della sua vita Camilleri incontrava ogni sabato Niccolò Gallo, un critico letterario al quale, dopo un po', si decise a consegnare il manoscritto "Il corso delle cose". Quello non si fece vedere per due mesi. Se è per il romanzo, io chiamò un giorno lo scrittore siciliano, fai finta di non averlo ricevuto che tengo più alla nostra amicizia. Gallo, che nel frattempo il romanzo se l'era perso, aveva però annotato vari foglietti e alla fine gli aveva detto che, una volta per tutte, doveva decidersi: «O scrivi in italiano, o scrivi come stai cercando di scrivere». E Camilleri scelse, con buona pace di Sciascia che gli preconizzò l'oblio: «Non puoi scrivere così, non ti legge nessuno».
Ognuno deve fare ciò che sa fare, chiosa lo scrittore: «Io non mi faccio illusioni sulle mie capacità. So costruire belle, accoglienti e piacevolissime chiese di campagna, non ho mai avuto la pretesa di costruire un Duomo». Peccato, gli ha fatto eco il giornalista del Sole24 Stefano Salis, che ha coordinato il convegno, che l'intera produzione letteraria di Camilleri abbia contribuito a edificare «quel Duomo», e in particolare l'ultimo libro, dedicato a Eleonora de Moura, viceré della Sicilia, è un pinnacolo, Una delle sue opere migliori. Nel romanzo, che riassume le caratteristiche dell'opera di Camilleri, il singolare impasto linguistico di dialetto e italiano che la contraddistingue, raggiunge la sua massima libertà e naturalezza. Già Sergio Atzeni aveva detto che la lingua, più della memoria, è il posto della letteratura.
Franca Rita Porcu
 
 

La Nuova Sardegna, 11.5.2013
Camilleri: «Mio babbo salvato da Lussu»
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Il padre dello scrittore siciliano era tenente nella Brigata Sassari e il suo capitano gli evitò la morte durante un assalto

Cagliari. «Tenente Camilleri! Cosa fa? Si defili». Chi dà quell'ordine nei giorni della Grande Guerra fu Emilio Lussu comandante della Brigata Sassari.E così salvò la vita a un ufficiale siciliano. A raccontarlo dopo cento anni è il figlio, lo scrittore Andrea Camilleri. Rivela l'episodio, come in un coup de théâtre, al termine dell’appassionante lezione magistrale, ieri nell'aula magna del Rettorato, rigurgitante di pubblico accorso ad ascoltare le parole del letterato che seguono quelle della laudatio del docente Giuseppe Marci. E’ l’inizio della cerimonia che si concluderà con la consegna allo scrittore, da parte del rettore Giovanni Melis, della Laurea honoris causa in Lingue e letterature moderne europee e americane.
L'anedotto giunge alla fine di una avvincente analisi sul rapporto tra genitori e figli che ha visto lo scrittore concentrarsi tra Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Grazia Deledda e Italo Svevo. E' in questo contesto che emerge quel racconto. Dopo un rapporto contrastato come spesso sono quelli tra un genitore e un figlio, giunge il momento tra i due di dirsi tutto. Accade quando il padre di Camilleri sarà ricoverato per una grave malattia. Lo scrittore allora ultraquarantenne, decide di stargli accanto ogni sera.
Come quella notte. Verso l'alba «aveva aperto gli occhi e, alzatosi mi fissava. A voce alta gridava: "Tenente Camilleri, tenente Camilleri". Io non sapevo cosa rispondere. Continuò a chiamarmi con tono imperioso "Tenente Camilleri". Capii allora che stava rivivendo un momento di guerra e io ero lui. E lui era Lussu. "Signorsì" risposi. "Presto tenente si defili, non vede che è sotto tiro?". Indugiai. Ero commosso, emozionato. Allora lui insistette imperioso: "Si defiliii!".
Molti anni prima gli avevo domandato: "Babbo, ma tu quando andavi all'attacco non provavi paura?" E lui: "Certo! Ma con quella gente lì, se non ti dimostravi coraggioso…".
"Si defili", ripetè. Non sapevo più che cosa rispondere. Allora lui disse: "Si defili, gli ho detto, o vuole insegnarci il coraggio, coglione di un siciliano". "Signorsì”.
Prima di quella notte Camilleri come Zeno di Svevo sentì immediato il bisogno di stare accanto al padre. «Non potevo lasciare che se ne andasse senza avergli spiegato le ragioni di certe mie convinzioni che l'avevano profondamente addolorato. Ero l'unico figlio che aveva, e penso, di averlo deluso da ragazzo e nella prima giovinezza in tante aspettative. Voleva che andassi con lui alle partite di calcio. E io mi rifiutai. Voleva che lo accompagnassi a caccia, qualche volta ci andai ma poi smisi. Voleva insegnarmi a giocare a biliardo, ma non riuscì mai a farmi prendere in mano una stecca. L'amavo intensamente ma non mi piacevano le cose che faceva. Al contrario amavo molto i libri che leggeva. Non era un intellettuale ma un uomo di buone letture. Era stato fascista della prima ora, squadrista, ma non facinoroso, né settario (e infatti sugli ebrei disse che "quella della razza era una tragica buffonata per fare piacere a Hitler"). Fu negli ultimi mesi del ’42 che prese le distanze pubblicamente dal regime.
Su per giù nello stesso periodo io maturai segretamente la mia conversione al comunismo».
Adesso sentiva la necessità di un ultimo colloquio con lui che chiudesse il discorso. «Prendendoci per mano ci parlammo. A cuore aperto, sussurrando. Quasi una lunga confessione. Le parole ora scorrevano fra di noi, senza intoppi. Non ci fu una domanda che non ebbe una risposta». Ed è proprio in questo intimo racconto la chiave per comprendere le relazioni tra giovani e vecchi. Camilleri prende le mosse dal "Mastro Don Gesualdo" di Verga focalizzandosi sulla "roba", cioè il patrimonio accumulato che andrà disperso. Sono quelle linee di contrasto di tradizione rintracciabili anche in "L'incendio nell'oliveto" di Deledda in cui viene fuori la paura del nuovo. Lo scontro tra due mondi chiusi sulle proprie certezze, senza dialoghi che possano aprire spiragli.
E solo con il passare dei tempi questa lacerazione muta. Non sta più nell'avere ma nell'essere come in "I vecchi e i giovani" di Pirandello. Ma è proprio in "La coscienza di Zeno", nel quarto capitolo che si legge come questo conflitto sia collegato alla difficoltà di comunicare. Entrambi, dice Camilleri, hanno difficoltà a farlo perché non hanno la stessa età e non condividono le identiche esperienze. Il contatto può avvenire solo se c'è la volontà reciproca di aprire un dialogo. Rendendo omaggio alla memoria del padre, Camilleri ha dimostrato come la letteratura sia il racconto del mondo. Di quello che siamo stati e saremo.
Ed ecco gli ultimi attimi di quei momenti vissuti con il padre.
“Ricadde in un torpore quieto. Io invece ero profondamente scosso. Dopo un po’ vidi alzare la mano all'altezza del viso e credetti che volesse fare qualcosa che non gli riusciva. Pensando che gli dava fastidio il boccaglio dell'ossigeno, gli presi la mano, ma lui a fatica se la portò sulla fronte. Capii che si voleva fare il segno della croce. Aprì gli occhi, mi guardò. Aveva uno sguardo lucidissimo. "Vai via", mi disse, "vai via e torna dopo che ti sei fumato una sigaretta". Ubbidii. E quando, dopo aver fumato, andai verso la sua camera, sapevo che non l'avrei trovato più”.
Walter Porcedda
 
 

Corriere della Sera, 11.5.2013
Italians
Montalbano e la Regione Lazio

Caro Beppe, le chiedo aiuto per rispondere ad una domanda che mi assilla ed anche rende per me meno piacevole la visione dello “sceneggiato” (si chiama ancora cosi’?) di uno dei miei personaggi letterari preferiti: il Commissario Montalbano. E la domanda e’: perche’ mai la Regione Lazio dovrebbe devolvere parte delle sue (scarse e saccheggiate) risorse finanziarie per contribuire alla produzione di Montalbano? Veda i titoli di coda. La prego mi aiuti a capire. Grazie,
Antonio Pezzoni

A me lo chiede?
Beppe Severgnini
 
 

Il Sole 24 Ore, 12.5.2013
Il sogno del tenente Camilleri
Racconto sul padre dello scrittore siciliano: da una magistrale lezione su come Italo Svevo scrisse dei rapporti tra genitori e figli
Andrea Camilleri

Celebrazioni & libri
Il testo che pubblichiamo in questa pagina è uno stralcio della lectio magistralis «Riflessioni su un capitolo di Svevo» con la quale lo scrittore Andrea Camilleri ha ricevuto venerdì a Cagliari la Laurea honoris causa in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane (la laudatio è stata tenuta dal professor Giuseppe Marci). Sul nostro sito, da domani, il testo completo. Di Andrea Camilleri sono di prossima uscita due nuovi libri. Per l’editore Chiarelettere esce il 17 maggio “Come la penso. Alcune cose che ho dentro la testa” (pagg. 352, € 13,90), per Sellerio, a fine maggio, è prevista la nuova avventura del commissario Montalbano, “Un covo di vipere” (pagg. 304, € 14,00).
 
 

Globalist, 12.5.2013
Le donne emancipate di Andrea Camilleri
Lo scrittore all'ateneo di Cagliari, parlando della viceregina Eleonora di Mora, riconosce le capacità politiche delle donne: "Ma oggi non hanno potere".

In un sala gremitissima Andrea Camilleri dà lezione di emancipazione femminile. Nell'aula magna della facoltà di lettere di Cagliari il pubblico ascolta entusiasta il grande scrittore siciliano. Tanti gli applausi, soprattutto quando lo scrittore parla della condizione della donna tra passato e presente.
«Attenzione, attenzione! - avverte Andrea Camilleri quando gli viene rivolta la domanda se esista oggi una donna che abbia le stesse qualità di Eleonora - Che abbia le stesse caratteristiche di Eleonora, di equità, di giustizia e via dicendo, credo che ce ne siano tante, tantissime, moltissime. Che abbiano lo stesso potere di Eleonora credo che ce ne siano pochissime. Cioè sono qualità che non possono esprimersi».
Camilleri è realista, non attribuisce alcuna defaillance per quanto riguarda il comportamento delle donne, esse sono di fatto escluse, dagli uomini, dal potere politico ed amministrativo e chi tenta di cambiare e sovvertire questa situazione viene di fatto punita e allontanata dalle sale del potere, come accaduto più di quattrocento anni fa alla stessa Eleonora di Mora, la protagonista del romanzo "La rivoluzione della luna". Tutte le azioni e decisioni politiche che sono state attuate in merito all'inclusione della donna nell'amministrazione del paese sono di fatto ridicole e inutili, perché le qualità delle donne, spiega Camilleri : «vengono soffocate da cose ridicole come le quote rosa per esempio, che a me fa impressione. Sono delle cose che a me personalmente mandano in bestia, perdonatemi. Come la cosiddetta festa della donna. Facciamo la festa dell'Aria. Facciamo la festa dell'Altro. Facciamo la festa di Noi. Perché la festa della donna? Dov'è la differenza? Vabbè c'è una differenza se Dio vuole. Però in realtà, in realtà sono sempre discriminazioni, anche nel mito delle quota rosa».
Le donne non conoscono il proprio retaggio storico. Ci sono state figure femminili importanti nel corso della storia, donne che sono riuscite a fare la differenza e che potrebbero essere fonte di ispirazione e di immedesimazione, così come da sempre accade per gli uomini, per tutte le altre donne. È Camilleri a chiarirne il motivo:« Mi spiegate perché, per quale cavolo di motivo i signori storici, ma proprio quelli con la S maiuscola, non si occupano di un fenomeno così incredibile, come quello accaduto alla fine del seicento, di una donna che abbia raggiunto un potere amministrativo assoluto in Europa? Va bene lo fa per 28 giorni, ma lo fa! Il fenomeno succede, avviene. Fa delle cose straordinarie. Com'è che nei libri di storia siciliana non compare neppure? Non compare perché gli storici sono di sesso maschile, mi viene voglia di dire. Perché altrimenti è una figura le cui opere andrebbero studiate in qualche modo. Io ho scritto questo romanzo quando per caso ho scoperto in un libro questo personaggio».
Il problema della condizione femminile è un fenomeno culturale. La donna non riesce ancora ad emanciparsi perché sono tanti i muri contro cui si scontra, tante le forze che ostacolano il suo cammino verso la parità tra i due sessi, tra cui anche il potere della chiesa. «Pensate al fatto che il vicerè era anche legato pontificio, fatto di cui automaticamente si serviranno per farla destituire. Si serviranno di questo espediente perché troppo danno sta facendo Donna Eleonora - ha continuato con grande fervore Andrea Camilleri - con la sua onestà con il suo rigore, con il suo essere una persona per bene.
Una donna che ha una grande passione politica e che capisce gli altri, che va incontro agli altri, che usa il suo potere non per se ma per gli altri. Ecco è questo, sembra un romanzo contemporaneo. Ma a me interessa per questo - e ci tiene a precisare - Quando io scrivo un romanzo storico non mi interessa citare l'episodio o svilupparlo perché è un fatto curioso, ma scrivo in quanto possa spingere sui tempi nostri.
Per esempio tutti i miei romanzi post-unitari non sono mica una critica all'unità d'Italia, che è un processo irreversibile, giusto, sacrosanto, ma ai modi in cui l'unità venne fatta. Perché altrimenti farei dei santini, scriverei delle agiografie. Invece no! Mi interessa trovare nella storia quei momenti, quelle situazioni, quei personaggi, il cui modo di agire, le cui condizioni in cui vissero, possano essere raccontate in qualche modo al presente e il lettore ne possa trarre le sue conclusioni».
Chissà quante grandi figure di donna si sono perse nei vicoli ciechi della storia, dimenticate volontariamente o per semplice disattenzione da quegli storici con la S maiuscola di cui parla Camilleri. Una femminista degli anni '70 affermò che «è necessario riscrivere la storia come se le donne contassero». Grazie ad Andrea Camilleri, ai suoi studi e ai suoi libri scopriamo invece che la donna la storia l'ha fatta, che ha fatto la differenza. È quindi necessario riscoprire queste donne e dare loro il posto che meritano nei libri di storia.
Sabina Sestu
 
 

La Stampa, 12.5.2013
La finestra sul niente. Montalbano una forza tranquilla

Dopo un poker di ascolti come quello ottenuto dall'ultima serie di Montalbano (da un gia' notevole 34 fino al trionfale 38 della finale, record assoluto dei suoi 14 anni in tv) bisognera' pur chiedersi la ragione di tanto successo. Conta probabilmente la simpatia rassicurante di Camilleri che stavolta introduceva gli episodi in un siparietto iniziale; conta l'aura che ormai circonda il personaggio, «Montalbano sono» equivale a un nostrano «Bond, James Bond». Conta certo il fascino di Luca Zingaretti che insieme al personaggio e' invecchiato benissimo, fisico solido e barba sapientemente incolta, icona sexy per gay e signore. Conta la professionalita' del prodotto, i dialoghi ben fatti e una squadra di attori che ormai si conoscono a memoria e recitano in totale souplesse. Ma l'elemento decisivo, credo, e' che la serie si propone come un miracolo di conciliazione degli opposti. A partire dall'ambientazione siciliana che non nasconde le brutture urbanistiche e le ferite mafiose ma le felpa in un esotismo da favola, tra chiese barocche, fichidindia e terrazze mozzafiato, auto sventrate su spiagge dai colori caraibici. Montalbano e' un insieme risolto di contraddizioni: spirito trasgressivo e tendenzialmente anarchico ma devoto al dovere, un progressista che crede nelle buone cose di una volta, abitudinario e insubordinato, sessualmente fedele ma refrattario al matrimonio, paterno e infantile. La lingua si intinge nel dialetto ma senza esagerare, limitandosi ai ben noti «taliare», «ammucciare», «catafottersi» , «addunare» eccetera; il sesso non si nega qualche friccico (perfino un sospetto di lesbismo) pur restando nei limiti della decenza. La costruzione stessa del plot tiene insieme le diverse declinazioni del giallo tradizionale: c'e' il colore locale alla Agatha Christie, ci sono gli interrogatori sornioni del tenente Colombo, una sfumatura di giallo sociale e il rigore logico-deduttivo di Nero Wolfe. Il realismo e' mitigato dalle regole del «genere». Camilleri ormai gioca con le sue trame come il gatto col topo: prende lo stereotipo della testimone chiacchierona e le affibbia una mansione inedita come quella di consigliera per la raccolta differenziata. E' perfetto per l'attuale parodistico clima di pacificazione; il suo pubblico puo' essere sia il buon borghese conservatore, che si compiace di un'evasione perbene, sia (e forse soprattutto) lo scontento di sinistra che proietta su di lui quel che sperava potesse essere il governo - secondo una felice formula mitterandiana infelicemente ripresa da Bersani, Montalbano e' «una forza tranquilla».
Walter Siti
 
 

Rai Premium, 12.5.2013
Fiction Magazine
Cliccare per vedere la trasmissione

Focus su Il Commissario Montalbano e Un medico in famiglia a Fiction Magazine, domenica 12 maggio alle 10.05 e, in replica, alle 19.35 su Rai Premium.
Con l'attrice Dajana Roncione, ospite della puntata, primo piano su Una lama di luce, l'ultimo film della serie con Luca Zingaretti che ha registrato un record di ascolti. In studio con Arianna Ciampoli anche Paolo Conticini, nel cast di Un medico in famiglia 8.
Sempre in tema Montalbano, la troupe del Fiction Magazine ha documentato un'importante serata di solidarietà che si è svolta domenica 5 maggio all'Auditorium di Roma con la proiezione in anteprima di Una lama di luce. Il ricavato degli incassi è stato destinato alla famiglia del brigadiere Giuseppe Giangrande, gravemente ferito nella sparatoria del 28 aprile davanti a palazzo Chigi. Tra gli intervistati, Andrea Camilleri.
[…]
 
 

ANSA, 12.5.2013
Montalbano riparte dai record e tornano i vecchi episodi

Il Commissario Montalbano incassa il record e torna al passato. Forte dello straordinario successo dell’ultima serie che ha fatto registrare gli ascolti più alti di sempre nei suoi 14 anni di programmazione (quasi 11 milioni di spettatori e uno share superiore al 38%), ritorna da lunedì sera su Rai 1 Il Commissario Montalbano con la riproposizione di quattro episodi – dei 26 di cui si compone – dalla collection movie di maggior successo della televisione italiana. Quattro grandi classici per gli appassionati del personaggio di Andrea Camilleri. Lunedì 13 maggio l’appuntamento è con “La gita a Tindari”, poi mercoledì 15 maggio sarà la volta de “Il senso del tatto”; lunedì 20 maggio “Il gioco delle tre carte” e infine lunedì 27 maggio “La vampa d’agosto”. Con la messa in onda di questi quattro film, sono 111 – da maggio 1999 – le prime serate Rai dedicate al Commissario Montalbano
 
 

L’Unione Sarda, 12.5.2013
Dall’Università di Chicago a Cagliari, come visiting professor
«L’Italia è il paese più colto ma il meno originale»
Paolo Cherchi, la leggerezza dell’erudizione

Altri si sarebbero dati arie, ad avere per vicini di casa sei premi Nobel. Lui no. Condividere per venticinque anni l’ascensore con Bellow, Friedman, Stigler, Chandrasekhar, Cronin e Huggins, gli è servito per esaltare quella modestia che gli appartiene da sempre. Oschirese, settantasei anni appena compiuti, fratello di Placido, antropologo, Paolo Cherchi dalla Sardegna è andato via una cinquantina d’anni fa, per intraprendere a Chicago una carriera che lo ha portato a diventare uno dei filologi e storici della letteratura più noti a livello internazionale.
[…]
Come sta la Letteratura Italiana negli Usa?
«Si legge, alcuni autori sono molto apprezzati. Su tutti Calvino, Svevo, Pirandello. Camilleri? Difficile da tradurre».
[…]
Maria Paola Masala
 
 

Il Sole 24 Ore, 13.5.2013
Il sogno del tenente Camilleri
Riflessioni su un capitolo di Svevo

Penso che si possa identificare in "Mastro don Gesualdo" di Verga l'esemplare testa di serie di un filone narrativo non marginale della nostra letteratura, quello cioè che s'incentra essenzialmente sui rapporti complessi e problematici tra padri e figli, o, più estesamente, sull'inevitabile contrasto generazionale tra vecchi e giovani. Mastro don Gesualdo, vissuto nel mito della "roba" che ha accumulato e gelosamente amato, muore consapevole che tutto il frutto del suo lavoro andrà disperso convinto com'è dell'assenza di un erede che dimostri le sue stesse doti, che sia alla sua altezza. Su questa linea, ma con una sorta di prospettiva inversa, "L'incendio nell'uliveto" della Deledda racconta l'impossibilità del rifiuto d'obbedienza ai genitori, alla tradizione, alle incrostazioni d'usi, costumi e abitudini. E vorrei ricordare anche il Tozzi di "Con gli occhi chiusi" e de "Il podere", dove il contrasto assume toni di cupa, oppressiva, angosciosa drammaticità. L'elenco potrebbe continuare, ma mi fermo qui.
Certo, le variazioni sul tema sono molte. Non sempre il contrasto avviene tra un figlio e il padre-padrone, tanto per citare il libro di Ledda che qui cade proprio a taglio, ma può manifestarsi con una figura sostitutiva del pater familias, del dominus, quale un nonno, un tutore, o addirittura la figura materna. Ma comun denominatore di tutte queste opere che ho citato è il movente del contrasto, consistente in quella che Verga chiama "la roba", la proprietà. La lacerazione è provocata da questa situazione semplice ed essenziale: colui che ha accumulato la roba con grandi sacrifici e accorte operazioni, nutre il timore, più o meno giustificato, che colui che l'erediterà non sarà in grado non solo di aumentarla ma addirittura di mantenerla così come l'ha ricevuta, vuoi per incapacità personale vuoi perché manifesta idee innovatrici che appaiono rischiose in quanto completamente al di fuori dalla tradizione e dalla consuetudine famigliare. Insomma, alla paura del nuovo, considerato come un avventato salto nel buio, fa da controcanto l'insofferenza verso le vecchie regole ammuffite. Si tratta dello scontro tra due mondi chiusi nelle loro rocciose certezze con l'aggravante che i due mondi non sentono la necessità di un dialogo che possa aprire qualche spiraglio.
Assai meno ricco, ma di certo più stimolante, appare essere il filone narrativo dove il punto di frizione generazionale non è rappresentato dalla concretezza della roba verghiana, ma è costituito dal contrasto d'idee e di ideali, di sentimenti, di convincimenti, di modi d'intendere il mondo e la vita. La lacerazione quindi non avviene più sull'avere, ma sull'essere. Parlerò solo di due romanzi che si muovono su questa linea."I vecchi e i giovani" è il titolo emblematico del romanzo di Pirandello che, pubblicato a cinquanta anni dalla proclamazione dell'Unità d'Italia, si presenta come il vasto e corale racconto delle illusioni politico-sociali coltivate e perdute nel corso appunto del cinquantennio. Qui il tema del contrasto generazionale esce dall'ambito famigliare e investe tutta quanta la società e la politica italiane. I "vecchi" sono coloro che hanno creduto nell'Unità e anche coloro che l'hanno combattuta, uniti in un certo senso da opposti ideali andati comunque a finire nel nulla e che adesso si chiudono in uno sdegnoso isolamento o si adattano ai tempi e, senza più illusioni, cercano di trarne il maggior vantaggio possibile. I "giovani" sono invece coloro che non hanno perduto la fede nell'Unità e credono nel socialismo che riscatterà il sud dalla miseria. Ma anch'essi sono inevitabilmente destinati ad amare e cocenti sconfitte.
Parlando di Pirandello però non posso esimermi, considerato l'argomento che sto trattando, dall'abbandonare la sua letteratura e accennare brevemente alla sua biografia. Fortissimi, determinanti e condizionanti sono stati in lui, prima come uomo e poi come scrittore, il senso della casualità del nascere che ti costringe a un involontario soggiorno sulla terra e il profondo disagio dell'esser figlio. Scrive:
"Si nasce alla vita in tanti modi, in tante forme, albero o sasso, acqua o farfalla…o donna, e per una volta sola, e in quella data forma, unica, perché mai due forme non erano uguali, e così per poco tempo, per un giorno solo talvolta, e in un piccolissimo spazio, avendo tutt'intorno, ignoto, l'enorme mondo, l'impenetrabilità dell'esistenza. Formichetta si nasce, moscerino, e filo d'erba"… E ancora: "So io che sforzi faccio in certi momenti a tenermi ritto su due zampe soltanto. A lasciar fare alla natura saremmo tutti, per inclinazione, quadrupedi"…
La favola del figlio cambiato che da bambino gli raccontava la cameriera Marietta, per Luigi, crescendo, diventò sempre meno una favola e divenne quasi una certezza. La sofferenza della non appartenenza era in lui acutissima, la figura del padre ogni giorno gli appariva sempre più estranea. E il padre Stefano, garibaldino, uomo concreto, commerciante, pronto a menar le mani, talvolta coinvolto in sparatorie, guardava il figlio con tanti grilli in testa come un essere di un altro mondo. Tra loro due il rapporto era costituito da silenzi rancorosi. Fino al giorno nel quale Luigi, poco più che adolescente, sorprese il padre a colloquio con la sua amante e non esitò a sputargli in faccia. Ma tanti e tanti anni dopo, quando la situazione si era rovesciata e Stefano non era più il pater familias autoritario e temuto ma un povero vecchio malato, Luigi volle che venisse a trascorrere gli ultimi anni a Roma, a casa sua. Cominciò a passare parte del suo tempo libero con lui, a discorrere dei tempi andati. E quando doveva allontanarsi da Roma pregava i suoi giovani amici Alvaro e Bontempelli di andarlo a trovare spesso, di giocare a carte con lui e di farlo vincere. Sicchè quella famosa battuta che Pirandello, nel 1921, fa pronunziare al personaggio del Padre nei "Sei personaggi in cerca d'autore", dove si dice dell'ingiusta condanna di restare per sempre agganciati a un gesto sbagliato, sembra essere in realtà una ritrattazione, un ripensamento dello stesso Pirandello sull'atteggiamento tenuto in gioventù nei confronti del proprio padre. Il secondo romanzo è "La coscienza di Zeno" di Italo Svevo. Esso, come si sa, percorre cinque nuclei narrativi, dei quali il secondo s'incentra sui rapporti di Zeno col padre e culmina nel capitolo quarto, intitolato "La morte di mio padre" sul quale vorrei soffermarmi. Ricordando però che il romanzo finge d'essere un'autobiografia che Zeno, ormai vecchio, scrive a scopo di terapia psicoanalitica. Quindi noi lettori saremo costretti a vedere la figura del padre solo ed esclusivamente attraverso lo sguardo, parziale e certamente non oggettivo, del figlio. Emerge subito, fin dalle prime righe del capitolo, che tra i due c'è stata sempre un'incapacità di comunicazione che ha portato rapidamente a una reciproca diffidenza. Il padre un giorno non ha esitato ad affermare che Zeno è una delle persone che lo inquietano di più. E siccome Zeno, come al solito, ha riso alle parole del padre, questi si è spinto oltre, definendolo un pazzo. Ebbene, per tutta risposta, Zeno si sottopone alla visita di uno specialista e poi sbandiera al padre il documento che lo dichiara del tutto sano di mente. Alla vista di quel documento, il padre si convincerà sempre di più che il figlio è proprio un pazzo. Ma perché Zeno reagisce ridendo alle parole del padre? Egli è convinto che il padre non abbia nulla da insegnargli, ma il suo riso non è di sufficienza, è un modo di eludere una qualsiasi forma di dialogo. Zeno ride in quanto figlio, dato che è praticamente impossibile essere contemporaneo alle idee, ai sentimenti, alla visione del mondo del proprio figlio perché esse rappresentano il presente. Si possono tutt'al più capirle, giustificarle, accettarle, ma per condividerle in assoluto occorrerebbe avere la loro stessa età e aver vissuto la sua stessa esperienza esistenziale. Dal canto loro, i figli ritengono ciecamente d'esser dalla parte della ragione perché credono di poter giudicare i padri in quanto possessori del consuntivo, della summa, dell'elenco quasi esaustivo dei magri numeri positivi e dei troppi, inevitabili, numeri negativi di chi li generò. Ma quell'elenco che hanno in mano è solo un susseguirsi di fatti, di accadimenti, di manifestazioni esteriori. Impossibile che da quell'elenco si possano scoprire le celate motivazioni, i segreti propositi, le profonde intenzioni. Occorrerebbe, appunto, che i figli fossero contemporanei dei loro padri. Eppure non c'è dubbio che Zeno e suo padre siano legati da un sincero amore reciproco. La difficoltà è tutta nel comunicarselo, al di là dei rituali come il bacio della sera. Zeno, al riguardo, pensa che il suo sia un affetto particolare che gli impedisca d'intendere tante cose del suo genitore. Ma non dice quali siano queste tante cose. La domanda che sorge spontanea nel lettore allora è se l'impedimento non sia dovuto non tanto a una particolare forma d'affetto quanto piuttosto all'inconscia volontà, o incapacità, di non voler vedere l'uomo, coi suoi problemi e le sue angosce, celato sotto l'immagine corazzata del pater familias. Quando Zeno apprende dell'imminente morte del padre, che è del tutto ignaro della gravità della sua condizione, egli si reca a casa sua e non lo lascia più, allontanandosi brevemente solo in rare occasioni, in un disperato bisogno di comunicare infine con lui e anche di fargli capire tutta l'intensità, la portata del suo amore filiale. Una sera capita che, avendo incontrato un amico, Zeno tardi a rientrare. Al suo arrivo, Maria, la cameriera gli dice che il padre ha chiesto più volte di lui e che non ha voluto cenare da solo, preferendo aspettarlo. Zeno si scusa e siede a tavola spiegando il motivo del ritardo: un suo amico gli aveva fatto far tardi per spiegargli certe sue idee sull'origine del Cristianesimo. Così padre e figlio si trovano a parlare di religione, anche se da posizioni opposte. Alla fine della cena però il padre dice qualcosa mai detta prima. Lascio la parola a Svevo. "-Peccato che sei venuto tanto tardi. Prima ero meno stanco e avrei saputo dirti molte cose. Pensai che volesse ancora seccarmi perché ero venuto tardi e gli proposi di lasciare quella discussione per il giorno dopo. -Non si tratta di una discussione-rispose egli trasognato-ma di tutt'altra cosa. Una cosa che non si può discutere e che saprai anche tu non appena te l'avrò detta. Ma il difficile è dirla. //Giunto accanto a me, chinò la testa per offrirmi la sua guancia al bacio di ogni sera. Vedendolo muoversi così malsicuro ebbi di nuovo il dubbio che stesse male e glielo domandai. // Egli mi confermò ch'era stanco ma non malato. Poi soggiunse: -Adesso penserò alle parole che ti dirò domani". Ma quelle parole Zeno non le sentirà mai. Nella stessa notte il padre cadrà nell'incoscienza. E Zeno, disperato, commenterà:" la parola che aveva tanto cercata per consegnarmela gli era sfuggita per sempre". Da quel momento nella coscienza di Zeno si scatenano violenti sentimenti contrastanti.
Comincia a odiare il medico che ha in cura il padre, teme che i metodi da questi usati ne aggravino la malattia, e forse ha ragione, ma le sue insensate ribellioni sono velleitarie, non sfociano in nessun atto pratico. L'unica novità è l'arrivo di un robusto infermiere perché il padre, pur essendo incapace d'intendere, non fa che alzarsi continuamente dal letto, sedersi in poltrona e viceversa, senza mai trovare requie, mentre il dottore vorrebbe che il malato se ne stesse per tutto il tempo coricato. Zeno arriva ad augurarsi che muoia nel sonno e subito appresso di questo pensiero si pente con orrore. Non lo sfiora nemmeno per un istante il dubbio che possa trattarsi di un impulso d'estrema pietas.
Finchè un giorno, per impedire al padre d'alzarsi, Zeno lo spinge giù premendogli una mano sulla spalla, "mentre a voce alta e imperiosa gli comandavo di non muoversi. Per un breve istante, terrorizzato, egli obbedì. Poi esclamò: -Muoio!
E si rizzò. A mia volta, subito spaventato dal suo grido, , rallentai la pressione della mia mano. Sicchè egli potè sedere sulla sponda del letto proprio di faccia a me. Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto // e la lasciò cadere sulla mia guancia. Poi scivolò sul letto e di là sul pavimento. Morto!"
Dunque la parola non detta tra padre e figlio viene sostituita da un gesto di completa rottura come uno schiaffo. Eppure col trascorrere degli anni, come noterà il vecchio Zeno, quello schiaffo sul momento considerato come un'aspra e immeritata punizione, acquisterà un'altra valenza: "…il ricordo di mio padre s'accompagnò a me , divenendo sempre più dolce. Fu come un sogno delizioso: eravamo entrambi perfettamente d'accordo, io divenuto il più debole e lui il più forte".
Conclusione consolatoria che, sinceramente, non mi trova per niente d'accordo: la volontaria regressione del figlio è un'abdicazione dal ruolo, è riproporre ancora un rapporto di forza che oppone un più debole a un più forte e non può risolversi che in un solo modo.
Se mi sono soffermato su questo capitolo di Svevo è perché esso, per le poche analogie e le tantissime diversità, mi mette comunque in condizioni di passare all'autobiografia, genere nel quale mi muovo con molto personale disagio.
Quando il medico della clinica romana, dove papà era stato ricoverato per quella che credevamo una pleurite, mi comunicò con una franchezza che poteva anche dirsi brutalità che non si trattava di pleurite ma di tumore diffuso e che al malato restavano sì e no due mesi di vita, allontanandosi poi fischiettando, io, alla pari di Zeno, lo odiai. E, sempre come Zeno, sentii l'assoluta necessità di trascorrere tutto il tempo che potevo con mio padre. Avevo quarantadue anni, una famiglia, un lavoro che m'occupava tutta la giornata. Così con mamma stabilimmo che lei sarebbe andata in clinica durante il giorno, mentre io vi avrei trascorso le sere e le notti.
Sono più che certo che papà si fosse reso subito conto della natura e della gravità del suo male, tant'è vero che non domandò mai a noi né di cosa fosse malato né l'andamento della sua malattia. Forse aveva convinto il medico a dirgli la verità. E quindi ci aveva tolto dall'imbarazzo di mentire. Era sempre stato un uomo coraggioso, in guerra e in pace, guadagnandosi tra l'altro una medaglia al valor civile per aver salvato alcuni pescatori da morte certa.
Non potevo lasciare che se ne andasse senza avergli spiegato le ragioni di certe mie convinzioni che l'avevano addolorato. Ero l'unico figlio che aveva e penso di averlo sempre deluso, da ragazzo e nella prima giovinezza, in tante sue piccole aspettative. Voleva che andassi con lui alle partite di calcio e io mi rifiutavo fermamente, voleva che l'accompagnassi a caccia e io qualche volta acconsentii ma poi smisi, voleva insegnarmi a giocare al biliardo ma non riuscì a farmi prendere in mano la stecca. L'amavo intensamente, ma non mi piaceva la maggior parte delle cose che faceva. Di lui mi piacevano invece, e tanto, i libri che leggeva. Era uomo d'eccellenti letture, pur non essendo un intellettuale.
Era stato un fascista della prima ora, uno squadrista, ma non era né facinoroso né settario. Una mattina del 1938, un mio compagno di classe ci disse che non poteva più venire a scuola perché ebreo e io, a mezzogiorno, a tavola, domandai una spiegazione a papà. Strinse i pugni e, rosso di rabbia, cominciò a dirmi che tra noi e gli ebrei non c'era nessuna differenza, che la faccenda della razza inferiore era una baggianata, ch'era tutta una tragica buffonata per far contento Hitler…
Fu negli ultimi mesi del '42, sotto l'infuriare dei bombardamenti, che in lui si spense la fede nel fascismo. Lo dichiarò pubblicamente e venne deferito all'Ufficio Disciplina del Partito con la proposta d'espulsione. Suppergiù nello stesso periodo io maturavo segretamente la mia conversione al comunismo. Ma questo, nell'immediato dopoguerra che da noi iniziò dal settembre 1943, segnò l'inizio del nostro profondo attrito. Subito ci trovammo su sponde opposte: papà monarchico e liberale, come del resto tutta la piccola borghesia del mio paese, io comunista e repubblicano. Non mi perdonava la scelta politica, non riusciva a darsene pace. Quando rincasavo dopo una manifestazione di partito e mi mettevo a tavola, lui qualche volta si alzava e se ne andava. Al tempo del referendum tra monarchia e repubblica, nel '46, per settimane non scambiammo una parola. Un giorno sentii che si lamentava con mamma: "Cosa ho fatto di male nella vita per avere un figlio comunista?" Se parlavamo di politica, subito la conversazione degenerava in discussione più o meno rabbiosa. Ma tutto questo non inficiava l'amore che sentivamo d'avere l'uno per l'altro. Me ne andai via dalla mia famiglia nel '49 e i miei genitori non solo non mi ostacolarono ma anzi si svenarono per aiutarmi a trovare la mia strada. E poi, quando papà era andato in pensione, si erano trasferiti a Roma per stare vicino a me e alla mia famiglia. E ora sentivo la necessità assoluta di un ultimo colloquio con lui, che chiudesse il discorso interrotto dalla mia partenza.
E così, notte dietro notte, talvolta prendendoci per mano, ci parlammo a cuore aperto, sussurrando, quasi in una lunga confessione. Le parole adesso scorrevano tra di noi senza intoppi, senza reticenze. Non ci fu una domanda che non ricevesse risposta. Come in Svevo, l'occasione di parlare di religione ci venne data da una terza persona, un prete, ch'era venuto a domandare a papà se volesse confessarsi. Papà aveva risposto di no e quello aveva insistito facendogli notare che presto avrebbe dovuto rendere conto a Dio…Pàpà aveva ribattuto che conosceva benissimo la sua situazione. La sera dopo aveva raccontato l'episodio a una suorina in procinto di partire come missionaria e quella gli aveva risposto che non c'era bisogno di confessarsi, bastava un segno di Croce per mettersi in regola con Dio.
In quelle notti ci riconoscemmo l'un l'altro, da pari a pari, come se non fossimo più padre e figlio. Finalmente pacificati in quel tempo sospeso. E quando finimmo di parlare di noi due, volle che gli raccontassi qualcosa.
E io cominciai a narrargli una storia alla quale avevo iniziato a pensare proprio lì, una notte che lui dormiva e io no. Alla fine, dopo una settimana, si fece giurare che l'avrei scritta così come gliel'avevo raccontata. Ho tenuto fede alla parola, così è nato il mio primo romanzo, "Il corso delle cose". Poi, come in Svevo, poco prima che morisse, capitò un episodio sconvolgente. Devo fare una premessa. Papà aveva combattuto durante la Prima Guerra nelle fila della Brigata Sassari, a lungo era stato agli ordini di Emilio Lussu verso il quale nutriva un'autentica venerazione.
Verso l'alba, dopo una notte estremamente inquieta, vidi che aveva aperto gli occhi, si era alzato a mezzo e mi fissava. D'un tratto mi chiamò, a voce alta, ma che non era la sua: "Tenente Camilleri! Tenente Camilleri!" Rimasi in silenzio, non sapevo cosa rispondere. Allora visibilmente si alterò, tornò a chiamarmi con voce più imperiosa:"Tenente Camilleri!" Avevo capito che stava rivivendo un momento di guerra e che io ero lui. E che lui era Lussu. "Signorsì"-risposi."Presto, tenente! Si defili! Non vede che è sotto tiro?" Indugiai a rispondere, ero commosso, emozionato. Allora lui insistè: "Si defili, le ho detto! O vuole insegnarci il coraggio, coglione di un siciliano?" Molti anni prima gli avevo domandato: "Ma non provavi paura quando andavi all'attacco?" E lui: "Certo. Ma con quella gente lì, se non ti dimostravi coraggioso come loro"…"Si defili!"-ripetè."Signorsì"-risposi. Si quietò di colpo, ricadde giù, in un torpore quieto. Io invece ero profondamente sconvolto. Dopo un po' vidi che aveva portato la mano all'altezza del viso e voleva fare qualcosa che non gli riusciva. Credendo che gli desse fastidio il boccaglio dell'ossigeno, gli presi la mano. Ma lui, a fatica, me la guidò verso la sua fronte. Capii che voleva farsi il segno della Croce e l'aiutai. Aprì gli occhi, aveva uno sguardo lucidissimo. "Vai via"-mi disse. "Ma papà"…"Vai via e torna dopo che ti sei fumato una sigaretta". Anche in Svevo c'è un'ultima sigaretta. Ubbidii e quando, dopo aver fumato, m'avviai verso la sua camera, sapevo che non l'avrei trovato più in vita.
Andrea Camilleri
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 13.5.2013
Il commissario Montalbano, a casa di suo «papà» Andrea Camilleri: l’intervista

Impossibile immaginare di dargli del tu. Per la verità nemmeno il lei sembra sufficiente. Ripensando al suo stile verrebbe da dargli del «vossia». E poi, come lo si può chiamare?
«Maestro»? «Professore»? «Andrea. All’anagrafe sono stato regolarmente chiamato Andrea» si schermisce lui. Andrea Camilleri entra nel suo studio rivestito da migliaia di libri con un pacchetto di sigarette in mano e chiede un bicchiere d’acqua. Nel corso di questa intervista, il bicchiere si svuoterà sorso dopo sorso e il posacenere si riempirà di mozziconi di sigarette. Spente a metà.
Ha visto che risultati straordinari il suo Commissario Montalbano in tv?
«Certo e sono sorpreso. Il prodotto è ottimo, ma mi pare ci sia un consenso che va oltre. Credo che in tv si stia verificando ciò che è accaduto all’inizio con i romanzi: i lettori si affezionarono al personaggio perché faceva loro simpatia».
Come l’ha inventato?
«Il modello era Maigret. Sono stato il produttore della famosa serie televisiva con Gino Cervi e, seguendo da vicino lo sceneggiatore Diego Fabbri, imparai la tecnica del romanzo poliziesco. Nello scegliere il mio protagonista ho dovuto evitare il poliziotto privato, perché da noi non si possono occupare di omicidi. Quindi mi rimanevano un ufficiale dei Carabinieri o un commissario».
Perché ha scelto quest’ultimo?
«Perché i Carabinieri sono militari e devono rispettare alcune regole, mentre il mio personaggio non sarebbe stato così ortodosso. E poi si poneva un problema».
Quale?
«Distinguerlo da Maigret: se Maigret era sposato, il mio commissario non avrebbe mai preso moglie. Se Maigret non invecchiava, per Montalbano gli anni sarebbero passati. E così scrissi il primo romanzo con Salvo: “La forma dell’acqua”, ma mi sembrava di non averlo definito bene. Allora arrivò “Il cane di terracotta”. E ritenni conclusa la storia. Non pensavo di farne una serie».
E invece?
«Mi telefonò Elvira Sellerio e disse: “Quando me lo dai un altro Montalbano?”. I risultati delle vendite avevano qualcosa di miracoloso. E allora iniziai una scommessa che dura tuttora: il rischio è la ripetitività. Ogni volta devi “sfrucugliarti” il cervello per trovare situazioni nuove».
Come è cambiato Montalbano dal ’94, anno del primo romanzo, a oggi?
«È invecchiato. Lui è del 1950, quindi avrebbe 63 anni. E come tutti quelli che sono vicini alla pensione inizia ad avere il malumore del futuro».
Non solo, sembra sempre più sensibile al fascino femminile…
«Vero, come tutti gli uomini a quella età spara le sue ultime cartucce… Mentre prima era severissimo con se stesso».
Lo sa che questo ha infastidito molti fan, soprattutto donne?
«Lo so. Ma insomma, un piccolo corno a Livia se lo potrà pure permettere!».
Fosse solo uno…
«Le dico un segreto. Da quando scrivo un romanzo a quando viene pubblicato passano circa quattro anni. E nel frattempo io continuo a scrivere. Quindi i film che si vedono in tv non sono scritti di seguito. Il caso ha voluto che ci fossero più tradimenti in questo ultimo ciclo. Pensi che in “Una lama di luce” Salvo pensa addirittura di lasciare Livia, ma nella versione televisiva questa parte è stata eliminata, per non esagerare».
Anche Luca Zingaretti ha detto che il Montalbano fimminaro non gli piace tanto. Terrà presente queste proteste per i suoi prossimi romanzi?
«Nell’ultima puntata accade un fatto che legherà Salvo ancora di più a Livia. Quindi finiranno tutte le sue avventure».
Quando ha saputo che sarebbe stato Zingaretti a interpretare Montalbano cosa ha pensato?
«La prima sensazione fu negativa. Luca è pelato, Salvo è pieno di capelli. Luca era più giovane, non aveva il fisico del ruolo… ma mi sono dovuto ricredere perché è un attore talmente straordinario da averlo reso subito credibile».
Cosa ha di lei Montalbano?
«Nulla. C’è invece moltissimo di mio padre. Un certo modo di trattare le persone, la lealtà, la battuta spiritosa».
In 20 anni le è mai venuto a noia?
«No. Il momento in cui dovesse accadere, smetto. E la serie finisce».
Ha in mente come accadrà?
«Ho già scritto la fine. Mi è venuta una buona idea quando avevo 80 anni, quasi 8 anni fa, e siccome a quell’età l’Alzheimer è dietro l’angolo, ho preferito scriverla».
Può raccontarci come sarà?
«Non muore, né va in pensione. Le racconto un aneddoto. Anni fa ero a Parigi con Manuel Vázquez Montalbán, in onore del quale ho chiamato Montalbano il mio Salvo, e Jean-Claude Izzo, autore del Commissario Fabio Montale. Izzo disse: “Il mio commissario lo faccio ferire gravemente e lo lascio alla deriva su una barca in mezzo al mare”. Montalbán raccontò la morte barocca che aveva pensato per il suo Pepe Carvalho. In quel momento squillò il telefono e quando tornai avevano cambiato argomento. Fu una fortuna: Izzo morì l’anno dopo, Montalbán due anni dopo. E io col cavolo che parlai della fine di Montalbano!».
Ma Salvo le è mai stato antipatico?
«Come no! Quando ha degli scrupoli di coscienza e parla con se stesso. Mi sembra ipocrita. Ma lo siamo un po’ tutti».
Lei ha un fan club sul web. Che rapporto ha con le tecnologie?
«Nessuno. Non ho Internet. Adopero il computer come una perfezionata macchina da scrivere. Prima avevo una fissazione: al primo errore di battitura levavo il foglio e ricominciavo da capo. Rischiavo di morire soffocato da quintali di carta. Fu così che decisi di usare il pc che avevo comprato sei mesi prima».
E come andò?
«I primi scontri furono drammatici perché lui mi segnalava che scrivevo in modo impossibile. Allora chiamai un tecnico, che lo persuase che io scrivevo proprio in quel modo. Dopo un po’ ci prese gusto e correva troppo veloce. Poi trovammo un compromesso».
Quando lavora si dà orari?
«Io sono di una regolarità deprimente. D’estate mi sveglio alle sei, d’inverno alle 7. Mi lavo, mi sbarbo, mi vesto, attraverso il pianerottolo ed entro nel mio studio. Non so scrivere “sciamannato”. Lavoro ininterrottamente fino alle 11. Scrivo quello che mi è venuto in mente la sera prima. Ho una memoria ferrea. Poi tre pomeriggi a settimana correggo».
Cosa c’è nel futuro di Montalbano?
«A giugno esce il nuovo romanzo “Un covo di vipere”, che ho scritto sei anni fa. Rileggendolo mi ha colpito una frase di Salvo: “Oggi è diventato di moda ammazzare ex mogli, ex fidanzate, ex compagne…”. Una frase tristemente attuale».
Ha milioni di fan: riceve tanta posta?
«Sì. L’altro giorno una ragazza mi ha scritto: “Grazie a Montalbano non detesto più i calvi. Ho un fidanzato pelato e non sa quanto sia bello di notte vedere il riflesso della luna sulla sua testa”».
Stefania Zizzari
 
 

Nebrodi e dintorni, 13.5.2013
Una "Gita a Tindari", dove d’estate portano i cantanti

Tindari (Messina) – Questa sera, lunedì 13 maggio alle 21.10, su Rai1 andrà in onda la replica dell'episodio ‘Gita a Tindari’, dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri per la serie il Commissario Montalbano, con Luca Zingaretti. La vicenda: un triplice omicidio, un giovane dongiovanni che viveva al di sopra delle sue possibilità apparenti, due anziani pensionati che improvvisamente decidono una gita a Tindari, vengono ammazzati.
Montalbano ha una maledizione, sa leggere i segni che provengono dall'antichissimo che vive nel modernissimo continente Sicilia: lo aiutano un vecchio ulivo contorto, la sua squadra, la svedese Ingrid, un libro di Conrad, e un Innominato senza pentimento.
Che strano il maestro Camilleri, 'oramà' rende romanzeschi i nomi delle cittadine siciliane che mette nei suoi coinvolgenti romanzi (come Vigàta) e assegna ai ‘cristiani’, alle persone in carne ed ossa, i nomi dei paesi, Montalbano (Elicona), Sinagra. Tindari no. E non lo fa solo coi morti ma pure coi cristiani vivi e vegeti, nirbùsi e squieti.
Il nome della bella Tindari è rimasto tale, consentendo a questo luogo magico della costa tirrenica messinese di diffondere ulteriormente la sua fama, nelle quattro stagioni supportata dalla sua storia millenaria, dalla bellezza conturbante e per qualche tempo ancora (forse) selvaggia, dalla fede e dalla spiritualità; d’estate da Mario Biondi ed altri cantanti da stadio.
Qua, nel romanzo e nella fiction, Tindari è luogo di gita, come lo è nella realtà per molti siciliani durante l’anno (ma non solo siciliani). Si capisce perciò che i protagonisti devono essere del comprensorio di competenza del commissario Montalbano, che presta servizio a Vigàta, in Sicilia si, ma fuori dall’influenza del commissariato di Patti, cui sarebbero spettate le indagini se il delitto si fosse consumato in territorio di Tindari.
I coniugi Griffo (due dei tre morti complessivi del romanzo) erano stati avvistati l'ultima volta durante una gita a Tindari, con uno dei molti gruppi organizzati che realmente sono i visitatori più abituali della città fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C., che prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.
Nel romanzo il delitto c’è ed è triplice addirittura ma non avviene a Tindari: il commissario Montalbano e i suoi collaboratori scoprono e smantellano un'organizzazione criminale con stretti legami con la mafia internazionale. L'assassinio di un giovane si incrocia con la contemporanea scomparsa di due anziani coniugi. Non è casuale però che tutte e tre le persone uccise abitassero nello stesso palazzo: condomini. I due anziani coniugi erano stati visti l'ultima volta in pubblico durante la gita a Tindari, dopodiché non si erano più avute loro notizie.
Il Commissario Montalbano, perciò, indaga tra l'immaginaria Vigàta e Tindari, il promontorio a picco sul mare del Golfo di Patti, di fronte alle Isole Eolie, «col piccolo, misterioso teatro greco e la spiaggia a forma di una mano con le dita rosa».
Niente paura dunque. A Tindari il peggio che possa capitare è il vento. Tanto che il grande Salvatore Quasimodo vi dedicò imperituri versi: Tindari, mite ti so/ Fra larghi colli pensile sull’acque / Delle isole dolci del dio,/ oggi m’assali e ti chini in cuore.
Una gita a Tindari, perciò, è magicamente consigliabile. E d’estate portano i cantanti.
m.m.
 
 

Kataweb TvZap, 14.5.2013
Auditel
Ascolti tv, Montalbano replica il successo

Con la sua flemma mai priva di ingegno, quel linguaggio italo-siciliano prestatogli dalla penna di Andrea Camilleri e gli atteggiamenti del poliziotto brusco solo in apparenza, Il Commissario Montalbano sbaraglia ancora una volta la concorrenza nella sfida degli ascolti. Con 8.266.000 telespettatori (31,11% di share), infatti, la replica su Rai1 dell’episodio “La gita a Tindari” si aggiudica a mani basse la prima serata e la giornata, migliorando anche il risultato della sua prima messa in onda del 2001 (7.357.000 con il 29,65% di share).
[...]
 
 

La Sicilia (Catania), 14.5.2013
Incontro con Fabio Costanzo, scapestrato figlio di Adelina nella fiction tv del commissario di Camilleri
«Ma a tavola Montalbano deve arrendersi a Zingaretti»
«Sul set Luca non finge, mangia davvero»

Montalbano è stata la sua fortuna. Infatti Fabio Costanzo, giovane ed emergente attore catanese, dopo anni di teatro dove ha lavorato con puntiglio ma quasi nell’anonimato (il palcoscenico difficilmente dà notorietà), ha visto cambiare la sua vita artistica da così a così grazie a un provino brillantemente superato. Un casting andato a buon fine che lo ha proiettato nel dorato mondo della fiction più amata dagli italiani, quella appunto del celebre commissario di Vigàta, il “Montalbano sono!” seguitissimo da Ragusa a Bormio. A Fabio, considerato il suo indubbio talento, il regista Alberto Sironi ha affidato un ruolo di rilievo, quello di Pasquale Cirrinciò, il figlio scapestrato della cammarera Adelina il quale finirà per diventare, nel corso degli episodi, il “confidente di Questura” del poliziotto. Partecipando a ben 6 puntate dello sceneggiato televisivo, Fabio Costanzo ha dunque potuto assaporare un po’ di popolarità che per un artista rappresenta il viatico per far carriera. «Ho cominciato - racconta Fabio - nel 2002 con “Gli arancini di Montalbano”, che ha avuto 9 milioni e 900.000 spettatori; proseguendo quindi con “La caccia al tesoro”, “Le ali della sfinge”, e con gli ultimi tre episodi andati in onda: ”Il sorriso di Angelica”, “Il gioco degli specchi” e “Una lama di luce” che ha superato ogni record di ascolti con quasi 11 milioni di telespettatori, equivalenti al 38,10 per cento di share. Un trionfo».
Nel frattempo il dinamico Fabio ha avuto parti nei film “Grande grosso e Verdone”, “L’ultimo dei corleonesi” e “La crociera della felicità”.
Raggiante per il successo che comunque non gli ha fatto montare la testa, Fabio svela alcuni retroscena di Montalbano: «Luca Zingaretti è molto professionale, tranquillo e ha la sicurezza di chi viene dal teatro. E’ un bravissimo attore che non prevarica mai, anzi lascia spazio ai colleghi ed è in perfetta sintonia con il regista il quale spesso accetta volentieri sue indicazioni».
Zingaretti è goloso come il commissario?
«Eccome, è una buona forchetta; una sera al ristorante ha fatto una scorpacciata di carne a spezzatino con patate e sul set mangia davvero i piatti prelibati a base di pesce dello chef di quel ristorantino sul mare. Quando girammo l’episodio degli arancini… beh, si nni calàu tri. Tre arancini al ragù uno dietro l’altro con vera ingordigia! Aggiungo che va d’accordo con tutti, dai tecnici agli attori, non l’ho mai visto litigare con nessuno, del resto la “squadra” del commissario va a gonfie vele sia dentro sia fuori dal set».
Ma come si svolge la giornata di Zingaretti?
«Si alza presto perché Sironi ama girare quando le strade sono ancora deserte. Finita la scena, Luca va nel suo camper per un riposino, per leggere o per mangiare le vivande del cestino. La moglie Luisa Ranieri spesso viene a trovarlo con la loro figlia; e la sera va in albergo a dormire. Non di rado, nel pomeriggio, fa una partita a pallone, il calcio è la sua grande passione dopo il lavoro di attore».
La sede del commissariato è sempre al Comune di Modica?
«Non più, adesso è stata ricostruita in studio a Cinecittà, a Roma».
Un’ultima curiosità: gli scappellotti che Montalbano ti dà sono veri?
«Sì, su mia richiesta. Prima fingeva, ma siccome questo metodo non funzionava, gli ho detto: Luca, picchia sodo, così reagisco in modo più veritiero… E lui ha mollato sonori scapaccioni. Sapeste che male… ma la scena è venuta alla perfezione!».
Mario Bruno
 
 

Globalist.it, 14.5.2013
Quel misogino di Montalbano
Il Commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri è circondato da un universo femminile stereotipato. E nell'ultimo film ha fatto di peggio.

Montalbano è un misogino? Peggio: di fronte a un uomo che picchia la moglie fino a mandarla in ospedale non fa una piega. Lo si è visto nell'ultimo episodio della nuova serie della fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, "La lama di luce", andato in onda lo scorso 6 maggio: segue, tra gli altri, il caso della strana rapina a Loredana, donna bella e con un marito possessivo e geloso. Rapinata e baciata. O forse rapinata e violentata. Senza inoltrarci nella trama, sta di fatto che quando la donna finisce all'ospedale - "caduta dalle scale" - il nostro Commissario dà per scontato che sia stato il marito a picchiarla fino a ridurla in quello stato, ma non fa una piega. E non vogliamo dover fare paragoni con la cronaca terribile di questi giorni...
Il fatto è che Montalbano è un personaggio profondamente misogino, da qualunque punto di vista si guardino le sue storie: anche quando si usa la lente di ingrandimento della semiotica!
Abbiamo "rispolverato" un capitolo di tesi universitaria, su un altro romanzo di Camilleri - "Il ladro di merendine" - in cui veniva effettuata una "traduzione intersemiotica" del personaggio da un media all'altro (il linguaggio è quindi non giornalistico e legato al fine di studio): quello che ne risultava, comunque fosse, era la misoginia di Montalbano. Eccolo:
"L'ira di Livia, che aggredisce Montalbano per il suo atteggiamento nei confronti delle Piccirillo, madre e figlia usando - cosa che per lei non è consueta - dei violenti epiteti ("stronzo e maschilista") lascia trapelare un giudizio sul comportamento del commissario che non si limita a quel caso. Montalbano è spesso, nelle sue manifestazioni, misogino e maschilista. L'universo femminile di cui si circonda, il tipo di rapporti che instaura con le donne dei suoi romanzi, gli atteggiamenti, sono elementi che vanno tutti nella stessa direzione. Le donne di Montalbano, in particolare in Il ladro di merendine, sono tutte - come vuole il detto popolare - "sante o puttane". Più precisamente, si dividono in mogli/madri (Livia e la governante, Adelina), da corteggiare (la giovane signora Gulisano), puttane (Karima) o indesiderabili (le Piccirillo, la signora Pinna con le gambe a tronco d'albero). Sono le vecchie le uniche a meritare ora un distaccato rispetto (come Aisha o la maestra Vasile Cozzo), ora un asessuato disprezzo (la signora Lapecora). Un universo femminile, annota il semiologo Gianfranco Marrone, che "può essere articolato al suo interno mediante tre sole grandi isotopie - quella amorosa, quella sessuale, quella culinaria - che non si sovrappongono quasi mai fra loro".
In "Il ladro di merendine" Livia è non più soltanto l'eterna fidanzata, con la competenza dell'amore e dei rapporti di coppia, ma nel rapporto con François dimostra la propria competenza materna: fatto che turba profondamente Montalbano, che vede messa a repentaglio l'abitudinarietà di un rapporto tutto sommato superficiale. Adelina è la cuoca: cuoca casalinga, con la competenza della cucina. Mai ci sono donne-cuoche nei ristoranti frequentati da Montalbano, né da Calogero, né alla trattoria di Mazara, dove l'arte culinaria è lasciata agli uomini.
Poi ci sono le donne da corteggiare, come la signora Gulisano, "molto bella ma trasandata", che ha un figlio piccolo e un marito che lavora lontano: vicina di casa dei Lapecora, ha poco da raccontare sul delitto, ma Montalbano si trattiene nel suo appartamento oltre il necessario. E' nel Cd-Rom che viene sottolineato il carattere del commissario, che propone uno dei giochi interattivi sul dialogo Gulisano/Montalbano: la signora offre un caffè al commissario, lui può rispondere che deve rientrare al commissariato, oppure "l'accetto volentieri". La risposta giusta è la seconda.
Poi ci sono le "buttane": come Karima, che viene definita così, senza mezzi termini, dalla signora Lapecora nel romanzo. In televisione la incontriamo prima, è tra la folla all'esterno dal palazzo del delitto nelle prime scene: in questo caso, però, si tratta di una esigenza di regia per mostrare subito una protagonista del racconto, per di più interpretata da una nota attrice, Afef, che può calamitare il pubblico. Con queste figure si esaurisce il triangolo amore-sesso-cucina: le altre figure femminili o sono macchiette o hanno doti di saggezza maturate con l'età che predominano sul loro essere donne.
Come dice ancora Marrone "la donna è innanzitutto un ruolo tematico", mentre gli uomini sono poliziotti, terroristi, professori, guardie giurate..."
Silvia Garambois
 
 

Il Giornale, 15.5.2013
Potere al telecomando
Montalbano, l'anti-Grillo che cerchiamo

Probabilmente ha ragione Carlo Degli Esposti, il patron della Palomar e zio di Montalbano (il papà, ovviamente, è Andrea Camilleri): vorremmo essere tutti come lui. Con il suo decisionismo e il suo senso di giustizia. L'altra sera La gita a Tindari, una replica del 2001, ha superato gli 8 milioni e 200mila spettatori e il 31 per cento di share. L'intreccio investigativo, la scoperta di un traffico d'organi, era più in primo piano rispetto agli episodi recenti, mentre la Fiat Tipo era anche allora senza un copri-cerchione. Domani sera Raiuno riproporrà Il senso del tatto del 2002. Battere il ferro finché è caldo. Ma che cosa amiamo delle storie di Montalbano? La lentezza della provincia, il primato dei rapporti, l'andare sul posto «in persona, personalmente», come ripete Catarella. Lo sbrigarsela da solo senza incolpare qualcun altro o qualcos'altro, politica e Palazzo compresi. E poi anche il suo tempo fuori del tempo documentato dall'assenza di tecnologia. Nelle storie di questo nipote di Maigret non ci sono computer, internet e blog, e i telefonini sono presenze sporadiche. Se fosse lui l'anti-Grillo che cerchiamo?
Maurizio Caverzan
 
 

Panorama, 15.5.2013
Andrea Camilleri e il nuovo romanzo con Montalbano: ‘Un covo di vipere’
In arrivo un altro caso per il commissario di Vigata, nella terza pubblicazione in soli cinque mesi dell’instancabile Andrea Camilleri

Siamo solo a maggio, eppure quest’anno Andrea Camilleri è già a quota tre romanzi. Il tuttomio , edito da Mondadori, La rivoluzione della luna e Un covo di vipere (entrambi per Sellerio).
Ma se per i primi due titoli l’autore di Porto Empedocle ha lasciato per un po’ in pace il suo amato Salvo Montalbano, ecco che nell’ultimo (a breve in libreria) ritorna il commissario di Vigata con una nuova avventura.
Pur uscendo il 30 maggio, il libro è già in testa alle classifiche online, sintomo delle innumerevoli prenotazioni dei tantissimi affezionati.
Montalbano deve trovare l’assassino del ragionier Cosimo Barletta, a cui hanno sparato alla nuca mentre era seduto in casa a bere il caffè. Il villino del ragioniere non sembra avere segni di effrazione, e non ci sono nemmeno tracce di colluttazione.
Nel corso delle indagini, Montalbano scopre che la vittima non era esattamente l’uomo impeccabile e cristallino che si pensava, anche secondo le testimonianze dei due figli, che ne tratteggiano un profilo alquanto sospetto.
Come spesso accade nelle storie di Camilleri, nella trama del romanzo si trovano anche altre vicende parallele e personaggi slegati dal filo principale, ma che talvolta sembrano contribuire più o meno direttamente alla soluzione finale (o alla poetica dell’autore). Così, in Un covo di vipere Montalbano si trova in casa (letteralmente) un misterioso vagabondo, che abita in una grotta poco distante. E siccome Mario, questo il nome del clochard, sembra nascondere un segreto, e Montalbano non è capace di resistere al fascino del mistero, ecco che anche il suo passato trova spazio nel corso della narrazione.
Andrea Bressa
 
 

Agrigento Notizie, 15.5.2013
Andrea Camilleri aderisce a "Piazzaorlando"
Lo scrittore agrigentino è favorevole all'iniziativa avviata da un gruppo di giovani professionisti agrigentini affinché l'auto sulla quale viaggiava il giudice Giovanni Falcone possa essere esposta davanti al tribunale di Palermo

Lo scrittore Andrea Camilleri ha aderito a “Piazzaorlando”, l’iniziativa avviata da un gruppo di giovani professionisti agrigentini affinché l’auto sulla quale viaggiava il giudice Giovanni Falcone il quel maledetto giorno, possa essere esposta davanti al tribunale di Palermo.
Numerose, sino ad oggi le adesioni all’iniziativa che sta avendo un grande successo soprattutto tra i giovani. Numerosi anche i giornalisti che hanno aderito allo slogan “io sono d’accordo” a portare l’auto di falcone a Palermo. Tra questi i giornalisti Luigi Galluzzo, Gaetano Savatteri e Carmelo Sardo, l’attore Gaetano Aronica ed il musicista Roy Paci.
Anche il mondo della cultura è determinato a far si che l’iniziativa di questo manipolo di professionisti possa presto vedere la luce.
Ciro Fuschino, uno dei promotori dell’iniziativa ci ha dichiarato: “Non pensavo che la nostra proposta potesse avere, grazie alla rete, una così vasta eco. L’adesione di Andrea Camilleri, che conosciamo per il suo modo di vedere la vita, ci onora e ci spinge ad andare avanti in questa iniziativa che vuole semplicemente porre ogni giorno all’attenzione di chi transita davanti il palazzo di giustizia di Palermo la carcassa dell’auto che è costata la vita a Falcone alla moglie ed Agli uomini di scorta. Insomma una sorta di memoria visiva attraverso questa autovettura del sacrificio di tante persone nella lotta alla criminalità mafiosa. Si parla di legalità, ma io sostengo che un monumento alle vittime della mafia meglio dell’auto di Falcone non può esserci”.
 
 

Il Velino, 16.5.2013
Tv
Rai3: Art News con Camilleri e Canevari sul Manierismo
Domani all’1.10

Rai Educational presenta il secondo ciclo di Art News, un programma di Maria Paola Orlandini ed Enzo Sferra, con la collaborazione di Gianfranco Angelucci e Paolo Di Paolo. Regia di Enzo Sferra e Agostino Pozzi. In onda domani venerdì 17 maggio all'1.10 su Rai3 e in replica sabato 18 alle 18.00 su Rai Storia. Montalbano è manierista? Parte da questo interrogativo la diciottesima puntata di Art News, con l'artista Angelo Canevari, grande esperto di manierismo, e lo scrittore Andrea Camilleri. Se il manierismo oggi sembra diventato un difetto da imputare, come fa il critico Aldo Grasso, al nuovo Montalbano, colpevole di ripetitività, la corrente pittorica del '500 che prende il nome dalla definizione di Giorgio Vasari fu invece un movimento d'avanguardia, che fece della sperimentazione, una fede. “Sono questioni di pigrizia intellettuale - accusa Canevari -. Che c'è di ripetitivo in queste tele?” si chiede mentre analizza due quadri di Beccafumi e Pontormo, rilevandone le novità della composizione, legate al primato del disegno, alla stesura del colore e all'indagine dei caratteri, anche dei personaggi secondari. Lo stesso sperimentalismo che Canevari ritrova nel commissario Montalbano, nel quale le situazioni non sono mai ripetitive ma seguono le modificazioni, nel tempo e nello spazio, dei personaggi. Perfino Catarella è un personaggio in movimento, degno della commedia dell'arte, e della grandezza vernacolare di Goldoni. Angelo Canevari, artista romano classe 1930, figlio d'arte, più che alla scuola deve la sua formazione alla frequentazione di artisti quali Cagli, Colla, Mannucci e Burri. Ha lavorato anche in teatro con Andrea Camilleri e il loro sodalizio, come testimoniato anche nella puntata di Art News, si basa sulla reciproca voglia di sperimentazione, sulla loro profonda conoscenza dell'universo manierista. La “maniera” di cui parla Vasari è diventata manierismo solo per la scarsa cultura di chi guarda e giudica le opere; è accaduto anche ad altri movimenti, come viene ricordato nel folder di Gianfranco Angelucci; artisti votati alla sperimentazione furono invece Michelangelo Antonioni al quale Ferrara dedica una mostra e Jackson Pollock, protagonista del focus di Paolo Di Paolo.
 
 

MicroMega, 16.5.2013
Camilleri e Montalbano: “Sabato tutti in piazza con la Fiom”
“Speriamo, con questa manifestazione e con altre che avverranno, che l’Italia possa cominciare a trovare una sua ‘cura’”. Parla Andrea Camilleri, tra i firmatari dell’appello di MicroMega a sostegno della mobilitazione indetta dalla Fiom per il 18 maggio a Roma, mentre stanno per uscire due suoi nuovi libri, che anticipiamo: “Come la penso” (Chiarelettere) e “Un covo di vipere” (Sellerio).
intervista ad Andrea Camilleri (e a Salvo Montalbano) di Rossella Guadagnini

Metalmeccanici e intellettuali, operai e scrittori, studenti e lavoratori, insieme. Uniti nel nome del lavoro presente e futuro su cui è fondata la Repubblica, secondo il primo articolo della Costituzione italiana. Per questo scendono in piazza, a Roma, sabato 18 maggio i metalmeccanici della Fiom, guidati da Maurizio Landini, in una grande manifestazione nazionale alla quale sono stati invitati a partecipare anche studenti e lavoratori tutti. Perché l’occupazione è il primo dei tanti problemi che affliggono l’Italia e gli italiani. Il lavoro che non c’è, che manca, che non c’è più, che non c’è ancora, che non c’è mai stato.
Cosa pensano in proposito Andrea Camilleri, scrittore, e il suo alter ego letterario, Montalbano? Intervistarli tutti e due è difficile, ma non impossibile. Ci abbiamo provato, visto che il primo ha aderito all’appello di partecipazione lanciato da MicroMega, “Il Terzo Stato con la Fiom”, insieme ad altri esponenti di punta del mondo della cultura, in vista di questa manifestazione di “larga intesa” tra cittadini in difesa dei diritti, della democrazia e della Carta. Dal momento che, evidentemente, non può esserci spazio “per revisioni della Costituzione affidate a Convenzioni che si adopereranno per stravolgerla”. Quanto al secondo, Montalbano, abbiamo fondate ragioni di ritenere che anche il commissario l’abbia sottoscritto allo stesso modo.
La scheda di Camilleri è cosa nota: i natali a Porto Empedocle (nel 1925) autore, sceneggiatore e regista di chiara fama. Finora ha venduto oltre 10 milioni di copie dei suoi libri in Italia e nel mondo. Ha schiere di ammiratori che lo seguono e gli scrivono, perfino un fan club su internet (www.vigata.org). Il 10 maggio scorso gli è stata conferita la Laurea Magistrale honoris causa in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane dalla Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari. Una gloria del Paese, insomma, che non si discute.
Altrettanto si può dire di Salvo Montalbano, commissario di polizia di Vigàta, classe 1950, il più amato poliziotto della Penisola. Il suo profilo è quello di un funzionario dello Stato, onesto, coraggioso e leale, un lavoratore a tempo pieno che persegue il crimine organizzato nella propria terra d’origine, la Sicilia, metafora dell’Italia intera. Le sue avventure professionali e umane cominciano nel 1994, con il primo romanzo di cui è protagonista, “La forma dell’acqua”, e dal 6 maggio 1999 sono trasmesse da Rai Uno, arrivando a un pubblico vastissimo. Gli ultimi quattro episodi della nona serie tv sono andati in onda in questi giorni, interpretati da Luca Zingaretti: un trionfo assoluto in termini di audience.
In questi vent’anni i due non si sono mai venuti a noia. Ora un nuovo libro di Camilleri è in uscita per Chiarelettere, intitolato “Come la penso. Alcune cose che ho dentro la testa”: raccoglie testi e saggi in forma d’autobiografia, dedicati in parte proprio a Salvo. La presentazione del volume si terrà il 5 giugno, alle 18, all’Accademia di Belle Arti in via di Ripetta 222, a Roma. Vi prenderà parte, oltre a Camilleri, lo scrittore Francesco Piccolo. Il prossimo romanzo, invece, “Un covo di vipere” edito come sempre da Sellerio uscirà il 30 maggio, sebbene sia stato scritto sei anni fa. Ma sentiamo quanto ha da raccontarci il “papà” di Montalbano, così chiamato in onore dell’autore spagnolo Manuel Vàzquez Montalbàn, creatore del detective privato Pepe Carvalho, un cugino maggiore del commissario di Vigàta.
Sotto il profilo professionale Montalbano, in fondo, è un privilegiato: è un dipendente pubblico, con contratto a tempo indeterminato. Oggi non tutti possono contare su un impiego nello Stato, il vecchio e ambito “posto fisso”.
”Montalbano è prossimo alla pensione. Ha fatto i suoi regolari concorsi, all’epoca non contraffatti, ha avuto il suo posto di lavoro e ha svolto la sua carriera. Non è un privilegiato, fa parte di una generazione di uomini e donne per cui il lavoro era un diritto e un dovere. Il problema della disoccupazione, oggi, è che chi ha un posto di lavoro, non necessariamente un posto fisso, diventa un privilegiato. Quindi siamo all’inversione totale di quella che dovrebbe essere una situazione lavorativa normale.”
Sabato 18 maggio alla manifestazione nazionale in piazza della Repubblica, a Roma, interverrà il Terzo Stato, come avete auspicato. Che significa Terzo Stato?
”Ricorda il famoso quadro di Pellizza da Volpedo, “Il Quarto Stato”, che rappresenta dei proletari, cioè dei lavoratori. Il Terzo Stato sono, quindi, tutti i lavoratori anche non manuali, lavoratori di concetto, intellettuali, piccoli borghesi… etc. etc., anche loro per la prima volta coinvolti dall’attuale mancanza di lavoro.”
Com’è messa l’Italia, a suo avviso, sotto l’aspetto politico?
”E’ messa molto male. E’ sotto gli occhi di tutti, inutile dilungarsi sull’argomento. Speriamo, con questa manifestazione e con altre che avverranno, che l’Italia possa cominciare a trovare una sua “cura”.”
Scrittori e metalmeccanici, uno strano connubio…
”Io in quanto scrittore non mi stupisco affatto di questo connubio. In Italia abbiamo avuto tanti operai diventati scrittori e altrettanti scrittori si sono occupati di storie operaie. A cominciare, per esempio, da un libro del 1934 di Carlo Bernari che si chiamava “Tre Operai”, scritto in pieno, trionfante, fascismo, che venne citato durante la Convenzione Internazionale Antifascista a Parigi.”
In che modo ha cominciato a scrivere del commissario?
”Per caso. Feci una scommessa con me stesso: "Ma tu sei capace di scrivere un romanzo dalla A alla Z come Dio comanda? Capitolo primo - Era una notte buia e tempestosa..., Chiamatemi Ismaele... - trecento pagine o quelle che sono, e poi la fine?". Allora cominciai a ragionare su che cosa potesse aiutarmi, a ricercare una gabbia. Ricordavo che Sciascia aveva scritto: "Il romanzo giallo in fondo è la migliore gabbia dentro alla quale uno scrittore possa mettersi, perché ci sono delle regole, per esempio che non puoi barare sul rapporto logico, temporale, spaziale del racconto". Sicché mi sono provato a scrivere un romanzo giallo.”
E poi?
”“La forma dell'acqua”: venne pubblicato, ebbe successo. Però decisi di non continuare con Montalbano. Sennonché questo personaggio non era risolto dentro di me. Così ho scritto il secondo libro: “Un cane di terracotta”. A questo punto ci fu veramente un grosso successo. Montalbano cominciò a essere una sorta di apripista per gli altri romanzi storici, se li portò dietro ed è cominciata questa situazione a volte imbarazzante, perché Montalbano è un serial killer di eventuali altri personaggi. È invadente: mentre stai pensando a un'altra cosa, arriva e dice "tu devi scrivere solo di me".”
Cosa voterà Montalbano alle prossime elezioni?
”E quali partiti ci saranno alle prossime elezioni?”
Il commissario di Vigàta, nel frattempo, conclude la conversazione a modo suo: “Io sono preoccupato non per la mia carriera, ma per il mio Paese… Ma che Paese siamo diventati? Questo è un paese dove un ministro dice che con la mafia si deve convivere.” (Dall’episodio “Una voce di notte”, trasmesso in tv il 29 aprile 2013).
La frase è stata effettivamente pronunciata da un ministro della Repubblica, il berlusconiano Pietro Lunardi, nell’agosto del 2001; all’epoca era titolare del dicastero dei Trasporti. Come dare torto a Montalbano? Siamo preoccupati, e molto, anche noi tutti.

COME LA PENSO. Alcune cose che ho dentro la testa
“Scrivo perché è sempre meglio che scaricare casse al mercato centrale.
Scrivo perché non so fare altro.
Scrivo perché dopo posso dedicare i libri ai miei nipoti.
Scrivo perché così mi ricordo di tutte le persone che ho amato.
Scrivo perché mi piace raccontarmi storie.
Scrivo perché mi piace raccontare storie.
Scrivo perché alla fine posso prendermi la mia birra.
Scrivo per restituire qualcosa di tutto quello che ho letto.”
(Andrea Camilleri)
Esce il 17 maggio, nella Collana Reverse di Chiarelettere (pagine 352, euro 13,90), “Come la penso”, autobiografia in forma di saggi, racconti e interventi inediti dellautore siciliano, lungo tutto l’arco della sua lunga e rigogliosa produzione.
Per la prima volta viene portato alla luce il ‘laboratorio creativo’ di camilleri, con una parte dedicata a Montalbano e all’amata Vigàta (Porto Empedocle), attraverso un percorso ricco di personaggi, luoghi, piccoli e grandi eventi, con incursioni nella letteratura, nella filosofia, nella politica.
Vi sono contenuti i ricordi di Camilleri ragazzo e le “controstorie” della sua Sicilia. Si può recuperare l’Italia di ieri e di oggi, intrattenuti da una vena critica e ironica che fa da contrappunto alla scrittura. Un ritratto a colori, vivacissimi, di come siamo e di cosa pensiamo.
(R.G.)

Favola vera*
di Andrea Camilleri
Eletto a furor di popolo presidente di tutto (della Repubblica, del Senato, della Camera, del Consiglio), il Cavaliere riunì i suoi ministri e disse: “Da tempo avevo preparato la riforma della Costituzione. Prendete appunti. Il testo l’ho già inviato alla Gazzetta Ufficiale”.
Diligentemente, i ministri si munirono di carta e penna.
“Articolo 1” dettò il Presidente. “Iliata è una Repubblica fondata sui lavori del Cavaliere.”
I ministri annuirono.
“Articolo 2”, proseguì il Presidente. “Il colore rosso, simbolo dell’odiato comunismo, è dichiarato anticostituzionale e pertanto viene abolito.
“Come la mettiamo con le Ferrari?” domandò il ministro dell’Industria.
“Non c’e problema. Diventano azzurre” ribatté il Cavaliere.
“E con il Tricolore?” domandò a sua volta il ministro della Difesa.
“Rimane tricolore, ma al rosso si sostituisce l’azzurro” fece seccamente il Cavaliere.
E via di questo passo. Furono stabilite multe salatissime per chi, coinvolto in un qualsiasi incidente, mostrava pubblicamente il rosso del suo sangue, con i diserbanti si fecero sparire rose e fiori rossi, la carne rossa non venne più messa in vendita mentre il pesce azzurro fu portato alle stelle, l’unico vino in commercio rimase quello bianco.
Sommersi da tutto quell’azzurro, gli Iliatani cominciarono ben presto a soffrire di nostalgia del rosso, una nostalgia che diventava di giorno in giorno sempre più acuta. Si ebbero i primi attentati rivendicati dai Grar (Gruppi rivoluzionari adoratori rosso). I contrabbandieri facevano affari d’oro non con le sigarette o i clandestini, ma con le scatole di sugo di pomodoro, assolutamente proibite in Iliata.
Finché un mattino, dopo un violentissimo acquazzone, apparve in cielo un gigantesco arcobaleno che coprì l’intero paese. Il rosso di quell’arcobaleno non era solamente un colore, ma un altissimo grido di rivolta, deciso e terso.
Quell’arcobaleno segnò, sempre a furor di popolo, la fine del Cavaliere.
* un apologo profetico di 12 anni fa, tratto da “ Cinque favole politicamente scorrette”, pubblicate su “MicroMega”, n. 2, marzo 2001, ora in “Come la penso”, Chiarelettere 2013
 
 

Il Sussidiario, 16.5.2013
ASCOLTI TV/ Il Commissario Montalbano batte Raoul Bova in Come un delfino 2. 15 maggio 2013

Nella prima serata televisiva di mercoledì 15 maggio, si conferma pressoché imbattibile Rai Uno con un episodio della serie Il Commissario Montalbano con Luca Zingaretti, Cesare Bocci e Peppino Mazzotta. Un successo inarrestabile che nemmeno il fatto di trattarsi di una replica riesce a intaccare. [...] Quindi, cerchiamo di analizzare nello specifico quello che è successo in termini di dati di auditel. La vittoria è stata conquista da Rai Uno con l’episodio del Commissario Montalbano, Il senso del tatto, che ha saputo conquistare l’interesse e l’attenzione di un pubblico formato da 6 milioni e 63 mila unità per una percentuale di ascolto del 21,95%. […]
 
 

TVBlog, 16.5.2013
Tv Talk anticipazioni sabato 18 maggio: La guerra dei vent'anni e Montalbano

[...]
Sul fronte intrattenimento, verranno approfondire le ragioni dell’enorme successo di Montalbano, con il produttore Carlo Degli Esposti e con uno degli storici protagonisti, Cesare Bocci.
[...]
Lord Lucas
 
 

17.5.2013
Il Commissario Montalbano
Le prossime due repliche in onda su Rai Uno, Il gioco delle tre carte (lunedì 20 maggio alle 21:10) e La vampa d'agosto (lunedì 27 maggio alle 21:10), saranno introdotte da una presentazione in video di Andrea Camilleri.
 
 

DaringToDo, 17.5.2013
Andrea Camilleri: “Come la penso”
Da Montalbano alla Sicilia, dall’amicizia alla politica, alla cultura, ai ricordi di ragazzo. C’è la summa del Camilleri intellettuale in Come la penso (Chiarelettere)

Tra il saggio e la narrazione, l’apologo filosofico e la fiaba, il libro raccoglie e riordina una serie di pensieri (lezioni magistrali, articoli, interventi) che lo scrittore sicliano ha regalato al pubblico in questi anni. Una scrittura sempre gradevole quella di Camilleri, e lieve, e vivacissima, critica e ironica sempre, anche quando parla di realtà, anche quando i ricordi si perdono nei decenni ma pure emergono con una brillantezza di colori straordinaria. Ne risulta un’autobiografia in forma di saggi e di racconti che conduce il lettore nel laboratorio creativo dello scrittore. Con una parte dedicata a Montalbano e alla sua Vigata, il libro procede attraverso un percorso costellato di personaggi, luoghi, eventi grandi e piccoli e incursioni nella letteratura, nella filosofia, nella politica. Credevate di sapere tutto di Andrea Camilleri? Sbagliato.
(g.m)
 
 

La Sicilia (Palermo), 17.5.2013
Elisa Martorana espone i suoi lavori nella sede dell'Italian Cultural Foundation
Da Bagheria a New York, si avvera un sogno

Quel biglietto per New York è il suo grande successo, inaspettato e sognato. Elisa Martorana, giovane artista bagherese, avrà l'onore di esporre il suo ultimo lavoro "Quelli di Bagheria dopo Baaria" nella sede dell'Italian Cultural Foundation di New York dal 20 maggio al 7 giugno. «Questo progetto è iniziato due anni fa, con il patrocinio del Mibac in occasione della settimana della cultura - racconta Elisa Martorana - e adesso l'esposizione a New York. L'idea del soggetto mi è venuta grazie al film di Giuseppe Tornatore, Baaria, in un periodo in cui odiavo questa terra che non dà spazio ai giovani». Ed è dal titolo del film di Tornatore e dal volume fotografico di Ferdinando Scianna, unico italiano dell'agenzia Magnum, che nasce quello del lavoro della giovane artista. La mostra sarà allestita suddividendo le foto in due sezioni: la prima è un reportage con gli scatti in bianco e nero di fatti di cronaca che si ricollegano agli avvenimenti rappresentati da Tornatore, la seconda parte è dedicata ai ritratti di chi ha preso parte alla pellicola del noto regista bagherese, con in mano le proprie foto sul set. «A ciascuno di loro - continua Elisa Martorana - ho chiesto di scrivere una frase che ho ho raccolto e inserito nel libro. Quello che ne è venuto fuori è non solo un ritratto ambientale, ma anche un vero e proprio racconto antropologico». Ma non finisce qui. Dal libro verrà tratto anche un catalogo proposto dalla casa editrice, e la partecipazione a un evento a Pescara il 26 giugno, che sarà chiuso da Andrea Camilleri. [Non risulta nessun impegno per Camilleri a Pescara il 26 giugno, NdCFC]
Elisabetta Cannone
 
 

Rai Educational - Art News, 17.5.2013
Manierismo
Montalbano è manierista? Parte da questo interrogativo la diciottesima puntata di Art News e gira la domanda all'artista Angelo Canevari, grande esperto del Manierismo, e allo scrittore Andrea Camilleri. Se il Manierisimo oggi sembra diventato un difetto, da imputare, come fa il critico Aldo Grasso, al nuovo Montalbano, colpevole di ripetitività, la corrente pittorica del Cinquecento che prende il nome dalla definizione di Giorgio Vasari, fu invece un movimento d’avanguardia. La “maniera” di cui parla Vasari è diventata manierismo solo per la scarsa cultura di chi guarda e giudica le opere.
E’ accaduto anche ad altri movimenti, come viene ricordato nel folder di Gianfranco Angelucci; artisti votati alla sperimentazione furono invece Michelangelo Antonioni al quale Ferrara dedica una mostra e Jackson Pollock, protagonista del focus di Paolo Di Paolo.


Il Manierismo secondo Andrea Camilleri
Intervista allo scrittore, celebre per la saga su Montalbano, secondo cui il manierismo rappresenta un andare oltre quella che è la fonte di ispirazione pittorica. Non uno statico ripetere ma addirittura un avanzamento, da un punto a un altro. Importante per Camilleri il concetto di modello come punto di partenza, che ognuno sceglie tra le varie interpretazioni della realtà che si possono avere.

 
 

Tv Talk, 18.5.2013
Intervista a Carlo Degli Esposti e Cesare Bocci
Cliccare per vedere la puntata
Carlo Degli Esposti ha dichiarato: “Nei prossimi due anni faremo due nuove serie: quattro episodi di Montalbano e sei episodi del Giovane Montalbano”. [NdCFC]
 
 

il manifesto, 18.5.2013
Sul palco /Adesioni di «big» e politici
In corteo con Camilleri Mannoia e Rodotà

Sono tantissime le adesioni piovute alla Fiom per la manifestazione di oggi. Ne selezioniamo solo alcune, di associazioni o personaggi significativi, per dare un'idea dell'ampio ventaglio di consenso intorno ai metalmeccanici. Importante il messaggio inviato da don Luigi Ciotti, per le associazioni «Gruppo Abele» e «Libera», che si battono contro le mafie e per la legalità: «Già nel titolo - scrive don Ciotti - la manifestazione pronuncia la parola chiave per uscire da questa crisi drammatica: diritti. Voltare pagina significa dare all'economia una diversa direzione, a partire da quelle misure che voi chiedete: una più equa distribuzione delle ricchezze, un reddito di cittadinanza, una lotta all'evasione fiscale, una riconversione ecologica dell'industria. Insieme a un grande investimento educativo e culturale». «Speriamo, con questa manifestazione e con altre che verranno, che l'Italia possa cominciare a trovare una sua "cura"», dice lo scrittore Andrea Camilleri (nella foto), autore del ciclo di romanzi del commissario Montalbano. Camilleri ha aderito, insieme a diversi intellettuali, all'appello di Micromega in sostegno alla manifestazione. «In quanto scrittore non mi stupisco affatto del connubio scrittori-metalmeccanici - spiega - In Italia abbiamo avuto tanti operai diventati scrittori e altrettanti scrittori si sono occupati di storie operaie».
[…]
an. sci.
 
 

Adnkronos, 18.5.2013
Mondo Rai, appuntamenti e novità. Su Rai1 gli ultimi due episodi della stagione del 'Medico in famiglia'

[…]
Le serie tv dei due celebri commissari, Montalbano e Rex, in primo piano a Fiction Magazine, domani alle 10.05 e in replica alle 19.35 su Rai Premium. Ospite della puntata, Cesare Bocci protagonista della serie tratta dai racconti di Andrea Camilleri, in cui veste i panni di Mimi' Augello.
[…]
 
 

Luoghi Comuni. 12 piccole storie migranti, 20.5-3.6.2013

Dal 20 maggio al 3 giugno 2013, sugli autobus ed alle fermate dell’AMAT di Palermo, saranno affisse le immagini della mostra itinerante “Luoghi Comuni. 12 piccole storie migranti”, campagna a sostegno dell’integrazione.
Tramite il Camilleri Fans Club ha contribuito anche Andrea Camilleri, con un brano tratto da “Il giro di boa”, pubblicato sul catalogo della mostra, e un breve saluto:
“L’integrazione tra i popoli inizia con la conoscenza reciproca. La possibilità di diffondere piccole e quotidiane storie di migranti, tramite l’utile e semplice mezzo del bus, è degna di fortuna e di successo, cosa che vi auguro di cuore.” (Andrea Camilleri, Roma, 15 giugno 2010)
Successivamente, andrà in esposizione presso uno spazio messo a disposizione dalla Provincia Regionale di Palermo una selezione delle immagini migliori tra quelle delle varie tappe italiane della campagna; si tratta infatti di un progetto realizzato negli anni in varie città (Modena, Roma, Verona), che si conclude a Palermo.
 
 

Il Blog di Beppe Grillo, 20.5.2013
Il Passaparola di Andrea Camilleri, scrittore
Passaparola - La Cultura è tutto
"Una volta c’erano le guerre, i giovani partivano e ci lasciavano la pelle e saltavano tre generazioni di giovani. Oggi questo fortunatamente non avviene più, però avviene un altro tipo di omicidio che è quello del loro avvenire. L’impossibilità di realizzarsi attraverso il lavoro, questa è la cosa più atroce che succede in Italia a un giovane.
E allora l’unica cosa che io posso umilmente dire a loro, con molta umiltà, è io non credo alla speranza. Chi vive di speranza muore disperato, io credo nei propositi, che si mettano in testa dei propositi, di fare, comunque, di resistere alla contingenza, anche alla disperata..."

"Vorrei parlare di un tema che per me è fondamentale, di cui sembrano interessarsi pochi e la grandissima maggioranza di Italia fregarsene assolutamente, invece la cosa è seria; vorrei parlare della protezione della lingua italiana, dice: “Da quale pulpito viene la predica, scrivi in dialetto”, a parte che scrivo anche in italiano, però vedete il problema è un altro, che recentemente, qualche anno fa, in Europa si è deciso che le leggi, erano tradotte in inglese, tedesco e francese. Prima si traducevano in italiano e poi è stato escluso, non vengono più tradotte in italiano, se vuoi conoscere le leggi dell’Europa ti devi assolutamente sapere l’inglese o il francese, altrimenti nisba, te le devi fare tradurre.
Questo significa una regressione della nostra lingua, i nostri deputati europei avrebbero dovuto opporsi, e con forza, perché? Perché io avverto come dalla tecnologia dove l’uso di una terminologia di lingua inglese è corrente, si sia passati sempre di più alla adozione di parole inglesi anche nella vita comune, non solo, ma persino a politici adoperano per leggi italiane o norme italiane terminologie inglesi, “election day” e via di questo passo. Che senso ha tutto questo?! E’ prima di tutto un provincialismo assoluto sentire parlare un presidente del Consiglio che adopera parole inglesi a me, italiano, fa impressione! È come se il presidente del Consiglio inglese usasse parole italiane mentre parla al Parlamento! È una follia! È una pura follia.
Esistono parole italiane che significano esattamente la stessa cosa, perché non usare le parole italiane? Nel campo della moda non ne parliamo, ormai si parla solo inglese.
È così che muoiono le lingue! Sapete quante lingue muoiono? Sei lingue ogni 15 giorni nel mondo, perché una lingua diventa e, fino a farla scomparire.
Dio mio, noi abbiamo una tradizione letteraria fortissima, quella per fortuna non scomparirà, ma si rischia di fare diventare l’italiano una lingua morta.
Quindi io non sono, attenzione, un autarchico, come capitò ai tempi del fascismo, quando Wanda Osiris dovette cambiarsi il nome in Wanda Osiri, levando la esse finale, perché faceva straniero, o "Saint Luis Blues" diventava "Tristezza di San Luigi", un delirio mentale insomma, ma una giusta difesa della lingua bisogna che sia fatta assolutamente.
Noi abbiamo fatto una guerra infame ai dialetti, ma i dialetti sono la forza di una lingua, noi abbiamo questa rara cosa, che sono i dialetti, che altre nazioni e popoli non hanno, la lingua è nazionale, è come un albero, che affonda le sue radici in tutta l’Italia e trae dalla periferia verso il centro le parole, le parole così una volta diventavano lingua, dalla periferia al centro.
E erano come una linfa vitale per l’albero della lingua.
Producevano foglie, vive. Se il terreno su cui si nutre la radice dell’albero è inquinato da parole straniere le foglie diventano gialle, l’albero muore è questo il rischio che corriamo, non ora, certo, ma tra trent’anni sì! E allora io vi invito a un minore provincialismo e al recupero delle bellissime parole della nostra bellissima lingua.
Io ho scritto, è stato pubblicato in questi giorni, un libro, che si intitola “Come la penso”. In questo libro ci sono alcune cosine: "Perché con la cultura si mangia?" La cultura non è una cosa sacrale, una cosa da colti, per pochi, è di tutti! E poi che cosa è la cultura? Non è solo la letteratura, ma la cultura è lavoro dell’operaio, è come lavora un impiegato, è come la pensa il capo condominio. La cultura siamo noi! Perché noi siamo cultura, l’uomo è cultura.
Quindi, certo che poi ci sono forme più alte di cultura, ma quando sento che l’Italia è l’ultimo Paese europeo a spendere per la cultura, a me cascano le braccia, perché dico a che punto siamo arrivati? Oltretutto c’è l’imbecillità di non capire che se tu spendi per la cultura, la cultura la tua spesa te la restituisce triplicata, perché spendere per la cultura significa tenere in piedi Pompei e non farla cadere a pezzi, significa dare la possibilità di tenere aperti musei, sempre e comunque, significa sfruttare le nostre opere d’arte, anche in senso turistico. Io non so se faccio cultura pubblicando libri, ma comunque scrivo libri e nel momento in cui in Germania ho venduto sei milioni di copie e mi scrivono dalla Germania: “Ma come è la Sicilia? Io vorrei andare in questo posto, vorrei andare”, e io certe volte nelle risposte mi trasformo in una sorta di operatore turistico. Io non so se è un fatto culturale, ma un fatto di soldi che rientrano in Italia sicuramente lo è attraverso il turismo.
Facciamo Montalbano in televisione… racconto un’altra storia. Lo prende la BBC e lo manda in prima serata in Inghilterra. Non ci crederete! Non ricevo una lettera da un organizzatore turistico inglese che fa due voli charter per la Sicilia con quelli che avevano visto Montalbano?! La cultura fa mangiare, i soldi che si investono in cultura, torno a ripetere, vengono restituiti allo Stato almeno triplicati.
Quindi la cultura oltre a elevare l’uomo intellettualmente, fa bene anche dal punto di vista delle finanze delle Stato italiano.
A me queste cose di dare messaggi ai giovani non mi va tanto giù, perché a parte il fatto che ho 88 anni e uno che dà consigli ai giovani presume a 88 anni di capire i giovani di oggi, e è un atto di presunzione.
Per questo io non faccio mai né il buon nonno, cerco sempre di evitarlo accuratamente.
Oggi però una cosa posso vedere, non come la pensano, perché se la pensano per i fatti loro e fanno bene. Per capire i giovani di oggi bisognerebbe essere loro contemporanei e la cosa mi è assolutamente negata, io sono contemporaneo della bomba atomica, della televisione e della minigonna e mi fermo alla minigonna che mi sembra un bel soffermarsi.
Oltre mi inizia a diventare difficile, mi viene difficile il computer, internet non ne parliamo, però è chiaro che una serie di contingenze economiche, sociali, finanziarie, politiche, sta ammazzando i giovani di oggi.
Una volta c’erano le guerre, i giovani partivano e ci lasciavano la pelle e saltavano tre generazioni di giovani. Oggi questo fortunatamente non avviene più, però avviene un altro tipo di omicidio che è quello del loro avvenire. L’impossibilità di realizzarsi attraverso il lavoro, questa è la cosa più atroce che succede in Italia a un giovane.
E allora l’unica cosa che io posso umilmente dire a loro, con molta umiltà, è io non credo alla speranza. Chi vive di speranza muore disperato, io credo nei propositi, che si mettano in testa dei propositi, di fare, comunque, di resistere alla contingenza, anche alla disperata, facciano conto di trovarsi su una zattera, ma devono assolutamente questa zattera portarla su una spiaggia, senza mai perdere, non la tenerezza, ma il coraggio e la forza che viene a loro dal fatto di essere giovani.
Questo l’augurio che faccio loro, non perdere mai la forza e la fede nella loro gioventù.
In quanto agli adulti, molti degli adulti sono responsabili della situazione di oggi, quindi il consiglio che posso dare agli adulti assennati è quello di interessarsi assai di più alla vita politica seria, perché l’astensionismo peggiora le cose, partecipare alla vita pubblica e alla vita politica con le proprie opinioni è sempre e comunque un atto positivo, quindi continuare a essere esistenti nella società.
Passate parola se lo ritenete opportuno e se non lo ritenete opportuno tacete."
Andrea Camilleri
 
 

La Notizia giornale, 20.5.2013
Zingaretti ferma Montalbano. Le produzioni cinematografiche e le fiction corrono il rischio di non vedere la luce perché la Regione Lazio non ha sbloccato i finanziamenti

[...]
I primi 15milioni di euro a sostegno di 114 produzioni tra film, documentari e fiction finanziati nel 2011, dovrebbero essere liquidati interamente dalla Regione Lazio entro il mese di giugno. Ma rischia di saltare la seconda trance dei finanziamenti al cinema e all’audiovisivo, altri 15milioni di euro messi a bando dall’ex amministrazione regionale di centrodestra nell’agosto dello scorso anno (tra cui anche Il commissario Montalbano).
[...]
Matilde Miceli
 
 

Kataweb TvZap, 21.5.2013
Auditel
Ascolti tv, Zingaretti trionfa quasi 8 milioni per Montalbano

Il Commissario Montalbano ogni settimana indaga, risolve i casi più intricati e, immancabilmente, trionfa negli ascolti. Anche la replica dell’episodio “Il gioco delle tre carte” (trasmesso per la prima volta nel 2005), andata in onda lunedì 20 maggio, si è infatti aggiudicata a mani basse la serata con 7 milioni 883 mila spettatori e il 29,05% di share.
[...]
 
 

Giornalettismo, 21.5.2013
Oggi Twitter ammazza Andrea Camilleri
Lo scherzo è bello quando dura poco?

Debenedetti colpisce ancora? Oggi su Twitter è “morto” Andrea Camilleri. Ne dà notizia una falsa pagina di Sellerio Editore in molte lingue, giacché la bufala più è internazionale e meglio è. E’ proprio il vero account di Sellerio che rivela la bufala anche se non ci voleva molto a capirlo
TWITTER ASSASSINO – Camilleri, anche lui moribondo almeno una volta l’anno, è in ricca compagnia. Nei mesi scorsi infatti, Twitter aveva “ucciso” Fabri Fibra (per colpa dello smartphone incustodito di Mentana) e Gabriel Garcia Marquez (ancora una volta), “morti” eccellenti che, nel caso dell’ultimo esempio, erano state rivendicate proprio dal giornalista Tommaso Debenedetti.


 
 

La Repubblica, 21.5.2013
Camilleri: "Mi costringono a Twitter per dire che non sono morto"

"Non sono morto, ma per smentire ci sono dovuto arrivare, dentro Twitter": con questo post Andrea Camilleri ha smentito su Twitter l'ultima bufala del web. In giornata un account fake aveva comunicato sempre su Twitter la falsa notizia della morte dello scrittore, poi smentita. Poco dopo il tweet di Andrea Camilleri (@CamilleriAnd) che potrebbe essere [Ma non lo è, si tratta di un altro fake, NdCFC] quello dello scrittore (ritwittato anche da @edicolafiore) che scrive: "Sono Andrea Camilleri, il morto di poco fa. Benvenuti nel mio conto. Sono qui per prova, per gioco, per pochi minuti".


 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.5.2013
I siciliani oltre Camilleri la nuova leva di scrittori che conquista l'editoria

Prolifica come poche, visionaria, bacino rassicurante di follia, un panorama vivacissimo che sta facendo i conti con la sua tradizione importante, spostando avanti gli obiettivi linguistici e stilistici, capace di anacronismi attuali e flash forward aristocratici: così gli editor della narrativa italiana descrivono le produzioni dei nuovi talenti siciliani.
«Un manoscritto di un siciliano è sempre motivo di attenzione - dice Giulia Ichino, editor per la narrativa italiana di Mondadori - c'è il rischio che ci si trovino dentro molti cliché ma proprio perché molto diversificata, la produzione letteraria siciliana non viene mai ignorata».
Insomma, la grande editoria ha un occhio d'attenzione per il bacino siciliano. E allora via i cliché, nessuna paura di osare e soprattutto rigoroso lavoro sulla lingua: questa è la nuova letteratura siciliana che sta conquistando le più importanti case editrici nazionali. E non stiamo parlando di Camilleri, asso pigliatutto Sellerio: oltre il fabbricante di best seller, ma anche oltre la fortuna editoriale di Alajmo, tornato con l'ultimo libro alla Mondadori, della Agnello Hornby, cuspide Feltrinelli-Sellerio, della Torregrossa, di casa a Mondadori, della Santangelo, firma Einaudi, c'è un movimento di nuove leve che racconta la Sicilia, magari in modo diverso.
[…]
Alla Feltrinelli, il direttore letterario Alberto Rollo osserva che è in atto un momento importante di pacificazione ed emancipazione da quella che è sempre stata avvertita come un'eredità pesante: «La Sicilia sta facendo i conti con una tradizione importante, anche quella più recente di Sciascia, Consolo e Bufalino, ma guarda avanti - dice Rollo - Da una parte rispondendo ai criteri del romanzo di salda tradizione otto-novecentesca, come Camilleri, Roberto Alajmo, Silvana La Spina, Agnello Hornby, dall'altra muovendo pedine verso la cornice della scacchiera».
[…]
Eleonora Lombardo
 
 

The American University of Rome, 22.5.2013
Laurea Honoris Causa in Humane Letters ad Andrea Camilleri dall’American University of Rome

L’American University of Rome conferirà una Laurea Honoris Causa, in absentia, ad Andrea Camilleri venerdì 24 maggio, nel corso della cerimonia delle Lauree per l'anno 2013. La consegna della Laurea avverrà all’inizio del prossimo anno accademico, in una data che sarà comunicata prossimamente. Lo scrittore sarà insignito per la sua lunga e illustre carriera, l’integrità del suo lavoro e il suo contributo alla storia della letteratura; per aver donato al mondo uno dei più accattivanti personaggi letterari di tutti i tempi, il Commissario Montalbano; per aver presentato al mondo la complessa bellezza della Sicilia e del suo popolo e per aver esaminato la natura e gli effetti del crimine e della corruzione nel corso di cambiamenti drammatici della storia italiana, fornendo, attraverso l’elegante stile letterario del thriller, un’acuta critica culturale.
La cerimonia di consegna delle Lauree dell’American University of Rome comincerà alle ore 17.30 e si terrà a Villa Aurelia, in Largo di Porta San Pancrazio 1.
Ingresso su invito.
Per accrediti stampa si prega di contattare Maurizia Garzia, The American University of Rome: m.garzia@aur.edu, tel. 06 5833 0919, int. 209.
L’American University of Rome opera in Italia dal 1969. E’ un’universita’ privata, no profit, che offre Lauree americane (Bachelors) in diverse discipline. Per maggiori informazioni: www.aur.edu
Via Pietro Roselli 4, 00153 Roma (ITALY) www.aur.edu
 
 

Adnkronos, 22.5.2013
Fiore e gli amici dell'edicola cantano il 'Valzer della Panchina' /Video

Roma – […]
Infine, Fiorello interpreta Camilleri, "ieri dato per morto", spiegando come sono andate le cose. "Buongiorno a tutti - dice il comico siciliano imitando la voce del creatore di Montalbano - Il problema è stato che un vicino di casa, non vedendo uscire fumo dalle finestre ha pensato che fossi morto…e invece ero io che fumavo vicino al folletto: aspirava tutto. La cosa bella è che quando svuoto il sacco, il fumo me lo rifumo.
 
 

La Stampa (Asti), 22.5.2013
Personaggio
Io, sul set con Montalbano sogno un film con Verdone
Valentina Reggio, 21 anni, da Bubbio al piccolo e grande schermo

Il film «Una lama di luce» tratto da un rac­conto di Andrea Camilleri sulle avventure del commissario Montalbano, trasmesso da Rai Uno in prima serata, sfiorando gli 11 milioni di spetta­tori, ha riportato alla ribalta tele­visiva Valentina Reggio (nella fiction era Loredana, la moglie del titolare del supermercato rapinato)n una ragazza di 21 anni che in poco tempo ha sa­puto imporsi nelle fiction televisive per spontaneità e dolcezza, oltre che per la bellezza.
[...]
Ci confessi il nome dell’attore e del regista con cui si è trovata meglio?
«Luca Zingaretti è un attore straordinario e rigoroso. Terence Hill è dotato di una sensibilità eccezionale ed è un uomo amorevole. Con tutti i registi con cui ho lavorato mi sono trovata bene. Da Cinzia Th Torrini ad Alberto Sironi che mi ha fatto capire lo scrupolo con cui occorre cimentarsi nel ruolo a Luigi Perelli che è subito riuscito a mettermi a mio agio davanti alle telecamere».
[...]
Le sensazioni provate registrando il film “Una lama di luce” tratto da un racconto di Camilleri?
«Interpretare un personaggio pensato da Camilleri è stato per me un grande onore. La gratificazione per essere stata scelta per ricoprire un ruolo ricco di varie sfumature è stata grande. In me c’era anche la voglia di provare a recitare in una lingua, quella siciliana, che mi appartiene solo per metà per via delle origini di mamma».
[...]
Oldrado Poggio
 
 

RagusaNews, 22.5.2013
Commissario Montalbano, nel ragusano più 14 per cento di turisti annui
Lo spot più grande

Roma - Il matrimonio funziona e sembra indissolubile.
La provincia di Ragusa e il 'commissario Montalbano' si amano.
Il successo della serie tv sul celebre commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri, è cresciuto di pari passo alla promozione di questo territorio che il piccolo schermo ha messo in luce con i bellissimi monumenti barocchi, i riflessi del mare in cui nuota il commissario reso celebre da Luca Zingaretti e le coste dorate, da oggi nel mirino dei carabinieri che dovranno verificare presunti abusi edilizi.
Location divenute ben riconoscibili ai turisti-telespettatori che non mancano di visitare la 'Vigata' immaginaria di Camillieri. Una promozione a 360 gradi che trova grande interesse anche alle borse del turismo dove gli enti locali, i tour operator e i siti internet con itinerari turistici, mettono in evidenza l'equazione provincia di Ragusa uguale set del commissario Montalbano.
Il turismo in tutta la Sicilia del sud-est è cresciuto, dal 1998, quando la fiction ha debuttato, al ritmo del 12-14% l'anno, con un aumento esponenziale dei bed & Breakfast e gli agriturismi, da 65 nel 2001 ai 2900 dieci anni dopo, di cui molti intitolati al Commissario.
La veranda di Marinella, dove Montalbano trascorre la maggior parte del tempo, tra riflessioni, pranzi a base di pesce, la voglia di respirare la Sicilia autentica raccontata da Camilleri, è diventata una vera e propria gallina dalle uova d'oro per il territorio. Così come il commissariato di Vigata dove lavorano Salvo e i suoi collaboratori, Mimì Augello, Carmine Fazio e Agatino Catarella, ambientato all'interno del Municipio della barocca Scicli, un edificio dei primi del secolo in stile neorinascimentale.
Il Commissario Montalbano quest’anno ha chiuso con il record assoluto, sia in termini di spettatori sia di share: Una lama di luce, quarto e ultimo dei nuovi episodi con Luca Zingaretti, ha raccolto ieri su Rai1 una media di 10.715.000 telespettatori pari al 38.13% di share, migliorando il precedente record del lunedì precedente (10.223.000 con il 36.43%).
Complici anche la bellezza mozzafiato delle protagoniste femminili e dei paesaggi, le trame «a orologeria» al profumo di gelsomino, l'intensità dei personaggi e soprattutto lui, Luca Zingaretti.
Andrea Camilleri, il creatore del commissario, analizza così le ragioni del successo del suo Montalbano in televisione: «La serie tv ha avuto un andamento contrario a quanto avviene di solito con i serial, è andato crescendo come numero di spettatori - illustra Camilleri -. Di solito dopo la seconda puntata c'è una flessione, in questo caso invece i 9.600 milioni di telespettatori della prima puntata sono diventati 9.900 alla seconda e 10.200 alla terza. È un fenomeno interessante, anche per i tecnici. La ragione credo che sia nel fatto che stavolta il livello del Montalbano nel suo complesso è un po' più alto rispetto alle serie precedenti. C'è forse anche una seconda ragione: in questi ultimi episodi la trama è più "densa"... è così che mi è venuta scrivendo», spiega lo scrittore.
Le introduzioni Hitchcockiane
Ma un altro punto di forza della nuova serie è stato di certo anche il fatto che ogni puntata sia stata introdotta brevemente da Camilleri «di persona personalmente». La sua voce calma e impastata di fumo di sigarette ha infatti illuminato gli spettatori favorendo una comprensione più profonda delle storie, delle circostanze in cui sono nate e dei titoli. «Ho inizialmente esitato ad accettare questa proposta - ha detto lo scrittore siciliano - mi sono convinto quando ho capito che in questo modo potevo indirizzare il telespettatore verso una maggiore comprensione di quanto stavano per vedere. A me interessava, dunque, dire il senso, l'origine e l'occasione di quanto avevo scritto. Se mi hanno chiesto di fare la presentazione e hanno insistito perché accettassi, evidentemente ritenevano che io potessi dare un apporto».
[…]
 
 

Libero, 23.5.2013
Editore che vai, Camilleri che trovi: perche’ il papa’ di Montalbano “funziona” solo con Sellerio
Esperimento: leggere qualche pagina di Camilleri senza citare l’autore per capire la differenza tra lo stile di Montalbano e le cadute di stile delle altre opere - Sono gli effetti collaterali dell’ansia di sfornare libri a getto continuo…

Per un lettore che le statistiche incastonano nel gruppo dei cosiddetti "forti", è una iattura scoprire che un autore apprezzato compie uno scivolone alla Chaplin. Specie se la caduta (di stile) va in qualche modo attribuita all'ansia di raggiungere un record di libri stampati...
Sere fa ho invitato a cena il mio amico Matteo, lettore onnivoro e dalla memoria strabiliante. Mi è venuta voglia di fargli un test. Ho afferrato dallo scaffale un romanzo a cui ho tolto la copertina, così che ignorasse titolo e autore. Ora, Matteo, ti leggo alcune frasi e tu cerca di indovinare chi le ha scritte. Inizio: «Trattiene un poco il respiro per continuare a immaginarsi morta dentro la bara del sonno». Matteo: è uno che vuole dimostrare di scrivere bene.
Proprio questo il guaio, ma aspetta: «A convincerla che aveva delle gambe splendide e delle tette da antologia era stato il professore di filosofia... che spesso interrompeva la ripetizione e la faceva mettere nuda davanti allo specchio». Matteo: ho solo sfogliato Cinquanta sfumature di grigio, ma escludo sia quello.
Procedo: «Va a sedersi sulla tazza. Tutte le sue funzioni si attivano alla perfezione». Matteo: sembra una Lamborghini che ruggisce al parcheggio. Però anche il cesso ha un suo fascino erotico... Potrei condividere. Però senti qua: «Ma ci sarebbero rimasti di più se Marcello non si fosse preso uno spavento della madonna».
Matteo sorride: se la frase non è virgolettata, è chiaro che l'autore è lombardo. Quindi restringiamo il campo. Manco per idea, l'autore è ben lontano dal Nord. Gli riferisco poi che la protagonista, in spiaggia, segue i finti duelli tra bulli pasoliniani, che lottano, saltano «così come avveniva al mercato degli schiavi». È attratta dai muscoli, sorride ma si ravvede: «Be' non è detto che i più muscolosi...».
Be' ha ragione, mi risponde. Però devi sentire questa: «Ma lui si era accorto della sua presenza, le si era messo di fronte, aveva tirato fuori il rubinettone e si era messo a fare la pipì all'aria, ogni tanto faceva ruotare il rubinettone con la mano e la pipì descriveva un arco ora a destra ora a sinistra e lo gnomo rideva pure e lei si era messa a ridere. Allora lo gnomo le aveva detto mostrando il rubinettone: "Vieni qua e giocaci tu".
Ma lei si era impaurita». Risata di Matteo. Che non ha più resistito: è un esordiente, o una esordiente, con tanto di padrino, sennò chi gli darebbe retta? Comunque intende compiacere i gusti del pubblico basso. Non hai proprio torto, ribatto, salvo che l'autore in questione è Andrea Camilleri, classe 1925.
Il mio amico e io concordiamo su alcune peculiarità dello scrittore di Porto Empedocle. Ossia: è bravissimo quando muove sul litorale ragusano [Sic!, NdCFC] il commissario Montalbano (cfr. il recentissimo Un covo di vipere [Che non è ancora stato pubblicato…, NdCFC]), è un po' noioso nei romanzi storici, è francamente sbrigativo con altri editori che non siano la Sellerio, quindi con Rizzoli e Mondadori (il libro citato, Il tuttomio, è appunto Mondadori).
Anche se so che Matteo usa andare a letto presto, lo trattengo e riassumo la nota finale di Camilleri: «Due suggestioni sono alla base di questo romanzo. La prima è di natura letteraria, e precisamente Santuario di Faulkner. L'altra è un fatto di cronaca successo a Roma... il personaggio di Adriana è decisamente di fantasia e in parte il risultato dell'assemblaggio, assai deformato, di segmenti di storie di donne che mi sono state raccontate. O confidate durante incontri carcerari».
Matteo riconosce subito il fatto di cronaca: ah, la vicenda della contessa Casati Stampa che veniva offerta ai ragazzi di vita sul litorale laziale dal marito voyeur e impotente. Con finale tragico. Vero, ma spiegami la ragione di questa nota. Vedi, assemblare sa un po' di scaffale Ikea. Non credi che ci sia il rischio che a forza di assemblare, l'oggetto che ne vien fuori sia monco del baricentro? Matteo se ne va. Quel gioco mi ha amaramente divertito. E alimenta alcuni miei ricordi su quegli scrittori che cambiano scrivanie a seconda del genere che affrontano.
Ebbene, mi trovo per le mani un vecchio romanzo dello spagnolo Javier Marìas. È datato 1971, collocato quindi in quel decennio in cui, abbandonati gli studi di architettura, decise di sperimentarsi, un po' alla buona, con la narrativa. Uno di questi libri lo ha riproposto ora la Einaudi. S'intitola I territori del lupo. Trama e stile dignitosi, nessuna caduta. Marìas ha percorso l'itinerario classico: dal romanzo popolare a quello d'élite (consiglio Gli innamoramenti). Insomma, usa lo stesso tavolo e non cade mai dallo scranno stilistico.
Penso pure ad Alicia Gimenez Bartlett, capace di alternare i gialli che ruotano attorno all'ispettrice Pedra Delicado con libri senza venature gialle. Impeccabili entrambi, soprattutto i secondi. E nessuno palesa il chiasso dell'assemblaggio.
P.S.: Caro Camilleri, l'autore di questo articolo si chiama come quel «professor Fasanotti» che lei ha inventato, o cavato dalla sua memoria, in un suo romanzo mondadoriano (non ricordo il titolo: non mi piaceva e l'ho regalato). Come lei amo Pirandello. Caso di omonimia letteraria, un involontario omaggio a don Luigi. Divertente. Anche se quel prof. che portava il mio nome, lei l'ha descritto come uomo scostante e antipatico. Ma non gliene voglio, mi creda.
Pier Mario Fasanotti
 
 

Diversamente Aff-abile, 23.5.2013
La foresta in fiamme di Andrea Camilleri

Provo sgomento, come tutti, di fronte alla crisi profonda in cui siamo immersi. Da ogni dove arrivano segnali di sofferenza, precarietà, povertà, dolore, depressione. Ma non bisogna lasciarsi attraversare, atterrire e atterrare da pensieri negativi, non bisogna mollare, ma tenere ben saldi principi etici con cui sarà possibile ricostruire. Perchè si ricostruirà. Bisogna tenere salda la speranza che una ricostruzione è possibile, bisogna tenere salda la fiducia che saremo in grado di ricostruire, bisogna mantenere saldo il rispetto verso noi stessi e verso il prossimo, in vista di quella meravigliosa ricostruzione.
Credo che etica, speranza, fiducia, rispetto possano rappresentare saldi punti di riferimento a cui afferrarsi quando ci si sente scoraggiati e impauriti. A partire da noi stessi. Ognuno è chiamato a rappresentare un punto di riferimento per sé e per chi gli è accanto. Ognuno deve mettercela tutta per fare la sua parte che, per quanto piccola, è importantissima. In qualsiasi ambito. A questo proposito, non riesco a dimenticare la piccola storia che Andrea Camilleri ha raccontato tempo fa durante una serata all’Auditorium Parco della Musica di Roma, davanti a una platea gremita. Non credo di essere stata l’unica persona colpita dalla semplicità e dalla forza del breve racconto di Camilleri:
Una foresta va a fuoco e tutti gli animali fuggono via, lontano dalle fiamme. Anche il leone che, di quella foresta, è il re. Mentre scappa si accorge che un colibrì, contrariamente a tutti gli altri animali, vola verso la foresta in fiamme. “Che fai, pazzo, non vedi che va tutto a fuoco?” gli urla il leone e il colibrì gli risponde: “Appunto, ho una goccia di rugiada sul petto e la sto portando per cercare di spegnere l’incendio!”
Fiamma Satta
 
 

Il Venerdì, 24.5.2013
Il padre del Commissario Montalbano raccoglie ricordi d'infanzia, memorie, personaggi incontrati
Camilleri, biografia «non autorizzata» scritta da se stesso

Anni? Ottantotto. Stile di vita? Poco salutista. Umore? Allegro. Hobby? L'amore per la vita. Affetti? Un mucchio. Piaceri? Scrivere, raccontare, fare il contastorie. Non il «cantastorie», si badi, ma proprio il «contastorie», anzi u' cuntastorie (per dirla in camillerese): colui che narra storie. Le conta ('u cuntu) e poi le racconta. Stavolta, l'oggetto delle storie è se stesso. In una specie di autobiografia del più grande narratore italiano del trentennio. Non sta bene dire il più grande? Allora diciamo il più venduto, amato e popolare. Oppure, in assoluto, quello che se la tira meno, pur avendone i numeri. Più che bulimico, è vulcanico. Nel 2013 ha licenziato un memori, La rivoluzione della luna, a fine maggio torna con un nuovo Montalbano, Un nido di vipere (entrambi per Sellerio) ma nel frattempo ha avuto il tempo di redarre Come la penso (Alcune cose che ho dentro la testa, Chiarelettere).
Camilleri non ci avrà fatto caso, ma nel riordinare scritti sparsi (dividendoli in autobiografici, storici, saggistici) ha parlato di se stesso. Con una schiettezza sconsolante, per noi appestati di ipocrisia. Si vede che attinge da pozzi di una arcana saggezza, dove si impara la semplicità. Ci parla di lui allievo-regista all'Accademia di arte drammatica di Roma, che apprende da Alberto Savinio (quest'ultimo andava a trovare la cognata) il segreto delle diverse sfumature del cielo romano, un arcano custodito soltanto dai pittori fiamminghi. Per poi narrarci i barbieri di Sicilia, che come il suo don Nonò tenevano in bottega le sanguisughe, per cavare ai clienti il sangue in eccesso. Un dibattito al suo vecchio liceo, l'Empedocle di Agrigento, gli ricorda Giuliana, a cui prestava il vocabolario di latino. Lei gli lasciò tra le pagine biglietti d'amore, di cui lui mai si avvide. Se ne accorse invece il professore, quando sequestrò e bruciò il vocabolario, sgridandolo: «Mascalzone, ti fai scrivere biglietti d'amore». Mai potè leggerli, andarono in fumo.
Nella Valle dei Templi, da bambini, inciampò in uno strano soldato che si rotolava in terra per fotografarne le bellezze. Non si capirono, parlavano lingue diverse, poi quello gli lasciò un biglietto con il nome: era Robert Capa, re dei fotografi di guerra. E si prosegue incontrando Gian Maria Volonté e Monica Vitti, Antonioni e Sciascia, i pizzini del boss Provenzano e il lavoro per la serie tv sul commissario Maigret, quella con Gino Cervi (un animale di scena, dice Camilleri: gigioneggiava con la pipa, per leggere il gobbo dove era scritta la parte). C'è la strage di Portella e il rovello che ogni siciliano si porta dall'Unità d'Italia: ma quei 5212 fucilati e quei tremila che, nel 1866, conquistarono e tennero Palermo per sette giorni, erano davvero banditi e maffiosi?
Piero Melati
 
 

Libreriamo, 24.5.2013
Andrea Camilleri, ''Mi sento un impiegato della scrittura''
L’illustre scrittore siciliano in esclusiva parla della sua passione per i libri e la scrittura, che l’hanno consacrato come uno tra i più importanti scrittori italiani, popolare in tutto il mondo

Milano - Ogni mattina si sveglia presto, si reca in studio dove scrive almeno per 3/4 ore. Poi pausa pranzo, quindi il pomeriggio rilegge quello che ha scritto. Sta in questa “straordinaria semplicità” il segreto di Andrea Camilleri, lo scrittore e sceneggiatore italiano amato in tutto il mondo.
SCRITTORE RIVOLUZIONARIO - Per noi di Libreriamo, Camilleri è sempre apparso come un rivoluzionario, in quanto è stato capace di scrivere della Sicilia e della sua gente in maniera innovativa, senza parlare di Mafia. La sua più grande dote, come si evince anche dalla breve ma significativa intervista che ci ha rilasciato in esclusiva, sta nel riuscire a rendere la storia raccontata in un libro, ahinoi uno strumento sempre meno accattivante per gli italiani, come se fosse uno sceneggiato televisivo. Una qualità che deriva dalla sua grande esperienza come sceneggiatore e regista iniziata nel 1942, e che solo molti anni dopo, precisamente nel 1978, è stata trasposta anche in ambito letterario.
MONTALBANO – Ma è nel 1994 che arriva la consacrazione di Andrea Camilleri come scrittore: quell’anno pubblica La forma dell'acqua, con il primo romanzo che vede protagonista il Commissario Montalbano. Dal 1995 al 2003 si amplia il “fenomeno Camilleri”, che di fatto esplode nel 1998. Titoli come Il birraio di Preston (1995) (quasi 70.000 copie vendute), La concessione del telefono e La mossa del cavallo (1999) vanno a ruba, mentre la serie televisiva su Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, ne fa ormai un autore cult. Di seguito l’intervista con il maestro Camilleri.
Quando e come è nata in lei la passione per la scrittura?
Non saprei darle una risposta esatta. Credo di aver iniziato a coltivare la mia passione per la scrittura in concomitanza con la scoperta e quindi con la passione per la lettura che è iniziata più di 80 anni fa...!
C’è un aneddoto particolare che può rivelarci relativa alla sua attività di autore?
Non saprei... Forse la mia particolarità è quella di essere un vero "impiegato della scrittura". Ogni mattina mi sveglio piuttosto presto e lavato, sbarbato e vestito di tutto punto mi reco in studio dove scrivo almeno per 3/4 ore. Poi pausa pranzo e poi di nuovo il pomeriggio rileggo quello che ho scritto...Tutto questo 5 giorni alla settimana...
In Italia si legge poco. Se dovesse pensare ad una frase o aforisma per promuovere la bellezza della lettura e dei libri, quale sarebbe?
I libri nutrono come il pane.
 
 

Diario del Web, 25.5.2013
Chiude il Salone dei record. Ed è boom di vendite
Successo straordinario e inatteso per la 26esime edizione della kermesse torinese dedicata al libro e a chi ama leggere. Più 4 per cento di presenze rispetto al 2012 e più 20 per cento in media la crescita delle vendite

[…]
Enorme crescita anche per Sellerio, che ha registrato un più 26 per cento di vendite rispetto al 2012. Tra i titoli più venduti «La rivoluzione della Luna» di Andrea Camilleri.
[…]
Miriam Carraretto
 
 

26.5.2013
Ferragosto in giallo
Sarà in libreria entro l’estate 2013 Ferragosto in giallo (Sellerio), un’antologia di racconti scritti, fra gli altri, da Andrea Camilleri (con una storia del Giovane Montalbano) e Marco Malvaldi.
 
 

La Gazzetta di Modena, 26.5.2013
Sandro Campani
Un Appennino amaro tra i miti della città e il ritorno impossibile

Di professione fa il grafico, spaziando tra la pubblicità e le piastrelle, come doveroso per chi si divide tra Mantefiorino, paese dov’è nato e cresciuto, e Roteglia (Re), dove vive e lavora. Per Sandro Campani, 38 anni e un diploma all’istituto d’arte “Venturi” di Modena, la scrittura creativa è diventata un laboratorio dove coagulare tensioni e idee in storie che hanno i profumi e gli umori della sua terra. Non ci sono però toni nostalgici in “La terra amara” (Rizzoli, 228 pagine, 18 euro) perché l’Appennino viene raccontato con toni molto realistici e nei giorni nostri. […] Paragoni con Camilleri? «No, non è lui il mio modello - risponde Campani - Ho cominciato a scrivere seriamente una quindicina di anni fa e il mio orizzonte è fatto di nebbie e boschi. I miei riferimenti sono Fenoglio e Pavese, non le atmosfere assolate della Sicilia. L’uso del dialetto? Un modo per rimarcare la vicinanza all’Appennino». […] Niente etichette dunque «Ma no, al massimo potrei rientrare nella categoria degli scrittori regionali. Il dialetto, sempre per tornare a Camilleri, non diventa una scelta esclusiva, ma credo che comunque abbia una sua vitalità, una ricchezza espressiva che il linguaggio di tutti i giorni, così appiattito tende a negare. Il linguaggio urbano, fatto di tv e slogan da supermercato, cancella tutte le sfumature, le diversità e le contraddizioni». […]
Saverio Cioce
 
 

Corriere della Sera, 26.5.2013
L'intervista - «Renzi l'unico che mi ha difeso. Vedo bene lui, Letta e Franceschini»
Brunetta: ferocia su di me solo perché sono basso
«Io come Balotelli. Per tanti a sinistra sono un'ossessione»

[…]
Cosa farà nella commissione vigilanza Rai? Chiederete un cambio ai vertici?
«Basta follie: basta Benigni, basta Camilleri, basta sudditanza culturale».
[..]
Aldo Cazzullo
 
 

La Presse, 27.5.2013
La 18e enquête du commissaire Montalbano, L'âge du doute, vient de paraître en français chez Fleuve noir, bien que publiée en italien en 2008. Prolifique, Andrea Camilleri a publié neuf autres enquêtes menées par son personnage depuis 2008. Celles-ci sont en attente de traduction.
Andrea Camilleri: polar spaghetti
Le prolifique maître du polar italien, Andrea Camilleri, a accepté de répondre à quelques questions, malgré son horaire toujours aussi chargé, à 87 ans.

En 1982, âgé de 57 ans, Andrea Camilleri, jusque-là metteur en scène et enseignant en art dramatique, se lance dans une seconde carrière: écrivain. Puis écrivain de polars. Et même écrivain de polars bestsellers, vendus à des millions d'exemplaires! Dès 1994, son personnage de Salvo Montalbano, commissaire de police dans la petite ville sicilienne fictive de Vigàta, connait en effet un succès foudroyant, d'abord en Italie, puis en France, en Angleterre, en Allemagne... et au Québec.
La 18e enquête de Montalbano, L'âge du doute, vient de paraître en français chez Fleuve noir, bien que publiée en italien en 2008. Cette enquête compte notamment des clins d'oeil au roman Les Pitard de George Simenon (un passeport au nom d'Émile Lannec, une épouse qui règne sur un bateau...): c'est particulièrement suave quand on sait que Camilleri a adapté les enquêtes de l'inspecteur Maigret pour la télévision italienne, quand il était metteur en scène. Prolifique, Camilleri? Depuis 2008, il a déjà publié en Italie neuf autres enquêtes du commissaire, qui attendent d'être traduites.
Q: Dès la première enquête du commissaire Montalbano (La forme de l'eau en 1994 en italien, en 2000 en français), la mafia, qu'on associe beaucoup à la Sicile, a relativement peu d'importance dans le quotidien du commissariat de Vigàta. Aviez-vous dès le départ cette volonté?
R: Oui, dès le début, je me suis fixé deux objectifs: je voulais que ce roman, bien que campé en Sicile, ne tourne pas complètement autour de la mafia et éviter d'en parler trop. À trop traiter la mafia de façon romanesque, on finit presque toujours par créer des personnages plutôt sympathiques aux yeux du public, et cela ne me semble pas une bonne idée.
Q: Les femmes sont importantes pour Montalbano, même s'il ne semble pas être capable de vivre avec elles. C'est encore plus vrai dans L'âge du doute, où sa fiancée de toujours est quasi absente et où la possibilité d'une autre relation amoureuse est extrêmement douloureuse, pourquoi?
R: Le titre du livre signifie justement cela: la complexité de la situation provoque de grands doutes chez mon personnage; a-t-il le droit de s'offrir une seconde chance? En fin de compte, c'est le contexte qui en décide. Les personnages de romans se comportent comme des êtres humains, pas comme des lignes droites, ils sont habités par le doute, l'anxiété...
Q: Dans L'âge du doute, les collaborateurs habituels de Montalbano - l'inspecteur Fazio, l'adjoint Augello, le délirant officier Catarella... - sont beaucoup moins présents que dans les précédentes enquêtes. Montalbano est plus solitaire, obsédé par le fait de vieillir, alors qu'il atteint l'âge de 58 ans, l'âge que vous aviez quand vous avez entrepris une seconde carrière. Pourquoi?
R: Parce que malheureusement, on vieillit! Mon personnage de Salvo croît et évolue au fil des ans dans les romans qui racontent son histoire. Je crois qu'il y a, dans le cours de la vie d'un homme, un moment où on se sent exactement comme Montalbano.
Q: Une petite question facultative, en terminant: vous avez mené deux carrières réussies, comme metteur en scène et comme auteur. Envisagez-vous une troisième carrière?
R: Je crois qu'à 87 ans, je me suis déjà assez lancé comme ça!
Marie-Christine Blais
 
 

KataWeb TvZap, 27.5.2013
Tendenze
Arrow e Montalbano, un successo per due

Sono stati i due fenomeni della stagione televisiva. Nei mesi di messa in onda primaverile il commissario e il giustiziere hanno affascinato il pubblico, per diversi motivi certo, ma il risultato non cambia: ottimi ascolti e fan a pacchi. E lunedì 27 maggio entrambe hanno chiuso la messa in onda, in attesa dei nuovi episodi.
Due prodotti nettamente distinti, uno made in Italy al 100%, l’altro più straniero che non si può, uno nato dalle pagine di romanzi gialli, l’altro da quelle dei fumetti, uno punta tutto sul fascino siculo e sulla personalità di Luca Zingaretti, l’altro sugli addominali di Stephen Amell. Fatto sta che nel campo della fiction e delle serie tv sono stati i due campioni incontrastati della stagione (almeno in chiaro).
Arrow ha bissato i record statunitensi del canale che la trasmette, CW, affermandosi come premiere più vista di sempre e in Italia è arrivata a 3milioni e mezzo di spettatori con la puntata in onda il 18 marzo su Italia1, un successo dovuto non tanto alla storia in se, ma soprattutto all’attore protagonista e alla sua sessione di training con cui delizia i telespettatori senza lesinare in muscoli e fatica. Dall’altra parte su Rai1 la fiction su Montalbano, il commissario creato da Andrea Camilleri, ha totalizzato numeri da guinness dei primati: “Una lama di luce”, quarto e ultimo dei nuovi episodi andato in onda il 6 maggio, ha raccolto una media di 10.715.000 telespettatori pari al 38,13% di share. Un successo da non lasciarsi scappare tanto che la Rai ha deciso di riproporre 4 puntate vintage per non perdere l’effetto-Montalbano. E anche questo revival si è portato a casa i suoi bei 6milioni di spettatori a puntata. Non c’è che dire Montalbano non ha rivali. Nessuno può contro di lui, neppure la Freccia Verde.
Laura Gusatto
 
 

Cadoinpiedi, 28.5.2013
L'Italia che sogno? E' nella stanza di De Gasperi
"Finché avremo l'anomalia Berlusconi il sogno di un'Italia pacificata non potrà mai avverarsi. Forse, una volta scomparso lui dalla scena politica, i capi dei partiti potranno di nuovo riunirsi in una stanza e concorrere tutti a un discorso comune per il bene del Paese"

E' in libreria per i tipi di Chiarelettere il nuovo libro di Andrea Camilleri, "Come la penso", un esaustivo ventaglio degli scritti e dei discorsi dell'Autore siciliano.
Il blog lo ha intervistato.
La costruzione del futuro passa anche dalla lotta alle mafie e all'illegalità. Trova delle differenze rispetto al passato, riguardo alla lotta alla criminalità e alle connivenze con lo Stato? A che punto siamo, oggi, sotto quest'aspetto?
Nei primissimi anni del '900, nella tratta che andava da Palermo a Termini Imerese, venne rinvenuto assassinato con 24 coltellate l'allora direttore generale del Banco di Sicilia. La cosa fece un clamore enorme: l'indagine portò alla luce che si trattava di un delitto mafioso perché questo direttore generale si era rifiutato di piegarsi alle richieste di boss mafiosi di grossa importanza, i quali (si scoprì in seguito) non agivano per conto proprio, ma per conto di alcuni politici, in testa a cui c'era l'onorevole Palizzolo. Di questo processo si sono dimenticati tutti in Italia, eppure già da allora era chiara la collusione tra mafia, banche e politica.
Naturalmente sin da allora si iniziò con il negare che la mafia c'entrasse o addirittura che esistesse, questa storia che la mafia non esisteva è durata a lungo, poi si accorsero che esisteva e il primo a accorgersene fu Mussolini quando giunse in Sicilia per la prima volta, nel 1924. Accompagnato dalla scorta, il duce salì sulla macchina del sindaco di allora; costui, però, era un boss mafioso e gli disse: "Eccellenza, non c'è bisogno di tutta questa scorta, basto io". Mussolini si infuriò, tornò a Roma e mandò giù il prefetto di ferro, Cesare Mori.
Come dice Leonardo Sciascia, "l'unica libertà che i siciliani conobbero sotto il fascismo fu di essere stati liberati dalla mafia".
La mafia tornò in auge con lo sbarco degli americani in Sicilia, quando - faccio un solo esempio - 60 paesi dei comuni della provincia di Palermo vennero direttamente amministrati da mafiosi conclamati, risvegliati dal sonno e messi lì dalle forze alleate americane.
Da allora la mafia continua a esistere, ma non per tutti, non per esempio per l'arcivescovo di Palermo, Ruffini, che sosteneva che la mafia era un'invenzione dei giornalisti cattivi.
Preso atto a suon di bombe che la mafia esisteva, lo Stato ha iniziato a combatterla.
Ci sono stati dei magistrati, dei poliziotti, carabinieri, che l'hanno combattuta sul serio, si chiamano Falcone, Borsellino..., ma potrei fare un elenco interminabile di siciliani che hanno combattuto la mafia e si sa come sono finiti. Poi c'è stata un'altra grossa guerra alla mafia, che però era una strana guerra, in quanto la mafia risultava vincitrice, perché veniva regolarmente eletta, come al tempo degli americani, e faceva parte del nostro Parlamento.
Diciamo che la mafia è anche le collaterali attività di criminalità organizzata tipo camorra, basta guardare quello che è successo all'onorevole Cosentino, che appena non è più stato onorevole è stato tradotto nelle carceri. Fino a quando si permetterà a gente sospettata, non dico di collusione, ma di un minimo di rapporto con la mafia di avere cariche pubbliche, che vanno dall'Amministrazione comunale al Parlamento, la guerra con la mafia sarà sempre perduta.
Qual è il lascito, la consegna morale e culturale che uno scrittore trasmette al suo pubblico attraverso, appunto, i suoi scritti?
L'autore ha solo il dovere di lasciare i suoi libri. Se poi dentro a questi libri c'è un piccolissimo tentativo di indicare quelle che secondo l'autore sono delle norme di esistenza civile che possono fare il bene e la convivenza civile di tutti, questo è bene, se non ci sono pazienza.
Nel libro Lei rievoca alcuni ricordi della sua fanciullezza. C'è un diaframma tra l'Italia che ricorda, con le sue speranze e le attese per il futuro, e l'Italia di oggi?
Non è tanto una immagine da bambino, è una immagine da adulto... Io sono stato iscritto al Partito Comunista dal 1944, che non era clandestino, perché la Sicilia, dopo lo sbarco degli Alleati, era già territorio liberato. Quando finì la guerra, il capo del governo di allora, De Gasperi, venne chiamato a Parigi: era la prima volta che un rappresentante italiano parlava ai vincitori: russi, americani, inglesi...
Ascoltai il suo discorso attraverso un cinegiornale, iniziava con queste parole: "Sento che in questa sala tutto tranne la vostra personale cortesia è contro di me e il mio paese".
Questo bellissimo discorso di De Gasperi, mio avversario politico, perché De Gasperi era Democratico Cristiano, a quanto racconta Gorresio venne scritto la notte prima in una stanza di albergo con la collaborazione di Sforza, Togliatti e altri politici italiani di diversi partiti politici. Ecco, io vorrei che l'Italia potesse ritrovarsi come in quella stanza quella notte.
Ora il problema è uno e solo uno, e bisogna dirlo fuori dai denti: fino a che noi avremo in Italia l'anomalia Berlusconi il sogno di quella stanza non potrà mai avverarsi.
Forse una volta scomparso Berlusconi dalla scena politica italiana i capi dei partiti potranno di nuovo riunirsi in una stanza e parlare, concorrere tutti a un discorso comune per il bene dell'Italia.
 
 

Corriere di Gela, 28.5.2013
Le prospettive intriganti nel “giallo siciliano” di Daniela Privitera

Nell’incavo dell’enigma si muove Daniela Privitera con il libro Il giallo siciliano da Sciascia a Camilleri (Gela, Kronomedia Edizioni e Comunicazione, 2009). Nella prefazione, Salvo Fallica, accennando ai plurimi significati del “giallo” (ricerca della verità, strumento di analisi e di riflessione, nonché mezzo di conoscenza e di decostruzione critica della realtà), ne afferma la natura di “genere letterario”. E’ in quest’ottica che egli definisce “intelligente” la ricognizione avviata dalla giovane studiosa, attenta a fornire una puntuale storiografia sull’argomento. Opera “analitica” e “divulgativa”, ancorché non esaustiva, ma fondamentale. E ad essa dovrebbe seguire un’antologia sul giallo che la Privitera intende realizzare.
Il libro si compone di quattro succosi capitoletti preceduti da una “Premessa”, dove l’autrice succintamente espone i motivi che l’hanno indotta a prestare attenzione al romanzo poliziesco. Il suo successo – afferma - non è solamente limitato alla scrittura, ma si estende anche ai mass-media e alle nuove tecnologie. La studiosa, traendo spunto da un interrogativo di Umberto Eco, assume una posizione decisa: “il giallo, per le sue caratteristiche di linguaggio, temi e ricerca, rappresenta lo strumento più adatto a descrivere le tensioni sociali e gli enigmi irrisolti della nostra società”.
Nel capitolo primo ne indaga la genesi con l’ausilio di un’accurata bibliografia, enuclea i canoni del “giallo classico” modulato su una struttura lineare con la soluzione della scoperta del colpevole e ne segue l’evoluzione fino alla svolta del noir nell’impianto di tipo filosofico. Si fa già luce l’impossibilità di ricondurre il caos della realtà all’ordine logico ed è quanto accade al giallo italiano come si rivela dall’opera di Gadda Quer Pasticciaccio brutto de via Merulana. Di capitolo in capitolo le riflessioni si fanno sempre più calibrate fino a focalizzare il discorso sulla storia del giallo siciliano. A fare da filo conduttore è l’affermazione di Italo Calvino, per il quale la Sicilia non è Terra dove può radicarsi e attecchire questo genere letterario. In altri termini, “il giallo siciliano è vero giallo?”. Siamo così nel capitolo secondo, dove si scopre che il “noir siculo” coniuga la tecnica poliziesca con lo sguardo antropologico dello scrittore, tipicamente letterario. L’excursus è poi ad ampio raggio: si estende da Ezio d’Errico a Franco Enna – pseudonimo di Franco Cannarozzo – da Enzo Russo a Santo Piazzese e passa con dettagli chiari e stimolanti per notissimi scrittori siciliani quali Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, Silvana La Spina, Andrea Camilleri. Composite e ricche di fermenti le frequenti incursioni su opere specifiche.
La postfazione, curata da Marco Trainito che ha scritto su Andrea Camilleri una pregevole monografia, ridesta l’attenzione sul romanzo Qui pro quo, al quale Daniela Privitera aveva già dedicate pagine degne di rilievo, annotando che lo scrittore di Comiso “occhieggia al lettore invitandolo a riscrivere il finale di una storia che potrebbe anche non concludersi perché il giallo in fondo è nella vita stessa: caotica, disordinata, priva d’un codice”.
Racconto anomalo le appare il “giallo” di Camilleri, la cui abilità è quella di tradurvi i problemi della vita usando l’ironia e la specificità di una lingua “mescidata”. Rapidi cenni biobibliografici, che bastano a inquadrare lo scrittore di Porto Empedocle, spostano lo sguardo verso la figura di Montalbano, il commissario più amato dagli italiani: uomo di raffinate letture (sa chi è Antonio Pizzuto, predilige Sciascia, conosce Pirandello e Jan Potocki), investigatore anticonformista in una Vigàta dagli affari illeciti e buon conoscitore della sua gente che, quando vuole, sa capire per la sua carica umanitaria.
Due i libri di cui la Privitera si occupa: L’odore della notte (Palermo, Sellerio, 2001) e L’età del dubbio (Palermo, Sellerio, 2008). Del primo testo, catalogato nella tipologia del “giallo atipico” (il genere che racconta un’epoca, una terra, un popolo), è accennata la trama a partire dal titolo sin estetico che ne diventa la chiave di lettura: “… il commissario segue le indicazioni di un vecchio professore il quale sostiene che nella natura, e perciò nei suoi odori, è possibile seguire i percorsi dell’anima umana e percepire le ispirazioni degli uomini”.
In effetti, a caratterizzarlo sono l’intertestualità e la psicologia di Montalbano che cede a determinate sue emozioni, evidenziate dalla studiosa finezza di osservazioni. L’attenzione psico-antropologica che Montalbano rivolge ai suoi personaggi e ben nota. Sicché, il giallo si fa meno noir. E’ il caso del secondo testo in esame, il cui titolo “insinua connotazioni di natura filosofica”, mentre l’intreccio si apre all’integrazione della vitalità onirica e della meditazione nella conduzione di determinate indagini: “E così di dubbio in sogno, e di sogno in dubbio, Montalbano risolve il caso ma non pacifica la sua coscienza (…). L’inconscio di Montalbano è vittima di un doloroso e drammatico transfert e il suo dubbio assomiglia sempre più a quello di Kierkegaard”.
In sostanza, l’articolazione del saggio, pur nella sua limpida essenzialità, è complessa e vi affiorano prospettive intriganti che autenticano il giallo siciliano come “strumento affabulatorio” nella problematicità del labirinto socio-esistenziale. Sembra a questo punto opportuno dare al lettore l’opportunità di inabissarsi nel testo ed estrarvi i suoi significati di lettura.
Federico Guastella
 
 

KataWeb TvZap, 28.5.2013
Ascolti tv: Montalbano vince sempre, Arrow chiude con il terzo posto

Montalbano non conosce rivali neanche in replica e continua a far lievitare gli ascolti su Rai1, così il Commissario ideato da Andrea Camilleri ha battuto la concorrenza del film/commedia di Canale 5 The wedding date e del finale di stagione di Arrow. [...]
Prime time il commissario interpretato da Luca Zingaretti nell’episodio La vampa d’agosto si aggiudica la prima serata con ben 8.164.000 telespettatori e uno share del 30,08%.
[...]
 
 

Diva e donna, 4.6.2013 (in edicola 29.5.2013)
Divi che scrivono
Camilleri: Vorrei essere Montalbano
Il nuovo libro dello scrittore siciliano raccoglie ricordi di vita, riflessioni e gustose rivelazioni sul commissario nato dalla sua penna: «È un modello irraggiungibile, tutti vorremmo assomigliargli»

Roma, maggio.
Dieci milioni di telespettatori rimangono inchiodati davanti alla tv da ogni indagine, anche in replica, del Commissario Montalbano, il protagonista dei suoi gialli. E lui, Andrea Camilleri, è un vero e proprio caso letterario. Dopo anni dietro le quinte, da regista e autore televisivo (per la Rai lui lavorato anche a Le inchieste del commissario Maigret con Gino Cervi), dal 1994 ogni suo libro scala le classifiche. Ma lui si definisce un «contastorie, un artigiano della parola che gode di un successo insperato». C'è anche questa riflessione, e tanti ricordi della sua vita accanto ad amici del calibro di Leonardo Sciascia, nel suo ultimo libro, il più autobiografico, Come la penso, di Chiarelettere. Ghiotta occasione per ripercorrere alcune pagine della sua vita.
Che Italia le ha fatto compagnia dai primi suoi "best seller" a oggi? Come e in che direzione siamo cambiati in questi venti anni?
«Non mi ha fatto compagnia nessun altro se non me stesso. E, in secondo luogo, tutti i miei lettori con i quali trattengo dei rapporti epistolari. Ma poi siamo così sicuri che siamo cambiati? Sono cambiate le forme esteriori di rapporti, della comunicazione, ma non credo che sostanzialmente nel carattere degli italiani sia cambiato qualcosa».
In questa sua raccolta di saggi analizza l'etica salda, la fermezza dì Montalbano. Ma anche il carattere degli italiani. Li definisce "saccenti, presuntuosi, inaffidabili". Parla con durezza del successo di un modello che fa presa sull'accondiscendenza degli italiani verso la legge del più furbo, del più individualista: "Oggi, chi riceve una multa per sosta vietata si sente in diritto di dichiararsi vittima della giustizia", dice. Ma se sono così diversi da Montalbano, perché lo seguono con tanta fedeltà?
«Forse perché aspirano a essere come quel personaggio, un modello reale, ma irraggiungibile. Tutti vorremmo essere un po' Montalbano. anche io».
Con il passare degli anni, indagine dopo indagine, il commissario è entrato però in crisi. Ma non è solo una questione di età, vero?
«La crisi del personaggio nasce dal fatto che il commissario Montalbano abituato, diciamo, "all'antica", basa le sue indagini sulla conoscenti del territorio e delle persone che l'abitano. Senonché oggi tutto questo è superalo dai moderni mezzi di comunicazione che abbattono ogni confine territoriale; si perde il piccolo ma nel frattempo sì acquista una indeterminata vastità che rende più difficile l'identificazione delle persone che stanno dietro i messaggi provenienti da ogni parte del mondo».
A proposito di crisi, lei parla anche della cattiva salute della lingua italiana: "Coll’augurio di non dover lasciare ai miei nipoti non solo un Paese dal difficile avvenire ma anche un Paese la cui lingua ha davanti a sé un incerto destino". Ciascuno di noi come può fare la propria parte?
«Cercando di far sì che la politica, senza la quale non si può far a meno di governare un Paese, torni a essere sana, pulita e senza compromessi, perché ogni compromesso è l'inizio di un compromesso sempre più grave. Dite sì o dite no. E non spiegate mai il perché del sì e il perché del no: ogni spiegazione è già un compromesso. Forse tutto nasce dal fatto che ho vissuto un momento irripetibile, dal 1945 al 1950. Sono viziato, vorrei tornare a quella politica, dove le contrapposizioni erano violente ma il gioco era leale e le persone erano di indiscussa statura morale, cioè a dire i nostri padri costituenti».
Parliamo di donne: Livia. Perché può sperare di essere sposata dal suo Montalbano, solo dopo 20 anni di amore a distanza, e solo, come lei ha svelato, dopo le sue dimissioni da commissario?
«Ma è una situazione romanzesca, mia cara. Forse, nella realtà, accade anche di peggio. Ma siamo sicuri che Livia sia da vent'anni in attesa di una proposta di matrimonio di Montalbano? Forse anche lei accetta questa situazione e non si trova così a disagio...».
Le donne dei suoi libri sono misteriose, seduttive, mai in disordine. Le donne reali con difetti e nevrosi dove le mette?
«Temo che siamo tutti un po' "plagiati", anche io, dalla fiction televisiva che rappresenta donne bellissime, elegantissime. Non significa che non abbiano delle nevrosi... Basta pensare che tante sono assassine. Secondo lei le assassine sono donne senza nevrosi?».
E anche gravi. Dice che scrive per poter dedicare i libri ai suoi nipoti. Che cosa augura loro?
«Che possano trovarsi un lavoro, farsi una famiglia e dei figli. Auguro una normalità di vita».
Betta Carbone

Tante donne per Montalbano
Perfette. Diaboliche, ma impeccabili. Le donne hanno un ruolo fondamentale nella vita e nelle indagini del Commissario. Camilleri precisa: «I miei sono personaggi della borghesia, le donne ci tengono ad apparire in ordine, curatissime». Ma c'è di più. A partire dall'eterna fidanzata Livia, la donna romanzata da Camilleri e un po' come la sua Sicilia: idealizzata, simbolica. Montalbano vi si perde, come nelle sue lunghe nuotate, ma vi resta saldamente ancorato, come alla sua Livia. Per quante donne fatali possa incontrare sulla sua strada, spesso più affascinanti di lei, da 20 anni i due sono divisi ma indivisibili.
 
 

DaringToDo, 29.5.2013
Andrea Camilleri, Un covo di vipere. Il ritorno di Montalbano
Andrea Camilleri, Un covo di vipere (Sellerio). Da domani, 30 maggio, in libreria il 21mo romanzo della serie del Commissario Montalbano

Andrea Camilleri lo confessò in un’intervista di qualche tempo fa: i romanzi di Montalbano custoditi in casa Sellerio sono ancora diversi, sonni tranquilli dunque per gli appassionati – tanti, e non solo televisivi – del commissario italiano che ha sedotto il mondo. L’anno prossimo si festeggeranno i 20 anni dall’uscita del primo romanzo con protagonista il commissario Salvo Montalbano “La forma dell’acqua”, 20 anni di successi ininterrotti. E forse solo Camilleri col suo “popolo” di fedelissimi potrà scansare dal primo posto delle classifiche librarie il polpettone di Dan Brown, tanto “per uscir di nuovo a riveder le stelle”.
(g.m)
 
 

Il Tirreno, 29.5.2013
In totale quasi 700 milioni di spettatori
Montalbano: le repliche fanno boom
Il commissario di Camilleri senza rivali domina la stagione televisiva

Roma. Il commissario Montalbano (che di nome fa Salvo) senza rivali: persino in replica fa il botto, oltre otto milioni di spettatori lunedì sera (8.164.000 con il 30,08% per “La vampa di agosto”) ed è ormai un caso di fiction da studiare. Nella stagione che sta per terminare la fiction dai gialli di Andrea Camilleri interpretata da Luca Zingaretti occupa la top ten in sette posizioni su 10 e per tre posti persino in replica. Tra il 2014 e il 2015, realizzati dalla Palomar di Carlo Degli Esposti con Rai Fiction entreranno in produzione quattro nuovi episodi (sei anche del “Giovane Montalbano”) e dunque per almeno un anno si prenderà una pausa dalla tv.
Montalbano è effettivamente un caso: dal 6 maggio 1999 ad oggi sono stati realizzati 26 episodi che però con le molte repliche in questi anni hanno generato ben 111 prime serate su Raiuno. Per alcuni episodi ci sono state fino a sette repliche e la media è di cinque repliche ad episodio.
La somma di tutti gli spettatori in totale fa una cifra pazzesca: 699 milioni 896mila spettatori, quasi 700 milioni di persone con il picco del “Senso del tatto”, 46 milioni di spettatori, e della “Gita a Tindari” con 45 milioni e oltre.
 
 

Leggo, 29.5.2013
Telescoppio - 'Il Commissario Montalbano' sbaraglia tutti perché offre una Sicilia che piace

Se Montalbano (Rai1) in replica doppia gli ascolti delle due nuove fiction di Canale 5, i motivi ci sono.
L’inconsistenza dei contenuti di Benvenuti a tavola 2 e Come un Delfino 2, addirittura inferiori alla prima serie, dimostra che oltre a mancare le idee, spesso manca anche l’autocritica. Si tira avanti rimpastando. Il commissario di Camilleri rompe gli schemi di una televisione che sonnecchia in rivisitazioni sempre meno credibili di storie mafiose. Raoul Bova (Come un delfino), mette la mafia nel nuoto. Tra un po’ vedremo anche Mandrake che sfida Vito Corleone. Montalbano, invece, pur nella sua Sicilia inventata da Camilleri e ben proiettata sul teleschermo, regala un’isola che piace. Vince il bene. La mafia c’è, ma non riesce mai a turbare il pranzo con vista sul mare del commissario. Non ci sono sirene, né scorte. C’è Catarella che se apre una porta ci sbatte il muso contro. E perfino gli omicidi sembrano commessi senza spargimento di sangue. L’unica violenza per il pubblico è accorgersi che da lunedì sono finite anche le repliche.
Fabio Maccheroni
 
 

The American University of Rome, 29.5.2013
Our Honorary Degree Recipients of 2013
Doctor of Humane Letters Honoris Causa Degrees were presented by The American University of Rome to Dr. Donna Shalala, Dottor Andrea Camilleri, and Adele Chatfield-Taylor.

The American University of Rome has a well-known history of presenting the Doctor of Humane Letters Honoris Causa Degree to some of the most distinguished and accomplished people from around the world. The Doctor of Humane Letters Honoris Causa is an honorary degree presented as a means of recognition towards a persons unprecedented contribution to a specific field or to society as a whole.
This year’s chosen honorary laureates were no exception to this long upheld scholarly tradition, and, with the exception of one, were presented during The American University of Rome’s Commencement Ceremony for the graduating class of 2013 held on May 24th at the prestigious American Academy in Rome’s headquarters in Villa Aurelia. The Laurea Honoris Causa were presented to Dr. Donna Shalala: inspiring educator, politician, and President of The University of Miami and to Adele Chatfield-Taylor: professional historic preservationist, celebrated arts administrator, and President of The American Academy of Rome. The third Laurea Honoris Causa will be presented to Dottor Andrea Camilleri during a reception in the fall. Dottor Camilleri is a groundbreaking novelist, screenwriter, and director. One of Italy’s greatest writers of the twentieth and twenty-first centuries, Camilleri is internationally renowned as the author of one of the most engaging literary characters of all time, Commissario Montalbano.
 
 

Legambiente Campania, 30.5.2013
Camilleri azionista ambientale per Paestumanità
Partecipa anche tu al progetto di azionariato popolare di Paestumanità. Acquista anche tu una buona azione per salvaguardare e promuovere l’area archeologica di Paestum.

Ci appassioniamo ai suoi gialli e aspettiamo con impazienza la prossima vicenda del commissario Montalbano. Andrea Camilleri, lo scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano che tutti conosciamo e amiamo per la sua lucidità ed onestà intellettuale, ha ritenuto di dare man forte a Paestumanità. Il progetto è finalizzato all’acquisto dei terreni privati dell’area archeologica di Paestum, per restituire a quest’area di inestimabile valore per l’umanità, il contesto paesaggistico nella sua interezza.
Andrea Camilleri è un’azionista ambientale, ora tocca a te.
Acquista una “buona azione”
www.paestumanita.it

 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 30.5.2013
Camilleri "Io, Montalbano e l'invisibile nuova mafia"
La terza età di Montalbano
È in libreria “Covo di vipere” nuovo romanzo con protagonista il poliziotto di Vigàta. Che tornerà anche in televisione
Camilleri: “Il mio commissario è stanco ma non va in pensione”

Questa volta Salvo Montalbano sembra essere precipitato nel bel mezzo di una tragedia greca. Il solito abbrivio onirico, gli offre subito una segnaletica ambigua, sinuosa: è l'apparenza che inganna, la finzione in agguato. Quello che a tutta prima sembrerebbe infatti un eden armonioso e pacificante si rivela, a mano a mano che il commissario di Vigàta spinge avanti la detection, un "covo di vipere", come recita il titolo del nuovo romanzo di Andrea Camilleri (Sellerio, 262 pagine, 14 euro) da oggi in libreria. Il caso in questione sembra particolarmente spinoso: c'è un morto ammazzato due volte, il ragioniere Cosimo Barletta, uno strozzino soggiogato da una sorta di coazione a possedere donne sempre diverse e soprattutto a umiliarle.
Montalbano sente immediatamente i suoi due figli, Arturo e Giovanna: il nido familiare si rivela lentamente un immondo verminaio. Il poliziotto vorrebbe retrocedere per non guardare in faccia la gorgone, ma sotto ai suoi piedi si squaderna a un certo punto un abisso infernale. Ne viene fuori una sorta di problematico apologo sulla colpa.
Abbiamo chiesto conferma di questa chiave di lettura direttamente all'autore, oggi più in forma che mai: la sua officina creativa sembra una polveriera lambita continuamente dalle micce. «Direi che si può anche leggere - spiega Camilleri - come un romanzo sulla colpa, perché no. Colpa nel senso della norma tradizionale, nel senso dell'infrazione a quella che è una regola, una legge e anche di più... Un tabù».
È forse anche il suo romanzo più simenoniano?
«Non posso essere io a giudicare se è il più simenoniano dei miei romanzi, perché non sono in grado di rendermene conto. Come autore vorrei che questo paragone fosse il più possibile lontano, non perché non ami i romanzi di Simenon, ma come ogni autore aspiro all'originalità. Se questo avviene, avviene non volontariamente quindi a maggior ragione non sono in grado di giudicare la temperatura simenoniana di questo romanzo».
Simenoniamo nel senso della compassione, del pudore del commissario di Vigàta dinnanzi al colpevole...
«Beh, in questo senso...».
Montalbano in questa nuova indagine sembra vacillare, forse già troppo vecchio per il suo mestiere, come si legge quasi alla fine del romanzo. Cosa lo aspetta? La pensione è sempre lontana?
«Come ho voluto specificare nella nota finale, questo romanzo è stato scritto ben prima della pubblicazione degli ultimi romanzi di Montalbano. Il commissario quindi è solo un po' stanco, ma ancora lontano dalla pensione...»
Il Montalbano cartaceo e quello televisivo in che rapporti stanno? Si tratta di un doppio dell'immaginario oppure rappresentano le due facce di un'unica medaglia?
«Direi che è quasi un doppio dell'immaginario, nel senso che molte cose nella versione televisiva non sono propriamente mie e quindi di necessità diventa un doppio».
Come se la spiega l'affezione degli italiani nei confronti di questa sua creatura?
«No, questo non me lo so spiegare neanche io. Cioè quando l'ultima replica alla tv di Montalbano, che è la quarta, è vista da 8 milioni e passa di persone, un pubblico superiore alla prima visione, significa che tutto il personaggio di Montalbano è in fase ascensionale. Non credo si tratti più solo dell'ottima qualità del prodotto televisivo, la vastità del problema dovrebbe interessare i sociologi, io di certo non me la riesco a spiegare. È un quid che mi piacerebbe tanto conoscere da qualcuno esperto in materia».
A conti fatti, tra romanzi e racconti, Montalbano se la gioca con Miss Marple e il grande Holmes. Una bella compagnia e, soprattutto, una grande longevità narrativa...
«Le confesso che auguro a me stesso di continuare a essere longevo».
Con "Ferragosto in giallo" (Sellerio), in uscita prossimamente, si ripresenta il giovane commissario di Vigàta: può anticiparci qualcosa? Il giovane Montalbano tornerà per caso a fare capolino pure in tv?
«Ma quasi certamente si tornerà in televisione. D'altra parte, anche nella raccolta di Capodanno il protagonista del mio racconto era il giovane Montalbano. Devo dire che mi diverte molto questa scrittura parallela tra il Montalbano classico e i suoi acciacchi e il giovane Montalbano e le sue esplosioni di energia...»
Tornerà presto al suo vecchio grande amore, ossia il romanzo storico e civile?
«Come lei sa, non ho mai smesso di scrivere romanzi storici: ne è uscito uno, "La rivoluzione della luna", pochi mesi fa e credo che ad ottobre ne arriverà uno nuovo, sempre per la Sellerio».
Fioccano per lei le lauree e i riconoscimenti, da latitudini diverse: cosa sta succedendo?
«Sì. È un'operazione abbastanza singolare, mentre la critica e le recensioni dei giornali, a parte poche onorevoli eccezioni, non riescono più a starmi dietro e preferiscono quindi non scrivere dei miei romanzi, sembra invece che il mondo accademico, quello delle Università mi abbia in qualche modo riconosciuto e continua a manifestare questo suo apprezzamento nei miei riguardi, cosa che mi onora moltissimo».
Se il suo Montalbano potesse dare una mano alla giustizia italiana, sempre un tantino pencolante, su quale versante il commissario si muoverebbe?
«Il commissario Montalbano è semplicemente per il rispetto della giustizia, un rispetto ragionato, a volte critico ma sempre rispetto. In qualsiasi situazione passata, presente e futura il suo modo di agire resterà sempre lo stesso».
L'anniversario di Falcone, con tanto di mobilitazione di massa; l a beatificazione di padre Puglisi; l'anatema del Papa: a che punto siamo con Cosa nostra?
«Caro amico, a me tutte queste cose vanno benissimo, resta il fatto che Messina Denaro ancora non è stato arrestato, in Parlamento il problema della giustizia rimane un enorme problema, quindi temo che quello che può sembrare un momentaneo allontanamento della mafia possa occultare l'ascesa di altre organizzazioni criminali. Queste di cui lei mi parla sono cose importanti, ma bisognerebbe incidere ancora più profondamente».
Salvatore Ferlita
 
 

Il Messaggero, 30.5.2013
Anticipiamo l’incipit di “Un covo di vipere”, il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, da oggi nelle librerie. Il commissario si ritrova con Livia in un dipinto di Rousseau il Doganiere proprio mentre nelle sua veranda spunta un vagabondo…
Montalbano nella giungla
L’anticipazione
Andrea Camilleri
 
L’opera
Il cursus della memoria nel microcosmo siculo
Una lingua maculata di idiomatismi e sfolgorante nelle invenzioni di verosimiglianza dialettale

Un inizio onirico, quello dell’ultimo Andrea Camilleri di Un covo di vipere (Sellerio, 272 pagine, 14 euro) in un paesaggio primitivo alla Rousseau il Doganiere che sfuma nell’inconfondibile struggimento degli “alberi infiniti” di Paoli. Il sonno di Montalbano viene spezzato dal canto di un usignolo. In realtà si tratta del fischiettare di un vagabondo “ospite” nella sua veranda ma abitante in grotta, che si esprime in modo forbitissimo e dimostra di avere alla spalle un passato non miserevole. Un incontro fugace (solo Livia più tardi conoscerà il segreto del barbone) perché per Montalbano c’è improvvisa un’inchiesta, l’assassinio di un ragioniere del posto, sciupafemmine e strozzino. E qualcosa d’altro. L’indagine si sposta sui segreti impenetrabili di una famiglia e sui misteri di una comunità. La filologia congetturale del commissario (così la chiama Salvatore Nigro) deve applicarsi al fondo torbido e malsano di esistenze nascoste e incarognite dal malumore, dagli abusi e dalle sopraffazioni, dalla crudeltà e dalla sordidezza, dalle ritorsioni e dai ricatti: non meno che dall’interesse. Ancora una volta, per raccontare la verità di una storia che lentamente si fa strada ma è una soluzione che Montalbano non vorrebbe ammettere neanche a se stesso, c’è la lingua di Camilleri. Maculata di idiomatismi che non sono solo una quinta o l’immedesimazione nei calchi comportamentali dei personaggi che così parlano e, cos’ parlando, si muovo, conficcati nel microcosmo siculo. Una lingua che è una sorta di “clausola ritmica”, di cursus della memoria che ravviva e colora l’espressione dando lindore e scorrevolezza alla frase stupita dalle sue invenzioni di verosimiglianza dialettale.
Renato Minore
 
 

La Stampa, 30.5.2013
Montalbano nella foresta di Rousseau il Doganiere
In anteprima il nuovo giallo “Un covo di vipere”, una fosca storia che prende le mosse dal caso di un morto ammazzato due volte
Andrea Camilleri
 
 

La Stampa, 30.5.2013
Dal quadro sognato a una verita' che fa paura

All'inizio c'e' una foresta vergine. Una selva lussureggiante - e quindi oscura - nella quale Montalbano, per quanto ben oltre il mezzo del cammin, si ritrova chissa' come con la fidanzata Livia. Poi la situazione si chiarisce: la foresta e' quella di un celebre dipinto, il nostro commissario e' finito chissa' come dentro un quadro, e tutto questo e' naturalmente un sogno. Camilleri, che con il mondo dell'arte ha una frequentazione non episodica (saggi e romanzi dedicati a Caravaggio, Renoir, Guttuso, Edoardo Persico, Angelo Canevari), questa volta ha in mente Rousseau il Doganiere e il suo Sogno di Yadwigha. Nel quale, forse per la suggestione degli «alberi infiniti», si insinua un usignolo che canta Il cielo in una stanza. Ma non e' un usignolo: e' qualcuno che la' fuori nella verandina sta fischiettando...Non e' un puro vezzo citazionistico. I gialli di Camilleri hanno spesso uno sviluppo circolare, e Un covo di vipere ne e' la conferma: quel fischiettio e quel qualcuno torneranno nelle ultime pagine, e porteranno con se' la chiave risolutiva. Una verita' sconvolgente che Montalbano aveva forse intuita, ma non osava neppure formulare nella sua testa. Un tema spinoso, che in passato l'autore aveva soltanto sfiorato, e qui si impone in tutta la sua repellente crudezza. Per il resto, c'e' un morto ammazzato due volte, uno strozzino sciupafemmine che si era fatto molti nemici, un testamento temuto che non si trova e forse non c'e', un antico suicidio che nessuno aveva cercato di impedire, i segreti inconfessabili di una famiglia abbiente, la solita «biunna» fatale e la non meno solita «beddra picciotta». Insomma, di che sfamare i montalbanodipendenti in crisi d'astinenza dopo la (momentanea) conclusione della fortunatissima serie televisiva - e mentre pero', a loro consolazione, proseguono le repliche.Giunto al ventunesimo episodio della serie (senza contare le raccolte di racconti), Camilleri viaggia ormai con il pilota automatico. Ma sa sempre avvincere con i chiaroscuri della sua Sicilia, con i sapori le voci i colori sgargianti (anche se questa volta e' autunno e piove spesso). E del suo eroe approfondisce una volta di piu' la sostanza umana, esplicitandone quei tratti che lo rendono cosi' atipico, e ce lo rendono cosi' simpatetico. Come quando lo sorprendiamo poco desideroso di gettarsi a fondo nell'indagine: «Pirchi' 'na cosa e' mannare 'n galera a uno che ha ammazzato a un galantomo e 'n'autra cosa e' mannare 'n galera a uno che ha ammazzato a un fitenti farabutto».
Maurizio Assalto
 
 

Il Centro, 31.5.2013
Un covo di vipere Montalbano torna a indagare
Pubblichiamo uno stralcio del nuovo giallo di Andrea Camilleri fresco di stampa

Che la ’ntricata foresta dintra alla quali lui e Livia si erano vinuti ad attrovari, senza sapiri né pircome né pirchì, fosse virgini non c’era nisciun dubbio pirchì ’na decina di metri narrè avivano viduto un cartello di ligno ’nchiovato al tronco di un àrbolo supra il quali ci stava scrivuto con littre marchiate a foco: foresta vergine. Parivano Adamo ed Eva in quanto erano tutti e dù completamenti nudi e si cummigliavano le cosiddette vrigogne, le quali, a pinsarici bono, non avivano nenti di vrigognoso, con le classiche foglie di fico che si erano accattate da ’na bancarella all’entrata a un euro l’una ed erano fatte di plastica. Siccome erano rigide, davano tanticchia di fastiddio. Ma quello che cchiù fastiddiava era il caminare a pedi nudi. A mano a mano che Montalbano procidiva, sempri cchiù si faciva pirsuaso che in quel posto c’era già stato ’na vota. Ma quanno? La testa di un lioni ’ntravista ’n mezzo all’àrboli, che non erano àrboli ma felci gigantesche, gli fornì la spiegazioni.
«Lo sai, Livia, dove ci troviamo?». «Lo so, in una foresta vergine. C’era il cartello». «Ma si tratta di una foresta dipinta!». «Come dipinta?». «Siamo dentro al “Sogno di Yadwigha”, il celebre quadro di Rousseau il Doganiere!». «Ma ti sei ammattito?». «Vedrai se non ho ragione, tra un poco dovremmo imbatterci in Yadwigha». «E come mai conosci questa donna?» spiò Livia sospittosa. E ’nfatti, doppo picca, s’imbattero in Yadwigha che, a vidirli, sinni ristò supra al divano, stinnicchiata nuda com’era, ma si portò l’indici al naso facenno ’nzinga di stari ’n silenzio e dissi: «Sta per cominciare». Supra a un ramo si posò ’n aceddro, forsi un usignolo. Fatto ’na speci d’inchino all’ospiti, attaccò Il cielo in una stanza.
L’usignolo era cchiù che bravo a cantare, ’na sdillizia, faciva modulazioni squasi ’mpossibbili macari a Mina, era chiaro che ’mprovisava, ma con una fantasia d’autentico artista. Po’ ci fu un botto, un secunno, un terzo cchiù forti di tutti e Montalbano s’arrisbigliò. Santianno, accapì che era scoppiato un grannissimo temporali. Uno di quelli che segnano la morti della stati. Ma com’è che ’n mezzo a tutta quella battaria continuava a sintiri, e da vigliante, all’aceddro che cantava Il cielo in una stanza? Non era possibbili. Si susì, taliò il ralogio, erano le sei e mezza del matino. S’addiriggì verso la verandina, la friscata proviniva da quella parte. E non si trattava di ’n aceddro, ma di un omo che sapiva friscare come a ’n aceddro. Raprì la porta-finestra. Nella verandina, corcato ’n terra, ci stava un cinquantino malo vistuto, la giacchetta strazzata, la varba longa che pariva Mosè, ’na massa di capiddri cinirini arruffati. Allato a lui, un sacco. Un vagabunno, era chiaro. Appena che vitti a Montalbano, si susì a mezzo e dissi: «L’ho svegliata? Mi scusi. Mi sono riparato qua per la pioggia. Se le do fastidio, vado via». «Ma no, resti pure» fici il commissario. Era ristato colpito da come parlava quell’omo. A parti il taliàno pirfetto, era la sò voci educata che gli aviva fatto ’mpressioni. Gli parse malo chiuirigli la porta-finestra ’n facci, perciò la lassò mezza aperta e si annò a priparare il cafè. Si era vivuta la prima cicarata, quanno gli venni ’na speci di rimorso. Ne inchì ’n’autra e la portò all’omo. «Per me?» spiò quello sbalorduto, susennosi addritta. «Sì». «Grazie, grazie!». Mentri s’arricriava sutta alla doccia, pinsò che forsi quel povirazzo va a sapiri da quann’era che non si lavava. Quanno ebbi finuto, tornò nella verandina. Chioviva della bella.«Se la vuole fare una doccia?». L’omo lo taliò ’mparpagliato. «Dice sul serio?». «Sul serio». «Non sogno altro, sa? Lei non immagina quanto gliene sarò grato». Ennò, quell’omo parlava troppo bono per essiri quello che appariva.
Andrea Camilleri
 
 
La Trama
Il commissario dei record e la verità che preferiva ignorare
Per il celebre commissario Salvo Montalbano e il suo creatore, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, il maggio che volge ormai al termine è stato un mese letteralmente baciato dalla fortuna: dopo...

Per il celebre commissario Salvo Montalbano e il suo creatore, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, il maggio che volge ormai al termine è stato un mese letteralmente baciato dalla fortuna: dopo la nuova serie televisiva, che ha chiuso con un record assoluto, sia in termini di spettatori che di share – “Una lama di luce»”, quarto e ultimo dei nuovi episodi è andato in onda lunedì 6 maggio su Rai1, visto da una media di 10.715.000 telespettatori pari al 38,1% di share, migliorando il precedente record di lunedì scorso (10 milioni 223 mila con il 36.43%) –, Montalbano ha tenuto un ulteriore successo di ascolti, questa volta con le repliche, raggiungendo nella giornata di lunedì 27 maggio 2013 uno share pari al 30.09%, con l'episodio “La vampa d’agosto”, ovvero tenendo incollati allo schermo ben 8 milioni 164mila spettatori. La ciliegina sulla torta è stata servita proprio ieri, con l'uscita de “Un covo di vipere” (Sellerio, € 14,00), il nuovo giallo con cui Camilleri torna sulle vicende del commissario di Viganò, dopo essersi dedicato nei mesi precedenti a romanzi di diverso impianto narrativo, come “Il tuttomio” (Mondadori) e “La rivoluzione della luna” (Sellerio); il mistero della trentunesima avventura libresca del nostro eroe siculo, ai apre col fischiettìo di un barbone che sveglia Montalbano, all'alba, per informarlo che per ripararsi dal forte temporale della notte trascorsa si era rifugiato sulla veranda del villino. Il commissario continuerebbe a chiacchierare con lo strano ed interessante personaggio, ma arriva la solita telefonata di Catarella che gli dice di correre in commissariato perché è stato assassinato con un colpo di rivoltella alla nuca il ragionier Cosimo Barletta. Il movente dell'omicidio sembra incomprensibile: il ragioniere aveva casa in paese e al mare in suo villino dove è stato ritrovato cadavere e dove non appare alcuna traccia di violenza: Barletta, vedovo e con due figli Arturo e Giovanni ormai sposati, conduceva un'apparente vita tranquilla da benestante. Così sembra almeno sino a quando non si scoprono nel doppio fondo di un cassetto di una scrivania foto e lettere che rivelano una personalità equivoca. Al culmine delle indagini, arriva da Montalbano la sua fidanzata Livia che gli racconta di conoscere Mario, lo strano vagabondo di cui vorrebbe scoprire gli avvenimenti che lo hanno portato a vivere come un emarginato. Alla fine, come sempre, il commissario arriverà alla soluzione dei misteri ma gli apparirà una verità che forse avrebbe preferito non scoprire.
(f.d’a.)
 
 

l’Unità, 31.5.2013
Il commissario Montalbano alle prese con "Un covo di vipere"
Indagine sul delitto di un ragioniere
Ecco un altro caso da risolvere per il commissario Montalbano in un nuovo avvincente libro di Andrea Camilleri: «Un covo di vipere».

La malinconia per Salvo Montalbano non è uno stato d’animo nuovo, ma nel vivo di una sua nuova indagine Un covo di vipere, si ritrova a riflettere in maniera più profonda sulla delicata questione. Ogni volta che la sua Livia riparte, dopo un breve periodo trascorso a Vigàta, la malinconia fa capolino nel suo mondo interiore, ma stavolta è diverso il grado d’intensità. È molto più forte, gli crea un disagio profondo. È solo il segno della «vicchiaia» che avanza? Sarebbe una interpretazione riduttiva, Montalbano lo sa. E riflettendo sulla sua vita in uno scenario meraviglioso a contatto con la natura, le motivazioni gli appaiono improvvisamente più chiare.
Nella sua meditazione esistenziale il commissario coglie alcuni mutamenti nei suoi stati interiori, alcune certezze del suo mondo iniziano ad indebolirsi. Montalbano chiude la riflessione in maniera pragmatica, lui è utile alla comunità, vive in rapporto al mondo sociale, la sua è una solitudine voluta, ricercata, e quando se ne stuferà o ne avrà paura, non deve far altro che chiamare la sua fidanzata e chiederle di vivere stabilmente al suo fianco. È fatto così il commissario. Ed il caso che ha dinanzi è davvero complesso, pieno di ambiguità. È facile andare fuori pista, ma lui con il suo fiuto non molla. Montalbano si trova a far luce sul delitto di un ragioniere, Cosimo Barletta, all’apparenza il prototipo di un tipo tranquillo, vedovo, benestante, riservato. Ma le prime verifiche sulla sua esistenza fanno emergere la figura di uomo tutt’altro che trasparente. Ed i suoi due figli, Arturo e Giovanna, non fanno nulla per nasconderne lati umani molto discutibili. Ma il quadro complessivo è molto più grave, l’uomo senza scrupoli negli affari, non è solo un duro senza cuore, è in realtà un usuraio, che sfrutta e ricatta le sue vittime. Denaro e sesso, non manca il secondo elemento. L’anziano benestante è in realtà un ricco uomo che paga giovani donne per andare a letto con lui, ma non si limita a questo. Ve ne sono altre che costringe a fare sesso aiutando le loro famiglie disperate. Ma il suo sadismo non si ferma qui, scatta a loro insaputa delle foto e le ricatta. Un quadro di uomo pessimo e indegno quello che il commissario Montalbano ricostruisce, tassello dopo tassello. Ma come è stato assassinato Barletta? Apparentemente con un colpo di pistola alla nuca.
Ma il poco sangue accanto al cadavere fa sospettare al commissario quello che poi il medico legale Pasquano gli conferma: la mattina nel suo villino al mare prima del colpo di pistola, Barletta è stato avvelenato con un caffè. Dentro il caffè un veleno che uccide immobilizzando le persone. Chi ha sparato non se ne è accorto. Indagando Montalbano si imbatte in donne bellissime che la penna di Camilleri descrive sempre con ritratti efficaci, vividi. Nella storia una figura di primo piano è Giovanna, la figlia di Cosimo Barletta. È una donna intelligente, furba, lancia messaggi seduttivi a Montalbano che sta al gioco ma non ci casca. La questione del disvelamento del delitto non è di facile soluzione, le persone che avevano un motivo per uccidere Barletta son molte. Anche i figli son sospettati perché pare che Barletta avesse elaborato un testamento. Ma non è tutto, nel doppiofondo di una scrivania del ragioniere vengono ritrovate foto equivoche e lettere anonime. Emerge che l’uomo privo di emozioni, freddo, indifferente, aveva avuto anche un grande amore. Chi è questa donna dalla quale ha avuto un figlio? Il punto è che si son frequentati per molto tempo e poi rivisti. Ed i loro incontri sono sempre stati ad alto rischio.
Dunque una persona della sua cerchia di amici? La questione del testamento torna in primo piano perché si scopre che da anziano Barletta si è invaghito di una ventenne. Voleva cambiare testamento a suo favore. Montalbano ha una intuizione geniale. E se la donna misteriosa che ha sempre sorvolato sulle storie senza amore di Barletta questa volta ha capito che era diverso? Montalbano si avvicina alla verità ma essa è cosi drammatica che quasi la rifiuta. Sarà un barbone dal linguaggio colto e raffinato a dargli una ulteriore conferma della sua intuizione. Camilleri scrive e descrive alternando scorci divertenti a situazioni drammatiche, terribili, sconvolgenti.
Salvo Fallica
 
 

La Sicilia, 31.5.2013
«Un covo di vipere» di Andrea Camilleri
Montalbano, il ragioniere e le sue donne

Un romanzo giallo dal finale sconvolgente, una storia nella quale Andrea Camilleri accanto al disvelamento del classico delitto affronta il tema dell'incesto. Per Salvo Montalbano la nuova indagine è complessa, oscura. L'incipt della struttura narrativa de «Un covo di vipere» (Sellerio), dal 30 maggio nelle librerie, è legata all'assassinio di un ragioniere, Cosimo Barletta, un uomo apparentemente rispettabile, che sembra vivere la sua vedovanza con stile riservato. E' un benestante, padre di due figli. Ma dietro la patina esteriore, la sua uccisione fa emergere un ritratto inquietante: in vita era uno strozzino che alimentava la sua ricchezza sfruttando la disperazione delle vittime. Ed aveva anche «passioni malate», pagava giovani donne per fare sesso con lui, le fotografava di nascosto e poi le ricattava. I figli, Arturo e Giovanna, non nascondono agli inquirenti fatti negativi sul padre. Il ritrovamento in un doppiofondo della sua scrivania di foto equivoche e di lettere anonime allarga il quadro delle persone che avrebbero avuto motivi per volere la sua morte. Inoltre vien fuori la notizia che l'uomo stava per cambiare il suo testamento: si era innamorato di una ventenne che si era già fatta intestare un appartamento. A complicare il puzzle, Montalbano scopre fra le lettere anonime, quelle di una donna che sarebbe stato il suo grande amore. Dalla quale ha avuto anche un figlio. Da una lettera emerge che i due condividevano anche un segreto legato ad un giorno «terribile». Ma l'uomo come è stato ucciso? E da qui che parte il filo dell'indagine di Montalbano. Il ragioniere trovato morto con un colpo di pistola alla nuca è in realtà stato ucciso con un veleno che immobilizza le persone. L'autopsia lo conferma in maniera certa. Chi l'ha avvelenato voleva far apparire il fatto come morte naturale. E tale sarebbe apparsa senza l'intervento di una seconda persona che gli ha sparato alle spalle credendolo intento a bere un caffè. Ma chi è la mente che ha utilizzato una sostanza sofisticata, non facile da reperire? E se fosse la donna che è stata l'amore nascosto, ingelosita della nuova storia di Barletta? E' un romanzo pieno di donne, ma vi è una figura femminile che per bellezza e intelligenza intriga Montalbano. E' la figlia di Barletta, che Camilleri descrive così: «Trasì Giovanna, bellissima e aligantissima. Montalbano le fici il gesto d'accomidarisi. Lei s'assittò facenno in modo che lo spacco laterali della gonna mittisse 'n mostra le gamme che, d'autra parti, meritavano d'essiri contemplate». Una donna che cerca di irretire il commissario, si lancia e si ferma, in realtà vuole notizie. Lo fa in maniera soft, ma Montalbano lo intuisce e cerca di svelarne il gioco. Il finale dell'indagine però va oltre ogni sospetto, un colpo allo stomaco.
Salvo Fallica
 
 

Oubliette Magazine, 31.5.2013
Le ricette di Camilleri: la tradizione siciliana nei romanzi di Andrea Camilleri
Andrea Camilleri ci ha abituato con i suoi racconti sul Commissario Montalbano a farci venire fame mentre gustiamo i suo romanzi. Le pagine dei romanzi su Camilleri sono ricche di ricette tradizionali siciliane, tanto da portare i suoi lettori ad organizzare una sezione nel sito Vigata nel quale si riscrivono Le ricette di Camilleri.

Le ricette di Camilleri è una lista di piatti con rispettiva spiegazione della ricetta, che va dagli antipasti al dolce.
Principe della cucina di Camilleri è l’arancino, tanto da dedicarli un racconto dal titolo Gli arancini di Montalbano che da anche il titolo alla raccolta di racconti brevi pubblicata da Mondatori nel 1999.
[…]
Alcuni esempi di ricette della tradizione presenti nel sito. I piatti che compongono la lista oltre a essere tratti dai racconti del Commissario Montalbano sono tratti anche da: La concessione del telefono, Il birraio di Preston, La mossa del cavallo, Il gioco della mosca, Almanacco dell’Altana 1996.
Pasta al nero di seppia
[…]
Pasta chi vruoccoli ‘rriminati
[…]
Info
Sito Vigata (https://www.vigata.org/cucina/ricette.shtml)
Rosario Tomarchio
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 31.5.2013
Pub

PICONE Via Marconi 36 Alle 19,30 degustazione in giallo: sul "Noir", bianco etneo vinificato sulle bucce, la produttrice Alice Bonaccorsi guiderà un assaggio in abbinamento con panelle, lupini, cacio allo zafferano e il libro "Acqua in bocca" di Camilleri e Lucarelli. Ingresso 5 euro.
 
 

UniCa news, 5.2013
Il valore della conoscenza e dell’incontro umano
La laurea honoris causa ad Andrea Camilleri, un’importante occasione di crescita

Non è semplice fare un bilancio dell’incontro fra l’Università di Cagliari e Andrea Camilleri quando ancora sono vive le consapevolezze cresciute nel lavoro didattico e la forte suggestione di una cerimonia per il conferimento della Laurea honoris causa segnata da non comuni emozioni culturali e umane.
Sicuramente è stata un’importante occasione di studio; oltre cento studenti hanno frequentato le lezioni tenute da 12 docenti, hanno studiato e scritto le relazioni finali, poi valutate da una Giuria internazionale composta da 15 professori che insegnano nelle Università dell’Europa, degli Stati Uniti, del Messico e della Nuova Zelanda.
Questa fase del lavoro si è conclusa con una cerimonia di premiazione che ha costituito un’altra, significativa, lezione. In primo luogo perché Camilleri ha dialogato con gli studenti e il pubblico che gremivano l’Aula magna della Facoltà di Studi Umanistici, ha spiegato le ragioni della sua scrittura, proponendo anche concetti inediti, idee e pensieri nati nell’incontro con il pubblico cagliaritano. E poi perché, in quell’occasione, come pure nella cerimonia di Laurea tenuta il giorno dopo in Rettorato, è apparsa evidente la capacità didattica e organizzativa dell’Ateneo, la forza di cui dispone quando vuole elaborare un grande progetto e sa gestirlo, mettendo in sincronia le sue componenti. Sia detto senza autocompiacimento ma come mera constatazione obiettiva: studenti, docenti, personale amministrativo e tecnico hanno fatto funzionare una macchina complessa; sono stati capaci di costruire non una formalità cerimoniale ma un evento che nell’eleganza protocollare racchiudeva, ed esaltava, i valori della conoscenza e dell’incontro umano.
Andrea Camilleri, i suoi familiari e gli amici che lo accompagnavano hanno mostrato di apprezzare il clima delle due giornate cagliaritane.
Ma questo, per quanto vivo e gratificante, è il passato e un’istituzione formativa deve pensare al futuro. Lo ha fatto capire il Rettore, nella sua presentazione dell’illustre candidato alla laurea, lanciando una “sfida” ai professori dell’Università: ha chiesto di ripetere il Seminario sull’opera di Andrea Camilleri e di valutare la possibilità di estendere l’iniziativa al di là del nostro Ateneo, se possibile in una dimensione internazionale. Ci siamo, allora, messi al lavoro, con il contributo delle idee proposte dai docenti che hanno partecipato al seminario del 2012-2013, per programmare il prossimo appuntamento e abbiamo cercato, fra gli altri, un aspetto che potesse dare all’iniziativa il respiro internazionale richiesto dal Rettore, individuandolo nel tema della traduzione. Non c’è bisogno di sottolinearne l’importanza, visto che parliamo di un autore i cui romanzi sono stati tradotti in numerose lingue del mondo; ma vale la pena di riflettere sui nuovissimi problemi posti dallo sceneggiato televisivo del commissario Montalbano che, sottotitolato, comincia a circolare negli schermi televisivi di altre nazioni. Senza dire che la nostra Università vanta ottimi studiosi che si sono distinti per la competenza nel campo della traduttologia e hanno già mostrato interesse e disponibilità per il nuovo progetto. Il respiro internazionale dovremo, invece, costruirlo partendo da ciò che già abbiamo: una rete composta dai componenti la Giuria internazionale che si allargherà ricercando complicità di lettori e intese di studio sull’opera di Camilleri, sulla lingua, la letteratura, la cultura italiana molto amata, oggi, nel mondo. Ne riparleremo.
Giuseppe Marci
 
 

 


 
Last modified Sunday, December, 01, 2019