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RASSEGNA STAMPA

GIUGNO 2018

 
Il Sole 24 Ore, 1.6.2018
Letteratura
Andrea Camilleri mitico indovino: «Tiresia sono....»

Sotto un cielo che è luminoso anche di notte, e tra le pietre bianche del Teatro greco di Siracusa, zampillano le note del brano The Cinema Show dell’album Selling England by the Pound del gruppo musicale Genesis. E intanto scivolano pianamente, nella càvea, le parole lavorate dalla musica. Annunciano father Tiresias: «Ascolta il vecchio che racconta tutto quello che ha vissuto. / Sono stato ovunque, per me non c’è mistero. / Quando ero uomo, come il mare mi infuriavo, / quando ero donna, come la terra donavo. / In realtà c’è più terra che mare». Così presentato, entra in scena Tiresia. Lo accompagnano il flautista Roberto Fabbriciani e un bambino. Con loro c’è anche Valentina Alferj, aiuto del regista dello spettacolo, Roberto Andò. Tiresia viene aiutato a sedersi su una poltrona rustica. Non è un attore, che recita la parte dell’indovino tebano. È Tiresia in persona, al quale è stato concesso da Zeus il privilegio di vivere sette generazioni umane. «Tiresia sono», dice. E facendo il verso al commissario Montalbano, rivela subito l’identità assunta in una delle sue «sette esistenze». Nel teatro e nella vita, Tiresia è lo scrittore Andrea Camilleri: cieco per destino. La memoria ancestrale lo porta a ridisegnare il paesaggio agrigentino, che ora gli appartiene, su quello di Tebe. Racconta di squadrate campiture bianche che «macchiano» lo sfondo verde, alla maniera delle vedute di Agrigento dipinte negli anni Cinquanta da Nicolas de Staël.
La voce di Camilleri è immensa, cavernosa. Risuona dalle profondità di mondi sepolti. E ha i timbri forti della recitazione antica dei contastorie. Il modo che Camilleri ha di raccontare è caustico. Rimbalza da una malizia ironica a una sapida arguzia: dentro una trama compatta ed efficacemente analitica.
Camilleri-Tiresia rievoca il momento in cui cambiò di sesso. Aveva visto accoppiarsi due serpenti. Sovrappensiero com'era, dimenticò che spesso le divinità si «asserpentavano» quando avevano urgenza di qualche «scappatella». Con un ramo, Tiresia uccise la femmina. Scattò la metamorfosi. Divenne donna. Quella rimbambita della Pizia (che secondo Dürrenmatt riteneva che gli oracoli di Tiresia fossero «solo cretinate») gli rivelò il rimedio. Doveva uccidere il serpente vedovo: «Ma Pizia mia », disse, «come faccio a capire che si tratta di un serpente maschio». Riteneva impossibile l'impresa. Sarebbe stato come pretendere di «riuscire a distinguere oggi in Italia un politico di sinistra da uno di destra». L'aiutò il caso. Ammazzò il primo serpente che gli venne a tiro. Era il «vedovo». E così Tiresia tornò a essere uomo. Non fu mai un essere ibrido, come poi malignamente si disse: «Un tal Guido da Pisa scrive che nella sua città è avvenuto un fatto straordinario, e cioè che una ragazza ermafrodita è rimasta incinta di una suora e ha partorito una bambina. Sembra una copertina della rivista “Stop”, ve la ricordate? Bene, partendo da questa incredibile situazione, Guido da Pisa sostiene che anch'io ero ermafrodita dotato di un doppio sesso del quale facevo uso alternativo». Si arrivò addirittura a coniare il verbo “tiresiare” per definire tutte le possibili depravazioni.
Tiresia diventò cieco, in seguito a un’imprudenza: «Nell’Olimpo scoppiò una discussione tra Zeus e sua moglie Era. Uno scambio di vedute piuttosto acceso direi, perché dovete considerare che Era e Zeus non erano solo marito e moglie, ma erano soprattutto sorella e fratello. Si amavano e si odiavano appassionatamente. Pensate solo che la prima volta che si unirono carnalmente, il loro amplesso durò trecento anni. Furono i trecento anni peggiori della storia. Tutto andava a rotoli, il caos regnava, tutti invocavano l’intervento di Zeus che se ne stava rintanato con la sua Era e che per quel lungo periodo non diede mai risposta a nessuno». La discussione tra i coniugi divini riguardava il godimento: nell’amplesso, godeva di più l’uomo o la donna? Venne interpellato Tiresia, che volle essere galante. Rispose che «esistono dieci gradi di piacere durante l’atto sessuale, che la donna ne gode per nove gradi e l’uomo solo per uno». Non l’avesse detto mai. Era, risentita, l’accecò: «Può darsi, dico può darsi, che la mia risposta aveva fatto intravedere ad Era un mondo di piacere che nessuno, neanche Zeus in quei primi trecento anni era stato capace di farle godere». Zeus compensò Tiresia con la preveggenza e gli destinò da «vivere sette esistenze non continuative».
Camilleri-Tiresia si ammanta della luce che si riverbera dalla conversazione teatrale. Racconta. Cita dalle opere letterarie che parlano di Tiresia; dai film. Dialoga con vari autori (Omero, Seneca, Dante; fino ad Apollinaire, Cocteau, Virginia Woolf, Pavese, Pound, Eliot). Acconsente e dissente. Alterca. Si impermalisce. Sterilizza l’astio. Si fa pungente. Ma sa anche avere i dovuti riguardi. Le citazioni risuonano, registrate dalla voce di Camilleri-Tiresia. E compaiono sugli schermi luminosi, insieme a brevi stralci di film (La Dea dell’Amore di Woody Allen; l’Edipo re di Pasolini). Sono nastri sonori. Diventano brani di luce. Tra rombi olimpici vorticano attorno al corpo del contastorie; e lo collocano in un tempo che contiene tutte le epoche che all’aedo, al rapsodo, sono state concesse da vivere.
Woody Allen ha fatto di Tiresia un mendicante cieco, che ha il privilegio della veggenza. L’ha portato per le strade dell'Upper East Side di Manhattan. Camilleri-Tiresia si è trasferito a Brooklyn. Ogni tanto viene chiamato «per fare la comparsa in un film». La comparsata più recente, l'ha portato a interpretare la parte di un venditore di cerini. Finalmente il personaggio della letteratura e la «persona» vera si sono «ricongiunti» nella funzione. Camilleri-Tiresia è un indovino cieco. Vede l’invisibile: quello che gli altri non possono o non vogliono vedere. Grazie alle sue doti di veggente, con l’opera letteraria distribuisce cerini che si accendono e fanno luce nella notte. «Father Tiresias» è prodigo, come la «terra» del brano musicale che apre lo spettacolo: ha visto tutto, è andato ovunque; è stato donna, è stato uomo; tutto ha provato, non c’è mistero dentro il quale non possa leggere.
Il testo della Conversazione su Tiresia verrà pubblicato da Sellerio. Ma prima, il 31 maggio, Sellerio manderà in libreria il secondo Montalbano dettato da Camilleri-Tiresia. A La rete di protezione, uscito nel 2017, seguirà quindi Il metodo Catalanotti: un romanzo interamente pervaso dalla passione teatrale dell’autore, grande conoscitore delle avanguardie novecentesche. Come già nella Rete di protezione, anche nel Metodo Catalanotti, Camilleri-Tiresia punta a manomettere le regole e le restrizioni del genere poliziesco. Con sfumata e sorniona ironia, nel nuovo romanzo. In entrambe le «scritture» da cieco, ha comunque varcato le colonne d’Ercole del genere: ha riportato il giallo nell’«alveo principale del romanzo», per usare le parole di Cesare Cases, autore nel 2002 di un importante saggio sul genere poliziesco che è anche un elogio della sciasciana collana “La Memoria” di casa Sellerio. In questo nuovo contesto, contrassegnato dalla cecità, la Conversazione su Tiresia si configura come il manifesto del nuovo e più profondo corso dello scrittore Camilleri.
Salvatore Silvano Nigro
 
 

TG2, 1.6.2018
Libri, Andrea Camilleri presenta il suo nuovo libro al Tg2
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”Il metodo Catalanotti” è il titolo del nuovo libro di Andrea Camilleri. Il grande scrittore siciliano parla di politica al Tg2: "Il nuovo governo si occupi di lavoro e povertà avanzante, troppe le famiglie coinvolte".
Loretta Cavaricci
 
 

Quotidiano di Gela, 2.6.2018
Il giorno che Montalbano non avrebbe voluto vedere

I modi in cui la letteratura riesce ad intercettare lo spirito del tempo e ad agganciarvisi sono molteplici, e talvolta sembrano guidati dalla cecità proverbiale del caso.
Un esempio recente molto interessante è costituito dall’ultimo romanzo del celebre scrittore americano Dan Brown, “Origin”. Questo romanzo, che inizia e prosegue per un buon tratto con un vero e proprio omaggio alla Catalogna, alla sua storia e alle sue bellezze artistiche, uscì per puro caso all’inizio dell’ottobre del 2017, proprio nei giorni in cui la Spagna era sulle prime pagine di tutti i giornali europei (e non solo) per gli sviluppi drammatici della questione storica dell’indipendentismo catalano.
La profezia di Camilleri
Ma al nostro Andrea Camilleri è andata ancora meglio. Siamo tutti in attesa della sua performance al teatro greco di Siracusa (fissata per l’11 giugno prossimo), dove reciterà un suo monologo dedicato al più famoso veggente della mitologia greca, il cieco Tiresia. Lo stesso Camilleri ha dichiarato di sentirsi ormai spiritualmente vicino a Tiresia, essendo piombato da un po’ di tempo in una cecità completa che lo costringe a dettare i suoi libri alla fedele collaboratrice. Ebbene, per un’ironia del caso, il ventiseiesimo romanzo della serie del commissario Montalbano (cui vanno aggiunto i cinque volumi di racconti), uscito il 31 maggio scorso, entra in risonanza con un importante passaggio della storia politica italiana. In quella data, infatti, dopo quasi novanta giorni dalle elezioni del 4 marzo scorso, e dopo trattative estenuanti, colpi di scena, scontri istituzionali e allegri giri di valzer politici, è stato varato il nuovo governo, fondato su un “contratto” tra la Lega di Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio. Comunque la si pensi sul piano strettamente ideologico, si tratta di un evento importante per il nostro Paese, dal momento che per la prima volta sono (legittimamente) chiamate al governo due forze di chiara e rivendicata natura populista, una delle quali è dichiaratamente di destra, mentre l’altra sostiene il superamento della distinzione tra destra e sinistra (segno infallibile, secondo alcuni, di schieramento a destra, per giunta inconsapevole; ma questo è un altro discorso).
La vicenda narrata nel romanzo di Camilleri, intitolato “Il metodo Catalanotti”, si svolge nel 2016, vale a dire sotto il governo Renzi, mentre la stesura ricade tutta nel periodo del governo Gentiloni. Eppure, all’inizio del secondo capitolo, accade qualcosa che ha una forza profetica notevole e conferisce al testo un’attualità che non può non sconcertare il lettore, perché sembra parlare proprio dei giorni convulsi e interessanti che stiamo vivendo. Il commissario Montalbano sta facendo una passeggiata mattutina sulla spiaggia davanti alla sua casa di Marinella e a un certo punto “il venticeddro leggio… delle prime matinate” alza una pagina di giornale che comincia a navigare nell’aria, va a sbattere contro la sua faccia e gliela incarta. Il commissario se ne libera e, mentre sta per buttarla, si accorge che si tratta della prima pagina del “Giornale dell’Isola” del giorno prima. Incuriosito, dà un’occhiata ai titoli e quello che legge lo precipita in uno stato di disgusto e sconcerto che avrà un ruolo significativo in alcune sue iniziative successive tutt’altro che impeccabili dal punto di vista deontologico. I titoli sono quelli che raccontano l’Europa contemporanea, e soprattutto l’Italia e la Sicilia: “La Sicilia si conferma la regione con il più basso tasso di occupazione in Europa: sotto il 40%”, “Che succede se usciamo dall’Euro?”, “Nuove misure di sicurezza contro il terrorismo”. Le solite brutture di quello che più avanti egli stesso definirà per ben due volte “il mondo di merda” che stiamo lasciando ai giovani, per cui il commissario sta per appallottolare il foglio e buttarlo via. Ma un’ultima notizia attrae la sua attenzione: “’N funno alla pagina ‘nautro titolo diciva che sul simbolo del partito del Vaffaday non sarebbi comparso cchiù il nomi del comico fondatori puntoit, ma sulo quello del movimento puntoit. ‘Votala come vò sempri è cucuzza’ pinsò. Avrebbiro continuato a diri NO a ogni cosa, nella spiranza di arrinesciri accussì ad ottiniri il potiri per po’ finiri come a tutti l’autri. Montalbano s’augurò di non vidiri mai quel jorno”.
Come si vede, per una serie di coincidenze stranissime qui il testo profetizza quello che è effettivamente accaduto il 31 maggio, che è anche il giorno dell’uscita ufficiale del romanzo. È ben noto che Camilleri e Montalbano rivolgono le loro simpatie politiche alla sinistra tradizionale e quindi non c’è da sorprendersi se il tono nei confronti del Movimento 5 Stelle è qui tutt’altro che benevolo. La cosa interessante, però, è che la profezia si è rivelata esatta, perché per andare al governo il Movimento ha dovuto usare logiche tipiche della cosiddetta prima Repubblica e addirittura rispolverare il famigerato manuale Cencelli per la distribuzione delle cariche ministeriali in funzione del peso politico specifico rispetto all’alleato, contravvenendo così al suo principio caratterizzante della indisponibilità ad allearsi con altri partiti. E sia chiaro che l’errore non sta in quello che il Movimento ha fatto ora, ma in quello che ha sostenuto prima, dal momento che la politica democratica, soprattutto in un sistema elettorale sostanzialmente proporzionalista, è per definizione l’arte della negoziazione, o della “componenda”, come si potrebbe dire alludendo a un vecchio libro dello stesso Camilleri.
Cenni sul romanzo
È davvero una fortuna poter ancora chiosare opere nuove di Camilleri, che all’età di quasi 93 anni riesce a svolgere il ruolo di scrittore e intellettuale lucido e stimolante. Quest’ultima storia di Montalbano, poi, è un piccolo trionfo, perché l’inevitabile tributo pagato agli automatismi imposti dalla serialità – Livia, Catarella, Mimì e Fazio sono esattamente come il lettore affezionato si aspetta che siano, per non parlare della compiaciuta riproposizione delle medesime formule espressive – è bilanciato da almeno due elementi particolarmente originali.
Il primo è l’uso massiccio, da parte di Camilleri, della sua inesauribile conoscenza del mondo del teatro. La stessa vicenda è riscritta su diversi palinsesti teatrali, e in particolare su “Giorni felici” di Beckett e “Svolta pericolosa” di Priestley. Il titolo, invece, rimanda a una precisa teoria dell’attore teatrale elaborata dal protagonista assoluto della storia, il “morto” Carmelo Catalanotti, forse il personaggio più complesso mai inventato da Camilleri. Ispirandosi confusamente al metodo Stanislavskij, al metodo Grotowski e a la Fura dels Baus, il regista dilettante Catalanotti – definito di volta in volta incantatore di serpenti, psicoanalista, confessore e persino cane da tartufo – sceglie accuratamente attori con un vissuto affine a quello dei personaggi da interpretare ed effettua provini così crudeli e traumatici da lasciare ferite profonde nei candidati al ruolo.
Il secondo elemento, infine, è l’intensa storia d’amore di Montalbano con il nuovo e provvisorio capo della Scientifica, la giovane Antonia Nicoletti. Si tratta di un autentico gioiello narrativo, perché Camilleri dà prova di una notevole capacità di scavo psicologico. Inoltre, rispetto allo schema classico della “scappatella” del commissario, qui abbiamo una novità importante, che tuttavia evito di discutere per non togliere al lettore curioso il piacere della sorpresa.
Marco Trainito
 
 

L'Espresso, 3.6.2018
Cultura. Grandi incontri
La cecità dà libertà, dice lo scrittore siciliano.
Che qui parla di teatro, di affetti, di politica.
Del gusto di far risuonare le parole nel buio. Come Tiresia
Quello che vedo
colloquio con Andrea Camilleri
«Il teatro è la mia vita Solo che quando lo facevo non riuscivo più a scrivere. Ho lottato per resistergli. Ora è tempo di ritornare a lui»
«Per me la parola è l'uomo. Quando introduco un personaggio, lo faccio parlare. Solo dopo so dire com'è fatto fisicamente»

«Tiresia è una figura che mi ha sempre affascinato e che ho coltivato nel tempo. Ricordo il piacere che ho provato quando ho letto la prima volta "La terra desolata" di Eliot. Fino ad allora di Tiresia avevo un ricordo non proprio glorioso, in teatro lo avevo visto interpretare da Annibale Ninchi, indubbiamente un grande attore, ma la sua recitazione era orientata a sopraffare il personaggio di Edipo, e mi sembrò persino ampollosa. Ricordo che, tornato a casa, presi il testo, lo lessi e fu allora che pensai che il personaggio avrebbe meritato un tono più dimesso. Proprio quello che ha fatto Eliot nel suo poema».
Andrea Camilleri, partiamo dunque da Tiresia. Quando hai incontrato per la prima volta questo personaggio?
«Quando diventa a tutti gli effetti personaggio, cioè leggendo Sofocle, l'Edipo Re».
Perché lo hai scelto come tuo eroe?
«L'idea di raccontare e impersonare Tiresia, a parte la recente parentela di cecità, nasce proprio dalla voglia di pronunziare certe parole nel buio, la voglia di far risuonare il suono delle parole di Tiresia, e anche i versi di Eliot, nel buio della cecità. Nel mio testo c'è un momento in cui cito Borges e dico che le parole di Sofocle ascoltate nel buio della cecità acquistano il suono della verità assoluta. Insomma, ho scelto Tiresia d'impeto. Quando mi è stato chiesto che personaggio avrei voluto fare a Siracusa, me lo sono subito sentito dentro, forse perché al punto in cui sono arrivato mi piacerebbe avere una idea più precisa dell'eternità. A 93 anni, hai certezza del fatto che l'eternità ti stia venendo incontro, qualunque essa sia, e qualunque forma essa abbia».
Com'è cambiata la tua vita da quando non vedi più?
«Primo Levi dice che riuscì a salvarsi dall'orrenda metamorfosi a non-uomo vissuta ad Auschwitz con la poesia. Io mi sono salvato con la scrittura. Pensavo di non poter più scrivere. Come fa un cieco a scrivere? Avrei potuto dettare, ma l'avrei dovuto fare in una lingua che non è esattamente la mia, cioè l'italiano. E non avrei più potuto scrivere i miei bei Montalbano in vigatese. Fortunatamente è intervenuta Valentina Alferj. I sedici anni vissuti accanto a me hanno fatto sì che potesse aiutarmi. Negli ultimi tempi, padroneggiando perfettamente la mia lingua, Valentina era in grado di correggere le bozze per conto mio e dunque al momento cruciale è stata la mia ancora di salvezza. Certo, la mia vita è mutata perché sto imparando una cosa abbastanza complicata, ma impararla a 93 anni non è così difficile per me, perché nella mia vita io non sono mai stato un uomo superbo, mai. È una colpa che non potrà mai essermi imputata. Da quando sono cieco sto imparando l'umiltà della dipendenza dagli altri. Gli altri erano già importantissimi per me, ma ora hanno acquisito una importanza che non è valutabile. Sono completamente dipendente dalla cortesia e dalla gentilezza di chi mi circonda. Mi sono dovuto abituare a tutto questo. Ma questa lezione di umiltà è stata comunque salutare, e l'ho accettata di buon grado».
Pensi che la cecità abbia influenzato la tua scrittura?
«No, credo di no. Forse mi ha fatto più riflessivo, o leggermente meno impetuoso. Insomma, oggi mi concedo uno spazio maggiore di riflessione».
Un illustre critico letterario, Silvano Nigro, sostiene che negli ultimi Montalbano tu cerchi di liberarti del romanzo giallo per approdare al romanzo tout court. Sei d'accordo?
«Se questo è vero, è dovuto a un piano. Gli ultimi Montalbano hanno la stessa scrittura dei miei romanzi storici, mentre prima si differenziavano. La scrittura dei Montalbano, sia pure in vigatese, era molto semplificata. Ora sono riuscito a non fare più distinzioni tra un romanzo storico, scritto rigorosamente, e i Montalbano, nei quali concedevo qualcosa anche alla casalinga di Voghera. Non ho più bisogno di questo, i due linguaggi possono essere uno solo».
Resta il fatto che tu sei uno scrittore per molti versi inclassificabile. Sei un grandissimo, amatissimo, scrittore di romanzi gialli ma scrivi anche romanzi che hanno un tono completamente diverso. In alcuni sembri metterti in ascolto del male, con risonanze dostoevskiane.
«Sì, ma direi che questo ascolto c'è sempre stato nei miei romanzi, anche in Montalbano. È la cosa che mi interessa di più. Da sempre. Negli altri a cui ti riferisci sondo un male che si può definire assoluto. Io sono stato un appassionato lettore di Bernanos, del suo "Mouchette". Come classificheresti il male in "Mouchette"? Ecco, se c'è una influenza che rivendico è Bernanos».
Torniamo a Borges. Nel testo su Tiresia citi una sua frase: "Noi tutti siamo il teatro, il pubblico, gli attori, la trama, le parole che udiamo".
«Sì, è un concetto che aveva già espresso in vario modo Shakespeare. Il mondo è un palcoscenico, il teatro è una metafora della vita».
E il teatro è al centro del tuo ultimo Montalbano, "Il metodo Catalanotti". Il teatro sembra tornare nella tua scrittura come il luogo in cui rimettere tutto insieme. Questo accade sia nel testo su Tiresia, dove tu confondi ulteriormente le carte assumendo un triplice ruolo, d'attore, di persona e personaggio, sia nell'ultimo Montalbano, il cui sfondo è ambientato nel mondo del teatro d'avanguardia. Come mai?
«È un po' come quelle fiamme che cerchi in tutti i modi di tenere a bada, ma che all'improvviso, a sorpresa, fanno una gran vampata. Se tu guardi la mia bibliografia, ti rendi conto che tra il primo romanzo e il secondo sono passati otto anni. Sono otto anni di silenzio totale. E sono quelli in cui cerco di dare l'addio al teatro. Perché il teatro è la mia vita. Da quando ho cominciato a fare teatro non sono più stato in grado di scrivere un rigo, neppure una poesia, un miserabile sonetto di quattordici versi. Non ci riuscivo più, il teatro mi aveva completamente permeato. Sono vissuto per il teatro, ho cercato di liberarmene, e ora sembra essere venuto il tempo di tornarci con libertà».
Cosa ti piaceva di più del teatro: il rapporto con gli attori? O con il testo?
«Mi piaceva vedere una mia idea di personaggio trasformata in carne e ossa. L'ho provato sommamente quando ho messo in scena "Finale di partita" di Beckett, dove non c'è movimento se non nella parola, è un lavoro sulla parola ridotta all'essenziale. Per me la parola è l'uomo. Spesso quando scrivo romanzi e deve entrare un personaggio nuovo non lo descrivo, lo faccio parlare. Mi chiedo: questo come parla? Una volta individuato il suo modo di parlare, ricavo il suo aspetto fisico dalle parole. Se parla così, non può che avere dei baffetti piccolini alla Hitler e dev'essere anche un pochino claudicante, capito?».
Perfettamente. Mi colpisce che tu citi Beckett e la tua regia di "Finale di partita" perché quando ho letto "Conversazione su Tiresia" l'ho visto un po' come "L'ultimo nastro di Krapp", lo stesso rapporto con la memoria, la stessa volontà di raccogliere frammenti di memoria esplosa.
«È vero, ho fatto una sorta di "potage"».
Pensi che la vecchiaia sia anche umiliazione? Vedendo te non lo si penserebbe mai, anzi, si penserebbe il contrario.
«È il procedimento con cui se irrighi regolarmente un albero di arance lo preservi dalla morte, ecco, la mia irrigazione vitale è la memoria. Leonardo Sciascia diceva che da vecchi si è con-dannati alla presbiopia della memoria, cioè ti ricordi di un fatto che è accaduto quando avevi quattro anni e ti dimentichi di quello che hai mangiato il giorno prima. Ebbene, questa presbiopia è diventata vivissima in me. Per esempio, in questi ultimi giorni ho dialogato moltissimo con il mio nonno paterno. E dire che mi ero persino scordato come era fatto. Ora mi è tornato preciso, e mi è tornato anche il gioco che mi faceva fare. Poiché è morto quando io avevo appena compiuto tre anni, questa è una memoria di novant'anni fa. L'immagine è questa. Lui è malato, seduto su una poltrona accanto al letto, di fronte all'armoir con lo specchio. Io sono seduto sulle sue ginocchia, e lui mi dice: «Nenè, taliati 'u specchio». Io rispondo: «Nonno, ci sono». E lui, di colpo, mi butta fuori dallo specchio. «E ora?», chiede. «Non ci sono più, nonno», rispondo. E, di slancio, torno a riflettermi nello specchio. Questo gioco mi è tornato lucidissimo in questi giorni. Ecco, questa irrigazione continua mi tiene vivo, e produce ancora qualche frutto sull'albero».
Ti dispiace descrivermi la tua giornata?
«Posso dirti che per ora è buona. Comincia in bagno, e per tutto quello che sono i lavacri mattutini sono completamente autonomo. Basta che non mi spostino gli oggetti e riesco a farcela da solo. E finalmente respiro, perché mi devi credere, Roberto, ti dico la verità assoluta, io mi sono sempre odiato. Vedere questa faccia da imbecille ogni mattina allo specchio, essere costretto a guardarsi e a fare le smorfie, mi pesava. Io mi sono odiato da sempre, e ora finalmente non mi vedo più. Ah, che meraviglia! Sì, vado un po' alla cieca, mi faccio qualche taglietto in più, pazienza. Quando sono vestito di tutto punto, me ne vengo qui, allo stiglio. Prima, quando ancora vedevo, mi mettevo immediatamente a lavorare al computer. Ora è un po' diverso, resto un po' da solo a riflettere. Valentina deve accudire alle sue faccende domestiche, poverina, e quindi arriva intorno alle dieci. In quell'ora in cui la aspetto rifletto su quello che dovrò dettarle. Quando arriva lavoriamo sino all'una meno dieci. Poi vado a mangiare, e, dopo, a riposarmi, un'abitudine che in questi ultimi anni è diventata obbligatoria. Mi alzo verso le tre e mezzo, e, nel pomeriggio, viene una ragazza, non sempre è la stessa, che mi fa da lettrice, o mi aiuta a fare le mie ricerche. Con lei lavoro sino alle sei e mezza, a quel punto stacco e sento un po' di musica alla radio. Alle sette mi trasferisco nell'altro appartamento e con mia moglie guardiamo il telegiornale, poi ceniamo, e verso le undici e mezzo andiamo a letto. Questa è la mia giornata tipo. Ah, dimenticavo di dire che nel pomeriggio mi faccio anche leggere un po' della posta che arriva. Se qualcuno mi manda un libro di poesie, dico alla ragazza di leggermene qualcuna, e se è il caso le dico di mettermelo da parte, oppure le dico che può toglierlo dai piedi. Aggiungo che nel pomeriggio sono continuamente interrotto da figlie, nipoti e pronipoti. Queste interruzioni non mi dispiacciono, perché io sono stato capace di scrivere al computer avendo due bambini di tre anni sotto il tavolo che mi davano pedate, urlavano e cantavano, e un altro che girettava per la stanza. Ecco, questo casino più che dispiacermi mi piace, perché ho sempre avuto bisogno di sentire la vita attorno a me, non ho mai capito il poeta che si chiude nella turris eburnea. Cosa ci stai a fare nella tomba? Così è accaduto che un giorno mia moglie entrasse nello studio e vedendo un macello di bambini, e io che continuavo tranquillo a scrivere, mi dicesse: «Tu non sei uno scrittore Andre', sei un corrispondente di guerra!».
Nel testo su Tiresia accenni a certe discussioni avute con Pasolini. Di cosa si trattava?
«È una storia terribile. Ero stato incaricato di mettere in scena il suo "Pilade". E siccome ero molto amico di Laura Betti, le chiesi di procurami un incontro con Pier Paolo per parlargli della mia idea di regia. Ci incontrammo e ne discutemmo, lui si trovò sostanzialmente d'accordo. Al terzo incontro lui mi chiede: «E gli attori chi sono?». Dico: «Cercherò di prendere dei ragazzi usciti dall'accademia, quelli che sono stati miei allievi». «Eh, no», fa lui. «Non mi fare un Pilade che parla perfettamente italiano». «Perché, tu come l'hai scritto?», gli chiedo. «In italiano», risponde. «Ma le voci educate non mi piacciono, prendi dei ragazzi di strada». «No», dico io, «con i ragazzi di strada questo testo non posso farlo». Insomma, ci accalorammo, tanto che io gli chiesi di rivederci, pensavo che questa cosa tra noi due andasse chiarita. Lui mi rispose che stava per fare un viaggio e che al ritorno mi avrebbe chiamato. Io andai a Bagnolo con mia moglie, e quando una sera accesi il televisore sentii la prima notizia del telegiornale: era l'assassinio di Pier Paolo. Fu tremendo. Dopo, mi rifiutai di mettere in scena Pilade. Non potevo più».
Come ti arriva, ora, il rumore di tutto quello che sta accadendo dal punto di vista politico in Italia?
«Purtroppo non mi arriva ovattato. Gradirei che m'arrivasse attutito, invece arriva molto forte. E soprattutto colpisce la mia impotenza, perché in altri tempi avrei scritto degli articoli, ora non posso più, non me la sento. È il motivo per cui intervengo raramente nelle trasmissioni televisive. Non vado mai in studio, non sopporto l'accavallarsi delle voci. Non vedendo, le urla mi confondono».
Per te che sei uno scrittore che da sempre dialoga con Pirandello - un Pirandello imparentato a Gogol - dovrebbe essere particolarmente interessante questo momento di finzioni, in cui la politica cerca di purificarsi ma sembra essere allo stesso tempo pura finzione. In Sicilia persino l'antimafia, per fortuna non tutta, è diventata finzione, e in campo nazionale la politica del nuovo spesso nasconde un forte tasso d'impostura. Come la vedi tu?
«Malissimo. Ho sempre pensato che la politica dovrebbe essere uno specchio lucidissimo. Sono stato abituato male, perché tutto si poteva dire degli uomini di Stato con i quali sono nato alla politica - si chiamavano Einaudi, De Gasperi, Togliatti, Sforza - ma pensando a loro oggi mi commuovo. Quando l'Italia nella persona di De Gasperi venne chiamata a Parigi a discolparsi davanti ai vincitori e a dire quale sarebbero stati i propositi dell'Italia democratica, lui sapeva che si sarebbe trovato in quel teatro, da sconfitto, davanti ad americani, inglesi, russi, francesi, neozelandesi. La sera prima, nella sua stanza - questo lo ha raccontato Vittorio Gorresio - c'erano con lui Togliatti, Nenni, Sforza, Parri, tutti a verificare il documento che avrebbe letto e a dire «senti, che dici?, sostituiamo questa parola, scriviamo così», in un clima cioè di totale collaborazione. Ecco, questa è l'Italia. Pensa che al momento di andare sul palco, Sforza disse a De Gasperi «Alcide, cambiati la giacca, questa è un po' lisa», e lui rispose «Ma io non ne ho altre». Allora Sforza gli si mise accanto, vide che erano su per giù della stessa taglia, si levò la giacca, e gliela porse, dicendo: «Mettiti la mia che è più nuova». Questa è l'Italia che ho amato. Quella di oggi, con questi personaggi, mi fa oscillare tra l'orrore e lo spavento».
Ti faccio l'ultima domanda da Tiresia. Se tu dovessi avvertire gli italiani di un pericolo futuro, se dovessi predire il rischio più grosso che attraversa l'Italia come comunità, quale diresti?
«Quello economico, con i suoi riflessi sul sociale. La bilancia è sensibilissima, basta una mezza parola per fare precipitare la situazione. Lo spread che prima si manteneva sino a 150 è salito sino a duecento appena uno di questi due proconsoli ha detto che bisogna ritrattare i contratti con l'Europa. Io temo che questi individui sono capaci nel giro di ventiquattro ore di farci inghiottire dal mercato, di ridurci come Don Falcuccio, con una mano davanti e una di dietro. E provo una gran pena. Mi sono occupato per tutta la vita di politica, da cittadino, e lasciare un'Italia così ai miei pronipoti mi fa pensare di aver fallito tutto».
Roberto Andò
 
 

il Fatto Quotidiano, 3.6.2018
Siracusa. Lo scrittore al Teatro Greco con le “Conversazioni”: “Vederci distrae dal pensiero, immerso nella nebbia metto in conto la malinconia. Non vedo l’ora di andare a dormire, perché la notte io vedo”
Camilleri-Tiresia, il cieco capace di scorgere il nostro assoluto
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Andrea Camilleri non ci vede ma si mette in tasca gli acciacchi dei suoi 93 anni e se ne parte da Roma per arrivare a Siracusa.
Prende possesso del Teatro Greco e solo una cosa si merita: un grazie con inchino, tanto è maestosa la sua messa in opera, Conversazione su Tiresia. Un suo testo […]
Pietrangelo Buttafuoco
 
 

Rai 5, 4.6.2018
Libri Come 2018: Andrea Camilleri e Piero Angela

DOC. CULTURA - Andrea Camilleri e Piero Angela sono i protagonisti della prima puntata dedicata all'edizione di "Libri come" di quest'anno. I due grandi maestri della letteratura e della cultura italiana si sono raccontati in due incontri con Marino Sinibaldi, curatore della manifestazione all'Auditorium Parco della Musica di Roma.
 
 

ANSA, 4.6.2018
Camilleri-Tiresia in scena a Siracusa

Siracusa - Si intitola "Conversazione su Tiresia" il testo che Andrea Camilleri ha scritto appositamente per l'Istituto nazionale del dramma antico e che sarà interpretato dallo stesso scrittore al Teatro Greco di Siracusa, con la regia di Roberto Andò. L'evento avrà luogo lunedì 11 giugno. E' la prima volta che Camilleri diviene attore di un suo testo. Lo scrittore siciliano ha scelto Tiresia e lo elegge a pretesto - come già fece Borges - per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie. Le infinite manipolazioni subite dalla straordinaria figura dell'indovino attraverso epoche e generi, costituiscono per Camilleri uno specchio in cui riflettersi e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell'invenzione letteraria. Una conversazione solitaria, nel corso della quale il più grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parlerà del suo viaggio nella vita e nella Storia.
 
 

Nuovo Sud, 4.6.2018
Conversazione su Tiresia, Andrea Camilleri al Teatro Greco di Siracusa

Il 54° Festival del Teatro greco di Siracusa ha avuto inizio con le due tragedie, Eracle e Edipo a Colono, messe in scena da Emma Dante e Yannis Kokkos, che hanno registrato un grande consenso di critica e di pubblico. Lunedì 11 giugno il Festival si arricchirà di un evento unico ed emozionante: Conversazione su Tiresia, un testo che Andrea Camilleri ha scritto appositamente per l’INDA, e che sarà interpretato dallo stesso scrittore al Teatro Greco di Siracusa, in una Produzione INDA con la regia di Roberto Andò. E’ la prima volta che Andrea Camilleri diviene attore di un suo testo, e che abbia scelto di farlo a questo punto della sua vita impersonando l’indovino cieco assicura alla circostanza un carattere memorabile.
Camilleri sceglie Tiresia e quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia, e lo elegge a pretesto - come gia` fece Borges con molti dei suoi temi prediletti - per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie. Le infinite manipolazioni subite dalla straordinaria figura dell’indovino attraverso epoche e generi, costituiscono per Camilleri uno specchio in cui riflettersi, e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell’invenzione letteraria. L’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Giunone (o da Atena?), punito perche´ rivelava i segreti degli dei, e` il protagonista di una conversazione solitaria, nel corso della quale il piu` grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecita` e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parlera` del suo viaggio nella vita e nella Storia.
Dice Andrea Camilleri: “Noi tutti siamo il teatro, il pubblico, gli attori, la trama, le parole che udiamo”, così scriveva Borges, e questo è vero per tutti, ma ancor di più per un cieco. Da quando non vedo più, io vedo meglio, vedo con più chiarezza. Nella mia gioventù siciliana, i miei compagnucci contadini accecavano i cardellini perché sostenevano che da ciechi cantassero meglio.
 
 

RagusaNews, 4.6.2018
E Montalbano riaprì la casa del barone Terremoto
Nella parte di lungomare che volge al moletto

Scicli - Non hanno creduto ai loro occhi, nei giorni scorsi, gli abitanti di Sampieri, quando hanno visto la casa del Barone Terremoto aperta dopo decenni di abbandono. Addirittura alcuni operai hanno lavorato per imbellettare la facciata e rendere la casa in qualche modo abitabile. La ragione di questa novità, nella parte di lungomare che volge verso il moletto da cui prendono abbrivio le barche dei pescatori, è da imputare alla scelta dello scenografo Luciano Ricceri di ambientare qui alcune sequenze delle due nuove puntate del Commissario Montalbano, in corso di lavorazione.
Dopo essere stata scoperta Gianluca Tavarelli, regista de Il Giovane Montalbano, Sampieri è diventata location anche del Montalbano maturo.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.6.2018
Intervista
Roberto Andò “Porto Camilleri in scena a Siracusa così vuol raccontare la sua cecità”
Lunedì lo scrittore interpreta Tiresia
"È una sorta di resa dei conti con la sua nuova dimensione"

Sembra già di vederlo, Andrea Camilleri, al centro della scena del teatro greco di Siracusa, in un luogo che evoca miti e racconti epici: lui, contastorie per natura, con quella sua voce arrochita dal piacere del tabacco, che incarna Tiresia, il profeta cieco. La stagione dell'Inda, infatti, porta in scena a Siracusa la pop star della letteratura italiana, che, complice Roberto Andò, direttore artistico e regista dello spettacolo, torna al primo amore, il teatro, per un appuntamento che si annuncia come la chiusura di un cerchio. "Conversazione su Tiresia" è il titolo del testo, scritto e, soprattutto, interpretato da Camilleri, in scena lunedì alle 21, e non al tramonto come vuole la tradizione del teatro greco perché sarà necessario il buio per effettuare le proiezioni previste. Già, il buio, una condizione alla quale è costretto ormai Camilleri e che evoca perfettamente Tiresia .«La prima idea è stata sua - racconta Andò, che ha fatto le prime prove a casa Camilleri - questo Tiresia è un modo per elaborare la sua nuova dimensione della cecità. E questo personaggio è congeniale per lui perché non è pomposo, è antiretorico, ha una grazia dimessa e quindi gli appartiene. E più vicino alla "Terra desolata" di Eliot che al "personaggio glorioso", come dice lui».
Già, ma un ultranovantenne che non ci vede e che accetta la sfida di recitare un proprio testo davanti a una platea sterminata come quella di Siracusa è molto di più di una scommessa. Come lo ha convinto?
«Lui ti stupisce sempre perché ha questa voglia di vivere, un desiderio di sparigliare le carte, non solo Montalbano ma anche teatro. È il suo modo di riflettere sul senso della letteratura. Andrea ha avuto mille vite e come tutti sanno è stato anche un regista titolato, conosce benissimo il mestiere, padroneggia perfettamente questo testo. Il mio compito è quello di stargli accanto in questo viaggio affinché stia a suo agio».
Ma perché la scelta di Tiresia, profeta cieco che vede le sventure?
«È come se lui abbia dovuto imparare a vivere in un'altra dimensione, non solo al buio ma con l'aiuto degli altri. Utilizzando questa sua meravigliosa voce cita una frase di Borges, "Noi siamo il teatro, siamo le parole che udiamo". È come se avesse voluto avvicinarsi a questa verità, a una sorta di resa dei conti e farlo in un luogo millenario come il teatro di Siracusa acquista una grande risonanza».
Parliamo dello spettacolo vero e proprio: c'è da aspettarsi un racconto su Tiresia alla maniera di Camilleri, con la sua affabulazione da nonno delle fiabe?
«Lui ricostruisce il cammino di Tiresia da quando appare nell'Odissea a quando diventa personaggio in "Edipo re". E poi c'è una certa gratitudine nei confronti del Novecento che l'ha eletto a personaggio-chiave: basta pensare alla 'Terra desolata". È una lunga carrellata in cui ogni tanto si intromette lo stesso Camilleri perché qui siamo davanti a un autore che è anche personaggio e quindi talvolta fa capolino la memoria personale di Andrea. È sorprendente sentirlo impegnarsi a restituire a questa voce pieghe più intime e più solenni. È un'opera di testimonianza con la quale si chiude il cerchio di una vita che ha avuto il teatro come passione. Camilleri ritorna al teatro e ci torna in carne e ossa, nel luogo che lo vide assistente di Orazio Costa.. Il farsi carico di questa fatica è il segno della testimonianza che vuole lasciare ed è la cosa più emozionante».
Il teatro greco si conferma così il luogo in cui il teatro riacquista la sua dimensione più popolare, se è vero che ospiterà lo scrittore più letto e più amato in Italia, forte di folle di lettori adoranti e di un agguerrito fan club. Davvero Siracusa è un "luogo altro" rispetto ai teatri al chiuso?
«Già in Edipo a Colono, in scena in questi giorni, si sente qualcosa che s'era perduta nel teatro, un sentimento religioso, un aspetto sacro: Edipo morente arriva alla fine della sua vita nel luogo che deve accogliere il suo corpo, deve oltrepassare una porta e vuole donare felicità. È come se in quella struttura si possano fare cose che vadano al di là della suggestione culturale. Il teatro greco è quella cosa che mette in moto una festa, persone diverse che possono trovare la glorificazione di un senso. Per la centralità che ha l'opera di Camilleri nella letteratura italiana questa è una testimonianza di altissima poesia, e sarebbe stato stupido non accoglierla come un regalo».
Mario Di Caro
 
 

98Zero.com, 5.6.2018
Alla sala multimediale “Rita Atria”, omaggio ad Andrea Camilleri

Brolo – Si svolgerà questa sera, presso la sala multimediale “Rita Atria” alle ore 18, un incontro che vuole essere soprattutto un omaggio, dedicato ad uno degli scrittori più celebri, più amati e più prolifici dell’era contemporanea, Andrea Camilleri.
L’incontro, promosso dall’amministrazione comunale, dall’associazione “Ali di Carta“, dalla libreria “Capitolo 18”, dell’IPSAR di Brolo (l’Istituto Alberghiero) e il “Comprensivo” di Brolo, divagherà sul tema “Andrea Camilleri: scrittore siciliano e fenomeno Pop” tra teatro, letteratura, scritti, gusto, con la proiezioni dell’inedita video intervista realizzata da Simonetta Agnello Hornby, grande amica di Andrea Camilleri.
L’incontro, condotto e coordinato da Massimo Scaffidi e Daniele Bevaqua, sarà introdotto da Irene Ricciardello, sindaco di Brolo, insieme ai dirigenti scolastici del “Merendino” di Capo d’Orlando, Bianca Fachile e dell’I.C. di Brolo, Maria Ricciardello e ruoterà intorno la figura del poeta siciliano, con particolare attenzione, oltre ai suoi romanzi, al suo amore verso la buona cucina.
A tal proposito gli alunni dell’Istituto Alberghiero di Brolo cureranno una sezione darà dedicata ai Sapori siciliani, costantemente presenti nei romanzi di Camilleri .
Da non perdere, inoltre, il tributo teatrale a Camilleri a cura degli alunni dell’I.C. di Brolo.
Infine, sarà anche l’occasione per la presentazione in anteprima del nuovo romanzo sul Commissario Montalbano, uscito lo scorso 31 maggio, Il Metodo Catalanotti, dove, mai come in questo libro, Camilleri inventa storie e personaggi e li fa recitare fra le quinte di un teatro di cui è lui stesso il regista.
Lorenzo Scaffidi
 
 

OptiMagazine, 5.6.2018
Stasera in TV: i Film di Oggi Martedì 5 Giugno 2018

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La scomparsa di Patò (drammatico, 2011, durata: 105 Min), in onda alle 21.25 su Nove
Un film di Rocco Mortelliti con Neri Marcorè, Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Alessandra Mortelliti, Flavio Bucci, Roberto Herlitzka.
Trama del Film: Tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, La scomparsa di Patò si svolge a Vigata nel1890. Il ragioniere Antonio Patò, direttore della banca di Trinacria, nel corso della rappresentazione pasquale del Mortorio, in cui interpreta magistralmente la parte di Giuda, sparisce misteriosamente senza lasciare traccia. Tutto può essere successo, ogni ipotesi è valida. La soluzione la cercano insieme il delegato Bellavia e il maresciallo Giummaro, prima rivali, poi amici e infine complici. Con la costanza e il buon senso di chi forse non sa il latino ma ben conosce l'animo umano, Giummaro e Bellavia arrivano finalmente a ricostruire quello che è successo.
[...]
Anita Nurzia
 
 

ComingSoon.it, 5.6.2018
Premio Biagio Agnes a Luca Zingaretti e Il Commissario Montalbano: premiati anche Fabrizio Frizzi e Milly Carlucci
Premio speciale a Luca Zingaretti per il successo de Il Commissario Montalbano, ecco i dettagli sul Premio Biagio Agnes

Un premio speciale arriverà per Luca Zingaretti e Il Commissario Montalbano durante la decima edizione del premio giornalistico internazionale “Biagio Agnes” istituto nel 2009 proprio per iniziativa dell’omonimo ex direttore della Rai.
L’evento si terrà a Sorrento dal 22 al 24 giugno ma la cerimonia di premiazione si terrà sabato 23 con la conduzione di Alberto Mantano e Francesca Fialdini mentre andrà in onda in differita, il 27 giugno, su Rai1 in seconda serata. Tra i premiati della serata ci sarà anche Luca Zingaretti per il suo Commissario Montalbano e, in particolare, per il record di ascolti registrato in questa stagione sia dai nuovi episodi che da quelli in replica.
[...]
Piera Scalise
 
 

Fanpage.it, 6.6.2018
Andrea Camilleri al Teatro Greco di Siracusa: "La cecità mi ha dato maggiore chiarezza di pensiero"
Andrea Camilleri porta in scena l'11 giugno al Teatro Greco di Siracusa "Conversazione su Tiresia" con la regia di Roberto Andò, a cura di Valentina Alferj. Scritto appositamente per l’Inda, l'Istituto Nazionale del Dramma Antico sarà interpretato dallo stesso scrittore che per la prima volta, a 93 anni, mette in scena un suo testo.


 
 

CinemaItaliano.Info, 6.6.2018
La scomparsa di Pato' - 336.000 telespettatori su Nove

Il film " La Scomparsa di Pato’" di Rocco Mortelliti tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri, andato in onda in prima serata sulla Nove martedì 5 giugno 2018, è stato visto da 336.000 telespettatori, pari all’1.5% di share.
Simone Pinchiorri
 
 

RagusaNews, 6.6.2018
Montalbano, che fascino Sonia Bergamasco-Livia
Una cena a luna di candela nel finto ristorante aperto nella casa del barone Terremoto?

Scicli - Al moletto di Sampieri, dove i pescatori erano intenti a smagliare le reti, non è passata inosservata, nonostante i grandi occhiali scuri ne nascondessero gli occhi color del mare. Lunedì a Sampieri si giravano le scene dei nuovi episodi del Commissario Montalbano. Un finto ristorante è stato allestito nella casa del barone Terremoto, e la Livia eterna fidanzata del commissario Montalbano, mai sposata, a volte tradita, amata, ma con siciliano distacco da Salvo, si aggira da quelle parti.
Magnetica, elegante e raffinata, Sonia ha girato nella parte più romantica della borgata più bella di Scicli. Bisognerà attendere il febbraio 2019 per saperne di più.
 
 

Teatro greco di Siracusa - Fondazione Inda, 7.6.2018
Il più noto scrittore italiano torna a teatro con "Conversazione su Tiresia".
Lunedì 11 giugno al Teatro greco di Siracusa una serata memorabile, impossibile da perdere, con Andrea Camilleri


 
 

La Sicilia - Vivere, 7.6.2018
Teatro
Dicci Camilleri del nostro futuro
Con la regia di Roberto Andò, lunedì a Siracusa, lo scrittore Andrea Camilleri sarà protagonista assoluto di "Conversazione su Tiresia" monologo sull'indovino cieco della mitologia, scritto per il Festival del teatro greco dell'Inda

Cantava Vinicio Capossella in "Dimmi Tiresia", tratto dall'album capolavoro "Marinai, profeti e balene" del 2011: "Dimmi Tiresia / al regno dove mai nessuno si è recato / Versami il sangue / Scavami un botro / Un buco per sbirciare tra il mio destino e il Fato". Sapere o non sapere, questo è il dilemma. Saper voleva Ulisse quando scese agli inferi per incontrare l'ombra dell'indovino cieco tebano, e sapere se lui e i suoi compagni sarebbero tornati a casa. E Tiresia, personaggio del mito di cui sono occupati ben 63 autori, dai greci ad oggi, ciascuno a modo proprio, non poteva non affascinare uno scrittore attento e curioso come Andrea Camilleri, il quale ha scritto appositamente per il 54° Festival del Teatro Greco di Siracusa un testo, "Conversazione su Tiresia", che metterà in scena lunedì 11 giugno, alle 21, al Teatro Greco, con la regia di Roberto Andò, direttore artistico del festival. Lo spettacolo è una produzione dell'Istituto nazionale del dramma antico, a cura di Valentina Alferj. Le musiche sono di Roberto Fabbriciani eseguite dall'autore.
«Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia». Inizia così il monologo di Camilleri, e la figura dell'indovino cieco oggi affascina lo scrittore empedoclino anche di più di Montalbano che gii ha dato la fama. Foss'anche perché oggi Camilleri, a 92 anni, la sua vista l'ha perduta davvero da un po', ma non solo. Roberto Andò: «Camilleri ha scelto Tiresia perché un personaggio simile a lui in quanto non vedente. E poi la letteratura di Camilleri ha avuto sempre la capacità di divinare. La mia sarà una regia discreta, in fondo sarà una festa. Camilleri ha un trascorso anche di attore, ed è straordinario vederlo mettersi in gioco, con la sua voce possente, da contastorie». E' la prima volta che Andrea Camilleri diviene attore di un suo testo, e che abbia scelto di farlo a questo punto della sua vita impersonando l'indovino cieco assicura alla circostanza un carattere memorabile.
Camilleri sceglie Tiresia e quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia, e lo elegge a pretesto per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie. Dice Camilleri: «"Noi tutti siamo il teatro, il pubblico, gli attori, la trama, le parole che udiamo", così scriveva Borges, e questo è vero per tutti, ma ancor di più per un cieco. Da quando non vedo più, io vedo meglio, vedo con più chiarezza. Nella mia gioventù siciliana, i miei compagnucci contadini accecavano i cardellini perché sostenevano che da ciechi cantassero meglio».
Le infinite manipolazioni subite dalla straordinaria figura dell'indovino attraverso epoche e generi, sono per Camilleri uno specchio in cui riflettersi. «Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia più che secolare che ha avuto una tale quantità di trasformazioni da indurmi a voler mettere un punto fermo a questa interminabile deriva - prosegue Camilleri -. A Siracusa vi dirò la mia versione dei fatti, e la metterò a confronto con quello che di me hanno scritto poeti, filosofi e letterati. Voglio sgombrare una volta per tutte il campo da menzogne, illazioni, fantasie e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità».
Gianni Nicola Caracoglia
 
 

Giornale di Sicilia, 7.6.2018
Penne alla siciliana
Appena pubblicato "Il metodo Catalanotti", indagine del commissario più amato, è già in vetta alle classifiche
Inarrestabile Camilleri, nuovo giallo da record
Il delitto di un bizzarro regista dà il via al libro. E lo scrittore, ormai quasi cieco, lunedì a Siracusa interpreterà Tiresia
Cliccare qui per l'articolo in pdf
Salvatore Lo Iacono
 
 

98Zero.com, 7.6.2018
Un successo di pubblico e consensi l’omaggio ad Andrea Camilleri

Brolo – L’incontro svoltosi alla sala multimediale “Rita Atria” di Brolo, dedicato alla figura di Andrea Camilleri, è stato un successo di pubblico e di consensi, raggiungendo in pieno l’obiettivo che gli organizzatori si erano prefissati. Ritrovarsi nell’affascinante mondo dell’Autore, parlarle di quel che rappresenta oggi lui, come personaggio a tutto tondo e soprattutto della sua scrittura.
Il salotto letterario si è aperto nel ricordo di Vittorio Ballato, poeta, amante della lettura e della lingua siciliana, recentemente scomparso, e che certamente sarebbe stato tra i presenti. Meritato e dovuto il lungo applauso che tutti i presenti gli hanno tributato.
Dopo una breve introduzione e i saluti iniziali della coppia Bevacqua/Scaffidi che hanno condotto l’evento, sono giunti i saluti della Dirigente del Merendino, Bianca Fachile, e a seguire quelli della docente Carmelina Giuffrè che sostituiva Maria Ricciardello, la Dirigente Scolastica I.C. Brolo, e di Maurizio Caruso, assessore al turismo di Brolo, grande promotore dell’evento, che ha esternato i saluti anche per conto del sindaco, Irene Ricciardello, assente in quanto influenzata, ma che tramite i social ha fatto sentire la sua partecipazione.
Subito dopo si è entrati subito in argomento con la professoressa Marinella Speziale che si è soffermata sulla cucina e la lingua nei lavori di Camilleri. Nel corso dell’intervento si sono succedute delle letture a cura di Giovanna La Motta e Beatrice Rasizzi Spurio. A conclusione dell’intervento della Speziale i presenti hanno seguito la video intervista con Simonetta Agnello Hornby, (avvocato, scrittrice, grande amica di Andrea Camilleri) che ha “raccontato” dello scrittore, con un taglio personalissimo. Per il gruppo letterario “Ali di Carta” Maria Azzurra Ridolfo si è soffermata su Camilleri uomo e scrittore siciliano pop. (in mezzo all’intervento è stato proiettato un video, quello della psicologa di origine siciliana Paola Ceraolo, che vive in Uruguay a Montevideo, e che ha dato l’esatta percezione di come Camilleri è visto all’estero). Sempre per “Ali di Carta” – al suo primo debutto pubblico – Linda Marino ha “regalato” la lettura di un’intervista inedita. Quella di Francesca Ioppolo ad Andrea Camilleri. Poi Teodoro Cafarelli della Libreria Capitolo 18, ha tratteggiato altri aspetti legati al “Camilleri pensiero” che toccano la letteratura, la cultura, il turismo, l’editoria, presentando anche il nuovo lavoro del Maestro, uscito il 31 maggio: il Metodo Catalanotti, seguito dalla lettura di un brano a cura di Rossana Farinella Alla fine della “maratona Camilleri”, da segnalare il tributo teatrale allo scrittore messo in scena dai giovani studenti dell’ Istituto comprensivo di Brolo. Un breve spezzone tratto da “Montalbano e il caso Tramaglino/Mondella” che ha suscitato gli applausi di tutti per Lorenzo Amato e Gabriele Muscarà – II A, Vincenzo Marino – II B, Gabriele Maggio – II C, Emilio Ricciardo e Lorenzo Giannitto – I A. Applausi anche per la professoressa Anna Messina dell’I.C. di Brolo che ha curato, in un tempo brevissimo, i ragazzi. Alla fine è stata presentata l’iniziativa “Brolo book-sharing per Camilleri” che si avvierà a metà del mese di luglio. Quindi, dopo una breve introduzione ai Sapori Siciliani nei romanzi di Camilleri si è dato spazio al buffet realizzato dall’Alberghiero di Brolo.
Lorenzo Scaffidi
 
 

Affaritaliani.it, 8.6.2018
Ispirati dagli archivi 2019: Camilleri e Lucarelli i primi testimonial
Archiviazione digitale: il futuro della memoria, la memoria del futuro
Presentato oggi “Ispirati dagli archivi” 2019 un’iniziativa che ha lo scopo di accrescere la conoscenza della ricchezza del patrimonio archivistico del Paese, m a non solo. Camilleri e Lucarelli i primi testimonial annunciati dell’evento.

Gli archivi hanno un inestimabile valore culturale, storico, civile e anche economico. Si stima infatti che i 101 Archivi di Stato italiani, che conservano da soli 1.500km di documenti, raggiungano un valore di quasi 150 miliardi di euro. A questi si devono aggiungere altri 2.300 km di documenti nei depositi delle amministrazioni statali, e quelli custoditi negli archivi di 8.000 comuni, 80.000 scuole, 25.000 strutture sanitarie, 20 regioni, decine di migliaia di enti, imprese, famiglie, persone. Insomma, un patrimonio che, da un lato è arrivato fino ai giorni nostri (pensiamo per esempio al documento più antico conservato dall’Archivio di Stato di Milano datato 12 maggio 721 d.C) dall’altro si arricchisce quotidianamente. Per celebrare gli archivi di qualunque natura, “eternamente vivi” come li ha definiti Andrea Camilleri, nel 2016 è nato “Ispirati dagli archivi”un’iniziativa promossa da ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), DGA (Direzione Generale Archivi) e ICAR (Istituto Centrale per gli Archivi) che ha lo scopo di accrescere la conoscenza della ricchezza del patrimonio archivistico del Paese e la consapevolezza attorno al lavoro degli archivisti. L’ultima edizione, quella del 2016, si è conclusa con l’adesione di 320 archivi (di cui 36 dall’estero) e la realizzazione di 180 eventi in una sola settimana.
L’edizione del 2019 (3-9 giugno), presentata oggi a Roma e che vede come primi testimonial annunciati Camilleri e Lucarelli, mira a rendere protagonisti le comunità che frequentano gli archivi, utenti e studiosi (si stima che, nei soli Archivi di Stato ogni anno vengano consultati circa 1.000.000 di fascicoli), ma anche tutti coloro che non sono mai stati in archivio, attraverso il coinvolgimento in iniziative, incontri, eventi e attività sviluppate dentro e fuori le mura degli istituti su tutto il territorio nazionale e anche all’estero.
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 8.6.2018
La lezione di Cuticchio “I racconti suonano”
La prima giornata della rassegna letteraria all'Orto botanico ha visto il cuntastorie parlare di narrazione e il confronto tra giallisti siciliani e francesi

[...]
Ma la prima giornata di Una Marina di libri ha certificato Palermo come città del noir.
«Il giornalismo lento che calpesta la strada non esiste più, così il giallo supplisce all'urgenza della narrazione mediatica – dice lo scrittore e giornalista Gian Mauro Costa, membro della squadra di giallisti palermitani che si è confrontata con i colleghi francesi per un gemellaggio che ha rafforzato Palermo come città noir- La cronaca è lo spunto per noi giallisti, quanto al crimine, esso in letteratura può generare ordine o disordine».
Se il poliziesco classico di Simenon e Wallace rivelava i misteri della psicologia umana tradotti in un crimine risolto, oggi la tendenza del noir o "giallo di denuncia" è quella di creare disordine lasciando dubbi a un lettore sempre più onnivoro e meno impegnato.
«Il giallo è un genere letterario fedele – commenta Santo Piazzese – La prima regola è non barare con il lettore per questo se un giallo è scritto bene è una lettura appassionante per il lettore contemporaneo. Poi, c'è senza dubbio l'onda lunga di Camilleri, che ha generato tanti lettori di gialli e altrettanti scrittori che sperano di vendere come lui».
Ma a ognuno il suo giallo. Se il padre di Montalbano impersona, infatti, la luce mediterranea che si oppone all'oscurità dei romanzi nordici, il noir d'Oltralpe rivela la parte psicotica del crimine umano con denunce di tipo sociale.
[...]
Marta Occhipinti
 
 

La Repubblica (ed. di Torino), 8.6.2018
Classico, leggero e pure pop il sipario di Torino Spettacoli

"Il teatro è giovinezza". E c'è da credere a Piero Nuti, brillante novantenne che sfila sul palco del Teatro Alfieri nel corso della solita strabiliante presentazione di stagione o conferenza stampa, che attira tanto affezionato pubblico da riempire il teatro, tutto, fino all'ultima fila di platea e galleria.
[...]
Al Teatro Erba dal 1 al 31 ottobre, la XX edizione del "Festival di Cultura Classica" voluto da Germana Erba e animato a lungo da Adriana Innocenti. Il festival è introdotto dalla consueta serata dedicata alla lirica greca a cui seguono commedie, tragedie e scommesse, come "Maruzza Musumeci" il 10 e 11 ottobre dall'omonimo racconto di Andrea Camilleri, impersonato da Pietro Montadon, dove è rivisitato modernamente il mito delle sirene.
[...]
Maura Sesia
 
 

Teatro greco di Siracusa - Fondazione Inda, 9.6.2018
Andrea Camilleri, sotto l'attento sguardo del regista Roberto Andò, sta provando in questi giorni in città. Lunedì 11 giugno, il più noto scrittore italiano sarà in scena al Teatro greco di Siracusa con "Conversazione su Tiresia"

 



Foto Franca Centaro
 
 

La Sicilia (ed. di Siracusa), 9.6.2018
Lo scrittore lunedì al Teatro Greco con “Conversazione su Tiresia»
Camilleri arriva a Siracusa per incontrare il suo doppio

«Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia più che secolare che ha avuto una tale quantità di trasformazioni da indurmi a voler mettere un punto fermo a questa interminabile deriva. A Siracusa vi dirò la mia versione dei fatti, e la metterò a confronto con quello che di me hanno scritto poeti, filosofi e letterati. Voglio sgombrare una volta per tutte il campo da menzogne, illazioni, fantasie e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità». Inizia così il monologo di cui è autore e protagonista Andrea Camilleri, in scena lunedì sera al teatro Greco.
«Conversazione su Tiresia» si intitola lo spettacolo, con la regia di Roberto Andò, nell'ambito del 54° Festival dell'Inda. Camilleri sceglie Tiresia e quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofìa, la poesia, e lo elegge a pretesto - come già fece Borges con molti dei suoi temi prediletti - per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie.
«È una vecchia storia che mi intriga da tempo. Ben 63 autori, dai greci a oggi, si sono occupati di questo personaggio affascinante, manipolato nei secoli. Quattro tragedie contengono la sua vicenda e poi Eliot, Apollinare, Primo Levi, persino Woody Allen lo fa apparire in un suo film. La mia ricerca su di lui - dice lo scrittore - è un fiume inarrestabile: attraverso le epoche, è descritto nei modi più disparati, da dissoluto ermafrodita, che riusciva addi rittura a godere di se stesso, ad allegoria di San Paolo. Nella mia conversazione solitaria in una tranquilla notte d'estate, nei panni di Tiresia dico al pubblico: volete sapere come sono stato stracangiato nei secoli?».
Mariolina Lo Bello
 
 

La Stampa - TTL, 9.6.2018
Ai punti
San Camilleri fa sempre il miracolo

Grande Camilleri. Torna in libreria e rianima la classifica. Il suo Montalbano porta i 100 punti a oltre 21mila copie. Erano mesi che non si vedevano più queste cifre. Il commissario indaga su una filodrammatica dilettante, che ha per direttore Catalanotti, teatrante e usuraio, che propugna un Metodo più scarnificante di Stanislawski: l’attore si deve identificare con l[...]
 
 

Una Marina di libri, 9.6.2018
Ore 16:30 | Serra Carolina
Presentazione del libro
Storia di Montalbano
di Gianfranco Marrone
Edizioni Museo Pasqualino
Intervengono: Clotilde Bertoni e Nunzio La Fauci
Sarà presente l’autore
 
 

ANSA, 9.6.2018
Montalbano e Augello? Orlando e Rinaldo
Semiotico vede personaggi di Camilleri alla stregua di paladini

Palermo - "Le storie del commissario Salvo Montalbano fanno già parte del folklore locale e globale, mediatico alla stregua dei paladini di Francia, e dei saraceni loro acerrimi nemici, divenuti materia viva del teatro siciliano delle marionette. Salvo e Mimì Augello come Orlando e Rinaldo? È un'ipotesi forte che molti dei passaggi interpretativi presenti in questo libro confermerebbero senz'altro". E' la chiave di lettura delle vicende dei personaggi narrati nella fortunata serie di volumi scritti da Andrea Camilleri, dalle quali sono state tratte le fiction di successo sulla Rai. Una tesi contenuta nel libro "Storia di Montalbano" (edizioni del Museo Pasqualino; 310 pagine; 26 euro) che raccoglie gli scritti che Gianfranco Marrone ha dedicato alla figura del commissario di polizia più amato dagli italiani.
 
 

RaiNews, 9.6.2018
I personaggi di Camilleri alla stregua dei paladini
Libri, Montalbano e Augello come Orlando e Rinaldo
Le gesta del commissario più famoso d'Italia sono diventate popolari tanto quanto lo erano quelle dei cavalieri di un tempo. Il libro di un semiologo siciliano è dedicato alla "Storia di Montalbano"

Salvo Montalbano e Mimì Augello come Orlando e Rinaldo? Sono come i paladini contro i saraceni? Sono di certo entrati nel folklore locale e globale e mediatico come è accaduto per le storie narrate nel teatro siciliano delle marionette. Le battaglie del commissario più famoso d'Italia popolari quindi come quelle storiche dei paladini di Francia contro le orde saracene.
È il punto di vista che sembra emergere dal libro del semiologo Gianfranco Marrone "Storia di Montalbano", edizioni del Museo Pasqualino. Oggi, al festival "Una marina di libri" di Palermo, la presentazione di questo studio che offre un'insolita chiave di lettura delle vicende dei personaggi narrati nella fortunata serie di volumi scritti da Andrea Camilleri, dalle quali sono state tratte le fiction di successo sulla Rai.
"Lavorare su Montalbano da una parte mi ha dato modo di mettere alla prova i modelli d'analisi della semiotica su uno spettro abbastanza ampio di testi - afferma Marrone - in costante dialogo fra loro (romanzi, film, fumetti, pietanze, itinerari turistici etc.), studiandoli ai loro diversi livelli (discorsivo, narrativo, valoriale) e dimensioni (pragmatica, cognitiva, passionale) del senso. Ne è venuta fuori una ricostruzione al tempo stesso puntigliosa e profonda di un universo sociale e antropologico, geografico e ideologico - quello camilleriano e montalbanesco - che fatica a porre una differenza, e a trovare un confine sensato, fra invenzione creativa ed esperienza vissuta, o, se si preferisce, tra finzione e realtà. Né si pone il problema di farlo".
Montalbano non è un personaggio come qualsiasi altro. Si sa. Ancor più per chi abita dalle sue parti, e si scontra giornalmente con situazioni, soggetti e problemi in qualche modo analoghi ai suoi, nel medesimo contesto "in cui egli opera, lavora, si deprime, gioisce, soprattutto si incazza - aggiunge il semiologo -. Difficile mettere del tutto fra parentesi, occupandosene, una qualche empatia nei suoi confronti, per mimesi o per catarsi, a seconda dei casi individuali e collettivi, umani e sociali. Il coté, diciamo così, scientifico e quello, diciamo così, esistenziale, del resto, si intrecciano e si sostengono a vicenda. L'euforia ermeneutica incontra la disforia della provincia, e a suo modo la sostiene". "Questo libro è stato scritto in uno dei periodi più felici della mia vita - afferma Marrone - pieno di vagheggi e di loro realizzazioni, sia dal punto di vista personale che da quello professionale".
Marrone, saggista e scrittore, è professore ordinario di Semiotica nell'Università di Palermo. Tra i suoi scritti: Il sistema di Barthes (1994), Estetica del telegiornale (1998), C'era una volta il telefonino (1999), Corpi sociali (2001), La Cura Ludovico (2005), Il discorso di marca (2007), L'invenzione del testo (2010), Addio alla Natura (2011), Introduzione alla semiotica del testo (2011), Stupidità (2012), Figure di città (2013), Gastromania (2014), Semiotica del gusto (2016), Roland Barthes: parole chiave (2016), Prima lezione di semiotica (2018).
 
 

La Sicilia, 10.6.2018
L'evento. Domani in scena al Teatro greco di Siracusa
Camilleri entra nel mito raccontando Tiresia
Una conversazione per meditare sulla cecità, sul tempo, sullo spirito, sugli uomini e sulle donne di oggi

Domani sera alle 21 nel declivio del colle temenite di Siracusa, sacro ad Apollo dio della poesia, Andrea Camilleri parlerà della vita umana nella prospettiva di Tiresia. Parlerà, non reciterà, come su quello stesso declivio si recitavano i versi di Eschilo e i prigionieri ateniesi chiusi nelle latomie confortavano se stessi e le guardie con i versi di Euripide e dettero a Platone lo spunto per discutere della cecità della ragione umana e della luce somma che governa il mondo.
L’argomento del dire sarà Tiresia, personaggio notissimo perché conosceva tutto, e perché da nessuno veniva creduto, il quale Tiresia compare in diversi miti antichi (come quello di Edipo) a simboleggiare lo scarto tra il vero assoluto e quello che gli uomini credono vero mentre invece è solo una apparenza momentanea. Sarà una discussione sul tema esistenziale. Una discussione, non un trattato consegnato alle rotative dei tipografi o ai bit degli schermi elettronici.
Dunque suppone la presenza attiva (non solo recitativa di un copione) da parte del protagonista e una recezione attiva da parte di chi ascolta. «Mi piacerà sentire il calore del pubblico che per fortuna non vedrò», ha detto in un video pubblicato dal Teatro greco di Siracusa.
Socrate, che si vantava di sapere… di non sapere, non insegnava ma discuteva, e secondo alcuni studiosi il modello delle sue discussioni, talora sorprendenti, proveniva proprio da Siracusa, dove un letterato metteva in scena il Discorso e la Discorsa (per una parità di genere che anticipava di millenni quella che adesso si restaura tra il ministro e la ministra, il presidente e la presidenta e via femminilizzando).
Trattandosi di discorso non avrebbe senso anticiparne i tratti; ma ne ha anticipato i modi, per i quali ci è stato di soccorso Giuseppe Dipasquale, regista di numerosi lavori teatrali desunti dai testi di Camilleri e suo portavoce nello stesso modo, intelligente, come nell’antichità Arriano era il portavoce di Epittèto. Le note che seguono derivano da una conversazione, riguardano una conversazione futura, per la quale valgono gli infiniti possibili sviluppi del mito.
Come è noto il mito, a differenza della cronaca, ammette varianti e contraddizioni legittime. Secondo un mito Elena (di Troia) fu una maledettissima adescatrice, colpevole di una guerra sanguinosa e lunghissima, rovina del genere umano. Secondo altri miti la medesima Elena era una donna virtuosa, fedelissima alla morale che poté salvare perché non visse a Troia, come amante di Paride, ma in Egitto come venerata e intangibile sacerdotessa. Così raccontava anche Stesicoro che in Sicilia ebbe, se non proprio i natali, almeno moltissimi ascoltatori.
Stabilito che il mito (che in greco significa “la parola”) non ha consistenza immutabile, ma si articola secondo i momenti, siamo già entrati nella questione di Tiresia e dei suoi discepoli. Cercano il vero, lo indicano a chi li ascolta e quasi mai vengono creduti. Perché la gente preferisce credere alle favole, alle panzane confortevoli. Tiresia era scomodo perché diceva al re la verità, perché indicava ai sudditi le cose vere. Tiresia era cieco. Come Omero, come Borges, come Mahfùz (l’unico premio Nobel per la letteratura nato in Egitto). E che rapporto ha la limitazione o l’assenza della vista con l’acume della vista spirituale? Le figure, i colori del vero distraggono la mente; il saggio non si lascia fuorviare dalle immagini, dal colore della cravatta del ministro, dalla scollatura della ministra. E per questo Camilleri somiglia agli omeridi, avendo il visus molto affievolito. Come i patriarchi della Bibbia e i saggi omerici ha superato tre generazioni umane (ogni generazione si calcolava in 30 anni e fino allo scorso secolo raramente se ne superavano due): dunque ha conosciuto da vivo (non sui libri) i balilla, le convergenze parallele democristiane, l’immaginazione al potere della Sorbona e tutti i voltafaccia della storia attuale. Il suo “mito” parte dalle questioni esistenziali: Sono proprio uguali uomo e donna? E se una superiorità esiste a chi spetta? Il regista Dipasquale, che lo conosce bene, lascia intendere, con un sorriso, che il primato spetta alle donne. Ecco i presupposti del dialogo. In cui c’è spazio per Giambattista Vico, il filosofo napoletano per cui la storia è un eterno ritorno sullo stesso percorso, ma con nomi cambiati. Anche oggi ci sono i sanculotti, anche oggi la verità che per definizione è anelastica, viene stiracchiata di qua e di là secondo la convenienza.
Tutte queste cose Camilleri le ha spiegate a un pubblico mondiale che senza essere venuto in Sicilia ne conosce gli arancini e che quando ne vede i filmati identifica immediatamente il rapporto tra la natura splendida e la natura umana accecata dalla cupidigia. Le metafore di Camilleri sono rivolte al presente: la sua umanità, locale o immigrata, fiduciosa nel futuro o perfida è ritratta dal vero, e siccome nei romanzi – come nei poemi omerici - il poeta può dominare il destino, Ulisse si salva dalle difficoltà più opprimenti come Montalbano riesce sempre a sciogliere gli intrichi più disperati e dunque, come gli aedi antichi, può istruire il pubblico.
Un tempo la gente seguiva le mirabolanti avventure degli eroi greci e dei paladini di Francia. Ora segue con entusiasmo le inchieste del commissario di Vigata. Il rapporto è lo stesso: ma con la differenza essenziale che il racconto orale può cambiare continuamente ad ogni recita e quello scritto o registrato elettronicamente resta tale. Salvo quando l’autore parla dal vivo a quanti lo ascoltano e con i quali può relazionarsi. Come nel mito. Fortunati quanti ascolteranno Camilleri a Siracusa: il mito in un luogo mitico.
Sergio Sciacca

Conversazioni su Tiresia
Andrea Camilleri, nato nel 1925, è un artista poliedrico. Fu regista nei primi anni della Rai, fece conoscere in Italia i lavori di Beckett quando ancora, nel nostro Paese, erano considerati audaci ed enigmatici. Cominciò a scrivere racconti e romanzi e copioni teatrali con crescente successo ("Il birraio di Preston", "La concessione del telefono") rivelando una originalità che aveva pochissimi equivalenti nel panorama nazionale: con il trasferimento del presente nel passato e viceversa, cioè l'indicazione che i costumi attuali sono sostanzialmente gli stessi di quelli antichi. Il grande successo, planetario, è giunto con la figura del commissario Montalbano, il cui spunto è stato offerto dallo scrittore catalano Manuel Vàzquez Montalbàn. Le serie televisive hanno fatto il resto: ma è notevole come nell'anima dei suoi bestseller ci sia sempre una carica umana (e sociale) vigile e graffiante. Nella serata di Siracusa accanto all'autore-aedo ci saranno Roberto Fabbriciano al flauto (l'aulòs del teatro classico) e Valentina Alferj. Regista Roberto Andò, sempre innovativo nelle proprie creazioni. Camilleri, come si conviene al teatro greco e latino, ne sarà il deus, senza bisogno di machina.
 
 

SiracusaOggi.it, 10.6.2018
Andrea Camilleri a Siracusa: al teatro greco la eccezionale "prima" del suo Conversazione su Tiresia

Andrea Camilleri è già da alcuni giorni in città. Insieme all’amico e regista Roberto Andò (direttore del Festival del Teatro Greco) ha provato il testo che lui stesso ha scritto e che lui stesso porterà in scena domani sera al Temenite per un imperdibile evento unico. C’è attesa per il suo “Conversazione su Tiresia”. Il papà del Commissario Montalbano per la prima volta diviene attore di un suo testo, scritto proprio per la Fondazione Inda. “E che abbia scelto di farlo a questo punto della sua vita impersonando l’indovino cieco assicura alla circostanza un carattere memorabile”, dice un emozionato Roberto Andò.
Camilleri sceglie Tiresia e quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia e lo elegge a pretesto – come gia` fece Borges con molti dei suoi temi prediletti – per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie.
Le infinite manipolazioni subite dalla straordinaria figura dell’indovino attraverso epoche e generi, costituiscono per Camilleri uno specchio in cui riflettersi, e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell’invenzione letteraria. L’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Giunone (o da Atena?), punito perche´ rivelava i segreti degli dei, e` il protagonista di una conversazione solitaria, nel corso della quale il piu` grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecita` e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parlera` del suo viaggio nella vita e nella Storia.
Dice Andrea Camilleri: “Noi tutti siamo il teatro, il pubblico, gli attori, la trama, le parole che udiamo”, così scriveva Borges, e questo è vero per tutti, ma ancor di più per un cieco. Da quando non vedo più, io vedo meglio, vedo con più chiarezza. Nella mia gioventù siciliana, i miei compagnucci contadini accecavano i cardellini perché sostenevano che da ciechi cantassero meglio”.
Gianni Catania
 
 

La Stampa, 10.6.2018
L'altra faccia del successo
Come è triste avere le librerie piene soltanto per Camilleri
«Il metodo Catalanotti» è un bellissimo romanzo, denso (anche) di una dolce malinconia come se l’anziano Camilleri volesse donarci qualcosa di sé più intimo e prezioso

Magnifico Camilleri. Torna in libreria e risolleva la classifica. Il suo Montalbano porta i 100 punti oltre le 21mila copie vendute in una settimana. Era dal precedente Camilleri che non si vedevano queste liete cifre. Il primo dei top ten negli ultimi mesi, giusto per dare un’idea, girava mediamente intorno alle 8-10 mila copie. Il romanzo s’intitola Il metodo Catalanotti. Parla del capo di una filodrammatica dilettante che unisce la passione per l’arte a quella dell’usura. Ed è sostenitore di un metodo bizzarro, ben più scarnificante del celebre Stanislavskij («corretto, rivisto e modernizzato»): vuole che gli attori, quando recitano, partano dalle zone più oscure del proprio animo, traumi, ferite, relazioni sbagliate. Qualcosa, insomma, a metà tra un analista e un confessore. E fin peggio. La trama gialla s’intreccia con un languore amoroso («l’effetto di una calamita») che Montalbano prova verso una piacente fìmmina incontrata nel corso delle indagini (vietato spoilerare) che ha tante cose in comune con lui, tra cui l’amore per la lettura. Anche perché l’eterna fidanzata Livia, lontana come al solito, gli ha lasciato di sé solo un terrificante pizzino di memento calorico sul frigo che farebbe passare l’uzzolo pure a Casanova, “Scarsi parole ma che per lui sonavano come ’na speci di cunnanna a morti”: niente carboidrati, dolci, fritti, alcol. Whisky assolutamente vietato. A Vigàta, intanto, la crisi economica e la disoccupazione seminano desolazione, alimentano drammi in famiglia, violenze domestiche. Tant’è che il nostro poliziotto, sempre pieno di sdegno civile, è spinto a non seguire la lettera della legge per aiutare due giovani in difficoltà. Un bellissimo romanzo, avvincente nella trama, e denso (anche) di una dolce malinconia come se Camilleri, l’anziano Camilleri, volesse donarci qualcosa di sé più intimo e prezioso. La passione per il teatro, mai sopita, da cui tutta la sua felice carriera professionale è sbocciata. E la dolcezza dell’amore, brace che mai si spegne nonostante gli anni fuggano, e non basta un «Everest di cenere» a seppellirla nella pace sensoriale. Giusto, bello - quindi - che i fan di Camilleri, e non solo loro, premino Il metodo Catalanotti con lauti acquisti. Questo commovente successo mostra tuttavia un’ombra. È triste che le nostre librerie si ripopolino solo quando esce un libro del grande siciliano. Prima e dopo di lui, non il diluvio. Ma solo una sconsolante anemia di vendite.
Bruno Ventavoli
 
 

il manifesto, 10.6.2018
Alias domenica
Gli edifici mangerecci da Soldati a Camilleri
Cibo e letteratura. Il risotto gaddiano, la panzanella di Aldo Fabrizi, il candiero di Sciascia... Da un progetto Expo 2015, Skira ha tratto questo «Mangiarsi le parole», volume-repertorio a cura di Luca Clerici

Il formato è di 26,8 per 21,6 centimetri, copertina in cartone rigido, fondo bianco, titolo in rosso, sottotitolo in nero, con un disegno di John Alcorn, lo stesso autore di molte delle illustrazioni che accompagnano questo libro che Skira pubblica in omaggio al binomio di cibo e letteratura, Mangiarsi le parole 101 ricette d’autore (pp. 183+XXXI, € 29,00). Un volume perfetto da lasciare su un tavolino basso a disposizione degli ospiti che chiacchierano in attesa di una cena.
Nato in occasione dell’«Expo 2015. Nutrire il pianeta. Energia per la vita», sul progetto di ricerca promosso dall’Università degli studi di Milano, il volume si propone come un ricettario d’autore: ai menù si alternano racconti e intermezzi, alcuni inediti. Il tutto vivacizzato da un gran numero di fotografie provenienti dal Centro APICE, il dovizioso archivio che custodisce e valorizza importanti collezioni bibliografiche e archivistiche del Novecento, uno dei quali è, appunto, il fondo Alcorn. Luca Clerici, tra gli organizzatori del Centro e curatore del volume, firma l’Introduzione e le Istruzioni per l’uso. L’indice propone «Menù alla carta», «Menù a tema» e un ricco album di illustrazioni, copertine di libri, manifesti, prime pagine di giornali, fotografie, riprodotte in carta patinata e inerenti al cibo, al mangiare e agli strumenti utili in cucina. Le più remote sono le illustrazioni dedicate all’Apple Pie (1887, Fondo Wick). Tra le fotografie spiccano quelle delle prime lavastoviglie (svizzere) e quella in cui De Sica, affiancato da Valentino Bompiani e Giacomo Furia sul set de L’oro di Napoli, osserva un pizzaiolo alle prese con un disco di pasta lievitata (1954, Fondo Bompiani).
Moltissimi i personaggi illustri convocati nella cucina dal curatore e messi ai fornelli, tra cui Marinetti, Monelli, Deledda, Ungaretti, Prezzolini, Bontempelli, Soldati, per arrivare a Scheiwiller, Mari, Eco, Perotti. Non potevano mancare il risotto gaddiano, la panzanella di Aldo Fabrizi o gli arancini di Montalbano di Camilleri.
[...]
 
 

La Repubblica, 10.6.2018
TITOLO: SABBIA NERA
AUTRICE: CRISTINA CASSAR SCALIA EDITORE: EINAUDI STILE LIBERO
PREZZO: 19 EURO
PAGINE: 392
Non chiamatela Montalbano

Esiste una bella fetta di lettori italiani cresciuti a pane e Montalbano — nella doppia versione, libri e piccolo schermo — che certamente adora anche le serie tv americane più o meno poliziesche: i cosiddetti procedural, dal classicissimo Law and Order a Blue Bloods, passando per Ncis (tanto per citare tre marchi celebri). È a questa folta pattuglia di appassionati che si rivolge, idealmente, Sabbia nera, mistery siculo-etneo di Cristina Cassar Scalia uscito per Einaudi Stile libero. Un romanzo in cui l'autrice sembra aver digerito, da un lato, la lezione del grande Andrea Camilleri, con la sua capacità di rendere vivi luoghi, ambienti, personaggi dell'Isola; dall'altro quella degli sceneggiatori televisivi a stelle e strisce, votati all'intrattenimento intelligente e a solide regole di sviluppo del plot.
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Claudia Morgoglione
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 10.6.2018
“Il giallo diventa femminile” parola di Giménez-Bartlett
A Una Marina di libri in vetrina i romanzi con poliziotte protagoniste dalla scrittrice spagnola a Cassar Scalia, Genisi e Costa: è la nuova tendenza " Le donne possono essere cattive mentre prima prevaleva la visione angelica"

È arrivata e ha incantato tutti parlando un italiano irresistibilmente contaminato di spagnolo, caschetto rosato e sguardo dolce eppure lei è la creatrice della taglientissima Petra Delicado, l'ispettore della polizia di Barcellona protagonista dei gialli di Alicia Giménez-Bartlett, prima scrittrice in Europa a fare scendere in campo un'investigatrice con un ruolo ufficiale. «Quando mi hanno detto che ero stata la prima, mi sono sorpresa», dice. Petra è un personaggio duro, sboccato e capace di feroce sarcasmo, ma la Bartlett ci tiene a sottolineare che «non si tratta di caratteristiche maschili, io non credo che ci siano delle qualità specifiche proprie di un genere o di un altro. Le donne sono state ritenute "angeli" per tanto tempo, ma non è vero, possono essere dure e cattive.
Forse è per questa visione angelicata della donna che prima non si scriveva di poliziotti donne, adesso le cose sono cambiate».
Giménez-Bartlett dice di essere entusiasta delle nuove scrittrici che si cimentano nel giallo: «Per ogni nuovo personaggio femminile che viene creato c'è da festeggiare».
Grande amica dei giallisti siciliani, la scrittrice spagnola dice di amare la Sicilia e di considerare l'Orto botanico un luogo letterario «perché è un po' selvaggio e per questo molto interessante» Ma alla Marina a raccontare le donne in giallo ci sono anche Cristina Cassar Scalia, "mamma" di Vanina Guarrasi protagonista di "Sabbia nera" appena uscito per Einaudi, Gabriella Genisi l'ideatrice del personaggio di Lolita Lo Bosco per Sonzogno, e Gian Mauro Costa che in Stella o Croce (Sellerio) ha creato l'agente della squadra mobile Angela Mazzola. Sebbene tutte con un carattere risoluto, una certa autonomia sentimentale oltre che professionale, queste tre investigatrici hanno un modo diverso di affrontare la loro femminilità. Vanina Guarrasi hai modi bruschi mitigati dalla sua irresistibile ironia, ama i vecchi film e la buona cucina, anche se non sa cucinare. «Il mio personaggio non può fare a meno di portare la pistola nella borsetta. Ha avuto un passato burrascoso, è stata tanti anni nell'antimafia e i suoi trascorsi hanno lasciato il segno. Mi piace che questo contribuisca a renderla autorevole», dice la Cassar Scalia.
Anche Angela Mazzola è una tosta, viene da Borgo nuovo e sa tenere testa ai colleghi: «È caparbia - dice Costa - è una che è approdata alla "città" da un quartiere difficile. Ha un desiderio di riscatto per sete di giustizia. È una che conduce il gioco, anche a letto».
Completamente diverso è il personaggio creato dalla penna della Genisi, la scrittrice barese ha infatti ideato un commissario di polizia quarantenne che arriva in commissariato sui tacchi a spillo e con la sua fluente chioma sciolta.
Dice la Genisi: «Ho sentito la necessità di creare un personaggio che fosse molto orgoglioso di esibire la sua femminilità. L'idea mi è venuta leggendo il commissario Montalbano e guardando l'interpretazione di Zingaretti in tv. Lui interpreta il superuomo e io volevo la super donna».
[...]
Eleonora Lombardo
 
 

Istituto Nazionale del Dramma Antico, 11.6.2018
Conversazione su Tiresia
di e con Andrea Camilleri
regia di Roberto Andò
11 giugno
INDA - Festival del Teatro Greco - Siracusa



“Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia più che secolare che ha avuto una tale quantità di trasformazioni da indurmi a voler mettere un punto fermo a questa interminabile deriva. A Siracusa vi dirò la mia versione dei fatti, e la metterò a confronto con quello che di me hanno scritto poeti, filosofi e letterati. Voglio sgombrare una volta per tutte il campo da menzogne, illazioni, fantasie e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità.”
Andrea Camilleri

Andrea Camilleri sceglie Tiresia e quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia, e lo elegge a pretesto - come già fece Borges con molti dei suoi temi prediletti - per investigare un pensiero da cui estrarre tracce, o prove, della sua vita precedente. Le infinite manipolazioni subite da questa straordinaria figura attraverso epoche e generi, costituiscono per Camilleri uno specchio in cui riflettersi, e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell’invenzione letteraria.
L’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Giunone (o da Atena?) punito perché rivelava i segreti degli dei, è il protagonista di una conversazione solitaria che si terrà l’11 giugno al Teatro Greco di Siracusa, nel corso della quale il più grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parlerà di sé e del suo viaggio nella vita e nella Storia.
 
 

Il Foglio, 11.6.2018
Il cieco che vede lontano
Camilleri in scena come Tiresia, un antidoto al chiasso contemporaneo. Parla il regista Roberto Andò

"Tiresia oggi? Sarebbe in imbarazzo, si rifugerebbe nel silenzio perché – spiega Roberto Andò – viviamo un momento che lascia sgomenti”. Meglio tacere: che paradosso per l’indovino Tiresia che aveva il dono di predire il futuro, di indicare con la parola ciò che non era ancora, ma che presto sarebbe stato. Un grande regista, Roberto Andò, dirige un grande scrittore, Andrea Camilleri nelle “Conversazioni su Tiresia”, prodotto dalla Fondazione Inda, in scena l’11 giugno al teatro greco di Siracusa. [...]
Riccardo Lo Verso
 
 

Nuovo Sud, 11.6.2018
Tiresia, pure Zingaretti al teatro di Siracusa per Andrea Camilleri

Non è sold out ma è grande attesa per il Tiresia scritto e interpretato da Andrea Camilleri, il noto scrittore originario di Porto Empedocle che ha diffuso il dialetto dela Sicilia occidentale in tutto il mondo. E ad aspettarlo è anche l’interprete del suo più famoso personaggio, il commissario Montalbano, l’attore Zingaretti, in prima fila nella cavea del teatro greco di Siracusa
Anita Crispino
 
 

RagusaNews, 11.6.2018
Riondino e Zingaretti, i due Montalbano, omaggiano Camilleri
Al Teatro Greco

Siracusa - Un bacio e un abbraccio affettuoso. Michele Riondino, il giovane Montalbano, bacia Luca Zingaretti, il Montalbano maturo, poco prima dell'inizio del Tiresia di Andrea Camilleri al Teatro Greco di Siracusa.
 
 

RagusaNews, 11.6.2018
Camilleri a Siracusa: ombra nell'ombra è il sapere. VIDEO
Le Mille e una Notte di Andrea

Siracusa - Sei minuti e 40 secondi di applausi al termine di una lectio magistralis di letteratura mondiale duranta un'ora e mezza, senza un'esitazione. 93 anni in settembre, Andrea Camilleri ha "esordito in teatro" stasera lasciando a bocca aperta il pubblico del Teatro Greco di Siracusa. "Io Tiresia" è stata una interpretazione teatrale di un excursus letterario che da Omero è giunto fino a Primo Levi, passando per la letteratura anglosassone, tedesca, svizzera, attraverso Dante e una cinquantina di scrittori, poeti, drammaturghi e registi cinematografici mondiali. Fra questi anche Woody Allen e Pierpaolo Pasolini.
Camilleri ha ripercorso con lucidità il senso della scrittura e del fare letteratura e teatro, senza mai incespicare, con affabulazione e capacità divulgativa, con ironia e qualche concessione al dialetto siciliano. Un racconto joyciano del suo amore per la scrittura e per gli scrittori, lungo una narrazione avvincente e considerazioni di estetica che restituiscono la figura, giganteggiante, di un uomo che ha letto e ricorda a memoria brani sterminati di letteratura mondiale. L'11 giugno 2018 ha fatto scoprire a un pubblico di circa 4000 spettatori (la serata è stata ripresa da quattro telecamere della Palomar) il sapere infinito del Camilleri lettore. Infinito eppure insufficiente, se è vero, come è vero, che ombra nell'ombra è il sapere.
Giuseppe Savà




 
 

La Provincia di Cremona, 11.6.2018
Montalbano su molti fronti: amore, delitti e passione per il teatro
Cliccare qui per l'articolo in pdf
Salvatore Silvano Nigro
 
 

TGR Sicilia, 12.6.2018
Siracusa: al Teatro Greco ovazione e commozione per Andrea Camilleri

Una lunga e a tratti commovente passeggiata nella storia sulle orme di Tiresia, l'indovino cieco che fu uomo e donna. L'ha raccontata Andrea Camilleri in un applauditissimo monologo, "Conversazione su Tiresia".
Eleonora Mastromarino
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 12.6.2018
Lo scrittore, impegnato a Siracusa nella messa in scena di Roberto Andò, strappa applausi convinti ai quattromila del pubblico
“Tiresia sono”: Camilleri prova d’attore
Il tono dello scrittore di 93 anni è quello del narratore di piazza con la sua inconfondibile anima pop

C'è un silenzio da messa, quasi da rito sacro, nel minuto che precede l'ingresso in scena di Andrea Camilleri al teatro greco di Siracusa. Salutato da un applauso da divo, appoggiato alle spalle della sua fidata assistente, Valentina Alferj e attorniato da un nugolo di dodici bambini, lo scrittore raggiunge la sua sedia al centro della scena per raccontare, davanti a un ragazzino, come un nonno delle fiabe, il lungo racconto “Conversazione su Tiresia”. E subito strappa un sorriso autocitando il suo commissario Montalbano: “Tiresia sono”. Quasi una strizzata d'occhio allo spettatore più eccellente, Luca Zingaretti, l'interprete del Montalbano televisivo, in platea ad applaudire il suo ex maestro all'Accademia e viatico per il ruolo tv spaccascolti. Tra gli spettatori ci sono anche Antonio e Olivia Sellerio, ovvero la casa editrice che scoprì Camilleri, Ferdinando Scianna, l'attore Vincenzo Pirrotta, Pietrangelo Buttafuoco e una buona fetta del cast di “Edipo a Colono”.
Sono venuti in quattromila circa a vedere questa prova d'attore dell'ex regista che torna in teatro, il suo primo amore, in carne e ossa. Camilleri, ormai cieco da qualche tempo, ha detto di essere contento di non poter vedere il pubblico, le "cinquemila paia d'occhi", caratteristica e fonte di panico del teatro greco, in modo da non terrorizzarsi come capitò a Massimo Girotti quando lo scrittore era aiuto regista di Orazio Costa per un “Ippolito”: dovette dare fondo alle sue arti di affabulatore per convincere l'attore a entrare in scena colpito e affondato dal “miedo escenico” siracusano, dalla paura di uno scenario sin troppo maestoso. Camilleri ha provato in teatro sabato sera, dopo la replica di “Eracle”, con un freddo proibitivo per i suoi 93 anni ma non abbastanza da intaccare il suo entusiasmo. "E' emozionato come un attore", ha detto Andò prima dello spettacolo.
Eccolo, allora, il vecchio scrittore, coppola in testa, che snocciola una carrellata sull'indovino che fu uomo e donna, accecato dall'ira degli dei, col quale l'autore-attore condivide la costrizione al buio, messa in scena da Roberto Andò, che attraversa Omero, Sofocle fino a Eliot. In scena, davanti al muro di “Eracle”, sul quale vengono proiettate delle immagini, sono sparsi pochi simboli, vecchi bauli, libri e un tavolinetto. Con la sua voce arrochita, Camilleri si fa contastorie per evocare i paesaggi del monte Citerone, culla di Tiresia. "Zeus, quanto mi piaceva fare passeggiate sul Citerone", recita. Peccato che i serpenti sbucati da un masso erano déi e il colpo di bastone sferrato alla femmina costò al futuro indovino la trasformazione in donna. "Che significa anche ricevere un cervello femminile: amici miei non potete immaginare quello che passa per il cervello di una donna: un inferno".
Il tono è quello del narratore di piazza con la sua inconfondibile anima pop, specie quando ammicca alle esperienze amorose durante i sette anni da donna, o quando dice che distinguere il sesso dei serpenti è come riconoscere "un politico di destra da uno di sinistra". E giù applausi. E' una sorta di mito spiegato al popolo, condotto con ironia, come una chiacchierata tra amici fino alla disputa tra i goderecci Zeus ed Era che costò la cecità a Tiresia chiamato a spiegare chi prova più piacere fra l'uomo e la donna. "E così mi ritrovai cieco, indovino e con una quantità di tempo da vivere". Già perché il poter vedere le tragedie future non è un dono che compensa la cecità "ma una condanna". E quando Tiresia viene convocato da Edipo, il povero indovino vede davanti a sé nitida la figura di Freud che sul complesso edipico costruirà la sua fortuna. E il pubblico applaude contento.
Mario Di Caro
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 12.6.2018
Siracusa, anche Zingaretti applaude la prova d'attore di Camilleri
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"Vi auguro di rivederci tutti qui fra cent'anni". C'è tutta la straripante vitalità di Andrea Camilleri nella chiosa finale al suo monologo "Conversazione su Tiresia", che lo ha visto protagonista unico al teatro greco di Siracusa per la regia di Roberto Andò nell'ambito della stagione dell'Inda. Un excursus di un'ora e mezza sul mito di Tiresia, il profeta cieco citato da tantissimi poeti e scrittori come figura simbolo che Camilleri racconta a una platea di circa 4000 spettatori come una favoal senza tempo. E fra i quattromila accorsi ad applaudirlo c'erano anche i due commissari Montalbano, ovvero Luca Zingaretti, allievo di Camilleri all'Accademia d'arte drammatica, e Michele Riondino, ovvero "il giovane Montalbano". In chiusura, gli spezzoni dei film nei quali compare Tiresia, l'Edipo re di Pasolini, interpretato da Julian Beck, e "La dea dell'amore" di Woody Allen, in parte girato a Taormina.
(foto di Maria Pia Ballarino e Franca Centaro)
 
 

Corriere della Sera, 12.6.2018
Febutto al Festival dell’Inda
Andrea Camilleri: «Chiamatemi Tiresia, oppure, “Tiresia sono”»
Lo scrittore siciliano, papà di Montalbano, torna in palcoscenico da attore al Teatro greco di Siracusa, dove l’altra sera ha interpretato il celebre personaggio dell’indovino

Siracusa. Al centro del palcoscenico una poltroncina, una piantana illuminata, un tavolino. Intorno, massi di pietra su cui sono poggiati una vecchia macchina da scrivere, una valigia che trabocca libri, bauli che sembrano contenere un sapere antico. Emerge il suono di un flauto, poi un’allegra masnada di scugnizzi invade la ribalta improvvisando una danza siciliana. Infine entra lui, Tiresia, Andrea Camilleri: scoppola in testa e occhiali scuri, tenuto per mano da un giovinetto.
Entra in scena tenuto per mano da un giovinetto
Il Teatro greco di Siracusa, l’altra sera, era gremito fino agli ultimi spalti, per assistere al ritorno in palcoscenico da attore, a settant’anni dal suo primo debutto, dello scrittore siciliano. «Chiamatemi Tiresia, oppure, “Tiresia sono”, per dirla alla maniera di qualcun altro», esordisce Camilleri, e scroscia l’applauso degli spettatori, tra i quali siede anche la sua amata creatura Montalbano-Luca Zingaretti. Accomodato in poltrona, e seduto per terra accanto a lui il giovinetto, il «vecchio saggio» inizia il racconto di un’ora e mezza, un flusso di peripezie letterarie che ricostruisce attraverso i secoli la storia del celebre indovino. «Qualcuno di voi avrà visto il mio personaggio su questo palco negli anni trascorsi, ma si trattava di attori che mi interpretavano. Oggi sono qui di persona, per mettere un punto fermo nella mia trasposizione da persona a personaggio». L’uomo Camilleri, cieco ma con un’invidiabile memoria di ferro, si identifica con il cieco Tiresia. Si parte dalla nascita a Tebe, poi la prima trasformazione da maschio a femmina per colpa del vendicativo Zeus: «Diventare donna non significa solo perdere gli attributi maschili, ma anche ricevere un cervello affollatissimo! Un inferno!». Si prosegue attraverso le infinite interpretazioni del personaggio mitologico da parte di poeti, storici, filosofi drammaturghi: da Esiodo a Sofocle, da Omero a Dante, Apollinaire, Pasolini, Pound, Primo Levi...
«Voglio capire cosa sia l’eternità»
Non mancano siparietti sull’attualità: «Distinguere tra maschio e femmina? È come riuscire a distinguere oggi in Italia un politico di sinistra da uno di destra». Cieco, preveggente e condannato a vivere: una disgrazia. Ma aggiunge: «Da quando non vedo più, vedo con più chiarezza». Nel saluto finale spiega: «A settembre compio 93 anni. Ho scritto più di cento libri, un mio personaggio percorre il mondo. Poteva bastarmi? No! Voglio capire cosa sia l’eternità che ormai sento vicina e solo venendo tra queste pietre eterne posso intuirla. Forse ci rivediamo qui tra cent’anni».
Emilia Costantini
 
 

Corriere della Sera, 12.6.2018
InVisibili
La cecità di Camilleri, una serata magica al Teatro greco di Siracusa

“Io a settembre compirò 93 anni. Da quando a 90 anni sono diventato cieco, ho sviluppato una tremenda curiosità su ciò che è eterno. Ecco perché sono venuto qui, in questo teatro che ha 2500 anni. Per intuire che cosa sia l’eternità”. Andrea Camilleri si è accomiatato così dagli oltre 3500 spettatori accorsi a vederlo e a tributargli un’ovazione in piedi, al termine di una serata al Teatro greco di Siracusa che resterà memorabile. E che potremo vedere in TV il prossimo autunno.
Scandendo le parole con la voce roca e la flemma cantilenante che lo contraddistinguono, per un’ora e mezzo Camilleri ha utilizzato il mito, inteso nel senso etimologico greco, cioè la parola, per immedesimarsi in Tiresia, il grande vate cieco che non osa predire il suo terribile destino a Edipo, assassino inconsapevole del padre Laio e altrettanto inconsapevole compagno incestuoso della madre Giocasta.
Ma chi era questo Tiresia? Come un nonno attorniato dai nipotini accanto a un focolare domestico, Camilleri ha raccontato all’immensa platea le due versioni dell’episodio che lo portano a perdere la vista (entrambi sono legati a un gesto di ripicca di due dee, Era e Atena). Ma Tiresia aveva avuto in precedenza anche l’esperienza di essere trasformato in donna e la sua diversità è rafforzata da questa doppia natura ampliata di sensibilità.
Poi Camilleri ha intrapreso un appassionante percorso letterario, da Orazio a Seneca, da Dante a Milton, da Apollinaire a Virginia Woolf fino ad arrivare ai “Cantos” di Ezra Pound e al film di Woody Allen “La dea dell’amore” per indagare su come il mito di Tiresia sia stato adattato, esaltato, talvolta umiliato. Chi ha familiare nelle orecchie i dialoghi di Montalbano, ha ritrovato nell’eloquio di Camilleri quell’efficacissimo mix di evocazione e concretezza, chiarezza e nobiltà, eroismo e ironia. Il mito nelle sue parole è alla nostra portata tuttavia non viene mai ridotto a uno di noi. Che tempi da attore ha sfoderato Camilleri nel suo buio davanti alla grande platea. Di cui sa come stimolare la risata facile ma anche la commozione più profonda.
E la cecità? Il sapiente spettacolo realizzato da Roberto Amandò attorno allo scrittore ha sottolineato con discrezione in alcuni momenti la condizione di Camilleri/Tiresia. Come all’inizio, quando Camilleri è apparso nell’immenso palcoscenico aggrappato alle spalle di una fanciulla, una sorta di dea, che lo ha condotto al centro della scena. Attorno, un gruppo di bambini a cui raccontare la sua storia da tramandare alle generazioni future.
Non è certo il non vedere la disgrazia di Tiresia ma la capacità di preveggenza che ne deriva. Un testimone di verità che non viene ascoltato. Conoscere il futuro vuol dire delinearne principalmente i dolori che esso riserva, in fondo la nostra esistenza è alimentata dalla speranza, se non dall’illusione, che i dolori non arrivino o arrivino il più tardi possibile. Ma questa sensibilità Camilleri la ammorbidisce nell’arte del cunto, nella tradizione tipicamente siciliana del racconto orale che deriva direttamente da Omero, il grande poeta cieco dell’antichità e del mito che per primo ci fa conoscere il personaggio nell’Odissea. E non è un caso che Camilleri voglia concludere il suo excursus su Tiresia adattato a ogni epoca con Primo Levi che nella “Chiave a stella” è l’interlocutore impotente degli “dei” di Auschwitz. “Quello no, quello che è successo nei campi di concentramento non poteva prevederlo neppure lui”.
In questi anni in cui sta svanendo la memoria diretta dell’unicità della Shoah, l’ultima parola di questo grande vecchio cieco, testimone di un Novecento esaltante e tragico, è un monito da scolpire nelle pietre millenarie di Siracusa. Il personaggio Camilleri/Tiresia a questo punto si fonde con la persona. Ma a Siracusa è stata una catarsi collettiva, così come avveniva nell’antichità in un teatro greco.
Alessandro Cannavò
 
 

La Stampa, 12.6.2018
Camilleri: “A 90 anni, ormai cieco, mi è venuta una curiosità immensa di intuire cosa sia l’eternità”
Al teatro greco di Siracusa per un’ora e mezza il «papà» di Montalbano ha esplorato a modo suo il mondo, mitico, poetico e letterario, di Tiresia

Siracusa. «Ho fatto una vita di teatro, di televisione, di radio. Ho scritto più di cento romanzi. Un mio personaggio, Montalbano, percorre felicemente il mondo. Poteva bastarmi, no? No, non mi bastava. Perché a 90 anni, diventato cieco, mi è venuta una curiosità immensa di capire; no, di capire no, è un verbo sbagliato; di intuire cosa sia l’eternità, quella eternità che ormai sento così vicina a me. E allora ho pensato che venendo qui, in questo teatro, tra queste pietre veramente eterne, sarei riuscito ad averne almeno un’intuizione». È il congedo di Andrea Camilleri dal pubblico del teatro greco di Siracusa che ieri sera, al termine di una serata unica nella quale il «papà» di Montalbano ha esplorato a modo suo il mondo, mitico, poetico e letterario, di Tiresia, lo ha abbracciato con un lunghissimo, affettuoso applauso: un tributo e un ringraziamento che ha commosso tanto quanto le parole con cui Camilleri ha quasi voluto «giustificarsi» per questa sua inedita prova di cantante delle gesta del personaggio omerico, uomo-donna-uomo, da secoli nelle pagine di poeti e scrittori: «Da quando non ci vedo più, vedo le cose più chiaramente».
In un racconto di un’ora e mezza fatto in una scena essenziale (firmata con le luci da Angelo Linzalata) che ricreava lo studio dal quale in tv introduce gli episodi del commissario Montalbano, Camilleri, seduto sulla sua poltrona, ha ripercorso il personaggio di Tiresia, come lui arrivato da grande alla cecità, attraverso il mito della Grecia antica e arrivando fino ai giorni nostri, da Omero a Ezra Pound, da Dante a Pasolini, per concludere con la sua partecipazione, proprio nel ruolo di Tiresia, al film di Woody Allen “La dea dell’amore”: «Ecco, quello è stato il momento in cui dopo secoli, persona e personaggio si sono finalmente riuniti».
La serata al teatro greco, inserita nel cartellone delle rappresentazioni classiche dell’Inda, il glorioso Istituto del Dramma Antico di Siracusa, per il pubblico che ha riempito completamente la cavea è stato un vero e proprio tributo al grande maestro siciliano che sente il peso degli anni («a settembre saranno 93», ha detto); ma per Camilleri è stato un atto d’amore verso la letteratura di tutti i tempi, grazie a un personaggio che sente vicino soprattutto da quando ha perso la vista. Ed è stato sorprendente sentirlo raccontare Tiresia attraverso gli autori di tutte le epoche che ne hanno parlato, con attenzione ma anche con ironia, con un tono affabulatorio che ha affascinato il pubblico. La regia di Roberto Andò con efficacia e con leggerezza ne ha accompagnato il percorso («Un semplice stargli al fianco», scrive Andò nelle note di regia), sottolineato dalle musiche di Roberto Fabbriciani da lui stesso eseguite in scena, dai suoni di Hubert Westkemper e dai video di Luca Scarzella.
Per ultimo, Camilleri ha citato Primo Levi e ciò che ritiene il rischio più grave «di trasformazione» in questa epoca dominata da egoismi e paure: «Quello da uomo a non uomo. Per questo occorre salvarsi grazie alla poesia». Un lascito, appunto. Con un auspicio e un augurio finale per tutti: «Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni!».
Fabio Albanese
 
 

Gazzetta del Sud, 12.6.2018
La serata-evento del Festival del Teatro Antico
"Buonasera, Tiresia sono"
Grande Camilleri a Siracusa

Siracusa - In un Teatro Greco strapieno è venuto Tiresia in persona a parlare di sé. Vecchio, cieco, venerabile: un profeta, un indovino. Tiresia è Andrea Camilleri, il più grande scrittore siciliano.
È la serata-evento del Festival della Fondazione Inda. E il primo, enorme applauso lo riscuote subito, appena entrato: un tributo. È Tiresia, «di persona personalmente», anzi, dice strappando una risata al pubblico, «Tiresia sono». E c’è già dentro tutto: Montalbano e l’Olimpo, il mito e il racconto, il passato e il presente. Come sempre su queste pietre. Solo in scena, su una poltrona, la coppola in testa. E riempie con la sua voce affabulante tutto il teatro. Sul muro alle sue spalle, immagini, effetti di luce sottolineano la narrazione (Tiresia racconta di sé, attraversando i miti: come fu mutato in donna, ed è un piccolo gioiello, un omaggio alle donne) ma il vero effetto speciale è il suo carisma, la sua presenza.
Arguto, ironico, maneggia il mito e l’attualità, punzecchia e carezza, e il pubblico è conquistato, rapito: non diversamente da come accadeva con gli aedi, in queste terre, migliaia di anni fa. E il più grande di loro, Omero. Un altro cieco leggendario.
Da Sofocle a Freud, da Orazio e Giovenale, da Dante a Ezra Pound alla “Terra desolata” di Eliot, da Pasolini a Primo Levi alla politica italiana dove «distinguere un politico di destra da uno di sinistra è impossibile», tutto passa nella voce roca di “Conversazione su Tiresia” (edito da Sellerio). È un testo che Camilleri ha scritto per l’Inda, ma diventa, con la regia di Roberto Andò, una grande prova di narrazione orale. E quando Camilleri parla dei grandi ciechi che «vedono le cose chiaramente», sentiamo che sì, è vero. Per questo è così bello sentirli raccontare. Camilleri-Tiresia, in un’edizione moderna del più antico modello narrativo che i Greci ci abbiano dato.
Camilleri conclude dicendoci: «Sono venuto qui perché a settembre compirò 93 anni: mi è venuta una curiosità immensa di intuire cosa sia l’eternità, che sento così vicina a me. E qui su queste pietro potevo». E ci ha dato appuntamento fra cento anni. Lui, ci sarà.
Anna Mallamo
 
 

Buttanissima Sicilia, 12.6.2018
Da Camilleri un viatico per l’eternità
Un miracolo di arte e saggezza a Siracusa. La straordinaria energia di un vecchio di 93 anni. Tra gli spettatori Luca Zingaretti, il suo Montalbano

“Voi vi chiederete, dopo tutto quello che ho fatto e ho scritto, alla tenera età di novantatré anni, che compirò a settembre, perché io abbia avuto bisogno di venire stasera davanti a voi per parlarvi di Tiresia. La risposta è semplice: avevo bisogno, insieme a voi, di capire… no, capire è la parola sbagliata, di intuire, ecco sì intuire il senso dell’Eternità!”.
Con queste parole, che hanno sciolto in lacrime un intero teatro greco gremito all’inverosimile, Andrea Camilleri, dopo 93 (!) minuti di Conversazione su Tiresia recitata tutta a memoria dal testo scritto da egli medesimo, ha congedato il pubblico che non ha voluto mancare all’evento dell’anno.
E’ stata una lezione di umanità e di saggezza, di umiltà e generosità, che in un tempo teatrale ha ricomposto la storia di un personaggio, Tiresia, dentro quella di un altro personaggio, Andrea Camilleri. Sull’apice della vecchiezza – per dirla con Seneca – il grande re Mida della letteratura italiana contemporanea ha consegnato a noi tutti un grande viatico: non è vero che non ci sia bisogno della vecchiaia, poiché il tempo guardato dagli occhi di un “vecchio” ormai cieco aprono l’orizzonte sul futuro, fatto anche di oscuri presagi e nebulosi accadimenti, ma dove la forza della vita vince su tutto. Con un’energia spesa al massimo e con il vigore di un giovane debuttante Camilleri ha incollato migliaia di spettatori dentro la navicella del tempo costruita con arte e autoironia.
Incredibile la forza con la quale l’aedo moderno ha retto ieri sera, 11 giugno 2018, l’ora e mezza di filato al centro dell’orchestra del magico teatro greco di Siracusa: senza una pausa, senza un tempo morto o vano, senza un momento di noia. Si è compiuto con il Camilleri-Tiresia un rito magico e catartico che ha reso giustizia di un pensiero corrivo e dominante che accetta senza opporsi l’incedere ineludibile di una società liquida come quella in cui viviamo. Il poeta ci ha aperto varchi percorribili sulla strada del tempo. Uno per sé, infiniti per noi. E con la generosità straripante di un gigante benefico ci ha accolti nel suo mondo, consegnandocelo e raccomandandoci di farne buon uso.
Eravamo tutti con lui ieri sera: la Fondazione INDA con il suo regista Roberto Andò che ha saputo collocare questa magia dentro un contenitore suggestivo e non invadente; l’amorevole e attento Carlo degli Esposti per Palomar che ha accudito Camilleri in ogni momento del dietro le quinte; la insostituibile Valentina Alferj, motore vero di tutta la macchina che ha ruotato attorno ad Andrea Camilleri, che ha reso perfetto ogni passaggio di questo meraviglioso ingranaggio; Antonio ed Olivia Sellerio che ci regaleranno la pubblicazione del testo della Conversazione su Tiresia. E poi la dolce Rosetta, compagna di una vita di Andrea con le figliuole Andreina, Mariolina e Betta. Alessandra, la nipote che ha seguito con successo le orme del nonno nella scrittura, e, in scena con lui un nugolo di suoi “nipoti” veri e acquisiti che vanno citati tutti da Gaia a Tancredi, Lorenzo, Andrea, Gilda, Matilda, Karol, Gabriele, Andrea e Michele.
Tutti giovanissimi in festoso corteo di accompagno del “vecchio” Andrea-Tiresia per celebrare insieme a lui e a noi la festa della vita. Una festa che ha cantato le lodi dell’esistenza è ha dissipato il luogo comune che la vecchiaia non sia utile al mondo. Dopo ieri, dopo la magia del tempo che si è consumata nella culla della grecità antica, possiamo dire che è vero invece che un “vecchio”, e che vecchio, può rendere vivo ed eterno il nostro mondo.
Giuseppe Dipasquale
 
 

Nuovo Sud, 12.6.2018
Siracusa, Camilleri incanta il pubblico con Tiresia

Se il teatro greco avesse parola, quella parola avrebbe il suono rauco con la cadenza del dialetto siciliano della voce di Andrea Camilleri. Una cavea gremita da circa 3.200 spettatori, non tuttavia l’atteso sold out, per un monologo durato più di un’ora e mezza al Teatro greco di Siracusa, terza proposta teatrale della Fondazione Inda in occasione del 54° Festival del Teatro greco. “Conversazione su Tiresia” scritto ed interpretato da colui che ha diffuso in innumerevoli paesi del mondo il dialetto siciliano, il padre del commissario Montalbano, ha emozionato e coinvolto. In una scena ridotta all’essenziale e avente come sfondo la proiezione di capolavori dell’arte antica, Camilleri, interrotto solo dalle musiche eseguite da Angelo Linzalata, ha raccontato se stesso, immedesimandosi in Tiresia, colui che per volere del caso e del capriccio degli dei, fu uomo, donna, cieco e indovino. Diretto da Roberto Andò, lo scrittore originario di Porto Empedocle, ha scelto quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia, e lo ha eletto a pretesto - come già fece Borges con molti dei suoi temi prediletti - per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie. “Oggi sono venuto di persona perché voglio raccontarvi tutto quello che mi è accaduto nel corso dei secoli e per cercare di mettere un punto fermo nella mia trasposizione da persona a personaggio” sono le parole con cui Tiresia/Camilleri introduce alle infinite manipolazioni subite dalla straordinaria figura dell’indovino attraverso epoche e generi, da Callimaco e Sofocle a Pound - di cui è ricordato il divertente incontro negli studi Rai di via Teulada- e Pasolini; uno specchio in cui riflettersi, e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell’invenzione letteraria. Un lungo racconto che partendo dal mito e terminando nella cinematografia di Woody Allen ha avuto come filo conduttore l’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Era (o da Atena?), punito perché rivelava i segreti degli dei; Tiresia, protagonista di una conversazione solitaria, nel corso della quale il più grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, ha narrato il suo viaggio di 93 anni nella vita e nella Storia. Ha detto Camilleri: “Noi tutti siamo il teatro, il pubblico, gli attori, la trama, le parole che udiamo”, così scriveva Borges, e questo è vero per tutti, ma ancor di più per un cieco. Da quando non vedo più, io vedo meglio, vedo con più chiarezza. Nella mia gioventù siciliana, i miei compagnucci contadini accecavano i cardellini perché sostenevano che da ciechi cantassero meglio” e ancora: ”Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla. Solo su queste pietre eterne”. E il canto di questo vecchio cardellino è stato reso eterno dal lungo e partecipato applauso della cavea del teatro greco di Siracusa. (Nelle foto di Maria Pia Ballarino: Andrea Camilleri, Luca Zingaretti e Michele Riondino, il fotografo Ferdinando Scianna)
Anita Crispino
 
 

Barbadillo, 12.6.2018
Cultura/Teatro. “Conversazione su Tiresia” al Teatro Greco di Siracusa c’è Andrea Camilleri

Oggetti di scena: uno scrittoio, una sedia e una lampada, al centro; a terra una valigia aperta e poi, più al centro, una macchina da scrivere; e ancora libri e pietre (un “proscenio di pietre”, l’avrebbe detto Gesualdo Bufalino); a destra un leggio. Sullo sfondo, la scenografia è la proiezione di un muro di pietre. Già la scena impone l’eco di cose lontane, uno spazio da riempire. Di gesti, di parole. Arrivano, portati a spalla. Entra in scena Andrea Camilleri e quello spazio muto si riempie. L’applauso del Teatro Greco di Siracusa è scrosciante corollario all’emozione che suscita il piccolo corteo. Andrea Camilleri si siede e inizia il cunto. “Tiresia sono… Non so dirvi quale vita sia”.



Suonatore di flauto l’aveva detto Pasolini. Incantatore e illusionista, Tiresia? Tiresia, il mito dell’iride spenta, della cecità che è buio di un senso e luce della mente non illude, non incanta. La sua parola è verità, sempre saggia, sempre tremenda. Chiedere a Edipo cui predisse incesto di letto e di potere. Chiedere alla Pizia, come suggerisce Durrenmatt, i cui oracoli figli del capriccio e della fantasia sono l’altra faccia delle predizioni di ineccepibile logica di Tiresia. Si presta a un gioco grottesco tra caso e necessità, l’indovino. Perché caso e necessità furono la sua sorte. Sempre in divenire, sempre in opposizione finché il dio volle che caso e necessità coincidessero, che l’occhio spento divenisse pupilla per l’invisibile.
Qual era il volto di Tiresia? Che fattezze aveva quando, avendo ucciso per dispetto (così scrive Cesare Pavese in “Dialoghi con Leucò”) un serpente femmina, divenne donna e godette di tutti i piaceri del corpo femminile? E da maschio, che aspetto aveva? Non c‘è punto della tradizione che ci dica qualcosa del suo aspetto: Sofocle ed Euripide, e prima di loro Omero, dicono della sua vecchiaia e della cecità, della mirabile arte dell’indovino; Orazio (il poetastro, dice Camilleri/Tiresia) lo disse ingannatore e avido; Giovenale lo volle pure sordo (ma sentiva il canto degli uccelli, replica ironico Camilleri); Stazio (“La Tebaide sembra un fim dell’orrore, fa più paura di un film di Dario Argento” e qui il pubblico ride e applaude, ancora) scrive della mano famosa dell’alma tebana e Dante, che lo mette tra i peccatori della quarta bolgia ci mostra nella poesia del contrappasso – “Mira c’ha fatto petto de le spalle”- le terga dell’indovino a fargli da faccia ( e le terzine dantesche sono proiettate sul muro e lette dalla voce fuori campo dello scrittore). Nient’altro dalla tradizione se non la faccia degli attori che nel tempo l’hanno interpretato: il volto diafano e sinistro di Julian Beck nel film di Pier Paolo Pasolini; quello bello e ironico di Mireille Asselin che è Therese/Tiresia nell’opera buffa di Francis Poulenc “Le mammelle di Tiresia” tratta dal dramma surrealista di Guillaume Apollinaire (Camilleri ricorda che lo mise in scena nel 1968 e le femministe lo contestarono); e quella degli attori che prima di Andrea Camilleri lo hanno interpretato al Teatro Greco di Siracusa, da Annibale Ninchi a Warner Bentivegna, da Mario Scaccia al volto, il più sofferto e solenne, di Ugo Pagliai nel 2013.
Prima di Andrea Camilleri. Dopo Andrea Camilleri Tiresia avrà la faccia grossa e allungata, macchiata e cieca dello scrittore di Porto Empedocle, avrà la sua voce cavernosa impastata di fumo, avrà la sua camminatura claudicante da vecchio cieco, avrà la capacità di un’altra metamorfosi da indovino a cantore, da tessitore di profezie a cucitore di cunti.



Sarà un aedo come fu Omero, cieco anche lui, come è Andrea Camilleri cieco di occhi e vedente di pensiero, testimone di tre generazioni, metamorfosi anche lui nel racconto del nostro tempo. “…divenuto per miracolo da uomo femmina” ecco la metamorfosi ovidiana, che si ripeterà sette anni dopo all’inverso: un prodigio aver interrotto il connubio dei serpenti e una disgrazia dover far da arbitro alle contese erotiche di Giove e Giunone. La dea, interrogato Tiresia su chi tra uomo e donna provasse più piacere, condannò il pastore alla cecità, perché mai avrebbe accettato di aver perso tutto quel tempo tra mani insoddisfacenti, seppur del padre degli dei. Zeus, impietosito, donò a Tiresia il dono della veggenza. O fu Atena ad accecarlo per l’avidità o il caso di averla vista nuda? “Guardando il lato B di Atena mi fui persuaso che il mondo doveva essere rotondo”. Scivolare da un sesso all’altro vuol dire già vedere con altri occhi: “infuriare come il mare e donare come la terra” cantano i Genesis in “The cinema show” le cui note annunciano l’entrata in scena di Andrea Camilleri, Tiresia il cieco, Tiresia l’indovino. E’ accompagnato da Valentina Alfierj, la sua Manto, e da Tancredi Di Marco (giovanissimo talento della danza e reduce dal fortunato “Billy Elliot il musical” per la regia di Massimo Romeo Piparo).



E’ una lectio con elementi spettacolari “Conversazione su Tiresia” scritta dallo stesso Camilleri e per la regia di Roberto Andò. Della lectio ha il lungo excursus dei luoghi di Tiresia dal mito fino alla letteratura contemporanea: da Dante a Poliziano (il primo che lo fece poeta per le sue predizioni in versi), da Milton a Hofmannsthal (che gli negò la predizione e lo fece muto di fronte al sangue della Storia), da Primo Levi a Durrenmatt, da Cocteau (qui la cavea si riempie delle note di “Oedipus rex” di Igor Stravinskij) a Ezra Pound (se catarsi esige il Teatro Greco, si ha qui con la proiezione e voce fuori campo dei versi dai Cantos “Ho veduto quel che ho veduto”) fino a ” The waste land” di T.H. Eliot “A Cartagine poi venni/Ardendo ardendo ardendo/Signore Tu mi cogli/ O Signore Tu cogli/Ardendo”.



Ardendo, Andrea Camilleri incanta il pubblico di Siracusa (il teatro è sold out) con la sua gestualità :la mano destra che si alza a scandire il ritmo delle parole; con la mimica delle mani a supplire i moti degli occhi; con la coppola che ogni tanto si aggiusta sulla testa; col suo protendersi di impercettibile attimo sul bordo della sedia. Incanta e arde la voce, capace di modularsi dall’ironia alla dolcezza, dalla gravità alla veemenza. L’ironia è tutta per le donne: un omaggio ai loro pensieri febbrili; la veemenza è per chi ha dileggiato la persona di Tiresia creando persino lo scabroso neologismo “tiresiare”; la gravità è per la memoria della metamorfosi denunciata da Primo Levi, da uomo a non uomo. La dolcezza è del suo modo di raccontare, della lingua che non cade nel tranello del vigatese, del ritmo modulato dello spettacolo, della straordinaria capacità di Camilleri di fare del teatro greco più grande del mondo lo spazio piccolo della sua stanza, di mettere intorno a sé uno a uno gli spettatori e parlare a loro guardandoli. Con l’occhio metafisico, con l’occhio del cuore, con l’occhio di una mente eccezionale. Un omaggio alla memoria come mnemotecnica dell’anima. Se il teatro è parola, Camilleri ne ha celebrato il trionfo. Se il teatro è quello che Pirandello e Borges hanno definito e cioè la nostra esistenza, la nostra catastrofe da persona a personaggio, Camilleri ha incarnato quel senso del teatro. Mai dimenticare che la parola teatro ha la stessa radice di vedere. Mai dimenticare che l’arte è un assaggio di eternità. Ed è all’eternità che Camilleri pensa mentre gli applausi coprono le sue ultime parole “Diventato cieco mi è venuta una curiosità immensa di intuire cosa sia l’eternità, quell’eternità che ormai sento così vicina a me e allora ho pensato che venendo qui, in questo teatro, tra queste pietre veramente eterne sarei riuscito ad averne almeno un’intuizione”. Sullo schermo passano le immagini di Tiresia di Woody Allen e Camilleri esce di scena. Ha avuto la sua parte di eternità. L’ultima sua veggenza è averla donata al pubblico di Siracusa.
Una brevissima nota per la regia di Roberto Andò. Camilleri, commentando il film di Andò “Il manoscritto del principe”, ne lodò l’eleganza e il pudore, il coraggio nel rifiutare ogni concessione spettacolare. Andò deve averle ben tenute in mente quelle parole nella sua regia, che è un gioco evocativo, discreto ed essenziale di luci (blu, gialle, bianche, rosse), di musiche (eccellenti le incursioni di Roberto Fabbriciani) e di immagini: queste scorrono sulla parete e danno il movimento alla scena, creano una dissolvenza tra le parole dette e quelle scritte, imprimendole di solennità, e accompagnano la conversazione con la perizia da documentarista e da poeta dell’immagine, che è Roberto Andò.
Daniela Sessa
 
 

Pickline, 12.6.2018
Camilleri: «Tiresia, sono». E Montalbano lo applaude
Trionfo per lo scrittore al debutto come attore-cuntastorie al Teatro greco di Siracusa. In scena, come nella vita, è Tiresia: cieco per destino. «Avevo voglia di far risuonare il suono delle parole di Tiresia, e anche i versi di Eliot, nel buio della cecità». Viaggio storico-letterario dal Monte Citerone di Tebe all'Upper East Side di Manhattan alla ricerca della eternità. Tra il pubblico anche Luca Zingaretti

"Torna indietro nel tempo con padre Tiresias, / Ascolta il vecchio che racconta di tutto quello che ha vissuto. / Sono stato ovunque, per me non c’è mistero. / Quando ero uomo, come il mare mi infuriavo, / Quando ero donna, come la terra donavo. / In realtà c’è più terra che mare"
… canta Peter Gabriel in “The Cinema Show”, la canzone dell’album “Selling England by the Pound” dei Genesis che accompagna l’ingresso in scena di Camilleri-Tiresia al Teatro greco di Siracusa. Al suo fianco il flautista Roberto Fabbriciani, un bambino, Valentina Alferj, assistente personale dello scrittore e aiuto del regista dello spettacolo, Roberto Andò, e l’imprevista e fugace comparsa di un gatto nero. Tiresia viene aiutato a sedersi su una poltrona, accanto a un abat-jour ed a un comodino. Non è un attore, che recita la parte dell’indovino tebano. È Tiresia in persona, al quale è stato concesso da Zeus il privilegio di vivere sette generazioni umane. «Tiresia sono», esordisce, facendo il verso al commissario Montalbano. Nel teatro e nella vita, Tiresia è lo scrittore Andrea Camilleri: cieco per destino.
TIRESIA E LA CECITÀ. «Tiresia è una figura che mi ha sempre affascinato e che ho coltivato nel tempo» aveva detto lo scrittore alla vigilia. «Ricordo il piacere che ho provato quando ho letto la prima volta “La terra desolata” di Eliot. Fino ad allora di Tiresia avevo un ricordo non proprio glorioso, in teatro lo avevo visto interpretare da Annibale Ninchi, indubbiamente un grande attore, ma la sua recitazione era orientata a sopraffare il personaggio di Edipo, e mi sembrò persino ampollosa. Ricordo che, tornato a casa, presi il testo, lo lessi e fu allora che pensai che il personaggio avrebbe meritato un tono più dimesso. Proprio quello che ha fatto Eliot nel suo poema». «L’idea è di parlare di Tiresia come se io fossi Tiresia» spiega. «Chiamatemi Tiresia, per dirla con l’incipit di Melville (Moby Dick inizia con la frase “Chiamatemi Ismaele”, ndr). Ma l’idea di raccontare e impersonare Tiresia, a parte la recente parentela per cecità, nasce proprio dalla voglia di pronunziare certe parole nel buio, la voglia di far risuonare il suono delle parole di Tiresia, e anche i versi di Eliot, nel buio della cecità. Nel mio testo c’è un momento in cui cito Borges e dico che le parole di Sofocle ascoltate al buio della cecità acquistano il suono della verità assoluta».
DA SOFOCLE A WOODY ALLEN. Grande scrittore, grande affabulatore, Andrea Camilleri conquista con la una voce cavernosa e roca da vecchio fumatore. Da siciliano sembra avere nel Dna i timbri forti della recitazione antica dei cuntastorie. È caustico, malizioso, ironico, arguto. Segue nella narrazione teatrale quella resa popolare dai suoi libri. L’attualizza («chi capisce la differenza oggi tra un politico di sinistra e un politico di destra»), la volgarizza (nel senso positivo) e non fa mancare i richiami diretti al suo personaggio più celebre, Montalbano. «Sono Tiresia, di persona, personalmente» dice, imitando Catarella. È Tiresia che racconta la sua versione dei fatti. È un novello Omero che racconta un nuovo e fantastico viaggio: quello che comincia da Tebe, dal monte Citerone, per finire nelle strade dell’Upper East Side di Manhattan del film “La Dea dell’amore”. Da Sofocle a WoodyAllen. «Un giorno Zeus e Era stanno discutendo intorno a una domanda: nell’atto sessuale chi prova più piacere l’uomo o la donna?» narra Camilleri. «Non sapendo rispondere, chiamano Tiresia, il quale è un esperto di entrambi i sessi, perché, secondo il mito, da maschio era diventato femmina e poi di nuovo uomo. Insomma era considerato un tecnico». E Tiresia risponde «che nell’atto sessuale esistono dieci gradi di piacere. La donna ne gode nove, l’uomo appena uno. Giunone lo punisce quando scopre che i gradi del piacere sono nove. Solo allora si rende conto che con Zeus non ha mai raggiunto questi nove gradi. Da qui la reazione di ira nei riguardi del rivelatore. Ma è una mia supposizione» ride Camilleri-Tiresia.
ALLA RICERCA DELL’ETERNITÀ. Comincia poi il viaggio storico-letterario nel personaggio Tiresia, nelle interpretazioni che scrittori e poeti hanno dato dell’indovino, da Omero a Seneca e Dante, fino ad Apollinaire, Cocteau, Virginia Woolf, Pavese, Pound, Eliot, Primo Levi. Le citazioni risuonano, registrate dalla voce di Camilleri-Tiresia. E compaiono sugli schermi luminosi, insieme a momenti sonori e brevi stralci di film (l'”Edipo re” di Pasolini e, nel finale, “La Dea dell’Amore” di Woody Allen). Alla fine il personaggio della letteratura e la persona vera si ricongiungono. Un viaggio alla ricerca dell’eternità, condotto da uno scrittore-attore che a settembre compirà 93 anni e che continua a essere animato dalla curiosità della scoperta. Capace di restare per oltre un’ora e mezza a recitare solo sul palcoscenico. Tra le pietre antiche del Teatro greco di Siracusa, dove si è recato per «intuire» cos’è l’eternità. Trovandola nei dieci minuti di applausi e nella standing ovation del pubblico. A battere le mani anche uno dei suoi “figli”, il commissario Montalbano, ovvero Luca Zingaretti.
Giuseppe Attardi
 
 

SicilyMag, 12.6.2018
Tra storia e futuro, quello che si è vissuto sul palco del Teatro Greco per il Festival dell'Istituto nazionale del dramma antico è stato un evento unico, rapiti per 90 minuti dalla forza roca della voce unica dello scrittore empedoclino nel suo racconto ironico, cinico e poetico allo stesso tempo sull'indovino cieco del mito. Con un arrivederci, nello stesso posto, fra un secolo
Camilleri, Tiresia e l’eternità. Appuntamento a Siracusa fra cent’anni

“Take a little trip back with father Tiresias / Listen to the old one speak of all he has lived through / I have crossed between the poles, for me there’s no mystery / Once a man, like the sea I raged / Once a woman, like the earth I gave / But there is in fact more earth than sea”. “Torna indietro nel tempo con padre Tiresia / Ancora il vecchio che racconta di tutto quello che ha vissuto / Sono stato ovunque, per me non c’è mistero / Quando ero uomo, come il mare mi infuriavo / Quando ero donna, come la terra donavo / In realtà c’è più terra che mare…”.
Si parte col sottofondo di “The cinema show” dei Genesis, tratto dal loro album della vita, il manifesto prog rock “Selling England by the pound” del 1973, brano con il quale Peter Gabriel e soci giocavano a mischiare le figure di due novelli Giulietta e Romeo, e gli applausi a scena aperta accolgono Andrea Camilleri come una vera rockstar che si appropria del centro della scena del teatro greco di Siracusa, sorretto dalla sua assistente Valentina Alferj che ha curato l’evento, protagonista assoluto di “Conversazione su Tiresia”, non uno spettacolo, non una conferenza, non una lectio magistralis, ma un divertissement di un uomo di 92 anni, quasi 93 (a settembre), giovane come non mai nella sua essenza (lo diceva, dopotutto, Picasso che ci vuole tempo, ma molto tempo, per diventare giovani), curioso della vita che non ha esitato a dire sì alla richiesta di Roberto Andò, direttore artistico del festival del Teatro Greco, di scrivere ed interpretare, diretto con leggera eleganza dal regista palermitano, il suo rapporto col mito.
Mito, si sa, in greco vuol dire parola, racconto, significa favola e leggenda, e un uomo come Camilleri, che del racconto ha fatto arte, non poteva sottrarsi a questo mirabile gioco della scena. L’uomo è teatro, pontifica Camilleri citando Borges, è pubblico e attore nello stesso tempo, è trama e le parole che udiamo. Camilleri ha scelto Tiresia perché lo stratagemma letterario della cecità gli dà un’opportunità unica, di donarsi al pubblico senza filtri. Dopo l’androgino Eracle burattino di Emma Dante, dopo lo ieratico Edipo di Yannis Kokkos, adesso è la volta di Tiresia, pirandellianamente uno, nessuno e centomila.
E il racconto di Camilleri, davanti ad un teatro pieno, ma non gremito, pieno di tanti amici della scena e del mondo intellettuale italiano, ha il dono della leggerezza apparente, ma gravida di significati e significanti, tipico della scrittura etnicamente sicula di Camilleri, che non dà nulla per scontato e che si diverte a dissacrare (e massacrare se serve) quello che la storia letteraria ci ha tramandato. Di un mito, innanzitutto, quello del pastore tebano Tiresia, tramutato in donna per aver ucciso un serpente maschio, poi tornato uomo dopo sette anni dopo aver ucciso l’altro serpente della coppia; e poi diventato indovino cieco vittima delle collere femminili dell’Olimpo, forse punito da Giunone, moglie di Giove, per aver osato dire che la donna sessualmente gode di più, forse punito da Atena, per averla vista nuda mentre si bagnava, forse punito da tutti gli dei perché accusato di rivelarne i segreti.
Un personaggio controverso, quindi, Tiresia, emblema stesso dell’identità indefinita, su cui Camilleri si diverte a tratteggiarne, con cinica ironia, il distacco dalle miserie umane ma anche divine, forte della sua cecità. «Chiamatemi Tiresia – esordisce Camilleri con la forza roca della sua voce unica – per dirla come quel signore che ha scritto un romanzo sulla balena bianca, o Tiresia sono, per dirla come qualche altro, che forse conoscete», facendo una delle poche concessioni al personaggio di Montalbano, che tanta fama ha donato allo scrittore empedoclino (davanti ad un ammirato Luca Zingaretti confuso tra il pubblico). Camilleri abilmente cambia registro continuamente, passando dalla satira – «Come faceva Tiresia a distinguere un serpente maschio da uno femmina, è come distinguere oggi uno di sinistra da uno di destra» – alla erudita espressione poetica, quando cita tutti gli autori che dal passato fino al contemporaneo hanno trattato la figura di Tiresia. Chi in termini lusinghieri (Omero), chi in termini assolutamente negativi (Dante lo mette nel girone dei fraudolenti, negandone le capacità divinatorie, in effetti inaccettabili per chi viveva ne culto dell’Assoluto cristiano), cita con memoria pulita e senza pecche dai classici, greci come Esiodo, Omero o Sofocle, o latini come Ovidio, Orazio (definito poetastro), fino alla storia recente del Novecento, citando la nascita del surrealismo con “Le mammelle di Tiresia” di Apollinaire, o il carteggio fra Thomas Stearns Eliot e Ezra Pound che portò alla nascita de “La terra desolata”, l’incontro-scontro con Pierpaolo Pasolini, che riprende la figura di Tiresia nel film “Edipo re”, fino al grido di dolore di Primo Levi in “La chiave a stella”, sulla trasformazione dell’uomo in “non uomo” per volontà della barbarie nazista, celebrandone la massima finale che l’unica salvezza per l’uomo restava la poesia.
Il pubblico, che abbraccia più generazioni, rapito da tanta capacità affabulatoria, ha sottolineato più volte con l’applauso la forza delle parole. Sul palco, il polistrumentista Roberto Fabbriciani ha sottolineato, senza interferire mai, il ritmo scenico che Camilleri, pur non vedente, ha seguito senza intoppi veri, seguendo alla perfezione i tempi anche del videowall alle sue spalle.
«Devo dirvi e non vi sembri un paradosso, per carità, che da quando io non ci vedo più, vedi le cose assai più chiaramente». Dopo un’ora e mezza di stretta interconnessione tra il narratore e il narrato, nella chiusa finale si racchiude la missione della “Conversazione su Tiresia”. Camilleri: «Da cieco mi è venuta la curiosità di immensa di capire, anzi no, di intuire cosa sia l’eternità, quell’eternità che ormai sento così vicina, e allora ho pensato che venendo qui, in questo teatro, tra queste pietre, veramente eterne, sarei riuscito ad averne almeno un’intuizione. Vi chiederete cosa faccio e come vivo. Attualmente vivo a Brooklyn e campo la vita vendendo cerini, e ogni tanto faccio una comparsata al cinema. Finché un regista che doveva fare il film “La dea dell’amore” mi ha chiesto di fare Tiresia: dopo secoli persona e personaggio si sono finalmente ricongiunti». E con le immagini del noto film di Woody Allen, si chiude questo percorso d’autore, un evento più unico che raro, una eredità immateriale che Camilleri lascia a tutti, soprattutto ai più giovani, quella della stupenda curiosità poetica di una persona che non si è mai accontentata della grezza superficie dei sentimenti e delle emozioni.
E, fuori dal copione, tra gli applausi scroscianti, in una meritatissima standing ovation, Camilleri aggiunge: «Scusate, vorrei aggiungere una cosa, mi piacerebbe che ci reincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni. Me lo auguro. Ve lo auguro». Ci saremo, certamente, la parola data non si discute.
Gianni Nicola Caracoglia
 
 

RagusaNews, 12.6.2018
Zingaretti commosso: che emozione vedere Andrea recitare
Camilleri ha deciso ieri sera di diventare eterno

Siracusa - E' andato ad abbracciare il maestro, nel dietro le quinte. Luca Zingaretti ha assistito all'esordio in teatro a 93 anni di Andrea Camilleri, ieri sera, nella cavea di Siracusa. Un atto dovuto nei confronti del professore che all'Accademia d'arte drammatica Silvio d'Amico formò il giovane Luca. Poco più in lù anche Michele Riondino, chiamato dalla Palomar a interpretare Il Giovane Montalbano. Assiepati in silenzio, i due attori hanno ascoltato il racconto di Tiresia, il cieco, condannato per sette anni a vivere da donna, e a ragionare con il cervello di una donna. Tiresia uomo e personaggio, mito arcaico, riletto attraverso i secoli da gran parte degli scrittori del mondo, icona ambigua e perciò irrisolta, intrigante.
Tiresia mito contemporaneo, ha permesso a Camilleri di cimentarsi con l'eternità. Annegato nell'anfiteatro, Andrea ha voluto diventare tutt'uno con la Sicilia e la sua storia, fatta di letteratura e di uomini epici, come lui.
 
 

Il Messaggero, 12.6.2018
Lampi
"Il metodo Catalanotti" di Camilleri: Montalbano in love è un colpo di teatro

I libri di Andrea Camilleri dedicati al commissario Montalbano sono apparentemente semplici e altrettanto (in apparenza), difficili. Scritti in una lingua per iniziati - come la prosa di Carlo Emilio Gadda infarcita di lombardo e romanesco, o il fiorentino cinquecentesco di Monaldi & Sorti - diventano presto godibilissimi. Basta familiarizzare con la musica del suo siciliano, che risulta dopo poche pagine comprensibile a ogni latitudine. L'italiano, grazie a continui inserti linguistici, si amplia e si arricchisce di nuove possibilità, di nuovi significati. Ma non è questa l'unica trovata geniale dell'autore di Porto Empedocle, classe 1925, che dissemina il testo (e la narrazione), di reperti sorprendenti. Nell'ultimo suo romanzo dedicato al poliziotto di Vigàta, Il metodo Catalanotti, i riferimenti alla letteratura di genere, da Sherlock Holmes ad Agatha Christie, si sprecano, con veri lampi d'ironia; e sembra di avvertire il divertimento dell'autore nel far dipanare l'intreccio, come quando «in una pillucula miricana arrivaro i nostri».
La musica del vigàtese, del Montalbano in love - sì perché la sbandata che si prende il nostro commissario questa volta è epica - fa da contrappunto ora a La gazza ladra ora a una poesia di Wisawa Szymborska: «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore».
Il romanzo si apre con un morto; anzi due. Il primo lo trova Mimì Augello, durante una rocambolesca fuga da un'amante che si trova scoperta dal marito, e che ha il vezzo (sebbene si chiami Genoveffa) di presentarsi come Geneviève. Il secondo cadavere è quello che apre il caso più teatrale (e pirandelliano) dell'opera di Camilleri. Appartiene a tale cinquantino Carmelo Catalanotti, presumibilmente ucciso da una coltellata al cuore, uomo facoltoso e che per diletto s'era improvvisato regista di palcoscenico. Sul luogo del delitto irrompe una nuova detective della scientifica, Antonia; sarà anche per merito del suo acume se Montalbano troverà una soluzione. «Forsi - ragiona il narratore - abbisognava accomenzari dall'imperativo categorico: cherchez la femme».
Camilleri, ormai costretto dalla cecità a dettare il testo alla sua assistente Valentina Alferj (unica capace di decrittare la sua lingua), appare sempre più come l'indovino Tiresia della mitologia greca (personaggio che lo scrittore ha interpretato al Festival di Siracusa). Incapace di vedere come Borges (che a sua volta dettava a María Kodama), Camilleri sembra acuire le sue capacità, pare vedere oltre. Allo stesso modo del profeta reso cieco da Atena. E dona al suo Montalbano quella «immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi» così cara al poeta veggente per antonomasia, Rimbaud.
La chiave del giallo - appare presto evidente - risiede nel dramma che Catalanotti avrebbe dovuto mettere in scena; ma è il metodo del regista, appunto, a incuriosire oltremodo il commissario. Una tecnica simile a quella di Grotowski, inventore del teatro povero, convinto che l'attore non deve, semplicemente, illustrare il testo ma compiere un «atto dell'anima». I provini diventano presto veri e propri riti d'iniziazione. Dove realtà e finzione si mescolano e si scambiano tra loro. «Vuoi vidiri che era vero che l'assassino torna sempre sul loco del delitto?».
Riccardo De Palo
 
 

La Nuova Sardegna, 12.6.2018
Teatro e passione amorosa nel nuovo caso per Montalbano
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Linkiesta.it, 12.6.2018
Montalbano beffato: il libro del commissario anti-grillino esce quando i Cinque Stelle vanno al governo
Un passaggio del nuovo libro della serie sul famoso commissario siciliano non lascia spazio a dubbi: Montalbano non apprezza i Cinque Stelle e prevede che diventeranno come tutti gli altri

Povero Camilleri. Era segno del destino che il giorno in cui nasceva il nuovo governo dovesse uscire il suo ultimo (nel senso di più recente) libro di Montalbano, intitolato Il metodo Catalanotti ed edito, come sempre, da Sellerio.
Nemmeno a farlo apposta, mentre i tipi stampavano e i camion distribuivano in tutta Italia, Giuseppe Conte veniva richiamato da Sergio Mattarella (la questione-Savona messa da parte) e incaricato di formare il nuovo esecutivo, sulla carta già pronto.
È cronaca di qualche settimana fa, ma una coincidenza colpisce. Anche perché mentre Conte diceva di sì al presidente della Repubblica e le richieste di impeachment evaporavano improvvise, il povero Montalbano, nella finzione, stava passeggiando in spiaggia:

“Caminò sulla riva vagnata per chiossà d’una mezzorata. Non s’era mittuto né cammisa e né giacchetta e quindi il venticeddro leggio che s’era susuto, quello delle prime matinate, gli fici viniri qualichi bripito di friddo.
Continuò ancora per tanticchia, ma po’, all’improviso, il vento cangiò, si rinforzò, e la rina asciutta accomenzò a sollivarisi, a ‘mpiccicarisi supra alla sò peddri. Era vinuta l’ora di tornare”.

Un momento idilliaco. Quando all’improvviso succede qualcosa che, purtroppo, lo riporta alla realtà. Non quella del romanzo, ma la nostra:

“Appena che si fu votato, un foglio di jornali che navicava nell’aria gli sbattì supra alla facci, gliela ’ncartò.
Il commissario se lo livò e ’stintivamenti lo taliò.
Era la prima pagina del “Giornale dell’Isola” che portava la data del jorno avanti.
Alla splapita luci del matino liggì il titolo dell’articolo della prima pagina: Allarmanti le cifre sul lavoro.
E il sottotitolo faciva:
La Sicilia si conferma la regione con il più basso tasso di occupazione in Europa: sotto il 40%
Po’, a destra ’n autro titolo:
Che succede se usciamo dall’Euro?
Al centro della pagina ‘na scritta annunziava:
Nuove misure di sicurezza contro il terrorismo.
Il commissario mentri che stava per farinni ‘na palla di carta si firmò. ’N funno alla pagina ’n autro titolo diciva che sul simbolo del partito del Vaffaday non sarebbi comparso cchiù il nome del comico fondatori puntoit, ma sulo quello del movimento puntoit.
“Votala come vò sempri è cucuzza” pinsò.
Avrebbiro continuato a diri NO a ogni cosa, nella spranza di arrinesciri accussì ad ottiniri il potiri per po’ finiri come a tutti l’autri.
Montalbano s’augurò di non vidiri mai quel jorno”.

E invece.
È ovvio [Sic!, NdCFC] che Montalbano stia dalla parte del Pd: nella realtà è interpretato da Luca Zingaretti, che è fratello di Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio, e tra i leader più pesanti del Pd. Il legame insomma è forte.
Poi certo, la previsione di Camilleri/Montalbano su cosa faranno i M5S quando avranno il “potiri” rischia di essere troppo vera per essere ignorata. In ogni caso lo si vedrà presto, perché quel giorno, che sperava di non vedere mai, è invece arrivato. Anzi: era proprio quello.
LinkPop
 
 

La Repubblica, 13.6.2018
Camilleri come Tiresia al Teatro Greco conversa sull’eternità

Siracusa. Per «riuscire a capire cosa sia l'eternità», Andrea Camilleri ha calcato lunedì per una sola sera le pietre del Teatro Greco di Siracusa. Salutando la cavea gremitissima che gli ha tributato ovazioni e venti applausi a scena aperta, al termine di una Conversazione su Tiresia da lui scritta (per i tipi di Sellerio) e causticamente detta impersonando l'indovino di Tebe, s'è liberato dei panni dello strologo fin lì assunti, e ha riconosciuto d'essere un regista e autore privato della vista, cieco come Omero o Borges, che nell'imminenza dei 93 anni ha sentito l'urgenza di riflettere sul tempo e sulle parole. E ci ha riservato uno spettacolo unico, prodotto dall'INDA, con l'affettuosa regia di Roberto Andò. Un'esperienza che i 4000 presenti serberanno nella memoria, e la cui registrazione diverrà in autunno un evento di due giorni nei cinema, e in primavera un film-tv quasi sicuramente sulla Rai.
Dopo un silenzio mai così percepito nel Teatro Greco, e dopo le scritte e il sonoro sulle note di The cinema show dei Genesis (che evoca "Father Tiresias"), preceduto da bambini, si materializza Camilleri (sostenuto dalla sua assistente Valentina Alferj): viso rivolto in alto, coppola, occhiali ambrati, abito da contastorie.
Prende posto su una poltrona al centro della scena, tra piccoli massi, libri, un lume a stelo, una vecchia macchina da scrivere.
«Chiamatemi Tiresia» esordisce. Ha quella sua voce inconfondibile che strega, che assoceremmo a quelle di Orson Welles o di Charles Laughton.
Accanto a lui, un ragazzino.
Accenna ai due serpenti in cui Tiresia s'imbatte, uccidendo la femmina, sottostando a una metamorfosi muliebre sia nel corpo che nel cervello.
Battimani intensi. Poi sbaglia a dire la sua in tema di piaceri sessuali a Zeus ed Era, la quale lo acceca. In un'altra versione parla del lato B di Atena che gli sarebbe costato la perdita della vista. Zeus lo conforta con la veggenza e sette vite. Belle, le ombre bianche degli umani proiettate alle sue spalle. Nel futuro lontano dice di vedere il pericolo di Freud.
È argutissimo, Camilleri, quando se la prende con chi nel tempo gli ha dato dell'ermafrodita. Disistima Dante che lo mette all'Inferno in quanto profeta non cristiano. Le citazioni hanno i timbri sempre suoi, ma fuori campo. È a suo agio con Milton, anche lui non vedente. Ma sarà il 900, il secolo del riscatto tiresiano. A cominciare da Le mammelle di Tiresia di Apollinaire, che Camilleri allestì nel '68.
La partecipazione intellettuale di questo nostro genio attratto da un transfert da oracolo si percepisce meglio a partire dall'Orlando della Woolf, e assurge ad atto di fede con due scrittori all'apice tra gli amanti di Tiresia. Bellissima, affascinante la citazione dei versi di Ezra Pound («Ho veduto quel che ho veduto…»), poeta incontrato dal Nostro a via Teulada, e strepitoso per forza devastante il Sermone del Fuoco della Terra desolata di Eliot. Fino all'impotenza assoluta di predire (la Shoa) di Primo Levi. E non finisce di stupirci, questo Camilleri duttile, rasposo, sarcastico. Quando allude al Tiresia di Woody Allen che in La dea dell'amore è un vagabondo venditore di cerini.
Vorremmo abbracciarlo, dirgli che ha capito il passato, il presente e forse il futuro.
Rodolfo Di Giammarco
 
 

Quotidiano di Gela, 13.6.2018
La Magarìa di Camilleri su Tiresia a Siracusa

Chi ha potuto assistere, la sera dell’11 giugno, alla “Conversazione su Tiresia” di Andrea Camilleri al teatro greco di Siracusa porterà sempre con sé il ricordo di una serata magica, a una vera e propria “magarìa” artistica. Entrato in scena alle 21.12 appoggiandosi da dietro alle spalle della sua fedele assistente Valentina Alferj come uno dei ciechi di Pieter Bruegel il Vecchio, e accompagnato dalle note di “The Cinema Show” dei Genesis, i cui versi su Tiresia apparivano sul grande muro-schermo che costituiva l’elemento scenico più vistoso ideato dal regista Roberto Andò, Camilleri ha parlato ininterrottamente per un’ora e mezza calandosi nei panni del mitologico indovino cieco e raccontando le proprie innumerevoli apparizioni poetiche, teatrali, narrative, musicali e cinematografiche, da Omero a Woody Allen, dal quale in chiusura, a mo’ di titoli di coda, sono state prese alcune sequenze del film “La dea dell’amore”. A colpire il pubblico, che riempiva fino all’inverosimile la cavea del teatro, è stato l’incredibile miscuglio di grazia e gravità del monologo di Camilleri, che ha alternato momenti di irresistibile ilarità (se Ulisse ha impiegato vent’anni per tornare dalla moglie, è segno che tutta questa voglia non ce l’aveva…) a momenti di altissima tensione drammatica (il ricordo dell’Olocausto, un male così assoluto da non rientrare strutturalmente tra le cose che un povero indovino cieco può prevedere).
Pietre eterne e pietre miliari
Il momento del monologo che più ha commosso e che ha scatenato una standing ovation interminabile è stato quando, in chiusura, Camilleri ha spiegato cosa ci facesse lì un venerato vegliardo di quasi 93 anni, ormai gravemente debilitato e per di più cieco. Che bisogno ha il più popolare scrittore italiano di sempre di cimentarsi in un’impresa così impegnativa, che lo vedeva per la prima volta interprete di un proprio testo? Camilleri, da docente e da regista, ha frequentato le “scene” teatrali, radiofoniche e televisive per svariati decenni e pertanto conosce bene sia i trucchi sia soprattutto i pericoli del mestiere. Ma una cosa è mettere in scena e un’altra è entrare in scena. Persino i più grandi attori dichiarano sempre che recitare al teatro greco di Siracusa ha in sé qualcosa di spaventoso che intimidisce e rischia di scoraggiare chiunque, perché si ha davanti un ciclopico muro umano che nulla ha a che vedere con il normale pubblico dei teatri. Eppure Camilleri ha accettato la sfida, regalando al pubblico un’esperienza indimenticabile soprattutto quando ha spiegato il motivo, per così dire, metafisico ed esistenziale della sua impresa nell’isola che gli ha dato i natali e che lui ha contribuito come pochi altri a far apprezzare in tutto il mondo. Ecco le sue parole così come si possono leggere nel testo del monologo stampato per l’occasione dall’editore Sellerio (le differenze con le parole effettivamente recitate sono lievi), nelle quali l’identificazione Camilleri-Tiresia è ormai completa: «Forse vi state chiedendo la vera ragione per la quale mi trovo qui. Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi, sono stato regista teatrale, televisivo, radiofonico, ho scritto più di cento libri, tradotti in tante lingue e di discreto successo. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla. Solo su queste pietre eterne. Ora devo andare» (p. 55).
La cavalcata di novanta minuti di Camilleri attraverso i secoli è un fuoco d’artificio di citazioni di ogni tipo che mostrano un Tiresia sempre diverso, ora giovane trasformato in donna per aver ucciso un serpente femmina mentre si accoppiava ora detective oracolare nel caso Edipo, ora maestro di truffe ora venditore di cerini a Brooklyn, ora poeta ora ciarlatano, ora aruspice ora astrologo, ora “guardone insaziabile” di dee nude ora giovane chimico ad Auschwitz, ora vecchio con le mammelle di donna avvizzite ora personaggio cinematografico con la faccia, assegnatagli da Pasolini, di Julian Beck, “il creatore del mitico Living Theatre”. I principali autori di riferimento sono molti giganti della letteratura e della filosofia occidentali: Omero, Sofocle, Callimaco, Ovidio, Orazio, Seneca, Stazio, Luciano, Clemente Alessandrino, Boezio, Dante, Poliziano, Milton, Hofmannsthal, Apollinaire, Cocteau, Virginia Woolf, Ezra Pound, T. S. Eliot, Dürrenmatt, Pavese, Pasolini e Primo Levi. La parola di Camilleri si muove lieve, potremmo dire con leggerezza calviniana, tra tutte queste pietre miliari della nostra cultura, e non di rado l’esattezza della citazione è sacrificata consapevolmente sull’altare delle esigenze narrative. Se infatti si prova a fare qualche controllo, emergono delle discrepanze interessanti che illuminano il modo di procedere di Camilleri, nonché i processi mentali stessi del suo lavoro di interpretazione. Un caso curioso è per esempio quello di Orazio. Camilleri si richiama alla satira II.5, quella in cui il poeta romano immagina di riscrivere in chiave dissacrante il dialogo tra Tiresia e Ulisse svoltosi nel regno dei morti e raccontato da Omero nel libro undicesimo dell’“Odissea”. Poiché Camilleri parla a nome di Tiresia, egli mostra grande risentimento nei confronti del poeta, accusandolo addirittura di diffamazione laddove dipinge l’indovino come uno che dà ad Ulisse consigli su come spennare un vecchio ricco per recuperare la “roba” che i Proci gli stanno mangiando a Itaca. Ecco perché nel testo detto Orazio è chiamato per due volte “poetastro”, mentre nel testo scritto è definito “poeta bugiardo” e “pseudo poeta”. Tutto ciò, naturalmente, ha poco a che vedere con il testo oraziano, dove invece, come ci spiegano i commentatori, ad essere preso di mira era il malcostume dei vecchi ricchi romani senza figli che facevano testamento a favore di estranei incontrati occasionalmente.
Tiresia ad Auschwitz
Assai più interessante è l’operazione interpretativa che Camilleri compie sul testo di Primo Levi. Ecco le sue esatte parole, declamate con una solennità che, nel silenzio tombale nel teatro strapieno, ha fatto venire i brividi agli spettatori: «Vorrei veramente concludere con Primo Levi, il quale, in un suo libro intitolato “La chiave a stella”, mette un racconto dedicato a me, intitolato appunto “Tiresia”. In questo racconto egli narra a un suo amico come nell’orrore profondo del campo di concentramento nazista rischiò una metamorfosi ben peggiore della mia, cioè il tramutare da uomo a non uomo. Perché era questo che i nazisti volevano: che i loro nemici diventassero bestie, un numero tatuato su un braccio. Io, Tiresia, non riuscii a prevedere quell’orrore…». Il testo a stampa, invece, è il seguente: «E poi Primo Levi, con il quale nel 1966 passai una giornata indimenticabile a Torino, che a me intitolò un racconto, “Tiresia” appunto, compreso nel volume “La chiave a stella”. Lì, Levi racconta che nell’orrore del campo di concentramento nazista rischiò una metamorfosi peggiore della mia, quella da uomo a non uomo, e che a salvarlo fu proprio la poesia. Devo confessarvi che mai io previdi quell’orrore…» (pp. 53-54).
Come si vede, per ragioni puramente retorico-narrative, trattandosi del momento culminante del monologo, Camilleri offre al pubblico il Levi più noto e tragico, quello di “Se questo è un uomo”, le cui pagine celebri sul canto di Ulisse dell’“Inferno” sembrano chiamate in causa esplicitamente dal riferimento alla poesia come strumento per restare umani ad Auschwitz. Se però si va a rivedere il testo originale de “La chiave a stella”, ci si accorge che l’identificazione con Tiresia lì non è suggerita a Levi dall’esperienza del Lager; almeno non direttamente. Dialogando con l’operaio montatore Libertino Faussone, Levi vuole spiegargli che lui, per formazione, conosce sia il mondo del lavoro “manuale”, in quanto chimico, sia il mondo del lavoro “intellettuale”, in quanto scrittore, e questo lo autorizza a considerarsi competente nel classico dibattito sulle cosiddette “due culture”, quella scientifica e quella umanistica;. Esattamente come Tiresia, considerato da Zeus ed Era esperto di orgasmo femminile e maschile per essere stato anche donna, peraltro piuttosto libertina, come ha sottolineato con notevole divertimento Camilleri.
Questo vuol dire che Camilleri ha “tradito” o frainteso il testo di Levi? Non esattamente. Lo stesso Levi definisce “stiracchiato” il paragone proposto in quelle pagine del suo libro del 1978, ma è interessante leggere il passo seguente, che per via di oscura metafora probabilmente giustifica la lettura camilleriana: «forse me n’ero accorto solo raccontandogli quella storia, un po’ Tiresia mi sentivo, e non solo per la duplice esperienza: in tempi lontani anch’io mi ero imbattuto negli dei in lite fra loro; anch’io avevo incontrato i serpenti sulla mia strada, e quell’incontro mi aveva fatto mutare condizione donandomi uno strano potere di parola: ma da allora, essendo un chimico per l’occhio del mondo, e sentendomi invece sangue di scrittore nelle vene, mi pareva di avere in corpo due anime, che sono troppe» (ediz. RCS 2018, p. 50). Ecco, dunque, un’ipotesi sul modo di procedere di Camilleri in questo caso. Volendo rendere omaggio al Tiresia di Levi e dare nel contempo una conclusione emotivamente carica al proprio monologo, ha offerto al pubblico il Levi che tutti conoscono, decodificando in tal senso il passo citato, nel quale si allude oscuramente a divinità in guerra tra loro e a serpenti chiamati a svolgere il lavoro sporco dello sterminio.
Marco Trainito
 
 

La Sicilia, 13.6.2018
Siracusa. Un evento unico ieri l'altro con Camilleri "special guest" della Fondazione Dramma Antico al Teatro greco
Le sette vite di Andrea-Tiresia
Raccontare senza vedere è come credere senza vedere, è dimensione "altra", è fede, profondità, verità, poesia

Che strana specie di aedo è Andrea Camilleri. Antico come la pietra e fulminante come un tweet. In-canto e incantamento sul Temenite.
"Narrattore" e "autorattore" onnisciente è attaccato come un'ostrica al "suo" Tiresia e lo riconsegna intatto e proteiforme al mondo del Mito, al mondo mediterraneo, al mondo tout court. E certo non è, l'indovino cieco, meno internazionale, meno poliglotta, meno popolare del suo Montalbano.
Oltre ed altro che "Conversazione su Tiresia", evento unico, per numero e per numeri, ieri l'altro special guest della Fondazione Dramma Antico al Teatro greco di Siracusa che sembrava ben più affollato dei tremila spettatori contati all'inizio. Intorno a lui, complici perfetti e perfettamente in parte: il regista Roberto Andò, il flautista e compositore Roberto Fabbriciani, in scena artigiano nobilissimo di "suoni sommersi", Valentina Alferj che firma il progetto.
Ma ovviamente è Andrea-Tiresia a fare la differenza e, Zeus sia lodato, senza pose da patriarca, senza pigli curiali, è maestro senza infingimenti proprio lui che, alla "Silvio D'Amico" dell'età dell'oro e sua "tana" a lungo, a chi lo chiamava "maestro" rimbeccava irriverente e insofferente: "Sì, maestru 'i scola".
Guidato in scena dai suoi, l'indovino, coppola nera e occhiali neri, deambula piano, passo fermo: a settembre saranno 93 e, per dirla con Enzo Bianchi, è esempio mirabile di chi aggiunge vita agli anni e non anni alla vita. L'attende una poltroncina rischiarata appena da uno di quegli abat-jour che un tempo vegliavano letture e sopori quotidiani. E' pronto a vivere una, chissà quale, delle sette vite che Zeus aveva concesso (risarcimento per la cecità inflittagli dalla moglie Era, iraconda di natura) a chi aprì gli occhi ad Edipo prima ch'egli se li cavasse, predisse la morte di Narciso, parlò ad Ulisse nell'Ade.
Voce fonda, irridente, commovente: "Chiamatemi Tiresia". Ammicca a Ismaele di "Moby Dick". E "Tiresia sono", stavolta è il suo commissario.
La sua è cecità omerica, da sventura si muta in ventura tra misteri invisibili ai più, coloro che credono di vedere "davvero". E raccontare senza vedere è come credere senza vedere, è dimen-sione "altra", è fede, profondità, verità, poesia. E mai nessuna che prevalga sulle altre.
C'era una volta sul monte Citerone.
Le proiezioni alle sue spalle, tra cavalli, serpenti, rocce che si sfaldano, lambiscono, sommesse e devote, il racconto di Tiresia. Ma in realtà la visione è altrove. Ciechi anche noi a ciò che si dice comunemente visibile, vediamo solo attraverso le parole dell'indovino cieco. Lo "vediamo", ancora giovane e dotato di vista, spiare Atena nuda che si bagna ("Da allora mi con-vinsi che la terra doveva essere rotonda") e per questo sarà accecato da Era. Lo "vediamo" assistere involontariamente all'accoppiamento tra due serpenti di cui egli ammazza la femmina. E anche per questo la "punizione" non tarderà a venire: Tiresia sarà trasformato in donna.
"Vivere con un cervello femminile, un inferno! Il mio destino era segnato. Ma negli anni di femminato me la spassai alla grande, non me ne perdetti una!". Al settimo anno volle riposarsi e, riferisce Esiodo, rivendicò le sue spoglie maschili a Pitia, "un po' rimbecillita", che l'invitava a parlare non in greco: "Parla in italiano, tu, terrone tebano!". Non si poteva e doveva che tornare sul Citerone, ripetere fatto e misfatto ma uccidere, stavolta, il serpente maschio.
Come capire la differenza? "E' come pretendere, oggi, di distinguere, in Italia, un politico di destra da uno di sinistra! Impossibile!".
Le sue concessioni alla contemporaneità sono una leccornia: altro che contaminazioni, sono ricostituenti dell'antico, non ammodernano ma fondano, mettono radici. Andrea-Tiresia "spezza" il Mito con un umorismo salvifico e, poi, vogliamo insegnare i tempi teatrali a lui, ingegno e ingegneria di dialoghi, pause, silenzi eloquentissimi?
L'amplesso tra Zeus ed Era dura 300 anni, "il futuro non piacevole" è predetto a molti fino a "l'ometto che inventò il complesso di Edipo rovinandoci la vita per sempre". Da Freud a Woody Alien il passo è breve: "Ora vivo a Broadway" proclama Tiresia, vive, cioè, in "La dea dell'amore", girato al teatro greco di Taormina.
I romani lo maltrattarono e più di Ovidio fu il "poetastro" Orazio, Stazio scrisse una "Tebaide" più orrida di un film di Dario Argento, Seneca fu "l'educatore, infatti il suo migliore allievo era Nerone". Un gran "bugiardo" quel Luciano di Samosata a chiamarlo ermafrodita, il che fece dire poi a uno scrittore livornese che Tiresia, addirittura, "si autopossedeva!".
Che strana specie di aedo, Camilleri.
La sua humanitas indomita è innervata nella vita vera e profuma di Rinascimento moderno. Poliziano e Borges, Milton e la Woolf, Stravinskij, Cocteau, Durrenmatt, Pavese. Folgorati, tutti, dall'uomo/donna Tiresia. Non riesce a profetizzare la Shoah a Primo Levi "Perché quell'orrore non è prevedibile!" ma ha incontrato Ezra Pound. Sul serio. "Nell'Ade? No, in via Teulada, alla Rai". E da Tiresia si congeda: "Speriamo di rivederci in una serata come questa tra CENTO anni!".
Lunghe, emozionate standing ovation, alla fine. Cioè all'inizio. L'indovino Andrea ha ancora 6 vite da vivere.
Carmelita Celi
 
 

Affaritaliani.it, 13.6.2018
Camilleri fa il tifo per il Pd. Libro su Montalbano anti-Conte
L'ultimo libro di Camilleri esce nel momento sbagliato

Andrea Camilleri è un bravo scrittore, famoso per le sue storie avvincenti e ben scritte, i famosi gialli del commissario Montalbano che, come noto, si svolgono in Sicilia.
Il suo ultimo libro si intitola Il Metodo Catalanotti ed è uscito come sempre per i tipi dell’editore Sellerio ed ha una particolarità: proprio mentre la sua nuova fatica letteraria veniva distribuita in tutta Italia il professor Giuseppe Conte veniva chiamato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed accettava l’incarico di formare il nuovo governo giallo-verde, quello della Lega e dei Cinque Stelle.
In una scena del libro, peraltro una scena chiave, il commissario Montalbano passeggia per la spiaggia e trova una copia di un fantomatico giornale che si chiama Il Giornale dell’Isola, in cui è riportata una notizia: il capo del Movimento Cinque Stelle (“partito del VaffaDay”) non avrebbe più messo il suo nome sotto il simbolo nella speranza di ottiniri il potiri per po’ finiri come a tutti l’autri. E il protagonista spera che quel giorno non ci sia mai. Ed invece, proprio mentre il libro veniva distribuito il giorno arrivò.
Non sfugge naturalmente che Camilleri sa benissimo che i suoi romanzi sono poi interpretati per la Tv da Luca Zingaretti che è il fratello di Nicola Zingaretti che è il Presidente, al suo secondo mandato, della Regione Lazio. E sappiamo che il vecchio scrittore non ama né il giallo né il verde e tantomeno la mescolanza cromatica dei due. Ma per esternarlo, per una singolare coincidenza, ha scelto proprio il momento sbagliato e cioè quando i due partiti sono stati chiamati a guidare l’Italia.
Giuseppe Vatinno
 
 

RagusaNews, 13.6.2018
Montalbano, ciak a Ibla: Salvo e Livia in corriera
Oggi e domani, la troupe della Palomar sarà stanziata principalmente ai giardini comunali di Ragusa Ibla.


Foto: I Love Ragusa

Ragusa - Giornata di riprese a Ragusa Ibla per la fiction "Il Commissario Montalbano". Oggi e domani, la troupe della Palomar sarà stanziata principalmente ai giardini comunali di Ragusa Ibla. Stamani, Salvo e Livia (Luca Zingaretti e Sonia Bergamasco), sono arrivati in corriera.
Lei, in un elegante e leggero abito fucsia, bellissima come sempre, è stata invitata nella finzione cinematografica da Salvo Montalbano a salire sulla corriera.
 
 

24live.it, 13.6.2018
Gli ulteriori successi della critica di Carmelo Aliberti in Italia e in Francia

Continua intensamente a crescere la stima della critica francese per l’opera del critico e poeta italiano Carmelo Aliberti, ora accolto con molto interesse con il suo saggio sullo scrittore Andrea Camilleri. Una stima palpabile sin dai primi passi di Aliberti in Europa, dove era stato subito apprezzato dall’Università Blaise Pascal e dove i suoi scritti sono diventati oggetto di studio per gli studenti di letteratura. Soddisfazioni enormi, quindi, continuano ad emozionare il prof. Aliberti e la sua amata terra che vanta lui, come punta di diamante di uno studio introspettivo sulla letteratura contemporanea e non solo.
La rivista dei docenti universitari di Italianistica, la SIES, che si occupa di letteratura e critica mondiale, ha recensito con vivo apprezzamento il nuovo saggio sull’opera del grande scrittore Andrea Camilleri, edito da Bastogi Libri 2018 ROMA.
[…]
Tali eventi si sono svolti in un clima di preziosa collaborazione del critico, poeta e direttore editoriale della Rivista Internazionale di Letteratura Terzo Millennio No Profit.
Sull’Andrea Camilleri di Carmelo Aliberti, Jean Igor Ghidina ha scritto al riguardo una nota dettagliata sull’opera del critico di Bafia che riportiamo: “Passando in rassegna gli snodi della biografia artistica dello scrittore siciliano, Aliberti realizza una sorta di esplorazione stratigrafica di tutta l’opera di Camilleri e, come uno speleologo, ricerca in profondità il fiume copioso dell’opera camilleriana. Questa ricerca convoca sullo scenario tutti gli elementi della formazione culturale ed artistica di Camilleri traendo l’essenza più intima dell’universo letterario dello scrittore. Ciò che colpisce nel saggio è la profondità della perlustrazione critica di ogni sua opera: il genere storico-civile, esemplari tra gli altri i romanzi Il re di Girgenti, Un filo di fumo e La strage dimenticata e il genere investigativo che segnerà il travolgente successo dello scrittore con i gialli di Montalbano, ambientati in Sicilia nell’immaginaria cittadina di Vigata e alla cui straordinaria diffusione contribuirà anche la serie televisiva con Luca Zingaretti.”
Cristina Saja
 
 

RaiCom, 14.6.2018
La mossa del cavallo
Dal 14 giugno nei migliori negozi


 
 

Corriere della Sera, 14.6.2018
Italians
LETTERA Camilleri al Teatro Greco di Siracusa: che Dio ce lo conservi!

Buongiorno Beppe e cari Italians. Martedi' sono tornato nel prestigioso Teatro Greco di Siracusa che da circa 2.500 anni è meta irrinunciabile degli amanti di ellenismo, commedie, tragedie e molto altro. Lo spettacolo di ieri era profondamente diverso dal consueto, qualcosa di estraneo ai vari filoni abituali. Un signore che sta per compiere 93 anni, completamente cieco, si identifica con il mitico Tiresia accecato dagli Dei e ne trae due ore di inimmaginabile intensità. Andrea Camilleri andrebbe studiato nella scuola d'obbligo, non il Camilleri di Montalbano (gradevole ma fine a se stesso) ma quello della "Scomparsa di Patò", del "Re di Girgenti", de "La concessione del telefono" e soprattutto quello che ha parlato ieri. Mi guardo intorno e vedo giovani demotivati, appiccicati alla vita per questioni meramente biologiche ma privi di mordente, di carattere, di voglia di vivere, di sogni. Ieri in "Nenè" Camilleri ho visto una vitalità ed un interesse alla vita, alla cultura ed alla sua diffusione che tanti ventenni ignorano tristemente. Quel quasi novantatreenne cieco che ieri ci ha ripetutamente salutato sventolando la sicilianissima coppola ha trasmesso una carica vitale e culturale che sarebbe delittuoso ignorare. Che Dio ce lo conservi almeno per altri 93 anni, e che lo Stato sia, per una volta, così lungimirante da non ignorare il capitale da lui esprimibile e lo porti di scuola in scuola, finchè le forze glielo consentiranno, perché i giovani possano abbeverarsi ad una fonte di rara elevatezza.
Alfio Vasta
 
 

Ragusah24.it, 14.6.2018
Che santo si festeggia oggi a Ibla? Ma è 'solo' una scena per Montalbano

Luminarie all’interno dei Giardini Iblei, chiusi ieri e oggi. Non è, però, una festa patronale per pochi intimi. Ancora una volta il quartiere barocco si presta come location per le scende del Commissario Montalbano.
Giardini Iblei off limits, con ‘rigido’ controllo ai due ingressi.
Nel viale principale sono state poste delle luminarie, evidentemente per girare le scene di una festa patronale.
All’esterno della ‘villa’, qualche turista chiede cosa stiano facendo lì dentro e scatta qualche foto.
 
 

RagusaNews, 14.6.2018
Ecco il menu del ristorante di Salvo Montalbano a Sampieri
Magari ci fosse una trattoria, nel ragusano, con questo menù

Scicli - Cosa mai mangerà il commissario Montalbano nelle prossime due puntate in fase di lavorazione e in onda dal febbraio 2019 su Rai Uno?
Ragusanews è in grado di svelarvi un inedito. Il commissario di Vigata andrà a pranzo in un incantevole posto sul mare, a pochi metri dal moletto di Sampieri di Scicli. Nella casa del barone Terremoto, trasformata per l'occasione nella trattoria "L'Ancora". E siamo in grado di svelarvi anche il menu analitico dei piatti di pesce che Salvo degusterà.
Antipasti: polpettine di mucco (la neonata di mare) su letto di alloro, pepata di cozze alla Leccadita (il nostro piatto preferito), tonnina su letto di cipolla bianca, insalata piccante di polpo e calamari.
Primi piatti: ravioli di ricotta con salsa di cernia, tagliolini spada e ciliegino di Pachino, gnocchi di cernia e pistacchio di Bronte, calamarata con broccoli e capuliato.
I secondi piatti: baccalà alla ghiotta, grigliata di pesce (pescato del giorno), spigola alla Trinacria (cameriere, potrebbe illustrare il piatto?), spada arrosto con gamberi e seppioline.
Tutti i salmi finiscono in gloria. Il dolce: gelo di limone, cannella o gelso, oppure, o in aggiunta, cannolo siciliano.
Una riflessione a margine: magari ci fosse una trattoria, nel ragusano, con questo menù. In un'epoca in cui tutti inseguono le giapponeserie, un ristorantino che serve questi piatti di pesce sarebbe una benedizione. Ci accontentiamo di vederlo nel film.
 
 

La Stampa, 15.6.2018
Torna il commissario Montalbano, Camilleri firma “Il caso Catalanotti”
Cliccare qui per il video

Il consiglio di lettura di questa settimana è Il metodo Catalanotti, il nuovo romanzo del commissario Montalbano scritto da Andrea Camilleri. Personaggio centrale è proprio Carmelo Catalanotti, direttore di una filodrammatica di dilettanti che unisci la passione per l’arte a quella per l’usura.
Bruno Ventavoli
Riprese e montaggio di Stefano Scarpa

 
 

ANSA, 15.6.2018
Tv: riprese 'Montalbano' nel Ragusano

Ragusa. La troupe televisiva del Commissario Montalbano sta ultimando nel ragusano le riprese di due nuovi episodi de, uno è la riduzione del romanzo “L’altro capo del telefono” [Sic!, NdCFC], pubblicato due anni fa da Sellerio, sull’omicidio di una sarta a Vigata; l’altro è tratto da uno dei 30 racconti “Un mese con Montalbano”, pubblicato per la prima volta nel 1998 e che ha per titolo “Un diario del ’43”. Oggi sul lungomare di Donnalucata, frazione di Scicli, nonostante il vento si girano alcune scene di questo racconto che vede tra i protagonisti un attore americano di 90 anni che passeggia con Luca Zingaretti. Il racconto è incentrato sul ritrovamento da parte del preside Burgio di un interessante diario, risalente al 1943, di un giovane fanatico fascista che, venuto in possesso di diverse bombe a mano, racconta di voler progettare un attentato contro gli americani sbarcati in Sicilia. Montalbano indaga per scoprire se il giovane mise in atto il suo piano. Sono due gli ultranovantenni che recitano a fianco di Zingaretti.
 
 

RagusaNews, 15.6.2018
Commissario Montalbano, a Donnalucata si gira lo sbarco del 43
Si gira anche la scena del sarto Mariotta

Scicli - La troupe televisiva del Commissario Montalbano sta ultimando tra Scicli e Punta Secca le riprese di due nuovi episodi. Uno è la riduzione del romanzo «L'altro capo del telefono», pubblicato due anni fa da Sellerio, sull'omicidio di una sarta a Vigata. Qui recita il sarto sciclitano Bartolomeo Mariotta e il suo assisstente Salvatore Gennuso. L’altro è tratto da uno dei 30 racconti «Un mese con Montalbano», pubblicato per la prima volta nel 1998 e che ha per titolo «Un diario del '43».
[...]
Nelle riprese anche una banda musicale di Chiaramonte Gulfi, la "Vito Cutello", diretta dal maestro Paolo Scollo.
 
 

La Sicilia, 15.6.2018
Il libro
Molti fuochi ardono sotto il suolo
Etna e Stromboli. Marcello Carapezza racconta i "suoi" vulcani

Scienziato (chimico e vulcanologo di fama internazionale) Marcello Carapezza (12 settembre 1925 - 2 settembre 1987) «distingueva - ci informa l'editore - l'unire la natura di scienziato e di umanista». "Molti fuochi ardono sotto il suolo - Di terremoti, vulcani e statue" è il titolo del volume (edito da Sellerio, 321 pagine, collana "Il divano") che comprende alcuni significativi scritti sulla Sicilia dell'illustre scienziato tra il 1980 ed il 1987.
[...]
«Io e Marcello - così lo scrittore Andrea Camilleri ricorda l'antica amicizia - ci facevamo una grandissima simpatia ed avevamo una sorta di affinità elettiva sia per gusti pittorici che letterari; passavamo lunghe ore a camminare parlando di arte e di letteratura. Solo dopo ho saputo che gli interessi di studente di Marcello non erano di indirizzo letterario. Fu per me una rivelazione sapere che era studente in chimica».
[...]
Leone Zingales
 
 

La Stampa - TTL, 16.6.2018
Ai punti
Il metodo Camilleri è stellare

Camilleri non frena. Anzi, migliora. I suoi 100 punti valgono 33mila copie. Stellare! [...]
 
 

La Repubblica, 16.6.2018
Detective di tutto il mondo uniti per risolvere misteri

Avidità, corruzione, esercizio di potere e denaro. Un fiume che scorre tra le pagine guidando la mano di oscuri assassini. Ombre che si allungano fino a distorcere l'immagine di società all'apparenza civili. E ancora: gli anni di piombo, il terrorismo islamico, la tossicodipendenza e i fantasmi del presente. Ma anche gli abissi dell'animo umano, le pieghe dove si nascondono le pulsioni più terribili, quelle che da sempre giustificano i delitti seriali.
La collana Passione noir – 33 romanzi firmati da grandi autori italiani e stranieri – esplora le tante sfumature della letteratura nera e rispecchia con incredibile violenza la nostra epoca. Ogni settimana, dal 18 giugno al 28 gennaio, Repubblica proporrà romanzi che, mescolando stili e registri, contribuiscono a ridisegnare i confini del genere. Dietro la leggerezza della fiction, una collana che aiuta a comprendere come siamo oggi e soprattutto come è la realtà che abbiamo creato.
[...]
Segue, il 25 giugno, Andrea Camilleri. La rete di protezione è la classica gabbia logica dei gialli vigàtesi: mentre il paesino siciliano è in subbuglio per le riprese di una fiction ambientata nel 1950, Montalbano è alle prese con un mistero che affiora dal passato e un altro che lo costringe a immergersi nel mondo per lui nuovo dei social.
[...]
Stefania Parmeggiani
 
 

Sicilian Post, 17.6.2018
Il dia­let­to come pun­to di for­za: Ca­mil­le­ri e La mos­sa del ca­val­lo
At­tra­ver­so l’al­tra fac­cia di quel­la me­da­glia che è la pro­du­zio­ne let­te­ra­ria del papà di Mon­tal­ba­no, una ri­fles­sio­ne su­gli ina­spet­ta­ti ri­svol­ti che può ave­re an­che solo il pen­sa­re in si­ci­lia­no e come si­ci­lia­no. Dal­la tra­ma di que­sto ro­man­zo sto­ri­co alla Si­ci­lia di oggi, un viag­gio che ha come filo ros­so il sa­per sfrut­ta­re la pro­pria iden­ti­tà

Ca­pi­ta spes­so, in si­tua­zio­ni più o meno go­liar­di­che, di la­sciar­si spon­ta­nea­men­te an­da­re ad una bat­tu­ta in si­ci­lia­no per ren­de­re con più for­za il con­cet­to che si de­si­de­ra espri­me­re. Ma fare uso del dia­let­to può na­scon­de­re ri­svol­ti ben più pro­fon­di: il dia­let­to è uno de­gli stru­men­ti prin­ci­pa­li con cui af­fer­ma­re la pro­pria iden­ti­tà e la let­te­ra­tu­ra ci ha an­che mo­stra­to in che modo. Lo sa bene An­drea Ca­mil­le­ri, che nel suo ro­man­zo sto­ri­co La mos­sa del ca­val­lo, re­cen­te­men­te tra­spo­sto per il pic­co­lo scher­mo e con la ma­gi­stra­le in­ter­pre­ta­zio­ne di Mi­che­le Rion­di­no, ha fat­to del­la ri­sco­per­ta del­le ra­di­ci dia­let­ta­li il ful­cro del­la sua nar­ra­zio­ne.
La vi­cen­da, in­fat­ti, pren­de le mos­se sul fi­ni­re del­l’800 e dal­la no­mi­na del ge­no­ve­se d’a­do­zio­ne, ma si­ci­lia­no di na­sci­ta, Gio­van­ni Bo­va­ra a ispet­to­re capo dei mu­li­ni, col com­pi­to di por­re un fre­no alla cro­ni­ca eva­sio­ne del­la tas­sa sul ma­ci­na­to. Du­ran­te una del­le sue esplo­ra­zio­ni dei mu­li­ni iso­la­ni, si im­bat­te nel mo­ri­bon­do par­ro­co lo­ca­le pa­dre Car­naz­za, che pri­ma di spi­ra­re gli sus­sur­ra in dia­let­to i nomi dei suoi as­sas­si­ni, sen­za che il Bo­va­ra, in un pri­mo mo­men­to, lo ca­pi­sca. In­vi­so ai po­ten­ti feu­da­ta­ri che trae­va­no van­tag­gio dal man­ca­to pa­ga­men­to del­le tas­se, l’i­spet­to­re ver­rà ac­cu­sa­to a ta­vo­li­no del­l’o­mi­ci­dio del par­ro­co, riu­scen­do a di­mo­stra­re la sua in­no­cen­za sol­tan­to re­cu­pe­ran­do con­fi­den­za col suo dia­let­to d’o­ri­gi­ne. Il sen­so del­la tra­ma e del col­po di sce­na fi­na­le, im­pre­ve­di­bi­le come il ca­val­lo su una scac­chie­ra, ci di­co­no mol­to di quel­lo che per un si­ci­lia­no può si­gni­fi­ca­re adot­ta­re il pro­prio dia­let­to. La ge­nia­le in­tui­zio­ne del Bo­va­ra, e quin­di di Ca­mil­le­ri, di­mo­stra che sol­tan­to un si­ci­lia­no che pen­sa e par­la come tale può com­pren­de­re fino in fon­do i con­tor­ti mec­ca­ni­smi di un’i­so­la estre­ma­men­te in­gar­bu­glia­ta, in cui i con­tor­ni di bene e male ri­sul­ta­no sfu­ma­ti, in cui il mar­ciu­me, come lo de­fi­ni­sce l’au­to­re, sem­bra la­scia­re tre­gua sol­tan­to la not­te, per poi tor­na­re alla ri­bal­ta con più for­za il mat­ti­no se­guen­te.
Se sol­tan­to un si­ci­lia­no può ca­lar­si nel­le pro­fon­di­tà più oscu­re del­la sua ter­ra, si­gni­fi­ca che è il solo a po­ter­le por­ta­re alla luce e rac­con­tar­le ed è il solo a po­ter­le com­bat­te­re. Ri­sco­pri­re e di­fen­de­re le pro­prie ori­gi­ni, in­som­ma, equi­va­le ad as­su­mer­si la gran­de re­spon­sa­bi­li­tà di non far­ne un mez­zo per in­gan­na­re e per na­scon­de­re il ma­laf­fa­re al­l’oc­chio ester­no. Let­te­ra­ria­men­te, il dia­let­to è pro­prio que­sto, ov­ve­ro il mez­zo d’af­fer­ma­zio­ne del­l’u­ni­ci­tà e del­la scal­trez­za si­ci­lia­na, che an­che in si­tua­zio­ni di­spe­ra­te è ca­pa­ce di tro­va­re vie di fuga inac­ces­si­bi­li a chiun­que al­tro. Per­ciò, bi­so­gne­reb­be dif­fi­da­re da co­lo­ro che, una vol­ta ab­ban­do­na­ta l’i­so­la, si di­co­no estra­nei al sen­ti­men­to del­la si­ci­li­tu­di­ne e vi­ci­ni alle usan­ze del luo­go pres­so cui si sono sta­bi­li­ti, di­sprez­zan­do ciò che si sono la­scia­ti die­tro: con­si­de­ran­do il te­sto ca­mil­le­ria­no, co­sto­ro non san­no, o non si ren­do­no con­to, di aver per­so un pun­to di for­za, un ele­men­to di con­trad­di­stin­zio­ne e di esplo­ra­zio­ne del­la real­tà. Per­ché per dia­let­to non si in­ten­de sol­tan­to il sem­pli­ce atto lin­gui­sti­co, ma una vi­sio­ne più com­ple­ta del­le cose, uno sguar­do esclu­si­vo sul mon­do, una fi­ne­stra da cui ana­liz­za­re il pa­no­ra­ma cir­co­stan­te con più con­sa­pe­vo­lez­za.
Jo­shua Ni­co­lo­si
 
 

Il Giornale, 17.6.2018
Nessuno può catturare Montalbano

In vetta sempre lui: Andrea Camilleri. Del resto, niente di cui stupirsi, alla corsa estiva del papà di Montalbano siamo abituati. Questa volta bisogna, però, segnalare che Il metodo Catalanotti (Sellerio) è partito davvero col botto. La settimana scorsa aveva fatto irruzione in classifica con un esordio da quasi ventiduemila copie. Questa settimana è addirittura balzato a 33mila e 336copie. Valori stratosferici per l'editoria di oggi. Abbastanza per polverizzare tutti gli inseguitori.
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Matteo Sacchi
 
 

ilritornodimelvin, 18.6.2018
137) Il Metodo Catalanotti (Andrea Camilleri)

“Il Metodo Catalanotti” è un romanzo scritto da Andrea Camilleri e pubblicato nel maggio 2018 da Sellerio Editore.
Sinossi:
“Il commissario Montalbano crede di muoversi dentro una storia. Si accorge di essere finito in una storia diversa. E si ritrova alla fine in un altro romanzo, ingegnosamente apparentato con le storie dentro le quali si è trovato prima a peregrinare. È un gioco di specchi che si rifrange sulla trama di un giallo, improbabile in apparenza e invece esatto: poco incline ad accomodarsi nella gabbia del genere, dati i diversi e collaborativi gradi di responsabilità, di chi muore e di chi uccide, in una situazione imponderabile e squisitamente ironica. Tutto accade in una Vigàta, che non è risparmiata dai drammi familiari della disoccupazione; e dalle violenze domestiche. La passione civile avvampa di sdegno il commissario, che ricorre a una «farfantaria» per togliere dai guai una giovane coppia di disoccupati colpevoli solo di voler metter su una famiglia. Per quanto impegnato in più fronti, Montalbano tiene tutto sotto controllo. Le indagini lo portano a occuparsi dell’attività esaltante di una compagnia di teatro amatoriale che, fra i componenti del direttorio, annovera Carmelo Catalanotti: figura complessa, e segreta, di artista e di usuraio insieme; e in quanto regista, sperimentatore di un metodo di recitazione traumatico, fondato non sulla mimèsi delle azioni sceniche, ma sull’identificazione delle passioni più oscure degli attori con il similvero della recita. Catalanotti ha una sua cultura teatrale aggiornata sulle avanguardie del Novecento. È convinto del primato del testo. E della necessità di lavorare sull’attore, indotto a confrontarsi con le sue verità più profonde ed estreme. Il romanzo intreccia racconto e passione teatrale. Nel corso delle indagini, Montalbano ha la rivelazione di un amore improvviso, che gli scatena una dolcezza irrequieta di vita: un recupero di giovinezza negli anni tardi. Livia è lontana, assente. Sulla bella malinconia del commissario si chiude questo possente romanzo dedicato alla passione per il teatro (che è quella stessa dell’autore) e alla passione amorosa. Un romanzo, tecnicamente suggestivo, che una relazione dirompente racconta in modo da farle raggiungere il più alto grado di combustione nei versi di una personale antologia di poeti; e, all’interno della sua storia, traspone i racconti dei personaggi in colonne visive messe in moviola perché il commissario possa farle scorrere e rallentare a suo piacimento.” (Salvatore Silvano Nigro).
Recensione:
Sarà, come sempre, il Tempo a decretare se “Il Metodo Catalanotti”, ultima fatica letteraria del Maestro Camilleri, rappresenti davvero una storica ed inaspettata svolta per la celebre saga del Commissario Montalbano.
Nell’attesa, il sottoscritto, non ha alcun timore nel definire questo romanzo come un clamoroso punto di rottura drammaturgico ed emotivo all’interno dell’universo Montalbano.
“Il Metodo Catalanotti” stravolge il quieto vivere pubblico e privato del nostro celebre Commissario, spiazzando il lettore ormai abituato ad un consolidato quanto piacevole schema di racconto
Un cambiamento, apparentemente traumatico, agli occhi e cuore del lettore che il Maestro Camilleri riesce invece a tramutare, con la consueta creatività, ironia e sensibilità, in una splendida ed unica esperienza letteraria, sentimentale e soprattutto ed esistenziale.
Andrea Camilleri essendo prima d’ogni cosa, uomo di teatro, non poteva non decidere di scegliere il “suo primo amore” come ideale palcoscenico per ambientare e costruire la sua rivoluzione gentile e profonda del personaggio letterario più amato dagli italiani.
Il teatro è vita: trasmette vivide e sincere emozioni, sacrificio, stravolgimenti, dolori raccontando, indagando e rappresentando la complessità dell’animo umano in cui albergano contemporaneamente bellezza e malvagità allo stato primordiale.
“Il metodo Catalanotti” non è altro che una formidabile, accattivante, morbosa quanto affascinante summa dell’essenza e magia teatrale che può stravolgere la vita e soprattutto gli equilibri emotivi e psicologici sia dell’attore professionista quanto di quello amatoriale.
Il teatro è, da sempre, un coacervo di sentimenti forti e contrapposti che nascono e si alimentano all’interno di qualsiasi compagnia teatrale.
Il profondo studio e totale immedesimarsi in un personaggio può anche indurre un attore ad imprevedibili e conflittuali rapporti con i colleghi e soprattutto con il regista.
“Il metodo Catalanotti” rappresenta soprattutto il punto di non ritorno per Salvo Montalbano.
Infatti più che l’indagine vera e propria, ben costruita ma nel complesso prevedibile, il lettore segue con crescente curiosità, stupore e pathos, il vero giallo di questo romanzo: la scelta di vita che Salvo Montalbano è chiamato a compiere.
Il nostro Commissario deciderà di rimanere con l’amata Livia sulla vecchia e sicura strada o si farà travolgere dalla fulminea quanto travolgente passione incarnata dalla bella Antonia, giovane e tosta neo capo della scientifica?
Il lettore dimentichi le precedenti e classiche, poi rientrate, “sbandate romantiche” del Commissario.
“Il metodo Catalanotti” rappresenta un autentico bivio per il nostro protagonista, che mai avremmo immaginato di vivere e leggere con il cuore in gola fino all’ultima pagina del romanzo
Andrea Camilleri regala il più inaspettato e riuscito dei colpi di scena teatrali, costruendo un finale aperto quanto poetico che obbliga i milioni di fan non solo ad attendere il nuovo romanzo, ma anche ad interrogarsi lungamente che cosa sia significhi davvero la parola amore..
semplicementemelvin
 
 

La Sicilia, 20.6.2018
A Pozzallo "sbarca" anche il Commissario Montalbano: ciak tra migranti
Nel Ragusano la realtà si mescola alla finzione. Tra tanti sbarchi veri, un mese fa è stato registrato quello televisivo per la famosa serie di Rai 1. Gli immigrati-attori sono stati "arruolati" a Catania

Pozzallo (Ragusa) - Un uomo scende da nave Dattilo, ancorata nel porto, mentre è in corso uno sbarco di migranti. E’ uno di loro. E’ vestito bene, potrebbe essere un iracheno o un siriano. Dopo avere lasciato la passerella accelera il passo, per evitare i controlli, ma la polizia lo insegue e lo blocca, mentre l’uomo tiene qualcosa con la mano, nascosto sotto la giacca. E’ un momento di tensione registrato nel porto del Ragusano, ma è una scena di uno dei nuovi episodi del "Commissario Montalbano" che andranno in onda su Raiuno. La fiction si mischia alla realtà sul molo di Pozzallo, dove è ancorata la Diciotti, nave della guardia costiera "gemella" della Dattilo, dopo lo sbarco della notte scorsa di 509 migranti e di un cadavere. E’ facile scambiarle perché sono uguali.
Per la scena della serie Tv, registrata un mese fa, la produzione, Palomar, ha curato privacy e assistenza ai massimi livelli. Come il catering per i "migranti fatti salire sulla Dattilo, "arruolati" a Catania, e per i quali, nel rispetto del Ramadan, sono stati preparati cibi vegetali, distribuiti la sera. Mensa ordinaria, ma di qualità si racconta a Pozzallo, per le altre controfigure. La ricostruzione dello sbarco per la serie Tv, ammettono alcuni osservatori che solitamente assistono a quelli veri, è stata perfetta. Era difficile capire se fosse finzione o realtà. Fino all’arrivo del commissario Montalbano, che ha permesso di discernere tra fiction e realtà. O fino alla caduta di uno dei fedeli collaboratori del commissario, che non vedremo nella puntata televisiva, avvenuta mentre inseguiva il "migrante" in fuga, non prevista dal copione e quindi tagliata. Perciò stop e scena ripetuta. Anche la notte scorsa la scena si è ripetuta: la nave della Guardia costiera, il molo di Pozzallo, i migranti che scendono dalla scaletta. Lo scenario è lo stesso, ma questa volta è la drammatica realtà.
 
 

Il Tirreno, 20.6.2018
Giampaolo Simi: «La Versilia di Corbo fra calcio e violenza»
Lo scrittore racconta il suo nuovo libro «Come una famiglia». La storia comincia allo stadio dei Pini di Viareggio

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Si può parlare di un personaggio seriale, alla Montalbano?
«Neanche questo. La ragazza sbagliata non è stata e non voleva essere l’inizio di una serie. Conteneva in sé la possibilità di incontrare di nuovo alcuni personaggi, ma non era scontato che fosse così».
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E invece perché non andare oltre? In fondo Camilleri continua a riproporre puntualmente il suo commissario…
«Dario Corbo non sarà Montalbano semplicemente perché penso che questo modello seriale sia tramontato. Camilleri viene da un periodo diverso dove i serial andavano molto bene. Oggi c’è bisogno di rinnovare molto, essere esplosivi in un tempo ristretto».
Camilleri che ti precede nell’uscita ma che ti tende il testimone contenendo tra le sue pagine la cartolina che annuncia il tuo romanzo…
«Sì, è una consuetudine di Sellerio annunciare l’uscita del romanzo successivo con una cartolina tra le pagine del libro in uscita. Il problema è che arrivare in libreria due settimane dopo di lui è come fare una maratona dove gareggia anche un etiope. Alla fine sai che, bene che tu possa andare, potrai arrivare secondo. Con Camilleri, il primo posto nelle classifiche dei libri te lo puoi dimenticare...»
Concorrenza interna alla Sellerio, ma anche esterna. Come già “La ragazza sbagliata” anche con il nuovo romanzo esce in giugno, periodo di grandi nomi. In estate si legge di più?
«Beh sì, ma la tempistica ovviamente la decide la casa editrice: lo schema si ripete e vede nell’ordine: Camilleri e Simi a giugno, Stassi e Malvaldi a luglio, infine Manzini a settembre».
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Cristina Bulgheri e Claudio Vecoli
 
 

La Stampa - TTL, 23.6.2018
Giallo siciliano / Andrea Camilleri
Montalbano cerca l’assassino sul palcoscenico e trova una fìmmina che gli fa ammancare l’aria
All’indagine del commissario su un omicidio si intreccia quella dello scrittore sulla psiche del suo personaggio: che ormai vicino alla vecchiaia perde letteralmente la testa per una giovane collega e per seguirla nella nuova sede è pronto persino a chiedere il trasferimento
Categoria: Gialli
Titolo: Il metodo Catalanotti
Editore: Sellerio
Autore: Andrea Camilleri
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A un certo punto ti accorgi che non ti interessa più tanto scoprire chi è l’assassino, quanto sapere come finirà tra Montalbano e l’eterna fidanzata Livia. Perché questa volta non è più questione delle consuete «sciarriatine» telefoniche, questa volta ci sono piuttosto silenzi, stanchezza, indifferenza, e quando lei estenuata prende atto che la loro storia è alla fine, e di fronte al suo mutismo gli domanda se non ha nie[...]
Maurizio Assalto
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.6.2018
Intervista
Giancarlo De Cataldo “Palermo è una città noir parola di un camilleriano”
L'autore di “Romanzo criminale” ospite di Taobuk. “Sono un grande lettore di Natoli e dei 'Beati Paoli', che considero un libro straordinario”

Non chiamatelo scrittore di noir: le etichette, soprattutto quelle letterarie, non gli sono mai piaciute. E se abbiamo imparato a conoscerlo grazie a “Romanzo criminale”, con il suo ultimo “L’agente del caos”(Einaudi) Giancarlo De Cataldo spariglia tutto e scrive un romanzo filosofico: il noir di uno scrittore che sta scrivendo un noir, senza negarsi un pizzico di autofiction. Un libro perfetto per il tema di Taobuk di quest’anno, dove De Cataldo sarà ospite domani alle 19 in piazza IX Aprile per parlare de "Gli ingranaggi nascosti della storia".
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Quali sono gli scrittori siciliani che più ha amato?
«Adesso so che per molti suonerà banale, ma io sono un camilleriano della prima ora. Lo leggo da tempi insospettabili. Con Simonetta Agnello Hornby ci siamo detti più volte che dobbiamo escogitare il modo di proporre il Nobel a Camilleri. E poi, da grande estimatore di letteratura popolare, sono un grande lettore di Natoli e del suo “I Beati Paoli”, che considero un grande romanzo».
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Emanuela E. Abbadessa
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.6.2018
Il festival
Taormina ritorna capitale del libro e invita Oz e Strout al teatro antico

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Daria Bignardi ricorda i classi siciliani che ha amato, da Pirandello a Sciascia, «ma la mia passione è Elio Vittorini. Ci sono pagine di "Conversazione in Sicilia" che sembrano scritte stamattina - aggiunge - ma se deo pensare a un siciliano rivoluzionario credo che il liberalismo di Verga abbia contribuito non poco ai moti che hanno portato alla rivoluzione siciliana del 1848. In un altro senso, puramente linguistico, Andrea Camilleri si è inventato una lingua che prima non esisteva».
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Eleonora Lombardo
 
 

Genova Post, 23.6.2018
Domani ultimo giorno del Suq Festival con teatro, musica e incontri.

Genova - Domani, domenica 24 giugno, al Porto Antico di Genova giunge alla conclusione la ventesima edizione del Suq Festival, che conferma il crescente successo di pubblico e si avvia a superare il record dei 70.000 visitatori in 10 giorni. Tanti gli appuntamenti in programma tra Ecosuq, musica, Teatro del Dialogo e un incontro che approfondirà il tema di “donne e diritti”.
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Alle 21 all’Isola delle Chiatte la rassegna Teatro del Dialogo al Suq chiude con lo spettacolo Maruzza Musumeci - Un cunto, un viaggio attraverso una mitologia, la poesia e l’ironia. Una favola leggera, ironica, ma anche un po’ inquietante quella raccontata da Andrea Camilleri nel suo romanzo Maruzza, dove ritornano i motivi classici di una mitologia rude, selvaggia, sensuale, con la sirena, il suo canto letale, e una vendetta covata per millenni contro un Ulisse dedicato ai campi. Lo spettacolo è rappresentato in forma di monologo, o meglio di cunto, con un unico attore in scena che interpreta tutti i ruoli. Di Andrea Camilleri, con Pietro Montandon; scene e costumi Giorgio Panni e Giacomo Rigalza; regia Daniela Ardini; produzione Lunaria Teatro.
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Quotidiano.net, 24.6.2018
L'estate di Luca Zingaretti: "Caso Aldo Moro, indago io"
Dalla Sicilia dove è impegnato nelle riprese della fiction del commissario Montalbano alle Marche dove dirige il festival: "Non mi fermo mai". La nuova sfida: "Racconterò le fake news sui migranti, perché sull’accoglienza anche la sinistra ha le sue colpe"

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Dalla Sicilia dove sta girando i nuovi episodi di Montalbano lo sguardo sull’emergenza sbarchi è diretto. Senza mediazioni.
«Stiamo chiudendo il set proprio con un episodio dove il commissario va a fare una nuotata e recupera un migrante caduto in mare. Giriamo a pochi chilometri di distanza da Pozzallo ed è chiaro quanto sia grande questa tragedia umana che non può essere certo trattata come viene fatto in questi giorni».
Montalbano, sono quasi vent’anni di interpretazioni. Come sta il commissario e come sta Zingaretti?
«Il commissario sta bene. L’ho trovato molto pimpante. E io mi diverto ancora un mondo a fare questo ruolo, anche perché nessuno mi costringe, non ho contratti firmati. Lo faccio perché se è bello per un attore nell’arco di vent’anni cambiare personaggio, forse è ancora meglio, è un privilegio seguire un personaggio per così tanto tempo, avendo ancora uno scrittore vivente che modifica quel personaggio anno dopo anno. Adattandolo all’attualità, prova ne è che in questo ultimo episodio c’è la questione migranti».
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Matteo Massi
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.6.2018
L'intervista
Duilio Giammaria “La mia Sicilia è l’isola del tesoro bisogna solo disseppellirlo”

«Io ho viaggiato molto, in luoghi lontani e in zone di guerra ma ogni volta che vengo in Sicilia ho la sensazione di spaesarmi, di arrivare in un luogo esotico dove avverti il fascino della continua scoperta.
Provo la gioia e lo stupore del viaggio e insieme trovo il luogo simbolo dei tanti tesori che l'Italia possiede e che bisogna riscoprire, che è il cuore delle inchieste della mia trasmissione».
La Sicilia è "l'isola del tesoro" per Duilio Giammaria, giornalista barese classe 1960, un inizio in radio e poi a Mixer di Giovanni Minoli, al Tg1 in redazione Esteri e reporter di guerra in Iraq e Afghanistan, poi conduttore di Uno Mattina e adesso ideatore e conduttore di "Petrolio" su RaiUno. Proprio con "Petrolio" ha raccontato l'Isola più volte, l'ultima nelle due puntate in prima serata, in particolare la seconda "Eredi Unici" andata in onda mercoledì scorso.
Come ha scoperto la Sicilia?
«All'inizio con la cronaca, i grandi racconti sulla mafia di cronisti come Saverio Lodato e Attilio Bolzoni, poi la riscopro quando metto piede per la prima volta a Palermo per la trasmissione di due anni fa "Sicilia l'isola del tesoro". Ho avvertito che era l'esempio migliore dei tesori da scoprire, da riscoprire, che spesso abbiamo sotto gli occhi ma non sappiamo valorizzare, proprio la vocazione di "Petrolio". Non a caso quella puntata che fece parte di una serata tematica con un episodio di Montalbano in prime time fece un record di ascolti».
Nel raccontare la Sicilia c'è sempre il rischio degli stereotipi, non solo la mafia ma anche la classica immagine della Vuccirìa e dei mercati quasi come unico simbolo "turistico".
«Solo chi non vuole dire ciò che ha visto si rifugia negli stereotipi in una terra come questa. Io ho visto una Sicilia rapidamente diventata nuova che cerca nuovi equilibri anche sociali e che vede la nascita di nuove imprese. Nella puntata di Petrolio raccontiamo una grande trasformazione immobiliare a Palermo, una lotta contro il degrado che non si può completare in pochi anni ma che è iniziata grazie alla consapevolezza degli abitanti. C'è la voglia di risolvere i problemi».
Parlava di Montalbano, sembra diventato uno dei migliori testimonial della Sicilia.
«Se vogliamo è uno stereotipo anche questo ma lo è in positivo.
Una grande intuizione di Carlo Degli Esposti, grandi gialli di Andrea Camilleri che diventano un mezzo per far vedere la Sicilia con più serenità, con la sua grande bellezza, anche parlando di omicidi ma senza, come dire, farla schiacciare dalla mafia».
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Gioacchino Amato
 
 

Repubblica Tv, 25.6.2018
Migranti, Montalbano e l'abbraccio a chi arriva dal mare: il backstage delle nuove puntate

Il lavoro della Guardia costiera, l'attesa al porto, la fine delle sofferenze per chi ha viaggiato per giorni aspettando di raggiungere una meta. Queste immagini che sembrano arrivare direttamente da una delle vicende d’attualità sono in realtà un backstage per annunciare la fine delle riprese dei due nuovi episodi di 'Il commissario Montalbano', che proprio al tema dei migranti sono dedicati: 'Una storia del '43' e 'L'altro capo del filo', diretti da Alberto Sironi e interpretati da Luca Zingaretti, andranno in onda su RaiUno nel 2019. "Un video che vuole rappresentare - spiega il produttore Carlo Degli Esposti – quello che con Andrea Camilleri pensiamo a proposito della questione dei migranti: un grande abbraccio al mare e a chi arriva dal mare".
 
 

Il Secolo XIX, 26.6.2018
In tutta la Liguria
Da Camilleri a Frida Kahlo, torna il Festival di una Notte d’estate

Genova - Da Frida Kahlo al Mattia Pascal di Pirandello, dal mito della Medea “declinato” in diverse versioni alla Maruzza Musumeci di Andrea Camilleri: la 21esima edizione del Festival di una Notte d’estate del teatro Lunaria è tutta incentrata sul tema dell’identità, e sui diversi percorsi che si possono intraprendere per trovarla. O per perderla: la rassegna, presentata nel chiostro di San Matteo, nel cuore del centro storico del capoluogo ligure, andrà in scena del 5 luglio al 2 agosto e si sposterà anche in tutta la Liguria, portando in giro storie e personaggi.
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E sarà ancora Pietro Montandon, sulla scia del Mattia Pascal, a portare in scena l’altro spettacolo di punta del festival, “Maruzza Musumeci”, trasposizione dell’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, presentata in anteprima lo scorso anno e riproposta questa stagione in diverse tappe: il 27 luglio nella piazza del porticciolo di Vernazza, il 18 agosto sulla terrazza della fortezza dell’Annunziata a Ventimiglia, il 22 agosto a Villa Durazzo di Santa Margherita Ligure, il 24 agosto in piazza Trento e Trieste a Bogliasco e il 25 agosto a Chiavari.
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Andrea Barsanti
 
 

La Repubblica, 27.6.2018
Canal Grande
Una sola certezza: il commissario Montalbano

Zingaretti capo dell'opposizione. Per Nicola si vedrà, per il fratello Luca è - simbolicamente - cosa fatta visto che la più forte proposta in video in queste ore è il backstage che gira sul web dei nuovi episodi di Montalbano. C’è il commissario che atterra su una nave di soccorsi e c’è soprattutto quell’abbraccio finale, sorridente, al mare aperto. Oggi la Rai più in bilico di sempre presenta i suoi palinsesti e la certezza dei Montalbano futuri è l'unic luce potente all'orizzonte: comunque andrà a finire, qualunque mattana progettuale (e sarà una valanga) verrà rilasciata prossimamente dai nuovi padroni, sarà una brezzolina leggera - andarci piano con le metafore è un dovere - rispetto al faro luminoso acceso dal Commissario... [...]
Antonio Dipollina
 
 

La Repubblica, 27.6.2018
Rai, l'autunno caldo delle fiction: le novità 'L'amica geniale' e 'Il nome della rosa'
Attesissimo il primo adattamento tv del capolavoro di Umberto Eco e la trasposizione dai bestseller di Elena Ferrante, la Rai non dimentica i suoi cavalli di battaglia: dal commissario Montalbano all’ispettore Coliandro fino a Rocco Schiavone, oltre a un format inedito a firma Antonio Albanese

Serie evento, eroi letterari e coproduzioni internazionali che portano i titoli di Rai Fiction in giro per il mondo. Parola d’ordine per il direttore Tinny Andreatta, 'qualità', declinata in tutti i formati. Solo il Festival di Sanremo, Fiorello, il calcio e la fiction d’autore (Montalbano su tutti) riescono a incollare davanti alla tv – vista la frammentazione degli ascolti – milioni di spettatori.
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Si dovrà aspettare il 2019 per i due nuovi episodi del Commissario Montalbano, ('Una storia del '43' e 'L'altro capo del filo', diretti da Alberto Sironi, legati al tema dei migranti) interpretati da Luca Zingaretti. Ormai un classico, campione d’ascolto anche in replica, il commissario creato da Andrea Camilleri nel 2018 ha battuto tutti i record.
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Silvia Fumarola
 
 

Mangialibri, 28.6.2018
Il metodo Catalanotti
2/3
Autore: Andrea Camilleri
Genere: Romanzo
Editore: Sellerio 2018

Stavolta “quella grannissima camurria del tilefono” alle tre di notte non si traduce nella solita ammazzatina annunciata alla sua maniera da Catarella. È invece un Mimì Augello piuttosto stravolto che dopo un attimo è già dietro la porta “con l’occhi che mannavano lampi di foco”. La cosa che gli è capitata, in effetti, è strana assai e potenzialmente pericolosa. Mentre si accingeva a trascorrere una notte appassionata con la moglie di un medico approfittando del turno in ospedale, i due amanti erano stati interrotti sul più bello dall’uomo che era tornato a casa perché non si sentiva tanto bene. A Mimì non era restato che calarsi dal balcone, entrare in quello dell’appartamento sottostante e cercare di uscire dalla porta approfittando della finestra lasciata aperta. Ma al buio aveva distinto una forma umana distesa sul letto che stranamente non si era accorta della sua presenza, nonostante il fracasso che aveva fatto inciampando in una sedia. Era così che, tastando, s’era accorto che la forma umana era un cadavere gelido vestito di tutto punto. Adesso è lì a chiedere consiglio a Montalbano; tuttavia la conclusione è che, in realtà, non c’è molto da fare a meno – nella migliore delle ipotesi – di mettere in difficoltà l’amica di Mimì. L’unica è aspettare e farsi venire qualche idea a mente fresca. Il giorno dopo, però, in commissariato Montalbano l’ammazzatina la trova comunque; è stato rinvenuto un cadavere – anche questo elegantemente vestito da capo a piedi e sul suo letto, proprio come il cadavere di Mimì – e la scena del delitto appare a tutti una vera e propria messinscena. Il morto è Carmelo Catalanotti, un cinquantino con una specie di doppia vita. Dalle indagini, infatti, emerge che faceva l’usuraio, benché di basso profilo, aveva una grande passione per il teatro e faceva parte della dirigenza di una filodrammatica di paese alla quale si dedicava con grande impegno. Poiché si occupava della regia, sceglieva gli attori seguendo un metodo tutto suo basato su modalità per certi versi discutibili, mirate a verificare la capacità dei candidati ad attingere al proprio vissuto, alle proprie emozioni e fragilità, alle proprie esperienze più intime per essere capaci di portare sulla scena il “similvero”. Ogni aspirante attore veniva sottoposto ad una serie di prove e tutto il percorso – pericoloso quando incrociava personalità borderline – era meticolosamente registrato da Catalonotti in fascicoli che vengono rinvenuti in un archivio e sui quali presto si concentra l’attenzione del commissario. A complicare le indagini, il misterioso ferimento di un bravo giovane stranamente omertoso e soprattutto il nuovo responsabile della Scientifica, la bella Antonia Nicoletti…
Ha raccontato il vecchio Maestro che l’idea di fondo di questo nuovo romanzo sia nata da una domanda rivoltagli da sua moglie, che un giorno gli ha chiesto perché ha ambientato Montalbano in tanti ambiti diversi e mai a teatro. E così questa indagine del personaggio più famoso di Andrea Camilleri diventa un vero e proprio omaggio al suo primo e grande amore e ha il cuore della trama nel particolarissimo metodo che dà il titolo al romanzo. Il fù Catalanotti, ossessionato dalla rappresentazione teatrale fondata sulla ricerca del similvero, cercava i suoi attori tra coloro che avessero la capacità di mettersi a nudo, il coraggio di penetrare in se stessi fino a far emergere la verità del proprio essere più profondo, facendo cadere qualunque maschera più o meno consapevole. Una metodica ispirata al teatro d’avanguardia del polacco Grotowski ma spinta all’estremo fino a giocare pericolosamente con quella materia liquida e instabile che è la mente e il cuore dell’uomo. Da questo punto di vista il romanzo è apprezzabile e anche, per certi versi, originale, nonostante presto al lettore tutto si faccia abbastanza chiaro. Ma, come è noto a tutti, della serie dedicata a Montalbano, benché certo importante, l’elemento fondamentale non è certo l’indagine. Il punto di forza – oltre che nella lingua alla quale siamo affezionati e che continua a divertirci – è soprattutto nei personaggi e nell’ironia. Qui l’ironia scarseggia, i personaggi (tranne forse Mimì) sono messi decisamente da parte e persino la trama è quasi secondaria rispetto alla vicenda personale di un Montalbano ormai irriconoscibile. L’intento, negli ultimi romanzi, è quello dichiarato di accompagnare il personaggio in una fase diversa della sua vita ma, francamente, il risultato – soprattutto stavolta – non è un romanzo introspettivo, non è un Montalbano che intenerisce con la sua fragilità quanto una figura che spesso sfiora il ridicolo quando non il patetico. Sente di essere giunto ad un punto in cui deve cogliere l’ultima occasione che la vita gli offre sotto le spoglie di una trentenne aggressiva e sicura di sé; il risultato è che in buona parte del romanzo lo troviamo a specchiarsi, a fare flessioni per la pancetta, a spendere un patrimonio in profumi e cremine, a rifarsi un guardaroba moderno per poi risultare ridicolo ai suoi stessi occhi, a dimenticare e trascurare cose importanti nelle indagini, e addirittura ad usare ripetutamente la casa della vittima come pied-à-terre per fare sesso con la giovane collega, con la scusa delle carte di Catalanotti da esaminare. Del Montalbano che abbiamo conosciuto, insomma, sembra essere rimasto molto poco, al punto che riesce a farci diventare simpatica persino la povera Livia, che davvero è diventata personaggio marginale nelle storie e nella vita del commissario, ma che non merita il trattamento che le viene riservato. La caduta di stile è talmente evidente che il personaggio appare imbarazzante e quasi la caricatura di se stesso, e con buona pace dei simpatici rimproveri che ha sempre riservato in passato al fimminaro Augello, adesso sembra lui stesso suggerire al lettore non la parabola discendente di un uomo che non vuole negarsi “gli ultimi fuochi”, come li definisce, quanto piuttosto antichi proverbi popolari volgari che raccontano di buoi e carri e che esortano a ricordare che ogni lasciata è persa. Anche in questo aspetto Camilleri ha forse voluto proporre il similvero giocando con il lettore, sbilanciando però troppo la trama verso aspetti che prendono il sopravvento? Non si tratta, infatti, soltanto di un fatto “affettivo” nei confronti di un personaggio scolpito nell’immaginario e ora smarrito, ma della pesante deformazione che questo smarrimento comporta sulla trama e sulla scrittura. E no, carissimo e amatissimo Maestro, abbiamo amato un personaggio diverso e questa non è la fine che ci saremmo aspettati. Del reale sappiamo già abbastanza.
Alessandra Farinola
 
 

fanpage, 29.6.2018
Andrea Camilleri: “L’ultimo Montalbano è un dialogo tra me, il personaggio letterario e Luca Zingaretti”
https://youmedia.fanpage.it/video/ab/Wyd_u-Swr1b-Mpot

Siamo andati a casa di Andrea Camilleri in occasione dell’evento “Conversazione su Tiresia” in programma lunedì 11 al Teatro Greco di Siracusa, uno spettacolo che…

Siamo andati a casa di Andrea Camilleri in occasione dell'evento "Conversazione su Tiresia" in programma lunedì 11 al Teatro Greco di Siracusa, uno spettacolo che vede per la prima volta il 93enne scrittore siciliano portare in scena un suo testo a teatro. Prodotto dall'Istituto Nazionale del Dramma Antico, con la regia di Roberto Andò, a cura di Valentina Alferj. Durante la nostra conversazione a proposito di Tiresia (che trovate qui) abbiamo parlato con Camilleri anche di molti altri temi, come: La fine di Montalbano, la cecità, il bipolarismo dello scrittore e il rapporto con Dio e la spiritualità. Ne viene fuori un ritratto a 360 gradi, potente e antiretorico, che restituisce la complessità di uno degli intellettuali (scrittore, regista di teatro, cinema e radio) più importanti del secolo scorso.
L’età del dubbio
Io sono sempre stato un dubbioso, meditavo a lungo prima di fare qualcosa, poi però arrivato a un certo punto decidevo che era venuta l’ora di troncare con i dubbi. Oggi però è un po’ più complesso perché meno faccio, data la cecità, e più mi sorgono dubbi. Quindi l’età del dubbio non solo non è finita, ma si è addirittura estesa.
I vizi osceni
Io sono stato un individuo che per anni si beveva una bottiglia di whisky a digiuno la mattina e quindi poi nel pomeriggio e la sera non beveva per nessun motivo, quindi succedeva che quelli che mi conoscevano la mattina pensavano fossi un alcolizzato, quelli che mi conoscevano pomeriggio e sera dicevano: ‘Ma no, è astemio’. Dualismo! Io credo che tutti noi siamo bipolari, lo scrittore è colui che fa emergere questa bipolarità”.
L’ultimo Montalbano
In prossimità degli 80 anni, temendo l’arrivo dell’Alzheimer, mi venne in mente come far finire Montalbano e lo scrissi e lo mandai a Elvira Sellerio. Quindi la fine di Montalbano io l’ho già scritta più di tredici anni fa. L’ho ripreso in mano recentemente e ci siamo accorti con Valentina (Alferj, ndr) che andava riscritto, perché in questi tredici anni la mia scrittura ha subito un’evoluzione. Perciò Montalbano è stato riscritto solo dal punto di vista della scrittura, non del plot o dell’aneddoto che racconta. Finirà Montalbano, nel momento in cui finisco io, finisce anche lui, ma Montalbano non muore, né va in pensione. Montalbano è un personaggio letterario e muore come possono morire solo i personaggi letterari. Non vi dirò di più perché ci tengo molto. Vi posso solo dire che non è tanto un romanzo, quanto un metaromanzo dove il personaggio discute con me e discute anche con l’altro Montalbano, quello che appare in televisione (l’attore Luca Zingaretti, ndr).
“La merda porta fortuna”
Ero un ragazzino di quindici anni e nel retro della nostra casa di campagna c’era il pozzo nero. Questo pozzo nero era coperto da alcune assi di legno. Un giorno io giocavo proprio in questo retro casa con un mio compagno. Ad un tratto avanzai di tre passi quando la terra si aprì letteralmente sotto di me e mi trovai col liquame fino alla gola. Non solo, sentivo che i miei piedi erano poggiati su una grossa pietra scivolosissima, bastava che scivolassi per annegare… nella merda. Così mi aggrappai a questi rottami, fin quando vidi passare una contadina. Riuscì soltanto a mugolare qualcosa e lei mi vide e inizio a urlare: ‘Dio mio’ e corse a chiamare mio zio. Mio zio arrivò di corsa, prese un intero asse di legno, si mise in equilibrio e mi tiro fuori. Mentre mi lavavano con pompe e catini, la contadina mi ripeteva: ‘Don Nenè, tutta ricchezza è, tutta fortuna! O sape la merda porta fortuna?’. E devo dire che la contadina aveva ragione, perché la mia è stata una vita fortunata, ho vissuto facendo ciò che più mi piaceva. Non ho rimorsi, non ho rimpianti.
La malinconia della cecità
La cosa che mi ha fatto diventare realmente malinconico è non vedere più le donne, la bellezza femminile e poi non vedere più le tele che ho amato. Non i paesaggi, ma le tele, le pitture. Uno dei primi esercizi che ho fatto non vedendoci è ricostruirmi mentalmente la “Flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca e cercare di ricordare i colori dei tre personaggi a destra, dei vestiti che indossano. E poi mi piace andare subito a letto, perché nel sonno, rivedo. Nel sonno vedo benissimo, ogni tanto mi sorge la domanda: ‘Ma non sei cieco?’, alla quale mi rispondo: “Non ha importanza per ora stai vedendo”. Vedo con colori vivissimi, mi arrivano con una bellezza, una forza straordinarie. Ho scoperto con l’età che tutti gli altri sensi corrono in soccorso di quel senso che ti viene a mancare. Tocco tutto, il tatto mi è diventato sensibilissimo, fumando tanto inevitabilmente avevo perso un po’ dell’odorato, del gusto… mi è tornato tutto! Il corpo umano è veramente miracoloso.
Dio e la spiritualità
Ho avuto i miei momenti in cui vorrei sentirmi tutto spirituale. Non ci sono mai riuscito perché il corpo ha sempre vinto. Naturalmente le limitazioni che comportano l’età ti fanno sempre più pensare a qualcosa d’oltre che non è Dio, non so, qualcosa… Ma la volete sapere qual è la vera ragione per la quale sono qua? È perché a 93 anni, dopo aver scritto oltre cento libri, creato situazioni di continuo, personaggi, aver fatto il regista di teatro, di televisione, di radio, ecc… in questo silenzio che si sta creando dentro di me, mi è venuta la voglia non di capire, perché sarà assai difficile capirla, ma di intuire cosa possa essere l’eternità.
Ai lettori di Fanpage.it
Posso dirvi solo una cosa: non demordete mai dalla vostre idee. Se ne siete convinti mantenetele fino all’ultimo. Devo citare Julien Benda: “Che le vostre risposte siano, sì – no. E soprattutto non cercate di spiegare il sì e il no, perché ogni spiegazione è già un compromesso”.
Andrea Esposito
 
 

Libreriamo, 30.6.2018
Libri
Gli 8 scrittori con cui i lettori vorrebbero andare a cena

Milano – Abbiamo chiesto ai nostri lettori attraverso un sondaggio Facebook con quale scrittore andrebbero volentieri a cena, chiacchierando davanti ad un buon piatto e – perché no! – un bicchiere di vino. Tra i tanti nomi emersi, ecco gli 8 autori che riscuotono più simpatie tra i fan di Libreriamo, con alcuni commenti di voi utenti.
Andrea Camilleri
L’autore siciliano padre del comissario Montalbano è il più desiderato come commensale. Autore di più di cento libri editi da Sellerio, quest’anno compirà 93 anni ma la sua avventura letteraria non accenna a fermarsi.
Elvira Foresta: “Camilleri, senza esitazione. Un tripudio di Sicilia letteraria e culinaria!”
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Corriere della Sera, 30.6.2018
Camilleri: «Non vedo, gli altri sensi vanno in soccorso». Ma non sempre i ciechi riescono a «compensare»
Abbi (Audio Bracelet for Blind Interaction) è uno strumento pensato per i piccoli non vedenti o ipovedenti, per aiutarli a orientarsi nello spazio e interagire con gli altri

«Non vedere più le donne, non vedere più la bellezza femminile. Questa è la cosa che mi ha fatto diventare realmente malinconico. E poi non vedere più le tele che ho amato, non i paesaggi, ma le tele, le pitture. Uno dei primi esercizi che ho fatto non vedendoci è ricostruirmi mentalmente la Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca e cercare di ricordare i colori dei tre personaggi a destra, dei vestiti che indossano. E poi mi piace andare subito a letto, perché nel sonno rivedo. Nel sonno vedo benissimo, ogni tanto mi sorge la domanda: “Ma non sei cieco? Non ha importanza, per ora stai vedendo”. Vedo con colori vivissimi, mi arrivano con una bellezza, una forza straordinarie». «Ho scoperto che tutti gli altri sensi corrono in soccorso di quel senso che ti viene a mancare. Tocco tutto, il tatto mi è diventato veramente sensibilissimo. Il corpo umano è miracoloso». In un’intervista a Fanpage.it lo scrittore 92enne Andrea Camilleri, “papà” del commissario Montalbano, parla in questi termini della propria cecità.
Non sempre chi non vede «sente» meglio
«Pensiamo che sia così in generale, ma non lo è sempre» spiega Monica Gori, psicologa esperta in robotica per dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova che ha approfondito molto le problematiche relative al rapporto fra carenza di vista e percezioni acustiche. «Ci sono casi in cui le persone con disabilità visiva hanno capacità uditive più sviluppate, per esempio nella localizzazione di un suono nello spazio, ma ci sono anche casi in cui, per esempio, c’è una difficoltà maggiore a capire fra tre suoni se quello in mezzo è più vicino al primo o all’ultimo. E questa è una situazione comune, perché è proprio ciò che accade in contesti naturali. Inoltre è da precisare che una persona come Camilleri può aver certamente notato un’aumentata abilità di localizzare i suoni, ma bisogna considerare che in passato ha avuto un’esperienza visiva e quindi ha potuto sviluppare negli anni una capacità di capire lo spazio acustico e anche tattile, perché la visione contribuisce a costruire una percezione dello spazio. La situazione è però decisamente più problematica per chi non ha mai visto. Ci sono ricerche che dimostrano come possa verificarsi in diversi casi maggior problemi a capire quanto un suono è distante ma anche quanto è alto o basso, non in termini di frequenza ma di provenienza».
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Luigi Ripamonti
 
 

D - La Repubblica, 30.6.2018
Antonio Manzini
A tu per tu con l'autore della saga di Rocco Schiavone e romanzi come Orfani bianchi. A ottobre nuovo libro. E una serie tv, sull'Italia
Cliccare qui per l'articolo in pdf

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Cosa l'ha influenzata?
«Le persone, più che le letture. [...] E l'ex prof all'Accademia Andrea Camilleri, adesso che non ci vede, ogni giorno gli leggo e invio una poesia audio. E ci divertiamo a prenderci in giro. Oggi invece si prendono tutti sul serio, la gente si sente sempre offesa, vero?».
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Laura Piccinini
 
 

succedeoggi, 6.2018
Consigli per gli acquisti
Camilleri in scena
Tre gialli per l'estate: un'inchiesta "teatrale" per il commissario Montalbano invecchiato ad arte da Andrea Camilleri; un giallo portoghese per Giovanni Valentini e un furto sul treno Alta Velocità per Antonio Manzini

Teatro. Gliel’ha suggerito la moglie, ma era inevitabile che Andrea Camilleri prima o poi inserisse l’ambiente teatrale in un suo romanzo. L’ha fatto con Il metodo Catalanotti (Sellerio, 291 pag., 14 euro). Del resto per una vita intera si è occupato di regia, copioni e attori. Il racconto s’inizia con due cadaveri. Uno dei due è Carmelo Catalanotti, usuraio e anche semi-impresario e semi-regista. Una schizofrenia di vita. L’autore indaga ed è curioso nel delineare una figura complessa. Gli indiziati sono tanti.
Il commissario Montalbano è invecchiato, la noiosa fidanzata Livia gli impone da lontano una dieta, spesso disattesa da un uomo che, pur consapevole di alcuni acciacchi, non rinuncia alla libertà di scelta. L’avanzare degli anni lo induce a comportarsi da adolescente con un “amorazzo“ (bellissima, e capo della Scientifica). Lo stesso vale per l’abbigliamento, tanto è vero che si veste da figurino. Lo sfondo narrativo riguarda il sociale. L’autore commenta le novità politiche italiane: «Avrebbiro continuato a diri di NO a ogni cosa, nella speranza di arrinesciri accussì il potiri per po’ finiri come a tutti l’autri». Insiste sulla disoccupazione e altri temi scottanti del nostro paese. Un romanzo aggrovigliato e affascinante, forse con troppi personaggi e scenari.
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Pier Mario Fasanotti
 
 

 


 
Last modified Friday, September, 22, 2023