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RASSEGNA STAMPA

DICEMBRE 2017

 
tvtv.de, 1.12.2017
Sat.1 emotions 10:50 Fr 01. Dezember
Krimi, I 2012
Der junge Montalbano
Staffel 1, Folge 5 von 6, Das dritte Geheimnis

Vor dem Rathaus verschwindet aus dem Schaukasten die Liste mit den Aufgeboten. Nur ein dummer Streich? Schon bald zeigt sich, dass eines der Brautpaare in großer Gefahr schwebt ... Außerdem muss Montalbano noch in einem weiteren Fall ermitteln: Auf einer Baustelle verunglückt ein Mauerer tödlich, genau wie per Brief angekündigt. Bei Nachforschungen stößt die Polizei auf die Spuren der Mafia, die offenbar einen Konkurrenten aus dem Baugewerbe drängeln will.
 
 

Corriere della Sera, 2.12.2017
L’anticipazione
Camilleri e il dialogo con D’Alema:
«Il futuro? Da orbo lo vedo nero»

Alcuni stralci della conversazione tra Massimo D’Alema e lo scrittore Andrea Camilleri, tratti dal numero 6/2017 di «Italianieuropei», la rivista diretta da Peppino Caldarola, in edicola dal 20 dicembre

Massimo D’Alema: «Mi ha colpito una tua dichiarazione di qualche tempo fa in cui confessi di non vederci quasi più, ma di continuare a sognare a colori. (...) In questa fase di trasformazioni molto radicali e non sempre positive nell’economia e nelle relazioni internazionali, in quest’epoca di confitti, intolleranze, razzismi, chiusure che noi venti o trenta anni fa non avremmo immaginato più possibili, tu il futuro lo vedi a colori? C’è uno spazio per la speranza?».
Andrea Camilleri: «Questo è un dilemma che mi porto dentro da un po’ di tempo a questa parte. C’è un bellissimo episodio in cui Leonardo Sciascia racconta che, verso il 1922, chiesero a un contadino completamente cieco: «Compa’, ma voi questo fascismo come lo vedete?». E lui rispose: «Cu tutto che sugnu orbo, la vio nivura». La vedo nera. Ecco, io da orbo direi, come il contadino, la vedo nera. Però nutro anche una sorta di profondissima fede nell’uomo. Credo che nei momenti peggiori venga poi il tempo in cui le qualità migliori dell’uomo riemergono. (...) Quello che però mi porto addosso in questi ultimi anni è piuttosto una specie di rimorso. Il rimorso di lasciare ai miei nipoti un’Italia con un futuro problematico. Mi sento come se la mia generazione avesse fallito nell’impegno civile. Io appartengo alla generazione che aveva venti anni quando l’Italia è stata liberata dal fascismo e sono stato educato male. Perché ai miei tempi la politica era fatta da gente come De Gasperi, Togliatti, Nenni, Sforza, Parri. Si riscopriva la politica democratica come una cosa nuova, si gioiva della possibilità di esporre liberamente le proprie idee e di confrontarsi con gli altri, che non erano nemici ma avversari. E c’era una gran voglia di rifare l’Italia. Ora, a 92 anni, sento come se mancasse un autentico slancio nel tentare di rifare l’Italia. Vorrei quindi che la mia eredità fosse presa con beneficio di inventario. Quando qualche tempo fa ho incontrato alcuni studenti di un liceo romano e abbiamo parlato di cosa è stato il fascismo, ho detto loro di non abbandonare la politica, ma di rifarla: non state ad ascoltare più noi, noi siamo già morti. Trovate parole nuove per la politica. Ridate alla politica quella “P” maiuscola che negli ultimi tempi ha perso». (...)
D’Alema: «Noi siamo cresciuti in una società in cui il mondo cattolico e la sinistra avevano fatto affermare e vincere alcuni valori di solidarietà: che non ci potevano essere quelli troppo ricchi accanto a quelli troppo poveri, che le diseguaglianze andavano ridotte, che bisognava avvicinare le persone. Il logoramento di queste grandi culture democratiche ha portato al prevalere dell’individualismo».
Camilleri: «Da questo individualismo mi sembra discenda la posizione che abbiamo oggi di fronte all’accoglienza, il rifiuto totale che nutriamo rispetto a questo grande e prevedibilissimo fenomeno che è l’immigrazione. Anche su questo noi italiani, che ci definiamo brava gente, facciamo un bel po’ di omissioni. Mi ricordo che, negli anni Sessanta, quando mi trovavo a Torino per lavorare alla Tv (...), ho visto con i miei occhi — allora che c’era la migrazione interna — i cartelli sui portoni che dicevano: “Non si affitta a meridionali”. E non è razzismo quello? Figurati se oggi si affitta agli iraniani, ai magrebini ecc. (...) Per qualcuno questi poveri disperati non dovrebbero mettere piede in Italia.(...) Se così si vincono le elezioni provo terrore, perché capisco quanto sia diffuso l’individualismo. Il “particulare” emerge su tutto». (...)
D’Alema: «È vero che nella Chiesa c’è un animo conservatore. Però guardo anche con una certa invidia alla tensione sociale della Chiesa di Bergoglio, perché nella sinistra italiana sento poche voci che hanno la stessa sensibilità. Ma poi, cosa è diventata oggi la sinistra italiana?».
Camilleri: «Mi sembra che in questo momento parlare di centrodestra e di centrosinistra sia un po’ un modo di barare al gioco. Perché il centrosinistra in realtà è centro, ed è già tanto che non sia solo destra. (...) Avevo sperato che si riuscisse in Italia a ripetere il miracolo che in Grecia fece Tsipras quando riuscì a riunire vari gruppi della sinistra. Ma la vedo difficile».
D’Alema: «Non è facile, ma penso che oggi sia l’unico tentativo che vale la pena provare a fare. Perché oggi la realtà del Pd è quella di una forza che appare prigioniera di una guida personale. È diventato il partito di una persona».
Camilleri: «Si adegua a una tendenza. Come il partito di Grillo è di Grillo e il partito di Berlusconi è di Berlusconi. Si è adeguato anche il Pd».
D’Alema: «Bisognerebbe cercare di fare emergere in Italia una possibilità diversa. È lo sforzo di queste settimane, di questi mesi: mettere in campo una possibilità diversa. Incontro molte persone che mi dicono: datemi qualcosa per cui votare, perché altrimenti rimango a casa».
Camilleri: «Per la prima volta, a 92 anni, per poter votare al referendum sono dovuto andare alla Asl, dove ho sostenuto una visita medica per avere la possibilità di farmi accompagnare in cabina da una persona di fiducia. Ho passato due visite per andare a votare. Ora, farei fatica a rifare tutta la trafila, perché non saprei onestamente per chi votare».
 
 

Malgrado tutto, 2.12.2017
“I corsari del III Reich e i segreti di Husky”, la storia della base militare di Porto Empedocle
In libreria il libro del giornalista e ricercatore storico Calogero Conigliaro. Una pagina storica dimenticata di rilevanza nazionale ed internazionale della nostra terra.


Calogero Conigliaro con Andrea Camilleri

E’ da pochi giorni in libreria “I corsari del III reich e i segreti di Husky”. Il testo scritto dal giornalista e ricercatore storico Calogero Conigliaro tratta della base navale di Porto Empedocle, durante gli anni della seconda guerra mondiale.
Un periodo che vide il porto divenire tra i principali approdi della terza flottiglia schnellboote, le micidiali motosiluranti della marina tedesca che avevano il compito di minare le acque intorno Malta, silurando anche eventuali convogli angloamericani che transitassero nel Mediterraneo centrale.
Un lavoro di ricerca storica realizzato grazie a faticose ricerche, presso gli archivi militari della Marina Militare e dell’Esercito Italiano, oltre che a traduzioni di libri di storia militare tedeschi, americani ed inglesi.
Presenti nel testo sono numerose immagini d’epoca della collezione SicilStoria, raffiguranti le schnellboote, ma anche i comandanti militari e le artiglierie italiane che proteggevano la base. Sono anche ricordate le vicende riguardanti la protezione della Valle dei Templi, un patrimonio archeologico mai come allora minacciato dai bombardamenti angloamericani.
Il volume si arricchisce di uno scritto di Andrea Camilleri che ha fornito un suo breve ricordo di quegli anni, così importanti ed avventurosi per la sua Vigata.
Ovviamente nel testo si parla anche dei bombardamenti nelle principali città agrigentine ed alle operazioni militari, avvenute con lo sbarco alleato in Sicilia del luglio 1943, il cui nome in codice era operazione Husky.
Proprio Porto Empedocle, insieme alla ben più famosa base di Augusta, conobbe uno dei maggiori e misteriosi sabotaggi italiani di quella guerra, fatti sui cui si è tentato di far luce grazie ad un’intensa attività di ricerca da parte dell’autore che ha potuto beneficiare di alcune delle ultime testimonianze di protagonisti e testimoni, nonché documenti degli archivi militari italiani ed americani questi ultimi desecretati di recente.
Un libro che ha permesso di ricostruire una pagina storica dimenticata di rilevanza nazionale ed internazionale della nostra terra, dove colpi di scena sono tutt’altro che assenti.
 
 

Siciliainformazioni, 2.12.2017
“Caro Nenè…”L’ex deputata a Cammilleri: “Le tue donne sono stereotipi…”

(Marika Cirone Di Marco) Dedicato ad Andrea Camilleri nel giorno del suo onomastico , con la gratitudine che si deve a chi con i suoi scritti e la serie televisiva dedicata al Commissario Montalbano regala momenti di vero intrattenimento in Italia e nel mondo.
Caro Nene’,devo dirti ,pero’, che le figure femminili presenti nel tuo Commissario Montalbano sono frutto di insopportabili stereotipi che finiscono con il perpetuare modelli femminili cari a un certo immaginario maschile e a una cultura delle relazioni uomo / donna che dovremmo lasciarci alle spalle.Nella galleria montalbaniana sfilano ,almeno così a me sembra,giovani bellocce ridotte a corpi ,anziane pettegole , bacchettone , ignoranti, straniere disinibite a caccia di uomini, mogli o fidanzate condannate a essere assenze …Persino la giovane commissaria , unica donna emancipata, che nel” Gatto e cardellino “,suscitando una qualche curiosità’, entra in scena per sostituire il collega Mimi’ Augello , dopo qualche scena viene ricondotta al ruolo di donna in cerca di matrimonio. Questa caratteristica è apparsa con nettezza una volta di più’ e questa volta in palese stridente contraddizione con l’intento annunciato delle quattro serate del Commissario Montalbano andate in onda nel mese di novembre ,dedicate al tema della violenza contro le donne in occasione del Giornata Internazionale 2017: tanto più in presenza della presentazione della serie ad opera di un Cammilleri che ha saputo trovare parole puntuali, rigorose, emozionanti a sostegno della domanda di eguaglianza ,libertà ,rispetto rivendicata dalle donne.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 3.12.2017
Investigatori vecchi e nuovi nella Sicilia noir

Da "Un anno in giallo" i lettori isolani possono ritagliare una specie di lunario tutto siciliano (o quasi). Un gustoso almanacco dimezzato del delitto, che allinea i nomi di punta della scuderia palermitana. Questa volta a ciascuno dei dodici scrittori coinvolti è stato affidato un mese: a dare il "la" al calendario insanguinato è l'immarcescibile Salvo Montalbano, alle prese con una calza zeppa di carbone, fattagli recapitare dall'immancabile Livia, e poi col furto di un anello di valore.Il commissario di Vigàta decide di recarsi nei paraggi di Monte Cofano, dove si trova un ristorante che prepara un cuscus da antologia. E chi va ad incontrare lì, una volta arrivato? Saverio Lamanna, da San Vito Lo Capo, giornalista licenziato e investigatore nato dall'immaginario ironico di Gaetano Savatteri. Ma non è finita qui: l'intertestualità poliziesca va oltre in questa raccolta, se è vero che Vittorio Spotorno, amico fraterno di Lorenzo La Marca (che ricompare in queste pagine in grande spolvero), ha fatto amicizia con un «romanaccio con pochi pregiudizi e frequentazioni spericolate»: Rocco Schiavone (che chiude l'anno alle prese con un irresistibile dicembre), cognome che rima non a caso con "cannone", ossia lo spinello con cui sovente ama smorzare il malumore. Lamanna, più ironico e postmoderno che mai, si trova coinvolto nelle ricerche di un bambino scomparso, mentre La Marca, "meteoropatico terminale" immerso in un languido novembre, deve far luce su un omicidio che si consuma sulle montagne sopra Cefalù: c'è un morto ammazzato nel bel mezzo di un uliveto e ci sono pure olive fuori posto, un dettaglio che alla fine farà la differenza. Il mezzo siculo Fabio Stassi da parte sua ripropone Vince Corso, biblioterapeuta abile a sanare morbi e inquietudini con farmaci letterari, che si misura da par suo con una dedica compromettente. Fin qui i nomi noti. Ma in questa raccolta esordiscono due personaggi nuovi: la Cornelia Zac di Simonetta Agnello Hornby, avvocata che vanta una nonna trapanese e lavora in uno studio legale a Londra, e Angela Mazzola (di Gian Mauro Costa), figlia di un panettiere di Borgo Nuovo, sbirra fino al midollo con un fiuto da far invidia, che mette assieme le tessere scompaginate di un puzzle panormita.
Salvatore Ferlita
 
 

Strisciarossa, 3.12.2017
Colonnino
Slancio

Io appartengo alla generazione che aveva venti anni quando l’Italia è stata liberata dal fascismo e sono stato educato male. Perché ai miei tempi la politica era fatta da gente come De Gasperi, Togliatti, Nenni, Sforza, Parri. Si riscopriva la politica democratica come una cosa nuova, si gioiva della possibilità di esporre liberamente le proprie idee. Ora, a 92 anni sento come se mancasse un autentico slancio nel tentare di rifare l’Italia.
Andrea Camilleri
 
 

tvtv.de, 3.12.2017
Sat.1 emotions 00:30 Mo 04. Dezember
Sonstiges, I 2008
Commissario Montalbano
Staffel 7, Folge 1 von 4, Die schwarze Seele des Sommers

Commissario Montalbano besucht seine Freunde Mimi und Beba Augello in ihrem Ferienhaus, da verschwindet plötzlich der kleine Salvo. Bei der Suche entdeckt Montalbano eine zugemauerte Wohnung unter dem Haus – inklusive einer Frauenleiche. Der für den Schwarzbau zuständige Bauunternehmer hat zwar ein Alibi, doch Montalbano ist misstrausch. Mit Hilfe eines Tricks versucht er, ihm eine Falle zu stellen ...
 
 

O2 TV, 3.12.2017
Mladý Montalbano (Nový rok)
O1 Vcera 23:45—1:40

Jak na Nový rok, tak po celý rok. Pro komisare Montalbana jak jinak než ve znamení zlocinu. Epizoda z italského detektivního cyklu (2012). Hrají: M. Riondino, A. Tidona, F. Pizzuto, C. Galati a další. Režie Gianluca Maria Tavarelli
 
 

La Voce di New York, 4.12.2017
Libri
“La Targa”: come innamorarsi di Camilleri e del gelato al pistacchio
Riflessione sul racconto di Andrea Camilleri, dove la lingua stessa scioglie i suoi nodi e in cui ad emergere è una fragile odissea umana
Andrea Camilleri non è sempre un autore facile da amare, lo si deve saper apprezzare. In "La Targa" si capisce come ogni spunto minuto possa diventare guizzante, se governato da un autore capace di valorizzarlo. In questo racconto, che assume le sembianze di un grottesco gioco da commedia degli equivoci, Camilleri fa emergere i sapori e valorizza i particolari, attraendo il lettore inconsapevolmente

Nell’entroterra ionico dell’isola di Sicilia, là dove il tuono pose il suo passo e l’Ammiraglio divenne Duca, un delicato germoglio sbadiglia tra le pieghe del terreno sciaroso, sfamato dalla lava del vulcano[1]. Nasce qui, infatti, cullata dagli sbuffi dell’Etna e nutrita dall’ardore della pietra catanese, una fra le massime eccellenze dell’industria alimentare italiana: il pistacchio di Bronte.
Sin dall’infanzia quei rugosi semini sono stati per me tra gli sfizi più ricercati. Semplici o salati, tritati o tostati, a condimento di un’insalata o spalmati su una fetta di pane bianco… ho adorato ogni loro espressione, con una singola ma significativa eccezione: il gelato.
La declinazione nevosa del pistacchio, infatti, era recepita dalle mie papille come l’unione di due galassie antitetiche, un affronto che non ero disposto a tollerare e che comportò la decisione di bandire dai miei assaggi quell’oltraggioso dessert. Con simili convinzioni si cresce finché non ci si può più venire a patti, specie se a suffragarle giungono indizi paralleli, all’apparenza distanti eppure fondati sulle medesime strutture.
Culturalmente parlando, ad esempio, mi sono sempre considerato un lettore onnivoro, aperto al dialogo e all’esplorazione dei mondi più disparati; nonostante ciò, tuttavia, non sono mai riuscito a provare sincera attrazione per le opere topiche di Andrea Camilleri. Pur riconoscendone il genio narrativo, infatti, non capivo il motivo delle scelte linguistiche dello scrittore agrigentino che, affondando le proprie trame nel dialetto siculo, sembrava quasi volersi sottrarre a chi non poteva vantare frequentazioni con quell’idioma; anzi, siamo onesti, ritenevo Camilleri ostinatamente colpevole di privarmi delle esperienze a me care di abbandono ludico al mondo del giallo.
Oltre a una buona dose di complottismo, come avrete ormai capito, questa storia è ricca di pregiudizi, dettati in parte da un incontro eccessivamente precoce con il Pasticciaccio di Gadda, in parte generati dalla superficiale lettura di miseri estratti delle inchieste di Montalbano e radicati, soprattutto, da un funesto ingresso adolescenziale in una gelateria della riviera ligure. Con i pregiudizi, tuttavia, ci si deve fare i conti prima o poi, un po’ come con con la bilancia e la mia prova costume si presentò come un opuscolo di sessantasei pagine avvolte in una sovracoperta color caco su cui campeggiava, granata, il titolo: La Targa.
Comparso come allegato al Corriere della Sera del 30 giungo 2011 e abilmente riproposto da Rizzoli in occasione del novantesimo compleanno del suo fumoso autore, tale racconto, sviluppato attorno alla figura di Emanueli Persico – attempato fascista la cui morte innesca un grottesco processo di riesumazione e revisione alla ricerca dell’etichetta più adatta da apporre, appunto, alla targa postuma a lui dedicata -, al primo impatto poteva sì apparire spogliato delle asprezze più acute della parlata di Trinacria, eppure continuava a richiedere l’innegabile adattamento a un ritmo grafico-melodico al quale il lettore doveva essere anzitutto educato.
Dibattendomi in maniera disarmonica tra le onde d’inchiostro, percepivo però il lento assopirsi dello sciocco istinto preventivo che intimava la fuga da quegli esotici capitoli, i cui gorgoglii, anzi, cominciavano ad acquietarsi nella loro sempre più nitida veste di “giallo col sorriso”. In un esile e grottesco gioco da commedia degli equivoci, qualsiasi debolezza costituzionale non imbarazzava, al contrario, era sostenuta proprio da quel mimetismo verbale che prima consideravo avverso e che ora, invece, vedevo ammiccare con toni guasconi verso la perfetta caratterizzazione scenica. E mi perdevo tra il chiacchiericcio dei personaggi, rincorrendone lo sviluppo di pagina in pagina, consumandoli con curiosa avidità.
La Targa si era tradotto nell’entrée ideale alla letteratura di Camilleri, proposto in un formato capace di non risultare indigesto neppure al più reticente dei commensali.
Pur non facendo sussultare per originalità, infatti, il racconto dimostrava come uno spunto minuto potesse divenire insospettabilmente guizzante se governato da un autore capace di rinnovare continuamente un meccanismo che in altre mani avrebbe, invece, presto scocciato. La lingua stessa, protagonista assoluta della pagina camilleriana, scioglieva i suoi nodi, che erano solo apparenti e a cui, anzi, ci si affezionava in maniera inaspettata, giacché proprio tra le pieghe della grammatica sicula affiorava il fedele affresco delle ambiguità umorali del periodo fascista, sfondo della farsesca odissea umana di Emanueli e della sua piccola corte caricaturale.
Terminata la lettura di quell’opuscolo iniziatico, qualche settimana più tardi, tornando dall’ufficio con la schiena leggermente sudata, custodivo nello zaino Un filo di fumo, secondo romanzo di Andrea Camilleri in cui è conservato un curioso glossario che ora non guardo più; il primo editore, Garzanti, aveva voluto inserirlo affinché vi fossero illustrate le numerose voci dialettali utilizzate dall’autore. Era un tardo pomeriggio di fine estate e la mia sete fu attratta dalla vetrina di una pasticceria siciliana, su cui bivaccava la scritta “Granite al Cucchiaio”.
Entrai, ne ordinai una al limone, chiesi una bottiglietta d’acqua frizzante e domandai infine un assaggio di gelato al pistacchio di Bronte… lo amavo.
[1] La città catanese, infatti, si lega al mito del ciclope Bronte, che in greco significa appunto «tuono», ma anche alle gesta del celeberrimo Ammiraglio Nelson, insignito dai Borboni del titolo di Duca di Bronte come pegno di riconoscenza per averne agevolato la fuga da Napoli nel 1799.
Marco Colombo
 
 

EnnaOra, 6.12.2017
Con Maruzza Musumeci al Garibaldi di Enna va in scena uno dei testi più poetici di Andrea Camilleri

Dopo il grande successo riscontrato nella scorsa stagione da “Il Casellante”, il direttore artistico Mario Incudine ha inserito nella stagione 2017/2018 del Teatro Garibaldi di Enna un nuovo spettacolo scritto da Andrea Camilleri. Per la stagione teatrale organizzata dal Comune in sinergia con l’Università Kore, sabato 9 dicembre alle ore 20.30 sarà messo in scena “Maruzza Musumeci” - il primo racconto della cosiddetta Trilogia Mitologica di Camilleri - con Pietro Montandon e la regia di Daniela Ardini.
La pièce narra d’amore e di vendetta, di magia e di favole. Un’antica leggenda rivisitata e infarcita di simboli e citazioni, tra mito e racconto popolare. L’idea dello spettacolo nasce il 1° gennaio 2008 quando Pietro Montandon acquistò una copia del racconto di Camilleri per donarlo alla moglie. Nella dedica le scrisse “il primo libro dell’anno”.
«Dopo qualche tempo- racconta l’attore - lei me lo consigliò a sua volta, perché le era piaciuto molto: lo lessi e me ne innamorai all'istante. Da subito si fece strada in me l’idea di una trasposizione per il teatro, in forma di cunto, di favola, forte della nota finale scritta dall’autore, che in qualche modo legittima la mia ipotesi interpretativa: un cantastorie moderno, un narratore, che racconti al pubblico la storia di Maruzza Musumeci con assoluta semplicità. Un personaggio capace creare suggestione nel pubblico: dagli eventi naturali quali il vento e lo sciabordio lontano del mare, alle atmosfere notturne. Questa messa in scena, in cui sono state inserite alcune musiche per sottolineare e accompagnare momenti della narrazione, è un lavoro a quattro mani. Le altre due sono quelle della regista Daniela Ardini, che dopo aver letto il libro, su mio suggerimento, ha accettato di buttarsi in questo progetto».
In questo racconto Andrea Camilleri narra una storia antica ambientata nella sua Sicilia, che a sua volta aveva ascoltato narrata dai contadini, una sera davanti al focolare. Il protagonista è Gnazio Manisco, uomo legato più alla terra che al mare, e che finirà per sposarsi con Maruzza, una bellissima ragazza che in realtà è una sirena, che ha un unico obiettivo: vendicarsi degli uomini, discendenti di quell’Ulisse che ai tempi degli antichi dei aveva offeso le splendide creature marine. Il rancore e il desiderio di vendetta risveglieranno in Maruzza l'animalità selvaggia.
«È un testo ricco di fascino - spiega la regista Daniela Ardini - perché parla di cultura e tradizione popolare, e Camilleri l'ha impreziosito, aggiungendo citazioni colte e riferimenti alla mitologia e a scrittori come Luigi Pirandello».
 
 

Repubblica Tv, 6.12.2017
Lo speciale Più libri più liberi
Manzini e il noir 'scorretto': "Non credo negli eroi, Schiavone personaggio vero"

'Il successo del noir: vicequestori e dintorni': all’Arena Robinson, lo spazio di Repubblica alla rassegna 'Più libri più liberi' di Roma, il giornalista di Repubblica Marco Bracconi e lo scrittore Antonio Manzini dialogano sullo stato di salute del genere rilanciato in Italia da Andrea Camilleri. E sulla figura, tanto amata quanto politicamente scorretta, del vicequestore Schiavone, il personaggio creato da Manzini e diventato anche protagonista di una serie tv
Giulia Destefanis
 
 

ANSA, 7.12.2017
Zingaretti, in Montalbano punto su Paese

Roma - Due nuovi episodi di Montalbano, Amore e La giostra degli scambi, tra febbraio e marzo su Rai1, tre film in uscita, fra i quali a gennaio Il vegetale di Gennaro Nunziante al fianco di Fabio Rovazzi (''è un bell'esperimento''), e una nuova passione, il canto (''Sanremo da cantante? Favoleggiando, meglio i club''). Per Luca Zingaretti le sfide non sono un problema. Compresa quella di essere il volto da quasi 20 anni del personaggio di Camilleri, in una fiction venduta in 60 Paesi che ora gli porta anche il Premio Latin Artis come attore italiano più popolare di tutti i Paesi del Sudamerica. ''Cambiare è il desiderio di ogni attore ma lo è anche seguire così a lungo un personaggio come questo. Viene da uno scrittore, che non pensa al successo di pubblico, va per conto suo. Io ogni volta mi rimetto lì con la stessa curiosità di vedere cos'è cambiato. Come in tutti i gialli che si rispettano Camilleri riesce a raccontare anche il Paese in cui viviamo. Fare il punto nave ogni volta è un grande privilegio''.
 
 

Novaguide.gr, 8.12.2017
Inspector Montalbano
08 / 12 / 2017 | 23:00 Action24
Crime series - Ep. 10 (R)

Mystery robberies take place at Vigata and one of the victims is killed. A man destroys the emergency room of the hospital, when he finds out that his young daughter is pregnant. A local doctor is missing and considered dead.
 
 

Teatro Garibaldi di Enna, 9.12.2017
Maruzza Musumeci
Da Andrea Camilleri
Adattamento e con Pietro Montandon
Regia Daniela Ardini
Scene e costumi Giorgio Panni e Giacomo Rigalza
Teatro della Città

Tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, definito da alcuni la sua opera più poetica, lo spettacolo vuole interpretare il presente attraverso il fascino del mito, mettendo in scena le avventure di un “anti-Ulisse”, Gnazio Manisco, e di tutti gli altri personaggi della storia, interpretati da un magistrale Montandon. Uomo “terragno”, profondamente legato alla terra più che al mare, in un mondo sospeso tra mito e realtà, Gnazio finirà per sposarsi con Maruzza, misteriosa e bellissima giovane, ma chissà perché senza marito, che il pubblico scoprirà essere una sirena. Un viaggio attraverso una mitologia rude, selvaggia, sensuale, popolata da Aulissi Dimare, Sirene Catananne e cani feroci, ma anche attraverso la poesia, l’ironia e la levità della storia d’amore dei due protagonisti, per approdare al messaggio finale dell’immortalità del canto delle sirene, racchiuso in una conchiglia, che dona l’ultimo conforto ad un soldato morente.
 
 

Marida Caterini, 9.12.2017
“Meraviglie – la penisola dei tesori” Alberto Angela dal 4 gennaio 2018 su Rai 1
Ospiti di Alberto Angela saranno, tra gli altri, Andrea Camilleri, Andrea Bocelli, Riccardo Muti e Philippe Leroy.

L’informazione storico-scientifica inizia su Rai Uno già dal prossimo 4 gennaio con Alberto Angela che condurrà un ciclo di quattro appuntamenti dal titolo “Meraviglie – la penisola dei tesori“. Ognuna delle puntate andrà in onda il mercoledì alle 21:25 sulla rete leader di viale Mazzini. Saranno 12 tappe di un viaggio tra bellezze monumentali, artistiche e naturali del nostro paese. Alberto Angela condurrà i telespettatori anche nei principali siti riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità.
“Meraviglie – la penisola dei tesori” va alla scoperta delle eccellenze italiane che rendono il nostro paese una vera e propria penisola dei tesori. Naturalmente il titolo evoca “L’isola del tesoro” ed ha un significato estremamente importante per quanto riguarda la segnalazione di tutto quanto rende l’Italia un paese unico al mondo.
Angela attraversa città e luoghi dove sono vissuti i protagonisti della nostra storia in vari periodi del passato.
E ci farà conoscere anche quei personaggi che hanno lasciato una traccia indelebile nella cultura.
Tra le città visitate ci sono ad esempio Alberobello, Matera, Tarquinia, Assisi, Siena, Agrigento, Milano e tante altre località.
[...]
Alberto Angela avrà in ogni puntata ospiti eccezionali. Ve li anticipiamo tutti. Gianna Nannini, Toni Servillo, Paolo Conte, Uto Ughi, Riccardo Muti, Andrea Camilleri e Andrea Bocelli.
[...]
Biagio Esposito
 
 

Pravda.sk, 9.12.2017
O1 CT1 (zajtra, 10.12. 23:40):
Mladý Montalbano
Originálny názov: Il giovane Montalbano
(farebný krimiseriál, Taliansko, 2012, 120 minút)

Popis:
Montalbanuv první prípad. První vyšetrování tvrdohlavého a charismatického sicilského komisare.
 
 

Più libri più liberi, 10.12.2017



19.00 - Sala La Nuvola
La rete di protezione
Presentazione del libro di Andrea Camilleri
Intervengono l’autore e Marino Sinibaldi
A cura di Sellerio
 
 

Più libri più liberi, 10.12.2017
Andrea Camilleri torna a Più libri più liberi

La sedicesima edizione di Più libri più liberi chiude con un grande nome della letteratura italiana e un grande amico della nostra Fiera. Alle 19 in sala Nuvola ci sarà Andrea Camilleri a presentare il suo ultimo libro La rete di protezione. Un romanzo che offre al commissario Montalbano l’occasione di misurarsi con il mondo della Rete, dimostrando di sapersi destreggiare nella selva dei social network anche senza l’aiuto dell’esperto di informatica del commissariato di Vigata, Agatino Catarella.
Cosa spinge le forze dell’ordine di Vigata a salpare nel mare elettronico in cerca di indizi e prove?
Scopritelo partecipando all’incontro con l’autore e Marino Sinibaldi, a cura della casa editrice Sellerio.
 
 

Radio Radicale, 10.12.2017
Più libri più liberi - La rete di protezione. Presentazione del libro di Andrea Camilleri
DIBATTITO | - Roma - 19:00 Durata: 50 min 14 sec
A cura di Bretema
Organizzatori: Associazione Italiana Editori
Intervengono l'autore e Marino Sinibaldi.
Registrazione video del dibattito dal titolo "Più libri più liberi - La rete di protezione.
Presentazione del libro di Andrea Camilleri", registrato a Roma domenica 10 dicembre 2017 alle 19:00.
Il contenuto è disponibile anche nella sola versione audio.


 
 

ANSA, 10.12.2017
Camilleri, "Sono cieco, ma scrivo ancora. E adesso ho più memoria"
A Più libri folla impazzita per scrittore 'papà' di Montalbano

Roma - Non si ferma Andrea Camilleri. A 92 anni arriva a "Più libri più liberi" a Roma, alla Nuvola di Fuksas, dove una folla di lettori e di fan lo aspetta e racconta: "Sono cieco, ma perdendo la vista tutti gli altri sensi si riacutizzano, vanno in soccorso. La memoria è diventata più forte, ricordo più cose di prima con molta lucidità e scrivo sempre".
"E' vero -aggiunge - scrivo con un po' più di lentezza per la felicità di tutti quelli che dicono 'Camilleri scrive troppo'.
Ma qual è poi la misura?". Per continuare a farlo si è inventato "un teatrino visivo mentale che lo aiuta a tenere in mente quello che ha appena dettato" spiega l'autore di Montalbano di cui è appena arrivato in libreria 'Un mese con Montalbano', riedizione Sellerio che si è ripresa il titolo Mondadori e 'La rete di protezione' (Sellerio), "il primo romanzo da cieco" spiega lo scrittore.
In un lungo dialogo con Marino Sinibaldi, che ha chiuso questa edizione dei record, molti non sono riusciti ad entrare nella Sala Nuvola per ascoltarlo e non sono mancate le proteste.
Con grande generosità l'autore di Montalbano ha raccontato i suoi esordi e il work in progress che è stata la sua scrittura.
"Se ho pubblicato da vecchio non è stata colpa mia, ma degli editori. Nel '68 avevo finito di scrivere il mio primo romanzo e ho cominciato a mandarlo a tutti gli editori e non ce ne è stato uno che non lo abbia rifiutato, alcuni motivandolo. Tutta la storia è durata 10 anni. Ecco perché ho cominciato tardi. Non lo avevo mandato a Sellerio perché allora non esisteva", ha spiegato.
A Elvira Sellerio, che sarebbe diventata sua amica, aveva dato però quello che dovrebbe essere il suo ultimo Montalbano, scritto a 80 anni. "Lei lo mise in un cassetto della casa editrice e da qui è nata la leggenda che fosse in cassaforte.
Ora lo ho rivisto, si chiama Riccardino" racconta.
Camilleri ripercorre anche le contestazioni iniziali alla sua lingua, un mix di dialetto e italiano, il vigatese, e la definisce un work in progress. "L'italiano mi diventava generico, le sfumature mi mancavano. E allora ho usato una specie di shaker e, a poco a poco, ho cercato ambiziosamente di creare una terza lingua che fosse tutta mia e il risultato di questa commistione. Per noi siciliani l'italiano è rimasto un atto notarile" dice tra gli applausi.
E questa lingua ha ricevuto "la comprensione di milioni di lettori. E' successo questo miracolo" dice e alla fine dell'incontro si alza e saluta con la mano il suo grande, affezionato pubblico.
Mauretta Capuano
 
 

tvtv.de, 10.12.2017
Sat.1 emotions 00:40 Mo 11. Dezember
Sonstiges, I 2008
Commissario Montalbano
Staffel 7, Folge 2 von 4, Die Flügel der Sphinx

Am Strand wird die Leiche einer jungen Frau gefunden. Das einzige Identifikationsmerkmal: eine Tätowierung in Form eines Sphinx-Schmetterlings. Commissario Montalbano lässt eine Zeichnung des Tattoos im Fernsehen senden und wirklich – ein alter Mann meldet sich und erkennt das Motiv wieder. Seine Pflegerin Katia hat genau dieses Tattoo. Schritt für Schritt gelingt es Montalbano, die Wahrheit ans Licht zu bringen ...
 
 

Novaguide.gr, 10.12.2017
Inspector Montalbano
10 / 12 / 2017 | 21:00 Action24
Crime series - Ep. 12

When a man is found murdered, police has to deal with what seems to be the beginning of a new mafia war. However, Montalbano has his doubts about the specific murder.
 
 

O2 TV, 10.12.2017
O1 Vcera 23:40—1:35
Mladý Montalbano (Návrat ke korenum)

Unesená holcicka, podivínský duchodce a záhadná blondýna zamotají hlavu komisari Montalbanovi v epizode z italského detektivního cyklu (2012). Hrají: M. Riondino, A. Tidona, F. Pizzuto, C. Galati a další. Režie Gianluca Maria Tavarelli
 
 

El País, 11.12.2017
Andrea Camilleri
“La oscuridad no se puede combatir”
Andrea Camilleri, con 92 años y una ceguera que le impide leer y escribir sin ayuda, lamenta el estado de la política actual y cree que la corrupción ha terminado impregnándolo todo


Andrea Camilleri se enciende un cigarrillo en la bilbioteca de su casa en Roma. ANTONELLO NUSCA

Si dejase de fumar, moriría inmediatamente. Los médicos ya no osan pedírmelo
Ver a Berlusconi dictar leyes otra vez sería lo peor que podría pasarme a punto de morir
Antes los partidos recibían pagos de miles de millones, ahora te compras un pequeño asesor con 10.000 euros. La corrupción se ha pulverizado

Hace dos años, Philip Morris dejó de fabricar los malditos cigarrillos. Rojos, cajetilla blanda, filtro sencillo. Llevaba décadas fumándolos. Él y Valentina, su asistente, escribieron una carta al director general de la compañía haciéndole notar que al maestro le hubiera gustado disfrutar de alguno más de aquellos pitillos. El ejecutivo también tiró de ironía: “alguno más” no bastaba para reflotar un producto que prácticamente solo consumía él. “Ahora estoy obligado a fumar esta porquería”, dice con una carcajada Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925), sentado en el sillón de la biblioteca de su casa, en el barrio romano de Prati, mientras busca a tientas el mechero sobre la mesa y enciende el quinto de la entrevista.
El padre del comisario Montalbano, inspirado en la obra de su amigo Manolo Vázquez Montalbán, ha perdido completamente la vista y ha sobrevivido a todos sus amigos de infancia: ”cada vez que iba a Sicilia faltaba uno”, bromea. Pero escuchando su voz grave y vibrante analizar el mundo y encadenar anécdotas, parece que el de los cigarrillos ha sido el mayor drama de los últimos años. Tiene dos novelas sobre el famoso comisario en el cajón —se resiste a liquidarlo—, acaba de publicar en Italia un libro precioso sobre sus recuerdos y en España se ha traducido El homenaje (Salamandra) y está a la espera de la llegada en primavera de La pirámide de fango (Salamandra).
Pregunta. ¿Qué espera uno de la vida con 92 años y más de 100 libros publicados?
Respuesta. Recordar todo aquello que vale la pena recordar. Algunas cosas se pierden. Otras, en cambio, vuelven a aparecer con prepotencia. Cuanto más viejo, más precisión se tiene de los recuerdos de juventud. Leonardo Sciascia [el gran escritor siciliano] lo llamaba la presbicia de la memoria.
P. ¿Cómo combate la oscuridad de la ceguera?
R. La oscuridad no se puede combatir. No hay nada que hacer. Hay que agarrarse a la memoria, repasar. Pido que me lean algunas páginas de nuevas novelas, periódicos. Pero la lectura por parte de terceros no es igual. La relación que tienes con el libro se construye a través de los ojos y la palabra impresa. Es más íntimo. No hay intermediarios que te unan a través del oído a esa palabra. Hoy la lectura ya no es tan mía como cuando podía ver.
P. ¿Qué es lo peor?
R. La pérdida de los colores. Me provoca un gran disgusto y malhumor. A veces intento acordarme de cómo iba vestido un personaje en una determinada novela. 'Era blanco, con toques rosas', me digo. Y al día siguiente lo compruebo. También repaso mentalmente todas las obras de arte que me han gustado. Intento no perderlos completamente.
P. ¿Tiene alguna parte buena?
R. Sí, mis sueños se han convertido en una fantasmagoría de colores. Es como si el cuerpo, durante la noche quisiera recompensarme por esa carencia: es precioso. El otro día soñé que estaba en la estación de Milán corriendo para coger un tren vestido de payaso. De las ventanillas de los vagones salían las cabezas de centenares de payasos más que me decían: “¡Ven, Andrea, ven!”. [ríe a carcajadas]
P. ¿Cómo se afronta la página en blanco desde la ceguera?
R. Pues no se ve. Pero nunca he tenido ese problema. Para mí no ha existido nunca. Si me pasase sería el final de mi capacidad narrativa. [se enciende el segundo cigarrillo]
P. Veo que sigue fumando igual.
R. Si lo dejase moriría inmediatamente. Los médicos ya no osan decirme que lo deje.
P. ¿Qué escribe ahora?
R. Estoy revisando cosas de hace tiempo. Y veo que mi escritura ha sufrido con los años una evolución. Estoy obligado a reescribir cualquier libro que haya tenido en una caja sin publicar si quiero que vea la luz. De hecho, lo estoy haciendo con una novela de Montalbano que dejé apartada.
P. ¿Los cambia mucho?
R. Muchísimo. La construcción de las frases, la búsqueda de las palabras. Es un lenguaje que se enriquece cuando envejece. Una novela de hace 15 años me parece pobre respecto a cómo escribo hoy.
P. No me dirá que es usted mejor escritor que hace 15 años.
R. Estoy seguro. Entre otras cosas, por ejercicio cotidiano. Es algo que le va bien a los atletas, a los pianistas. También a los escritores.
P. ¿Esa novela que retoca es el final de Salvo Montalbano?
R. Es la penúltima. La del fin de Montalbano también la he reescrito. La primera versión era de hace 12 años. Pero todavía esperará uno o dos años en salir. Si de aquí a mayo no me viene otra a la cabeza, sigo con el plan previsto.


Manuel Vázquez Montalbán y Andrea Camilleri en 1999. MARCELLO MENCARINI

P. Los periódicos que le leen a diario hablan de una situación política en Italia extraña. Populismo, retorno de viejos fantasmas, xenofobia...
R. Estamos ante la constatación del fracaso de los viejos partidos. La concepción del partido, como la sentía yo en mi juventud, ya no funciona. Aquí existe la formación de un movimiento que es más dependiente de un núcleo restringido de poder que de un poder horizontal. Si usted mira al Movimiento 5 Estrellas, en realidad reciben órdenes del cómico y de una empresa. Un partido que tiene un jefe, un directivo. Lo mismo siempre fue Berlusconi.
P. Por cierto, ¿cómo es posible que siga todavía en pie y pueda ser decisivo en las elecciones?
R. Ver a Berlusconi dictando leyes otra vez sería la peor de todas las cosas nauseabundas que podían pasarme a punto de morir. Fue condenado en vía definitiva por fraude fiscal cuando era presidente del Consejo. En un país normal debería desaparecer de la política. En cambio, sigue contando. Y esto ha llegado a un punto en que pienso que la culpa no es de Berlusconi, sino de los que le votan, los que creen en él. O son delincuentes o son bobos. No hay otra.
P. ¿Dónde está la izquierda política en Italia?
R. Se reproduce como algunas células, por escisión. Y cada vez disminuye de peso. Y eso, en realidad, sucede cuando un país no es de izquierdas, como Italia. No hemos tenido las grandes y graves experiencias de otros pueblos. De la guerra entre el norte y el sur, por ejemplo, nacen los EE. UU. De la Revolución Francesa, nace una nueva concepción del estado y de la relación de sus ciudadanos. Son fenómenos que maduran una nación y a nosotros nos faltan experiencias fundamentales. Nunca ha habido un punto de inflexión, porque el fascismo no fue una revolución.
P. Bueno, tuvieron el caso Mani pulite y la revuelta contra la corrupción a principios de los noventa.
R. Fue fundamental, sí. Descubrimos la corrupción. Eliminamos unos cuantos corruptos. Pero el resultado es que mientras antes los partidos recibían pagos de miles de millones, ahora te compras un pequeño asesor con 10.000 euros. La corrupción se ha pulverizado. Como cuando explota una bolsa de cocaína en una habitación cerrada. Y eso aleja mucho a la gente de la política.
P. La forma de corrupción por excelencia en Italia ha sido la mafia. ¿Qué sintió el otro día cuando murió Totò Riina?
R. Para mí estaba muerto desde hacía tiempo. Era un hombre acabado desde que empezó a concebir una guerra contra el estado. Pero al margen de él y de Provenzano, la mafia había perdido su poder. En Sicilia se atenuará mucho tras su muerte. Habrá un poco de guerra para el nuevo capo, pero la percibo desunida. Hoy quien es potente en Italia es la 'Ndrangheta.
P. ¿Cree que Sicilia se liberará un día de la mafia?
R. Sí, lo deseo y pienso que está cerca ese día. Pero llegará otra forma de corrupción más moderna. Hasta que haya pobreza y la posibilidad de que un individuo te de trabajo en sitios de tanta desocupación, habrá organizaciones mafiosas. El problema es que el estado italiano nunca ha querido ir a fondo con el crimen organizado.
P. Dígame, ¿qué echa más de menos en este punto de su vida?
R. Boh… No siento que me falten cosas. Tengo buenas amistades, grandes afectos, noto que hay gente que me quiere. Si me voy ahora con 92 años no sentiré carencias, tampoco pienso en el pasado. En mis tiempos estaba la guerra y las bombas, siempre es mejor lo que pasa hoy. Echo de menos gente, algún amigo en Sicilia. Ahora que volveré seré el último. De mis 15 amigos de infancia, solo quedo yo. ¿Y qué voy a hacer? Pues a respirar el aire de mi puerto.
Daniel Verdú
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 12.12.2017
Pizzini e panelle promossi in italiano
I termini del gergo mafioso, le specialità gastronomiche e le invenzioni letterarie hanno creato parole acquisite dal vocabolario Zingarelli

Sono attenti, vigili, vivi e cavalcano la lingua sulle onde della rete, ma il dialetto lo cercano nel vocabolario. Le nuove generazioni di studenti parlano ibrido, ragionano di "biotestamento", denunciano il "femminicidio", si battono per lo "ius soli" e si difendono dalle "fake news"; mangiano "maracuja", "mapo" e "durian" e la pizza "al fly" (che non è un ristorante, ma un modo di dire "al volo"); "skippano" quello che non gli piace e sanno "shippare" gli amori tra le fiction e i libri (BrAngelina per tutti) e scrivono OTP (One True Paring) per indicare una vera coppia e RO(T)FL (rolling on the floor laughing) perché si stanno sbellicando dalle risate. E sul vocabolario invece cercano "cannistro","scasare" o "canestrato" e quei vocaboli che sono alla radice della loro cultura, quei termini del dialetto siciliano che si sono fatti strada fino a entrare nell'immaginario collettivo, sfuggendo per il momento ai banchi del liceo.
Questo è il ritratto linguistico della generazione che si fa spiegare la "velocità" da Valentino Rossi e il "movimento" da Jovanotti così come la racconta la nuova edizione de Lo Zingarelli 2018 che si affida ai nuovi miti per 115 definizioni d'autore.
Lo storico vocabolario compie cento anni da quando Nicola Zingarelli completò la prima edizione e festeggia andando in giro per le scuole italiane per un'indagine sul campo tra vocaboli perduti, neologismi e ragazzi.
Ieri è toccato al Liceo Umberto I di Palermo, dove i ragazzi delle seconde classi hanno incontrato il linguista e critico letterario Massimo Arcangeli dell'Università di Cagliari e la sociolinguista dell'Università di Firenze, Vera Gheno.
[…]
E ancora, è la letteratura a portare le sonorità dialettali ad ampliare la lingua italiana, come il caso dei "quaquaraquà" di Sciascia, lo "scasare" pirandelliano e da qui al futuro premeranno per accaparrarsi una voce anche i termini cari alla penna di Andrea Camilleri, come è già successo per il "babbiare" tanto usato dal commissario Montabano.
Proprio Andrea Camilleri nello Zingarelli del centenario ha il compito, tra le definizioni d'autore, di spiegare il termine "dialetto". E così lo fa: «Nella mia famiglia si parlava sia il dialetto sia l'italiano. Quando mi esibivo con dei raccontini a voce capivo di essere più efficace se usavo una lingua mista. Cominciai a chiedermi perché l'italiano non mi bastava e studiai come Pirandello faceva parlare i suoi personaggi.
Più tardi mi colpì la sua affermazione "la lingua esprime il concetto, il dialetto il sentimento di una cosa": è diventata la base del mio scrivere».
E non c'è migliore incentivo di questa definizione per portare un po' di sentimento tra "post verità" e "black friday", due delle mille nuove parole che da quest'anno fanno parte della lingua che ci parla.
Eleonora Lombardo
 
 

L’Espresso, 13.12.2017
Romanzi criminali
Il giallo all'italiana? Viene dal melodramma. Come insegna Camilleri
Delitti passionali. Tradimenti. Vendette. A ispirare i noir di successo non sono gli americani, ma un genere antico: l'opera. E non è un caso che il commissario Montalbano provenga dalla Sicilia di Cavalleria Rusticana

Lui ama lei, ma deve andare via per lavoro un anno intero. Torna, e lei ha sposato l’altro. Lui allora si mette insieme all’altra, che si innamora pazzamente di lui. Lui però non ha mai dimenticato lei, ne è ossessionato e trascura l’altra. Che si vendica, va dall’altro e gli suggerisce l’inesistente infedeltà di lei. Lui e l’altro si scontrano, e lui muore.
Lo schema a quattro personaggi di un delitto passionale, che si offre a un bell’intreccio con figure secondarie a tutto tondo; la madre di lui ad esempio. E piena libertà di ambientazione, scelta libera di epoca e di luogo perché la situazione è universale, non credete? Sono gli stessi sentimenti che prova ognuno di noi, nessuno escluso: gelosia, invidia, ossessione, fantasmi che popolano sogni e veglia.
C’è qualcosa di peculiare, di assolutamente caratteristico alla base del fatto letterario del momento, del successo crescente di un movimento narrativo forte come mai in precedenza, e non è certo la paternità condivisa con tutte le altre nazioni del grande mistery statunitense anni Quaranta e Cinquanta, dal quale pure sono stati mutuati atmosfere e colori. Noi, da queste parti, abbiamo un altro, fondamentale elemento.
Non è ancora chiaro? Allora proviamo con una seconda storia.
Un uomo deforme e vile, con aspirazioni superiori ai propri mezzi, si innamora della bella moglie del capo. Ci prova, assillato da quell’aspetto, da quella voce, da quelle forme. Lei rifiuta, ovviamente, anche perché è innamorata di un altro, bello e affascinante. Il deforme insinua il sospetto nel capo, che lascia montare la rabbia dentro di sé fino al culmine, quando soffoca nel sangue della moglie e dell’amante la propria ossessione.
Vendetta, delazione, sconforto. Disperazione.
Potremmo continuare all’infinito a cercare modelli che, semplificati come sopra, sarebbero a buon diritto la colonna vertebrale di un romanzo nero attuale e di successo. Invece, per i pochi che non le hanno riconosciute, abbiamo stilizzato e ridotto all’essenziale le trame di “Cavalleria rusticana” e “Pagliacci”. Proprio quelle, le opere liriche coeve che riempiono i teatri nazionali e internazionali dalla fine dell’Ottocento. E avremmo potuto provare a ingannarvi con Rigoletto, Otello, Romeo e Giulietta e così via.
C’è quindi il melodramma, il caro vecchio melodramma che sembra così impolverato e sgualcito, riservato ormai a pochi appassionati, e che è invece attuale e moderno nella sua essenza, alle fondamenta del romanzo nero italiano, la novità più evidente nell’ambito della narrativa contemporanea.
Naturalmente nessuno dice che ne sia l’unica componente. L’analisi della società che ci circonda, l’esigenza di capire il significato profondo di certi terribili eventi, la necessità di andare oltre il reperimento puro e semplice di un responsabile rimangono le istanze fondamentali di questa tipologia di scrittura. Ci si riferisce piuttosto alla peculiarità, all’originalità di un modo sentimentale, e più ancora passionale, di porsi di fronte a quella insanabile ferita sociale che è il delitto.
Il melodramma mette in scena, appunto, le passioni, spesso in maniera assai realistica, esaltando con la musica, col canto e coi costumi la violenza delle stesse e il processo di corruzione di sentimenti inizialmente positivi, che si degradano scontrandosi con situazioni a volte banali, sempre evitabili. I libretti d’opera mescolano con abilità ingredienti della vita quotidiana con elementi di mitologie e leggende, portando i personaggi a rivolgersi direttamente alle emozioni degli spettatori: il canto spezza il cuore, fa sorridere, coinvolge e trasporta l’anima in un altro dove e in un altro quando, proprio come la narrazione deve fare.
L’universalità, la riconoscibilità del lato oscuro erano state comprese dagli autori del tempo, e la scena diventa il luogo ideale per superare ogni intermediazione. Non è un caso che in un’epoca in cui era altissimo l’indice di analfabetismo i loggioni fossero pieni, e tanta gente che non avrebbe saputo leggere una pagina di racconto imparasse invece a conoscere personaggi e storie, partecipando sonoramente con fischi e applausi non solo alla perizia tecnica dei cantanti, ma anche agli atteggiamenti previsti dai ruoli.
Dalle parti di chi scrive la cosa ha avuto un seguito e una conferma nella musica popolare e in alcune formule teatrali che da essa derivano, in primis la canzone sceneggiata. Attorno ad alcune maschere convenzionali, isso, essa e ’o malamente, lui, lei e il malvagio, si costruivano dinamiche assolutamente identiche a quelle di un’odierna fiction televisiva, di un blockbuster cinematografico e, ovviamente, di un thriller ossessivo. I buoni sentimenti, l’amore, la dolcezza, la devozione spezzati e ridotti in cenere dal vizio, dall’egoismo, dall’approfittarsi dell’amicizia e dell’ospitalità.
Queste modalità di narrazione portano, attraverso il tempo e senza variare nella sostanza, al movimento che è riconoscibile come letteratura italiana nera contemporanea: e in qualche modo ne spiegano l’essenza, la natura e soprattutto la popolarità.
Fateci caso, non c’è un periodo dell’anno, da gennaio a dicembre, in cui nella classifica dei libri più venduti non compaiano nelle prime posizioni almeno un paio di romanzi neri italiani. Certo, si spazia dal thriller al giallo, dal noir puro al poliziesco e a tutte le possibili sfumature (absit iniuria verbis) del genere, ma siamo lì: a presidiare la cima delle vendite ci sono gli autori di narrativa criminale.
Si sa che, purtroppo, in Italia il popolo dei lettori resta abbastanza esiguo, d’accordo. Le statistiche sono impietose, e il Bel Paese si colloca in fondo alle liste europee per numero di persone che, resistendo alle tentazioni di una comunicazione di massa sempre più incline all’immagine, scelgono la pagina scritta per riempire il proprio tempo libero; eppure la cosiddetta letteratura di genere, definizione riduttiva e ghettizzante ormai finalmente in via di definitivo superamento, si espande a macchia d’olio e si impone sulle altre tendenze con malcelato orrore della grande critica e nella perdurante indifferenza di molti, importanti premi letterari.
Il fenomeno è curioso e interessante, e porta a discutere delle ragioni e delle conseguenze. Ma anche del recente passato, e di quanto è accaduto da una ventina d’anni a questa parte.
Grandi scrittori che abbiano praticato il genere, con veri capolavori, ne abbiamo avuti eccome. Al di là di formidabili portabandiera come Scerbanenco, Fruttero e Lucentini, Veraldi, Loriano Macchiavelli (ancora meravigliosamente attivo, per fortuna), di letteratura criminale hanno scritto autori immensi come Gadda e Sciascia; e se chiedessimo a dei lettori quale libro di Umberto Eco viene loro in mente per primo, quasi tutti risponderebbero col titolo dell’unico vero testo di narrativa criminale che il Professore abbia scritto, “Il nome della rosa”. Ma si trattava di individualità, seppur straordinarie. Il vero e proprio movimento, organico e connesso, sebbene plurale e polifonico, comincia ovviamente con Andrea Camilleri.
Il Maestro, il vero iniziatore, colui che ha inaugurato la strada che, con consapevole gratitudine, hanno poi percorso in tanti, ha traghettato il romanzo criminale italiano al di là di una barriera di pregiudizio e di noncuranza, conquistando progressivamente le librerie prima e gli scaffali principali poi a botte di centinaia di migliaia di copie vendute, superando la diffidenza e la superbia dei lettori forti e diventando la compagnia preferita di una platea di persone che prima di lui non leggevano affatto. È stato lo scrittore di Porto Empedocle l’autentico spartiacque, il discrimine di un’epoca. È lui il vero iniziatore del movimento della letteratura nera italiana che oggi domina le classifiche, ha il primato di traduzioni all’estero e continua a sbarcare con successo e in molte versioni sugli schermi televisivi. E non sembra casuale che il suo Montalbano venga dalla stessa Sicilia che è la meravigliosa ambientazione di Cavalleria Rusticana.
Si potrebbe precisare, e a giusta ragione, che il fenomeno del successo del noir è planetario. Ma per le ragioni che abbiamo esposto all’inizio, è doveroso pensare che contesti narrativi come il giallo nordico e quello nordamericano si muovano su direttrici differenti dal nostro. Non prosperano a queste latitudini Legal o Medical thriller, assassini seriali, scoppi di efferata e spesso immotivata violenza all’interno di una società irreggimentata e rigorosamente regolamentata: noi parliamo di sentimenti corrotti, di passioni personali, di ossessioni. La dimensione delle nostre storie è, per dir così, più quotidiana e realistica, meno eccezionale e lontana: proprio come Canio e Nedda, o come Santuzza e Turiddu. E l’investigatore, il veicolo col quale camminiamo per le stesse storie, è uno che, come il lettore, è costretto a immedesimarsi, a riconoscere le emozioni perché incline a provarle. L’immedesimazione è l’unico modo per arginare gli effetti devastanti di queste emozioni, e per gustarne i processi.
In fondo, seduti in poltrona con un libro in mano o affacciati al loggione di un teatro, quello che cerchiamo è sempre la stessa cosa: un’emozione da condividere.
E da ricordare.
Maurizio De Giovanni
 
 

Nosaltresllegim, 13.12.2017
La piràmide de fang, d’Andrea Camilleri

Aquest home, Camilleri, és incansable. Com es diu sovint dels vells amb mala salut de ferro “ens enterrarà a tots”. La piràmide de fang va ser publicada a Itàlia el 2014 i, per tant, Camilleri, nascut el 1925, ja tenia 89 anys.
Reconec que tinc una flaca tant per l’autor com pel microcosmos de Vigata dins del qual ens movem com peix a l’aigua els camilleròfags. El llibre m’ha durat 48 hores i en cap moment ha deixat d’atrapar-me.
Aquesta vegada trobem un Montalbano decididament tardoral, amb fallades d’oïda i molt preocupat per la seva Lívia que no es refà de la tràgica mort de François, el noi tunisià que va estar a punt de ser adoptat per la parella anys enrere. (El lladre de pastissets i Una escletxa de llum).
Tota la novel•la està presidida per una meteorologia fosca i inclement d’aquestes que als mediterranis ens cau a sobre periòdicament i que sempre qualifiquem d’excepcional. Contribueix a aquesta foscor l’absència del contrapunt humorístic i sarcàstic dels aspres diàlegs amb el doctor Pasquano, o de la poca traça automobilística del jutge Tommaseo.
Tampoc no ens concedeix l’habitual llambregada a les formes voluptuoses d’algun personatge femení. Per dir-ho d’alguna manera l’acció té lloc en una Sicília una mica “nòrdica”.
D’altra banda, la presència de la màfia és més central que en altres llibres en els quals sembla que Camilleri maldi per fugir de l’estereotip sicilià. És una màfia que no apareix com a “família” amb unes certes normes ètiques sinó com a teranyina econòmica i política criminal que elimina tot allò que li fa nosa i que “controla fins i tot la venda de julivert”.
Sortosament no ens falta Catarella amb les seves aportacions lingüístiques per fer-nos somriure. Ni l’omnipresent tasca de l’excel•lent traductor, Pau Vidal, que gaudeix trobant els registres de llenguatge adequats per traslladar al català l’original sicilià de Camilleri.
Anem al llibre. Enmig d’un temporal de pluges torrencials troben un home mort dins d’un tub de ciment de diàmetre descomunal que era a punt per ser utilitzat en unes canalitzacions d’aigua (que estaven previstes per portar aigua d’un riu que, mentrestant, ja han estat desviades i que naturalment restaran inútils però que caldrà acabar per no haver d’indemnitzar la constructora adjudicatària de l’obra).
Les obres tenen lloc en una esplanada que la pluja ha convertit en un mar de fang. En el turonet que presideix l’esplanada hi ha un parell d’edificacions: una casa que sembla deshabitada i, més enllà una caseta rònega en la qual una vella i el seu fill, alt i gros que no hi és tot, tenen un establiment clandestí en què fan menjars venen tot el que calgui. Una sèrie de detalls criden l’atenció de l’inspector -que ha tingut un malson premonitori i claustrofòbic- perquè no acaben de lligar.
I estirant el fil comença a aparèixer que allò que podria ser un afer de banyes és, possiblement, un assumpte de corrupció immobiliària i de blanqueig de diners de grans proporcions. L’arriben a comparar amb Fort Knox.
Montalbano se’n surt de treure finalment l’entrellat de tot plegat, amb l’ajuda dels fidels Fazio i Augello i finalment podrà escapar-se uns quants dies a veure Lívia que, mentrestant ha començat a sortir de la depressió amb l’ajuda de Selene, la gosseta que la va adoptar (ho heu entès bé, la gossa va adoptar Lívia).
Apa, ara a llegir-lo: Camilleri segueix essent un crac. I que duri!
Lluís-Emili
 
 

Librarius, 14.12.2017
Interjú
Hogyan került Montalbano felügyelo Magyarországra?
Egy kalandos történetet olvashattok itt Olaszországról és Szicíliáról, amit Kürthy Ádám mesél el Andrea Camilleri Montalbano címu könyvének fordítója.


Camilleri és Ádám

Idén osszel, egy római út során sikerült megszervezni, hogy otthonában találkozhassak a 92 éves Andrea Camillerivel – meséli Kürthy Ádám a Montalbano-könyv fordítója. – Ez egy sokéves folyamat megkoronázása volt életemben: 2011-ben került kezembe egy kötet (Un mese con Montalbano – Egy hónap Montalbanóval), amely hamarosan újfajta olvasmányélménnyel ajándékozott meg:
„De jó lenne lefordítani!”
– jó lenne vele tölteni az idot, és jó lenne minél több olyan emberrel megismertetni, akik nem tudnak olaszul, vagy másképp nem jutnának hozzá a könyvhöz. Tudtam viszont, hogy ez a terv így még kevés: a sürgetobb, határidos teendok és feladatok között az ilyesmi biztosan elkallódik. Ezért kerestem neki határidoket, és kerestem arcokat, hogy megszemélyesítsem a „minél több embert”. Egy-egy születésnapra, névnapra vagy karácsonyra kiválasztottam egy-egy ismerost, barátot, családtagot, és egy (vagy) több hozzájuk illo történetet, és ezeket a fordításokat ajándékoztam nekik egy-egy kézi gyártású kötetben. Sikerült felvenni a ritmust, és mikor elfogytak az ünnepek, a fordítás akkor is ment tovább, akárcsak az autóbusz, ahol fordítottam, mert ott volt rá szabad idom.
Elkészült a teljes kötet, de hátra volt még az a része, hogy csakugyan eljuthasson ahhoz a „minél több emberhez”. Hosszú ido telt el – közben azért idorol idore elovettem, és javítgattam a magyar változatot. 2017-ben, 6 évvel az elso tollvonások után az Európa Könyvkiadó úgy döntött, megjelenteti a fordítást – célt ér a kezdeti szándék. Ennél nagyobb jutalom tényleg csak az lenne, ha az a „minél több ember” tényleg minél több lenne, hogy hosszútávú célom minél jobban teljesülhessen. Mert azt hiszem, akinek csak a kezébe kerül, remek olvasmányélménnyel fog gazdagodni. Hálás leszek, ha megosztod a történetet vagy a könyvet, ha megjegyzed magadnak, hogy elolvasd vagy megajándékozz vele valakit. Hálás leszek mindenkinek, aki kezébe veszi, és olvassa.
– Mi volt az, ami ilyen mélyen megszólított Montalbano történeteiben?
A jó szövegek? Az, hogy még sosem jártam Szicíliában, és mégis úgy érzem miattuk, hogy ha lepottyannék a szigetre, csupa ismeros venne körül? Most csak találgatok. Egyvalami viszont már korábban is megfogalmazódott bennem: Camilleri hosszú tévés és színházi dramaturgi pályafutás után kezdett csak neki a Montalbano-történeteknek. 1994-ben, az elso regény megjelenésekor már 69 éves volt. Az ebbol adódó látásmód, a leszurt élettapasztalat mind nagyon összeérett a történeteiben. A figurák többnyire fiatalabbak nála, de úgy vannak megírva, hogy érzodik bennük egy komplett ív, egy életpálya, amelyre a cselekmény pillanataiban talán maguk sem látnak rá. Ugyanakkor különösen megragadóak az öreg szereplok, akik viszont már az életút végérol tekintenek vissza.
Persze az életkor önmagában még nem elég: Camilleri káprázatos mesemondó – ezt akkor is tapasztalhattam, mikor magyarországi látogatásairól beszélt. Egy-két fordulattal megrajzol egy figurát, és az emlékek szinte kész, kerek történetként hangzanak el a szájából. De tévedés lenne azt hinni, hogy pusztán erre az adottságra támaszkodik: idoben távolabbi muveit együtt olvasva látszik, hogy változik a nyelvezete, és saját bevallása szerint, ha valamiért nem jelenik meg azonnal egy mu, amellyel már elkészült, elo-eloveszi, és átírja, javítgatja. Szóval a látszólagos spontaneitás gondos munka eredménye.
– Hogyan kerültél az olasz nyelv vonzáskörébe, és mi az, amit a fordítói munka során, az apró javítgatásokkal vissza akartál adni az olvasóknak?
Leginkább azt lehet mondani, hogy az olasz nyelvbe szerencsésen belecsöppentem: a családomban már jócskán kialakult az Olaszország iránti rajongás, mikor megszülettem, kiskorom óta rendszeresen visszajártunk nyaralni. Kint körülvett az olasz nyelv, majd szép sorjában jöttek a helyzetek, ahol meg kellett szólalni: leküldtek kenyérért a pékhez, pizzáért a pizzériába, és így lassan megszólalni is megtanultam. Aztán késobb, mikor nem utaztunk, de már itthon is elérhetové váltak a külföldi tévécsatornák, a sorozatok és többnyire megkapó helyszíneik szolgáltak Olaszország-pótlékként – és egyúttal nyelvi tréningként is.
Az apró javítgatások abból a dilemmából adódtak, hogy Montalbano nyelve olasz ugyan, de szicíliai. A szerzo, Camilleri maga is így határozza meg magát egy helyen:
„Olasz író Szicíliából”
– tehát nem elkülönülni akar az olasztól, hanem a sziget sajátos ízével és mentalitásával szövi át és gazdagítja azt. A köznyelv és a dialektus közötti jövés-menés nagyon hangulatos, és helyenként komoly jelentéssel is bír. Camilleri azt taglalja egyik esszéjében, hogy a maffia által meggyilkolt kiváló bíró, Giovanni Falcone épp azért ért el akkora sikereket, mert dialektusban tudta vallatni a bunözoket, ok pedig sokkal könnyebben adtak ki információt a „hazai” dialektusukban, mint mikor a hivatalos olasz nyelv kifejezései mögé bújhattak.
Ez a kettosség magyarul nehezen visszaadható, mert nem megfeleltetheto semmilyen nyelvi viszonynak, meg aztán végtelenül mesterkélten hangzana, ha egy adott, markánsabb tájszólást feleltetnék meg, és helyezném a szicíliai dialektus helyébe ebben a kapcsolatrendszerben. Ezért inkább ízt próbáltam neki adni itt-ott, inkább jelezni, mint reprodukálni. De vigyázni kellett, mert mindemellett az elbeszélések stílusa nagyon gördülékeny is, a párbeszédek keresetlennek hatnak – hallatszik rajtuk Camilleri dramaturgi rutinja –, és ezt a hatást talán még fontosabbnak tartottam visszaadni.
Azt hiszem, a szövegek 8-10 változaton keresztülmenve érték el a kiadásban is megjeleno alakjukat. Fontos még megjegyezni, hogy a köztes változatoknak mindig akadt egy-egy türelmes olvasója (a családból, vagy az egyetemrol egy-egy tanár és jóbarát) – az o megjegyzéseikért és törodésükért nagyon hálás vagyok.
– Ügyesen fogtad magad fordítói munkára azzal, hogy személyeknek ajándékoztad az egyes epizódokat. Ok hogyan fogadták? Vagy még inkább: mit reméltél, hogyan fogadják? Beavatnál néhány történetbe?
Bután hangzik, ha azt mondom, hogy talán nem is szeretném tudni? Ha az ember olyasmit ad, ami ennyire kedves neki, a legnagyobb jóindulat mellett is nagyon nehéz, hogy ugyanannyit jelentsen annak is, aki kapja. Persze azért ebben bíztam, de jobb az ilyesmit nem firtatni, és meghagyni a bizalom szintjén. Másrészt ez a fordítói munka sajátossága is: az ember dolgozik a szöveggel, javítgatja, a megjelenés elott még kap visszajelzést, de a szöveg megjelenése után elköszön a szövegtol, és marad egy többé-kevésbé megbízható benyomása arról, hogy milyen munkát végzett. A visszajelzés persze mindig jól esik, de legalábbis tanulságos. Ez viszont már inkább szakmai, mint személyes szempont.
Az ajándékozási folyamatnak volt még egy elmaradhatatlan része, amelyrol eddig csak közvetve szóltam: ugyanis eleinte nem tudtam, hogyan lehetne a fordításokat prezentálható formába hozni, hogy ne csak néhány fénymásolópapírt nyomjak az ember kezébe. A nagy tanakodásban szerencsére a Várfok utcába tévedtem, és észrevettem a Matató könyvköto muhelyt. A kérdés ezzel meg is oldódott, jobb kezekbe nem is kerülhettek volna az ajándékok. Mikor elkészült a kötet teljes anyaga, abból is készíttettem egyedi példányt. De azért az Európa kötetét talán még jobb érzés kézben tartani – és persze a ketto között is szükség volt még egy-két fordulónyi javítgatásra.
– Hogyan sikerült megszervezni a szerzovel, Andrea Camillerivel való találkozást? Mi ennek a története?
Az elso ötletet az olasz tévé adta: 89. születésnapjára készítettek róla egy dokumentumfilmet, melynek az a kerettörténete, hogy a szintén szicíliai narrátor elhatározza: meglátogatja, hogy köszönetet mondjon, amiért a Montalbano-könyveknek köszönhetoen végül még a rideg milánói közeg is befogadta. Azóta bujkált a fejemben, hogy tényleg, ezt az embert meg is lehet látogatni. Mikor aztán az Európa kapcsolatba lépett a kinti könyvkiadóval, már karnyújtásnyira került a dolog – és mivel amúgy is épp Rómában volt dolgom, megkértem, szerezzenek hozzá elérhetoséget. Hamar meg is kaptam az ügynöke e-mailjét, és onnantól már viszonylag egyszeruen sikerült összehozni a találkozót.
– A Camillerivel készült videóban azt mondja a szerzo, hogy azért is fontos számára ez a könyv, mert úgy gondolja, sikerült társadalmi korrajzot készítenie, mintegy útmutatót adni a szicíliaiak jelleméhez. Te hogyan írnád le oket, noket, férfiakat, gondolkodásukat, életvitelüket? Merthogy nálunk Szicília szinonimája a maffia.
Valóban, ez Szicília kevéssé elonyös nemzetközi marketingje. És természetesen jut belole a történetekbe is – a sztereotípiáknál jóval árnyaltabban. Ugyanis a maffia – akárcsak egy diktatúra – valamitol muködik. Nem csak úgy kívülrol ráül egy országra, közösségre: olyan muködési elv hajtja, amely – akármennyire negatív is – valamilyen módon rezonál a közösség jelentos részének felfogásával. Vannak aktív résztvevoi, vannak, akik csak a passzivitásukkal segítik – de akárhogy is, szükségszeruen mindenki együtt él vele.
De ne csak a maffiáról beszéljünk, mert van ott még csomó minden: az ókori görög maradványoktól kezdve a normann behatásig, az arab kultúra nyomaiig (pl. Az agyagkutya címu, magyarul is olvasható regényben) és a spanyol uralom emlékeiig. Ott van a dialektus, ott vannak a hegyek és a rájuk épült városok a sziget közepén, ott van a tenger, a napsütéses part, ahol kis túlzással úgy lehet élvezni a tenger gyümölcseit, mintha itthon a fáról szednénk le az almát. Ha a klasszikus zenére gondolunk, ott van Vincenzo Bellini, ha az irodalomra, Pirandello, és most már nyugodtan elmondható, hogy oldalági rokona, Camilleri is hozzátartozik a szicíliai kulturális örökséghez.
Ami az útmutatót illeti: azt magam sem tudnám jobban szavakba önteni, mint a történetek – csak azt tudom javasolni, hogy aki kíváncsi, kóstoljon bele, úgysem fogja megbánni.
– Egyébként láttad a tévésorozatot? Könyv és film hogyan viszonyul egymáshoz?
Természetesen igen, azt hiszem, az összes eddigi részt láttam. Sot, talán az egész a filmtol indult. Eloször nem volt kedvem nézni, mondván: úgyis annyi krimit láttam már. De aztán mégis odaültem, és onnan már nem volt visszaút. Az Idegennyelvu Könyvtárból kölcsönöztem ki az elso darabokat – még az is lehet, hogy épp a most megjeleno elbeszéléskötet volt az elso –, mostanra már viszont kezd komollyá válni a saját Camilleri-gyujteményem is.
Könyv és film viszonya nagyon érdekes, és kimondottan szórakoztató. Mivel Camilleri elobb volt dramaturg, mint író (és részt vett Maigret felügyelo olasz megfilmesítésében), a tévéfilmes verziók elkészítésében is magától értetodo módon vállalt szerepet. Egy-egy epizód sokszor több novellát kombinál össze: ilyenkor gyakran megváltozik az is, hogy ki a bunös, és izgalmas megfigyelni, hogyan fonódnak össze a különbözo történetek. Szóval a mezei tévénézo számára is lebilincselo, de az olvasóknak mintegy külön jutalomként plusz izgalmakat is tartogat.
Az is világos, hogy a szerzo biztos kézzel nyúl a saját történetéhez, és mintegy újraírja a képernyore. Mivel mindkét médiumban nagy rutinja van, jól tudja, mi muködik az egyikben, és mi a másikban. Elobb láttam például egy részt (A fazekas telke), ahol az egyik jelenetben a rendorök nagyheti passiójátékot néznek – ez adja aztán a kulcsgondolatot az adott ügy megoldásához. Késobb kezembe került a könyv is, és izgatottan vártam a jelenetet – ám végül rájöttem, hogy nincs sehol: ott a felügyelo csak egy könyvet olvas (egyébként épp egy Camilleri-szerzeményt). A papíron muködo játékot tehát magabiztosan felcseréli egy olyanra, ami a képernyon muködik megfeleloen. Kétlem, hogy ezt a szerzon kívül más is meg merte volna húzni.
– Ha tehettem, mindig megnéztem a sorozatot, nem is annyira a krimi mufaja miatt, inkább azért, mert Montalbano végtelenül szimpatikus. Mint férfi kemény, miközben rezzenéstelen arccal nyomja a poénokat. Neked ott volt a könyvben a színész, Luca Zingaretti?
Mivel elobb láttam a sorozatot, természetesen ott volt, igen. A filmek sikeréhez az o nagyszeru alakítása is komolyan hozzájárul. Bár római születésu, sikeresen bújt bele a szicíliai nyelvbe és habitusba. Azt hiszem, nehéz is lenne máshogy elképzelni. Érdekes viszont, hogy Camilleri fejében igencsak másképp nézett ki a figura. Többször is nyilatkozta, hogy a sorozat készítésének kezdetén Pietro Germit tudta volna elképzelni a szerepben – ha nem halt volna meg jóval korábban –, de igazán nem is kitalálta Montalbanót, hanem egyszer csak szembejött vele, miután már megírta.
A történet szerint 1998-ban a Cagliari Egyetem meghívására érkezett Szardíniára, és a reptéren Giuseppe Marci professzor várta, kezében egy Camilleri-kötettel, hogy legyen mirol megismerni. O pedig ekkor döbbent rá, hogy ez Montalbano, o jött ki elé a reptérre. A filmsorozat készítésének kezdetén meg is kérte, hogy küldjön magáról képeket. Végül nem találtak hozzá hasonló színészt, és – szerencsére – jöhetett Zingaretti. De nem árt észben tartani, hogy a könyvekben Montalbanónak haja is van, meg bajsza is. Ezzel – a még megjelenés elott álló – utolsó Montalbano-regény eleje is játszik majd.
– Lesz-e folytatás? Ha nem, miért? Ha igen, merre?
Ami a regényeket illeti, biztosan. Camilleri a biztonság kedvéért elore megírta az utolsó Montalbano-regényt (és azóta persze már át is írta), de azóta már több közbenso darabot is megírt, és remélem, még jó pár évig folytathatja is. A tévésorozat Olaszországban évek óta stabilan 10 milliós feletti nézettséget hoz, úgyhogy azt is folytatják – idén múlt 18 éve, hogy az elso részt leadták: az egyetlen szomorúság az, hogy egy-két kiváló mellékszereplo már kihalt a sorozatból.
Hogy itthon lesz-e folytatása, az nagy kérdés, és attól függ, mennyire kíváncsiak az emberek a most megjeleno kötetre. Engem a lendület annyira elkapott, hogy gyakorlatilag kiadásra készen áll még egy kötet, benne 20 elbeszélés, Montalbano szilvesztere címmel – egyébként az eredeti sorrendben is ez következik az Egy hónap a felügyelovel után. Nagyon remélem, hogy megtetszik az olvasóknak, mert olaszul ezen kívül megjelent még két másik elbeszéléskötet, meg vagy húsz regény – és semminek sem örülnék jobban, mintha még hosszú ideig foglalkozhatnék a Montalbano-szövegekkel.
Podmaniczky Szilárd
 
 

Mangialibri, 14.12.2017
Un anno in giallo

Non è la prima volta che Montalbano, l’inossidabile commissario siciliano, si sveglia con un incubo in corso. Spesso poi si tratta di qualcosa con cui si troverà ad avere a che fare da sveglio. Questa volta sogna la befana, una befana con la faccia di Livia e si capisce che ne seguirà come minimo una “sciarratina” coi fiocchi. La lite in effetti ci sarà, ma prima, mentre pranza in un ristorante che gli hanno consigliato, viene avvicinato da un tipo strano, tale Saverio Lamanna, che gli chiede di incontrare e ascoltare il commendator Zicari, un suo conoscente di Vigata… Saverio Lamanna, ex portavoce di un sottosegretario, viene giudicato dalla fidanzata Suleima, la persona perfetta per parlare con il nipote del falegname con cui sta collaborando, si sa che però i guai per Lamanna sono dietro l’angolo anche in una stanza tonda… I vecchietti del BarLume dopo tante traversie, sempre acuti come un angolo di 30 gradi, sfuggono all’orrida sagra del totano gustandosi un suntuoso manzo wagyu, nel giorno di chiusura del ristorante e naturalmente spettegolano sui fatti di cronaca, nello specifico il furto subito dal Sandroni, un altro ristoratore di Pineta, di svariate bottiglie pregiate. Tanto pregiate da far sospettare ai nostri eroi, barrista e fidanzata poliziotta compresi, che il furto non sia proprio quello che sembra...
Dodici mesi per dodici autori, o il contrario se volete, ma di questo si tratta: un mese ciascuno le grandi penne di Sellerio hanno messo insieme una raccolta deliziosa. Non a tema come le precedenti (La scuola in giallo, Natale in giallo eccetera) ma con un “diktat”: ogni racconto doveva contenere un riferimento all’autore o ai personaggi del mese successivo, in una ideale staffetta. Ecco che Montalbano viene avvicinato da Lamanna, e a Schiavone vengono regalati due gialli di Montalbano (ho indicato volutamente gennaio e dicembre). Ci sono anche delle new entry – almeno per quanto riguarda il racconto giallo, Simonetta Agnello Hornby e Gian Mauro Costa [Sic!, NdCFC]. Ogni racconto è come sempre un gioiellino – gli autori del resto sono tutti più che rodati – che mantiene sia pure nella forma breve (che poi è forse la più insidiosa) l’equilibrio perfetto fra trama e divertissement, come nella tradizione della casa editrice siciliana. Un piacere da centellinare per chi ci riesce, o da gustare tutto d’un fiato, con la certezza di non restare delusi, se non per la consapevolezza di dover aspettare qualche mese, pochi o tanti che siano, prima di poter leggere nuovi romanzi che durino qualcosa in più di uno “shottino”. Cinquecento e rotte pagine che negli scaffali di chi ama i libri blu non potranno mancare nell’attesa di godersi in televisione la seconda serie del vicequestore Schiavone o l’uscita prevista a gennaio del nuovo guaio in cui si è trovato coinvolto il Monterossi (anche per lui si vocifera di un passaggio sul piccolo schermo).
Carla Colledan
 
 

Radio Capodistria – Punto e a capo, 14.12.2017
Dall'Istria alla Sicilia, per parlare di teatro e di Andrea Camilleri
Cliccare qui per ascoltare la puntata

Drammaturghi italiani d'Istria e di Fiume dagli scorsi anni Sessanta ad oggi: chi sono, e cos'hanno scritto? Ne parliamo con Rosanna Bubola, che venerdi' 15 dicembre, a Umago, conduce il pubblico in un viaggio a ritroso nella storia dei cinquant'anni del Concorso d'arte e di cultura Istria nobilissima attraverso la categoria Teatro, fra testi impegnati e altri, piu' numerosi, all'insegna del divertimento leggero, tra italiano e dialetto, tradizione e innovazione.
Sul Leggio di Luigi Tassoni trova posto un volume di contributi critici su Andrea Camilleri, "I fantasmi di Camilleri", a cura di Milly Curcio (L'Harmattan). Mentre nella rubrica Parole che vanno ci occupiamo di "gelicidio".
 
 

TvZoom, 14.12.2017
Ascolti Tv 13 dicembre digital e pay: su Fox Sports Al Jazira-Real 53mila. Il giovane Montalbano vola su Rai Premium

Non lo fermi neanche sulle native digitali free. Finite le repliche del mercoledì del personaggio ‘maturo’ su Rai1, ieri Salvo Montalbano versione Michele Riondino ha imperversato sulle native digitali free con il prequel giovanile.
[...]
Su Rai Premium Il giovane Montalbano ha conseguito 660mila spettatori con il 2,84%.
[...]
Emanuele Bruno
 
 

ScrivoLibero, 15.12.2017
Mimì, lo spettacolo su Modugno al Teatro Pirandello: intervista a Mario Incudine

“È appassionante battezzare lo spettacolo nel posto in cui Domenico Modugno si radicò come siciliano e dove è stato, anche, consigliere comunale. Lui era di Polignano a Mare, ma Agrigento ha rappresentato il paradigma della sua identità siciliana”.
Mario Incudine appare entusiasta del suo nuovo spettacolo “Mimì, da sud a sud sulle note di Domenico Modugno”, che debutta sabato e domenica al Teatro Pirandello di Agrigento per la regia di Moni Ovadia e Giuseppe Cutino. […] Reduce, inoltre, del successo teatrale con “Il Casellante” e “Quadri da Liolà”, Incudine ci confida la sua ammirazione per Camilleri e Pirandello: “Ho un amore viscerale non solo per Andrea Camilleri, ma anche per Pirandello che, in qualche modo, dal punto epistemologico è stato l’antenato di Camilleri”.
[…]
-Maestro Incudine, i suoi lavori lasciano trasparire una certa propensione per i grandi autori agrigentini. Inclinazione naturale?
“Ho un amore viscerale non solo per Andrea Camilleri, che ritengo sia uno degli uomini più illuminati del Novecento, ma anche per Pirandello che, in qualche modo, dal punto epistemologico e letterario, è stato l’antenato di Camilleri”.
[…]
Luigi Mula
 
 

Novaguide.gr, 17.12.2017
Inspector Montalbano
17 / 12 / 2017 | 21:00 Action24
Crime series - Ep. 13

Montalbano investigates a young girl's kidnapping. The kidnapper asks for ransom from the father's brother. The victim has a beautiful young friend who wants to get recruited at the police.
 
 

tvtv.de, 17.12.2017
Sat.1 emotions 20:15 So 17. Dezember
Sonstiges, I 2008
Commissario Montalbano
Staffel 7, Folge 3 von 4, Die Spur des Fuchses

Direkt vor Commissario Montalbanos Terasse liegt am Stand ein totes Pferd – es wurde offensichtlich erschlagen. Als Montalbano den Kadaver abholen lassen will, ist das Pferd plötzlich verschwunden. Kurze Zeit später meldet sich Rachele Estermann bei der Polizei, weil ihr teures Rennpferd gestohlen wurde. Der Stallbesitzer Lo Duca vermutet, dass sich ein ehemaliger Mitarbeiter rächen wollte, doch Montalbanos Recherchen bringen etwas anderes zutage ...
 
 

La Repubblica, 17.12.2017
Divento anch'io signora in giallo
Simonetta Agnello Hornby ha scritto saghe familiari, romanzi culinari, saggi anti violenza.
Ora sfida il thriller.
Ma come mai la sua eroina le somiglia così tanto?

Alla fine tutto torna. L'avvocatessa degli emarginati londinesi che da La Mennulara in poi si è fatta scrittrice (era il 2002) diventa giallista con un personaggio che, promette, non finisce qui. Si chiama Cornelia Zac, giovane legale che assieme alla socia Judy Green salva dall'accusa di omicidio un ragazzo figlio di una madre tossicodipendente, coraggioso e impaurito come solo a sedici anni si può essere, tra squatter, autobus di periferia e una gang che occupa un casermone della periferia. Accade in Le strade sono di tutti, racconto di Simonetta Agnello Hornby inserito nella raccolta Un anno in giallo appena uscita per Sellerio. Un mini-giallo e una grande firma al mese: per Agnello Hornby è marzo, ma ci sono anche Andrea Camilleri e, tra gli altri, Alessandro Robecchi, Alicia Giménez-Bartlett, Marco Malvaldi, Andrea Manzini. «Confesso di non aver letto molti gialli italiani. Tranne Camilleri, che adoro anche se ogni tanto mi perdo nella sua scrittura», dice l'autrice di origine siciliana ma ormai inglese di adozione.
[...]
Marco Bracconi
 
 

Italianieuropei, 19.12.2017
“Detto tra compagni”. Dialogo tra Andrea Camilleri e Massimo D’Alema

Massimo D’Alema Mi ha colpito una tua dichiarazione di qualche tempo fa in cui confessi di non vederci quasi più, ma di continuare a sognare a colori. È un’immagine molto bella, anche da un punto di vista letterario, che però mi spinge a farti una domanda precisa. In questa fase di trasformazioni molto radicali e non sempre positive nell’economia e nelle relazioni internazionali, in quest’epoca di conflitti, intolleranze, razzismi, chiusure che noi venti o trenta anni fa non avremmo immagi­nato più possibili, tu il futuro lo vedi a colori? C’è, secondo te, uno spazio per la speranza?
Andrea Camilleri Questo è un dilemma che mi porto dentro da un po’ di tempo a questa parte. C’è un bellissimo episodio in cui Leonardo Sciascia racconta che, verso il 1922, chiesero a un contadi­no completamente cieco: «Compa’, ma voi questo fascismo come lo vedete?». E lui rispose: «Cu tutto che sugnu orbo, la vio nivura». La vedo nera. Ecco, io da orbo direi, come il contadino, la vedo nera. Però nutro anche una sorta di profondissima fede nell’uomo. Credo che nei momenti peggiori venga poi il tempo in cui le qualità mi­gliori dell’uomo riemergono. Sono come un fiume carsico: per un po’ scompaiono e poi ritornano. Quindi, da un lato sono pessimista, dall’altro non riesco a perdere questo mio innato ottimismo nell’u­manità. Malgrado l’età non ho quello che Alfieri chiamava “l’umor nero del tramonto”. Posso averlo avuto in passato, ma passeggero. Quello che però mi porto addosso in questi ultimi anni è piuttosto una specie di rimorso. Il rimorso di lasciare ai miei nipoti un’Italia con un futuro problematico. Mi sento come se la mia generazio­ne avesse fallito nell’impegno civile. Io appartengo alla generazione che aveva venti anni quando l’Italia è stata liberata dal fascismo e, come mi è già capitato di dire, sono stato educato male. Perché ai miei tempi la politica era fatta da gente come De Gasperi, Togliat­ti, Nenni, Sforza, Parri. Si riscopriva la politica democratica come una cosa nuova, si gioiva della possibilità di esporre liberamente le proprie idee e di confrontarsi con gli altri, che non erano nemici ma avversari. E c’era una gran voglia di rifare l’Italia. Ora, a 92 anni, sento come se mancasse un autentico slancio nel tentare di rifare l’Italia. Vorrei quindi che la mia eredità fosse presa con beneficio di inventario. Quando qualche tempo fa ho incontrato alcuni studenti di un liceo romano e abbiamo parlato di cosa è stato il fascismo, ho detto loro di non abbandonare la politica, ma di rifarla: non state ad ascoltare più noi, noi siamo già morti. Trovate parole nuove per la politica. Ridate alla politica quella “P” maiuscola che negli ultimi tempi ha perso.
M. D’A. La tua risposta alla condizione difficile e dolorosa starebbe quindi in una fiducia nell’uomo che potrebbe essere definita, in termini culturali, una sorta di “nuovo umanesimo”.
A. C. La speranza potrebbe essere il ritorno all’Uomo nel senso mi­gliore della parola. Il ritorno all’Uomo totale. Oggi si tende a di­mezzare l’uomo. Ho l’impressione che venga sezionato. Pensiamo al lavoro ad esempio. Ho l’impressione che il valore del lavoro non abbia più quel posto che gli era stato riservato nella Costituzione. Il lavoro era o no uno dei valori assoluti dell’uomo?
M. D’A. Era anche la forma della cittadinanza. Era il modo in cui l’uomo diventava cittadino.
A. C. Il lavoro era il modo di partecipare alla vita e al benessere comu­ne. Ma l’uomo conferma sempre di avere una sua innata positività. Qualche anno addietro, quando il nostro paese si era venuto a trovare con un debito pubblico enorme e una disoccupazione spaventosa, ho avuto paura che la gente così in difficoltà potesse perdere le staffe. Al­cuni hanno detto che si è trattato di un momento di rassegnazione. Io invece credo che abbiano capito che una sollevazione avrebbe potuto addirittura peggiorare le cose. E ho individuato in questo compor­tamento una certa dose di saggezza, una qualità. Ma a questo punto bisogna fare, secondo me, delle restituzioni. È stato tolto troppo. Io non mi intendo di economia, ma quando sento dire che si comincia a intravedere una crescita nell’economia, rimango perplesso. Se non cresce l’occupazione, come fa un paese a crescere? Non riesco a capire come si possa, con un quadro del genere, parlare di crescita.
M. D’A. Non è solo la mancanza di lavoro che dovrebbe preoccuparci, ma anche la sua scarsa valorizzazione. Il lavoro oggi appare svalorizzato innanzitutto perché si guadagna di meno, perché i salari sono bassi, per­ché è precario. Aumenta il numero di occupati ma diminuisce il numero delle ore lavorate. Sembra un paradosso ma è così, perché molti sono i la­voratori part-time, a chiamata, quelli che lavorano solo poche ore. E poi per i giovani ci sono i contratti da stagisti, che consentono di guadagnare appena 300 o 400 euro al mese.
A. C. Ma non è una condizione miserabile questa? Per l’uomo, per il lavoro, per tutto?
M. D’A. Certo è così. Anche perché contemporaneamente la ricchezza nazionale si concentra in poche mani. Nel frattempo, infatti, aumenta­no i profitti e le rendite finanziarie.
A. C. Allora non mi vengano a parlare di crescita del paese. Ancora una volta parliamo di una parte del paese, che sta meglio, che guada­gna di più. Sento che nel 2017 su quattro famiglie una è in povertà assoluta e due sono a rischio povertà e subito dopo viene detto che il paese procede. Ma in che senso? Procede all’inverso. È pazzesco che oggi si possa constatare che ci sono famiglie che vivono in assoluta povertà. Mi sembra di ritornare agli anni della guerra, quando si era un po’ tutti poveri perché le cose mancavano. Con la differenza che oggi le cose non mancano.
M. D’A. Essere poveri in una società in cui tutti sono poveri è diverso dall’essere poveri in una società in cui ci sono anche alcuni molto ricchi, perché la povertà a quel punto viene vissuta come una colpa e alimenta una forma tremenda di emarginazione e di frustrazione personale.
A. C. Il fatto che la povertà venga vissuta come una colpa rientra in un modo di concepire la società che non ci apparteneva. È proprio della società anglosassone, dove chi non riesce a fare soldi è conside­rato un incapace. Era un po’ l’idea che si aveva degli Stati Uniti d’A­merica quando i nostri emigranti andavano lì a far soldi. E chi tor­nava dall’America senza aver fatto fortuna era considerato un fallito.
M. D’A. Noi siamo cresciuti in una società in cui il mondo cattolico e la sinistra avevano fatto affermare e vincere alcuni valori di solidarietà: che non ci potevano essere quelli troppo ricchi accanto a quelli troppo po­veri, che le diseguaglianze andavano ridotte, che bisognava avvicinare le persone. Purtroppo il logoramento di queste grandi culture democratiche ha portato al prevalere dell’individualismo.
A. C. Da questo individualismo mi sembra discenda la posizione che abbiamo oggi di fronte all’accoglienza, il rifiuto totale che nu­triamo rispetto a questo grande e prevedibilissimo fenomeno che è l’immigrazione. Anche su questo noi italiani, che ci definiamo brava gente, facciamo un bel po’ di omissioni. Mi ricordo che, negli anni Sessanta, quando mi trovavo a Torino per lavorare alla TV nella sede di quella città, ho visto con i miei occhi – allora che c’era la migra­zione interna – i cartelli sui portoni che dicevano: “Non si affitta a meridionali”. E non è razzismo quello? Figurati se oggi si affitta agli iraniani, ai magrebini ecc. Non si affitta a nessuno. Per qualcuno questi poveri disperati non dovrebbero mettere piede in Italia. Mi inquieta che l’Europa allargata abbia al suo interno paesi dove si eri­gono frontiere, quando invece il grande sogno europeo era quello dell’abbattimento di tutte le frontiere. Come in Austria, dove per vincere le elezioni il partito di centrodestra si è dovuto spostare tutto a destra, garantendo che gli immigrati non metteranno piede nel paese. Se così si vincono le elezioni provo terrore, perché capisco quanto sia diffuso l’individualismo. Il “particulare” emerge su tutto.
M. D’A. È il brutto modo di invecchiare dell’Europa, perché il para­dosso è che l’Europa, al di là del giustissimo sentimento della solidarietà, ha bisogno di questi immigrati. Se guardiamo alle tendenze demogra­fiche, se noi vogliamo avere di qui a venti anni un numero adeguato di persone giovani che lavorano accanto a persone anziane che vivano della loro pensione, abbiamo bisogno di immigrati. Già oggi in Italia grazie agli immigrati si riescono a pagare gran parte delle pensioni. Noi abbiamo cinque milioni di immigrati, molti dei quali lavorano e ver­sano all’INPS i contributi con cui si pagano le pensioni degli italiani. Però, malgrado ciò, c’è un sentimento irrazionale di paura. Se infatti tra i mali della società di oggi vi sono da un lato l’impoverimento e la povertà, dall’altro vi è la paura. Mentre l’Italia che hai evocato prima, quella dei tuoi venti anni, si lasciava alle spalle la paura e guardava al futuro con speranza, oggi noi viviamo in una società che invece guarda al futuro con paura. E non è facile sconfiggere la paura. I messaggi più forti a sostegno dell’accoglienza, della solidarietà, del coraggio e contro la paura in questi anni li ha lanciati la Chiesa cattolica. In particolare l’attuale papa.
A. C. Infatti credo che gli rimproverino questo sguardo più attento al sociale che alle cose dell’anima.
M. D’A. È vero che nella Chiesa c’è un animo conservatore. Però guardo anche con una certa invidia alla tensione sociale della Chiesa di Bergo­glio, perché nella sinistra italiana sento poche voci che hanno la stessa sensibilità. Ma poi, cosa è diventata oggi la sinistra italiana?
A. C. Mi sembra che in questo momento parlare di centrodestra e di centrosinistra sia un po’ un modo di barare al gioco. Perché il cen­trosinistra in realtà è centro, ed è già tanto che non sia solo destra. Anche se continua a spacciarsi per centrosinistra. A un certo punto avevo sperato veramente che si riuscisse in Italia a ripetere il miracolo che in Grecia fece Tsipras quando riuscì a riunire vari gruppi della sinistra. Ma la vedo difficile.
M. D’A. Non è facile, ma penso che oggi sia l’unico tentativo che vale la pena provare a fare. Perché oggi la realtà del Partito Democratico è quella di una forza che appare prigioniera di una guida personale. È diventato il partito di una persona.
A. C. Si adegua a una tendenza. Come il partito di Grillo è di Grillo e il partito di Berlusconi è di Berlusconi. Si è adeguato anche il PD.
M. D’A. Bisognerebbe cercare di fare emergere in Italia una possibilità diversa. È lo sforzo di queste settimane, di questi mesi: mettere in campo una possibilità diversa. Incontro molte persone che mi dicono: datemi qualcosa per cui votare, perché altrimenti rimango a casa.
A. C. Per la prima volta, a 92 anni, per poter votare al referendum sono dovuto andare alla ASL, dove ho dovuto sostenere una visita medica per avere la possibilità di farmi accompagnare in cabina da una persona di fiducia. Ho passato due visite per andare a votare. Ora, farei fatica a rifare tutta la trafila, perché non saprei onestamen­te per chi votare.
M. D’A. Stiamo cercando di offrirti una possibilità, una ragione che ti dia la voglia di rifare la trafila. La sinistra ha bisogno di rinascere, e questa esigenza scaturisce da un bisogno della società. Una sinistra che deve venire dal basso come risposta alla povertà e alla diseguaglianza. Ma c’è anche la sfida di una modernità che se non viene governata può produrre effetti perversi. Come la finanza, che è nata per essere un gran­de strumento al servizio dello sviluppo e del lavoro ed è invece diventata padrona, producendo guasti enormi, anche l’innovazione tecnologica, nata come strumento, potrebbe trasformarsi in padrone e sconvolgere la vita e il lavoro.
A. C. A seconda dell’uso che ne facciamo. Certo che internet e la rete sono una grossa, enorme possibilità di comunicazione e di conoscen­za, ma se viene usata male diventa devastante. Io di fronte alla tec­nologia non mi spavento, mi spavento per l’uso che se ne fa. Come l’invenzione dell’aereo, che è stata una cosa meravigliosa, ma poi è servita per sganciare la bomba su Hiroshima. Bisogna che la politica futura si interessi al corretto uso della tecnologia. Non so come potrà farlo, ma è una questione molto seria.
M. D’A. Dovrà certamente interessarsi dell’uso della tecnologia, ma an­che occuparsi di accompagnare la rivoluzione tecnologica con una politi­ca sociale, come nel caso della robotizzazione. Siamo alla vigilia di una nuova rivoluzione industriale che renderà sempre meno necessario in molti settori l’apporto umano. Ma questo dovrà essere accompagnato da un’azione politica che, se il lavoro umano diviene meno necessario, im­pone di ridurre l’orario di lavoro, offre la possibilità alle persone di avere più tempo da dedicare alla cultura, alla società, agli altri. Dovremmo chiedere al lavoratore, a chi lavorerà solo 4-5 ore al giorno, di dedicare una parte del proprio tempo alla società, al lavoro di cura.
A. C. È una bellissima idea. Ed è un’idea rivoluzionaria. Ma bisogna pensarci per tempo, già da ora. Perché se arriva un robottino che sostituisce dieci operai, oggi abbiamo solo dieci disoccupati in più. Temo che siamo già in ritardo. Perché la velocità con cui la tecnolo­gia ha progredito negli ultimi anni è spaventosa. C’è stata una grande accelerazione. E quindi mi chiedo: siamo noi che siamo fermi e l’ac­celerazione ci passa davanti oppure noi stiamo, contemporaneamen­te, dal punto di vista sociale, arretrando di fronte a questa accelera­zione? Poco fa dicevamo che sembra di essere tornati anni indietro dal punto di vista del lavoro e del salario. Già bisogna recuperare ciò che è andato perduto prima di prevedere quello che succederà nel futuro. È un compito immane. Forse in Europa si trovano delle intelligenze politiche in grado di affrontare la questione. Non vorrei che fossimo presi in contropiede, come è stato per l’immigrazione, quando era prevedibilissimo che il fenomeno non si sarebbe fermato a poche decine di migliaia di unità. A questo proposito poi non ca­pisco la divisione che si fa tra quelli che vengono qui per fame, e che rimandiamo indietro, e quelli che sono rifugiati politici, che invece accogliamo. Forse la fame non è materia tale da poter giustificare una fuga dalla propria patria? Milioni di italiani non sono forse emigrati negli Stati Uniti o in Nord Europa in passato per sfamare i figli e la famiglia?
M. D’A. C’è una differenza giuridica ma effettivamente, dal punto di vista umano, non c’è differenza, e se non ci fermiamo nell’azione di distruzione del pianeta che stiamo portando avanti avremo sempre più persone che scappano per gli effetti del cambiamento climatico e della desertificazione.
A. C. Mi sembra pazzesco trovarmi di fronte a un presidente degli Stati Uniti che mentre i tornado devastano la sua terra, nega che ci sia il cambiamento climatico. Il compromesso raggiunto faticosamente a Parigi viene ributtato in aria. Noi stessi stiamo vivendo gli effetti del cambiamento climatico, come dimostra il caldissimo autunno di quest’anno. La gente che non può coltivare la terra che fa? Fugge a Nord. E noi non possiamo dirgli che non li accogliamo perché non sono perseguitati politicamente. È la stessa cosa.
A. C. Ma dimmi, Massimo, tu pensi che l’Europa reggerà a tutti questi strappi?
M. D’A. L’Europa, intesa come le istituzioni dell’Unione europea, regge perché nessuno ha il coraggio di smontare questo sistema, che ha portato comunque grandi vantaggi. Il problema vero, però, è se l’Europa avrà la capacità di rilanciare il suo progetto, di riprendere slancio. E su questo dubito di più perché non vedo una classe diri­gente europea che abbia la forza politica e il coraggio di decisioni forti. In fondo, quando Kohl decise di unificare la moneta tedesca dando ai tedeschi dell’Est un marco vero per ognuno dei marchi finti che avevano in tasca, prese una decisione che era contraria a ogni lo­gica economica ma che aveva la forza della politica e il coraggio della leadership. Era un investimento sul futuro: fare qualcosa che in quel momento non sembrava ragionevole ma che, garantendo la pace, ri­unificando la Germania, creava le condizioni per il futuro. Oggi una classe dirigente europea che abbia questo coraggio e questa visione io non la vedo. E questa è la debolezza dell’Europa, che sopravvive, con le sue istituzioni e le sue regole. Nessuno avrà il coraggio di uscire dall’euro perché sarebbe una follia, un suicidio. Tuttavia, ci sarà la forza di fare il salto di qualità? Perché così com’è l’Europa vivacchia. Ma questo non basta, non offre una prospettiva, soprattutto in un mondo nel quale tornano la politica di potenza e, fortissimi, il nazio­nalismo americano e russo. Se l’Europa non si unisce e non è in gra­do di proporsi come un grande soggetto politico rischia di diventare sempre più marginale, secondaria, una parte del mondo dove si sta bene, ci sono i musei, la cultura, i monumenti, visitata dai turisti, ma poco rilevante a livello internazionale. L’Europa è la più grande piat­taforma di valori che esiste nel mondo, quella dove si sono sviluppate le libertà civili e i diritti sociali nel modo più alto. Questo insieme di valori siamo in grado di metterlo al servizio dell’umanità? Altri­menti, inevitabilmente, i valori deperiscono. Ciò a cui assistiamo è proprio questo deperimento. Un certo modello americano di indi­vidualismo comincia a penetrare anche da noi perché si indebolisce la difesa data da quei valori. E progressivamente la società europea tende a uniformarsi a modelli che non sono i suoi. Questo è il rischio maggiore. Penso che la sinistra dovrebbe fare proprio, in un progetto di rinascita, il tema dell’unità europea. Non dovrebbe lasciarlo ad altri. Non dovrebbe ripiegare in una visione nazionalistica. Questo sarebbe un errore enorme. Ritornano persino le piccole patrie. Tutti abbiamo simpatia per la Catalogna, ma l’idea che possa diventare una nazione per conto suo è un’idea arcaica.
A. C. È un’idea che non hanno nemmeno i Catalani. Perché a guardare i risultati del referendum sono solo il 32% coloro che hanno votato sì. Non è un po’ pochino per proclamare l’indipendenza?
M. D’A. Sì, infatti quanti hanno proclamato l’indipendenza sono un gruppetto di avventurieri. Il paradosso della situazione in Spagna è che il conflitto è stato creato da due destre, i nazionalisti catalani, che sono la destra in Catalogna, e i nazionalisti spagnoli, che sono la destra spagnola, che hanno reagito con estrema durezza anziché apri­re un dialogo. Una soluzione poteva esserci nella forma di un dialogo che riconosca alla Catalogna una maggiore autonomia preservando l’unità nazionale della Spagna.
A. C. In questa situazione vedo prevalentemente uno scontro titani­co tra fesserie.
M. D’A. Ma tu te lo ricordi il tuo primo incontro con Manuel Vázquez Montalbán?
A. C. Fosti tu a farci conoscere. Mi telefonasti proponendo un in­contro. Lui aveva pubblicato “Cesare o nulla” e facemmo un primo incontro alla Festa dell’Unità. Era, credo, il 1995.
M. D’A. All’epoca ero segretario del partito, ma volli in quella occasione condurre il dialogo tra voi due. Ci fu un successo di pubblico clamoroso. Montalbán era iscritto al Partito Socialista Unificato di Catalogna, che erano gli eurocomunisti della Catalogna. E per questo l’avevo conosciuto: un uomo simpatico, con una travolgente passione per il buon cibo e per le donne. Diciamo che mentre il tuo Montalbano è un uomo fondamen­talmente casto, i suoi eroi erano dei gran puttanieri.
A. C. Dopo quella Festa dell’Unità ci siamo visti diverse altre volte. A Mantova, a Brescia. C’era anche l’idea di scrivere un romanzo in­sieme. Conservo ancora i dialoghi preparatori a questo romanzo. Ri­cordo bene la mattina in cui seppi della morte di Manolo. Eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo risentiti al ritorno dal suo viaggio e invece quella mattina, entrando nel mio studio, appresi che era mor­to all’aeroporto di Bangkok. Mi assalì la malinconia. Avevo chiesto di non vedere nessuno. Non avevo voglia di mangiare. Verso l’ora di pranzo bussarono alla porta. Era il postino, con un pacco: l’ultimo libro di Manuel Vázquez Montalbán, intitolato “Happy end”. Ho pensato: «Manolo, messaggio ricevuto. Ciao».
M. D’A. Tu invece esageri un po’ con le sigarette, mi sembra.
A. C. In mia difesa, vostro onore, posso dire che fumo sigarette con il doppio filtro, e a metà le spengo. In realtà io sono un dissuasore del fumo, ribadisco sempre la stupidità di questo vizio, un’imbecil­lità a cui non riesco a sottrarmi. Un po’ di tempo fa, una mattina, alle 9:00, mia moglie entrò in studio quando erano già due ore che ero lì al lavoro. E mi chiese perché avessi rotto tutte le sigarette che avevo nel posacenere. Sigarette che ero convinto di aver fumato e che invece erano lì, spezzate senza essere state accese. Mi resi quindi conto che mentre scrivevo al computer pigliavo la sigaretta, provavo ad accenderla e mi convincevo di averla accesa, ma l’accendino non aveva gas. Io non me ne ero accorto. Non è che non ci vedessi. Non me ne accorgevo e basta. Avevo il portacenere pieno di sigarette non accese, ma io erano due ore che fumavo. Il che dimostra l’imbecillità e, al contempo, l’importanza del rituale della sigaretta.
M. D’A. Anche io, che sono stato in passato un fumatore, rispettavo il rituale della sigaretta, che si completava con il caffè qualche volta. Que­sto è tipicamente meridionale. La sigaretta, il caffè. Ma dimmi un po’, il cambiamento tecnologico ha cambiato qualcosa nel mestiere di scrittore?
A. C. Tante cose sono diventate più facili. Molte ormai si fanno sen­za muoversi di casa, lavorando con la rete, da remoto. Per me è stato così. Mi sono dovuto organizzare in un’altra cosa, invece, nel dettare. Perché quando scrivi tu direttamente basta alzare lo sguardo per ve­dere quello che hai appena finito di scrivere e quindi riesci a collegare con il periodo successivo. Non vedendo, questo non è più possibile farlo. Quello che viene detto vola via immediatamente. Allora mi sono organizzato facendo ricorso alla mia esperienza teatrale. Prima di cominciare a dettare mi organizzo i personaggi e me li vedo come se fossero in palcoscenico. Chi è sistemato seduto, chi in piedi, chi a destra, chi a sinistra. Metto così dei punti fermi da cui posso ripartire per scrivere la frase successiva. Naturalmente, dopo avere scritto tre o quattro periodi chiedo di rileggere così da riprendere il filo.
M. D’A. È un bell’esercizio. Tutto di memoria.
A. C. Ho ancora una buona memoria e invecchiando ho acquisito quella che Sciascia chiamava la “presbiopia della memoria”, per cui ti ricordi le cose di quando avevi cinque anni con una chiarezza e ricchezza di dettagli straordinaria. La cosa più atroce, invece, è non riuscire più a leggere, perché una cosa è quando leggi tu direttamen­te, e si instaura un rapporto tra te, la pagina e la parola che suona col tuo suono dentro di te. Diverso è quando altri leggono per te. Devo farmi leggere le cose e il fatto che la voce mi arrivi dalle orecchie e non siano gli occhi in diretto contatto dalla parola è una disdetta.
M. D’A. Questo perché tu usi una scrittura che è consustanziale alla tua voce. Perché tu usi un tuo linguaggio.
A. C. Altra cosa terribile è la perdita del colore. Allora io cerco di ripassarmi le immagini. L’altro giorno ho ripassato la Flagellazione di Piero della Francesca. Mi son ricordato che ci sono tre figure, che una di queste, quella centrale, ha il mantello candido, e così via. La mattina dopo ho chiesto di controllare e i colori corrispondevano. Non me li ero persi.
 
 

TvZoom, 21.12.2017
Ascolti Tv 20 dicembre digital e pay: A United Kingdom 96mila, Agents of Shields 83mila. RaiPremium 2,1% con Riondino
Ieri su SkyCinema 1 il film A United Kingdom a 96mila spettatori di flusso con lo 0,4%. In tema calcio, Venezia-Cremonese di Serie B a 31 mila e 0,12% e su Fox Sports le partite di EFL Cup a 30mila e 0,12%. Su Fox la prima puntata di Agents of Shields5 83mila spettatori. Su Rai Premium Il giovane Montalbano a 503mila e 2,12%

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In prime time, tra le opzioni alternative, ieri a farsi spazio è stato soprattutto Salvo Montalbano versione Michele Riondino in replica su Rai Premium.
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Su Rai Premium Il giovane Montalbano ha conseguito 503mila spettatori con il 2,12%.
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Emanuele Bruno
 
 

Mangialibri, 21.12.2017
Hoefer racconta Camilleri
Autore: Andrea Cassisi, Lorena Scimè
Genere: Racconti
Editore: Dario Flaccovio 2016

“Comi l’alica e lu lippu. Come l’alga e il muschio. Muschio marino. Vuol dire essere come amici fraterni, intimi”. Porto Empedocle, secondo dopoguerra. Andreuccio – come lo chiama la signora Carmelina, sua madre – è figlio unico; anche Fefè lo è e, come capita spesso in questi casi, i due sono molto legati, “quasi in simbiosi. In case diverse ma sempre insieme. L’uno per l’altro, trascorrevamo gli anni della gioventù con goliardia, passione, libertà”. Passeggiano lungo la riva del mare che amano tanto entrambi, e per chilometri parlano di tutto. E giocano lunghi tornei di ping pong nel salotto della casa di Andreuccio, sotto lo sguardo preoccupato di Adelina (ndr. Vi dice niente questo nome?), la criata che aiuta in casa, stira e cucina piatti buonissimi (ndr. Sì sì, è proprio lei, avete indovinato!) Poi vanno in barca con un paio di amici, raggiungono una spiaggia meravigliosa, mangiano sarde arrostite sul coccio, bevono un vino di quello buono che si sono portati dietro, si gustano un’anguria gelata tenuta fin lì nel ghiaccio comprato al porto, e si addormentano un po’ brilli e felici sul mare. Insieme, Fefè e Andreuccio, fondano anche una compagnia teatrale, perché condividono anche questa passione, la chiamano “Maschere nude” in omaggio al conterraneo Pirandello: “Eravamo pieni di entusiasmo, camminavamo con i sogni in tasca. Non ci stancavamo mai e pur di allestire una commedia eravamo pronti a fare le ore piccole”. Nei ricordi le chiacchiere nei camerini, l’odore dei trucchi così amati perché “riuscivano a trasformare un uomo in qualcun altro”. In una vecchia fotografia Andreuccio controlla attentamente il cerone sul viso dell’amico, “Lui non si perdeva un solo istante, dalle prove alla messa in scena di un’opera”. Da allora, Andreuccio e Fefè non si sono mai allontanati e ancora si sentono al telefono ogni settimana, pure se non si vedono da cinquant’anni e vivono l’uno a Roma, l’altro a Gela. Fefè è il poeta Federico Hoefer, Andreuccio Andrea Camilleri, che non ha bisogno di presentazioni…
Andrea Cassisi, giornalista e poeta, e Lorena Scimè, giornalista e appassionata di teatro, entrambi siciliani, scrivono un libro curioso dopo aver incontrato e ascoltato a lungo (la prima volta in un bar) Federico Hoefer, amico fraterno di Camilleri e empedoclino come lui. “Il destino a volte gioca scherzi un poco antipatici” ha detto l’anziano poeta in una breve intervista, ma l’importante è sentirsi, avere i ricordi “che sono tanti e sono nostri”. Con commozione e divertimento Hoefer apre lo scrigno di queste preziose memorie e ne fa dono ai due giornalisti entusiasti perché li traducano in questa piccola collana di racconti nei quali “ogni parola è un incanto, ogni aneddoto genera stupore. Una magia”. Una raccolta di piccolissime storie che permette ai numerosi fan del vecchio Maestro siciliano di aggiungere altri tasselli ai tanti che personalmente ha già regalato in molti dei suoi libri, quelli nei quali ha raccontato una vita lunga, ricca di esperienze e feconda in tante maniere. Sono i ricordi della prima giovinezza narrati da un amico che con lui li ha condivisi e che ne parla con evidente emozione, soprattutto perché quel legame, anche a distanza, non si è mai interrotto e coltiva ogni giorno la speranza di farli rincontrare, nonostante le difficoltà legate all’età ormai avanzata e alla salute. Come scrivono i due autori: “E se capita che la vita ti porti altrove, l’amicizia – quella vera – non teme confini, non conosce barriere” e proprio così è per i due vecchi empedoclini. Quando è uscito il libro, Andrea Camilleri ci ha tenuto a mandare un messaggio ad Hoefer: “Non ci vedo più, ma mi farò leggere il tuo libro. È il più bel regalo della mia vita”. Ed è un bel regalo certamente anche per noi lettori, che di questi ricordi e di questa amicizia veniamo messi a parte, anche perché non possiamo non trovarci d’accordo con le parole di Melo Freni – regista, giornalista e scrittore amico di vecchia data di Hoefer e Camilleri – nell’introduzione: “La domanda ricorrente, in letteratura, in psicanalisi, è: perché si sente il bisogno di ricordare? E la risposta è sempre: perché è tra i doni più belli della vita”.
Alessandra Farinola
 
 

Agrigento Notizie, 23.12.2017
Licata
Arancina e finocchietto selvatico, Cuttaia racconta Camilleri su Rai 1
Lo chef domenica porterà i suoi speciali piatti ispirati ai racconti dello scrittore empedoclino

Pino Cuttatia a Uno Mattina in Famiglia. Lo chef licatese preparerà due ricette ispirate ai racconti di Camilleri su Montalbano.
Cuttaia sarà in onda giorno 24 dicembre, dalle 7 alle 8. L’intervento dello chef sarà diviso in due momenti: alle 7 la ricetta dell’arancina di riso con ragù di triglia e finocchietto selvatico. Alle 8 e 20 il polpo sulla roccia.
Federica Barbadoro
 
 

Libreriamo, 24.12.2017
10 autori con cui ogni lettore vorrebbe trascorrere il Natale
Vi abbiamo chiesto con quale scrittore o scrittrice vorreste passare il Natale e Kahlil Gibran è stato l’autore che ha ricevuto più consensi…

Milano – La cena della Vigilia e il pranzo di Natale si avvicinano. E’ arrivato il momento di scegliere gli invitati e oltre amici, partner e parenti, un vero amante dei libri vorrebbe un ospite d’eccezione quale ad esempio l’autore del suo libro preferito. Vi abbiamo chiesto con quale scrittore o scrittrice vorreste passare il Natale e Kahlil Gibran è stato l’autore che ha ricevuto più consensi. Dai grandi autori scomparsi a quelli contemporanei, ecco i 10 autori con cui ogni lettore vorrebbe passare la vigilia di Natale.
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7) Andrea Camilleri
Uno dei più grandi scrittori contemporanei ha compiuto quest’anno 90 anni. Camilleri è noto soprattutto per essere il padre dell’amatissimo personaggio nato dalla sua penna, il Commissario Montalbano, interpretato nell’omonima serie televisiva da Luca Zingaretti. Nella sua ultima fatica letteraria “Certi momenti“, lo scrittore, sceneggiatore e regista Andrea Camilleri racconta alcuni tra gli incontri più decisivi avuti nel corso della sua vita.
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TG5 Arti, 24.12.2017
Servizio su Nino Cordio
Guido Del Turco
[All'interno del servizio (visibile a partire dal minuto 25:40) è stato inserito un brano video d'archivio in cui Andrea Camilleri parla del rapporto con l'artista, NdCFC]
 
 

Edscuola, 24.12.2017
Recensioni
A. Camilleri, La targa
Ancora Camilleri…

Recentemente è stato ristampato, per conto della Rizzoli di Milano, il breve romanzo La targa, che Andrea Camilleri scrisse nel 2015, quando aveva novant’anni e dopo quella lunghissima serie di romanzi polizieschi che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
Camilleri è nato in Sicilia nel 1925 ed ha cominciato a scrivere, poesie e racconti, quando era molto giovane. Ha poi abbandonato la scrittura per dedicarsi alla regia teatrale e televisiva, alla sceneggiatura. Alla fine degli anni ’70, però, quando era ormai maturo e da tempo viveva a Roma, sarebbe tornato alla scrittura con romanzi di genere realista, ambientati nella sua Sicilia e tendenti a rappresentare casi di vita complicati, intrecciati, ad essere percorsi da una vena umoristica. Nel 1994 avrebbe pubblicato La forma dell’acqua, il romanzo col quale sarebbe iniziata la serie di polizieschi che sarebbe durata fino ai giorni nostri. Sarebbe stata ambientata nell’immaginaria cittadina siciliana di Vigàta, avrebbe avuto come protagonista il commissario Salvo Montalbano e sarebbe stata espressa con un linguaggio sapientemente composto di italiano e dialetto siciliano. A questi romanzi, rappresentati pure in televisione, Camilleri ha legato e da molto tempo il suo nome e la sua fama. Scrittore ampiamente conosciuto in ambito nazionale e straniero, scrittore molto tradotto è ormai e a novantadue anni non ha ancora smesso di pensare alla sua attività, di farsi sentire, d’intervenire quando le circostanze lo richiedono.
Nella narrativa di Camilleri le vicende, le situazioni presentate sono inventate, immaginate ma i luoghi, i tempi, la storia, la vita, la gente, la lingua sono quelli della sua Sicilia: è stata questa la realtà con la quale lo scrittore ha sempre combinato la sua fantasia al punto da far riuscire difficile distinguere tra i due aspetti delle sue opere. E’ tanto capace Camilleri di far procedere insieme quello che pensa possa avvenire in un ambiente come il siciliano e quello che in verità ad esso appartiene che tutto in lui diventa reale, tutto vero. Da qui l’interesse per i suoi romanzi, da qui il numero incalcolabile di lettori: mentre s’impegnano a seguire gli sviluppi del “caso” rappresentato vengono a sapere di luoghi rimasti per tanto tempo sconosciuti, di tradizioni, usi, costumi remoti che ancora valgono e che lo scrittore fa apparire come il necessario, naturale contorno di quanto sta immaginando. Verità e invenzione si amalgamano così bene in Camilleri da attirare, coinvolgere chi legge fin dall’inizio di ogni narrazione, da non finire mai di sorprenderlo.
E’ questo il motivo comune a tutta la sua produzione narrativa, è la maniera con la quale va identificato lo scrittore Camilleri, è la spiegazione del suo successo.
Anche ne La targa ritorna questo aspetto essenziale del suo narrare. Qui manca il commissario Montalbano e le indagini circa il “caso” immaginato vengono condotte da più persone, della polizia o private. Le vie percorse sono numerose, fanno aumentare le scoperte, le rivelazioni e rendono l’opera più interessante.
Ne La targa succede che nell’eterna Vigàta ci si trovi nell’anno 1940, quando in Italia il fascismo è al potere e nella città ci sono molti rappresentanti del regime, il Podestà, il Federale e i militari al loro servizio. Tra gli abitanti i fascisti sono in maggior numero e tra questi si fa spesso notare il nobiluomo don Emanuele Persico che ha novantasei anni e vanta di essere stato squadrista, di aver partecipato alla marcia su Roma, di aver conosciuto Mussolini e di essersi adoperato in molte azioni gradite al regime.
Don Emanuele si troverà, però, in una particolare situazione e pubblicamente, nella piazza di Vigàta, gli sarà insinuato di aver avuto prima della militanza fascista delle esperienze completamente diverse. Il nobiluomo rimarrà esterrefatto, subirà un colpo apoplettico, morirà. I funerali saranno solenni, a lui si penserà d’intitolare una strada importante del paese, alla giovane e bellissima moglie di assegnare una pensione e intanto gli squadristi vogliono condannare a morte il pubblico accusatore. Ma ci si astiene da ogni decisione per permettere che siano svolte le indagini sul “caso Persico” anche se contro la volontà dei capi fascisti. Le indagini, alle quali prenderanno parte privati cittadini, saranno lunghe, produrranno verità sempre parziali che faranno continuamente discutere sul tipo di pena per chi ha accusato don Emanuele, sull’assegnazione o meno della pensione alla moglie e sulle parole da usare nella “targa” che dovrebbe essere apposta alla strada da intitolargli.
Sarà questo l’aspetto comico della vicenda, quello che percorrerà l’intera narrazione la quale si concluderà con le gravi verità che uno studioso del posto rivelerà.
Si saprà che da ragazzo don Emanuele era stato maldestro, aveva rubato e sciupato i soldi che con una colletta erano stati raccolti per aiutare una chiesa, aveva assalito una ragazza per ottenere i propri piaceri. Da giovane poi era passato al fascismo per nascondere di aver sparato e ucciso, lui socialista, un fascista.
Tutto, delle iniziative in corso, si fermerà, il romanzo si concluderà e Camilleri ancora una volta mostrerà di essere riuscito a fare di una vicenda immaginata una storia vera, di non aver permesso a chi legge di distinguere tra quanto veniva dalla sua fantasia e quanto dalla realtà. Mostrerà che a muoverlo in ogni romanzo alla ricerca della verità tramite il suo Montalbano o altri è un’esigenza umana, morale, è un bisogno del suo spirito, quello che vuole lottare contro le apparenze in un mondo che vive soprattutto di queste. Soggiacciono questi motivi ad ogni suo scritto ma sono i più importanti.
Antonio Stanca
 
 

La Repubblica, 24.12.2017
Tv

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Rai Premium
[...]
21.20 Il Giovane Montalbano
[...]
 
 

tvtv.de, 24.12.2017
Sat.1 emotions 20:15 So 24. Dezember
Sonstiges, I 2008
Commissario Montalbano
Staffel 7, Folge 4 von 4, Die dunkle Wahrheit des Mondes

Michaela Pardo meldet ihren Bruder, den Pharmavertreter Angelo, bei der Polizei als vermisst. Kurz darauf findet Montalbano Angelos Leiche in dessen Wohnung – in obszöner Pose. Der Verdacht fällt daher zunächst auf Angelos aktuelle Geliebte Elena, da sie kein Alibi hat. Doch dann gibt es plötzlich mehrere Drogentote, und auch die Mafia scheint in den mysteriösen Fall involviert zu sein ...
 
 

Tg1, 25.12.2017
Scrittori
Il racconto giallo di Natale

Ideato per il Tg1 dagli scrittori Camilleri e Manzini. Il commissario Montalbano e il vicequestore Rocco Schiavone sono alle prese con un rapimento molto speciale.
Bruno Luverà
 
 

Formiche.net, 25.12.2017
A tu per tu con “i compagni” Andrea Camilleri e Massimo D’Alema
Cronaca e racconto della conversazione - pubblicata nell'ultimo numero della rivista Italianieuropei - tra l'esponente di Liberi e Uguali e lo scrittore siciliano

La nostalgia per i bei tempi andati, la preoccupazione per un presente carico di incognite e di problemi ma anche un pizzico di speranza, dettato dalla fiducia che l’uomo – e, quindi, i cittadini e le istituzioni, insieme – possa alla fine essere in grado di invertire il senso di marcia. C’è tutto questo (e molto altro) nella chiacchierata tra lo scrittore Andrea Camilleri e l’ex presidente del Consiglio – ed esponente di spicco di “Liberi e Uguali” – Massimo D’Alema pubblicata nell’ultimo numero della rivista Italianieuropei diretta da Peppino Caldarola ed edita dall’omonima fondazione creata e presieduta dallo stesso ex premier. Una conversazione dal tono intimo e personale nella quale i due si sono concentrati su una pluralità di temi di attualità e non – dalle insidie e le opportunità della rete alla crisi economica, passando per l’Europa e il futuro della sinistra – senza, peraltro, tralasciare alcuni ricordi comuni. Come quando nel 1995 D’Alema – in qualità di segretario dell’allora Pds – organizzò e moderò un dibattito pubblico tra Camilleri e lo scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán alla festa dell’Unità. “Un uomo simpatico, con una travolgente passione per il buon cibo e per le donne”, ha ricordato il lider maximo. Che in questo dialogo tra compagni – entrambi si definiscono “fieramente” di sinistra” – ha assunto in alcuni casi i panni dell’intervistatore e in altri quelli dell’intervistato.
E, inevitabilmente, la conversazione è scivolata sulla politica, a cominciare da un malcelato senso di nostalgia per le classi dirigenti del passato, quelle che seppero ricostruire l’Italia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’avvento della Repubblica. “Ai miei tempi la politica era fatta da gente come De Gasperi, Togliat­ti, Nenni, Sforza, Parri“, ha sottolineato Camilleri. Che poi ha aggiunto: “Si riscopriva la politica democratica come una cosa nuova, si gioiva della possibilità di esporre liberamente le proprie idee e di confrontarsi con gli altri, che non erano nemici ma avversari. E c’era una gran voglia di rifare l’Italia. Ora, a 92 anni, sento come se mancasse un autentico slancio nel tentare di rifare l’Italia“. Un sentimento che D’Alema ha trasferito anche a Bruxelles, il cuore dell’Unione europea, dove ci sarebbe bisogno “di riprendere slancio“. Ma, secondo l’ex presidente del Consiglio, le chance che ciò accada sono assai ridotte: “Non vedo una classe diri­gente europea che abbia la forza politica e il coraggio di decisioni forti. In fondo, quando Kohl decise di unificare la moneta tedesca dando ai tedeschi dell’Est un marco vero per ognuno dei marchi finti che avevano in tasca, prese una decisione che era contraria a ogni lo­gica economica ma che aveva la forza della politica e il coraggio della leadership. Era un investimento sul futuro: fare qualcosa che in quel momento non sembrava ragionevole ma che, garantendo la pace, ri­unificando la Germania, creava le condizioni per il futuro. Oggi una classe dirigente europea che abbia questo coraggio e questa visione io non la vedo“.
Fisiologico anche qualche riferimento polemico al Pd e al suo segretario Matteo Renzi, verso il quale – in più di un’occasione – sia Camilleri che D’Alema hanno speso parole fortemente critiche. “Oggi la realtà del Partito Democratico è quella di una forza che appare prigioniera di una guida personale: è diventato il partito di una persona”, ha commentato D’Alema che, non a caso, ha guidato la scissione dello scorso febbraio e poi il processo che ha portato al naufragio della possibile alleanza elettorale con i dem, senza dimenticare i tempi dell’opposizione interna a Renzi culminati nel No convinto espresso al referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. “Come il partito di Grillo è di Grillo e il partito di Berlusconi è di Berlusconi. Si è adeguato anche il Pd“, ha invece replicato secco Camilleri. Secondo il quale, in sostanza, i democratici si sono spostati troppo al centro, fino al punto di dimenticarsi le loro origini di sinistra: “Mi sembra che in questo momento parlare di centrodestra e di centrosinistra sia un po’ un modo di barare al gioco. Perché il cen­trosinistra in realtà è centro, ed è già tanto che non sia solo destra. Anche se continua a spacciarsi per centrosinistra. A un certo punto avevo sperato veramente che si riuscisse in Italia a ripetere il miracolo che in Grecia fece Tsipras quando riuscì a riunire vari gruppi della sinistra. Ma la vedo difficile“. Come a dire che il Pd, con la sinistra, ha ormai poco a che vedere. Un’opinione, ovviamente, confermata pure da D’Alema: “Bisognerebbe cercare di fare emergere in Italia una possibilità diversa. È lo sforzo di queste settimane, di questi mesi: mettere in campo una possibilità diversa. Incontro molte persone che mi dicono: datemi qualcosa per cui votare, perché altrimenti rimango a casa“.
Idee, in fondo, analoghe i due le hanno espresse anche a proposito della rivoluzione tecnologica e digitale in corso, ritenuta una grande opportunità a patto, però, che venga governata nell’interesse collettivo. “Io di fronte alla tecnologia non mi spavento, mi spavento per l’uso che se ne fa“, ha rilevato Camilleri, prima di aggiungere: “Come l’invenzione dell’aereo, che è stata una cosa meravigliosa, ma poi è servita per sganciare la bomba su Hiroshima. Bisogna che la politica futura si interessi al corretto uso della tecnologia. Non so come potrà farlo, ma è una questione molto seria“. E lo stesso lo ha sottolineato pure D’Alema per il quale occorre che le istituzioni accompagnino la rivoluzione tecnologica con politiche di carattere sociale, per evitare che qualcuno resti troppo indietro o venga escluso, dimenticato o abbandonato in virtù dell’impatto inevitabile che il progresso sta producendo sulla società. Che poi è anche (o soprattutto) positivo, ha ricordato Camilleri che ha sottolineato quanto sia cambiato negli ultimi anni il lavoro di scrittore: “Tante cose sono diventate più facili. Molte ormai si fanno sen­za muoversi di casa, lavorando con la rete, da remoto. Per me è stato così“. Ed è un beneficio per tutti noi che possiamo ancora goderci i suoi libri e i suoi personaggi.

 
 

La Repubblica, 27.12.2017
Tv

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Rai Premium
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21.20 Il Giovane Montalbano
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RagusaNews, 28.12.2017
Appuntamenti Vittoria
Il concerto di Capodanno apre la stagione al teatro Vittoria Colonna
Dal 2 gennaio 2018

Vittoria - Dalla musica da camera e sinfonica ai mediterranei ritmi salentini, passando dalla musica siciliana a quella cantautoriale. Sette appuntamenti di assoluta qualità per "Paralleli Sonori 2018", la nuova stagione musicale del Teatro Vittoria Colonna di Vittoria.
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Sabato 10 marzo alle ore 21 Olivia Sellerio canta Montalbano.
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Sellerio, 30.12.2017
Gian Mauro Costa, Santo Piazzese e Gaetano Savatteri festeggiano 'Un anno in giallo'

Sabato 30 dicembre alle 12,00 presso alla libreria Feltrinelli di Palermo, via Cavour 133, Gian Mauro Costa, Santo Piazzese e Gaetano Savatteri festeggiano Un anno in giallo.
Interviene: Lia Vicari.
 
 

Rai News, 30.12.2017
Bilancio di una stagione
Rai: 2017 anno record per la fiction. Montalbano al top
Dietro il commissario di Camilleri arrivano "I bastardi di Pizzofalcone", dai romanzi di Maurizio de Giovanni

''La fiction 'Made in Rai' batte tutti 10 a 0. Si conclude con questo risultato un'altra stagione di successi firmati Rai. Le 101 serate proposte in prima visione su Rai1 nel 2017 hanno ottenuto il risultato più alto dal 2009 totalizzando 22,2% di share e 5,5 milioni di ascolto medio''. Lo comunica Viale Mazzini. Al top 'Il Commissario Montalbano', (Rai1, serate 2, ascolto medio 11.315.447, share 42.68%); seguito da 'I bastardi di Pizzofalcone' (Rai1, serate 6, a.m. 6.990.243, share 26,36%) e 'C'era una volta Studio1' (Rai1, serate 2, a.m. 6.909.261, share 26,76%).
La fiction, spiega ancora la Rai, è andata bene anche in replica. ''Anche gli ascolti delle repliche, che nel 2017 hanno coperto 27 serate, sono molto positivi: i titoli riproposti hanno totalizzato il 20,6% di share e una media di ascolto di 4,7 milioni a conferma del valore di utilità ripetuta della fiction''.
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La Stampa, 30.12.2017
2018, la tv è vintage
La tendenza sembra essere quella di far ritrovare il passato a chi l’ha vissuto e farne scoprire il valore ai più giovani. Il successo della celebrazione di “Indietro Tutta” lo dimostra

La parola «vintage» deriva dal francese antico «vendenge», vendemmia, ed era nata per definire vini pregiati d’annata. Poi è passata a riferirsi, ricorda il dizionario Treccani, a oggetti che evocano periodi remoti. Così è la tv generalista italiana che si prepara al 2018: un po’ come il porcello, non si butta via niente e si riaprono i vecchi armadi. Perché il pubblico è maturo, certo, pronto per essere vendemmiato, mentre i giovani seguono soprattutto le serie che scaricano da internet e vedono dove vogliono, quando vogliono e quante ne vogliono. Ma anche perché il sapore d’antan piace pure al pubblico meno attempato, come provano gli ascolti di Indietro tutta 30 e l’Ode, seguita dal pubblico ragazzo che si è stupito di fronte a un genere non più praticato ma con tutta evidenza non obsoleto. E poi l’usato sicuro ha sempre il suo perché: in tempi di crisi, gli investitori pubblicitari preferiscono non avventurarsi su strade nuove.
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Né sono da meno le fiction. Montalbano, prima di tutto. Le avventure del commissario Luca Zingaretti continuano a essere fenomenali nel vero senso dell’aggettivo: non c’è replica che non batta tutti. La primavera porterà due nuovi episodi, e Montalbano piace perché le sue «vecchiaglie» sono quelle di tutti noi, che vedemmo il primo episodio nel 1999.
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Alessandra Comazzi
 
 

Siracusa Times, 30.12.2017
Canicattini Bagni, incontri letterari al palazzo Messina Carpinteri: “Conversazione su Andrea Camilleri”

Canicattini Bagni. Un piccolo villaggio nello Hampshire nel sud dell’Inghilterra, terra natale di Jane Austen scrittrice britannica e figura di spicco della narrativa preromantica, è stata la protagonista del primo incontro letterario avvenuto al Palazzo Messina Carpinteri di Canicattini Bagni.
Il terzo incontro, invece, svoltosi giovedì pomeriggio, ha percorso i meandri dell’entroterra siciliano raccontando al folto pubblico presente la figura di uno scrittore contemporaneo, Andrea Camilleri famoso per il più amato commissario d’Italia, Salvo Moltalbano e non solo.
A curare l’evento dal titolo “Conversazione su Andrea Camilleri” è stato Armando Fabrizio Cacialli insieme alle sue colleghe di Servizio Civile: Alessia Lorefice, Livia Amato, Giusy Giangravè e Livia Uccello.
Dopo i saluti iniziali da parte della dirigente del sesto settore del Comune di Canicattini Bagni, Paola Cappè e dall’Assessore al Turismo, Spettacolo e Cultura, Loretta Barbagallo, la parola è passata ad Armando Fabrizio Cacialli il quale ha introdotto al pubblico presente i temi che di lì a poco sarebbero stati affrontati.
Livia Amato, ha curato la parte relativa ai cenni biografici di Andrea Camilleri facendo un excursus dettagliato sulla sua carriera arricchendolo con qualche curiosità.
Dopo è stata la volta di Alessia Lorefice che ha approfondito il personaggio sicuramente più famoso creato da Camilleri, ovvero il commissario Montalbano fornendo notizie dettagliate sul corollario di personaggi che ruotano attorno alla vita del commissario che si svolge nella tranquilla e immaginaria cittadina di Vigata.
Armando Fabrizio Cacialli, invece, si è interessato al linguaggio utilizzato dal Camilleri nei racconti di Montalbano, individuandone ben sei varietà diverse. Il che dimostra quanto il lavoro di questo scrittore sia stato attento e meticoloso e sottolinea altresì quanto dietro un banale utilizzo del dialetto ci sia in realtà uno studio profondo, di tipo psicologico se vogliamo, un linguaggio cucito sopra, come una seconda pelle, sul personaggio che rimarrà al lettore e spettatore sempre impresso nella mente.
Per finire Livia Uccello ha raccontato il rapporto tra Camilleri e Pirandello, quest’ultimo considerato il suo padre putativo. Da tutti conosciuto a livello internazionale come narratore e drammaturgo e un po’ meno come poeta. Oggetto del suo intervento, l’opera dal titolo “Pagine scelte” edita da Rizzoli nel 2007 all’interno della quale Camilleri ha raccolto un’antologia di testi pirandelliani, scelti in base ad un legame affettivo che lo legava a Pirandello per la comunanza della terra d’origine e per il condiviso sentire.
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Tg1, 31.12.2017
La rubrica
Billy "Il vizio di leggere"
La biblioteca online aperta ai lettori: sul sito del Tg1 e sulla pagina Facebook "Billy, il vizio di leggere", video, letture, interviste e commenti.

Andrea Camilleri e Antonio Manzini presentano l'antologia "Un anno in giallo"
Bruno Luverà
 
 

Nuova Corvina - rivista di italianistica dell'Istituto Italiano di Cultura per l'Ungheria, 12.2017
Il mondo di Andrea Camilleri
Milly Curcio (a cura di), I fantasmi di Camilleri, L'Harmattan, pp. 168, Euro 12.00
Andrea Camilleri, Esercizi di memoria, Rizzoli, pp. 239, Euro 18.00

Devo confessare che la lettura delle storie di Camilleri mi garantisce, insieme a pochi altri scrittori, fra cui Simenon. una specie di oasi privilegiata, una sorta di tempo sospeso che si consuma nel piacere di ogni nuovo incontro e che, per molti aspetti, ripulisce la mente. A parte l'annotazione falsamente terapeutica, il passo narrativo dello scrittore siciliano promette un fascino rassicurante in tutti i generi che lo orientano, ed è una percezione simile a quella che proviamo guardando i film di Hitchcock, che richiedono l'attraversamento di territori paradossali, grotteschi, orrifici e pacificanti allo stesso tempo. Per questo motivo il titolo dato alla raccolta di saggi, coordinali e curati da Milly Curcio. frutto di un seminario internazionale tenutosi a Pécs, I fantasmi di Camilleri, non poteva che ricadere sotto le lenti prospettiche della medesima tensione rassicurante, del medesimo misfatto necessario, della stessa tragica bonomia, della identica inquieta serenità. E sempre non a caso il volume inaugura una collana che si auspica provocatoria quanto anticonvenzionale, la Imago mundi del glorioso editore L'Harmattan. Fantasmi, dunque, nel senso che hanno dato a questa provocazione, che si percepisce già nella misteriosa copertina del libro, i dieci autori di letture critiche serie ma accessibili, e finalmente utili a entrare con meno spontaneismo televisivo e più competenza nei racconti e nei romanzi di Camilleri. Dieci lettori europei, questi, che provengono dalla psicologia alla storia, dalla linguistica alla semiotica, dalla storia letteraria alla critica analitica. Il mondo di Camilleri in questo libro è attraversato a tutto tondo e aperto alla curiosità coinvolta di chi si domanda il perché di tanto impegnato divertimento, esplorato in modo che ogni intervento sia diretto alla lettura di un ben preciso libro dello scrittore, e solo in due casi vi compaia la figura dell'ormai televisiva mente leggendario Montalbano. E appunto contro l'omogeneizzazione del prodotto televisivo congiura la stessa narrativa camilleriana, sconfinando in tematiche legatissime ai linguaggi di oggi, quelli per intenderci del Web e dei nuovi supporti tecnologici che costituiscono una forma mentis inespugnabile per i nativi digitali, e per molti navigatori di lungo corso, fantasmi sono le parole che giocano sullo scenario falso e vero delta vita. Fantasmi sono questi personaggi credibili nel contesto documentato delle storie di Camilleri ma portati fino al limite del verosimile, fino al paradosso della possibilità che apre finestre di libertà all'intelligenza e soluzioni imprevedibili là dove pensavamo che ci fossero lineari rese dei conti, delinquenza e probabile giusta pena, mentre c'è sempre nel tracciato del nostro Nanà [Nenè, NdCFC], il nomignolo infantile e familiare riservato al piccolo Andrea, la sovrapposizione fra storia collettiva e storia individuale. Il linguaggio di Camilleri è mostrato in questo libro in lutto il suo fascino incantatorio, a partire da quel dialetto di cui nell'introduzione dice Milly Curcio che «anche la reinvenzione del dialetto come lingua narrativa fa parte dell'ipotesi di uno scrittore capace di creare tanto una lingua adatta (...) al proprio luogo narrativo, quanto appunto un luogo inteso, anche questo, come zona franca, somigliante a spazi familiari ma modificato e adattato alle risorse di una strategia creativa personale, proiezione autobiografica e dell'esperienza, e ugualmente architettura della mente e dell'anima». C'è inoltre un misto di familiarità e segretezza, superficialità e profondo mistero, gioia e tragicità, in ogni fantasma, e a ogni apparizione dobbiamo imparare a smascherare le apparenze, a non accontentarci della prima deduzione, e ascoltare con attenzione. In fondo, il grande ascoltatore che è per sua ammissione Io scrittore mantiene desta la lezione di un grande a lui caro, Eduardo De Filippo, lezione impartita in particolare con Questi fantasmi, e nell'esemplare battuta finale incorniciata dalle risate di Pasquale: «I fantasmi non esistono, li abbiamo creati noi. siamo noi i fantasmi». Appunto: siamo noi i fantasmi, e nel gioco di questa immedesimazione, avendo come nume tutelare lo stesso Eduardo, nascono i 23 racconti fatti emergere dalla memoria, che è diventata una memoria a occhi chiusi, che sollecita lo scrittore novantaduenne di oggi, immerso purtroppo nel buio della sua cecità, intento adesso nei suoi Esercizi di memoria a compilare una sorta di autobiografia per interposti fantasmi, pardon: per interposte persone, e portata fino al limite dell'incredibile che è sussurrato al lettore con la cautela di un testimo-ne presente a molti crocevia della Storia. L'eroe di questo libro è lo stesso narratore: artefice del ritorno delle ceneri di Pirandello al Caos agrigentino; curioso disturbatore della quiete del poeta Cardarelli; evocatore di figure folli e magnifiche come l'Ingegnere che sfidava gli aerei nemici con gli aquiloni; divertito testimone della vicenda di suo padre che si finge medico per necessità e poi finisce in incognito sulla Pravda; pronto a godere il medioevo nella campagna dei nonni; universitario atterrito dal briganti; rievocatore di uno sconosciuto drammaturgo e della scappatella della circense innamorata; curatore di un'opera teatrale che aggira la censura democristiana; sognatore ingenuo in un treno del sud stipato fino all'inverosimile; a lavoro con Eduardo in TV e su una paradisiaca isola tir-renica; caduto nella melma-merda da bambino come prova destinale della sua fortuna; affascinato dall'incontro con una vera spia; mancato custode di un gatto milionario; soggettista televisivo ammirato da Luciano Liggio; ironico evocatore del propri premi alla Bernhard; amico di un grande del teatro russo, che conobbe Cechov; sodale della Vitti e interlocutore di Antonioni; testimone del melodrammone sentimentale di un regista brasiliano; perplesso frequentatore e impacciato esploratore della montagna; nipote del commissario Camilleri, prototipo del suo Montalbano. Che tutti gli avvenimenti lo abbiano davvero visto protagonista o no, poco importa: ogni storia è reale perché è narrazione, con la gradazione dei generi miscelati e conniventi.
L'ultimo di questi pezzi del mosaico si intitola La Bellezza intravista, e racconta della prodigiosa scoperta di un antico affresco sbriciolato dalle sciagure del tempo e dal dissestamento. Ma altro ci vorrebbe dire Camilleri con questa sua parabola felice: ci vuol parlare di una bellezza che e sempre intravista, mai sfrontata e invasiva, anzi teneramente suadente con il suo richiamo da lontano e da lontano destinata a sparire come tutte le cose preziose. E però rimemorata questa volta in un esercizio di tangibilità; la mano dello scrittore che tocca la pietruzza colorata sopravvissuta allo sfacelo del tempo. Una altrettanto tenera metafora della condizione presente del narratore che deve necessariamente dettare le proprie storie, e persino una sorta di avvertimento perché impariamo a non sottovalutare ciò che è una res amissa, come la chiama Agostino, una cosa donata a noi senza che ci rendessimo conto d'averla ricevuta. Ascoltiamo la conclusione: «Io ogni tanto mettevo la mano in tasca e carezzavo la pietruzza colorata, che era il segno tangibile che una volta mi era stata concessa la Bellezza».
Luigi Tassoni
 
 

La Repubblica, 31.12.2017
Doppio Camilleri
Rai1, dal 19 febbraio

Dopo tante repliche, il commissario dei record di ascolti torna con i due nuovi, attesissimi episodi: Amore e La giostra degli scambi. Anarchico ma servitore dello Stato, Montalbano ci consola. Il perché lo ha spiegato bene Luca Zingaretti: "Andrea Camilleri è un signore che ha un mondo interiore sedimentato in novant'anni di vita.
Ha creato un personaggio che ha il baricentro dentro di sé. Non corre dietro l'effimero: gli bastano un po' di soldi per vivere, la sua casa, la donna che ama, meglio se un po' lontana. Desidera quello che ha". E non è poco.
 
 

tvtv.de, 31.12.2017
Sat.1 emotions 20:15 So 31. Dezember
Sonstiges, I 2011
Commissario Montalbano
Staffel 8, Folge 2 von 4, Der Tanz der Möwe

Der Tag beginnt schon etwas skurril: Commissario Montalbano sieht zuerst eine sterbende Möwe, dann verschwindet auf einmal Inspektor Fazio. Ein Tipp führt Montalbano und seine Kollegen zu einem vertrockneten Brunnen. Die Polizei findet dort zwei Männerleichen, aber von Fazio keine Spur. Kurz darauf taucht der Verschwundene wieder auf – verletzt und mit Filmriss. Bald wird klar, dass die Mafia in die Morde involviert ist, doch es bleiben noch einige Fragen offen.
 
 

Napovednik, 31.12.2017
02 Januar, 2018
Inšpektor Montalbano
Kdaj: 6.1.18 ob 17.55
Kje: Fox Crime
Originalni naslov: Detective Montalbano 10
Žanr: Drama
Epizoda: 1
Sezona: 10

Montalbano mora skrajšati svoj dopust z Livio, ko umorijo 67-letno prostitutko v Vigati.
 
 

 


 
Last modified Friday, December, 24, 2021