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RASSEGNA STAMPA

FEBBRAIO 2019

 
Il Messaggero, 1.2.2019
Luca Zingaretti «Montalbano? L’hanno visto in tv un miliardo di fan»

Per festeggiare i suoi vent’anni in tv, Montalbano torna con due nuovi episodi. E soccorre i migranti. Nelle prime scene de L’altro capo del filo, il film ispirato all’omonimo romanzo di Andrea Camilleri (Sellerio) in onda su Rai1 in prima serata lunedi 11 febbraio, il commissario più amato dagli italiani, interpretato come sempre da Luca Zingaretti, sopraintende con abnegazione e umanità a uno sbarco nella sua Vigata. Mette in galera due scafisti stupratori, raccoglie in mare il cadavere di un profugo. E a chi gli prospetta la potenziale “pericolosità” dei migranti, ribatte: «Ancora la storia secondo cui i terroristi dell’Isis entrerebbero qui con i barconi?».
Dunque anche la fiction italiana più popolare ed esportata nel mondo (solo nel nostro Paese, i 34 episodi hanno totalizzato tra prime visioni e repliche la bellezza di un miliardo e 179.869 spettatori) affronta un tema di scottante attualità a rischio di “contraddire” la politica del governo sugli sbarchi. Ma la Rai nega qualunque imbarazzo: Camilleri ha scritto il romanzo tre anni fa, replicano a una voce la direttrice di Rai1 Teresa De Santis e il capo di RaiFiction Eleonora Andreatta, inoltre cinema, tv e letteratura «hanno sempre offerto spunti di riflessione sulla contemporaneità», per questo «le polemiche non ci riguardano». Zingaretti, che nel 1999 prestava per la prima volta carisma, ruvidezza e onestà intellettuale alla creatura di Camilleri (in Il ladro di merendine) intingendola nei colori e nei sapori della sua Sicilia, torna ora in due nuovi episodi: L’altro capo del filo, che lo vede indagare sull’omicidio di una sarta (Elena Radonicich), sarà seguito il 18 febbraio da Un diario del ’43 che racconta tre storie nate da un altro sbarco: quello degli americani, avvenuto 70 anni fa. L’attore, 57 anni e due figlie, spegne felice le 20 candeline della fiction e racconta la sua avventura.
Innanzitutto: la pensa come Montalbano sui profughi?
«Sono un attore, recito le battute del copione. Quello che penso sui migranti l’ho detto nel 2016 nel monologo Stronzate. Nessuna polemica politica. Il fenomeno delle migrazioni ha proporzioni bibliche e nasce dalla frattura sempre più profonda tra povertà e ricchezza. Da uomo di mare e da cattolico credo che il soccorso sia un dovere».
E un attore ha il dovere di esporsi sui temi di attualità?
«Non sempre. A volte le opinioni vengono espresse in modo inappropriato e poi i social distorcono tutto. Prima di parlare, bisogna pensarci bene».
Restando sull’attualità: la sinistra ce la farà, grazie a suo fratello Nicola, a risollevarsi?
«Proprio perché coinvolge Nicola, preferirei non parlare di questo argomento».
Parliamo allora di Montalbano: cosa rappresenta per lei?
«Una figura paterna. Del mio vero padre, il commissario ha il senso etico, il rigore, l’incapacità di farsi comprare».
È mai stato tentato di abbandonare il personaggio?
«Certo. Nel 2008 ero proprio deciso: pensavo che avessimo ottenuto i massimi risultati e preferivo uscire di scena con l’applauso, prima che il pubblico si stancasse. Ma poi ho passato tre anni a rimpiangere Montalbano: mi mancavano i luoghi, le persone, i riti, la drammaturgia. Ho avuto coraggio, sono tornato e mi è andata bene: abbiamo tagliato le gambe alla concorrenza».
Com’è cambiato, in tutto questo tempo, il commissario?
«Poco. Cambia il mondo, cambia lo sfondo, ma Montalbano è sempre lo stesso perché così lo vuole il pubblico. Deroga alla legge che considera ingiusta, si assume le sue responsabilità, applica la sua personale visione del mondo. E io ho avuto il privilegio di interpretarlo per ben 34 volte. Se non avessi fatto Montalbano, oggi sarei diverso».
La squadra della fiction non è mai cambiata dal regista Alberto Sironi al produttore Carlo Degli Esposti, fino agli attori Peppino Mazzotta, Cesare Bocci, Angelo Russo, Sonia Bergamasco. Manca solo Marcello Perracchio: faceva il dottor Pasquano ed è scomparso nel 2017.
«Ed è stato un grande dolore per tutti. Nell’episodio Un diario del ’43 racconteremo la sua morte: è la scena più commovente che abbia mai interpretato».
Dica la verità: Salvo Montalbano sposerà la sua Livia?
«Quando mai. I due si lascerebbero subito. Lei sopporterebbe quel rompiscatole appena cinque minuti».
[...]
Gloria Satta
 
 

il manifesto, 1.2.2019
Visioni
Montalbano, storie di migranti che agitano la Rai
Televisione. L'11 e 18 febbraio i due nuovi episodi del commissario, in «L’altro capo del filo» il giallo si intreccia con gli sbarchi

Roma. Vent’anni di carriera festeggiati con una torta fatta entrare nella Sala A di viale Mazzini, prima della conferenza stampa di presentazione dei nuovi episodi del commissario protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri. Montalbano torna l’11 e il 18 febbraio in prima serata su Rai1 rispettivamente con L’altro capo del filo e Un diario del ’43. Il primo si muove su due binari paralleli: accanto all’omicidio di una giovane sarta a Licata racconta la tragedia dei migranti che arrivano in Sicilia. E il film tv si apre proprio sulle immagini di questo sbarco: «Sembra che un ragazzo si sia gettato nel mare, magari è scappato, potrebbe essere uno dell’Isis, non credi?» dice un collega al commissario: «Ancora con questa storia dei terroristi che vengono con i barconi», ribatte Montalbano.
TEMA SCOTTANTE che ha fatto drizzare le orecchie – sembra – a più di un esponente del governo e ai piani alti della Rai. Il caso della fiction di Fiorello sul sindaco di Riace bloccata da mesi e le polemiche sanremesi con Baglioni protagonista, testimoniano la delicatezza dell’argomento e i mal di pancia della maggioranza. La direttrice di Rai 1, Teresa De Santis, smorza le polemiche: «Non c’è dell’imbarazzo in nessun modo. Montalbano offre molti spunti di riflessione. Le polemiche politiche in questo momento non ci riguardano. La migrazione è un tema molto complesso che ci riguarda tutti, qui se ne affronta uno, è un punto di vista che viene raccontato». Fronte compatto quindi per evitare altre polemiche, a cui si accoda lo stesso Luca Zingaretti che taglia corto: «Io sono un attore e recito un copione e la mia posizione sulla questione migranti l’ho espressa in un monologo che ho portato in scena qualche anno fa». Ma c’è anche la grana legata allo spostamento dell’appuntamento del lunedì di Che tempo che fa il talk show di Fabio Fazio – in disaccordo con le politiche governative sui migranti e a cui Salvini ha da tempo dichiarato guerra – al martedì 12 febbraio per far posto a uno speciale Porta a porta condotto da Bruno Vespa. De Santis spiega che: «Il 10 febbraio ci sono le elezioni in Abruzzo. Vespa è l’icona dell’informazione per noi. Come è successo molte volte e come succederà per altre occasioni analoghe, la messa in onda di Porta a porta sarà anticipata al lunedì».
SE VIALE MAZZINI cerca toni soft – non si ferma una fiction dagli ascolti stellari – la posizione di Camilleri nel suo romanzo è chiara, una storia che introduce anche il tema dell’integrazione con i personaggi di un medico tunisino (Ahmed Hafiene) e una giovane interprete (Eurydice El-Etr) che lavora nella sartoria di Elena (Elena Radoninich), una vicenda che si intreccia con la vicenda degli sbarchi e la violenza carnale su una giovane ad opera di due scafisti. Ed è racchiusa tutta nella «pietas» della scena in cui Montalbano si lancia in mare e raccoglie il corpo di un migrante per poi depositarlo sulla spiaggia coprendolo con un telo.
IL FIL ROUGE della migrazione caratterizza anche l’altro episodio Un diario del ’43 che sviluppa tre storie che arrivano a Montalbano dal passato: il ritrovamento di un diario intriso di ideologia fascista scritto nel 1943 ad opera di un ragazzo di quindici anni, che confessa di aver compiuto una strage dopo l’8 settembre. Vicenda che si intreccia con l’arrivo di un novantenne di origini americane – emigrato negli anni 40 – e la morte violenta di un altro novantenne, un ricco imprenditore di Vigata.
Fuor di polemica, la macchina Montalbano macina record su record, 34 episodi venduti in 60 paesi, ascolti altissimi – i due film del 2018 oltre i 12 milioni di spettatori. Ma sommando le innumerevoli repliche, la Rai ha calcolato – solo in Italia – quasi 1 miliardo e 200 mila affezionatissimi fan.
Stefano Crippa
 
 

La Repubblica, 1.2.2019
La fiction. Un miliardo e 200 mila spettatori per il personaggio più amato dagli italiani. L'11 febbraio su Rai1 "L'altro capo del filo" dedicato ai migranti, nuovo film di una serie che non ha mai perso di vista i temi sensibili della cronaca
Con Montalbano 20 anni di indagini nel mondo reale

Roma. «Ci siamo commissario, la nave è a quattro ore dal porto». Montalbano aspetta con gli uomini della Guardia costiera. «Pare che durante la traversata un ragazzo si sia dato per mare», gli dice un collega «lo stanno cercando. Magari è sbarcato, potrebbe essere uno dell'Isis non credi?». «Ancora con questa storia che quelli dell'Isis vengono con i barconi dei migranti» taglia corto il commissario. La bellissima voce di Olivia Sellerio che canta la disperazione "dell'uomo a mare", accompagna le immagini di L'altro capo delfilo, il primo dei due nuovi film con Zingaretti -Montalbano (su Rai l'11 febbraio; il 18 andrà in onda Un diario del '43).
Sono passati vent'anni da quando i film tratti dai libri di Andrea Camilleri sono arrivati in tv: oggi sono un classico, un fenomeno unico. «Cambia il mondo ma il personaggio di Montalbano è sempre quello, perché lo vuole il pubblico» dice Luca Zingaretti, festeggiato in Rai con una torta insieme al produttore Carlo Degli Esposti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta. «L'emozione più grande è stato il primo ciak, le prime due A annate furono fantastiche perché cominciavo a scoprire il mondo di Camilleri» spiega l'attore «abbiamo lavorato sempre in grande armonia. Sono cambiato, perché tutti cambiano in vent'anni. Sicuramente sarei un uomo diverso se non avessi intrapreso quest'avventura». Per il direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta «letteratura, tv e cinema tengono dentro la contemporaneità; i due nuovi episodi sono legati alla pietas e alla giustizia. Una delle scene più forti è quella in cui Montalbano raccoglie un corpo minare»: il commissario nuota perché non venga trascinato al largo, poi con Livia (Sonia Bergamasco) lo copre con un asciugamano. Le lacrime di Catarella che parla dell'incontro con la migrante incinta e supplica Montalbano «di essere esentato dal servizio del porto» colpiscono al cuore. Ma Camilleri racconta al tempo stesso l'integrazione grazie alle figure del dottor Osman (Ahmed Hafiene), che collabora con la polizia, e Meriam (Eurydice El-Etr) assistente della sarta Elena (Elena Radonicich).
La grandezza dello scrittore sta nella capacità di tenere insieme un racconto teatrale, ambientato in un paese immaginario che diventa palcoscenico, ricco di caratteri, con la realtà italiana. La capacità di essere contemporaneo ha una forza dirompente. La tragedia dei migranti è solo l'ultimo dei temi affrontati dalla serie (che in venti anni, comprese le repliche, ha sfiorato un miliardo 200 mila spettatori). Nel 2005 va in onda Il giro di boa (scritto nel 2003). Montalbano è un servitore dello Stato che dopo il G8 di Genova si sente spiazzato. L'irruzione alla scuola Diaz che ospitava i no-global, gli interrogatori nella caserma di Bolzaneto con abusi e violenze rimbalzano a Vigata. Catarella è disperato per le scritte - «sbirri farabutti assassini» - comparse sui muri del commissariato. Montalbano cerca il questore, vuole dimettersi. «Me ne voglio andare. Hai letto i giornali?» urla a Mimì Augello « in quella caserma, a fabbricare prove false, non è stato qualche agente isolato, violento... C'erano questori, vicequestori, capi della Mobile e compagnia bella. Sono stato tradito! Prima di Genova c'era stata Napoli. E lì il governo era di un altro colore». Si scatena una polemica politica furiosa. Il tema della violenza alle donne viene affrontato da Le ali della sfinge e in altri film tratti dai romanzi, fino a Come voleva la prassi, due anni fa, che racconta una violenza indicibile. I notabili del paese stuprano una ragazza, in un intreccio di sopraffazione e sadismo. Quasi 11 milioni e mezzo di spettatori, il miglior risultato di una fiction negli ultimi 15 anni. L'idea di raccogliere insieme i film sul tema (in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne) con l'introduzione video di Camilleri («In Italia una gran quantità di maschi, di qualsiasi classe sociale, considera la donna oggetto di sua proprietà in eterno, come se non dovesse avere mai più la libertà... ») conquista i giovani. Quell'appello appassionato viene condiviso sui social. Ma la realtà può avere due facce: quando muore Marcello Perracchio, l'attore che interpreta l'amatissimo dottor Pasquano, il personaggio continua a vivere nei libri. Nel film invece, come omaggio, viene celebrato il suo funerale. La scena più commovente - scritta da Zingaretti - è quando Montalbano convoca i suoi uomini dopo le esequie e offre a tutti un cannolo siciliano, dolce preferito di Pasquano.
Silvia Fumarola
 
 

La Repubblica, 1.2.2019
La polemica
Rai, Vespa al posto di Fazio per neutralizzare Montalbano
Viale Mazzini cambia palinsesto: Porta a Porta dopo la fiction in cui si parla di migranti
Di che cosa stiamo parlando
A chi fa paura il commissario Montalbano che aiuta i migranti? L'altro capo del filo (su Rai1 l'11 febbraio) ha creato imbarazzo a Viale Mazzini, visto il tema sensibile che divide il governo. Così nella serata in cui la fiction più amata andrà in onda, per bilanciare, al posto di Fabio Fazio sarà trasmessa una puntata di Porta a Porta sulle elezioni regionali in Abruzzo e una parte dedicata all'attualità.

Roma. «Cosa farà il ministro dell'Interno Salvini? Io penso che vedrà Montalbano. A di là dell'atteggiamento da sceriffo credo che capisca i problemi. Non c'è niente contro di lui in quello che raccontiamo, i migranti sono un tema che riguarda il nostro Paese». Alberto Sironi, da vent'anni regista della serie tratta dai libri di Andrea Camilleri spiega come L'altro capo del filo, primo dei due nuovi episodi in onda 1'11 febbraio su Rai1, non deve creare imbarazzo. Eppure in Viale Mazzini c'è stata più di qualche preoccupazione, al punto che è stata anticipata la puntata di Porta a porta a lunedì, facendo spostare Fabio Fazio. La direttrice di Rai1 Teresa De Santis conferma l'anticipazione di Repubblica spiegando che «tenendosi le elezioni regionali in Abruzzo il 10 febbraio, il programma di Bruno Vespa verrà anticipato dal martedì al lunedì. Come di consueto la Rai, che è servizio pubblico, farà la trasmissione». Il segretario della Commissione di Vigilanza sulla Rai Michele Anzaldi (Pd) accusa: «Perché non lo fa il Tg1?» preoccupandosi per «un costo aggiuntivo». Secca la replica di Vespa («nessuna retribuzione aggiuntiva» per l'appuntamento extra), che si occuperà di politica e «temi di attualità». «Non ho la palla di vetro» dice Vespa «non so che succederà l'11 febbraio». Ma tra "i temi di attualità" ci sono gli sbarchi. Il cambio di palinsesto di Rai1 però, a quanto pare, avverrà a metà: sembra escluso che Fazio si sposti il martedì. Che fuori tempo che fa- fanno capire da Milano - è costruito con una scaletta precisa, con gli ospiti invitati settimane prima.
La Rai festeggia i venti anni di Montalbano con tanto di torta e foto ricordo, e la direttrice di Rai1 minimizza l'allarme: «Nessuna preoccupazione per le puntate sull'immigrazione» spiega De Santis, che dichiara di essere una grande lettrice dei libri di Camilleri. «Non c'è nessun imbarazzo. Se ci fosse stato, Montalbano non sarebbe andato in onda. Il servizio pubblico copre ogni argomento, anche complesso. Il tema dei migranti offre molti spunti di riflessione» argomenta. «Noi narriamo e mettiamo in scena. In questo caso trasmetto una splendida rappresentazione che ha momenti controversi che riguarda la realtà. E la realtà è complessa. Le diatribe politiche in que-sto momento non ci riguardano. La migrazione coinvolge molti ambiti, qui se ne affronta uno: è un punto di vista che viene raccontato». Sironi rivela l'emozione di girare le scene al largo dopo aver visto i filmati veri «con la Guardia costiera che tira fuori dall'acqua gente che sta morendo. Dal punto di vista personale sono cose che lasciano il segno. Siamo un paese cattolico che ha sempre accolto».
Silvia Fumarola
 
 

La Sicilia, 1.2.2019
20 anni
L'11 e il 18 febbraio due nuovi episodi della fiction dei record con Zingaretti
Immarcescibile Montalbano
La prima puntata parla di migranti. La direttrice di Rai 1: «Nessun imbarazzo, polemiche inutili»
COLPITO DA «MAL DI SICILIA» «È una terra di cui si soffre la mancanza, è una terra che ti accoglie, ti avvolge, ti vizia. Con la sua dolcezza e la sua amicalità. Provoca dopo un po' in chi si allontana una sorta di mal d'Africa».
L'OMAGGIO A MARCELLO PERRACCHIO L'addio al dottor Pasquano, che abbiamo voluto dopo la morte dell'attore - ha letto Zingaretti - che lo interpretava, Marcello Perracchio, ed è stata una delle scene più commoventi che mi sia capitato di girare».

Quando il tempo non fugge. Quando sembra fermarsi e cristallizzarsi su un luogo e su un personaggio. Succede di rado. Per il commissario Montalbano, e per la sua Sicilia è successo. Negli occhi di un esercito di spettatori di ogni parte del mondo e, quindi, nei numeri. Che parlano chiaro: 34 episodi con gli ultimi due ("L'altro capo del filo" e "Un diario del '43", in onda rispettivamente 1*11 e il 18 febbraio, sempre diretti da Alberto Sironi e con Zingaretti affiancato da Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Elena Radonicich, Angelo Russo, Ahmed Hafiene (tra gli altri), 24 adattamenti dai romanzi e gli altri dai racconti di Camilleri, un continuo crescendo per un totale di 1 miliardo 179 milioni 869mila spettatori italiani, con repliche della serie che hanno coperto - negli anni - ben 190 serate di Rail.
E con questi numeri vincenti si potrebbe continuare, ma ciò che conta oggi sono i vent'anni, festeggiati nella sede Rai durante la presentazione alla stampa in parole e in torta, con un'enorme apparizione pannosa. Vent'anni per un commissario che sembra non invecchiare e una sicilianità immaginaria ma esportabile, se solo si pensa alle migliaia di visualizzazioni che ha su Google "Vigata", il paese inesistente. E allora che altro si può dire se non "bentornato" al commissario Montalbano, nato dalla penna di Camilleri ed energizzato dall'interpretazione doc di Luca Zingaretti?
«Più che un bentornato per me è una presenza costante - dice l'attore -. Ed è bello vedere che dopo 20 anni stiamo ancora qui, anche se non amo le celebrazioni ma voglio sia che il pubblico celebri con noi l'addio al dottor Pasquano, che abbiamo voluto dopo la morte dell'attore che lo interpretava, Marcello Perracchio ed è stata una delle scene più commoventi che mi sia capitato di girare, sia sottolineare che noi non abbiamo mai abbassato la guardia. Abbiamo avuto modo, anche grazie a produttori e alla Rai, di lavorare a questi episodi come fossero davvero dei film, e non come una serie tv intesa, spesso sbagliando. come una cosa che si può fare più velocemente».
Ma, numeri a parte, in cosa è cambiato Montalbano e Zingaretti con lui?
«Montalbano ha conservato tutto degli inizi e Camilleri, come tutti i grandi scrittori, sa che quando un personaggio seriale è amato, deve cambiare poco e poi noi ci illudiamo di cambiare ma le persone cambiano ben poco. Io sono come ero a 18 anni nell'essenza e così è per Montalbano, ciò che cambia è il mondo, lo sfondo, il contesto. Io sono cambiato appena un po' perché tutti cambiano fisiologicamente in 20 anni, ma Montalbano non cambia. Tengo a precisare che un attore interpreta un personaggio, che significa immergersi in un universo fatto di battute, riflessioni e persone. Questo non può non lasciarti qualcosa addosso. Sicuramente sarei un uomo diverso se non avessi fatto questa avventura ventennale che ricomincerei non da domani ma da oggi».
Ma quanto della Sicilia è rimasta in lui? «Moltissimo perché la Sicilia è una terra di cui si soffre la mancanza, è una terra che ti accoglie, ti avvolge, ti vizia. Con la sua dolcezza e la sua amicalità. Provoca dopo un po' in chi si allontana una sorta di mal d'Africa».
Così Zingaretti e, se gli chiede dello sguardo all'attualità e ai migranti che compaiono nel primo episodio, dove lo spettatore vedrà un susseguirsi di sbarchi notturni, una vera emergenza con cui anche Montalbano deve confrontarsi, lui replica: «Io sono un attore che recita battute, quindi anche sui migranti dico ciò che scrive Camilleri, anzi ciò che ha scritto ben tre anni fa, quello che io penso chi vorrà saperlo può andarlo a scoprire vedendo o leggendo il mio monologo sui migranti. Ma trovo assurdo che si polemizzi sul fatto che la Rai sia in fibrillazione per questo film, cosa del tutto non vera». E, incalzato sulle polemiche degli ultimi giorni, replica: «È inaccettabile che noi si debba rispondere a queste ipotesi di qualcuno che ha detto qualcosa. Qui c'é la Rai, che ha già risposto alle voci riportate sui giornali. Se mi si chiede cosa penso io dei migranti ripeto che l'ho detto ma non lo dirò qui perché non voglio che domani si facciano i titoli su questo, piuttosto che sul commissario Montalbano che torna».
Gli fa eco la direttrice di Rail Teresa De Santis: «Se da parte della Rai ci fosse dell'imbarazzo, non ci sarebbe la messa in onda, non c'é imbarazzo. Montalbano offre molti spunti di riflessione e le polemiche politiche non ci riguardano. Dico solo che il servizio pubblico copre ogni argomento, anche complesso».
E che dire dello Speciale Porta a Porta che seguirà Montalbano al posto del solito "Che tempo che fa" di Fabio Fazio? «Niente - replica la De Santis - se non che il 10 febbraio ci sono le elezioni in Abruzzo. Allora Vespa è l'icona dell'informazione per noi e, come successo molte volte e come succederà ancora in futuro, la messa in onda di Porta a Porta sarà anticipata al lunedì. Lo speciale andrà in onda, quindi, lunedì dopo Montalbano e si parlerà di politica».
Che cosa c'è da aggiungere? Una sintesi del direttore di Rai Fiction Tinni Andretta: «Una delle scene più forti è quella di Montalbano che raccoglie un corpo in mare: è una scena attuale e, insieme, antica. Che significa che letteratura, tv e cinema tengono dentro la contemporaneità; questi due nuovi episodi sono legati a concetti come pietas e giustizia. Concetti di ogni tempo».
Silvia Di Paola
 
 

La Sicilia, 1.2.2019
Scritti di ieri
La prossima puntata riguarderà il tema dell'immigrazione e Andrea Camilleri la pensa all'opposto del governo
Fiction Montalbano e il "rito" di Vespa

I migranti spaccano l'Unione europea, spaccano le Istituzioni in Italia con la contrapposizione tra Magistratura e Potere politico e creano uno scombussolamento totale che coinvolge persino la fiction di Camilleri. Che c'entra?, direte. C'entra perché nel primo episodio della nuova stagione del commissario Montalbano che andrà in onda l'11 febbraio e che ha per titolo «L'altro capo del filo», si parla di migranti. E secondo voi, uno come Camilleri e uno come Montalbano, fratello del candidato alla guida del Pd, come possono affrontare la questione se non con l'accoglienza piena, secondo i comandamenti di Papa Francesco? Nell'episodio si vedrà persino l'agente pasticcione Catarella abbandonare il centralino del commissariato di Vigata per dare una mano ai profughi.
Solo che tutto questo ha creato un grosso imbarazzo in Rai perché le tesi camilleriane montalbanesche configgono con la politica del governo giallo-verde, che è per la chiusura dei porti e il respingimento dei migranti fino a quando l'Europa non si deciderà a stabilire un'automatica redistribuzione in tutti i Paesi della Comunità. Rimandare allora i nuovi episodi? Impossibile perché Andrea Camilleri è (giustamente) un mito e Zingaretti-Montalbano pure. E poi c'è da festeggiare i vent'anni del commissario più amato dagli italiani, vent'anni di indubbi successi con uno share medio di 11 milioni di spettatori, come fosse una partita di calcio mondiale.
Scrive «Repubblica» a firma di Giovanna Vitale che «domenica 10 si terranno le elezioni in Abruzzo e l'idea della Rai è quella di affidare il lunedì successivo a Bruno Vespa, subito dopo la puntata di Montalbano, uno speciale di Porta a porta, che però, oltre che del voto locale, si occuperà anche del tema degli sbarchi. Ufficialmente nulla di clamoroso. Montalbano va in onda come se nulla fosse successo e Vespa segue col suo speciale. In realtà è anche un modo per dare una botta a Fabio Fazio (strapagato), a cui peraltro il leader del Carroccio ha ormai dichiarato guerra: antipasto dello sfratto da RaiUno (finalmente), già minacciato per fine stagione». In sostanza in Rai dovranno essere bravi a fare inghiottire Camilleri al governo, e soprattutto a Salvini, con la collaudata vaselina di Bruno Vespa.
Tony Zermo
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 1.2.2019
Scenari
Il nemico dentro casa

Fino a quando a contestarlo è Fabio Fazio, le cui ore in Rai sarebbero contate, o Baglioni che s’è già esposto e s’è preso il primo cazziatone, il nostro attuale governo sovranista ha poco di cui preoccuparsi. Fazio, lo dice la parola stessa, è fazioso e non piace a tutti; Sanremo, poi, sapete com’è: un terzo d’Italia lo segue, un altro ne parla male e il resto se ne disinteressa.
Ma se persino Montalbano, il paladino degli oppressi nonché simbolo di una Sicilia che piace a tutto il mondo, dice che i migranti non sono una minaccia, allora sì che Salvini farebbe bene a preoccuparsi.
Montalbano non conduce talk show, non canta né dirige festival: lui rappresenta il Bene, la Pancia, il Cuore di Sicilia. E i suoi ragionamenti sono talmente forti, nella loro semplicità, che arrivano dappertutto.
Stavolta sarà davvero difficile credere che in Italia il problema numero uno siano i migranti. Stavolta sarà impossibile per il ministro in divisa guardarsi (scusate, rido) dal vero nemico, un sottoposto perdipiù senza divisa.
Michele Nania
 
 

Libero, 1.2.2019
Sponsor dell'invasione
Montalbano cambia mestiere

Su Rai 1 il ritorno della serie più vista, ma è uno spot per l'immigrazione selvaggia

Il commissario Montalbano che fa in questo tempo gramo? Ma sì, la mafia è stata battuta. I delitti languono, e non sono poi così interessanti. E allora il suo inventore, Andrea Camilleri, decide di metterlo in campo per soccorrere i profughi. Montalbano è lì apposta, con la casa abusiva sulla spiaggia, dunque puntuale come la Sea Watch a Siracusa e poi a Catania, approda in contemporanea su Rai 1. Scommettiamo, non abbiamo i dati, ma sarà un successo, ovvio. Quando la sinistra non riesce a dirigere i pensieri degli italiani con i ragionamenti, ci pensa la splendida coppia Camilleri-Montalbano a nutrirli di emozioni ben guidate.
C'è stata polemica preventiva. Repubblica ha sostenuto ci fosse imbarazzo in Rai 1 per il tema, e che avrebbero cercato di placcarlo. E lo hanno fatto sostituendo Fabio Fazio con Bruno Vespa, in uno Speciale Porta a Porta. Dove sta il problema e perché dovrebbe esserci "imbarazzo"? Fa paura provare a ragionare sui fatti e sulle emozioni, mettendo a confronto posizioni diverse? L'intervento della direttrice di Rai 1 Teresa De Santis per aggiornare il palinsensto è stato da servizio pubblico. La settimana scorsa a Che tempo che fa, Fazio aveva dato l'apertura a un'intervista del sindaco di Siracusa, le cui posizioni sono state da subito avverse a Salvini.
PUNTI DI VISTA
Non si tratta di usare il bilancino, ma di provare a confrontare la commozione per le traversate (peraltro in questo caso con spunti esasperati) con l'esigenza di combattere un traffico ignobile rendendolo inefficace.
La narrativa è la narrativa, la politica è la politica: ciascuna ha il suo ambito. Camilleri porta quattrini, ha successo? Sarebbe un delitto buttarlo via. Senza farsi del male però, infilando un ago con la flebo dell'immigrazionismo assoluto. E la pretesa, come fa Repubblica, di erigere a Camilleri - avversario da sempre di Berlusconi prima e della Lega ora - una specie monumento equestre in una piazza dove ci sia solo lui, lasciandogli il vuoto intorno perché la sua ideologia resti incontaminata da parole profane. Questo trattamento non si usa più neanche con la Bibbia. E l'approfondimento serio se c'è uno capace di garantirlo è Bruno Vespa.
Che fa Montalbano nell'episodio, in onda lunedì? Dispiega tutta la polizia per soccorrere i naufraghi. Lo faremmo, tutti, come no? Ma lui di più. La puntata è introdotta da un pistolotto senza fine sul tema, che serve solo a dare consistenza a un giallo fragilissimo, che rappresenta purtroppo una scoria di laboratorio dell'officina di Camilleri, il quale rimpingua la decadenza creativa con una narrazione di maniera sui clandestini o profughi. Mi rendo conto. Ne sto parlando male. Quando esiste un consenso atrocemente di massa intorno a un personaggio televisivo con chiaroscuri di sinistra, esiste un comandamento non scritto: inchinarsi. A destra è diverso. E penso a come sono stati trattati a suo tempo i film tratti da Giovannino Guareschi, disprezzati dai compagni e dalla critica tutta. Parlare male del commissario Montalbano invece è impossibile. È ancora più sacro di don Matteo. Con una differenza: il prete interpretato da Terence Hill è politicamente inesistente, diciamo che è di centro, accarezza la nostalgia di una bontà perduta. Riecheggia gli sceneggiati destinati ai bambinetti e adolescenti di sessant'anni fa, tipo I ragazzi di padre Tobia. Dunque qualche saetta ogni tanto abbatte il piedistallo delle fiction più amata di Rai 1. Ma con Montalbano assolutamente no.
QUELLI CHE INSORGONO
Sfiorandolo appena appena, insorgono contemporaneamente élite e popolo. 1) Gli intellettuali si stringono intorno alla figura dello scrittore novantenne Andrea Camilleri. È l'esemplare più perfetto di scrittore leggero, con le sue trame di carta velina, e insieme siciliano di quella sinistra che affolla i festival di Repubblica; antimafia ma superficiale, senza le durezze antipatiche di Leonardo Sciascia. 2) Gli ascolti entusiasmanti lo dicono, il popolo adora questo modo di vivere del commissario interpretato con nuotate nell'azzurro e piatti di pesce fresco e donne a iosa dall'eccellente Luca Zingaretti (uno che se fosse al posto del fratello in lizza per la segreteria nel Pd, avrebbe il voto persino di Renzi). Giustamente ha evitato di ingolfare di dichiarazioni la conferenza stampa: «Faccio solo l'attore». Gli fa onore. Noi però oggi parliamo male di Montalbano e Camilleri, prima che qualcuno proponga una legge contro la Montalbanofobia.
Renato Farina
 
 

Il Giornale, 1.2.2019
Montalbano e i migranti, la Rai smorza i toni: "Camilleri fa riflettere"
Nel nuovo episodio, il commissario è alle prese con gli sbarchi, un tema a rischio polemiche

Celebrazioni e nervosismi. A guastare la festa dei due decenni del commissario più amato della tv, ieri in Rai, ha provveduto la malcelata tensione degli autori de L'altro capo del filo.
Il primo dei due nuovi Montalbano (su Raiuno lunedì 11; il secondo, Un diario del 43, andrà il 18) si apre infatti con alcune scene che nonostante la brevità e la totale ininfluenza sulla trama gialla - hanno già creato allarmismi, perché mostrano Montalbano e i suoi alle prese col dramma degli sbarchi clandestini, sulle spiagge di Vigata. Il commissario stesso si troverà a raccogliere il corpo di un immigrato fra le onde, e lo shock sarà tale da spingerlo («per la prima volta in vent'anni», nota la direttrice di Raifiction, Andreatta) ad entrare in una chiesa.
Su questa coloritura cronachistica ma inevitabilmente - anche politica, gli autori avevano molto insistito: durante le riprese, con un video del backstage che il produttore Carlo Degli Esposti definiva orgoglioso «un grande abbraccio a chi arriva dal mare», e nelle note del regista Alberto Sironi, che precisava di «aver atteso sulla spiaggia autentici sbarchi notturni, per meglio documentarmi». Senonché ieri in Rai qualcuno deve essersi reso conto dell'insidia celata dietro tanti buoni propositi, e che cioè anche solo un marginale tocco a questo nervo scoperto della coscienza nazionale avrebbe sbilanciato l'attenzione dal quadro alla cornice. Dalla fiction, insomma, alla sola polemica. E così si è gettata acqua sul fuoco. «La Rai non è affatto preoccupata che Montalbano parli d'immigrazione dichiara Teresa De Santis, direttrice di Raiuno -. Se lo fosse non lo manderemmo in onda. Ma non vogliamo neanche nasconderci dietro un dito: è anche vero che spesso gli scritti di Camilleri stimolano alla riflessione su temi attuali, e controversi». La Andreatta se la cava citando Sofocle, visto che la pietas provata da Montalbano sul corpo dell'immigrato annegato somiglierebbe «a quella della tragedia greca: una sorta di Antigone maschile». Degli Esposti, invece, svicola affermando che «ognuno deve fare il proprio mestiere: noi ci limitiamo a trasporre il romanzo di un grande scrittore; poi ognuno, a casa sua, ne trae le conclusioni che vuole».
Ma il più drastico nell'evitare impliciti coinvolgimenti personali è proprio lui, Montalbano: «Sono un attore che recita delle battute spiega Zingaretti -. E quella in cui m'incavolo se dei poveri disgraziati vengono presi per dei guerriglieri Isis, è una battuta. La mia posizione sul tema immigrazione, invece, l'ho illustrata quattro anni fa in un monologo teatrale. Se volete sapere come la penso, andatevi a guardare quello». E a chi gli fa notare che, forse, potrebbe mostrarsi un tantino più disponibile, replica secco: «Non vi rispondo perché so che, qualunque cosa io dica, voi la usereste per farci i vostri titoli». E allora, accantonati gli imbarazzi socio-politici, che la festa del ventennale cominci.
Da Il ladro di merendine in poi, per Montalbano sono stati 34 film, ben 190 serate di sole repliche, un crescendo d'interesse che nel 2018 ha superato gli 11 milioni, e in totale la sbalorditiva cifra di un miliardo e 179.869 spettatori (solo in Italia). E se dal 1999 ad oggi il personaggio non è cambiato («Camilleri sa bene che un protagonista seriale, se funziona, non deve cambiare in nulla»), forse lo è il suo interprete. «Chi non cambierebbe dopo vent'anni? Non credo in quelli che dicono Quel personaggio mi ha cambiato la vita. Però vent'anni significano un universo fatto di incontri, parole, pensieri, territori. E questo per forza ti lascia qualcosa addosso. E ti cambia qualcosa dentro. Di una cosa quindi sono sicuro: senza quest'avventura ventennale oggi sarei una persona diversa».
Paolo Scotti
 
 

Affaritaliani.it, 1.2.2019
Rai: il dramma dei migranti 'irrompe' nella fiction su Montalbano
Montalbano: "Sono scene terribili, che non dovrebbero accadere". Ed è già polemica per la stampa.

"L'altro non è altro che te stesso che ti guardi allo specchio". Fu con questa citazione che, ormai due anni fa, Andrea Camilleri rese pubblico il suo pensiero a riguardo del rapporto tra noi (italiani) e gli "altri" (immigrati). Oggi, nel pieno della nuova (e già contestata) gestione Salvini sul caso migranti, il pensiero dello scrittore e sceneggiatore di Porto Empedocle si può confermare in linea con quello di Luca Zingaretti, il migliore ed unico interprete del commissario Salvio Montalbano. Quest'ultimo, infatti, nei nuovi episodi della omonima fiction in onda su Ra1 l'11 e il 18 febbraio, sarà protagonista di scene che, ormai tutti i giorni, riempiono i giornali del nostro paese. Il timore, infatti, è che talune scene diventino abitudinarie, quasi oggetto di tendenza rappresentativo di questo primo ventennio di secolo.
Per Montalbano, la parola "abitudine" riferita alla questione migranti nei due, nuovi episodi della serie che andrà in onda su Rai1 l'11 e 18 febbraio, sarà rappresentata da disperati che arrivano dal mare, sfiniti, distrutti e affamati. Questa volta, ad attenderli, accoglierli e soccorrerli ci sarà proprio il commissario più famoso d'Italia, spinto dal simbolismo che è proprio del suo creatore.
Non sono numeri, non si tratta di una semplice emergenza da dover fronteggiare, Montalbano entra in empatia con questi esseri umani che arrivano sulle coste italiane su barconi sgangherati, stremati e stravolti, ed e' impegnato in prima persona nell'organizzare gli aiuti. Lo si vede gettarsi in mare nella speranza di salvare un "picciotto" probabilmente caduto da un'imbarcazione e si vede, quasi si sente, il suo enorme dolore per essere arrivato troppo tardi: e' disarmato, arrabbiato e resta senza parole, inginocchiato ai piedi di quel corpo senza vita. Ed e' ancora il commissario di Vigata ad inchiodare ed arrestare due scafisti colpevoli di aver violentato una minore a bordo. Si impegna con tutta l'anima, il commissario, e con lui tutti i suoi uomini. Ognuno aiuta come puo', dal vice commissario Augello all'ispettore Fazio, fino all'agente Catarella, l'ultimo che ti aspetteresti di vedere in azione sul campo. Ed e' proprio lui a rappresentare sulla pellicola l'aspetto piu' drammatico e doloroso del fenomeno migratorio: scoppia in lacrime, distrutto dal dolore, raccontando a Montalbano di aver soccorso una donna incinta e di aver poi saputo che il bimbo che portava in grembo era morto. Ma se, come da sua citazione nel primo episodio, nella mente di Montalbano queste scene "sono cose terribili, che non dovrebbero accadere", per la stampa, invece, è già polemica. Pare che il delicato argomento trattato abbia scaturito un presunto "imbarazzo" all'interno della stessa Rai (circostanza seccamente smentita dal direttore di Rai1, Teresa De Santis).
L'argomento migranti, in realta' si chiude qui. In mezzo a questi eventi, infatti, un terribile delitto si abbatte su Vigata: Elena Biasini viene barbaramente massacrata nella sua sartoria. L'omicidio sembra inspiegabile, ma Montalbano sapra' afferrare il filo della vita di questa donna misteriosa e scoprira' la lacerante verita' che sta dietro la sua morte.
 
 

Il Sole 24 Ore, 1.2.2019
Torna Montalbano e affronta l’emergenza sbarchi


Presentazione dei nuovi episodi de Il Commissario Montalbano, nella foto Luca Zingaretti con la torta per i 20 anni sella serie (Agf)

Il Commissario Montalbano, il più amato della tv, torna con due nuovi episodi. E l'argomento saranno gli sbarchi: quelli dei migranti e quegli degli americani, 70 anni fa. L'appuntamento è per l'11 e il 18 febbraio su Rai1, rispettivamente con “L'Altro Capo del Filo” e “Un diario del '43”, a firmare la regia come sempre Alberto Sironi.
La produzione è della Palomar di Carlo Degli Esposti e Nora Barbieri con Max Gusberti. Luca Zingaretti torna nei panni del commissario di Vigata personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri e sono 20 anni dal debutto del primo episodio in tv (il ladro di Merendine).
La serie è venduta in 60 paesi, arrivando a 34 episodi, tratti da 24 romanzi e 20 racconti di Camilleri. Un apprezzamento che continua a crescere nell'ascolto, da una serie all'altra con la punta delle ultime. Più di 11 milioni di spettatori e 45% di share. In Italia la collection è stata vista complessivamente da quasi 1.200.000.000 telespettatori.
Accanto a Zingaretti come sempre Cesare Bocci (Mimì Augello), Peppino Mazzotta (Fazio), Angelo Russo (Catarella) e con la partecipazione di Sonia Bergamasco nel ruolo dell'eterna fidanzata del commissario, Livia. Dall'attore romano un omaggio a un amico e collega amato da tutti i fan del commissario: “Sono convinto - ha detto Zingaretti - che il pubblico vorrà dare con noi l'addio al dottor Pasquano. Noi abbiamo voluto che la morte dell'attore che lo interpretava Marcello Perracchio forse accompagnata da quella del personaggio. E vi assicuro che è stata una delle scene più emozionanti”.
Nel primo dei due nuovi episodi L'altro capo del filo, gli sbarchi di migranti si susseguono quasi ogni notte, e Montalbano deve affrontare questa emergenza con i suoi uomini. E lo fa senza perdere mai la sua umanità e il suo senso di giustizia. In mezzo a tutto ciò, un terribile delitto si abbatte su Vigata: Elena Biasini viene barbaramente massacrata nella sua sartoria. L'omicidio sembra inspiegabile. Per Zingaretti “La Sicilia è una terra di cui puoi anche arrivare a a soffrire la mancanza; è un luogo che ti accoglie, ti avvolge, ti vizia. Io sono cambiato, perché tutti cambiano in 20 anni. Tengo a sottolineare che per chi fa il mio mestiere interpretare un personaggio significa immergersi in un universo. Questo finisce con il segnarti, lasciarti qualcosa addosso. Sicuramente sarei un uomo diverso se non avessi intrapreso questa avventura ventennale”.
Dal 1999, anno di messa in onda del primo episodio “Il ladro di merendine”, Zingaretti è diventato amico imprescindibile del pubblico di Rai 1, conquistando ad ogni film nuovi spettatori e consensi unanimi (Il primo episodio della 12a stagione La giostra degli scambi ha incassato oltre 11 milioni di telespettatori).
Per il direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta “Letteratura, tv e cinema tengono dentro la contemporaneità; questi due nuovi episodi sono legati a concetti come pietas e giustizia. Una delle scene più forti è Montalbano che raccoglie un corpo in mare; attuale e antica insieme”.
Il secondo film - tratto dai racconti di Andrea Camilleri “Un diario del '43” e “Being here”, editi da Sellerio editore - sviluppa tre storie che arrivano a Montalbano dal passato: la scoperta di un diario scritto nell'estate del 1943 da un ragazzo che allora aveva quindici anni, un certo Carlo Colussi. Il giorno stesso della scoperta del diario si presenta da Montalbano un novantenne dall'aria arzilla, un certo John Zuck. L'uomo, vigatese di nascita, durante la guerra fu fatto prigioniero dagli americani.
“Nessuna preoccupazione per le puntate di Montalbano che affrontano il tema dell'immigrazione. Montalbano rimane un must per Rai1” ha detto la direttrice di Rai1, Teresa De Santis, alla presentazione dei due episodi del Commissario Montalbano. E smorza i toni della polemica: “Non c'è dell'imbarazzo. Montalbano offre molti spunti di riflessione. Le polemiche di questo tipo in questo momento non ci riguardano. La migrazione è un tema molto complesso che coinvolge molti ambiti, qui se ne affronta uno, è un punto di vista che viene raccontato”, ha insistito. Quindi conferma: “Il 10 febbraio ci sono le elezioni
in Abruzzo. Vespa è l'icona della informazione per noi. Come è successo molte volte e come succederà per altre occasioni analoghe, la messa in onda di Porta a porta sarà anticipata al lunedì. Lo speciale andrà in onda, quindi, lunedì in seconda serata dopo Montalbano”.
S.Bio.
 
 

Key4biz, 1.2.2019
Il caso
ilprincipenudo. Le nuove puntate de ‘Il Commissario Montalbano’ tra migranti e Iliad
Strane dinamiche in occasione della presentazione dei due nuovi episodi della serie più famosa della tv italiana, “Il Commissario Montalbano”, prodotta dalla Palomar appena ceduta alla francese Mediawan (Iliad).

Giovedì mattina 31 gennaio, affollatissima conferenza stampa, nel Salone degli Arazzi di Viale Mazzini, per la presentazione in anteprima per i giornalisti, di due nuove “puntate” della saga de “Il Commissario Montalbano”, sempre da Andrea Camilleri, sempre per la regia di Alberto Sironi, che andranno in onda lunedì 11 febbraio e lunedì 18 febbraio 2019 su Rai1. Si giunge così a “quota” 34 (la “stagione” – per così dire – sarebbe la 13ª), con 2 nuovi episodi, che si vanno ad aggiungere agli altri 2 presentati esattamente un anno fa.
L’iniziativa è stata un’occasione interessante anche per comprendere se v’è o meno un reale… “nuovo corso” in Rai: nonostante si trattasse di una sorta di “compleanno” per i 20 anni della fiction più famosa d’Italia (la concorrenza di “Gomorra” – prodotta da Cattleya e Sky Italia – è ben più recente), non può non essere notata l’assenza del Presidente e dell’Amministratore Delegato. Un’assenza “ingiustificata”, a parer nostro, ovvero un verosimile segnale politico.
Intorno al tavolo di presidenza, oltre una decina di persone, ma hanno preso la parola soltanto la Direttrice di Rai1 Teresa De Santis (prima direttore donna della “rete ammiraglia”), la Direttrice di Rai Fiction Eleonora (detta Tinny) Andreatta, il produttore Carlo Degli Esposti, il regista Alberto Sironi, e certamente la “star” Luca Zingaretti (con un saluto da parte del coproduttore Max Gusberti – già dirigente apicale Rai Fiction – e della giovane bionda attrice Elena Radoninich ed infine dello “sceneggiatore capo” Francesco Bruni).
Prima della conferenza stampa, iniziata poco dopo mezzogiorno, è stato proiettato uno dei due episodi, “L’altro capo del filo”. L’altro è intitolato “Un diario del ‘43”. Entrambi sono legati dal “fil rouge” del tema della migrazione: “da un lato, quella attuale; dall’altro, quella degli anni ‘40, come sempre passato e presente si parlano”, ha sostenuto Andreatta. Una fiction in verità abbastanza strana, che dedica la parte iniziale della narrazione ad un caso di immigrati che arrivano a Vigata… Si legge, nel comunicato stampa: “gli sbarchi di migranti si susseguono quasi ogni notte, e Montalbano deve affrontare questa emergenza con i suoi pochi uomini, che lavorano senza sosta. E lo fa senza perdere mai la sua umanità e il suo senso di giustizia”. La storia passa poi, con un taglio d’accetta, dal piano sociale (sociologico) a quello intimo (psicologico), ma nella dimensione del thriller, con uno sviluppo un po’ contorto ed una trama piuttosto inverosimile, che ci hanno ricordato in verità una telenovela…
Il “format” è stato certamente rispettato: tempi dilatati, montaggio lento, inquadrature solari, le solite macchiette, e soprattutto il protagonista sempre pacato, dall’andamento morbido e buono, “saggio” nella sua mediterraneità e morigerato nel suo ruolo passivamente seduttivo… Il lettore anzi lo spettatore saprà valutare se il nostro parere è condivisibile o meno.
Quel che qui ci interessa è altro, ed apparentemente “marginale”, nell’economia iconica della presentazione: i toni autoreferenziali a dir poco entusiastici della conferenza stampa, soprattutto da parte di Andreatta e di Degli Esposti, ed una antipatica sortita di Luca Zingaretti. Evitiamo commenti sulla torta che è stata portata in scena, con tanto di candeline a luci spente per i 20 anni della serie. Candeline ludiche e dinamiche pirotecniche…
I “numeri”: sono stati dati dei numeri da… fuochi d’artificio. Ovvero del “dominio del quantitativo” o degli “effetti speciali”?!
La fiction è esportata in oltre 60 Paesi in tutto il mondo, ma nessuno ha precisato con quali risultati di messa in onda o con quale fatturato di vendite all’estero… e peraltro, a beneficio Rai o Palomar?! La serie ha coperto 190 serate di Rai, ma il dato include ovviamente le tante (troppe) repliche, ovviamente. Alla fin fine, qualcuno ha veramente… “dato i numeri”, allorquando si è detto – con orgoglio – “se si sommano tutti gli spettatori Rai, si toccano 1 miliardo 179 milioni 869 mila spettatori” (?!). Oh, perbacco! Ma che senso ha questa quantificazione?!
La conferenza stampa ha registrato anche una piccola polemica: un collega del quotidiano “il Giornale” ha domandato se questa scelta tematica non avesse preoccupato la Rai e finanche la Palomar, dato il nuovo clima che si respira nel Paese sull’argomento “migrazioni” (la polemica era stata evidenziata a tutta pagina anche da “la Repubblica”). Dura la reazione dei co-produttori. Andreatta ha sostenuto: “la letteratura, il cinema, la tv tengono insieme la contemporaneità. Questi due episodi sono legati dalla pietas e dalla giustizia, con Montalbano che raccoglie un corpo in mare e si raccoglie quasi in una sorta di preghiera laica che ricorda anche la morte di François (il figlio perduto, nota del redattore), momento che affonda le radici nella tragedia greca, una sorta di Antigone maschile”. Zingaretti ha detto, assai infastidito dalla legittima domanda del giornalista: “noi siamo teatranti… in tutta la mia carriera io ho sempre combattuto chi fa più mestieri. Noi trasponiamo alcuni dei grandi romanzi di uno dei più grandi scrittori europei viventi, poi ciascuno nelle proprie case pensa ed ha delle opinioni. Il libro ‘L’altro capo del filo’ è stato scritto tre anni fa, e va separato dall’attualità politica: adesso parla il prodotto…”. E la frase iniziale sull’Isis, pronunciata da Montalbano, che esclude l’ipotesi che i terroristi possano arrivare sui barconi? “Io sono un attore, ho recitato una battuta. Cosa penso dei migranti? Io, quattro anni fa, ho fatto un monologo sui migranti e quella è la posizione mia in merito”, ha sostenuto Zingaretti, criticando in modo sgradevole ed autoreferenziale il sacrosanto diritto di un giornalista di domandare, approfondire, provocare… Il regista Sironi ha cercato di spostare (alzare) il tiro: “la cultura araba ha dato apporti importanti in Sicilia, Montalbano fa guardare la cultura araba in altro modo”. Teresa De Santis (di cui molti ricordano un passato di militanza giornalistica e politica a “il Manifesto”), neo Direttrice di Rai1 “in quota” Lega, ha dichiarato: “se ci fosse dell’imbarazzo da parte di Rai, non ci sarebbe nessuna messa in onda. Montalbano offre molti spunti di riflessione, la realtà è complessa. Non ci nascondiamo dietro il dito, perché il tema dei migranti è importante. Altra cosa, però, sono le polemiche politiche. La Rai dà rappresentazione di tutti i punti di vista”. Per quanto riguarda lo speciale di “Porta a Porta” sulle elezioni regionali in Abruzzo subito dopo Montalbano lunedì 11 febbraio? “Perché, da tradizione e fino a prova contraria, Bruno Vespa commenta le elezioni, ed è un test interessante per guardare gli sviluppi futuri, la Rai è servizio pubblico, e così abbiamo invertito la programmazione tra lunedì e martedì”. Al di là delle simpatiche dichiarazioni e dei toni plural-pluralisti, non potrà passare inosservata una fiction di questo tipo, in una Rai che – nelle parole del suo Presidente (Marcello Foa) e di almeno un Consigliere di Amministrazione (Giampaolo Rossi) – rivendica l’esigenza di una “correzione di rotta” (informativa ed editoriale) che faccia sì che la tv pubblica divenga “lo specchio” del Paese attuale (ovvero della maggioranza dell’elettorato), sovranista assai e poco tollerante rispetto ai fenomeni migratori…
Carlo Degli Esposti, noto per il carattere fumantino, è da sempre schierato a sinistra: si ricorda il suo passato giovanile a Lotta Continua (soprannome “Papalla”; nel 1977 fu anche arrestato per la sua effervescenza, un’aggressione durante un’assemblea di Comunione e Liberazione), il ruolo come consigliere di amministrazione de “il Fatto Quotidiano”, ma è stata la scommessa sui romanzi di Camilleri ad avergli fatto fare il salto di qualità, divenendo senza dubbio un produttore di “serie A”, grazie al sostegno che nel 1998 gli assicurò l’allora “dominus” della fiction Rai, Sergio Silva (l’inventore della mitica “La Piovra”).
La storia della Palomar è complicata e meriterebbe un saggio (tra l’economico ed il politico), perché evidenzia potenzialità e limiti dell’industria audiovisiva italiana, che continua ad essere sostanzialmente “assistita” da Rai (ed ormai anche dal Ministero dei Beni e Attività Culturali, dato che la legge di riforma voluta da Dario Franceschini ha allargato anche alla “fiction” i cordoni della borsa), con una modesta propensione all’investimento di capitali propri. È un meccanismo patologico che si rinnova da decenni: di fatto, il “public service media” italiano tende a pretendere la cessione di quasi tutti i diritti, e, a fronte di budget significativi, riduce la vocazione al rischio del produttore, che finisce per essere, spesso, un mero appaltatore.
Si ricordi che nel dicembre di due anni fa, lo Stato è entrato nel capitale della Palomar: Simest, società per l’internazionalizzazione delle imprese italiane del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) ha acquisito il 13 % della Palomar spa a fronte di un investimento di 4 milioni di euro. Il fatturato 2016 della Palomar è stato di 24,6 milioni di euro, sceso a 20,5 milioni nel 2017, con utile rispettivamente di 1,3 e 1,7 milioni. Insomma, la società non naviga esattamente a gonfie vele se il fatturato scende del 17 % in un anno (e si ricordi che nel 2015 il fatturato era stato di 36 milioni di euro), e peraltro il nuovo “quadro politico” non la vede propriamente… sintonica.
Più volte Carlo Degli Esposti ha venduto la sua Palomar (fondata nel 1986), e più volte se l’è ricomprata. Si ricordi che molti anni fa la quota di maggioranza di Palomar era stata ceduta da Degli Esposti alla Endemol, per poi essere riacquistata dal produttore nel 2009 (con una quota del 33 % al fondo di “private equity” Cambria di Mauro Mauri ovvero PayperMoon Italia, che ne uscì nel 2013).
Qualche giorno fa, il controllo della società è passato alla francese Mediawan, piattaforma di contenuti indipendenti (anzitutto produzione di fiction, animazione, documentari, ma spaziando fino alla distribuzione ed ai canali tv; pre-consuntivo 2018 di 270 milioni di euro), che ha acquistato il 72 % delle quote, restando in mano al fondatore Carlo Degli Esposti il restante 28 %. La società sarebbe stata valutata nell’ordine di 50 milioni di euro. Come dimensioni, Palomar è senza dubbio la prima tra le società indipendenti, al di fuori dei grandi gruppi continentali come Endemol o Banijay (altra grande società francese, cui fa capo in Italia anzitutto Magnolia).
Il gruppo transalpino Mediawan, fondato nel 2016, fa capo a Xavier Niel (Iliad e Free Mobile), Pierre-Antoine Capton e Matthieu Pigasse. L’operazione è senza dubbio interessante, sia perché è la prima acquisizione del gruppo francese fuori dai confini nazionali (nel corso del 2017 tentò l’acquisizione della Cattleya di Riccardo Tozzi, che è stata poi comprata per il 51 % da Itv Studios), sia perché è una ennesima riprova degli erratici tentativi delle telecom di convergenza nell’arena dei contenuti: l’acquisizione di Palomar prevede un coinvolgimento – anche se non nel brevissimo periodo (si ha ragione di ritenere) – di Iliad. La veicolazione di contenuti via cavo è stato peraltro uno dei primi business di successo del fondatore di Iliad…
Carlo Degli Esposti ha dichiarato al quotidiano “Il Sole 24 Ore”: “con questa operazione, raggiungo l’obiettivo della mia vita, che è quello di guidare una società italiana che ho fondato nel 1986 verso un futuro infinito, mantenendo intatto il management interno, proseguendo nello sviluppo di produzioni nazionali, portando il Made in Italy in tutto il mondo, rafforzando la nostra ricerca di contenuti d’autore e di qualità, intercettando le nuove domande del pubblico”. Versione da bicchiere mezzo pieno, perché la vendita delle quote di maggioranza della sua società non può non essere considerata – almeno in parte – un fallimento delle iniziative di Degli Esposti, se è vero che soltanto nel marzo di tre anni fa dichiarava con orgoglio al settimanale “Panorama”: “Palomar è una delle pochissime case di produzione dove non è presente capitale straniero. Mi piacerebbe creare un gruppo tutto italiano, che si faccia onore anche all’estero”. Percorsi ondivaghi ed erratici, quelli di Degli Esposti.
E che società come Palomar e Cattleya finiscano per essere controllate da gruppi stranieri non è granché onorevole, se si credesse realmente (se i governi che si sono avvicendati alla guida del Paese avessero creduto) nello sviluppo di una industria audiovisiva nazionale solida, robusta, plurale, con capacità di proiezione internazionale.
Quanto costa “Montalbano” alla Rai, e quanto rende (soprattutto come raccolta pubblicitaria, considerando che uno spot da 15 secondi durante questa fiction viene venduto da Rai Pubblicità a circa 200mila euro)?! Non è dato sapere.
Si tratta di informazioni che rientrano nella cosiddetta “segretezza” aziendale, anche se siamo dell’idea che, trattandosi di “servizio pubblico”, dovrebbero essere di pubblico dominio, dato che Rai è finanziata prevalentemente dal canone, e quindi dal cittadino…
E francamente suscita qualche dubbio l’entusiasmo con il quale la Direttrice di Rai Fiction parla di “export” dell’audiovisivo italiano: i dati (oggettivi) sulle vendite all’estero del cinema e della fiction “made in Italy” sono semplicemente ridicoli, e non si comprende perché si debba nascondere la nuda verità dietro coreografie entusiaste. Attendiamo i risultati a consuntivo delle nuove fiction “global”, sulle quali Andreatta punta molto: dalla seconda serie de “I Medici” a “Il Nome della Rosa”, ed i recentemente annunciati “Leonardo” e “La città eterna”… augurandoci che vengano resi pubblici dati di andamento economico, così come di audience a livello internazionale. Riteniamo che l’economia della fiction debba caratterizzarsi per una maggiore trasparenza, ma ci sembra di osservare che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) non ne sia granché convinta (chissà perché).
Secondo voci di ballatoio, il percorso di Tinny Andreatta (figlia di Beniamino, il compianto senatore, ministro del Tesoro, degli Esteri, della Difesa, etc., già gran sodale di Romano Prodi nella costruzione dell’Ulivo vittorioso alle elezioni nel 1996) sarebbe destinato ad una… “correzione di rotta”, dato che è la grande “domina” della fiction italiana (non a caso soprannominata “Lady Fiction”) ormai da molti – forse troppi – anni (è stata nominata nel settembre 2012), e molti le attribuiscono un potere quasi assoluto di vita e di morte, rispetto a qualsivoglia idea produttiva verso Rai. Dipende da lei un budget di oltre 200 milioni di euro l’anno. Molti ritengono improprio che sia 1 persona una soltanto a decidere come “orientare” – nel bene e nel male – una parte significativa dell’immaginario degli italiani. Si ricorda che Andreatta è stata anche tra coloro in predicato per la direzione generale di Viale Mazzini, durante il governo guidato da Matteo Renzi, prima che la scelta cadesse su Antonio Campo Dall’Orto. Si ricorda anche una audizione del settembre 2013 durante la quale Andreatta fu messa sotto torchio dall’allora Presidente della Commissione di Vigilanza Rai, il grillino Roberto Fico, che denunciava un suo eccesso di potere e di discrezionalità, e soprattutto un’anomala concentrazione nell’assegnazione del budget (a favore delle cosiddette “cinque sorelle”: allora erano la Lux Vide di Ettore Bernabei, la Casanova di Luca Barbareschi, la Publispei del compianto Carlo Bixio e poi della figlia Verdiana, le multinazionali FremantleMedia ed Endemol). Nel luglio del 2014, Andreatta annunciò quello che riteneva essere “un cambiamento epocale”, ovvero la pubblicità della “linea editoriale” della sua Direzione, e la chance di presentare progetti “online”, sul sito di Rai Fiction. In verità, un’analisi comparativa internazionale consente di evidenziare come la Rai – ancora oggi – sia ben lontana dalle procedure trasparenti dei processi selettivi di “psb” come la Bbc e France Télévisions… L’ultimo “piano editoriale” elaborato da Andreatta è quello relativo al triennio 2016-2018, denominato “Nessuno escluso”.
Si ricorda che Rai investirà nel 2019 circa 200 milioni di euro in fiction e cartoni, circa 250 milioni di euro in cinema d’acquisto e produzione, circa 180 milioni di euro per lo sport.
A metà dicembre 2018, il Cda Rai ha comunque esaminato le linee per il budget 2019 ed il “piano di trasmissione fiction” per il 2019.
Molti si domandano se nell’economia del “piano industriale” e del “piano editoriale” (entrambi in gestazione) del “new deal” Rai sia prevista una sorta di evoluzione ideologica dell’orientamento della fiction Rai, sulla falsariga di quel che sta avvenendo nell’area “informazione”. Basti pensare a programmi come per “Povera Patria” sulla Rai2 di Carlo Freccero, condotto da Annalisa Bruchi, affiancata da Aldo Cazzullo per le interviste e da Alessandro Giuli per gli editoriali, la cui prima controversa puntata – andata in onda venerdì scorso (25 gennaio) – è stata dedicata al “signoraggio bancario”.
E, come è noto (vedi “Key4biz” del 25 gennaio 2019, “Rai, al via il nuovo ‘piano industriale’ ma resta una discreta confusione”), giovedì della scorsa settimana, l’Amministratore Delegato Fabrizio Salini ha presentato al Consiglio le “linee-guida” del piano industriale (che dovrebbe essere approvato dal Cda entro il 7 marzo 2019, pena l’inadempienza rispetto al “contratto di servizio” Mise-Rai già prorogato di un semestre), e molti ritengono che ci sarà maggiore concentrazione sul prodotto – e quindi naturalmente anche sulla fiction – ma con una qualche… “correzione di rotta”, appunto, anche nell’assetto manageriale e nelle metodiche selettive.
In occasione dell’audizione in Vigilanza di metà dicembre, Salini ha dichiarato: “inizieremo a pensare a modelli produttivi diversi, contenuti diversi e formati alternativi che servono per alimentare tutti i nostri canali distributivi. E l’individuazione di nuovi generi comporterà naturalmente anche l’ampliamento delle società di produzione coinvolte. La Rai farà molto per la produzione indipendente italiana”.
Attendiamo fiduciosi.
Angelo Zaccone Teodosi
 
 

Corriere della Sera, 1.2.2019
La serie Tv
Il Commissario Montalbano va in soccorso dei migranti
L’11 e 18 febbraio in prima serata su Rai1 vanno in onda i due nuovi episodi della serie tratta da romanzi e racconti di Andrea Camilleri, protagonista Luca Zingaretti.

Il Commissario Montalbano deve vedersela con gli sbarchi di migranti e affronta l’emergenza con i pochi uomini di cui dispone: raccoglie un corpo senza vita in mare, una tragedia palpabile, una preghiera laica, la sua.
I nuovi episodi
«L’altro capo del filo» e «Un diario del ‘43» sono i due nuovi episodi della fortunata serie tv, che compie 20 anni, tratta da romanzi e racconti di Andrea Camilleri, in prima serata su Rai1 l’11 e il 18 febbraio. Come sempre protagonista Luca Zingaretti, per la regia di Alberto Sironi. Ma stavolta spunta la polemica, per la presunta preoccupazione della Rai nel trasmettere le immagini degli sbarchi. Puntuale la smentita: «Non c’è imbarazzo né preoccupazione per le scene sui migranti - afferma la direttrice di Rai1 Teresa De Santis - Se così fosse non andrebbero in onda. Montalbano offre molti spunti di riflessione e le polemiche politiche non ci riguardano». Aggiunge Eleonora Andreatta direttrice di Rai Fiction che produce la serie con Palomar: «Montalbano è dentro la contemporaneità e si basa su due elementi: la pietas e la giustizia. La scena del suo soccorso in mare, affonda le radici nella tragedia greca». Zingaretti, chiamato in causa, sottolinea seccato: «Trovo assurdo parlare di una voce per cui la Rai sarebbe in fibrillazione. Io sono un attore, recito battute scritte su un copione. Se, invece, volete conoscere il mio punto di vista sui migranti, andate a rivedervi il monologo che feci quattro anni fa su questo tema». Gli fa eco il produttore Degli Esposti: «Noi siamo teatranti, trasponiamo i romanzi di uno dei più grandi scrittori viventi. E comunque - aggiunge - Camilleri ha scritto questa storia tre anni fa».
Il poliziotto di Vigata
Polemiche a parte, Zingaretti preferisce soffermarsi sull’evoluzione del suo personaggio: «Come in tutte le serie gialle, non cambia il personaggio, ma l’ambiente in cui si muove e il genere thriller si presta molto bene a raccontare il presente in cui è collocato. Camilleri, come tutti i grandi scrittori, sa descrivere il passare del tempo e Montalbano in alcuni momenti è un po’ più cupo perché è invecchiato, ma soprattutto perché l’Italia è cambiata. Il Commissario resta quello che è sempre stato, gli vogliamo bene così e proprio perché è così. Ciò che gli ruota intorno invece si modifica». Insomma, l’attore non è stanco di interpretare il poliziotto di Vigata? «La grandezza di un personaggio così può essere un limite per un attore, ma non l’ho mai avvertito. Certo, è bello cambiare ruoli, ma è altrettanto bello avere un rapporto tanto intenso e duraturo con una creatura scritta da una penna felice».
Emilia Costantini
 
 

La Stampa, 1.2.2019
Tempi moderni
Zingaretti: “Il Commissario è sempre contemporaneo. Oggi aiuta donne e migranti”
Arrivano su Rai 1 i nuovi episodi “L’altro capo del filo” e “Un diario del ’43”

Roma. Zingaretti è sempre più Montalbano. Vent’anni fa si davano del lei, Zingaretti e l’eroe in vernacolo, rude e dai buoni sentimenti che Camilleri aveva reso grande tra le pagine dei preziosi libri Sellerio. Una lenta trasmutazione operata su due fronti, l’attore e lo scrittore, l’uno si faceva personaggio e l’altro glielo cuciva addosso. Vent’anni fa era Il ladro di merendine con la creazione del personaggio François, il bambino che avrebbe potuto essere figlio di Montalbano per reciproca elezi...
Michela Tamburrino
 
 

Il Profumo della Dolce Vita, 1.2.2019
Montalbano compie 20 anni, restando fedele a se stesso

Il Commissario Montalbano compie 20 anni. Un successo internazionale di cui la Rai va fiera e che festeggia con la messa in onda di due nuovi episodi: “L’altro capo del filo” e Un diario del ’43”.
La sala degli Arazzi di Viale Mazzini, ha ospitato una affollatissima e animata presentazione dei nuovi episodi , ma Luca Zingaretti proprio non ci sta ad essere trascinato nelle polemiche…
In 20 anni, 34 film, a sottolineare la scelta di realizzare dei veri e propri film più che una serie. Una caso unco nella storia della televisione italiana che vede una squadra confermata di anno in anno, sia per la parte attoriale che per quella tecnica. In 20 anni i protagonisti sono “cresciuti” con Montalbano, ma non son cambiati: “Voi pensate che gli uomini possano cambiare, ma gli uomini non cambiano! Io la penso esattamente come a diciotto anni…”, spiega Luca Zingaretti, volto e anima di Montalbano. La domanda su come si sia evoluto il personaggio del Commissario più amato della Tv, fa riflettere sul fatto che effettivamente il carattere non cambia, anzi. Burbero e assetato di giustizia, il Commissario Montalbano va avanti per la sua strada, se a volte deve infrangere le regole per ottenere giustizia non ha tmori, tutto in nome di un bene superiore. Questo è il carattere che ha disegnato Andrea Camilleri nei suoi romanzi, ed è così che lo interpreta Zingaretti che spiega: “Da anni interpreto Montalbano ma non per questo mi sono mai sentito un commissario… Se poi volete sapere come la penso io sull’immigrazione andate a guardare il monologo” (Zingaretti ha dedicato l’edizione 2016 del Pesaro FIlm Festiva al tema “Immigrazione e Terrorismo”) , perchè accade spesso che si confonda il ruolo con l’attore. Ma gli attori interpretano, non “sono”, per ricordare a chi cerca a tutti i costi di trascinarlo in una polemica con il Governo sulla questione immigrazione, tema di uno dei due episodi. Da più parti si è pensato a un possibile “imbarazzo” della Rai nellla massa in onda di episodi che proprio in Sicilia riguardano l’immigrazione. “Nessun imbarazzo! Gli episodi del Commissario Montalbano andranno in onda regolarmente…”. A chiatire e a portare più in alto la questione affrontata nei prossimi episodi è il regista, Alberto Sironi: “Nella scrittura di Camilleri la cultura araba è consifderata come un arricchimento che ha avuto influenze enormi nella nostra cultura, è un tema portato ad un livello più alto…”. Come dire che spesso dimentichiamo la nostra storia e che, da sempre, le culture si sono intrecciate favorendo quella crescita e quella evoluzione che oggi non ci sarebbe se non ci fossero state le contaminazioni e lo scambio che esiste da quando l’uomo ha iniziato a viaggiare e ad esplorare il mondo.
Tutte le speculazioni che si fanno, in fondo, sono lontane da quello che il pubblico vede. Il Commissario Montalbano piace, per il suo caratte e perchè in ognuno di noi c’è fondamentalmente un desiderio di giustizia. Se si aggiunge un cast affiatato con dei protagonisti dal carattere ben delineato e le splendide locatione della Sicilia si può facilmente immaginare che, in 20 anni, la serie ha raggiunto 1 miliardo e 200mila spettatori, solo in Italia. Sono numeri importanti, impossibile quantificare il numero di spettatori complessivi nel mondo.
In sintesi gli episodi che andranno in onda il prossimo 11 e 18 febbraio.
“L’altro capo del filo”, 11 febbrio 2019: Gli sbarchi di migranti si susseguono quasi ogni notte, e Montalbano deve affrontare questa emergenza con i suoi pochi uomini, che lavorano senza sosta. E lo fa senza perdere mai la sua umanità e il suo senso di giustizia. In mezzo a tutto ciò, un terribile delitto si abbatte su Vigata: Elena Biasini viene barbaramente massacrata nella sua sartoria.
L’omicidio sembra inspiegabile. Ma Montalbano saprà afferrare il filo della vita di questa donna misteriosa e straordinaria e scoprirà la lacerante verità che sta dietro la sua morte.
Il commissariato di Vigata è allo stremo delle forze: si occupa di uno dei problemi più difficili al quale è chiamato il nostro Paese, e in particolare la Sicilia. Gli arrivi dei migranti. I turni di lavoro sono incessanti e Montalbano e i suoi uomini si prodigano davanti a un compito nuovo e particolare.
“Un diario del ’43” tratto dai racconti di Andrea Camilleri “Un diario del ‘43” e “Being here”, in onda il 18 febbraio: Tre storie arrivano a Montalbano dal passato: la scoperta, dopo la demolizione di un vecchio silos, di un diario scritto nell’estate del 1943 da un ragazzo che allora aveva quindici anni, un certo Carlo Colussi. Il ragazzo, intriso di ideologia fascista, confessa di aver compiuto un atto terribile all’indomani dell’8 settembre 1943, una strage.
Il giorno stesso della scoperta del diario si presenta da Montalbano un novantenne dall’aria arzilla, un certo John Zuck. L’uomo, vigatese di nascita, durante la guerra fu fatto prigioniero dagli americani. Complice anche la morte di entrambi i genitori in un incidente stradale, decise di restare negli USA e di farsi lì una vita.
Tornato a Vigata ha scoperto il suo nome inserito erroneamente sulla lapide dei caduti in guerra. Chiede a Montalbano se può aiutarlo a far cancellare il suo nome dal monumento. Zuck fa molta simpatia a Montalbano, che prende a cuore la sua pirandelliana vicenda.
Il giorno dopo l’incontro con Zuck un altro novantenne, Angelino Todaro, uno dei più ricchi imprenditori della città, viene trovato morto. Qualcuno l’ha ucciso. Tra le luminarie della festa di San Calorio, Montalbano capirà che le tre storie sono collegate fra loro. Ma in modo del tutto sorprendente. E tragico.
Rossella Smiraglia
 
 

Cinematographe.it, 1.2.2019
Il Commissario Montalbano – L’altro capo del filo: recensione dell’episodio
Il Commissario Montalbano ritorna sul piccolo schermo ne L'altro capo del filo e Un diario del '43: ecco la recensione del primo dei due nuovi episodi della fiction Rai.

Il Commissario Montalbano torna questo mese con due nuovi episodi, L’altro capo del filo e Un diario del ’43, che andranno in onda rispettivamente lunedì 11 febbraio e il successivo, il 18, come sempre in prima serata su Rai 1. Se il primo dei due è tratto da un romanzo di Andrea Camilleri, il secondo è fusione di due racconti.
Sono passati vent’anni dall’episodio che aprì una delle fiction Rai più di successo, in Italia e all’estero, degli ultimi tempi. Ma se ne è trascorso di tempo da Il ladro di merendine ad oggi, Il Commissario Montalbano rimane fedele a se stesso, anche e soprattutto negli elementi del suo cast e della crew. Il primo dei due nuovi episodi, diretto come sempre da Alberto Sironi con Francesco Bruni a capo del team che si occupa della sceneggiatura, vede tornare sul piccolo schermo Luca Zingaretti nei panni di Salvo Montalbano, Cesare Bocci (Mimì Augello), Peppino Mazzotta (Fazio), Angelo Russo (Catarella) e come new entry troviamo Elena Radonicich, che interpreta una sua omonima.
Ne L’altro capo del filo si consuma un delitto dalla complessa soluzione, come di fatto è difficile ricostruire le misteriose vicende legate al passato della vittima. Ciò avviene sullo sfondo dei continui sbarchi di migranti cui il Commissario Montalbano con la sua squadra si trova a dover fare fronte. Si tratta di una puntata uscita in un momento di altissima sensibilità nei confronti di un tema come quello dell’immigrazione, ma il romanzo da cui è tratto usciva alcuni anni fa. Il che è pertanto da ricollegare all’attenzione all’aspetto umano e culturale tipico dello stesso autore, Andrea Camilleri. Imprescindibile dall’opera anche il fascino e il mistero della figura femminile, trattata nelle sue variegate forme, con un gusto forse un po’ retrò, che anche in questa puntata sono fortemente presenti.
Questo nuovo episodio della serie segue a ritroso la storia di una donna che viene pian piano ricostruita da Montalbano, senza indulgere a soluzioni che siano scontate o prevedibili. Lo spettatore ha il piacere così di seguire una vicenda che veramente non sa come andrà a finire: questo avviene ovviamente anche con la benedizione dell’indubbio genio dell’autore dei romanzi. Come la penna di Andrea Camilleri, anche i membri del cast con le loro interpretazioni sono una garanzia per chi li osserva, riuscendo ad immergerci per tutta la durata della puntata in quello che stiamo vedendo e ad emozionarci. Ne L’altro capo del filo non mancano infatti quei momenti di raccoglimento e riflessione che vengono veicolati da attori in grado di tenersi sulla scena e valorizzati dalle inquadrature.
L’impalco tecnico de Il Commissario Montalbano è come sempre funzionale e curato, ma tende ad evitare di farsi troppo vedere, onde evitare di rubare la scena alla narrazione delle vicende, agli attori, e alla caratteristica location che ha contribuito a vendere il prodotto in Italia e un po’ in tutto il mondo. L’altro capo del filo è una puntata che non tradisce le aspettative degli affezionati, simbolo di una serie che nel panorama delle fiction italiane è rimasta d’un pezzo per tutti questi anni e che fa della cura del dettaglio e la propria identità da preservare nel tempo un punto di forza, se non proprio un motivo d’orgoglio.
Valentina Albora
 
 

Marida Caterini, 2.2.2019
Montalbano 2020 | tre nuovi tv-movie | titoli e trama (ESCLUSIVA)
Montalbano 2020 | tre nuovi tv-movie | titoli e trama (ESCLUSIVA). Tutte le notizie sui prossimi film per la tv con protagonista Luca Zingaretti. Le riprese iniziano a maggio.

I due tv movie del ventennale de Il Commissario Montalbano vanno in onda rispettivamente l’11 e il 18 febbraio 2019. Ma la macchina della produzione rappresentata dalla Palomar di Carlo Degli Esposti e Nora Barbieri con Max Gusberti è già al lavoro per la realizzazione dei tv-movie che andranno in onda nella primavera del 2020.
La prima novità è rappresentata dal numero crescente dei film TV: per il prossimo anno Salvo Montalbano sarà protagonista di tre nuove vicende e non più due come in passato.
Vi anticipiamo in esclusiva i titoli dei romanzi e dei racconti di Andrea Camilleri che diventeranno film televisivi.
Si tratta di “Il metodo Catalanotti“, di “La rete di protezione” e del TV movie che ha come titolo “Salvo amato, Livia mia“.
I primi due titoli sono la trasposizione televisiva degli omonimi romanzi dello scrittore siciliano. Invece “Salvo amato, Livia mia” è tratto da una serie di racconti di Camilleri che sono stati riadattati per il piccolo schermo.
Le riprese iniziano a maggio e si protraggono fino alla conclusione di luglio. Il periodo in cui il set rimane aperto è più lungo perché ci sono tre tv movie da realizzare.
I luoghi di Montalbano sono sempre i medesimi. La città immaginaria di Vigata dove Camilleri ha ambientato le storie del suo commissario viene ricostruita tra Porto Empedocle (città natale di Camilleri in provincia di Agrigento) e Ragusa.
Una curiosità: nel 2003 l’amministrazione comunale di Porto Empedocle, per onorare il suo illustre cittadino e ringraziarlo della celebrità derivata dal successo letterario e televisivo, ha apposto nei cartelli turistici accanto al nome di Porto Empedocle quello di Vigata. Purtroppo nel 2009 questa decisione è stata revocata. Ma tutti oramai sanno che Porto Empedocle è proprio Vigata.
Montalbano 2020 | Il metodo Catalanotti | trama
Salvo Montalbano è chiamato ad una nuova indagine. Deve occuparsi di Carmelo Catalanotti, un uomo che ha sempre avuto in tutta la sua vita una grande passione per il teatro. Per questo motivo dedica il tempo libero alla regia di drammi borghesi.
Catalanotti fa parte di una compagnia di teatro amatoriale e subito si rivela una figura complessa, artista e usuraio insieme. Inoltre, come regista, sperimenta un metodo di recitazione traumatico
Montalbano viene coinvolto nell’indagine dalla nuova responsabile della sezione scientifica, una professionista di grande appeal che subito avrà sul commissario un potere molto forte.Livia è lontana e il commissario si abbandona ad un sentimento particolare.
Naturalmente per trovare la chiave del giallo e quindi la soluzione del mistero, Salvo Montalbano dovrà entrare nella vita del teatro.
La bellezza di questo testo è che Camilleri crea continuamente storie e personaggi di grande spessore che fanno parte del mondo teatrale e che lui stesso far recitare dietro le quinte di una rappresentazione di cui è regista unico.
Montalbano 2020 | La rete di protezione | trama
È il penultimo romanzo creato da Andrea Camilleri. Con grande sorpresa dei lettori e anche dei telespettatori che lo vedranno trasformato in TV movie l’anno prossimo, Camilleri si immerge nel mondo dei social in cui farà muovere il suo commissario.
Siamo a Vigata. Il piccolo centro è in fibrillazione per l’arrivo di una troupe della televisione svedese. Vigata infatti diventa il set di una fiction. Tutto il piccolo centro viene coinvolto e persino il commissariato di Vigata avrà un ruolo. Purtroppo molto presto ci si accorge che la sede dove opera Montalbano potrebbe diventare un salone da ballo.
La cittadina è percorsa da un grande fermento perché stanno arrivando le attrici svedesi precedute da una fama di grande bellezza, al punto da mettere in crisi molte unioni familiari. In questo contesto si inserisce una vicenda che coinvolgerà totalmente il commissario.
Montalbano 2020 | Salvo amato, Livia mia | trama
Come vi abbiamo anticipato questo TV movie è tratto da una serie di racconti. In uno scambio di lettere con la partner, Salvo Montalbano riuscirà a risolvere a distanza l’omicidio di una carissima amica della sua compagna Livia. In effetti questo racconto è ispirato all’assassinio di Simonetta Ferrero avvenuto nel 1971 e denominato dalle cronache del tempo come “il delitto della Cattolica“.
Una giovane donna fu uccisa il 24 luglio del 1971 all’interno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il caso nella realtà è rimasto irrisolto.
Massimo Luciani
 
 

Adnkronos, 3.2.2019
Da 'Mimi siciliani' al boom Camilleri, il mezzo secolo di Sellerio

Dai primi libri pubblicati nella collana 'La civiltà perfezionata', 'Mimi siciliani' di Francesco Lanza e 'Lettere sulla Sicilia' dello scrittore e architetto francese Eugène Viollet Le Duc, al boom internazionale di Andrea Camilleri. E' il percorso dalla casa editrice Sellerio che nel 2019 compie 50 anni. Fondata nel 1969, con un investimento di 12 milioni di lire, da Elvira e Enzo Sellerio con la collaborazione di Leonardo Sciascia e Antonino Buttitta, la casa editrice siciliana ha di fatto vinto la sua 'scommessa': è diventata un laboratorio culturale per la Sicilia e il Sud ma soprattutto per l'Italia intera, proiettandosi in una dimensione internazionale.
Dai suoi corridoi è passato un numero consistente di grandi scrittori, da Sciascia a Gesualdo Bufalino, passando per autori del calibro di Andrea Camilleri che ne è diventato un vero e proprio 'marchio di fabbrica'. Senza dimenticare altri romanzieri, studiosi e giallisti come Vincenzo Consolo, Luciano Canfora, Antonio Tabucchi, Gianrico Carofiglio, Santo Piazzese e Antonio Manzini, che ha dato vita al vicequestore Rocco Schiavone. A dominare editorialmente su tutti è stato Camilleri, protagonista di un fenomeno che ha fatto registrare numeri da record; e non solo per il suo personaggio più noto ed amato, il commissario Montalbano. Approdata anche in televisione, la serie del poliziotto di Vigata quest’anno compie 20 anni e la Rai festeggerà l’anniversario con la messa in onda di altri due episodi l’11 e il 18 febbraio. Un fenomeno editoriale, quello di Montalbano, se si considera che le sue indagini hanno venduto 25 milioni di copie in 20 anni.
Camilleri, però, non è il solo scrittore entrato nella scuderia della casa editrice siciliana. La prima vera svolta compiuta dalla Sellerio è rappresentata dalla pubblicazione di un pamphlet politico su una delle pagine più oscure della storia della Repubblica: il rapimento e l’assassinio del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro nel 1978. 'L’affaire Moro' di Leonardo Sciascia, pubblicato nella collana ‘La civiltà perfezionata’ ha venduto centomila copie. "È un libro di denuncia, senza parrocchie - ricorda la casa editrice - coraggioso, scritto nella prosa magnifica di Sciascia. Non teme di essere un libro di grande responsabilità ideale; ma è fatto per essere letto e goduto". Insomma, con il saggio di Sciascia, "è nato lo stile di una casa editrice e il suo spazio a livello nazionale".
Un altro fiore all'occhiello della Sellerio è stato Gesualdo Bufalino: un intellettuale coltissimo ma schivo e appartato, 'scovato' da Elvira Sellerio che lo ha guidato verso il successo. Il libro dello scrittore di Comiso, 'Diceria dell'untore', è stato pubblicato nel 1981 ottenendo la sua consacrazione con il premio Campiello. Un successo per Bufalino, autore ricercato con uno stile barocco, ma anche per la casa editrice: la pubblicazione del libro segna, infatti, il suo ingresso tra le grandi aziende editoriali nazionali. Un passaggio che sgancia la Sellerio dal contesto regionale in cui aveva mosso i suoi primi passi.
Gli anni Ottanta sono segnati dalla presenza di altri protagonisti della letteratura italiana. Scrittori di vaglia come Antonio Tabucchi o il siciliano Vincenzo Consolo, finiti "nel dimenticatoio, che Sellerio scopre e rilancia", come spiega la casa editrice. In casa Sellerio gli anni ’90 coincidono con la grande stagione del poliziesco declinata secondo punti di vista diversi: con il suo libro d’esordio del 1990, 'Carta Bianca', Carlo Lucarelli dà inizio al 'giallo Sellerio' che sarà alimentato dalla scuola siciliana interpretata, oltre che da Camilleri, anche dallo scrittore palermitano Santo Piazzese.
Negli anni Duemila la Sellerio raggiunge una dimensione sempre più internazionale. A far parte del suo catalogo non ci sono più soltanto autori italiani ma anche un buon numero di romanzieri stranieri. Su tutti a 'brillare' è la scrittrice canadese Margaret Doody con il suo Aristotele detective le cui storie diventano un "best seller: il primo libro, seguito da altri due in prima mondiale” sono "venduti in più di centomila copie", ricorda la casa editrice che evidenzia anche un altro caso editoriale di questo periodo. Quello di Penelope Fitzgerald, "un caso letterario europeo degli ultimi anni". Si tratta di "un’anziana signora inglese che parla delle cose profonde e invisibili e forti della vita con una grazia colorita di tinte tenui", spiega la Sellerio.
 
 

laRegione, 5.2.2019
Il segreto di Montalbano? È nei dettagli
A vent'anni dal primo episodio, mentre ne stanno per arrivare altri due, indaghiamo le ragioni di un successo enorme e inaspettato con il suo regista

«I turni di lavoro sono incessanti e Montalbano e i suoi uomini si prodigano davanti a un compito nuovo e particolare. Raccontare in un film quello che il pubblico ha già visto nei telegiornali di questi ultimi anni...». Questo il problema del regista, quando la realtà cerca spazio nel perimetro protetto di una serie di successo, e richiede corpo e sostanza, sfuggendo le superficialità. Dunque, come scrive nelle note di regia, Alberto Sironi ha passato le sue notti in attesa degli sbarchi, per documentare che cosa comporta l’accoglienza verso chi attraversa il mare in cerca di riparo o di un futuro. Il risultato lo si potrà vedere fra una settimana su Rai Uno nel primo dei due nuovi episodi del Commissario Montalbano, ‘L’altro capo del filo’, dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri. Un tema spinoso, nell’Italia dei porti chiusi, che forse solo un personaggio come Montalbano può permettersi di portare in prima serata alla tv pubblica. Ma il regista precisa, con un filo d’ironia: «Quando Camilleri ha scritto il romanzo la Lega non aveva ancora vinto le elezioni. Lui ha cercato di spiegare che la cultura araba ha regalato alla Sicilia, all’Italia e all’Europa delle cose che sarebbe giusto ricordare... Parla di porti aperti, anche in senso culturale».
Vent’anni e 34 episodi dopo, Sironi torna a riflettere con noi sulle ragioni di un successo inaspettato, che ha contribuito a veicolare nel mondo l’immagine di una regione splendida come il Sud-est della Sicilia. E dire che nel 1999 ci si aspettava una produzione di nicchia...
Come si spiega ciò che è accaduto?
«Ci sono tante ragioni che si uniscono e concorrono al risultato finale. Noi, tanto per cominciare, abbiamo un vantaggio: dietro di noi c’è uno scrittore. Generalmente, in tv, questo è raro: uno scrittore solo all’origine di un prodotto. Dopodiché, c’è stato lo sforzo di mantenere le persone con cui avevo deciso di lavorare: il direttore della fotografia, lo scenografo, il musicista, l’operatore... A differenza di tanti altri casi, abbiamo fatto in modo che il prodotto rimanesse nostro; ed è stata una bella guerra, non era facile»...
Peraltro Montalbano incarna una serialità anomala, il filo orizzontale è tenue: ogni episodio è un film...
«Quella è stata una battaglia fin dall’inizio. Mentre in tv tutti usavano il 16 mm, noi abbiamo girato sempre in 35 mm, a parte gli ultimi episodi in cui siamo per forza passati all’elettronica. Era una scelta precisa, volevamo un’immagine molto più profonda, soprattutto nei campi lunghi. Fin dall’inizio abbiamo chiesto cose un po’ più da cinema e il produttore ci ha ascoltati. Per dire, lo scenografo, Luciano Ricceri, viene da Fellini e Scola. Abbiamo puntato sulla qualità, il più possibile. Ed è andata bene a tutti».
Montalbano conferma che per restituire il valore di un testo sullo schermo bisogna prenderne le distanze?
«Bisogna proprio tradirlo, devi capire ciò che sta sotto le parole. Se prendi le parole come tali e poi le trasferisci in cinema, fai semplicemente un’illustrazione. Se invece provi a capire quello che cerca di dire lo scrittore con tutto il suo meccanismo, allora forse riesci a beccare qualche cosa».
Ecco, Camilleri in quanto ex uomo di tv ha colto questo sforzo?
«È stato sempre corretto e molto rispettoso. Solo all’inizio, siccome lui conosceva Zingaretti come suo ex allievo all’Accademia di teatro, mi ha chiesto: “Perché hai scelto proprio un pelato e così giovane?”. E io gli confessai che, scegliendo i personaggi, avevo scelto di ringiovanirli un po’... Pensavo che così la storia potesse prendere un po’ più di movimento. In ogni caso, quando vide il primo film, disse: “Mi sono piaciute pure le comparse”. Poi, nelle sceneggiature, è sempre stato molto attento a capire da un lato se restavamo coerenti con il suo linguaggio – che è anche un’invenzione – dall’altro se mantenevamo una certa attenzione al plot delle storie, spesso complesso».
Perché Zingaretti, romano, era l’attore giusto per Montalbano?
«Ha fatto un provino eccezionale. Si è presentato con un monologo da uno dei romanzi, molto lungo e molto difficile, e devo dire che era nettamente il più bravo. Io vengo dal teatro di Strehler e in Montalbano c’è un senso del teatro, Camilleri racconta oggi un mondo i cui punti di riferimento sono nella sua giovinezza: lui è venuto via dalla Sicilia a 20 anni e non è più tornato. Noi avevamo difficoltà a rendere le storie in questo modo magico, per cui i nostri film non sono naturalistici, ma ci sono cose che non hanno senso: le strade e le piazze vuote, l’auto strana del commissario, poche comparse quando servono e magari tante quando non servono, un tipo di struttura nel racconto e nel modo di recitare molto teatrale. Scegliere Luca è stato importante: ha capito subito che c’era questo tipo di materiale».
Appunto, la sua formazione teatrale l’ha guidata nella cura per i personaggi secondari? In ogni film, volti e caratteri s’impongono...
«Su questo aspetto ho dovuto combattere, all’inizio i funzionari tv non capivano. Senza i siciliani autentici al di sotto, i protagonisti non sarebbero stati in piedi: quel tipo di linguaggio necessitava di qualcuno che lo usava quotidianamente. Questo l’ho capito grazie al lavoro su Goldoni: senza i siciliani nei ruoli piccoli avrei perso lo zoccolo duro che permette ai protagonisti di recitare».
Visto che i luoghi immaginati da Camilleri sono nella zona di Agrigento, che cosa l’ha guidata verso Sud-est?
«All’inizio siamo andati nei luoghi della giovinezza di Camilleri, ma lì quella Sicilia e quello che lui raccontava non c’erano più. Allora ci siamo spostati verso Ragusa, in una zona ancora molto agricola. Adesso anche lì iniziano a costruire un po’ troppo, ma resistono quei luoghi che riportano a una Sicilia più lontana, magica, con quelle piazze barocche da cui anche i sindaci hanno poi iniziato a togliere le auto. Camilleri è molto preciso nel raccontare atmosfere e personaggi, mentre il paesaggio lo abbiamo inventato noi».
Forse è servito l’occhio del regista di Busto Arsizio?
«Questo l’ho detto anche a Camilleri: siete stati fortunati, perché noi del Nord abbiamo un’attenzione verso le immagini del vostro mondo che voi non potete più avere, perché siete cresciuti lì dentro e certe cose non le vedete più. Anche i romani, quando passano davanti al Colosseo, non lo guardano più».
Claudio Lo Russo
 
 

SiciliaONPress, 5.2.2019
Selene Caramazza protagonista nel nuovo episodio del Commissario Montalbano

Nei giorni 11 e 18 febbraio prossimi su Rai1 saranno trasmessi i nuovi episodi della fortunata serie televisiva “Il Commissario Montalbano” tratti dai romanzi di Andrea Camilleri, con Luca Zingaretti per la regia di Alberto Sironi. Nell’episodio “Un diario del ’43” in onda lunedì 18 febbraio tra i protagonisti principali ci sarà Selene Caramazza, la giovane e brava attrice di Favara, Premio Vittorio De Sica per il film “Cuori puri”.
[...]
Giuseppe Moscato
 
 

Messaggero Veneto, 6.2.2019
Vent'anni di Montalbano in tv con la puntata girata in Friuli
Appuntamento l'11 febbraio su Rai 1 con "L'altro capo del filo". Il commissario si muoverà tra Cividale e Venzone. Il 18 l'altro episodio
Assaggerà il frico

Gli amanti del Commissario Montalbano segnino in agenda l'11 e il 18 febbraio, per i due nuovi episodi della tredicesima stagione della fiction che per 20 anni ha accompagnato in tv il successo letterario dei libri di Andrea Camilleri. Il primo dei due titoli (pubblicati dalla Sellerio) è tratto da " L'altro capo del filo", ed è stato girato tra la Sicilia e il Friuli. Cuore del racconto, i migranti, tema talmente scomodo da produrre una dichiarazione preventiva della direttrice della Rai Teresa De Santis: «Non c'è nessun imbarazzo da parte della Rai, nessuna fibrillazione. La migrazione è un tema complesso che coinvolge molti ambiti e il film racconta un punto di vista e offre molti spinti di riflessione. Le polemiche politiche in questo momento non ci riguardano». Nel nuovo episodio in prima serata su Rai 1 c'è tanto dolore e tanta disperazione per un'umanità transumante e sofferente. Il grande scrittore siciliano è stato sempre attento a calare il suo alter ego nella realtà. Questa volta alla vicenda degli sbarchi dei migranti che si susseguono quasi ogni notte e che Montalbano affronterà con i suoi pochi uomini, si sommerà un terribile delitto che si abbatte sull'immaginifica Vigata: Elena Biasini, amica di Livia, viene barbaramente uccisa nella sua sartoria. L'omicidio sembra inspiegabile, perché i colpi rinvenuti sul corpo della donna sono di una particolare ferocia. Ma Montalbano, isolato nell'architettura del silenzio che ancora una volta, ne siamo certi, il regista Alberto Sironi saprà disegnargli attorno, immortalando scorci di una Sicilia mitologica, riuscirà a riannodare i fili di una vicenda che ha per protagonista una donna misteriosa. Per farlo dovrà lasciare la sua amata isola e viaggiare verso nord, dove raggiungerà Bellosguardo, un paese che sembra uscito da una poesia di Palazzeschi, in provincia di Udine. Si fermerà in una trattoria , Il Leon D'Oro, «un nome che dava sicurizza» e mangerà «jota e frico». I telespettatori friulani riconosceranno nelle inquadrature di un Nord Est in cui si annida la ferocia, le pietre di Venzone e il duomo di Cividale due set scelti dal regista per raccontare una storia che è tra le più belle firmate da Camilleri. Non mancherà nella nuova stagione anche l'omaggio all'attore Marcello Perracchio, celebre per il suo ruolo del medico legale, dottor Pasquano. Il Commissario omaggerà la scomparsa dell'amico, l'uomo che non voleva che gli rompessero "i cabbasisi" quando giocava a carte.
Fabiana Dallavalle
 
 

La Gazzetta dello Spettacolo, 7.2.2019
Luca Zingaretti: l’importante è mettercela tutta

A febbraio andranno in onda su Rai Uno due nuovi episodi del Commissario più amato dagli italiani: Montalbano. Noi de La Gazzetta dello Spettacolo abbiamo incontrato Luca Zingaretti.
Luca Zingaretti torna il Commissario Montalbano, come sempre con temi molti attuali. Nella scorsa stagione si parlava di femminicidio in questa si parla di migranti. Come affronta questo tema il commissario Montalbano
Il commissario Montalbano opera in una terra di frontiera e oggi come oggi non si può ambientare qualcosa in Sicilia senza occuparsi di questa drammatica vicenda umana. Uomini che scappano da fame, carestie e guerre. Non sarà il tema centrale della puntata che vedremo in onda ma durante le indagini per un omicidio parleremo anche di questo.
Che effetto fa dopo vent’anni essere il commissario Montalbano e com’è cambiato Luca Zingaretti in questi anni?
Non mi fa nessun effetto perché ho voluto fortemente interpretare Montalbano. Ripeto sempre che con la Palomar non siamo mai stati legati da nessun tipo di contratto, c’è sempre stato un desiderio di volerci ricontrare e portare in video nuove storie. Luca Zingaretti è cambiato in questi vent’anni nel senso che non è ringiovanito (ride n.d.r.).
Mentre Montalbano in questi anni com’è cambiato?
I cambiamenti del mio personaggio penso che siano da attribuire all’età del suo autore e dei cambiamenti del nostro Paese. Ormai da dieci anni dobbiamo affrontare alcune emergenze incredibili, a partire da quella dell’immigrazione ma anche la crisi economica che morde i polpacci delle persone. E poi c’è anche l’emergenza ambientale, forse troppo sottovalutata.
Vent’anni di successi e tantissime le aspettative del pubblico che vi aspetta ogni anno
Fin dal primo momento, dalla prima puntata abbiamo sentito queste aspettative. Non ci siamo mai seduti sugli allori e abbiamo sempre cercato di non deludere e di essere sempre all’altezza del grande amore che hanno gli italiani per questa serie. Ci può venire un episodio meglio e un episodio peggio, a mio avviso l’importante è mettercela tutta… Poi una partita la puoi pure perdere, però usciamo sempre con la lingua fuori dalla bocca
Luca Zingaretti, nelle nuove puntate c’è un omaggio a Marcello Perracchio, l’attore scomparso nel 2017 che interpretava il dottor Pasquano
Sono molto fiero del fatto che sia stata accolta una mia idea: è morto un grande personaggio, un grande attore, soprattutto un grande amico. Quindi ho chiesto: “Signori, perché non celebriamo insieme ai nostri spettatori che amano il Dottor Pasquano la morte di Marcello Perracchio? E lo facciamo morire nel nostro caso?” Inizialmente avevano dei dubbi, poi per fortuna si sono tutti convinti che fosse un’eccellente idea! Quindi l’abbiamo scritta, l’abbiamo girata ed è stata una delle scene più commoventi che mi sia capitata di girare nella mia carriera.
Maria Rita Marigliani
 
 

Nuovo Sud, 7.2.2019
Televisione, Luca Zingaretti: "All'Italia servono tanti Montalbano"

"Montalbano ricorda la generazione dei nostri nonni: ha un suo rigore morale, un modo di pensare per cui non possiamo che provare struggente nostalgia. Non ha un prezzo attaccato alla giacca, non si vende. Quello che è giusto è giusto, quello che non lo è non è contrattabile, si può discuterne, provare a convincerlo, ma non costringerlo a cambiare opinione". Luca Zingaretti, che torna nei panni del commissario più amato della tv con due nuovi episodi ('L'altro capo del filo' in onda lunedì 11 febbraio e 'Un diario del 43' il 18 febbraio, entrambi su Rai1 in prima serata) racconta a Famiglia Cristiana, nel numero oggi in edicola, perché l'Italia abbia bisogno di gente come lui: "Incarna quei valori antichi che non avremmo dovuto perdere. Il pubblico si è innamorato di questo sbirro perché sa farsi carico della debolezza delle persone". Circa il suo rapporto col commissario, a cui dà volto da 20 anni, precisa che ormai è un vecchio amico, che ogni anno vado a trovare per sentire come sta e scambiarci due chiacchiere". Alla domanda come si trova in questa Italia un po' spaventata, un po' incattivita? Zingaretti risponde: "bisognerebbe chiederlo ad Andrea Camilleri, che comunque dà una risposta nei libri. È un Montalbano cui non piace quello che stiamo vivendo. Ma a chi piace? La crisi economica da dieci anni morde ai polpacci la gente, molti faticano ad arrivare a fine mese e questo genera timore, che a sua volta genera violenza e rabbia. Un'emergenza ambientale, di cui non capiamo la portata, subliminalmente ci porta ansia; la forbice tra ricchi e poveri s'è allargata a dismisura, in termini di Paesi e in termini di individui. È una situazione esplosiva e Montalbano risente del clima plumbeo in cui viviamo". Zingaretti ammette anche che il suo "doppio" Salvo Montalbano, entrando da 20 anni "in casa delle persone la sera quando sono insieme, a volte "invade" la quotidianità sua e della sua famiglia. Zingaretti e Luisa Ranieri si sono anche sposati nei luoghi di Montalbano: Ma, assicura l'attore, non è stato un omaggio al Commissario".
 
 

Il Friuli, 7.2.2019
Indagini in Friuli per il commissario Montalbano
Lunedì 11 e 18 febbraio, su Rai 1, andranno in onda due puntate della serie ispirata al personaggio ideato dallo scrittore Andrea Camilleri

Quest'anno la trasposizione televisiva delle indagini del commissario Montalbano, personaggio ideato dallo scrittore Andrea Camilleri, compie 20 anni e lunedì 11 e 18 febbraio torna in tv con due nuovi episodi, uno dei quali interamente girato in Friuli, in prima serata su Rai 1. “L’altro capo del filo”, questo il titolo, è stato girato nella nostra regione nella primavera del 2018 dal regista Alberto Sironi.
Cividale, con il fiume Natisone e il ponte del Diavolo che avranno un ruolo importante nelle indagini, il borgo più bello d’Italia Venzone, che per esigenze sceniche si è trasformato in Bellosguardo, ma anche Rocca Bernarda di Premariacco e Villa Beretta a Pavia di Udine sono i luoghi che faranno da sfondo a un giallo che comincia con la morte di una sarta.
Non solo un'indagine difficile per il personaggio interpretato da Luca Zingaretti, ma anche tormenti d'amore in questo episodio ''friulano'', dove il commissario riflette dubbioso sul suo imminente matrimonio con Livia.
L’episodio è tratto da “L’altro capo del filo”, il centesimo volume dedicato da Andrea Camilleri al suo commissario.
Marta Rizzi
 
 

RagusaNews, 7.2.2019
Commissario Montalbano, location inedita a Sampieri. VIDEO
Un diario del 43

Scicli - Il Commissario Montalbano sforna nuove location e fra quelle che vedremo lunedì 11 febbraio nell'episodio inedito "Un diario del 43" apprezzeremo la veranda di casa Majorana a Sampieri. Ecco il video.
 
 

Donna Moderna, 7.2.2019
Montalbano, il vicino di casa che tutte vorremmo
Immancabile come Sanremo e atteso come le feste comandate, ritorna sul piccolo schermo il commissario più amato d’Italia. Questa è la tredicesima stagione: due nuovi episodi con cui festeggiare i 20 anni di Montalbano. E già si preannunciano record d’ascolti

Ci siamo, è arrivato il grande momento, non c’è festa mondana che tenga, assemblee di condominio, impegni con gli amici o corsi di ballo: lunedì 11 e 18 febbraio le strade italiane saranno particolarmente libere e silenziose, i ristoranti pressoché deserti e le famiglie insolitamente d’amore e d’accordo radunate intorno alla tv per gustare su Rai1 le vicende di Salvo Montalbano, il poliziotto che tutti vorremmo avere come vicino di casa (ma ci andrebbe bene anche come amministratore del palazzo). Ci sembrerà d’averlo salutato la sera prima e riprenderemo subito confidenza con gli amici di sempre - Mimì, Fazio, Catarella, Livia, Angelina - e con la terra siciliana che, spettatrice e allo stesso tempo protagonista, osserva silenziosa le alterne vicende e i contrasti dell’animo umano.
Questa sarà la tredicesima stagione: i due nuovi episodi si intitolano: “L’altro capo del filo” e “Un diario del ‘43”. 20 anni di Montalbano
La fiction, che nel 2019 compie 20 anni, conquista da sempre milioni di telespettatori in prima serata (gli episodi inediti del 2018 hanno registrato una media di 11 milioni), di tutte le età e ceto sociale, con alte percentuali di share anche nelle repliche, pari solo alle grandi sfide calcistiche. E pensare che i primi episodi del 1999, “Il ladro di merendine” e “La voce del violino”, all’inizio erano stati concepiti come puntate pilota su Rai2: nessuno immaginava il successo che avrebbero riscontrato presso il pubblico italiano e straniero! Perciò, a ogni nuova stagione, insieme al commissario, ritorna l’inevitabile analisi sui fattori di successo della serie. Montalbano, un personaggio d’altri tempi
Ci piace perché va sempre dritto per la sua strada, non cerca di piacere a tutti, non si scompone, non si adatta agli altri, ha una sua morale e non gli fanno effetto i finti apprezzamenti e le false smancerie. Come un uomo d’altri tempi, ha solidi punti di riferimento (la ricerca della verità, il rispetto per il ruolo che ricopre, il valore dell’amicizia, l’affetto per le persone che ama, la passione per il mare, il piacere del buon cibo) e non si lascia compiacere dalle lusinghe di chi vorrebbe ammansirlo per proprio tornaconto personale. Secondo Luca Zingaretti, l’attore che presta il volto al personaggio, Montalbano “è un uomo che ha il baricentro della propria esistenza dentro di sé”. Certo, anche lui ha le sue debolezze e, come tutti, non è esente da errori, ma pur deviando talvolta dal suo cammino regolare, finisce sempre per ritornare ai suoi personali punti di riferimento.
Un mondo sospeso nel tempo
Le vicende di Montalbano sono ambientate a Vigàta, una Macondo italiana, frutto della strabiliante fantasia di Camilleri, una terra che esiste e non esiste, a metà strada tra l’immaginazione e la realtà (le scene sono girate nel ragusano, tra Scicli, Donnalucata, Modica e dintorni). L’ambientazione evoca un passato affascinante che non abbiamo vissuto ma che tuttavia ci appare familiare, come se appartenesse alla nostra infanzia. La bellezza a volte decadente dei palazzi barocchi, gli interni delle case, alcuni personaggi che sembrano arrivare da lontano contribuiscono a creare un clima di stupore e mistero, in grado di trasportarci in un altrove fuori dal tempo, quasi metafisico. Come sostiene il regista della serie, Alberto Sironi: “l’atmosfera, la luce, il caldo, la Sicilia… tutto concorre a creare una bolla magica”.
Una fiction per antidepressivo
Quest’universo, fantastico e reale allo stesso tempo, lo ritroviamo intatto stagione dopo stagione: Catarella continua a strapparci risate con la sua goffaggine, Mimì è sempre l’amico-collega fedele, Fazio persevera nella sua puntigliosa esecuzione delle indagini, Livia è l’eterna compagna di una vita, Adelina seguita a farci venire l’acquolina in bocca con le sue pietanze. Gli ambienti rimangono immutati, il commissario non si separa dalla sua vecchia macchina e dal rito purificatore della nuotata, la casa di Marinella ha sempre la vista sul mare e il cibo conserva il suo effetto salvifico e rigenerante. Tutto ciò è rassicurante: sappiamo che, sia pure per un paio d’ore, possiamo dimenticare il presente e gli affanni quotidiani, senza lo stress di inseguire like o continui apprezzamenti sui social per sentirci al passo con i tempi.
L’affetto per il maestro Camilleri
Montalbano, l’(anti)eroe che tutti ammiriamo, non esisterebbe senza la penna geniale del suo autore, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri che dal 1994 descrive gesta e sentimenti del famoso commissario. Lo amiamo e lo veneriamo come un membro della famiglia - un padre, uno zio, un nonno - con doti speciali e non finiamo di ringraziarlo per il talento narrativo con cui ci ha emozionato e fatto vivere storie straordinarie.
La scorsa estate, all’età di 92 anni, dopo oltre 100 libri e una ricca carriera di regista di teatro, televisione, radio, si è esibito al Teatro Greco di Siracusa con Conversazione su Tiresia, a conferma della sua incessante attività letteraria.
In fondo, Camilleri è un po’ come Montalbano, come lui, infatti, va dritto per la sua strada, senza farsi influenzare o scendere a patti con gli altri. “Non demordete mai dalle vostre idee”, conferma in una recente intervista, “se ne siete convinti, mantenetele fino all’ultimo” e, citando Julien Benda, “che le vostre risposte siano, sì – no e soprattutto non cercate di spiegare il sì e il no, perchè ogni spiegazione è già un compromesso”. Quale migliore lezione!
Salvo e Livia, un legame in cui rispecchiarsi
La fiction ci accompagna dal 1999: in questo periodo il commissario è passato dalla gioventù all’età matura, ha sperimentato scontri professionali, crisi esistenziali e lutti familiari, riappacificazioni personali e amicali, facendoci sentire meno soli nell’evoluzione di uomini e donne alle prese con la sfida della vita quotidiana. A differenza del Maigret di Simenon, Montalbano è un personaggio che muta nel tempo, cresce e invecchia come tutti e questo lo rende ancora più “vicino” a noi. Anche il suo legame sentimentale con Livia cambia con il trascorrere degli anni: entrambi hanno imparato a convivere con i limiti dell’altro e, negli ultimi episodi, la fidanzata assomiglia più a una moglie che a un’amante. Anche il quadro generale risente del cambiamento della società, come vedremo nei nuovi episodi, dove si affronta il tema controverso dei migranti.
Questa continua trasformazione porta spesso a riconoscerci in Montalbano, in quella sua irruenza improvvisa, nell’insofferenza a rispettare certi lacci burocratici o alcuni sconfinamenti del potere. Lo amiamo proprio per questo, perchè c’è un po’ del commissario in ciascuno di noi: parafrasando una sua celebre frase, possiamo affermare che “Montalbano siamo!” tutti noi.
Nadia Santese
 
 

Eccellente, 7.2.2019
Montalbano in una statua, anzi due: ma una è di Zingaretti

“Ceci n’est pas une pipe” avvertiva Magritte indicando una inequivocabile pipa da lui dipinta e volendo significare che era solo un’opera d’arte, non la realtà e raccomandando quindi di non fare confusione. Di fronte alle statue di Montalbano, una a Porto Empedocle e l’altra a Punta Secca, la Vigàta televisiva, verrebbe da dire che nessuna delle due raffigura il commissario di Camilleri.
Non lo potrebbero in nessun caso. Quando si assiste alla trasposizione di un personaggio – quindi una figura inesistente – dalla letteratura al cinema o al teatro, passando da una finzione a un’altra, si tende sempre a identificarlo con l’interprete e fare di questi una ipostasi di quello. Più un attore recita bene la “parte”, e quanto più il suo film – anche grazie a lui – ha successo, tanto più l’interprete assume l’anagrafe del personaggio. In uno spot pubblicitario si è visto comparire Kabir Bedi che veniva chiamato non con il suo nome ma con quello di Sandokan, il personaggio di Salgari che egli interpretò con successo in televisione negli anni Settanta. Il rischio di un attore è sempre quello di finire nei panni del personaggio e di non uscirne più.
Ora, grazie alla serie televisiva, il commissario Montalbano ha nell’immaginario più diffuso il volto di Luca Zingaretti, sebbene l’attore romano sia il più diverso e lontano dalla figura camilleriana che i romanzi ci suggeriscono. Il ciclo in Tv non ha falsato solo le sembianze del commissario e degli altri personaggi letterari ma anche i luoghi, così Vigàta non è più una trasfigurazione di Porto Empedocle ma la riproduzione di Punta Secca e di altri luoghi del Ragusano dove la fiction è girata. Vedendo in televisione la casa sulla spiaggia che c’è realmente a Punta Secca, il turista si fa fotografare davanti alla terrazzina per poter dire o pensare di essere stato a casa del commissario.
Di qui la naturale e conseguenziale raffigurazione di Montalbano in una statua di acciaio, prima piazzata a poche decine di metri dalla villetta e poi spostata in un locale e infine rimossa, nella quale si riconosce – o si dovrebbe riconoscere – Luca Zingaretti e in esso Salvo Montalbano. Un commissario con un bicchiere in mano, costume e occhiali da mare, appena uscito dall’acqua e contento di starsene mezzo nudo in piazza: cosa che il “vero” Montalbano non farebbe mai, non avendo mai preso il bagno in presenza di altri e neppure di giorno. Ma queste oltranze riguardano l’estro dell’autore della scultura e l’esito di quanti episodi ha letto del ciclo in rapporto a quanti ne ha visti. La differenza non è insignificante, perché il Montalbano televisivo non è per niente quello letterario.
Il quale in qualche modo si riconosce nella statua di bronzo che fu collocata sei anni fa sul corso principale di Porto Empedocle, che certamente, quanto al topos, richiama più Vigàta di quanto non possa fare Punta Secca: è vero che Montalbano non indugerebbe mai in piazza, per giunta appoggiato a un palo della luce con un’aria da Pietro Germi, ma l’aspetto risponde senz’altro all’identikit di Camilleri: ha tutti i capelli, non è alto di statura e tende a mettere pancia, ha modi lenti, misurati e non elettrici come Zingaretti, e un atteggiamento pacioso che si è fatto con gli anni dolente e quasi mesto.
Sappiamo chi è realmente e ce lo ha detto lo stesso Camilleri. Il quale racconta che un giorno a un convegno conobbe un docente universitario sardo, Giuseppe Marci, e gli disse che il commissario era lui. Marci potrebbe allora dire “Montalbano c’est moi” e pretendere che chiunque voglia elevare una statua a Montalbano debba ricopiarlo. Ma a quel punto avremmo non più statue di personaggi inesistenti ma di persone esistenti. Il che non è letterario né televisivo. Accontentiamoci di due commissari allora e dunque di due statue: una a quello letterario e l’altra al televisivo. Tenendo però conto che questo nasce da quello.
Nino Crimi
 
 

Teatro Comunale di Ventimiglia (IM), 8.2.2019
Maruzza Musumeci
ore 21:00


 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 8.2.2019
Luca Zingaretti: «Quando ritrovo Salvo mi sento a casa»
L'attore torna nel panni del commissario Montalbano e, in occasione dei 20 anni della serie, rivela nella nostra intervista...

Sono trascorsi la bellezza di 20 anni dalla messa in onda del primo film di “Il commissario Montalbano”. «E sono volati» commenta sorridendo Luca Zingaretti, che l’11 e il 18 febbraio rivedremo nei panni del commissario più amato della tv con i due film inediti “L’altro capo del filo” e “Un diario del ‘43”.
Sono tanti... è un traguardo straordinario per una serie tv.
«Già. Se penso che sono 20 anni mi prende un colpo. Eppure io continuo a fare questa serie con una voglia e una freschezza tali che è come se avessi cominciato ieri».
Se si guarda indietro quali sono i momenti di questi 20 anni che meritano di essere ricordati più di altri?
«I primi due anni sono stati un’emozione continua. Quando abbiamo cominciato, i romanzi già scritti da Andrea Camilleri erano quattro e mi ricordo che è stato come rompere un diaframma tra quello che era stato il mio studio e il personaggio, il dovergli dare vita. Quel periodo è stato come i primi anni di un amore con una persona: c’è una passione straordinaria, c’è la voglia divorante di conoscere l’altro. Ma gli anni successivi non sono stati certo da meno».
Ormai lei e Salvo Montalbano siete come due “vecchi amici”. Il vostro rapporto si è evoluto nel corso del tempo?
«Per me ogni volta è come andare a trovare un amico che abita in un paesino della Sicilia. E quando sono lì ci raccontiamo come stiamo».
Il primo ciak se lo ricorda?
«Il primissimo non me lo ricordo. Ma ricordo i primi giorni: alla fine della prima settimana ero molto preoccupato, mi sentivo bloccato».
Cosa intende?
«Come la sera prima di un esame: hai studiato tanto ma ti sembra di non sapere niente. Poi arrivi all’esame, ti metti seduto davanti al professore, lui ti fa la prima domanda e tu ti sblocchi. Ecco, la prima settimana di riprese è stata un po’ come la prima domanda a un esame».
E ha preso un bel 30 e lode. Anzi, sono 20 anni che prende 30 e lode.
«Sì, questi 20 anni sono stati costellati di 30 e lode. E di soddisfazioni continue. I risultati di audience altissimi, la conquista di mercati esteri che tradizionalmente sono chiusi ai prodotti italiani. In tanti Paesi abbiamo fatto da apripista, mentre in altri siamo ancora l’unico prodotto italiano che è riuscito a entrare».
C’è stato un momento di difficoltà invece in tutto questo tempo?
«Sì, intorno al 2008 quando dissi che volevo lasciare il personaggio. È stato quello l’unico momento in cui si è creata una sorta di stanchezza rispetto a ciò che stavamo facendo».
E cosa è successo?
«Ci siamo fermati per tre, quattro anni e poi, quasi per caso, ci siamo ritrovati insieme col desiderio di ripartire. Perché questa serie è un po’ come l’Africa: se non la fai, dopo un po’ ti viene il “mal d’Africa”».
Quali sintomi comporta il “mal di Montalbano”?
«Ti manca tutto: le persone che ci lavorano, il personaggio, la “materia camilleriana”, i luoghi che ci ospitano che sono unici e di una dolcezza indescrivibile».
Una nostalgia irresistibile, insomma, che l’ha portata a tornare a interpretare Salvo dopo pochi anni?
«Già. È stata proprio la voglia di andarmi a misurare ancora con il personaggio Montalbano. Mi mancava. Seguire un personaggio importante, ricco, pieno di cose da raccontare come Montalbano per 20 anni è un privilegio che tocca a pochi. Con un autore vivente, come Camilleri, che continua a modificare il personaggio».
Come è cambiato Salvo? Il commissario di “Il ladro di merendine”, la prima puntata che andò in onda, è così diverso da quello di oggi?
«In realtà non è tanto il personaggio a essere diverso, è il nostro Paese che è cambiato. Il giallo è il tipo di scrittura che racconta al meglio un territorio, una nazione, una città, un’atmosfera. Tutti i grandi giallisti hanno raccontato il proprio mondo, il proprio presente in maniera straordinaria, quasi fossero dei saggisti. In questo senso non è tanto il personaggio creato da Andrea Camilleri che è cambiato quanto l’ambiente in cui agisce che è completamente diverso. In questi venti anni, che non sono pochi, noi italiani siamo cambiati tantissimo».
Cosa ci può anticipare dei due nuovi episodi che stiamo per vedere?
«Il primo, “L’altro capo del filo”, è un intreccio di amore e morte, un tema caro a Camilleri. Il secondo, “Un diario del ‘43”, è la storia di un anziano signore americano, nato a Vigata, che a un certo punto della sua vita torna nella sua terra per riscoprirne la dolcezza. Ma non solo: torna anche, e lo capiremo poco a poco, per vendicarsi di un torto subito in gioventù».
Negli ultimi episodi avevamo visto Montalbano in procinto di sposarsi. Ma era solo un sogno... Il rapporto di Salvo con Livia si evolve nei prossimi due episodi?
«Livia è come se fosse la coscienza di Salvo, l’unica persona da cui riceve delle critiche e da cui le accetta... anzi ha bisogno di essere criticato da lei. Questo aspetto fondamentale del rapporto tra i due personaggi è presente anche in questi due episodi. Il loro è un legame straordinariamente forte, che va oltre l’affetto e i sentimenti».
Ce l’ha un rito per la messa in onda di ogni nuova serie?
«Le puntate le seguo sempre con la mia famiglia, con Luisa (Ranieri, ndr) e le bambine. Nessun altro. Le guardiamo per il piacere di guardarle, ci facciamo due risate, stiamo insieme e poi ce ne andiamo a dormire. Non faccio niente di speciale».
E ogni volta che tornate sul set sarà quasi come tornare in famiglia…
«Non “quasi”, la nostra è proprio una vera famiglia».
E all’inizio delle riprese di una nuova serie c’è un rituale?
«C’è il brindisi dopo il primo ciak: si brinda con bollicine, cannoli e tanti altri prodotti italiani».
Tra i 34 film che avete girato ce n’è uno che le è piaciuto più degli altri?
«Direi di no. Però sono molto affezionato a “Il cane di terracotta”, perché c’è una grande storia d’amore e si rifà a degli archetipi antichissimi».
Prima di indossare di nuovo le giacche su misura di Salvo, le serve un periodo per prepararsi, o le viene naturale rientrare in quei panni?
«Altro che naturale! Ogni volta c’è un grande lavoro di preparazione, fin dalle sceneggiature, dove metto voce, riscrivendo io stesso alcune parti. Credo che oltre a Camilleri nessun altro conosca il personaggio come lo conosco io, e a me serve tutto questo lavorio per rientrare in quella atmosfera, in quell’universo, nella memoria. Penso che il 90% del grande successo, oltre naturalmente alla penna di Camilleri, risieda nella testardaggine di questo gruppo che non si è mai accontentato, non ha mai dormito sugli allori e si è sempre rimesso in gioco ogni volta come fosse la prima volta. Un po’ per entusiasmo e un po’ perché siamo tutti dei grandi professionisti».
Le scappa mai ogni tanto nella vita di tutti i giorni di infilare qualche espressione tipica di Montalbano?
«No, sinceramente no».
Quando le persone la fermano per la strada cosa le chiedono di Montalbano?
«Stranamente più Montalbano ha successo, più mi riconoscono come Luca Zingaretti. E non mi fanno tante domande, piuttosto si raccontano, come se fossi uno di famiglia. Mi fa piacere perché oltre a sentirne l’affetto e la stima, capisco che si fidano di me tanto da aprirmi il loro cuore».
E oltre a Montalbano cosa l’aspetta?
«Sto per girare una commedia per il cinema di un autore esordiente, poi riparto per le riprese dei prossimi due o tre episodi di Montalbano, sto già lavorando alle sceneggiature. E da ottobre in poi ci sono altri progetti ma è ancora presto per parlarne».
Stefania Zizzari
 
 

ANSA, 8.2.2019
Tv: semiologo, la cronaca che si fa fiction in Montalbano
Durante le due nuove puntate del commissario visioni critiche

Palermo. "Si dimentica spesso - salvo stupirsene a ogni nuova apparizione di un romanzo o di un film - che le storie di Montalbano vanno ben oltre le microfollie da personaggi post-pirandelliani, o le morbosità psico-sessuali da pervertiti della periferia dell'impero, che ritroviamo pure con una certa frequenza. In queste narrazioni tutt'altro che banali incontriamo sempre (non come strizzate d'occhio ai lettori ma come elementi narrativi strutturalmente imprescindibili) un gran numero di fatti di cronaca di varia natura e importanza". Lo afferma Gianfranco Marrone, professore ordinario di Semiotica nell'Università di Palermo, saggista e scrittore in vista della messa in onda delle nuove puntate della serie sul famoso commissario protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri. Il semiologo introdurrà l'11 e il 18 febbraio "una visione collettiva critica" delle due nuove fiction su Rai1.
L'appuntamento è alle ore 20:45 nella sala teatro del museo internazionale delle marionette a Palermo, in Piazza Antonio Pasqualino, 5. "Scorrono nei testi di Camilleri sempre riferimenti alla cronaca - ricorda Marrone, autore fra l'altro del libro "La storia di Montalbano" - Dal caso Sucato, il 'mago di Villabate' che fece credere di saper moltiplicare il denaro dei poveracci creduloni, a cose ben più gravi come i fatti di Genova del 2001, sino a una fitta serie di grosse questioni sociali come il traffico d'organi e il malaffare politico-mafioso, la droga e la pedofilia, la prostituzione e l'immigrazione clandestina". "Per arrivare al caso degli sbarchi di centinaia e centinaia di immigrati nelle coste siciliane, - afferma il semiologo - degli innumerevoli morti lungo il tragitto sui barconi. Montalbano, nel corso delle sue nuotate mattutine, sbatte contro cadaveri neri che stanno per spiaggiarsi a Marinella (cioè a Punta Secca). E passa le nottate, con tutti gli uomini della sua squadra rigorosamente fuori dall'orario di servizio, a soccorrere donne, bambini, anziani e disperati vari che arrivano clandestinamente a ripetizione continua, più di là che di qua, nel porto di Vigàta (ossia Porto Empedocle, ossia Porto Paolo, ossia Lampedusa). Perfino Beba e Livia, con tante altre persone del paese, stanno lì, stravolte, a portare soccorso, pietose dinnanzi a cotanto sfacelo antropologico, oltre che politico e sanitario". "Abbiamo pensato a un modo decisamente originale per festeggiare questo anniversario importante - dice Rosario Perricone, direttore del Museo delle Marionette - attraverso una lettura critica dell'universo di Montalbano senza però dimenticare la convivialità e il senso della collettività".
Giovanni Franco
 
 

Il Sole 24 Ore, 8.2.2019
Nuovi episodi
Sul terrazzo di Montalbano con la vera Adelina e il tramonto a Punta Secca

E' entrata nell’immaginario degli italiani e sembra quasi un’immagine onirica: è la terrazza della casa di Montalbano, quello televisivo, a Punta Secca, comune di Santa Croce Camerina in provincia di Ragusa. Ed è il luogo più ambito dai turisti in questa abitazione che dal 2003 è diventata un B&B ricercato e desiderato. È stata l’imprenditrice Ivana Micciché, fondatrice e amministratrice della Discovering Sicily specializzata nei viaggi in Sicilia e isole minori, a proporre ai proprietari dell’immobile, la famiglia Di Quattro di Ragusa, di trasformarlo in una struttura ricettiva. Qui, ormai ogni anno, tornano i tecnici e gli operatori della Palomar, che da vent’anni produce la serie televisiva dedicata al personaggio creato da Andrea Camilleri e che ha battuto tutti i record. Qui puntuale, in primavera, torna Zingaretti e non solo lui. Ma qui, per dire, è possibile incontrare (quando la struttura è aperta) Agata, versione concreta e vera di Adelina, signora siciliana che si prende cura del Montalbano televisivo: è con Agata che Adelina è diventata un personaggio reale. «Agata per la verità - dice Ivana - è più simile a Catarella. Ma è il punto forte di questa struttura».
Chi arriva da queste parti (per il 70% italiani ma da qualche anno anche stranieri, soprattutto inglesi) cerca quella terrazza, quel luogo talmente bello da sembrare irreale: «Appena apriamo la porta per far accomodare i nostri ospiti vediamo nei loro occhi la luce dell’incredulità» racconta Ivana Micciché. E c’è chi, invece, racconta ancora l’imprenditrice «cerca la camera da letto, quella che si vede nella fiction anche se nella fiction in realtà il letto è allestito nel soggiorno. Gli occhi sembrano dire: non è possibile che sia vero».
E invece è tutto vero, come vera e la trasformazione di questo borgo, di una frazione fino a vent’anni fa meta di pochi e oggi punto di arrivo di tantissimi turisti che vengono per la casa di Montalbano, per la bellezza del mare con i suoi tramonti ammalianti e per la ricchezza di questo territorio: dai beni culturali alla cucina. E c’è chi, tra gli ospiti del B&B, per somma fortuna si è ritrovato a far le vacanze con il commissario seduto sul terrazzo o a dormire in quel letto famoso: «Nei periodi in cui girano le scene del film - racconta Ivana - la casa è chiusa chi ha prenotato viene ospitato in altre strutture ma ha la possibilità di assistere alle riprese. Non sappiamo mai di certo quando cominceranno e quando arriva il momento dobbiamo organizzarci. E’ capitato che dovessero girare scene straordinarie e allora in quel caso gli ospiti sono rimasti in casa».
Punta Secca è certamente cresciuta in questi anni e ora è il momento di fare attenzione: «La speculazione è sempre dietro l’angolo e bisogna fare molta attenzione per preservare le nostre bellezze».
Due nuove episodi su Rai Uno
Luca Zingaretti, è tornato nei panni del commissario più amato della tv con due nuovi episodi “L'altro capo del filo” (disponibile su Raiplay) e “Un diario del 43” in onda il 18 febbraio, su Rai1 in prima serata.
Nino Amadore
 
 

Revista Contrapunto, 8.2.2019
La corrupción y los cuerpos. “La intermitencia”, de Andrea Camilleri
Andrea Camilleri, La intermitencia
Traducción de Carlos Mayor Ortega
Barcelona, Salamandra
189 páginas, 14,25 euros

El siciliano Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925) tiene ya más libros escritos —más de cien— que años. También un glaucoma galopante que no le ha privado de seguir escribiendo con la ayuda de su colaboradora Valentina Alferj novelas tan agudas como La intermitencia (2018), publicada en Italia en 2010 y por fin traducida al español de la mano de Salamandra.
En esta novela, Camilleri se aleja de su protagonista más famoso, el comisario Montalbano, con el cual también ha indagado en la corrupción en su último libro, La pirámide de fango (2018). Personaje, por cierto, que ya tiene dispuesto su final, algo que no pudo hacer con el detective Carvalho su amigo Manuel Vázquez Montalbán, de quien, en homenaje, este comisario recoge su propio nombre.
En La intermitencia Camilleri nos presenta a unos personajes sin moral ninguna para relatar los caminos del dinero y de la corrupción en la Italia de 2010, inmersa en la crisis económica de la cual se aprovechan algunas grandes empresas mientras otras se intentan salvar del incendio. Todo ello lo realiza con diálogos rápidos y un ritmo muy veloz, por lo que la guía con los nombres de los personajes principales que aparece al principio del libro se hace muy útil para no perder la pista a cada uno de los personajes.
La novela se centra en Mauro de Blasi, hombre de éxito que además de aparecer en la portada de los periódicos especializados en economía como uno de los ejecutivos más importantes de Italia también es el director general de Manuelli, una gran empresa con fábricas repartidas por toda la península italiana y que lleva el nombre de su anciano presidente. Es uno de los vértices del triángulo amoroso formado por su mujer, Marisa de Blasi y el subdirector de personal y mano derecha de su marido, Guido Marsili. La primera representa a la perfección la figura de mujer florero que, cansada de serlo, busca reafirmarse en su aventura con Guido. Este es una rara avis dentro del mundo de la empresa privada por su gusto por la poesía, lugar donde no hay espacio para la literatura como se observa en el despacho de Mauro, donde “no se ve un solo estante de libros”. Afición con la que, irónicamente, seduce a Marisa, quien es objetualizada por todos los personajes masculinos como una muñeca hinchable espléndida, especialmente por su marido. Tan interiorizado tiene su papel Marisa en su matrimonio que no se plantea, en las primeras páginas de la novela, que las relaciones sexuales con su pareja son más bien una violación constante.
A través de estos personajes y de esta escritura acelerada Camilleri narra los efectos de la crisis: grandes empresas tratando de aprovecharse de las ayudas gubernamentales pese a no necesitarlas, la absorción de otras en el juego libre de devorar a la presa más pequeña, fábricas que tienen como destino la deslocalización en países con mano de obra barata y sobre todo el despido masivo de trabajadores de estas fábricas, pequeñas hormigas que no pueden parar el trascurso de los hechos al verse envueltos en la telaraña diseñada por Mauro. Camilleri refleja con detalle cómo la crisis es una excusa para beneficiar a los gerifaltes de la empresa privada. La novela es en este sentido sencilla y directa, a modo de thriller acelerado en el que muestra la relación entre dinero, poder y política. El dinero de hecho apenas se menciona hasta el final de la novela: lo que le interesa a cada uno de los personajes es quitarle a sus rivales lo que tienen, ganar más poder, alcanzar la adrenalina que supone ser más listo que los demás.
Hay que mencionar que se le puede achacar a Camilleri un dibujo demasiado lineal de los personajes femeninos, los cuales juegan con su sexualidad para acercarse al poder o son engañados precisamente por el amor que creen recibir, es posible que lo haya hecho para mostrar que precisamente el poder es cosa de hombres y ellas son secundarias. Pese a este fallo, pues estos personajes habrían enriquecido más la novela, se puede decir que aunque Camilleri haya perdido la vista, no ha perdido su mirada afilada a la hora de reflejar el vaivén de la corrupción italiana.
Raquel Reyes Martín
 
 

WUZ, 8.2.2019
Il metodo Catalanotti di Andrea Camilleri
«La figura di Catalanotti pariva essiri composta da pirsone diverse: un colto lettore, un usuraro di media stazza e ‘n omo bastevolmenti dinaroso che, va’ a sapiri pirchì, assai si ‘ntirissava del caratteri e della psicologia dell’autri. Chist’ultimo era l’aspetto chiù misterioso.»

Chi è davvero Carmelo Catalanotti e perché il suo cadavere giace sul letto vestito di tutto punto e con il manico di un tagliacarte che spunta dal petto? Perché le tracce di sangue sulla sua camicia e la sua giacca sono così scarse? Ma soprattutto, che fine ha fatto il cadavere scoperto per caso dal vicecommissario Mimì Augello durante la precipitosa fuga dalla casa di un’amante? Non è un’indagine facile quella che il commissario Montalbano si trova ad affrontare in Il metodo Catalanotti: tra compagnie teatrali improvvisate, misteriosi metodi di recitazione e l’irresistibile attrazione per la nuova affascinante responsabile della scientifica, riuscirà a venirne a capo?
La ventiseiesima indagine del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri si apre con un mistero: un cadavere, rinvenuto per caso dal vicecommissario Augello, è scomparso. Non è quello di Carmelo Catalanotti, morto pugnalato al cuore all’altro capo di Vigàta, eppure apparentemente sono tanti i tratti in comune. Impossibile, però, che qualcuno l’abbia trasportato fin lì. Che fare? Mentre Mimì Augello si dà alla caccia del cadavere scomparso, il commissario Montalbano si concentra su Catalanotti. Chi era quest’uomo? Cosa faceva realmente nella vita? Nessuno sembra essere in grado di spiegarlo fino in fondo.
È una personalità sfuggente e complessa quella di Carmelo Catalanotti, un usuraio, ma appassionato di teatro, regista teatrale e inventore di un bizzarro metodo di lavoro sull’attore: uno scavo nell’intimo per metterne a nudo i più riposti segreti, le emozioni e le esperienze più private e profonde, per liberarlo da complessi, reticenze e sovrastrutture. Un metodo capace di ridurre i suoi attori a pupi, a marionette, attraverso prove terribili. E se uno dei suoi pupi si fosse ribellato? E se l’omicidio fosse legato proprio alla messa in scena di un testo teatrale? A un incidente sul lavoro?
È quello che pensa Antonia Nicoletti, la nuova responsabile della scientifica di Montelusa. Un’attraente trentenne che farà perdere la testa a Montalbano, trasformando il commissario in un picciotto stordito da una potentissima cotta, spesso irriconoscibile nei modi, nei gesti e nei toni non solo agli occhi dei personaggi del romanzo ma ancora di più a quelli dei lettori più affezionati alla serie. Un tradimento? Forse no.
È lo stesso Andrea Camilleri, d’altronde, ad aver permesso che un amore lo sopraffacesse nella scrittura del romanzo: quello per il teatro. Ne Il metodo Catalanotti emerge infatti in tutta la sua forza, come in un omaggio, la storica passione dello scrittore per il teatro, allievo in gioventù dell’Accademia di Arte drammatica Silvio D’Amico e regista di più di cento opere tra Pirandello, Ionesco, Strindberg e Beckett.
E si sa, quando una passione domina la nostra mente, è facile distrarsi dal resto: in quest’ultimo romanzo si avverte infatti qualche lieve momento di stanca. La struttura a volte si fa macchinosa tra inserti di stampo teatrale, qualche esercizio di stile e inattese citazioni di versi di Patrizia Cavalli, Pablo Neruda e Wislawa Szymborska.
Ma “dietro le quinte”, tra un profumato timballo di maccheroni in crosta e una delicata caponatina di Adelina, si sente ancora la voce del Camilleri e del commissario che abbiamo imparato ad amare, con la sua ironia e, al contempo, il suo sguardo lucido e preoccupato sull’attuale realtà economica, politica e sociale, di fronte alla quale un disgustato Montalbano non può che chiedersi: Che munno era chisto nel quali all’omo si livava il travaglio, la possibilità di guadagnarisi onestamente il pani?
Francesca Barbalace
 
 

Bergamo News, 8.2.2019
San Giovanni Bianco
Accolto l’appello di Camilleri: esposte le lenzuola “Non in nome mio” foto
In dissenso sul recente sgombero di 540 migranti che vivevano all'interno del Cara di Castelnuovo di Porto, uno dei centri di accoglienza per richiedenti asilo, chiuso dopo la conversione in legge del Decreto Sicurezza

“Non in nome mio“. A San Giovanni Bianco sono comparsi in questi giorni alcuni striscioni con questa frase, ripresa da un commento di Andrea Camilleri sul recente sgombero di 540 migranti che vivevano all’interno del Cara di Castelnuovo di Porto, uno dei centri di accoglienza per richiedenti asilo, chiuso dopo la conversione in legge del Decreto Sicurezza.
Una semplice iniziativa portata avanti con il passaparola da un gruppo di amici del paese brembano che, riprendendo il commento di Camilleri, non vogliono che i fatti di Castelnuovo passino inosservati, senza alcuna riflessione.
[...]
Marco Zonca
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.2.2019
Montalbano compie 20 anni e diventa un brand positivo
Meno lutto e coppole, e più giocosità: il personaggio televisivo comparso per la prima volta due decenni addietro ha aiutato il turismo e rilanciato l'economia locale. Ma la sua serietà è tutta da interpretare

Di Montalbano sappiamo già tutto. O almeno sembra. Dopo venticinque anni di romanzi scritti da Andrea Camilleri e pubblicati dall'editore Sellerio con estrema regolarità (il primo della serie, La forma dell'acqua, è del '94) e venti film televisivi (l'episodio inaugurale Il ladro di merendine è andato in onda nel '99), questo supereroe della normalità quotidiana, siciliana e non, sembra non aver più segreti. Dato lo straordinario successo planetario che non accenna a calare, le innumerevoli imitazioni cui ha dato luogo e le inevitabili invidie che ha suscitato, di Salvo Montalbano, commissario in quel di Vigàta («cittadina immaginaria della Sicilia più tipica», l'ha definita il suo inventore), s'è detto di tutto e di più. Conosciamo la sua caparbietà nelle indagini, la sua testardaggine nel voler squarciare il velo delle apparenze, la sua personale idea di giustizia fondata su una rigorosa moralità troppo umana, la sua avversione alla burocrazia, la sua apertura mentale in politica, le sue curiosità letterarie, i suoi gusti a tavola, le sue scappatelle sentimentali. E sappiamo quanto e come questo personaggio letterario/televisivo (trasmigrato anche in videogiochi e fumetti, giornali d'opinione e parodie cabarettistiche, itinerari turistici e iniziative gastronomiche) abbia modificato l'immagine della Sicilia, non più tutta luce e lutto, coppole e lupare, marranzani e zimarre, dongiovanni di provincia e innominabili massasantissima.
Non solo svecchiandola, ma ripensandone a fondo fattezze e capacità: ha sdoganato il dialetto, reinventandolo ad hoc; ha allontanato la cappa irrespirabile della mafiosità, senza per questo dimenticarne le atrocità passate e presenti; ha rilanciato il turismo; ha ricreato una gastronomia locale. Producendo forse un altro stereotipo, con luci e ombre come tutti gli stereotipi, ma comunque più malleabile, cangiante, dinamico dei tanti che lo hanno preceduto. E soprattutto assai più simpatico. Eppure, in attesa dei due prossimi episodi televisivi che andranno in onda l'11 e il 18 febbraio (rispettivamente L'altro capo del filo – e Un diario del '43) qualcosa di questo personaggio sembra ancora sfuggire. Che cosa?
Non certamente misteri da svelare, piccarità, ma sicuramente un certo numero di fraintendimenti da rimuovere. Dove forse un po' di approfondimento critico, con meno ansia mediatica e più attenzione testuale, non può far male. Quanto meno per ritrovare dietro questa figura apparentatemene sbarazzina, portatrice sana di sempreverde esotismo siculo, una serietà, se non una tragicità, ancora da comprendere e da interpretare.
Per esempio, si dimentica spesso – salvo stupirsene a ogni nuova apparizione di un romanzo o di un film – che le storie di Montalbano vanno ben oltre le microfollie da personaggi post-pirandelliani, o le morbosità psico-sessuali da pervertiti della periferia dell'impero, che ritroviamo pure con una certa frequenza. In queste narrazioni tutt'altro che banali incontriamo sempre (non come strizzate d'occhio ai lettori engagés ma come elementi narrativi strutturalmente imprescindibili) un gran numero di fatti di cronaca di varia natura e importanza. Dal caso Sucato, il "mago di Villabate" che fece credere di saper moltiplicare il denaro dei poveracci creduloni, a cose ben più gravi come i fatti di Genova del 2001, dove la polizia fece una figuraccia vergognosa, sino a una fitta serie di grosse questioni sociali come il traffico d'organi e il malaffare politico-mafioso, la droga e la pedofilia, la prostituzione e l'immigrazione clandestina. Per arrivare al caso degli sbarchi di centinaia di immigrati nelle coste siciliane, degli innumerevoli morti lungo il tragitto sui barconi, che hanno creato qualche patema, sembra, ad alcuni dirigenti Rai, tremebondi per le eventuali reazioni dei ritrovati razzisti al potere. Montalbano, nel corso delle sue nuotate mattutine, sbatte contro cadaveri neri che stanno per spiaggiarsi a Marinella (cioè a Punta Secca). E passa le nottate, con tutti gli uomini della sua squadra rigorosamente fuori dall'orario di servizio, a soccorrere donne, bambini, anziani e disperati vari che arrivano clandestinamente a ripetizione continua, più di là che di qua, nel porto di Vigàta (ossia Porto Empedocle, ossia Porto Polo, ossia Lampedusa).
Ma la parola di Montalbano, o se si preferisce quella dei creativi che lo gestiscono, è sempre impregnata di letteratura e di cinema: sa andar oltre il dato giornalistico del momento, da cui pure prende ispirazione, per riformularlo artisticamente. E lo fa con una maestria che non è quella del romanzo o del film tradizionali, narrazioni conchiuse in sé stesse, ma semmai della saga, della leggenda, del racconto seriale, al tempo stesso ciclico e innovativo. Certe volte sembra di assistere alle gesta dei Paladini di Francia e dei suoi avatar nel teatro delle marionette. Orlando e Rinaldo sapevano come contrastare i saraceni. Oggi Montalbano e i suoi sembrano imitarli. Con più ironia, e con molta più umanità.
Gianfranco Marrone
 
 

WUZ, 9.2.2019
Le canzoni della serie tv Il Commissario Montalbano sono di Olivia Sellerio

I libri sono il suo pane quotidiano e nelle sue vene scorre inchiostro, ma Olivia Sellerio, figlia di Enzo ed Elvira Sellerio – editori di Andrea Camilleri – e presidente della casa editrice di famiglia, si è distinta negli anni come raffinata cantautrice ed è ormai la voce ufficiale della colonna sonora della serie tv del Commissario Montalbano.
L’abbiamo conosciuta improvvisamente come interprete musicale all’epoca della prima fortunata stagione della serie tv Il giovane Montalbano, quando aveva interpretato la sigla iniziale e finale di ogni episodio, scritte però da Andrea Guerra. Ma è con la seconda stagione, trasmessa nella primavera del 2016, che, grazie alle sei canzoni della colonna sonora, da lei scritte e interpretate, che abbiamo potuto apprezzare appieno le modulazioni della voce di Olivia Sellerio, la sua capacità di trasformare canzoni in emozioni, di coniugare generi diversi contaminandoli con la musica popolare e la lingua siciliana.
È nel 2017, però, con l’undicesima stagione del Commissario Montalbano, che Olivia Sellerio ha debuttato nella serie “ufficiale” con il brano Malamuri, andato in onda in conclusione all’episodio Un covo di vipere, e con Ciuri di strata, in onda con l’episodio Come voleva la prassi. Brani che ancora una volta spiccano per la grande eleganza dei testi e degli arrangiamenti e la capacità di tenere insieme impronta jazz e vocalità mediterranee, elementi arabi e ispanici.
I brani della tredicesima stagione
Olivia Sellerio torna nell’ultima stagione del Commissario Montalbano con due nuovi brani, Comu aceddu finici e ‘U curaggiu di li pedi, dove ancora una volta si dimostra capace di trasformare racconto e sentimento in musica, tra atmosfere mediterranee, sonorità atlantiche, reminiscenze d’Africa e folk americano, con testi attenti a intrecciare le storie al canto siciliano e a mille altri mondi.
Le musiche della colonna sonora sono invece composte, dirette e orchestrate da Franco Piersanti.
In ‘U curaggiu di li pedi, che ascoltiamo in L’altro capo del filo, c’è l’emergenza dell’immigrazione, con tutto il suo scempio e mille e migliaia di sorti alla deriva. Un tema molto caro alla cantautrice e già affrontato in Anticchia i celu supra a testa, scritto e interpretato nella seconda stagione del giovane Montalbano.
Scritta per l’episodio Un diario del ’43, in Comu aceddu finici, c’è la storia negata, la verità distorta e l’amnesia. C’è l’inganno di un tempo sbagliato e il ritorno di un tempo sperato di verità e giustizia, dove la storia rinasce come fenice e volta e rivolta l’aria.
Sono 12 ora le canzoni di Olivia Sellerio dedicate alla serie tv ispirata ai romanzi di Camilleri e finalmente potremo ascoltarle raccolte nell’album ZARA ZABARA – 12 canzoni per Montalbano, prodotto da Palomar/Rai Com e distribuito da Warner Music Italy.
Francesca Barbalace
 
 

Che tempo che fa, 9.2.2019


 
 

La Repubblica, 10.2.2019
Montalbano, i nuovi episodi e la crisi dei migranti. Sonia Bergamasco: "Il nostro Paese può accogliere"
L'attrice torna nel ruolo di Livia, la fidanzata del commissario, nelle due puntate in onda da lunedì 11 febbraio. E spiega perché ha scelto di aderire alla manifestazione 'Non siamo pesci' a Montecitorio

Una delle scene più commoventi del nuovo episodio del Commissario Montalbano L'altro capo del filo, su Rai1 l'11 febbraio (Un diario del '43 andrà in onda il 18 febbraio), è quella in cui Livia (Sonia Bergamasco) e Salvo (Luca Zingaretti), sulla terrazzetta, intravedono un corpo in mare. Il commissario si tuffa, nuota, lo raggiunge. Ma non c'è niente da fare: il migrante è annegato. Non resta che coprire il corpo con un asciugamani.
"Quella scena è stata molto forte e toccante - racconta Bergamasco - mi ha richiamato al presente della Sicilia e a tutto quello che questa terra sta vivendo da anni. Al di là delle polemiche politiche, non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese ha una grande capacità di accogliere e una grande generosità".
L'attrice è stata una delle protagoniste della manifestazione Non siamo pesci che si è svolta a Roma. L'appello promosso da Luigi Manconi e Sandro Veronesi per chiedere una commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi nel Mediterraneo e consentire alle navi militari e alle ong di intervenire, ha raccolto oltre settemila firme.
Sonia, ormai da anni gira in Sicilia: che sensazione ha provato?
"La Sicilia è una terra che accoglie, come la Calabria: le persone hanno dimostrato una grande solidarietà. Spesso quando passeggio lungo la spiaggia, nelle pause della lavorazione, penso che quella costa così bella è ormai segnata da episodi tragici. Suo malgrado è diventata una terra tragica. Quello che stiamo vivendo, e che Camilleri ha saputo raccontare così bene nel libro, è un capitolo di storia del nostro Mediterraneo e della nostra cultura".
Come pensa che si possa risolvere la tragedia delle migrazioni?
"Se oggi l'Europa non è in grado di assorbire e prendere atto di un flusso che ha una potenza storica e una valenza ineluttabile, se non saprà riscrivere il suo tessuto connettivo, culturale e sociale, l'Europa morirà".
Per questo ha aderito all'appello di Manconi e Veronesi?
"Ho voluto partecipare alla manifestazione Non siamo pesci, e faccio fatica a palarne. In genere preferisco ascoltare, ma ho capito che non è più possibile e bisogna prendere posizione, dire da che parte si sta. Tacere significa già stare dalla parte sbagliata. È il mio pensiero, naturalmente. L'iniziativa a Montecitorio è stata bella e sentita, ne sono seguite altre in diverse città. Anche le scuole stanno partecipando, non è vero che in Italia c'è solo rabbia e diffidenza, c'è anche un racconto diverso. Perché qui si tratta di spiegare la complessità, non è buonismo".
Cos'ha significato entrare nel mondo di Montalbano?
"Il mondo di Montalbano è una bolla magica, nel senso che Camilleri racconta una Sicilia che ha una magia, in assoluto, e questo incanto viene percepito sul set. L'altro aspetto bellissimo è che - dal regista Alberto Sironi alla troupe - ci sono persone che lavorano alla serie dall'inizio, da vent'anni parlano quella lingua, è un alfabeto speciale. I racconti sono immersi in una terra fantastica, in cui passato e presente s'intrecciano. E il ragusano, tutta la zona in cui giriamo, lo è".
Si divide tra tv, cinema e teatro. In attesa di girare i nuovi episodi di Montalbano che farà?
"Torno in scena con L'uomo seme, dal testo di Violette Ailhaud, di cui ho curato la drammaturgia: sarò a Milano dal 26 febbraio al 3 marzo, poi al Vascello di Roma dal 5 al 10 marzo. È la storia bellissima di un villaggio dell'Alta Provenza in cui - siamo alla vigilia della Prima guerra mondiale - sono spariti tutti gli uomini. Questa storia al femminile, questa notte d'amore sospesa, la racconto come una fiaba musicale. È un inno alla vita. Poi curerò la regia delle Nozze di Figaro al Maggio musicale fiorentino, che debutterà il 15 giugno. Questa regia è la mia nuova vera sfida: non mi sono sentita di dire di no, tale era la bellezza della proposta".
Silvia Fumarola
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 10.2.2019
"Montalbano sono..." al Museo delle marionette
Al Museo delle Marionette domani alle 20.45 il nuovo film tv de "Il Commissario Montalbano"

Il commissario di Andrea Camilleri in versione televisiva compie vent'anni e il Museo delle Marionette (piazzetta Pasqualino, 5) organizza domani un particolare evento alle 20.45 per assistere al primo dei due nuovi episodi de "Il commissario Montalbano". Una "visione collettiva critica" de "L'altro capo del filo" in onda su RaiUno introdotta dal semiologo Gianfranco Marrone autore di "Storia di Montalbano". Ingresso gratuito. Nel corso dell'incontro verranno offerte le arancine d'autore KePalle e le birre di Bruno Ribadì. Il 18 febbraio il secondo appuntamento per il secondo film tv "Un diario del ‘43".
 
 

Che tempo che fa, 10.2.2019
Luca Zingaretti

Una scrivania speciale per festeggiare i vent'anni de "Il Commissario Montalbano". Ospite a "Che Tempo che fa" Luca Zingaretti e il cast della fiction, Angelo Russo, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta e Sonia Bergamasco per presentare i due nuovi episodi della serie che andranno in onda lunedì 11 e 18 febbraio.
 
 

Doppiozero, 11.2.2019
Tragico Montalbano
Questo articolo è uscito in versione ridotta lo scorso 9 febbraio su “Repubblica – Sicilia”

Di Montalbano sappiamo già tutto. O almeno sembra. Dopo venticinque anni di romanzi scritti da Andrea Camilleri e pubblicati dall’editore Sellerio con estrema regolarità (il primo della serie, La forma dell’acqua, è del ’94) e venti film televisivi (l’episodio inaugurale, Il ladro di merendine, è andato in onda nel ’99), questo supereroe della normalità quotidiana, siciliana e no, sembra non aver più segreti. Dato lo straordinario successo planetario che non accenna a calare, le innumerevoli imitazioni cui ha dato luogo e le inevitabili invidie che ha suscitato, di Salvo Montalbano, commissario in quel di Vigàta (“cittadina immaginaria della Sicilia più tipica”, l’ha definita il suo inventore), s’è detto di tutto e di più. Conosciamo la sua caparbietà nelle indagini, la sua testardaggine nel voler squarciare il velo delle apparenze, la sua personale idea di giustizia fondata su una rigorosa moralità troppo umana, la sua avversione alla burocrazia, la sua apertura mentale in politica, le sue curiosità letterarie, i suoi gusti a tavola, le sue scappatelle sentimentali… Potremmo rivoltarlo come un calzino.
E sappiamo quanto e come questo personaggio letterario/televisivo (trasmigrato anche in videogiochi e fumetti, giornali d’opinione e parodie cabarettistiche, itinerari turistici e iniziative gastronomiche) abbia modificato l’immagine della Sicilia, non più tutta luce e lutto, coppole e lupare, marranzani e zimarre, dongiovanni di provincia e innominabili massasantissima. Non solo svecchiandola, ma ripensandone a fondo fattezze e capacità: ha sdoganato il dialetto, reinventandolo ad hoc; ha allontanato la cappa irrespirabile della mafiosità, senza per questo dimenticarne le atrocità passate e presenti; ha rilanciato il turismo; ha ricreato tutta una gastronomia locale. Producendo certo un altro stereotipo, con luci e ombre come tutti gli stereotipi, ma comunque più malleabile, cangiante, dinamico dei tanti che lo hanno preceduto. E soprattutto assai più simpatico.
Eppure, in attesa dei due prossimi episodi televisivi che andranno in onda stasera e il 18 febbraio prossimo (rispettivamente L’altro capo del filo, tratto dal romanzo omonimo, e Un diario del ’43, che mette insieme due racconti presenti nella raccolta Un mese con Montalbano), qualcosa di questo personaggio sembra ancora sfuggire. Che cosa? Non certamente misteri da svelare, piccarità, ma sicuramente un certo numero di fraintendimenti da rimuovere. Dove forse un po’ di approfondimento critico, con meno ansia mediatica e più attenzione testuale, non può far male. Quanto meno per ritrovare dietro questa figura apparentatemene sbarazzina, portatrice sana di sempreverde esotismo siculo, una serietà, se non una tragicità, ancora da comprendere e da interpretare.
Per esempio, si dimentica spesso – salvo stupirsene a ogni nuova apparizione di un romanzo o di un film – che le storie di Montalbano vanno ben oltre le microfollie da personaggi post-pirandelliani, o le morbosità psico-sessuali da pervertiti della periferia dell’impero, che ritroviamo pure con una certa frequenza. In queste narrazioni tutt’altro che banali incontriamo sempre (non come strizzate d’occhio ai lettori engagés ma come elementi narrativi strutturalmente imprescindibili) un gran numero di fatti di cronaca di varia natura e importanza. Dal caso Sucato, il ‘mago di Villabate’ che fece credere di saper moltiplicare il denaro dei poveracci creduloni, a cose ben più gravi come i fatti di Genova del 2001, dove la polizia fece una figuraccia vergognosa, sino a una fitta serie di grosse questioni sociali come il traffico d’organi e il malaffare politico-mafioso, la droga e la pedofilia, la prostituzione e l’immigrazione clandestina. Per arrivare al caso degli sbarchi di centinaia e centinaia di immigrati nelle coste siciliane, degli innumerevoli morti lungo il tragitto sui barconi, che hanno creato qualche patema, sembra, ad alcuni dirigenti Rai, tremebondi per le eventuali reazioni dei ritrovati razzisti al potere. Montalbano, nel corso delle sue nuotate mattutine, sbatte contro cadaveri neri che stanno per spiaggiarsi a Marinella (cioè a Punta Secca). E passa le nottate, con tutti gli uomini della sua squadra rigorosamente fuori dall’orario di servizio, a soccorrere donne, bambini, anziani e disperati vari che arrivano clandestinamente a ripetizione continua, più di là che di qua, nel porto di Vigàta (ossia Porto Empedocle, ossia Porto Paolo, ossia Lampedusa). Perfino Beba e Livia, con tante altre persone del paese, stanno lì, stravolte, a portare soccorso, pietose dinnanzi a cotanto sfacelo antropologico, oltre che politico e sanitario.
Ma la parola di Montalbano, o se si preferisce quella dei creativi che lo gestiscono, è sempre impregnata di letteratura e di cinema: sa andar oltre il dato giornalistico del momento, da cui pure prende ispirazione, per riformularlo artisticamente. E lo fa con una maestria che non è quella del romanzo o del film tradizionali, narrazioni conchiuse in sé stesse, ma semmai della saga, della leggenda, del racconto seriale, al tempo stesso ciclico e innovativo. Certe volte sembra di assistere alle gesta dei Paladini di Francia e dei suoi avatar nel teatro delle marionette. Orlando e Rinaldo sapevano come contrastare i saraceni. Oggi Montalbano e i suoi sembrano imitarli. Con più ironia, ma con molta più umanità.
Gianfranco Marrone
 
 

Repubblica Tv, 11.2.2019
"Montalbano, il padre che tutti vorremmo": Zingaretti legge la lettera di Camilleri per i 20 anni del commissario
"Non abbiamo fatto altro che raccontare l'Italia. Talvolta Montalbano è riuscito a fare giustizia, altre si è dovuto arrendere davanti all'incapacità sua e del Paese a dire la verità. È il padre che tutti vorremmo". A 'Che Tempo Che Fa' Luca Zingaretti legge l'emozionante lettera di Andrea Camilleri scritta per i 20 anni del commissario Montalbano. La serie televisiva trasmessa dalla Rai è prodotta dal 1999: finora sono stati girati 34 episodi suddivisi su 13 stagioni.


Video: Rai
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 11.2.2019
Montalbano e gli altri migranti

Torna la fiction più amata ed apprezzata d'Italia (e non solo) girata in provincia di Ragusa. Stasera su Raiuno torna "Il commissario Montalbano" la fortunatissima sene tv di Rai e Palomar. con il primo dei due nuovi episodi dal titolo "L'altro capo del filo" tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camillerì edito da Sellerio.
E' il tema dei migranti, che divide attualmente l'Italia, al centro del nuovo episodio. Una trama che ha già fatto discutere. In questo episodio, infatti, gli sbarchi di migranti si susseguono quasi ogni notte, e Montalbano deve affrontare l'emergenza con i suoi pochi uomini, che lavorano senza sosta. E lo fa senza perdere mai umanità e senso di giustizia. In mezzo a tutto ciò, un terribile delitto si abbatte su Vigata: Elena Biasini viene barbaramente massacrata nella sua sartoria.
L'omicidio sembra inspiegabile. Ma Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, saprà afferrare il filo della vita di questa donna misteriosa e straordinaria e scoprirà la lacerante verità dietro la sua morte. Per girare questo episodio la troupe ha fatto un importante lavoro di documentazione, come spiega il regista Alberto Sironi: "Raccontare in un film quello che il pubblico ha già visto nei telegiornali di questi ultimi anni è stato il primo problema. Ci siamo documentati, abbiamo visto la verità (abbiamo aspettato anche noi gli arrivi notturni assieme alla Polizia, agli agenti di Frontex, alla Guardia Costiera, alla Protezione Civile, alle organizzazioni umanitarie) e poi abbiamo ricostruito nel film le storie di chi arriva in cerca di salvezza e il lavoro di quelli che sono demandati a riceverli.
Per gli uomini di Montalbano gli episodi si susseguono: uomini persi in mare, ragazze violentale durante la traversata, addirittura un grande musicista che si nasconde tra i migranti. Ma in una strana notte si palesa un terribile omicidio. Un assassinio feroce e indecifrabile.
E qui appare una delle raffinatezze di questo romanzo: Camilleri ha presentato nella prima parte della storia due personaggi che diventeranno fondamentali nell'inchiesta sull'assassinio: un medico arabo che vive a Vigata e una giovane assistente maghrebina della sarta. Inavvertitamente, in mezzo alla tragedia dei migranti che arrivano in Sicilia il pubblico ritrova la cultura del medico e la delicatezza della ragazza araba. L'inchiesta sulla vita della giovane uccisa porterà alla fine (l'altro capo del filo) nel profondo Nord dell'Italia. Per la prima volta il Montalbano televisivo va fuori la Sicilia.
Michele Barbagallo
 
 

La Repubblica, 11.2.2019
Cosa lega un omicidio ai migranti? Indaga Montalbano

Sbarcano i migranti, fuori Vigata, uno cade in mare e si perde, lo recupera Montalbano medesimo ma è tardi. E quindi, non bastassero le vittorie a Sanremo, stasera ancora a milioni davanti alla tv che lancia messaggi — via Rai 1 — di un certo tipo, ma poi c'è un omicidio in paese e si finisce addirittura in Friuli, seguendo la traccia del libro di Camilleri. L'altro capo del filo, regia di Alberto Sironi, è il nuovo capitolo — di due — della saga televisiva più seguita: Monty-Zingaretti si muove da gestore dell'istituzione, gli altri vanno appresso, Catarella è in stato di grazia più del solito. Come stiano insieme le due parti, quella degli sbarchi e l'omicidio della splendida signora che fa la sarta, non è chiarissimo, gli spostamenti idem, la soluzione bisogna inseguirla e sbuca senza preliminari. Ma in zona Montalbano ci si può permettere ormai tutto, valgono i tormentoni e il clima e la Vigata favolistica dove gli umani si muovono, uccidono, indagano in atmosfera rarefatta, nessuna auto in giro, luogo incantato e teatro degli orrori al tempo stesso. Ma non c'è uno solo tra i milioni davanti al video che non attende il momento e che non si alzerà soddisfatto.
Antonio Dipollina
 
 

Corriere della Sera, 11.2.2019
A fil di rete
I 20 anni di Montalbano, il commissario che dà forza alla fiction
Con «L’altro capo del filo» Rai1 festeggia il ventennale dalla prima apparizione televisiva del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri

Buon anniversario Montalbano. Con «L’altro capo del filo» Rai1 festeggia il ventennale dalla prima apparizione televisiva del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri. Raramente nella storia della tv e della letteratura si era verificato un così riuscito connubio tra personaggio e il volto di Luca Zingaretti, un circuito virtuoso di mutua identificazione e rispecchiamento. Quando diverse imbarcazioni di fortuna con a bordo migranti disperati si avvicinano alle coste di Vigata, ogni uomo delle forze dell’ordine è chiamato a dare il suo contributo per garantire l’ordine pubblico e la sicurezza degli sbarchi. A forza di condividere lunghe ore di veglia nei porti, si crea un legame stretto tra Montalbano, il medico Osman e la traduttrice Meriem. Quando la conturbante sarta Elena viene trovata brutalmente uccisa nel suo laboratorio, i fili che intrecciano la sua vita con quella del manipolo di soccorritori sono tutti da dipanare, senza dimenticare che in Montalbano i delitti hanno sempre a che fare con istinti primordiali, gelosia, passione, rancore, paura.
Il tema d’attualità dei migranti e dei cimiteri del mare non deve trarre in inganno: anche ne «L’altro capo del filo», Vigata resta placidamente adagiata nella sua dimensione a-storica, senza tempo, dove lo spettatore può ogni volta ritornare per ritrovare un mondo immutato e trovare conforto nell’incessante ritorno dell’identico. Livia continua a prendere la solita corriera d’altri tempi che la riporta al nord, Salvo continua a guidare la sua Fiat Tipo scura, il siciliano immaginario di Camilleri non subisce mai i nuovi ingressi e le varianti dell’uso comune che agitano le lingue vive. Buon anniversario Montalbano. Bisogna riconoscere che, prima di altri esperimenti, è stato il titolo che ha dato la forza al comparto della fiction italiana di pensare più in grande, di guardare oltre confine con nuova ambizione.
Aldo Grasso
 
 

Famiglia Cristiana, 11.2.2019
Montalbano protegge i migranti, Salvini se ne faccia una ragione
Chi ha letto i romanzi di Camilleri sa che il profondo senso di umanità del commissario è connaturato col personaggio

Chissà se Matteo Salvini posterà qualche messaggio irrisorio su Facebook o twitterà un altro “mah…” - come ha fatto per la vittoria a Sanremo del ragazzo italiano di origini egiziane Mahmood – a proposito dell’ultimo episodio di Montalbano prodotto dalla Rai che parla dei diritti dei migranti e del loro sfruttamento.
Il fatto è che L’altro capo del filo di Andrea Camilleri – da cui gli sceneggiatori hanno ricavato l’omonimo episodio dell’attesissima fiction - racconta le avventure del commissario Montalbano in un contesto che lo scrittore ha sempre prediletto: la contemporaneità. Da non confondere con l’attualità però. Nel senso che il papà del commissario ha sempre utilizzato le cronache del nostro Paese per costruire le sue trame narrative, ma le ha sublimate in letteratura, finendo per preconizzare l’epoca che stiamo per vivere.
Nell’episodio di stasera si parla di migranti, di sbarchi, di morti. Chi conosce Camilleri non se ne stupirà. Il “sommo” di Porto Empedocle lo aveva fatto già altre volte nell’ambientare la sua Sicilia assolata e metafisica dove si muovono i suoi personaggi. Fin da Il cane di terracotta, il tema dei migranti e dei clandestini è sempre stato la chiave dei suoi intrecci. Quanto al profondo senso di umanità espresso dal commissario, questo è praticamente connaturato con l’essenza di quel personaggio insieme all'amore per la giustizia. Non stupiamoci dunque.
Semmai dobbiamo stupirci del successo di una fiction Rai che in 20 anni è stata vista in 60 Paesi del mondo di ogni longitudine e latitudine, da un miliardo di spettatori, capace di rendere così intensamente i romanzi della Sellerio da indurre l’autore a ispirarsi ai personaggi della fiction, e non viceversa. Salvini dunque se ne faccia una ragione. E mentre noi siamo qui a parlare, magari il "sommo" (come chiamano Camilleri i suoi fan) sta già scrivendo i dialoghi di Montalbano convocato a Roma dal ministro degli Interni, esponente di un Partito del Nord, che so "la Lega delle Alpi". E conoscendo i rapporti di Montalbano col potere, a cominciare dalle sue visite a Montelusa nel'ufficio del signor questore, quasi sembra di sentire il ghigno dello scrittore davanti allo schermo del computer, nella sua casa di Via Teulada, a due passi dagli studi Rai.
Francesco Anfossi
 
 

Lettera43, 11.2.2019
Montalbano e quelle divise lontane da Matteo Salvini
Il commissario di Vigata, ma anche il manesco Rocco Schiavone e il pasticcione Coliandro. La fiction ci restituisce una polizia lontana dallo storytelling sovranista.

Chissà ancora per quanto guarderemo altrove. Ci riflettevo davanti a Green Book, pluricandidato agli Oscar e favorito (con Roma) alla statuetta per il Miglior Film, che racconta di un’amicizia interraziale negli Anni 60. Uno dei tanti tentativi (sì, semplicistico; sì, con la moraletta; sì, arrancando) di far rivolgere lo sguardo verso una sempre maggior inclusione e il superamento di certi pregiudizi diventati obiettivamente via via anti-storici (non credo vogliate un elenco, ognuno ha il proprio da inserire). E noi? Noi guardiamo altrove.
MONTALBANO NEL MIRINO "SOVRANISTA"
All’altrove nostro è chiaramente rivolto, al momento, lo sguardo della meglio gioventù del sovranismo nazionale. Che il suddetto sia più «sovranismo psichico, prima ancora che politico», come si legge nel 52esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, pubblicato il dicembre scorso – una posizione sensata visto che, fino a prova contraria, i meme postati su Facebook da un «giovane sul divano a parcheggio» (cit.) in attesa del reddito di cittadinanza non tolgono la firma a trattati e convenzioni internazionali sottoscritti - poco importa. Non stupisce quindi che quello che sovranismo non è, bensì solo un ingombrante cartonato da propaganda, arrivi a fare il giro per prendersela perfino con Salvo Montalbano, il commissario.
SULLO SFONDO IL NODO MIGRANTI
È stata la presentazione per la stampa del ritorno su RaiUno del personaggio creato da Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti a innescare la mina. L'altro capo del filo, in onda stasera (Un diario del '43 è in programma per il 18 febbraio), si apre infatti con Montalbano che, insieme ai suoi uomini, è impegnato con l’emergenza migranti davanti alle coste di Vigàta. Apriti porto (se non fosse che è già chiuso). Gli amanti dei retroscena si sono subito scatenati raccontando sui giornali che è bastato parlare di «migranti soccorsi in mare» per far scoppiare le (immancabili per la verità, in questi casi) «fibrillazioni politiche», con «telefoni che squillavano» a Viale Mazzini e «direttori accerchiati» (chissà quanti «E mo?» tremebondi si sono sentiti per i corridoi della Rai quel pomeriggio). È bastato insomma non essere in linea col Viminale per creare un cortocircuito di finto vero e verosimile che di per sé è già un editoriale.
LE DIVISE "MALVISTE" DELLA FICTION
Eppure non ci sarebbe niente di cui stupirsi. Negli anni, che si parli di libri o fiction, nelle vicende delittuose su cui indaga Montalbano si è sempre visto un poderoso insieme di culture (che poi sono quelle che caratterizzano la Sicilia), e le posizioni del commissario stesso sono sempre state limpide (spoiler: sono distanti anni luce dal decreto Sicurezza e Immigrazione, per dirne una). Anzi, proprio lui potrebbe essere il rappresentante sindacale delle divise malviste da Matteo Salvini, le stesse che, di rimando, non gradirebbero essere scimmiottate dalle comparse (che siano ministri o meno).
Una comitiva di Avengers che tessererebbe anche altri illustri rappresentanti: il maldestro ispettore di polizia Coliandro, uno il cui istinto per le sottane finisce per ridicolizzare lo stesso machismo che vorrebbe rappresentare; il manesco vicequestore Rocco Schiavone, metodi spicci e canne mattutine (è già stato oggetto di una interrogazione parlamentare nel 2016, a conferma che: tutto si fa, pur di non lavorare); probabilmente anche il capitano dei carabinieri Maria Guerra (cuore di mamma, una certa bambola gonfiabile esibita sul palco non può averla di sicuro dimenticata).
«SI PIGLIANO CCHIÙ MORTI CHE PISCI»
Nelle prime pagine del romanzo di Camilleri L'altro capo del filo, quelle nelle quali Montalbano riporta a riva il corpo senza vita di un migrante adolescente, forse citando così a suo modo il piccolo Aylan Kurdi (il romanzo è del 2016, Aylan fu ritrovato su quella spiaggia nel 2015), si legge: «Il piscatori mentri che portava a riva la varca dissi: "Sapi, dottori, è inutile in questi giorni annare a piscari. Si pigliano cchiù morti che pisci"».
LA COLPA? DEI GUARDAROBA PRECEDENTI
L’altrove, si diceva prima. La verità è che Montalbano se ne catafotterebbe delle polemiche pretestuose e, in uno sbotto d’ira, inviterebbe l’agente Catarella a passargli il Viminale al telefono, finendo per consigliare al ministro di dismettere la divisa della polizia per indossare invece quella del navigator, l’influencer del posto fisso, con la speranza che almeno qualche promessa della sua coalizione di governo venga mantenuta (pare di vederlo il commissario, anni dopo, che si lamenta col suo vice Mimì Augello del confino dove naturalmente è stato subito spedito: «La colpa è tutta dei guardaroba precedenti»).
Beatrice Morandini Valdirana
 
 

Democratica.com, 11.2.2019
La Rai si rassegni, anche Montalbano parla di migranti
Stasera sarà l’ennesimo successo della saga camilleriana

Per quanti sforzi si possano fare, nessuno è in grado di far finta che la realtà non esista. Purtroppo per Marcello Foa e Teresa De Santis, i guardiani della nuova stagione gialloverde, la Rai è pur sempre una grande azienda fatta da tanti bravi professionisti e moltissima gente seria: per cui la realtà è costretta a fare irruzione nelle case degli italiani sulle ali proprio di questa serietà e intelligenza. Di tanto in tanto, almeno.
E così, dopo uno strano Sanremo alla vigilia blindatissimo e alla fine conclusosi con la vittoria di un artista di nome Alessandro Mahmood, arriva stasera un nuovo, attesissimo Montalbano a celebrare 20 anni di trionfi in mezzo mondo. Nell’episodio di stasera – L’altro capo del filo – si parla di migranti, di sbarchi, di morti. Beninteso, nella cornice consueta e solare del camillerismo tanto amato da tutti, con il nostro commissario ancora una volta maturo protagonista di una storia realistica e poetica insieme, e la sua squadra di piccoli grandi eroi al seguito.
Ma siccome Camilleri è Camilleri, cioè un genio, la sua letteratura è sempre stata come un ricco baule pieno di cose belle, fra le quali la chiaroveggenza di indovinare atmosfere e problemi non solo dell’oggi, che sarebbe mera cronaca, ma del domani, che è appunto la letteratura. Ecco perché, come già in altri romanzi, fin dall'”antico” Il cane di terracotta, il tema dei migranti, dei clandestini, dei “diversi” è sempre stato un punto forte del suo raccontare la Sicilia. Oggi che il tema è diventato l’ottovolante della demagogia e della paura la narrazione camilleriana diviene ancora più importante, toccante, necessaria. Saremo per l’ennesima volta milioni, stasera, ad emozionarci alla luce della Vigata e a cospetto dei gesti e delle parole di Montalbano, Fazio, Augello. Impareremo qualcosa. Per fortuna, nel piattume televisivo striato di giallo, di verde e perché no di nero dell’Italia di oggi, Salvo c’è.
Mario Lavia
 
 

L'Adige, 11.2.2019
Salvini: «Soccorre i migranti ma adoro Montalbano»

«Andiamo in onda dopo Montalbano che va a soccorrere un barcone di immigrati, ma adoro Montalbano». Lo ha detto il leader della Lega e vice premier Matteo Salvini, all’Aquila a margine della conferenza stampa convocata per commentare la vittoria del centrodestra alle elezioni regionali in Abruzzo.
«Il Commissario Montalbano» torna in onda stasera, su RaiUno, con un nuovo episodio prima della puntata di «Porta a Porta» nella quale Salvini sarà ospite.
[...]
 
 

Il Giornale, 11.2.2019
Salvini attacca: "Montalbano salva i migranti cantando Mahmood"
Il leader della Lega parla di Sanremo e dell'ultima puntata di Monalbano: "Ma se pensano di farmi incazzare hanno scelto la persona sbagliata"

Solo una battuta, ma che accende l'attenzione sul nuovo episodio di Montalbano.
Matteo Salvini è in Abruzzo per incontrare i sostenitori della Lega a margine della vittoria del centrodestra nelle elezioni regionali. E di fronte a loro è tornato sua sulle polemiche sorte sul vincitore di Sanremo che sulla puntata stasera in onda del Commissario più famoso d'Italia.
"Stasera registro la puntata di 'Porta a Porta'", ha spiegato il ministro dell'Interno. Che poi ha aggiunto: "Andremo in onda dopo Montalbano che salva dei clandestini, magari cantando un pezzo di Mahmood...". Una dichiarazione critica sul risultato finale del Festival sanremese. "Ma se pensano di farmi incazzare hanno scelto la persona sbagliata - continua il leader della Lega - Adoro Montalbano, ma non riesco ad apprezzare il pezzo di Mahmood, i gusti musicali sono soggettivi", ha aggiunto.
Luca Romano
 
 

TG1, 11.2.2019
Torna Montalbano
Zingaretti al Tg1



(Servizio dal minuto 35:53 al 38:08)
 
 

Rai News, 11.2.2019
Rai1, il ritorno di Montalbano
Cliccare qui per vedere il servizio

Luca Zingaretti torna con due nuovi episodi nei panni di Montalbano in tv. La prima puntata è andata in onda ieri a venti anni dalla prima serie ed è stata seguita da undici milioni 108mila spettatori, con uno share del 44,9%. E' il secondo miglior share nella storia della serie, preceduto da 'La giostra degli scambi' (2018) che fece il 45,1% con 11 milioni 386mila spettatori. Anche questa volta dunque un grande successo per la fiction Rai.
Loretta Cavaricci
 
 

Giornalettismo.com, 11.2.2019
Camilleri spiega Montalbano: «Non viveva un buon momento per il grande sbarco dei migranti»

Andrea Camilleri, come è solito fare, ha spiegato l’episodio inedito di Montalbano che andrà in onda questa sera, 11 febbraio, prima di due puntate tutte nuove della famosissima serie televisiva firmata Rai e interpretata da Luca Zingaretti. L’episodio si apre con un riferimento agli sbarchi dei migranti e anche su questo si sofferma Camilleri, l’inventore di Montalbano, nella sua breve introduzione di pochi minuti. «Montalbano è turbato – spiega – perché stava vivendo nel momento del più grande sbarco di migranti di sempre sulle coste della Sicilia». La prima battuta di Zingaretti, del resto, fa capire subito l’orientamento della puntata: «Possibile che credete ancora a questa storia che quelli dell’Isis arrivano sui barconi?».
Camilleri spiega l’episodio di Montalbano
Poi, Camilleri si addentra nei dettagli dell’episodio che si intitola L’altro capo del filo: «Non dormiva più la notte, Montalbano faceva il turno di giorno in commissariato – dice Camilleri, introducendo anche la parte sentimentale della puntata -. Per di più, Livia lo aveva costretto a farsi un vestito di sartoria perché voleva essere accompagnata in un paesino vicino a Udine per partecipare a un rinnovamento delle nozze. Montalbano è stremato».
La trama de L’altro capo del filo
Il cuore dell’episodio, tuttavia, è rappresentato come sempre da un delitto: «Una notte, mentre era in servizio al porto, gli viene comunicato che la sarta era stata assassinata. La sua indagine è difficilissima, perché tutti i sospettati hanno alibi di ferro o dimostrano di non avere nulla a che fare con il delitto».
Ma Camilleri anticipa che non andrà tutto come al solito. C’è un intoppo che macchia le indagini di Montalbano, un errore grave, dovuto al clima che si è trovato ad affrontare nelle ultime ore del suo faticosissimo lavoro: «Forse è proprio per questa sua stanchezza che ha commesso uno dei rari errori della sua carriera».
 
 

La Repubblica, 11.2.2019
"Basta con la propaganda pro-migranti": la puntata di Montalbano divide. Anche Salvini twitta
Su Twitter l'hashtag #montalbano spopola, tra molti messaggi ironici, chi sottolinea che da 20 anni il commissario si occupa di migranti e chi critica la scelta 'politica'. Ma il vicepremier spegne le polemiche: "Io amo Montalbano"

La puntata si è aperta fulminea: "Ancora con questa storia che i terroristi dell'Isis arrivano con i barconi?". E il commissario Montalbano - in questa prima puntata della nuova serie, intitolata Dall'altra parte del filo - ha subito messo in chiaro la sua posizione sui migranti. Una puntata che ha fatto già discutere, ma ora che è andata in onda ha scatenato il dibattito su Twitter. Tra chi critica duramente il tema 'politico' della puntata, chi lo collega ovviamente alle ultime polemiche sul festival di Sanremo, chi ironizza chiamando in causa Salvini e chi apprezza l'umanità del commissario più amato dagli italiani.
Per una volta Montalbano non unisce tutti: quelli che criticano la scelta di parlare del tema migranti (che poi non è l'unico tema della puntata) non sono l'eccezione su Twitter.
Come detto, la puntata si apre con uno sbarco a Vigata e il commissario che è costretto a gestire l'arrivo di un gruppo di migranti e uno stupro a bordo, facendo arrestare i due scafisti responsabili.
Due le scene più toccanti della puntata. In una Montalbano recupera in mare il cadavere annegato di un migrante che si era buttato dalla nave per cercare di raggiungere la riva e sfuggire ai controlli. "Quella scena è stata molto forte e toccante - racconta Sonia Bergamasco, la Livia della serie - mi ha richiamato al presente della Sicilia e a tutto quello che questa terra sta vivendo da anni. Al di là delle polemiche politiche, non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese ha una grande capacità di accogliere e una grande generosità".
La seconda quando un migrante che era sulla nave cerca di scappare. Fermato, viene riconosciuto: è un famoso musicista, che era in tournée in Europa quando ha deciso di tornare nel suo paese travolto dalla guerra (il riferimento alla Siria è abbastanza evidente) per aiutare la famiglia e poi costretto a scappare dalla guerra e tornare in Europa con un barcone. Con lui ha solo il suo flauto. E in quel flauto c'è tutta l'umanità di una persona, come c'è umanità del gesto di Montalbano che glielo restituisce.
Con questi temi, era ovvio che la puntata facesse discutere. E molto: l'hashtag #montalbano è schizzato subito in testa tra i trending topic, con migliaia di tweet che hanno invaso la rete.
In più c'è una cosa che vale la pena ricordare, come fa qualche utente: ovvero che la trama della puntata di oggi sembra molto più attuale di quello che è. Il racconto Dall'altro capo del filo infatti è stato pubblicato nel 2016. Quando ancora Salvini non era al governo.
 
 

Fanpage, 11.2.2019
Nessun buonismo sui migranti sfollati di Montalbano, solo tanta dignità per la vita umana
“L’altro capo del filo” è un episodio privo di qualsiasi presunzione di “buonismo”, che mantiene quasi intatto lo stile di Andrea Camilleri del romanzo originale. La vicenda degli sbarchi degli sfollati fa solo da contorno è non pretende di insegnare a nessun politico come fare il proprio lavoro ma, quello sì, prova a restituire dignità umana a chi viene trattato come appestato e invasore dalla opinione pubblica.

Ai piani alti della Rai, quella di sponda giallo-verde, il ritorno del Commissario Montalbano sembrava fare così spavento al punto da spostare le analisi a posteriori di Fabio Fazio, sostituendole con lo "Speciale Porta a Porta" sulle topiche elezioni in Abruzzo. "Il palinsesto in certe circostanze viene modificato" aveva detto la direttrice Teresa De Santis, allontanando ogni sospetto. Sacrosanto. Eppure, "L'altro capo del filo" ci arriva in un momento necessario per il dibattito del paese.
"Ancora con questa storia che i terroristi dell'Isis arrivano con i barconi dei migranti?". L'episodio apre con questa battuta agrodolce del Commissario Montalbano ai suoi sottoposti, mentre sono impegnati con lo sbarco di migranti più consistente nella storia della cittadina di Vigàta. Le storie di vita dei migranti – sebbene sia più corretto chiamarli sfollati perché sfuggono dai bombardamenti – si mescolano di sbarco in sbarco, fino ad una sequenza che lascia senza fiato: Montalbano recupera con le sue mani un ragazzo morto in mare. Luca Zingaretti e Sonia Bergamasco giganteggiano nel restituire l'impotenza del momento. Una impotenza che ritorna successivamente, nei momenti in cui Montalbano si dedica alla preghiera e alla riflessione in una chiesa. In questo scenario, si innesta il giallo di puntata: l'assassinio di Elena, sensuale sarta che sembra rimasta vittima di un delitto passionale. Ma tranquilli: chi scrive non vuole svelare il resto dell'intreccio per non fare spoiler, dato che la puntata può essere facilmente recuperata su RaiPlay.
Però va detto che "L'altro capo del filo" è un episodio privo di qualsiasi presunzione di "buonismo", che mantiene quasi intatto lo stile di Andrea Camilleri del romanzo originale, pubblicato da Sellerio Editore nel 2006. La vicenda degli sbarchi degli sfollati è solo un contorno che non pretende di insegnare a nessun politico come fare il proprio lavoro ma, quello sì, prova solo a restituire dignità umana a quelli che molto spesso vengono trattati come appestati ed invasori dall'opinione pubblica. Alla luce di quanto visto, le presunte preoccupazioni – dalla Rai smentite – non avevano in fondo alcuna ragione d'esistere.
Gennaro Marco Duello
 
 

Ragusanews, 11.2.2019
Commissario Montalbano: intenso, noir e slegato
Camilleri entra a gamba tesa nel dibattito politico

E' andato in onda stasera il nuovo episodio del Commissario Montalbano, "L'altro capo del filo".
Il filo è quello di una sarta che viene uccisa in circostanze misteriose, la sempre brava Elena Radonicich. Ma anche quello dell'indagine, che porta il poliziotto di Vigata fino a Udine, per scoprire la verità sul femminicidio.
La puntata esordisce con il tema della migrazione, con un "vaffa" pronunciato a chi suggerisce che i terroristi dell'Isis arriverebbero coi barconi della speranza.
Camilleri si diverte a entrare a gamba tesa nel dibattito politico, sfidando il sentire popolare sovranista che oggi permea la temperie culturale e politica del Paese.
Da qui lo sceneggiato libra verso una atmosfera a tratti noir, dove il sangue, e la cupezza dei sentimenti hanno il sopravvento. L'episodio ha il giusto ritmo di montaggio, una buona recitazione e innova nella tradizione della fiction.
L'esigenza narrativa fa sì che la prima e la seconda parte risultino a tratti slegate. Camilleri ha introdotto dal suo studio della casa di via Asiago a Roma questo nuovo racconto, annunciando che questa è una delle poche volte in cui il suo commissario commette un grave errore. L'autore del femminicidio riesce infatti a scappare.
Alcune note. Catarella-Angelo Russo rischia di diventare troppo caricaturale. E' apparsa in questa puntata una donna medico legale che sostituisce il dottor Pasquano, Marcello Perracchio, la cui morte, e il cui funerale saranno rappresentati nella prossima puntata. In onda lunedì 18 febbraio.
 
 

Ragusa News, 11.2.2019
Il sarto Mariotta nel Commissario Montalbano
L'esordio cinematografico di Bartolomeo

Scicli - Un cameo di pochi secondi. Bartolomeo Mariotta, sarto di Scicli, ha fatto il proprio esordio cinematografico stasera nel nuovo episodio del Commissario Montalbano intitolato "L'altro capo del filo".
E' stato il regista, Alberto Sironi, a volere che il ruolo di sarto venisse interpretato da un artigiano di Scicli. Sironi è stato allievo di Giorgio Strehler e conosce bene la lezione strehleriana, per cui sono i personaggi minori a fare la qualità di un'opera.
 
 

Optimagazine, 11.2.2019
Primo episodio di Montalbano 2019, Camilleri ci ricorda che l’Italia è anche quella dei migranti (recensione)
Nel primo episodio di Montalbano 2019 Andrea Camilleri torna a parlare di migranti unendo il dramma con l'umanità del Commissario: la nostra recensione.

C’è un Commissario incredibilmente umano nel primo episodio di Montalbano 2019. Un corpo emerge dal mare: la crudeltà dell’immagine ci introduce in una storia a cavallo tra speranza (quella di trovare un nuovo posto in cui vivere) e rassegnazione (di chi non ce l’ha fatta). Una triste realtà che Andrea Camilleri ha raccontato per oltre vent’anni: è il dramma dei migranti che persiste nei suoi romanzi; l’autore descrive l’Italia scavando nelle sue viscere e facendo emergere i lati più reconditi dell’essere umano. Oggi, l’Italia è anche questo: l’unione e lo scambio di culture diverse tra loro.
“L’altro capo del filo” si apre proprio così: Montalbano è alle prese con il susseguirsi degli sbarchi sulle coste siciliane; il Commissario si mette a disposizione di tutti e lo fa con un tale tatto e umanità che commuove. La scrittura di Camilleri diventa, ancora una volta, un mezzo per far riflettere e discutere su vicende di vita reale. Il primo episodio di Montalbano 2019 è perciò difficile da digerire; c’è rabbia e angoscia per un dramma che non ha mai fine e che, probabilmente, non troverà una soluzione a tempo debito.
A questo si aggiunge un efferato omicidio che sconvolge il Commissario. Elena, amica dell’eterna fidanzata Livia, viene uccisa. Il racconto si snoda innescando fin da subito i primi dubbi, e Camilleri non lascia nulla al caso. Nella prima parte dell’episodio ci sono due personaggi chiave nelle indagini: un medico arabo di Vigata e un’assistente maghrebina della sarta. Da qui i pregiudizi che trovano le basi nel razzismo e che Montalbano intende demolire – “Ancora con questa storia che i terroristi dell’Isis arrivano coi barconi?”. Il pubblico si trova spiazzato, diviso tra la cultura di questo medico e la pacata delicatezza della ragazza araba. Ma come spesso accade nei romanzi di Camilleri, niente è ciò che sembra. Perciò le indagini sulla giovane vittima portano Montalbano in un piccolo paese del Friuli-Venezia Giulia, dal profondo Sud all’estremo Nord dell’Italia (l’altro capo del filo, appunto).
Il primo episodio di Montalbano 2019 ci ricorda che l’Italia è anche quella dei migranti. Come scrive Camilleri: “Non bisogna mai aver paura dell’altro perché tu, rispetto all’altro, sei l’altro.”
Il Commissario Montalbano torna lunedì 18 febbraio con il secondo e ultimo episodio della stagione.
Verdiana Paolucci
 
 

Rtv San Marino, 12.2.2019
Il conto torna - Carlo Romeo intervista Andrea Camilleri
Il Dg di San Marino RTV Carlo Romeo intervista lo scrittore Andrea Camilleri.


 
 

La Stampa, 12.2.2019
Camilleri-Onofri: botte da orbi, guanti di velluto
Si può parlare male del Padre di Montalbano? Un nuovo libro del critico-scrittore rilancia una contrapposizione che dura da anni, fra ironie e colpi bassi

Massimo Onofri pubblica una raccolta di saggi dedicati al Novecento, lavorando sugli autori più amati e, in contrapposizioni, anche su quelli presi ad emblema di un equivoco. Fughe e rincorse è il titolo del libro, uscito per l’editrice sarda Inschibboleth, che dopo un’attività sostanzialmente dedicata al mondo accademico, tra studi e riviste, si apre ora a una saggistica di taglio militante. E militantissimo è Onofri (italianista all’Università di Sassari con fitta presenza sui giornali e sulla rete) che ancora una volta torna alla grande eredità di autori come Mario Soldati, la Deledda, Moravia, Bassani, Cassola, Pasolini, Sciascia, o di critici-scrittori come Garboli: contrapponendola al degrado ideologico della scrittura di genere, quando non deliberatamente Kitsch, oggi popolarissima.
Severo col Gruppo ’63, o poniamo con un De Luca, un Niffoi, una Santacroce, visti come ultimi epigoni di un dannunzianesimo di dubbio gusto, lo è anche, pur con una certa soavità, nei confronti del giallo italiano: Camilleri in testa. Ora, parlare male di Camilleri è un po’ come parlar male di Garibaldi. Onofri non la fa a quel modo, non “parla male”, ma è uno dei pochissimi, forse l’unico, che rimprovera non da ieri allo scrittore siciliano di essere semmai il simbolo, o il sintomo pur talentuosissimo, di una contraddizione, o di una degradazione: “con quella sua tendenza a folclorizzare l’italiano adattandovi il dialetto…, col suo siciliano inventato e reso commestibile per i palati del grande fast food nazionale, resta sempre, però, ai piani bassi di una piacevole letteratura di consumo”. Ma c’è di più: Camilleri è per il critico il punto di massima visibilità italiana in un fenomeno europeo o forse mondiale, che si specchia nella fortuna di gialli e thriller.
“Credo – scrive Onofri - sia difficile negare il fatto che, rispetto alla stagione di Dürrenmatt, Gadda e Sciascia, l’attuale successo del giallo possa attestare, almeno sul piano della ricezione, e nel quadro d’un più generale ritorno all’ordine, un’ansia, se non un bisogno, di normalizzazione, con effetti non di rado consolatori per lettori che, vieppiù disorientati dalla contemporaneità, riescano a trovare, almeno in letteratura, una qualche conciliazione col presente”. In altre parole, risposte semplici a problemi complessi, proprio come quelle che danno, potremmo aggiungere, i movimenti populisti. La diagnosi, al fortunatissimo e ammiratissimo scrittore siciliano (proprio ieri sera è partita tra l’entusiasmo generale la nuova mini-serie tv dedicata a Montalbano) non è mai piaciuta, e non da ieri – visto che Onofri prospetta queste tesi da tempo.
Camilleri aveva già replicato da par suo, battezzando “Minimo Onofri” un personaggio sgradevole di Il nipote del Negus e asserendo poi beffardamente che l’omonimia era del tutto casuale. In quel libro del 2010 c’era per buona misura un personaggio, Aristide Cacopardo, controllore ferroviario “fissato di essere un grande scrittore”, e dedito a consumare lo stipendio “pubblicando romanzi a sue spese”, nel quale si era riconosciuto il giallista Domenico Cacopardo: che aveva chiesto addirittura il sequestro del libro – senza ottenerlo. Nessun problema del genere con Onofri, che ora però rilancia pur vestendo i guanti della miglior critica. La grande contrapposizione continua: e “al massimo”.
Mario Baudino
 
 

Live Sicilia, 12.2.2019
La fiction
Lo 'scandalo Montalbano', i migranti
Quel dolore negli occhi dei ragazzi

La puntata delle polemiche. L'abbiamo vista con i minori non accompagnati, tra discussioni e tweet.

Guardate gli occhi di questi ragazzi e dimenticate il resto. Guardateli, mentre guardano la puntata di Montalbano, con le persone migranti salvate in mezzo al mare, e dimenticate quello che crediamo di sapere sulle migrazioni economiche, sulla pacchia, sull''Africa che ci invade', sul ragazzo che ha vinto Sanremo che, 'per fortuna', è italiano, sui tweet di tutte le propagande, sulle lenti di ingrandimento e di rimpicciolimento che ci impediscono di osservare l'umanità di un uomo a grandezza naturale.
A Palermo anche quest'altra notte è fredda. Le ombre in circolazione – qualcuno che rovista nei cassonetti, qualcuno che dorme sotto i portici – avrebbero bisogno di riparo, non del rancore, somministrato in porzioni massicce, che divide gli egualmente miserabili. Dimenticate prima gli italiani, i buonisti e i social. Sotto questo cielo, unica è la tinta del dolore.
La comunità per migranti minori non accompagnati, che sono arrivati qui senza nessuno e la famiglia chissà dov'è, si trova da qualche parte, al centro. Il riserbo è massimo. Un androne un po' malandato. Un giovane scruta con timidezza il massiccio cronista che prende posto nell'ascensore. Vuoi salire? No, grazie, vado a piedi. Sulla soglia, alcuni tra coloro che si occupano di ricomporre i pezzi di un perenne naufragio. C'è pure l'assessore ai Servizi sociali del Comune di Palermo, Giuseppe Mattina, che è in giro da tanto, in ossequio al suo cognome, ma non voleva mancare.
Stasera danno il commissario più famoso d'Italia in tv: 'L'altro capo del filo' è il titolo della storia scritta da Andrea Camilleri. E se ne chiacchiera da un po', perché pare che Luca Zingaretti, tra indagini e colpi di scena, soccorra, addirittura, un barcone di migranti, attività assai sospetta, di questi tempi. Se ne discute, dunque, con un impeto massimalista che i social riflettono. C'è chi si indigna perché 'hanno inquinato pure Montalbano co 'ste storie di africani, quasi un lavaggio del cervello' (le virgolette condensano il senso di un multi-pensiero variamente declinato). C'è chi ha già eletto Luca quale alfiere dell'anti-salvinismo alla riscossa. Anzi, hai visto mai: potremmo mandare lui al Pd al posto del fratello...
L'arredo della comunità è essenziale. “Gli ospiti sono dodici – dice una voce narrante -. Le vicende sono quelle che si sanno. Molti vengono dalla Libia e attraversano il deserto con il pick-up. Cinque giorni di viaggio, quasi senza bere, né mangiare. Se cadi dal veicolo, sei morto, nessuno si ferma a salvarti con cinquanta gradi. Stanno in trenta o quaranta, lì dove ce ne starebbero dieci. E' normale che le ragazze vengano violentate. Pure per i ragazzi sta diventando normale...”. Le vicende si sanno, ma non contano nell'indifferenziata delle esistenze che – così abbiamo decretato – si possono perdere.
Il locale del televisore. I ragazzi entrano a poco a poco. Sono intimiditi e un po' sulla difensiva. Invisibili, o descritti come folclore. Carne da giornale. Mercanzia da talk-show. Mai nessuno che li guardi negli occhi.
Uno ha la tuta di una squadra di calcio. Lo sai che tifo anch'io per 'sti sciagurati? Il sorriso è il lusso di un attimo. Uno ha un cappuccio per nascondersi. Si mette in fondo, per passare inosservato. Uno è del Senegal. A scuola gli stanno insegnando l'arte del Pan di Spagna e chissà se gli basterà. Uno parla, è il portavoce spontaneo del gruppo: “Stamattina abbiamo fatto la matematica. Da grande voglio diventare come Messi. Se non ci riesco? Farò il musicista. Sono egiziano. Come Mahmood? E chi è?”. Da un cellulare spunta 'Soldi'. E la tua famiglia dov'è? Tuo papà? Tua mamma? Allarga le braccia. Non lo sa.
“Siete sbarcati tutti?”, chiede l'assessore. La risposta è un cumulo di cenni affermativi. “Ma come vi trattano?” Il ragazzo con Messi nel cuore nicchia: “Ci sono i bravi e i cretini”. E con i cretini come ti comporti? “Fingo di essere più cretino di loro”.
La puntata comincia. Ecco i dolcini e le bibite. L'inizio rivela lo sbarco indigeribile ai più. La gente sulla tolda di una nave, stipata. Fermo immagine sulla platea raccogliticcia. Nessuno giochicchia con il telefonino. Il ragazzo del Senegal ha le pupille incollate allo schermo. Messi non pensa più al pallone. Il ragazzo con il cappuccio si copre la faccia, senza darlo troppo a vedere. Guardateli, adesso, i migranti minori non accompagnati.
Cosa avete provato? Silenzio. Ed è giusto così. Qui, almeno, possono proteggersi dalle domande cretine. "Hai altro da chiedere?". No. Un doppio valzer di bibite e dolcini. Sul web i commenti si sfidano a duello. Avete sentito che figo il commissario: i terroristi non arrivano sui barconi. C'è chi esplode di indignazione: abbiamo cambiato canale. Ma questa assenza di parole, nella comunità, mischiata ai lineamenti, alle biografie, ai sussulti involontari, è forse la parola più dura da pronunciare.
Di nuovo in ascensore, fino all'androne malandato. Prima, un abbraccio a Messi. Chissà se lo rivedremo al Camp Nou. Un abbraccio all'incappucciato che scopre una capigliatura rasta, finalmente. "Abbiamo saputo che alcuni dei loro amici sono morti in Libia". I cellulari che riprendono l'attività, tessono domande che non trovano risposte necessarie Giuseppe Mattina dice: “Non è vero che, a Palermo, pensiamo solo ad alcuni. Cerchiamo di aiutare tutti”. E srotola un calvario di sofferenze, di lettere, di proteste da cullare, vasto quanto un'intera città.
La notte è inospitale. Avrebbe bisogno di affetto per tutti. Gli occhi che la attraversano hanno imparato a memoria il dolore e l'indifferenza. Siamo tutti naufraghi di qualcosa. E non ci salverà il messaggio in bottiglia dell'ultimo tweet.
Roberto Puglisi
 
 

Marida Caterini, 12.2.2019
Il commissario Montalbano 2019 | la recensione
Il commissario Montalbano 2019 | la recensione. Riflessioni e analisi critica del primo tv movie tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri.

Salvo Montalbano è tornato con tutto il suo gruppo di lavoro. A distanza di un anno, Rai 1 ha trasmesso il primo dei due nuovi Tv movie del ciclo 2019 Il commissario Montalbano. Titolo: L’altro capo del filo.
E’ tornata Vigata con la sua splendida luce quasi abbagliante, con gli scorci delle stradine sempre rigorosamente vuote, con la profondità dei paesaggi illuminati dalla regia letteraria di Alberto Sironi. Ed è proprio lo storico regista, con la struggente poesia delle sue inquadrature e la valorizzazione dei personaggi, a salvare la serie dal rischio del dejà vu.
C’è, infatti, molto di differente dall’ultimo film tv andato in onda lo scorso anno. E non ci riferiamo all’assenza del dottor Pasquano, il medico legale grande amico- nemico di Montalbano. E’ il racconto televisivo ad essere stato modificato. Ed anche i protagonisti.
Cominciamo da Mimì Augello interpretato da Cesare Bocci: il suo ruolo in L’altro capo del filo, è stato meno importante e impegnativo rispetto al passato. Augello, notissimo “sciupafemmine”, è apparso quasi di contorno, più defilato, con compiti di minore responsabilità. E non ha mostrato neppure la naturale passione per le gonnelle che lo ha sempre contraddistinto. Insomma un Augello più spento. Una tale limitazione deve aver certamente influito sul rendimento professionale di Cesare Bocci che ci è sembrato più svogliato, pur nel rispetto del suo lavoro. E’ come se Andrea Camilleri gli dedicasse meno spazi.
Nella vicenda raccontata in L’altro capo del filo, tutto è stato concentrato prevalentemente sulla figura del commissario. Anche il devoto e fedele Fazio (Peppino Mazzotta) ha perso rilevanza. I due assistenti del capo, insomma, hanno agito marginalmente nella ricerca dell’assassino.
Evanescente anche la presenza della storica fidanzata Livia (Sonia Bergamasco). Si aveva la sensazione che fosse indispensabile solo per giustificare alcuni fondamentali passaggi iniziali: la sarta, amica di Livia, viene trovata assassinata brutalmente a forbiciate.
Un discorso a parte merita Catarella(Angelo Russo) il poliziotto pasticcione ma fidatissimo, grande esperto di informatica. Nell’atmosfera, quasi da noir, in cui si svolgeva L’altro capo del filo, nel meccanismo sofisticato e intrigante del giallo alla Camilleri, stride la figura maldestra e confusionaria di Catarella il cui comportamento goffo, impacciato e imbranato, fa precipitare di molto la qualità del racconto.Bisognerebbe moderarne l’aspetto troppo confusionario,farlo rientrare in canoni più accettabili.
Montalbano oramai è un cult, un prodotto che si allontana dalla nazional- popolarità anno dopo anno. Il suo interprete Luca Zingaretti, è stato baciato dalla fortuna venti anni fa per essere stato scelto come interprete del commissario di Vigata. Solo dopo molti anni si è reso conto di quanta dignità professionale gli ha conferito il personaggio letterario. La consapevolezza di tale privilegio si è, purtroppo, tradotta in una sorta di irritante alterigia nell’attore. Un attore che trova la sua collocazione artistica e la sua credibilità solo quando dietro la macchina da presa c’è Alberto Sironi che ne valorizza ogni particolare della sua fisicità, compreso il modo di camminare.
Marida Caterini
 
 

Rolling Stone, 12.2.2019
Montalbano al tempo di Salvini, più triste e impegnato
Fa uno strano effetto vedere che il commissario più amato dagli italiani è seguito dal ministro della propaganda, pardon, dell’interno. Riflessioni dopo il primo episodio della stagione

Che sarebbe stata una strana serata, lo si è capito subito. Mentre lo Zingaretti del PD era al Tg2, il fratello attore era al Tg1 a lanciare l’episodio di Montalbano in anteprima. Poi è arrivato Camilleri, in quel buffo prologo in cui si può permettere quello che nessuno potrebbe mai fare: spoilerarsi senza pietà un attimo prima che milioni di italiani vedano l’adattamento cinematografico-televisivo delle avventure del suo personaggio più amato. Immaginiamo i suoi cosceneggiatori Francesco Bruni, Salvatore De Mola e Leonardo Marini (gran lavoro il loro, dai dialoghi a una scrittura “visiva” di alto livello) strapparsi i capelli mentre lui annulla colpi di scena e regala agli spettatori un bignami di buona parte del loro lavoro, con disincantata serenità. Per fortuna al momento del finale, si ferma. E scopriamo che il buon Camilleri non ha fatto danni, anzi. Ha permesso a molti, con quelle parole, di godersi una visione di qualità, meno concentrata sulla trama, sul noir, sull’intreccio e più sulle finezze di regie di Sironi, sugli attori sempre preparati (i comprimari di Montalbano meriterebbero una recensione a parte ciascuno, pensate, per dire, ad Anna Ferruzzo), sullo script che ha una cura dei dettagli e una fluidità di rara forza.
C’è da dire, poi, che L’altro capo del filo ti spiazza. Forse perché viene dal romanzo omonimo edito da Sellerio nel 2016 e ci mostra un Montalbano più malinconico, una Vigata più cupa, un dolore sociale e non solo personale di chi è colpito da una tragedia incidentale in un luogo che sembra uscire dalla fantasia per entrare nella realtà. Vigata e Salvo lo hanno fatto spesso: pensate a come Montalbano prese posizione sulla Diaz. E così tu ti senti disorientato quando un paio d’ore prima di venire recensito da Salvini da Vespa – “lo leggo anche se non gli sono simpatico” –, Camilleri e Sironi e soci ti presentano una scena di eccezionale normalità su una nave italiana in cui con decisione, ordine, rispetto si affronta il tema dei migranti. Di fronte a naufraghi che vengono salvati e poi edotti sulla legge da rispettare. Senza presunti buonismi, senza alcuna bugia su Ong taxi del mare, solo con parole e umanità. Con quel Montalbano serio, quasi contrito che sovrintende a che tutto venga fatto nel rispetto delle norme e degli esseri umani. Senza divisa, mentre quel ministro che da Vespa fa propaganda si mette giacche a vento della polizia, felpe delle regioni e quelle istituzioni che un personaggio di fantasia rispetta con rigore, le insulta con i suoi comportamenti politici, comunicativi, elettorali.
Ed è proprio da questo confronto impietoso che ti rendi conto che Montalbano è l’Eastwood italiano. Nel senso profondo in cui quel personaggio e quel regista pretendono, con lineare semplicità, di incarnare un modello esemplare di umanità “territoriale”. Come Clint è il superamericano, nel bene e nel male, nel sogno come nell’incubo a stelle e strisce, è uno che non si vergogna di parlare in modo politicamente scorretto, perché pensa in modo retto persino quando prende la strada sbagliata, così Montalbano è un italiano vero. Non alla Toto Cotugno, alla Sordi o alla Zalone, non c’è in lui la cartolina o la cialtroneria comica, ma una sensibilità che lo porta ad abbassare la guardia troppo spesso, così come l’asticella delle regole, a subire il fascino delle donne che incontra – e che fascino: qui, in poche pose, Elena Radonicich – nonostante sia impegnato con una fidanzata storica e meravigliosa (Sonia Bergamasco), a fare la cosa giusta in un modo o nell’altro.
Il punto, però, è che in entrambi sembra essersi spezzato qualcosa. In The Mule Clint ha capito che il suo paese l’ha tradito e che quindi lui può fare altrettanto, e anche Salvo, il commissario, per la prima volta, si concede un errore. Non lo sbaglio, la dimenticanza, la rottura di schemi con cui aggiusta ciò che la legge non permetterebbe (c’è qualcosa di più italiano?), ma un errore vero. Di valutazione, di indagine. Perché non si riconosce più in quel mestiere che lo costringe a far da cane da guardia ad altri esseri umani, a scontrarsi con una meschinità individualista sempre più cinica. Forse anche per questo con i suoi sottoposti è più gentile, paziente, meno caustico. Persino la sua bella faccia da schiaffi, quel Luca Zingaretti che non si è fatto vampirizzare dal personaggio ma anzi l’ha innaffiato con la sua vitalità, conosce la malinconia di chi non si ritrova più con occhi, cuore e cervello nel mondo in cui vive. E si rinchiude nella sua famiglia.
L’altro capo del filo è quello tirato dai burattinai, che Salvo Montalbano si è sempre convinto di poter ingannare, o almeno prenderli in giro. Per questo anche alla fine degli episodi più tristi l’occhio aveva un guizzo, sulla bocca affiorava un sorriso. Questa volta no. Chissà, forse immaginava che dopo di lui un giornalista in ginocchio avrebbe intervistato per l’ennesima volta un Ministro che ha pensato bene di contestare in 55 secondi netti le Ong e il vincitore di Sanremo e i voti di “una giuria di otto radical chic”. Montalbano, abbiamo scoperto stasera, non guarda neanche il calcio in tv. Al massimo si fa guardare. Peccato, perché magari sulla Diciotti poteva indagare lui.
Boris Sollazzo
 
 

La Repubblica, 12.2.2019
Montalbano buonista batte Salvini

Arriva Montalbano e si scopre che in Italia l'élite buonista è popolo, undici milioni di popolo (radical chic?) incollato davanti alla tv per vedere le piccole braccia di Zingaretti aprirsi grandi, grandissime, sull'amatissimo mare di Vigata che accoglie gli immigrati come persone da salvare e non come ostaggi da sequestrare. Il commissario, per vocazione civile, si getta pure in acqua per recuperare il corpo adolescente di un disgraziato maghrebino. Gli bastano pochi e decisi gesti per togliersi la camicia bianca, l'indumento con l'aria di niente che veste tutti gli italiani e dunque anche Montalbano, il quale mai si traveste con le divise paramilitari del ministro Salvini che del poliziotto fa solo la caricatura incanaglita.
È davvero speciale il Montalbano neo-realista che ha stracciato tutti i record di ascolto superando se stesso e pure Sanremo, e chiudendo per vacuità il dibattito (quante "b" ci vogliono per il ‘dibbbattito' sovranista?) sull'élite, che amerebbe il meticciato per snobismo, contrapposta al popolo, che invece pretenderebbe "prima gli italiani" per concretezza e per necessità.
È inutile dire che questo cretinismo vittimista dilaga in tv dove il ministro Salvini si è fatto confezionare dalla obbedientissima Rai una speciale puntata di Porta a Porta per contrapporsi a Montalbano sfruttandone però il traino: «Andremo in onda dopo Montalbano che salva dei clandestini magari cantando un pezzo di Mahmood». E però, sapendo che contro Camilleri, come già gli capitò con Baglioni, può solo farsi male, Salvini ha ritirato il ceffo compiaciuto del suo razzismo creativo e l'ha buttata sul ridere: «Io adoro Montalbano», che è la variante aggraziata del trucido «gli mando un bacione».
Con il boom del 45 per cento di share, il commissario ha finalmente dimostrato che non è vero che da un lato c'è il mondo debosciato con la erre moscia delle terrazze romane e dei salotti milanesi a tifare per i porti aperti e dall'altro c'è la semplicità e la durezza della ggente dei mercati rionali e delle periferie a pretendere i porti chiusi. E inoltre Montalbano è neo- realismo perché, forse per la prima volta, non c'è solo la storia di un poliziotto finto, da romanzo, da fiction, da atto mancato. Per la prima volta, Montalbano non è l'investigatore che, nell'Italia delle inchieste mai risolte, acchiappa i veri colpevoli e libera gli innocenti, l'unico che scopre la verità nel Paese dei misteri e dei gialli ciclicamente riaperti, e si va da Wilma Montesi a Emanaela Orlandi, da Giorgiana Masi a via Poma, da Unabomber a Cogne... Da lunedì sera Montalbano è anche uno dei tanti, veri poliziotti italiani che, come tutti noi, provano solidarietà per i naufraghi delle migrazioni, uno dei tantissimi nostri poliziotti che, lasciandosi guidare dalla comprensione intuitiva, sarebbero pronti a indagare e a risolvere davvero i delitti degli scafisti.
Montalbano trova con facilità gli scafisti che a bordo hanno stuprato una bambina semplicemente perché li cerca. Indaga sui delitti veri invece di mettere sotto inchiesta i bagni di bordo, di cercare i terroristi dell'Isis, di andare a caccia di untori, contestare le bandiere delle Ong, promettere le manette ai naufraghi considerati clandestini, vale a dire penalmente responsabili della propria miseria.
Nel successo di questo Montalbano c'è anche, parallelo, il giallo di una bellissima sarta (per uomo!) nella Sicilia che non è solo accogliente ma è anche liberata, elegante bionda che fa impazzire i sani e rinsavire i pazzi. E ci sono un marito assassinato e gettato in mare con le mani legate, un bimbo morto e il desiderio di maternità in faccia a quel mare che purifica: la mamma e il mare di Sicilia come origine del mondo. E sembra in controtendenza anche questa voglia di maternità che costeggia un'Italia dove, secondo i dati appena diffusi dall'Istat, la natalità è al suo boom negativo.
E questa volta i cannoli non si vedono, ma se ne sente di più il sapore: il dottore ciccione, quello di «Montalbano, lei mi ha rotto i cabbasisi», è infatti "in ferie" perché è purtroppo morto il bravissimo Marcello Perracchio che lo interpretava. Ma ci sono i suoi conti di pasticceria.
Battuto da Baglioni e da Montalbano, "bene rifugio" nell'universo pesante del nostro Paese e della sua tv, Salvini ieri sera si è fatto il selfie di consolazione mentre guardava un video di Vasco Rossi durante una compiaciuta pausa caffè al Viminale.
Non è la prima volta che esibisce Vasco come ha fatto con la divise dei pompieri, della guardia forestale, dei carabinieri, con la Nutella, con la polenta e con la sua bella. E va bene che ci si può fare pubblicità con tutto, e che gli artisti appartengono a tutti, ma forse il ribelle radicale potrebbe venire fuori e mandarci un segnale, alla sua maniera. Come fa quella sua canzone? «Io no, io no, io no».
Francesco Merlo
 
 

La Repubblica, 12.2.2019
Se la vecchia Rai1 diventa l’ultimo baluardo di civiltà

Eppure c'è qualcosa che intriga assai.
E si chiama Rai 1, che come ridotta resistenziale è piuttosto opulenta, macina ascolti così come è fatta e magari arriveranno presto dei "vengo dopo il Tg" da brividi: ma essendo la cornucopia dell'azienda ci vorrà del coraggio per smantellare. Ovvero, la situazione è che intanto per Rai 2 passano i promo di questa nuova cosa del giovedì che si chiama Popolo Sovrano e hanno un tono cupissimo, sembrano trailer della nuova stagione di Gomorra. Su Rai 1 invece: il Sanremo delle polemiche imperdibili, troneggia il Montalbano pro-migranti o quanto meno pro "restiamo umani". [...]
Antonio Dipollina
 
 

Wired, 12.2.2019
Montalbano che salva i migranti non piace ai nazionalpopulisti
L'ultima puntata giudicata pro-migranti da molti utenti, ma è lo stesso Salvini a dichiarare il suo affetto per il commissario più amato e nazionalpopolare della tv italiana

Un tempo si accendeva la tv, ci si metteva seduti sul divano e ci si rilassava. Adesso, a quanto pare, non è più così. Anche guardare un programma televisivo è diventato un’impresa, anzi per alcuni una vera e propria lotta. Il motivo? La politica.
Non c’è programma televisivo, neanche quelli di intrattenimento, di cui qualcuno non decida di fare una lettura politica, spesso esternata sui social. E così come non si è salvato Sanremo, non è riuscito a sfuggire alla lente della politica il commissario Montalbano.
Ieri sera è andato in onda il nuovo episodio di quello che, stando ai dati di ascolto, è il commissario più amato di Italia. Montalbano è ormai un punto fermo, una certezza nel panorama televisivo italiano: sono ben vent’anni che il commissario di Vigata risolve casi e affronta tematiche spesso molto vicine alle vicende di cronaca. Montalbando è nazionalpopolare come lo è Sanremo. Ma questo non significa che sia nazionalpopulista. La differenza tra le due cose è meno sottile di quanto si possa pensare. Il sentimento nazionalpopolare si fonda su miti nati spontaneamente dall’incontro tra un fenomeno culturale rivolto alle masse e le masse stesse, che in quel mito si identificano a livello emotivo; quello nazionalpopulista contiene in sé il germe della rivendicazione, dell’inclusione, la strumentalizaizone di quello stesso fenomeno culturale, al fine di inquadrare le masse entro schemi precisi.
Nell’episodio di ieri sera, L’altro capo del filo, il commissario indaga sulla morte di una giovane sarta. Fin qui nulla di strano, se non fosse che la storia è inserita in una cornice che non è passata inosservata: gli sbarchi dei migranti in Sicilia. La squadra di Montalbano deve occuparsi anche di questa difficile realtà e il regista Alberto Sironi sottolinea in più occasioni l’umanità di chi si trova ad accogliere i migranti.
La sensibilità di Catarella e il gesto eroico con cui il commissario salva un ragazzo nordafricano non sono passati inosservati, scatenando numerose critiche sui social da parte di coloro che hanno visto in questo episodio un attacco all’attuale governo ed una vera e propria propaganda politica. Critiche che hanno visto nel comportamento del commissario una trasgressione a quegli schemi precisi entro cui il nazionalpopulismo vuole far rientrare certa cultura altrimenti da derubricare come anti-italiana o con un termine all’opposto del nazionapopolare, cioè “radical chic”.
In realtà, difficilmente questo racconto sarebbe potuto essere un attacco a questo governo: L’altro capo del filo è stato scritto da Andrea Camilleri nel 2016. È indubbio, però, che l’autore abbia deciso di lanciare un messaggio, ma chi conosce Montalbano sa bene che i romanzi hanno sempre inserito le tematiche di attualità nelle proprie trame. Basti pensare a Il ladro di merendine, pubblicato nell’ormai lontano 1996, e primo episodio andato in onda su Rai Uno nel 1999. In quell’occasione Salvo Montalbano non solo salva un piccolo migrante, François, ma decide di adottarlo insieme alla sua compagna, Livia. Eppure vent’anni fa non c’era stata nessuna levata di scudi contro il gesto di Montalbano.
Siamo arrivati ad un punto in cui lo scontro politico ha saturato ogni aspetto della società e nulla riesce più ad essere visto al di fuori di un certo contesto. E così Montalbano che salva un bambino migrante non è più una storia nazionalpopolare di altruismo e buon cuore, ma un’odiosa parabola radical chic di chi, evidentemente, non ha a cuore gli interessi degli italiani.
Lo scontro politico ci ha ormai fatto perdere di vista l’aspetto artistico, la bellezza di una serie tv o la leggerezza di un intrattenimento ben fatto, un intrattenimento nazionalpopolare, non per forza populista. Tutto questo, Salvini lo ha capito e, difatti, in controtendenza con i suoi sostenitori ha lanciato un tweet in cui dichiara il suo amore per Montalbano: un mito tutto italiano su cui è meglio non scherzare.
Jessica Camargo Molano
 
 

La Gazzetta dello Sport, 12.2.2019
Luca Zingaretti: "Il mio Montalbano? Anticonformista come Falcao"
L’attore romano, romanista e calciatore mancato, è tornato in tv col commissario più amato del piccolo schermo. "Mi chiedo ancora se sia stato giusto lasciare il pallone per la recitazione"

Un uomo e due passioni. "Quello che provavo da bambino quando perdevo una partita non è paragonabile a niente. Non era delusione, era dolore. Un dolore lancinante". Poi è arrivato Montalbano. "Molti anni dopo. Ancora adesso mi chiedo se sia stato giusto lasciare il calcio per la recitazione". Insomma, un po’ di carriera l’ha fatta... "Sì, però...". Luca Zingaretti riporta in tv il commissario Montalbano su Rai 1, ieri con "L’altro capo del filo", dove ha affrontato il dramma dei migranti oltre a un delitto e poi, lunedì 18, con "Un diario del ‘43". Vent’anni dopo il primo episodio trasmesso in tv, il commissario creato da Andrea Camilleri è ancora lì e la gente lo ama. "Perché è integerrimo, oggi tutti hanno un prezzo e lui non lo ha. Possiede un’integrità che ammiro". Il primo episodio affrontava un tema scottante e il riserbo di Zingaretti sulle polemiche nate intorno alla partecipazione umana di Montalbano al dramma dei migranti è comprensibile. [..]
Ha portato fortuna anche alla Rai con il commissario Montalbano. Vent’anni dopo, com’è indossare ancora i suoi panni?
"Ho avuto questa chance di seguirlo negli anni, il nostro cast è rimasto più o meno intatto, un gruppo che ha lavorato quasi con ferocia ed è andato in crescendo. Non ci siamo mai seduti sugli allori e abbiamo conquistato mercati impensabili quando abbiamo cominciato, dall’America Latina all’Australia, alla Germania. Ma penso soprattutto all’Inghilterra: sa che a Londra per strada qualche volta la gente mi riconosce?".
Secondo lei perché Montalbano piace tanto?
"La chiave è la penna felice dello scrittore. Sono racconti pieni di archetipi, dietro la storia c’è sempre dell’altro. E poi Montalbano ci ricorda in qualche modo il mondo dei nostri nonni, dove le persone non avevano un prezzo, mentre oggi tutto e tutti ce l’hanno. Verso quella integrità non possiamo non provare nostalgia".
Montalbano piace molto alle donne e Zingaretti è diventato anche un sex symbol...
"Ah, una elezione a sex symbol non si nega a nessuno. Sono etichette che si mettono così, io in realtà sono fiero di avere un pubblico femminile che mi apprezza, perché è un pubblico esigente e fedele. Non ti dà fiducia facilmente".
Che cos’ha lei del commissario e il commissario di lei?
"Io non sono Montalbano, sono un attore che si è messo addosso i vestiti del personaggio ed è attirato dalla sua capacità di non avere padroni".
Se fosse un atleta, un calciatore, Montalbano a chi somiglierebbe?
"A un calciatore molto, molto anticonformista. Un tipo alla Falcao".
[...]
Alessandra Bocci
 
 

TG1, 12.2.2019
Montalbano Boom di ascolti per il commissario

Più di undici milioni di telespettatori hanno seguito ieri sera su Rai Uno il primo dei nuovi episodi del commissario Montalbano dal titolo "L'altro capo del filo". Un successo che conferma la simpatia del pubblico per il personaggio creato da Andrea Camilleri.
Maria Rosaria Gianni
 
 

ANSA, 12.2.2019
Salini a Zingaretti, Montalbano è la Rai
Telefonata complimenti dell'ad anche al produttore Degli Esposti

Roma - Telefonata questa mattina dell'Ad della Rai Fabrizio Salini a Luca Zingaretti, protagonista del Commissario Montalbano, e a Carlo degli Esposti, produttore della serie. Secondo quanto si apprende, l'Ad ha voluto complimentarsi direttamente per il grandioso risultato ottenuto con il nuovo episodio andato in onda ieri sera ricordando che Montalbano è la Rai.
 
 

La Repubblica, 12.2.2019
Montalbano, 'L'altro capo del filo' a oltre 11 milioni di spettatori, ma la trama pro-migranti infiamma i social
Con il 44,9% di share il nuovo episodio, andato in onda su Rai1, raggiunge l'esordio di Sanremo ed è il terzo più visto della serie. L'ad Salini si complimenta con Zingaretti: "Montalbano è la Rai"

Con 11.108.000 telespettatori e il 44,9% di share il nuovo episodio della serie Il commissario Montalbano dal titolo L'altro capo del filo, andata in onda ieri sera su Rai1 e tratto dai romanzi di Andrea Camilleri editi da Sellerio, con la regia di Alberto Sironi, ha conquistato il prime time e ha superato - anche se di poco - gli ascolti della prima serata del Festival di Sanremo (10.086.000 milioni e il 49,5%, share più alto per la maggiore durata della kermesse canora). L'episodio ha raggiunto il picco di ascolti alle 21.56, con 12 milioni 164 mila spettatori. Con questi risultati si piazza al terzo posto degli episodi più visti di sempre come spettatori (dopo La giostra degli scambi trasmesso il 12 febbraio 2018 e visto da 11 milioni 386mila spettatori e Come voleva la prassi, trasmesso il 6 marzo 2017 con 11 milioni 268mila spettatori e il 44,1 per cento di share) e il secondo come share (dopo La giostra degli scambi, 45,1 per cento). La pillola Camilleri racconta Montalbano che ha preceduto la puntata è stata seguita da 10 milioni 205mila spettatori con il 36.2 per cento di share. L'episodio, però, ha 'diviso' il pubblico: con il suo messaggio dedicato all'accoglienza dei migranti, e con un tweet di Matteo Salvini, sui social si è consumata la consueta polemica legata ai contenuti 'politici' in tv.
"Montalbano è la Rai" ha detto l'ad di viale Mazzini, Fabrizio Salini, che si è complimentato con il protagonista, Luca Zingaretti, e il produttore, Carlo degli Esposti, per il grandioso risultato ottenuto. Per festeggiare il ventennale dell'amatissima serie con Luca Zingaretti - il primo episodio Il ladro di merendine andò in onda nel 1999 - Montalbano tornerà lunedì 18 febbraio con una seconda puntata inedita, Un diario del '43.
Il commissario Montalbano è una produzione Palomar con la partecipazione di Rai Fiction, prodotta da Carlo Degli Esposti e Nora Barbieri con Max Gusberti, per la regia di Sironi. Accanto a Zingaretti, nella parte del commissario, come sempre Cesare Bocci (Mimì Augello), Peppino Mazzotta (Fazio), Angelo Russo (Catarella) e Sonia Bergamasco nel ruolo di Livia.
I due nuovi episodi, trasmessi da Rai in esclusiva e in prima visione, fanno salire a 34 film complessivi la serie evento. Il successo delle storie del commissario di Vigàta, oltre alle prime visioni sempre vincitrici della serata, ha raggiunto, nelle ultime serie, punte di ascolto di ben oltre i 12 milioni di spettatori e il 44% di share, e si è consolidato negli anni anche grazie alle oltre 150 repliche in prima serata che hanno continuato ad ottenere ascolti record anche al sesto o settimo passaggio televisivo.
Montalbano è stata la prima serie italiana venduta all'estero, trasmessa negli anni in oltre 65 Paesi tra Europa e resto del mondo, anche in Paesi molto diversi per audience come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Montalbano, inoltre, è andato in onda in tutti i continenti, dall'Asia al Sudamerica passando anche per l'Iran.
 
 

Corriere di Ragusa, 12.2.2019
Oltre 11 milioni di telespettatori per Montalbano. In attesa del funerale del dottor Pasquano

Oltre 11 milioni di telespettatori hanno seguito lunedì sera su Rai Uno il primo dei 2 episodi inediti della fiction del commissario Montalbano. “L’altro capo del filo” ha unito la Sicilia al Friuli e le due sponde del Mediterraneo. Dalla Libia alle spiagge siciliane si consuma, infatti, il dramma dei migranti, dagli Iblei al Carso il dramma è quello di due donne che amano lo stesso uomo. Andrea Camilleri unisce nel primo episodio della nuova serie di Montalbano storie collettive e personali ed al centro di entrambe si trova ancora una volta un Salvo Montalbano attraversato da sentimenti di compassione e di vicinanza per chi soffre, di uomo alla ricerca della verità per far luce su un delitto che lo colpisce da vicino. Montalbano è mostrato anche in un insolito momento di raccoglimento solitario in chiesa quasi a chiedersi il perché di tutto questo per poi subito ripartire. E’ ancora una volta un uomo che vive il suo tempo prima di essere un funzionario di polizia così come i suoi uomini che nell’epicentro degli sbarchi non guardano orari e turni per soccorrere i tanti assiepati sulle navi della Guardia costiera. Anche qui la vicenda collettiva appare più vera ed autentica perché Camilleri la racconta attraverso le storie di una ragazza violentata, di un musicista che vuole aiutare la sua famiglia, dello scafista senza scrupoli. Storie vere, vissute sulle sponde siciliane negli ultimi anni, conosciute da chi le ha viste da vicino sia nei luoghi sia nei volti. Ed ecco allora la regia di Alberto Sironi che sceglie non a caso il porto di Pozzallo e le sue banchine per raccontare una cronaca che si fa fiction. E’ anche il mondo di chi si è integrato e vive ormai la sua vita nella Vigata che Camilleri fa apparire multietnica.
La vicenda tragica ed intricata di Elena e della sua assassina Anna trova un suo perchè, ma dell’esito finale Camilleri non dice nulla, lasciando nel vago. Anna scompare, forse fuggita in Slovenia, con il suo carico di rancore e di odio. Montalbano resta con sentimenti contrastanti ma con la certezza di avere trovato l’altro capo del filo della sua ultima indagine. Va male, ancora una volta a Livia, relegata in un angolo in attesa del grande giorno che nessuno sa se mai arriverà. Nella puntata la regia dà solo un accenno al malessere del dottor Pasquano, sostituito nel ruolo di medico legale da una collega. E’ il preludio, l’anticipazione della sua morte che sarà “celebrata” con un solenne funerale nella prossima puntata.
Duccio Gennaro
 
 

Il Messaggero, 12.2.2019
Montalbano e i migranti, volano gli ascolti: oltre 11 milioni. E il web si divide

Montalbano da 20 anni è un pò una persona di famiglia: tra le pareti del commissariato di Vigata, come tra i muretti a secco, la terra arsa, la sua automobile che è sempre la stessa, molti ormai si sentono a casa. Ascolti boom per il ritorno in tv del commissario di Vigata, con protagonista Luca Zingaretti, nato dalla penna di Andrea Camilleri: sono stati infatti 11.108.000 i telespettatori (44,9% lo share) incollati davanti allo schermo a seguire la fiction.
«L'altro capo del filo» ha conquistato il prime time di ieri e ha perfino battuto gli ascolti della prima serata del Festival di Sanremo (10.086.000 mln e il 49,5%, share più alto per la maggiore durata della kermesse canora). Nel cast come sempre Cesare Bocci (Mimì Augello), Peppino Mazzotta (Fazio), Angelo Russo (Catarella) e Sonia Bergamasco nel ruolo di Livia. Una produzione Palomar con la partecipazione di Rai Fiction, prodotta da Carlo Degli Esposti e Nora Barbieri con Max Gusberti, per la regia di Alberto Sironi. Vent'anni dopo la prima messa in onda (Il Ladro di Merendine nel 1999), il commissario Montalbano è tornato così con un nuovo episodio tratto da un romanzo (va sottolineato del 2016) di Andrea Camilleri. Come sempre, ha conquistato milioni di spettatori. Neanche il tempo di placare le polemiche legate a Sanremo che alcuni commentatori sui social dicevano la loro sul commissario di Vigata (luogo che non esiste andrebbe ricordato peraltro ma nato dalla fantasia dello scrittore). Questo primo dei due nuovi film tv (lunedì 18 febbraio andrà in onda il prossimo Un diario del 43) si è aperto con una lunga sequenza dedicata ai salvataggi di migranti e alla compassione della squadra di poliziotti guidati dal commissario Salvo. Diviso il popolo di Twitter chi vi ha visto una provocazione al governo e chi difende a spada tratta Montalbano. # Montalbano #Rai propaganda pro #clandestini! Chiudo! Ormai come qualsiasi programma #Rai ! Tra poco trasformeranno lo Zecchino d'oro nel barcone...d'oro ! E ancora: ® #Camilleri scrive sull'immigrazione fin dal «Ladro di merendine» del 1996, quando Livia adotta Fran‡ois. Quindi, o imparate a leggere i libri veri e vi indignate a tempo debito, o non ci scassate i cabbasisi a scoppio ritardato.
Ma sarà proprio il ministro dell'Interno a mettere fine alle polemiche, pubblicando su Twitter una sua foto sorridente con alle spalle il televisore che trasmette la puntata di Montalbano e «io adoro Montalbano» come didascalia. Telefonata questa mattina dell'Ad della Rai Fabrizio Salini al protagonista Luca Zingaretti, e al produttore Carlo degli Esposti. L'Ad ha voluto complimentarsi direttamente per il grandioso risultato ottenuto con il nuovo episodio andato in onda ieri sera ricordando che Montalbano è la Rai. I due nuovi episodi, trasmessi da Rai fanno salire a 34 film complessivi la serie evento.
Il successo delle storie del commissario di Vigàta, oltre alle prime visioni sempre vincitrici della serata, ha raggiunto, nelle ultime serie, punte di ascolto di ben oltre i 12 milioni di spettatori e il 44% di share, e si è consolidato negli anni anche grazie alle oltre 150 repliche in prima serata che hanno continuato ad ottenere ascolti record anche al sesto o settimo passaggio televisivo. Montalbano è stata la prima serie italiana venduta all'estero, trasmessa negli anni in oltre 65 Paesi tra Europa e resto del mondo, anche in Paesi molto diversi per audience come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Montalbano è andato in onda in tutti i continenti, dall'Asia al Sudamerica passando per l'Iran. «Un affetto che non finisce di stupire - dice Eleonora Andreatta, Direttore di Rai Fiction - e che ogni volta si rinnova».
 
 

Live Sicilia, 12.2.2019
Ritagli di Puglisi
Montalbano e i migranti
Perché dà fastidio?

Una puntata che ha fatto discutere.

Ma che fastidio dà il commissario Montalbano che salva i migranti? Perché si scrive sui social che è una vergogna, che 'infilano' (sic) la politica dappertutto? Che non se ne può più di 'sti africani? (sic sic) Che, dopo la vittoria di Mahmood a Sanremo, ecco un'altra prova delle élite che governano mentre il popolo non conta niente, come se ci fosse una macchinazione orchestrata da raffinatissimi idioti?
Ora, mica uno vuole posare da benaltrista e nemico della scontentezza, eppure, nel frattempo, fuori, nel mondo reale, ci sono la crisi con la Francia, lo spread su, l'economia giù. E noi di che parliamo? Del festival di Sanremo e del poliziotto più famoso d'Italia che è diventato buonista (sic sic sic), perciò cambiamo canale, immaginando un complotto interplanetario con la partecipazione del Pd, della sinistra, della casta e di quei mattacchioni del pianeta Vega sempre all'erta per fregare la terra, mentre Goldrake sonnecchia.
Ma poi perché Montalbano che salva i migranti infastidisce tanto? Entrare in acqua per soccorrere qualcuno non è politica, si tratta di semplice umanità, Forse il fastidio nasce proprio da quel senso dell'umano che riaffiora e che ci colpisce in una zona dell'anima non ancora atrofizzata.
Forse è questo che disorienta: la vibrazione di una corda che si voleva spezzata nella narrazione truce che ha preso d'assedio le cose e le persone. Allora, chissà, c'è speranza, se la rabbia nasconde un risveglio. Però, che paesaggio triste.
C'era una volta la Sicilia che si lanciava in mare per aiutare le persone migranti. Ora, pare che perfino certi siciliani – basta leggere quello che scrivono – abbiano messo da parte la loro dote migliore. La capacità di riconoscere subito che un uomo rimane un uomo, quale che sia il suo naufragio.
Roberto Puglisi
 
 

Corriere della Sera, 12.2.2019
L'analisi
Montalbano, se anche una fiction scatena divisioni
L’elogio del silenzio nell’epoca della rissa mette al riparo dalle bande di odiatori che non concepiscono un giudizio disinteressato

Meglio starsene in silenzio, schivare le domande insidiose. Tacere. Eludere con eleganza la questione se ti chiedono: «Hai visto Montalbano ieri sera?». Se dici sì, come la maggiorana silenziosissima che lo ha premiato con un clamoroso 45 per cento, finisce, come è accaduto, che ti accusano di incoraggiare l’immigrazione selvaggia, di essere un buonista, un nemico di Salvini, un sabotatore della Nazione. Meglio stare zitti, fischiettare, evitare la trappola dell’opinione azzardata e spericolata, tipo «che bel romanzo che ho letto», «che film noioso che ho visto». Parlare d’altro, piuttosto, soffermarsi su argomenti neutri come le condizioni meteo previste per il weekend. Anzi no: perché qualunque cosa tu dica, che faccia freddo o faccia caldo, come minimo passerai per un negazionista del climate change, per un complice del riscaldamento del pianeta.
Libri e canzoni
Nell’era della rissa, si scatena la rissa per un nonnulla. Accenna a un libro, a una canzone, a un programma televisivo e finirai per combattere una forma estrema di wrestling senza regole. Uscire da Twitter, sottrarsi alla rissa, ecco la soluzione: far finta di niente, come in una pratica zen. La banda dei picchiatori ti aspetta al varco: se stai con Montalbano sei contro la sovranità nazionale. Davvero? Davvero. Ti è piaciuto il vincitore di Sanremo? Sei un seguace del conformismo multiculturalista. Non ti è piaciuto il ritmo della sua canzone? Sei un razzista, un sovranista, un salvinista della prima ora. E allora, taci, l’odiatore ti ascolta. Accennare a un libro che ti è piaciuto potrebbe gettarti nell’inferno della reputazione distrutta. Dici che è bello l’ultimo romanzo di Houellebecq? Eccoti additato come il sessista, portatore d’acqua dei gilet gialli. Già scaldano i motori per prepararsi a sparare sentenze sul primo che dirà cose positive sulla «Paranza dei bambini», il film tratto dal libro di Roberto Saviano: come minimo sarai il solito anti-leghista in servizio permanente. Bisogna stare zitti, anche se pure il silenzio viene considerato un peccato: perché Baglioni non ha scatenato la guerra santa sui migranti durante il festival di Sanremo? Vigliacco, declama una parte del tribunale del popolo. Bravo, risponde la parte opposta. La rissa interminabile conosce un nuovo capitolo, ogni volta più basso.
Le bande di odiatori
L’elogio del silenzio mette invece al riparo dalle bande di odiatori che non concepiscono un giudizio disinteressato. Non viene risparmiata nessuna sfera dell’esistenza non politica, costretta a forza negli schemi della politicizzazione integrale. Dici di aver vaccinato tuo figlio? Ecco partire l’accusa di servilismo nei confronti delle case farmaceutiche. Mangi un pollo? Sei complice dei crimini commessi dai sadici degli allevamenti intensivi dove gli animali sono maltrattati. La discussione politica si accende quanto più si esce dai binari della politica tradizionale: non si è mai vista tanta gente furiosa, indignata, inferocita quanto quella che si è presa a colpi di accetta mediatica sulla nomina di Lino Banfi a commissario italiano Unesco. A favore: populista. Contro: elitario. Si esce dal cinema senza dire una parola per non incorrere nell’ira di qualche fanatico, trasversalmente distribuito negli schieramenti politico-antropologici che hanno conquistato tutt’intero il campo dell’opinionismo forsennato. Neanche il commissario Montalbano, ti lasciano vedere in pace. Oppure sì, ma solo restando nella maggioranza silenziosa e lasciando che si scannino gli altri. Astenersi. Astenersi in una nicchia di non partecipazione alla rissa. E infatti sempre più italiani si astengono. Lasciando gli urlatori al loro triste destino.
Pierluigi Battista
 
 

Ragusah24.it, 12.2.2019
Montalbano, nel ricordo di Pasquano ci presenta il nuovo medico legale

Il Commissario Montalbano sta preparando il proprio pubblico a dire addio al dottor Pasquano, interpretato dall’attore Marcello Perracchio, scomparso a luglio del 2017.
Dopo la scorsa serie in cui il medico legale era spesso menzionato, in queste nuove puntate invece, si ci appresta a salutare per sempre uno dei personaggi più iconici e amati della serie.
Nella puntata di ieri sera abbiamo già fatto la conoscenza del sostituto, la dottoressa Barresi, interpretata da Aglaia Mora che in un divertente scambio di battute parla con il commissario del dottor Pasquano, pensando che sia un uomo che fa una intensa vita sociale per via degli scontrini trovati che attestano l’acquisto di numerose guantiere di dolci, soprattutto di cannoli. Sarà Montalbano a rivelarle che quei dolci sono tutti per lui.
Per il momento pare che Pasquano sia in ferie, presumibilmente in vacanza con la moglie. Un modo delicato per preparare il pubblico a dirgli addio anche nella fiction.
Il medico legale più amato d’Italia sarà sostituito dunque, da una dottoressa che dalle prime battute capiamo essere preparata sul lavoro, empatica (acconsente a fare vedere il corpo della vittima all’obitorio a un uomo che non è un parente, perché lo vede molto addolorato, ma soprattutto perché già si fida del commissario) e impegnata nella vita familiare.
Ma siamo certi che sostituire il dottor Pasquano nel cuore dei fan sarà impresa molto ardua!
Alessia Metastasio
 
 

UdineToday, 12.2.2019
Eventi / Venzone
Il commissario Montalbano in Friuli, fan e spettatori delusi dalla puntata
Secondo i nostri follower è stato dedicato troppo poco spazio al nostro territorio

Alivello nazionale polemiche per la questione migranti, nell'estremo Nord Est per il poco spazio dedicato. "L'altro capo del filo", primo dei due episodi della serie del ventennale del commissario Montalbano, fa discutere parecchio, anche dalle nostre parti, in particolare dopo la messa in onda.
I commenti
"5 minuti scarsi di inquadrature qualunque su 2 ore di puntata…Che delusione", "Bellosguardo. Ma un nome più simile a Venzone non potevano trovarlo?", "potevano fare qualcosa di più", "episodio di una mediocrità mai vista", "toccata e fuga", "con tutto il disagio che hanno creato il giorno delle riprese potevano dedicare almeno mezz'oretta". Sono in larga parte di questo tenore i commenti, scritti sulla nostra fanpage, indirizzati all'episodio della serie con Luca Zingaretti come protagonista, con scene girate lo scorso aprile tra Venzone, Cividale, Premariacco e Lauzacco. La maggioranza del pubblico friulano sembra non aver gradito il poco spazio dato al nostro territorio, ma c'è anche qualcuno che ha apprezzato, criticando la solita vis polemica dei frequentatori dei social.
 
 

Adnkronos, 12.2.2019
Sgarbi: "Montalbano? Dice quello che pensa Salvini"

"Montalbano è con Salvini e Salvini è con Montalbano". E' il commento di Vittorio Sgarbi sulla puntata de 'Il commissario Montalbano' andata in onda ieri sera. "La frase pronunciata dal Commissario Montalbano ('Ancora con questa storia che i terroristi arrivano con i barconi') - fa notare Sgarbi all'Adnkronos - è una cosa logica, di buon senso. E anche Salvini sa che i terroristi non vengono con i barconi. Chi viene con i barconi vuole abbandonare il luogo da cui parte e quindi in qualche modo lo rinnega. E' disperato e si muove per ragioni che sono contrarie quello che dice la sua religione e che dovrebbe rassicurarlo di quello che ha".
"Il migrante che viene col barcone - aggiunge Sgarbi - è, quindi, l'opposto del terrorista che ha altri canali, non certo i barconi. E Montalbano nella serie tv dice proprio quello che pensa Salvini anche se c'è qualcuno che attribuisce a Salvini un pensiero più stupido di quello che in realtà ha. I migranti di cui parla Salvini sono migranti economici". Quanto al fatto che la Rai ha dedicato una puntata al tema in questo momento, Sgarbi taglia corto: "Assolutamente causale".
 
 

Stretto web, 12.2.2019
Scilipoti Isgrò: “Montalbano? Caricatura della Sicilia. Noioso il solito pistolotto su migranti, mafia e cannoli”
Il senatore Domenico Scilipoti Isgrò (FI): ” Montalbano? Caricatura della Sicilia”

“Siamo lieti che la prima puntata della nuova serie del Commissario Montalbano abbia fatto registrare un alto indice di ascolti, ma segnaliamo che questo dato non è sempre sinonimo di qualità, come dimostrato da Sanremo. Spiace constatare che la puntata di Montalbano, andata in onda lunedì sera, abbia tenuto il solito pistolotto sui migranti, argomento che merita ben altri approfondimenti e la visione strategica da tempo evidenziata dal Presidente Berlusconi il quale saggiamente invoca un piano Marshall per l’ Africa. In quanto a Montalbano- Zingaretti, lo sceneggiato, spesso lento nella trama e non all’altezza delle puntate precedenti, si trasforma in una involontaria caricatura della bella terra Siciliana che non è solo mafia, delinquenza, o cannoli. Montalbano- Zingaretti, inoltre, parli un siciliano più aderente alla realtà , lo diciamo orgogliosamente da siciliani“: è quanto ha dichiarato il senatore di Forza Italia e Presidente di Unione Cristiana Domenico Scilipoti Isgrò.
Serena Guzzone
 
 

Nicola Porro, 12.2.2019
Ospiti
E Montalbano fa propaganda all’immigrazione

Ancora una volta Rai1 diventa lo strumento di propaganda per l’immigrazione. Questa volta, in prima serata, niente meno che la nuova serie di Montalbano affronterà il tema della migrazione proprio nelle ore delle elezioni. Sappiamo bene che Camilleri, 98 romanzi all’attivo quasi come i suoi anni, ha espresso molte volte sul tema la sua posizione circa l’accoglienza senza “se e senza ma”.
Camilleri oggi è visto come un guru – la versione pacata di Mauro Corona – come una sorta di Tiresia che, nonostante la quasi cecità, detta i suoi libri che vengono poi pubblicati. Se fossimo ancora nella Sicilia della Magna Grecia ci chiederemmo: Zeus, ma perché? L’hai reso cieco, che segnale devi dargli ancora per non scrivere i suoi romanzi snack? Tagliargli le mani? Tutto il rispetto a Camilleri, ma un tempo avevamo Sciascia: oggi ci lasciate con “Montalbano sono”? Lo immaginiamo sulla spiaggia trasformare il suo commissario in un Gino Strada: durante una delle sue consuete nuotate si imbatterà nei corpi di clandestini. Immaginiamo Vigata, il Mulino Bianco delle città siciliane, divisa tra accoglienza e razzismo. Lo stesso razzismo che Camilleri continua a contestare al CentroDestra.
Peccato che Camilleri si sia dimenticato di quando scrisse a Benito Mussolini per chiedere di partire volontario in Africa [Dimenticato? Ma se lo racconta sempre... NdCFC]. Alla fine degli anni Trenta, prese carta e penna e mandò una lettera al Duce facendogli presente il suo desiderio di partecipare alla guerra in Abissinia. Errori di giovinezza? Ci stanno. Peccato che nel 1991 al Festival Internazionale del Cinema di Roma Camilleri ha dichiarato: “All’epoca ero molto più libero di voi oggi. L’unica cosa che posso dirvi è di farvi condizionare il meno possibile da una società che finge di darti un massimo di libertà e che in realtà ti sottopone a un massimo di condizionamenti. Potrà sembrare un paradosso ma ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi di oggi”. Dichiarazioni che si possono comprendere, chi non era fascista a quei tempi. Ma siamo certi che Camilleri con la sua melassa narrativa da Sciascia Hag, scrittore depotenziato e decaffeinato, scrittore da autogrill che della Sicilia non affronta i problemi ma al massimo cartoline da Pro Loco, sia l’autore adatto per fare politica?
Gian Paolo Serino
 
 

La Repubblica (ed. di Torino), 12.2.2019
Teresa Mannino: “Faccio ridere con il disastro del pianeta Ma non sono una pessimista”

[…]
Lei è stata protagonista del docufilm "Il maestro senza regole" dedicato a Andrea Camilleri, cos'è un maestro?
«Ad Andrea non piaceva farsi chiamare maestro. La grandezza sua e di altri maestri e maestre è non pensare di essere d'esempio».
[…]
Maura Sesia
 
 

La Sicilia, 13.2.2019
E se ora Salvini chiude il porto di Vigàta?

Mica è fesso il vicepremier: prima ancora di parlare di Tav, di tensioni con la Francia, di Bankitalia, di legittima difesa e di rapporti con i Cinque Stelle, Salvini arriva a Porta a Porta dopo il nuovo episodio di Montalbano e premette "Io lo adoro". Anche se tutta la prima parte dell'epi-sodio il commissario l'aveva passata a far capire, con l'espressione trita e in ogni provvedimento adottato nella sua Vigata, che sta dalla parte dei migranti. Non manda messaggi politici Montalbano, non ha lo spessore né forse gli interessa, ma è ormai uno di noi: se fa così si vede che è così che dev'essere.
Salvini non intende certo mettersi contro gli oltre 11 milioni di italiani che hanno seguito la puntata, la terza più vista di sempre, e lascia ai suoi followers il compito di attaccare la virata semi-politica della fiction ormai esportata in tutto il mondo. Anzi, prima di accomodarsi sul salotto di Vespa il ministro s'era pure fatto un selfie sorridente davanti alla tivù che trasmetteva la puntata. Non in divisa però, che s'era già travestito Catarella la sera prima da Fazio. Il presentatore, non l'ispettore.
Il più famoso commissario d'Italia festeggia dunque il ventennale con il botto, e in un sol colpo ottiene ascolti e polemiche - il sale del successo - al pari di Sanremo che però costa infinitamente di più e dura cinque giorni. Quanto alle polemiche: il libro da cui è tratta la puntata, "L'altro capo del filo", Camilleri lo scrisse tre anni fa e l'episodio è stato girato quando sulla poltrona di Salvini sedeva Minniti. Ergo Camilleri è diventato davvero l'indovino Tiresia.
La troupe aveva seguito per giorni l'emergenza vera al porto di Pozzallo, con i veri poliziotti e i veri migranti, e tutto ciò non poteva non influenzare il "plot". Non manda messaggi politici Salvo Montalbano. Ma l'effetto c'è eccome: rende omaggio alla Guardia Costiera, ingaggiando la nave gemella dell'ormai celebre Diciotti, ovvero il pattugliatore Dattilo, l'elicottero Sar e la Protezione civile. E con la sua celebre nuotata nelle acque limpide di Marinella alias Punta Secca, stavolta va a recuperare il corpo senza vita di un migrante e poi piange in ginocchio con la fidanzata Livia. Poi torna a fare il commissario sulle tracce di un assassino, e lo trova perché reo confesso. Un po' pesantina come puntata, ma impossibile da non seguire fino in fondo.
Tanto è vero che soltanto alla fine, quando Vespa anticipa in uno spot che c'è Salvini, si scopre l'«errore», anticipato ma non svelato dal Camilleri-Tiresia nel prologo, del suo celebre commissario: sfidare il ministro Salvini e rischiare la chiusura del porto di Vigata.
Michele Nania
 
 

La Sicilia, 13.2.2019
Montalbano, 20 anni col botto
ripartenza meglio di Sanremo

E Ragusa progetta onorificenze e un calendario tutto speciale

"L'altro capo del filo" conquista il pubblico di Raiuno. Con 11.100.000 telespettatori e il 44,9% di share, il nuovo episodio della serie "Il Commissario Montalbano", andato in onda lunedì sera sulla rete ammiraglia, è riuscito a superare in termini di ascolto persino la prima serata del Festival di Sanremo. E data l'attualità del tema trattato, l'immigrazione, che seppur marginale rispetto alla trama dell'intero episodio è riuscito comunque a regalarci qualche piccola perla di antirazzismo, le polemiche non potevano mancare in un Paese che si divide persino sul nome di un cantante.
Ma tralasciando le critiche c'è da registrare il successo planetario della fiction, trasmessa negli anni in oltre 65 paesi nel mondo. Un successo che, al di là della trama sapiente in cui Camilleri intreccia storie e personaggi riuscendo a tenere incollato lo spettatore al teleschermo, e della bravura di cast e regia, è dovuto senz'altro anche a un mix di elementi di cui la bellezza della location rappresenta un pezzo importante. In provincia di Ragusa, che ha prestato palazzi, monumenti, spiagge e vicoli alla Vigata immaginata da Camilleri, l'effetto Montalbano ha fatto da traino anche allo sviluppo di un certo di turismo di qualità.
«Vent'anni di serie televisiva - commenta il sindaco di Ragusa, Giuseppe Cassì - hanno dato lustro al nostro territorio attraverso immagini rimaste scolpite nella testa e nel cuore di tanti telespettatori. Montalbano ha rappresentato un volano straordinario per il nostro turismo. I nostri luoghi oggi sono conosciuti in tutto il mondo anche grazie a questa serie tv. Ci sono addirittura i tour di Montalbano, con le persone che vengono da noi appositamente per visitare i set cinematografici della serie. Certamente il commissario Montalbano è stato uno degli eventi promozionali più importanti per Ragusa negli ultimi 20 anni».
«Per noi - commenta l'assessore al Turismo di Ragusa, Ciccio Barone - Montalbano è stato uno strumento fondamentale per la promozione del territorio. Sin dalle prime puntate ha fatto sì che venissimo conosciuti in tantissimi Paesi, non solo europei». Barone è stato uno dei primi, una decina di anni fa, a portare alla Bit di Milano i luoghi e i sapori di Montalbano. «Già allora - spiega - vedevamo l'apprezzamento per la serie. Un fenomeno che troviamo in Germania, in Svezia e ovunque la serie televisiva sia stata trasmessa in questi anni e di cui dobbiamo senz'altro dire grazie per l'ottimo servizio che ci ha reso: è stata la nostra migliore vetrina negli ultimi vent'anni».
L'amministrazione comunale ragusana sta pensando di celebrare il ventennale della fiction con degli eventi che saranno annunciati in occasione delle prossime riprese, a marzo prossimo. «Stiamo cercando di organizzare qualcosa di importante - spiega Barone - in questo momento è tutto work in progress, ma presto annunceremo delle iniziative a livello turistico e culturale. Ci sarà qualche sorpresa e anche qualche chicca».
In Consiglio comunale, a Ragusa, è arrivata nel frattempo la proposta di conferire la cittadinanza onoraria a Luca Zingaretti. L'idea è del consigliere comunale del Movimento 5 Stelle, Giovanni Gurrieri. «Quelli di Montalbano sono veramente numeri da record - spiega - e se siamo conosciuti in tutto il mondo lo dobbiamo, almeno in parte, all'effetto Montalbano. Il conferimento della cittadinanza onoraria rappresenta una delicatezza istituzionale doverosa. La mia proposta è di dialogare anche con gli altri comuni (Santa Croce, Modica, Scicli e Ispica, che hanno fatto da sfondo alle indagini del commissario di Camilleri) e realizzare una serie di eventi itineranti per celebrare questi 20 anni, dando visibilità ai luoghi che hanno contribuito al successo della serie. Le caratteri-stiche della nostra zona, le sue peculiarità hanno regalato infatti un contesto importante alla fiction».
Per il consigliere Gurrieri potrebbero essere attivati degli educational tour per giornalisti del settore, ma anche open day e persino un festival del cinema dedicato a Montalbano, con proiezioni all'aperto nei luoghi simbolo della fiction e con il coinvolgimento degli attori. «Oggi - spiega Gurrieri - il turismo cinematografico va per la maggiore, così come il turismo enogastronomico. Il primo che fa riferimento all'enogastronomia è proprio Camilleri, come lunedì sera, quando è stato ricordato il dottor Pasquano, il nostro Marcello Perracchio, a proposito dei cannoli siciliani che adorava. Il turismo si muove attorno alla cultura, alla cinematografia e all'agroalimentare e sono tutti fattori che abbiamo: se non l'abbiamo capito siamo davvero ciechi».
Lucia Fava
 
 

La Sicilia, 13.2.2019
Punta Secca ringrazia: «La stagione dura di più»
Tappa d'obbligo. «In vent'anni abbiamo visto nascere e crescere la montalbanomania»

Punta Secca non immagina più una primavera senza Montalbano. Sono vent'anni che il borgo di pescatori nel Ragusano ospita la produzione della fiction per le riprese da cartolina che passano in loop dalla sigla alla battute finali. Sullo sfondo - immancabile - la casa del commissario, oggetto del desiderio del turista televisivo dal Nord al Sud del mondo, praticamente dodici mesi l'anno.
Parola di Ivana Miccichè, che gestisce il b&b La Casa di Montalbano. La residenza, proprietà della famiglia Di Quattro, è una struttura ricettiva dall'ormai lontano 2003. Miccichè ha visto nascere e crescere la Montalbanomania: «Per un turista che fa tappa in provincia di Ragusa la sosta alla casa è un must - dice - il b&b ha sempre i suoi graditi ospiti, eccezion fatta per il mese di chiusura o per lo stop utile alle riprese. Specialmente italiani, ma anche stranieri».
Ragusa è nei tour regionali, un traguardo niente male. «A beneficiarne - assicura Miccichè - sono tante strutture ricettive, molte nate negli ultimi anni. Così i punti ristoro. La stagione si è prolungata notevolmente e tutto questo grazie a Montalbano».
C'era prima del grande boom. È cresciuto a Punta Secca e ora è lui a vederla crescere. Fabio Alabiso con la sua famiglia investe su questo angolo di mare da ben 61 anni con un ristorante e lo storico bar sotto al faro. Alabiso sente che si può fare di più: «Montalbano ha portato tanto turismo internazionale - ammette con una punta di orgoglio - se riusciamo a migliorare i servizi, la spinta data dalla fiction sarà maggiore. C'è ancora tanto da fare, le istituzioni ago della bilancia».
Il sindaco di Santa Croce Camerina, Giovanni Barone, rinnova la stima nei confronti della Palomar, del regista Alberto Sironi, del protagonista Luca Zingaretti e di tutta la "famiglia" del Commissario per la scelta ventennale della borgata, e anticipa: «Esprimeremo la nostra riconoscenza con un atto amministrativo ufficiale che possa rendere la misura del nostro grazie».
Alessia Cataudella
 
 

La Sicilia, 13.2.2019
Le reazioni
Un affetto che stupisce Salvini «Lo adoro»

Roma. Gongola la Rai per gli ascolti "stellari" del commissario Montalbano. La prima dichiarazione d'amore è arrivata a caldo, subito dopo la messa in onda. Nientemeno che il ministro dell'Interno Salvini, a Porta a Porta, ha ammesso la sua passione per la fiction dei record. «Va a soccorrere un barcone di migranti, ma lo adoro», ha dichiarato sulla poltrona di Vespa.
L'ad della Rai, Fabrizio Salini, ieri mattina, ha voluto complimentarsi direttamente con Luca Zingaretti per il grandioso risultato ottenuto con il nuovo episodio andato in onda l'altroieri ricordando che «Montalbano è la Rai». «Un affetto che non finisce di stupire - ha commentato Eleonora Andreatta, direttrice di Rai Fiction - e che ogni volta si rinnova con livelli record di partecipazione. Montalbano lo vedono tutti perché appartiene a tutti, è un dono e un patrimonio comune e di questo Rai Fiction deve ringraziare la creatività inesauribile di Andrea Camilleri che ha alimentato la scrittura di Francesco Bruni, Salvatore De Mola e Leonardo Marini, la cura e la sensibilità produttiva di Carlo Degli Esposti e di Palomar, e la misura della regia di Alberto Sironi. E poi lui, Luca Zingaretti, che nella sua versatilità e straordinaria capacità di attore non ha abbandonato questo inimitabile compagno di strada della sua carriera. E la squadra che lo circonda. Solo così si può ripetere un prodigio della serialità italiana. Montalbano è tornato e ancora una volta è con noi. Buon compleanno e grazie, Commissario», ha concluso.
Voce fuori dal coro quella del senatore di Forza Italia e Presidente di Unione Cristiana Domenico Scilipoti, per il quale «la puntata di Montalbano, andata in onda lunedì sera, ha tenuto il solito pistolotto sui migranti, argomento che merita ben altri approfondimenti e la visione strategica da tempo evidenziata dal presidente Berlusconi il quale saggiamente invoca un piano Marshall per l'Africa. In quanto a Montalbano-Zingaretti, lo sceneggiato, spesso lento nella trama e non all'altezza delle puntate precedenti, si trasforma in una involontaria caricatura della bella terra siciliana che non è solo mafia, delinquenza, o cannoli».
 
 

La Repubblica, 13.2.2019
L'Amaca

È peggio essere fascisti o essere babbei? Il peggio è essere fascisti e babbei al tempo stesso. Uno status ampiamente documentato dall'onda social contro "Montalbano amico dei migranti". Il fascista esige che la società al completo si pieghi alla dottrina dei Capi, e pretende la censura contro chiunque si permetta di esprimersi in autonomia (in tre parole: il fascista non contempla opposizione). Il babbeo è colui che parla di uno sceneggiato scritto anni fa, e girato lo scorso anno, come se fosse un telegiornale. Come se Camilleri e Montalbano, la sera stessa, avessero deciso di parlare di migranti per fare dispetto al governo in carica. Come se il succedersi dei governi potesse minimamente scalfire i tempi, i modi e la sensibilità degli artisti. Come se un copione scritto prima delle ultime elezioni, forse anche prima delle penultime, avesse l'intenzione anche vaga di partecipare al dibattito scemo e cattivo che riguarda solamente chi ci vive in mezzo, il babbeo che clicca senza sapere niente. Di niente.
Il Babbeo Perfetto, per esempio quello che scrive furibondo al presidente della Rai Foa "voi di sinistra", imputandogli di avere fatto "un festival di Sanremo uguale a una festa dell'Unità". Esilarante addebito per un Festival nel quale non è stata spesa, in venticinque ore di diretta, neppure UNA parola politica; e a carico di una gerenza Rai totalmente governativa (come prima, più di prima) che quel Festival, per ovvie ragioni di tempi, se lo è ritrovato già fatto. Come Montalbano. Spiegarlo ai fascisti, forse è possibile.
Spiegarlo ai babbei, no.
Michele Serra
 
 

Avvenire, 13.2.2019
Anche Montalbano incontra i migranti

Montalbano che entra in chiesa è una novità non da poco nella versione televisiva dei racconti di Andrea Camilleri. Sono passati vent'anni dal primo episodio ("Il ladro di merendine") trasmesso da Rai 1 nel 1999 e solo lunedì scorso abbiamo visto il popolare commissario sedersi su una panca di fronte a un altare in cerca di una risposta al sacrificio di tanti migranti. Non ha pregato. Forse non ne ha avuto nemmeno il tempo, vista la rapidità della scena. Ma ha sentito il bisogno del silenzio per mitigare il rumore della sofferenza. Solo un flash. Significativo, però, per sottolineare un modo di rapportarsi a un dramma dei nostri giorni senza comunque nessuna lettura politica. Chi aveva paura del Commissario Montalbano in versione anti Salvini si è dovuto ricredere. In ogni caso, come sempre succede per questa fortunata serie, c'era grande attesa per i due nuovi episodi, il primo dei quali, “L'altro capo del filo”, incentrato in parte sugli sbarchi di extracomunitari in Sicilia, che si susseguono quasi ogni notte costringendo Montalbano, con i suoi uomini, ad affrontare l'emergenza. E lo fa senza perdere mai la sua umanità e il suo senso di giustizia. In mezzo a tutto ciò, un terribile delitto si abbatte su Vigata: Elena Biasini viene barbaramente massacrata nella sua sartoria. A collegare i due filoni, una ragazzina africana abusata dagli scafisti durante la traversata in mare e, molto più banalmente, il fatto che il commissario debba farsi un vestito su misura per una cerimonia. In ogni caso l'omicidio sembra inspiegabile. Si risolverà come sempre grazie all'intuito e a una buona dose di fortuna, ma senza l'arresto materiale dell'assassino. La storia, pur con qualche forzatura per garantire gli intrecci, funziona. La regia di Alberto Sironi non si discute. Gli attori sono consolidati nei rispettivi ruoli: Luca Zingaretti (Montalbano) su tutti, ma anche Cesare Bocci (Mimì Augello) e Peppino Mazzotta (Fazio). Un po' sopra le righe Angelo Russo (Catarella). Il pubblico, fedele come sempre, ha fatto segnare uno share a ridosso del 45% con oltre 11 milioni di telespettatori. Un successo che sicuramente sarà bissato lunedì prossimo con il secondo inedito.
Andrea Fagioli
 
 

Il Giornale, 13.2.2019
Montalbano da record, salvando gli immigrati batte anche Sanremo
Il commissario cattura 11 milioni di spettatori ma riaccende le polemiche sui clandestini

Paradossi: nella Rai governata dai leghisti a macinare record di ascolti sono il Festival vinto dal figlio di un egiziano immigrato (Mahmood) e il Commissario Montalbano che va in soccorso dei clandestini che sbarcano sulle spiagge siciliane.
Insomma: alla fine, al grande pubblico televisivo, più delle polemiche inutili, piacciano i bei programmi. Almeno finché andranno in onda, perché sia questo Sanremo condotto da Baglioni sia la fiction tratta dai romanzi di Camilleri sono il prodotto della precedente gestione della tv di Stato, quando direttore generale era Mario Orfeo e direttrice di Rai Fiction era (ed è ancora, unica sopravvissuta allo spoils system) Eleonora Andreatta. Le scelte delle trasmissioni dell'attuale vertice si vedranno nel prossimo palinsesto, da settembre.
Comunque, ora, per tutti, è il momento di godersi l'alto gradimento da parte del pubblico, tanto che la fiction con protagonista Zingaretti (che, comunque, è incentrata sui migranti solo nei primi minuti) ha addirittura battuto il Festival. Lunedì sera ha catturato su Raiuno ben 11.108.000 spettatori, più di ognuna della serata di Sanremo, anche della finale che aveva totalizzato 10.622.000 persone. Lo share, del 44,9 per cento, risulta più basso di quello della kermesse canora perché quest'ultima durava molto di più, oltre l'una di notte. Insomma Montalbano si conferma uno dei prodotti più amati di sempre dal pubblico e l'episodio dell'altra sera, L'altro capo del filo, si piazza al terzo posto nella sua classifica personale: in testa restano La Giostra degli scambi e Come voleva la prassi.
Ovviamente, non sono mancate le divisioni via web anche sul commissario più amato dagli italiani: chi insultava la Rai per aver mandato in onda un film pro-immigrazione e chi difendeva la scelta. In particolare ha fatto arrabbiare questa frase detta dal protagonista Zingaretti: «Ancora con questa storia che i terroristi dell'Isis arrivano con in barconi?». È parsa un'ingerenza sulla politica del governo. In effetti la prospettiva messa in scena dagli autori è quella del dolore e della sofferenza dei clandestini in arrivo sulle navi, ma difficile che in una fiction si possa inserire un dibattito. Quale battuta avrebbe dovuto dire Zingaretti: È tutta colpa dell'Europa che non ci aiuta? Oppure: È tutta colpa dei governi precedenti?. Infatti, ci ha pensato lo stesso Salvini a stemperare le polemiche, come ha fatto anche domenica sul vincitore di Sanremo, Mahmood: ha postato un selfie con sullo sfondo la tv accesa su Raiuno durante la puntata «incriminata», con un messaggio chiaro: «Io adoro Montalbano».
Non ha rinunciato però, il giorno prima, ha ironizzare sulla programmazione Rai, che prevedeva il suo intervento a Porta a Porta lunedì notte: «Andiamo in onda dopo il Commissario Montalbano che va a soccorrere un barcone con gli immigrati, probabilmente cantando un pezzo di Mahmood...». Appunto, secondo lui, troppi africani dappertutto. Non per nulla, Raiuno ha tolto dalla seconda serata di lunedì il programma di Fabio Fazio alla scopo di contro-bilanciare il Montalbano salvatore di profughi con una bella ospitata di Salvini. Scusa ufficiale: l'approfondimento dei risultati elettorali in Abruzzo è di competenza giornalistica, dunque di Vespa. Ma si poteva, volendo, farlo anche su Raidue o Raitre. In sostanza, prove di affogamento di Fazio...
Laura Rio
 
 

Il Fatto Quotidiano, 13.2.2019
Montalbano: in Italia si solidarizza per fiction

Quando eravamo piccoli ci chiedevamo “Cosa dirà la mamma?”. Ora che siamo diventati grandi ci chiediamo “Cosa dirà Salvini?”. Era meglio la mamma, ma Salvini è dappertutto, impossibile sfuggirgli. Cosa dirà Salvini di Mahmood? E cosa dirà del commissario Montalbano, il cui nuovo episodio L’altro capo del filo andato in onda lunedì ha avuto un […]
Nanni Delbecchi
 
 

Il Domani d'Italia, 13.2.2019
L’Italia di Sanremo e quella di Montalbano
E che mi viene a significare?

Raramente nella storia sociale italiana c’è stato un legame più fortunato e duraturo – 20 anni – tra un personaggio letterario di successo (il Commissario Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri) e il suo autore televisivo (Luca Zingaretti, fratello del noto Nicola). L’ultima puntata della serie, intitolata L’altro capo del filo, racconta uno sbarco di migranti sulle coste siciliane e la conseguente reazione delle forze dell’ordine, guidate da un Commissario in giacca e cravatta, senza mai indossare una giubba della Polizia. In un Paese normale, la puntata di una serie tv da 12 milioni di spettatori che si occupa di migranti, sarebbe un tema politicamente “sensibile”. Invece il sismografo politico mostra calma piatta dalle parti di Vigata, dopo le robuste oscillazioni registrate a Sanremo, tra battute innocenti del Direttore Artistico e tweet sarcastici nei confronti del vincitore del Festival, il “nuovo italiano” Mahmood. Nessuno della sala stampa si è preso la briga di replicare alle vibranti proteste del secondo classificato (il cantante Ultimo) che gli ultimi saranno i primi. Per il Festival di Sanremo del prossimo anno, confidiamo nel televoto “puro” (come auspicato anche da uno dei Vicepremier, che ha parlato – emblematicamente – di “popolo contro élites”) oppure in una “giuria di qualità” presieduta da Lino Banfi.
Tornando al Commissario Montalbano, l’attualità del tema degli sbarchi dei migranti lascia in realtà sullo sfondo una Vigata totalmente a-storica, sempre uguale a sé stessa, a cui lo spettatore può accedere ogni volta che vuole, trovando conforto nell’incessante ritorno dell’identico. Il Commissario guida la stessa automobile di 20 anni fa, la “storica” fidanzata è sempre Livia (anche se l’attrice che la interpreta è cambiata nel tempo), la casa di Montalbano è sempre la stessa, così come la terrazza (abusiva) con vista sul mare, da anni meta di pellegrinaggio tra le più note località siciliane. Perfino il linguaggio dei personaggi della fiction non viene minimamente influenzato dai mutamenti linguistici che caratterizzano le lingue “vive”. “E che mi viene a significare?” chioserebbe il Commissario, in una delle sue celebri battute. Viene a significare che la fiction ha un suo ritmo narrativo ormai collaudato e risponde al principio “squadra che vince non si cambia”.
Gabriele Papini
 
 

Fanpage, 13.2.2019
Montalbano supera Sanremo agli ascolti ma non per tema migranti, Camilleri ne scriveva già nel 1996
Dalla vittoria di Mahmood al Festival di Sanremo 2019 alla puntata de Il Commissario Montalbano che ha come sfondo l’emergenza migranti, tutto si traduce nel mondo social in un presunto spot pro-immigrazione da parte del servizio pubblico. E, mentre gli ascolti tv della fiction con Luca Zingaretti superano quelli del Festival, dove c’è polemica c’è ancora una volta Matteo Salvini.

Una settimana di smodata follia, di parole grosse e di tanta approssimazione. Dalla vittoria di Mahmood al Festival di Sanremo 2019 alla puntata de Il Commissario Montalbano che ha come sfondo l'emergenza migranti, tutto si traduce nel mondo social in un presunto spot pro-immigrazione da parte del servizio pubblico. Qualcosa di surreale, come i battibecchi televisivi a cui stiamo assistendo da 48 ore a questa parte, di cui però resta una traccia fisica e tangibile.
Da Mahmood a Montalbano, che polemica
Mahmood, ribadiamo ancora una volta, italiano al 100%, si ritrova al centro di "una storia che non gli appartiene", come detto da Matteo Salvini. Lo stesso Matteo Salvini che, dopo aver twittato in favore di Ultimo, ha fatto sapere di essersi scusato telefonicamente con Mahmood per la vicenda degli insulti razzisti arrivati via social: "È italiano, nato a Milano e non deve integrarsi". La girandola impazzita però continua il suo movimento e, mentre altri leader di partito chiedono il "televoto sovrano" dimenticandosi di quando vinceva Valerio Scanu e gli orchestrali lanciavano gli spartiti per aria in segno di protesta, ieri sera è andato in onda Il Commissario Montalbano, proprio con quell'episodio che dell'emergenza migranti conserva un esempio di dignità, libero da qualsiasi buonismo.
Camilleri scrive di migranti dal 1996
Nel mentre, i numeri de "L'altro capo del filo", il primo dei due episodi inediti previsti da questa stagione della fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, non hanno fatto rimpiangere il Festival di Sanremo: 11.108.000 spettatori per il 44.9% di share. L'ascolto medio del Festival di Sanremo quest'anno è stato di 9.763.000 spettatori per il 49.38%. È l'effetto migranti su Montalbano? Chi scrive, ne dubita. È però certo che sui social network si sia creato un grande equivoco attorno a questo episodio, un equivoco che non tiene conto del fatto che il romanzo è stato scritto nel 2016, ben prima dell'insediamento del Governo giallo-verde. A dirla tutta, Andrea Camilleri scrive di emergenza migranti sin dal 1996, in "Ladro di merendine". Le contestazioni sono le solite: "Anche Montalbano adesso fa politica?". E, mentre su Twitter reazioni faziose come queste si moltiplicavano, anche Matteo Salvini interveniva pubblicando la solita fotina con il televisore alle spalle: "Io adoro Montalbano!". Anche noi.
E la politica pro o contro i migranti non c'entra: non roviniamo un patrimonio culturale del nostro Paese.
Gennaro Marco Duello
 
 

Cronaca Qui, 13.2.2019
Buonanotte
Montalbano Ong

Dicendo che sul problema immigrazione Salvini ha dietro la maggioranza degli italiani non mi riferisco ai voti presi dalla Lega lo scorso marzo. È stato il blocco dei porti a farlo schizzare nei sondaggi, e di quanto lo vedremo alle europee. Ma intanto in Abruzzo la Lega ha più che raddoppiato i voti, ed è il primo partito. Per quota 100? Per il ni alla Tav e a Maduro? No, per lo stop all’invasione. E allora il sistema reagisce. Prende Montalbano, che al lunedì fa ascolti record (l’altro ieri ha fatto il 49,5% di share, più dell’esordio di Sanremo) e lo veste da immigrazionista. Anzi, lo fa vestire dal compagno Camilleri, che tre anni fa scrive un giallo e ci appiccica come ouverture uno sbarco d’emigranti che con la trama c’entra un fico. Però consente alla tv di mostrare la nave, i migranti sofferenti, il grande concertista fra loro, il morto annegato, gli scafisti stupratori e tutto l’ambaradan buonista. Tutto avulso dal giallo, ma tant’è. È stato aggiunto apposta, chissenefotte della trama. I signori della Rai sono maestri in queste meschinerie. Nel 2000, nella serie poliziesca “La squadra”, un pedofilo napoletano passeggiava con il “Giornale” in mano, mentre quelli che soccorrevano i bambini avevano in tasca “La Repubblica” o “l’Unità”. E in precedenza, nella serie “Un medico in famiglia”, un padre autoritario, maschilista, fedifrago e un po’ tonto veniva inquadrato a lungo mentre leggeva il “Giornale”. Il quotidiano milanese querelò e fu risarcito, ma il danno politico era fatto. Perché sono i voti dei distratti e degli indecisi che spostano l’ago della bilancia, e uno dei modi più efficaci per adescarli è la propaganda subliminale. Tipo un Montalbano pro-accoglienza.
Manlio Collino
 
 

Rai News, 13.2.2019
Zingaretti: Montalbano, una lunga amicizia con il pubblico

E' un patto d'amicizia che si rinnova da vent'anni. Da Londra, dove è stato invitato a un evento organizzato dall'Istituto italiano di cultura, Luca Zingaretti commenta così il successo della nuova serie di Montalbano e anticipa qualcosa sulla prossima puntata.
Marco Varvello
 
 

TGR Sicilia, 13.2.2019
I luoghi di Camilleri ed il successo di Montalbano


Servizio di Valentina Bisti (già trasmesso al TG1, dal minuto 14:45 al 16:30)
 
 

La Repubblica, 13.2.2019
Dietro quella “Porta rossa” c’è un commissario fantasma

Un po' frastornati dall'andamento un po' così della trama noir del recente Montalbano, i thriller-maniaci affezionati alla fiction Rai festeggiano da stasera (Rai 2 alle 21.20) la seconda stagione de La porta rossa. [...]
Antonio Dipollina
 
 

Palomar, 14.2.2019
giovedì 21 febbraio 2019 ore 10.30 Sala A | ROMA Viale Mazzini 14
presentazione di
La stagione della caccia
tratto dal romanzo omonimo di ANDREA CAMILLERI edito da SELLERIO EDITORE | sceneggiatura d Francesco Bruni, Andrea Camilleri, Leonardo Marini
regia di Roan Johnson
con Francesco Scianna, Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Giorgio Marchesi, Alessio Vassallo, con la partecipazione di Donatella Finocchiaro
lunedì 25 febbraio 2019 in prima serata su RAI 1

una produzione PALOMAR in collaborazione con RAI FICTION
prodotto da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra con Max Gusberti

1880. L’Italia è unita da un pezzo, i Borbone non sono che un ricordo, ma a Vigata il blasone conta ancora molto. E i più nobili fra i nobili sono i Peluso di Torre Venerina. Ma questa ricchissima e potente famiglia comincia all’improvviso a essere decimata dai lutti.
I Peluso muoiono uno dopo l’altro, come le prede di una battuta di caccia. E curiosamente l’inizio di questa inquietante e oscura mattanza coincide con l’arrivo a Vigata di un misterioso personaggio: Fofò La Matina, un giovane farmacista, figlio di un contadino che molti anni prima aveva lavorato come campiere proprio per i Peluso.

interviste TV e RADIO dalle 10.45 alle 11.45 con il regista e il cast
photocall 11.45
al termine della proiezione, conferenza stampa con il regista, il cast, gli sceneggiatori e i produttori
 
 

che TV fa, 14.2.2019
Conversazione su Tiresia con Andrea Camilleri il 5 marzo su Rai1. Slitta Meraviglie (Anteprima cheTVfa)

“Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia più che secolare che ha avuto una tale quantità di trasformazioni da indurmi a voler mettere un punto fermo a questa interminabile deriva. A Siracusa vi dirò la mia versione dei fatti, e la metterò a confronto con quello che di me hanno scritto poeti, filosofi e letterati. Voglio sgombrare una volta per tutte il campo da menzogne, illazioni, fantasie e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità”. Attraverso queste parole Andrea Camilleri ha aperto lo spettacolo “Conversazione su Tiresia”, mito da lui stesso scritto ed interpretato che racconta la storia dell’indovino cieco, le cui vicende che si sviluppano attraverso i secoli si intrecciano a quelle del padre del Commissario Montalbano.
Questa serata di prosa, registrata lo scorso 11 giugno nella meravigliosa cornice del Teatro Greco di Siracusa e prodotta dalla Palomar di Carlo Degli Esposti, con le riprese in HD e la regia di Stefano Vicario, ha già avuto modo di divenire un evento speciale nei cinema gli scorsi 5, 6, 7 e 22 novembre 2018.
Ora è invece giunto il momento che questo gioiello possa venir regalato al grande pubblico della rete ammiraglia della TV pubblica. Dalla scorsa settimana su Rai1 è in circolazione il promo di questa serata ed oggi cheTVfa è in grado di annunciarvi con precisione la data della messa in onda. Salvo cambiamenti dell’ultimo minuto, la rete diretta da Teresa De Santis ha deciso di collocare quest’evento speciale per martedì 5 marzo alle 21.25.
[...]
 
 

People For Planet, 14.2.2019
Ho sognato Camilleri!
Gli audiolibri sostituiscono magnificamente i sonniferi

Ho trovato una soluzione estremamente efficiente per quando ho difficoltà ad addormentarmi: l’audiolibro!
Prediligo testi scientifici che non avrei mai la pazienza di leggere (vi consiglio Breve storia di quasi tutto di Bill Bryson e A spasso nei giardini della mente). Esauriti i testi scientifici sono passato ai romanzi di Gianrico Carofiglio letti da lui. Eccellente.
In questi giorni ho scoperto Camilleri che legge i suoi racconti. Grandioso.
Io amo quest’uomo e la sua voce. Esauriti i racconti letti da lui sono passato alle interviste (eccelsa la conversazione con Lella Costa, donna meravigliosa, e poi al racconto di Camilleri sulla vita e le opere di George Simenon, l’autore di Maigret…
L’altra notte mi sono addormentato mentre andavano i video su You Tube, che se non li interrompi vanno avanti uno dopo l’altro finché la batteria regge.
Così mi sono trovato a parlare in sogno con Camilleri, io gli facevo delle domande e lui mi rispondeva con grande saggezza e gentilezza su questioni di portata esistenziale assoluta.
Disgraziatamente non mi ricordo cosa mi ha detto.
Jacopo Fo
 
 

Città Nuova, 14.2.2019
Montalbano e l’empatia verso i migranti
La questione migratoria irrompe in una puntata delle fiction più amate, spingendo gli ascolti alle stelle. Il commissario interpretato da Zingaretti mette in scena quanto scritto nel 2016 dallo scrittore Andrea Camilleri

E alla fine arriva Montalbano – a modo suo uomo di mare, silenziosamente di pensiero aperto, di sguardo in cammino – a rompere il tabù tra fiction (non solo) italiana e tema dei migranti.
C’era stato, tempo fa, il caso di Tutto il mondo è paese, il racconto televisivo con Beppe Fiorello sul sindaco di Riace: quel Mimmo Lucano che ha trasformato un morente paesino di Calabria in modello di accoglienza e in un dinamico luogo di speranza. Quella fiction non è mai andata in onda: guai giudiziari per il primo cittadino del comune calabrese hanno lasciato inabissare questa produzione e chissà se – e quando – verrà tirata fuori dai fondali.
Per il resto, mentre il cinema (che nonostante la profondità con cui racconta le storie sposta meno voti rispetto alla televisione) ha mano libera quando si parla di migranti, e ogni tanto tira fuori qualche perla sul doloroso tema, la serialità (non solo quella in chiaro) continua a rimanere a bocca chiusa davanti al grande dramma di questi (ormai tanti) anni.
Montalbano, invece, animato dalla penna di Andrea Camilleri e dalle movenze calme (quest’anno ventennali) di Luca Zingaretti, entra nella questione con il primo dei suoi due ultimi episodi: L’altro capo del filo, andato in onda lunedì sera su Rai Uno. Accompagnato da polemiche alla vigilia, da vociferati e più o meno autentici timori, il racconto – che poi Camilleri ha scritto nel 2016 – si apre con gli sbarchi dei migranti sulle coste di Vigata (l’immaginario paesino del noto commissario).
Montalbano impegna i suoi agenti, di notte, per permettere a queste fragili e stremate persone di sbarcare ordinatamente, dimostrando, come sempre senza esplicitare troppo a parole i suoi sentimenti – piuttosto col suo sguardo puntato deciso sui fatti – la sua empatia con questa povera gente. Sotto i suoi occhi verdi e concentrati di attento investigatore, brilla un senso di pietà e di solidarietà verso esseri umani costretti a rischiare la vita per concedersi qualche possibilità di futuro.
Ci sono due o tre momenti tosti, forti, acuti, violenti, nella narrazione: il primo riguarda il cadavere in mare di un migrante che Montalbano vede dalla sua terrazza e che (r)accoglie sulla riva con la sua compagna. Il secondo lo racconta Catarella, l’agente imbranatissimo che sbatte dappertutto e non si capisce bene quel che dica, ma che mette l’anima in ogni cosa che fa: in servizio giù al porto, ha visto una donna partorire, ma per le condizioni in cui versava, poveretta, il suo bambino è nato morto. E Catarella, con la sua buffa e rumorosa innocenza, tutto questo non lo regge, non riesce a sopportarlo. Quindi chiede al superiore di non trovarsi più di fronte a tanta sofferenza.
Il terzo momento riguarda uno stupro avvenuto in mare e denunciato da una giovane donna. Montalbano interroga, ascolta e mette a confronto le testimonianze; alla fine inchioda due scafisti. Poi fa una cosa insolita, per lui, forse completamente nuova, probabilmente mai avvenuta prima: entra in una chiesa. E qui gli tornano alla mente le immagini strazianti di quanto visto e vissuto di recente. Se ne sta lì, il povero Salvo, su una panca, solo, smarrito, provato, e forse gli sarebbero di conforto le parole che il potnefice ha offerto sui migranti nel bel documentario che Wim Wenders ha dedicato a lui: Papa Francesco, un uomo di parola.
«Dobbiamo stare in guardia contro la globalizzazione dell’indifferenza – dice Bergoglio – che ci porta ad abituarci lentamente alla sofferenza altrui come se fosse normale». Già questo darebbe forza al commissario siciliano sobriamente sensibile, lenirebbe la sua angoscia, normalizzarebbe quel dolore sordo. Al pari di una frase come la seguente: «Quando qualche nostro fratello o sorella soffre, tutti noi ne siamo toccati». E ancora: «Abbiamo davanti il problema delle differenze, che ci spaventano perché ci fanno crescere. L’uniformità no, perciò non ci spaventa. Le differenze sono creative, creano una tensione la cui soluzione fa progredire l’umanità. Non dobbiamo rimanere impressionati dai numeri dei migranti, ma pensare loro come persone. Guardare i loro volti, e ascoltare le loro storie”.
Parole come queste producono un salto di qualità della coscienza di tutti e sanno far trionfare il desiderio di bene che abita in ognuno di noi. Compreso il commissario Montalbano, che avverte la vastità della tragedia e intuisce dentro di sé il valore di un pensiero come quello di Francesco. Esce dalla chiesa con una coscienza più matura, probabilmente, segnato dal contatto diretto con questa grande piaga del presente. Ed è un mezzo peccato, allora, che da quel momento debba dedicarsi a un caso di omicidio che col tema dei migranti non c’entri più nulla, quando mancano ancora quasi tre quarti di puntata. Sarebbe stato edificante – non per speculare sul dolore ma per sensibilizzare sulla realtà – che Salvo Montalbano avesse continuato a produrre riflessioni su questa sanguinante verità del nostro tempo. Sempre meglio di niente, in ogni caso, il suo essere entrato nella materia ed averlo fatto mettendo al primo posto l’umanità. Molto, molto meglio del grande silenzio che c’è intorno.
Edoardo Zaccagnini
 
 

L'Huffington Post, 14.2.2019
Il regista di "Montalbano" svela i segreti della fiction."Quando Camilleri mi disse: 'Perché l'hai preso pelato?'"
In un'intervista al settimanale Spy, Alberto Sironi racconta gli aneddoti più gustosi di vent'anni della fiction

Da vent'anni "Montalbano" è un cavallo sicuro su cui la Rai può puntare per garantirsi ottimi ascolti. La fiction, tra le più amate di sempre, nasce dal genio di Andrea Camilleri, ma a modellarla per la tv ci ha pensato anche il regista Alberto Sironi. In un'intervista al settimanale Spy, Sironi racconta gli aneddoti più gustosi nati da quella collaborazione. Tra tutti, spicca la scelta dell'attore che avrebbe interpretato il celebre commissario.
"Luca Zingaretti per il ruolo di Montalbano è stata una scelta tutta mia. Provinai tre attori per quel ruolo, ma degli altri due non dirò mai il nome. Uno, molto bravo, non poté venire perché la moglie il giorno prima, litigando, gli aveva fatto un occhio nero. L'altro fece un provino davvero interessante. Ma Luca fu eccezionale, una roba speciale. Non si poteva dire di no. Non ho avuto dubbi anche se fisicamente era molto diverso dal Montalbano dei romanzi, che era più anziano, pieno di capelli ricci e con la barba. Tanto che Camilleri quando seppe che avevo scelto Zingaretti, mi disse: "Ma perché proprio pelato l'hai preso?"
La nuova serie è stata vista da 11 milioni di persone, più della finale di Sanremo.
"E pensare che dopo il debutto, avvenuto su Raidue, alcuni funzionari Rai mi dissero che era un prodotto interessante, ma un po' 'difficile', 'di nicchia'. Io ero sicuro invece di aver fatto un prodotto nazionalpopolare, nel senso profondo, come 'I promessi sposi'. Ero sicuro sarebbe andato bene. Non immaginavo così tanto".
 
 

SiciliaFan, 14.2.2019
Palermo – Al Museo delle Marionette, tra fiabe e commissari: l’importanza di fare comunità
Proseguono i “Racconti d’inverno” con Orsorella, di Alfonso Prota. E lunedì, nuovo appuntamento con Montalbano

Il filo rosso che lega le attività del Museo delle Marionette è fare comunità attraverso eventi culturali che includano tutti, compresi i bambini di ogni età.
[...]
Lunedì 18 alle 20.45, nuovo appuntamento in museo con la rilettura critica del commissario Montalbano, in occasione dei primi vent’anni del celebre personaggio tra tv e romanzi, a cura del semiologo Gianfranco Marrone, autore del libro “Storia di Montalbano”, edizioni Museo Pasqualino.
L’occasione di questo secondo incontro sarà, ancora una volta, la messa in onda del nuovo episodio “Un diario del ’43”.
“Le storie di Montalbano – osserva Gianfranco Marrone – fanno già parte del folklore locale e globale, mediatico e non, alla stregua dei paladini di Francia divenuti materia viva del teatro siciliano delle marionette. Salvo e Mimì come Orlando e Rinaldo? È un’ipotesi forte, che molti passaggi del mio libro confermano senz’altro”.
“Abbiamo pensato a un modo decisamente originale per festeggiare questo anniversario importante – diceRosario Perricone, direttore del Museo delle Marionette – attraverso una lettura critica dell’universo di Montalbano senza però dimenticare la convivialità e il senso della collettività”.
Infatti nel corso dell’incontro, a ingresso libero e aperto a un numero massimo di 80 persone, verranno offerte gratuitamente le arancine d’autore KePalle e le birre di Bruno Ribadi.
 
 

Agrigento Notizie, 14.2.2019
Il 97enne Nino Bellomo "debutta" ne "Il commissario Montalbano"
L'attore e giornalista, padre di Francesco Bellomo, è uno dei decani del teatro agrigentino. E' stato stamattina accolto al Comune dal sindaco Firetto

L'attore agrigentino Nino Bellomo, 97 anni, è stato festeggiato questa mattina in Comune dal sindaco Lillo Firetto per la sua straordinaria partecipazione alla puntata televisiva del Commissario Montalbano che andrà in onda lunedì 18 ,alle 21.20 su Rai Uno. Nino Bellomo, decano degli attori, è stato voluto dal regista Alberto Sironi nella puntata intitolata "Un diario del '43" e interpreterà il personaggio di Angelino Todaro, figura centrale della serie del commissario Montalbano di Andrea Camilleri
 
 

LetteratitudineNews , 15.2.2019
CLASSIFICA: dal 4 al 10 febbraio 2019 – segnaliamo “Conversazione su Tiresia” di Andrea Camilleri
I primi 40 titoli in classifica nella settimana dal 4 al 10 febbraio 2019

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Questa settimana segnaliamo: “Conversazione su Tiresia” di Andrea Camilleri (Sellerio) – al 14° posto in classifica generale
Indossando i panni di Tiresia Camilleri, con la potenza del mito e la forza della sua narrazione, conferma l’incrollabile passione per il teatro, la formidabile cultura, e ci regala un’opera unica, preziosa.
«Chiamatemi Tiresia. Per dirla alla maniera dello scrittore Melville, quello di Moby Dick. Oppure Tiresia sono, per dirla alla maniera di qualcun altro…». Questo l’inizio folgorante della Conversazione su Tiresia, un racconto articolato che ricostruisce la storia del celebre indovino attraverso i secoli, con 63 versioni del mito declinato in età antica e moderna da scrittori, poeti, filosofi, drammaturghi. E discorrendo dell’indovino cieco Camilleri si abbandona al racconto, narra di miti e di dèi, di libri e scrittori, di uomini e donne, di teatro e personaggi, di sé e dell’oggi, di cecità e preveggenza, e lo fa nel modo mirabile che i lettori gli conoscono. Il destino di un protagonista letterario si snoda dalla tragedia greca – ben quattro raccontano la storia di Tiresia – a Omero, Dante, Eliot, Apollinaire, Primo Levi e tanti altri; persino Woody Allen lo fa apparire in un suo film. Indossando i panni di Tiresia Camilleri, con la potenza del mito e la forza della sua narrazione, conferma l’incrollabile passione per il teatro, la formidabile cultura, e ci regala un’opera unica, preziosa.
 
 

Giornale di Sicilia (ed. di Agrigento), 15.2.2019
Una siciliana alla corte di Montalbano, Silvia La Monaca debutta in prima serata

C’è anche il volto della siciliana Silvia La Monaca nel secondo episodio della tredicesima stagione del Commissario Montalbano.
Silvia, 38enne di Canicattì, in provincia di Agrigento, entrerà in scena ne “Un diario del ’43” e giocherà un ruolo cruciale nello sviluppo del giallo televisivo.
Scelta dalla produzione dopo aver superato un casting, nonostante sia una attrice e regista che calca i palcoscenici d’Italia da diversi anni, non nasconde una certa emozione nell’essere stata scelta.
“E’ un sogno che si avvera - racconta - credo non ci sia attore siciliano che non desideri far parte di una serie così prestigiosa come quella di Montalbano. Lavorare con Zingaretti è stato bellissimo, mi ha trattata come fossi una collega della sua stessa esperienza”.
“Ne Un diario del ’43 secondo episodio della 13sima stagione - si legge in una nota di produzione - Montalbano entrerà in possesso di un diario, trovato sepolto nella sabbia dal preside Burgio. La data incisa sul libricino è il 1943 e il suo contenuto è a dir poco spiazzante: qualcuno, mentre si combatteva la seconda guerra mondiale, aveva scoperto qualcosa di terribile e aveva tramandato le informazioni in un piccolo diario. A scrivere era stato un giovane fanatico fascista di 15 anni, un certo Carlo Colussi, che raccontava di un attentato contro gli americani sbarcati in Sicilia. Il commissario dovrà dunque indagare per capire se l’attentato si sia verificato davvero, o se sia rimasto solo un proposito”.
Ma torniamo a Silvia. Dopo questa esperienza il suo nuovo spettacolo di stand up comedy debutterà a Genova per poi approdare anche in Sicilia (a Noto) in agosto. Ci sarà tanta satira, nel modo in cui ha scelto di raccontare la realtà: immaginando di parlare con Gesù di quel che accade intorno a noi.
Dario La Rosa
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 15.2.2019
I 50 anni di Sellerio una storia siciliana dipinta di blu
Il primo titolo di Rosario La Duca col marchio Edizioni Esse le 100mila copie de "L'affaire Moro" di Sciascia, la nascita de "La memoria"
Il romanzo della casa editrice che ha conquistato mercato e collezionisti

Erano stanze piene di fumo e di amici attorno a un tavolo a parlare di sogni chiamati libri. Un salotto liberty all'ingresso accoglieva gli autori. E poi lei, Elvira Sellerio, la Signora dietro la scrivania di via Siracusa, e lui, Enzo Sellerio, il grande fotografo, "capitani" di una casa editrice a metà tra impresa familiare e società di amici che cinquant'anni fa inaugurava la sua avventura a Palermo, sotto il nome di Edizioni Esse.
Festeggia mezzo secolo, la casa editrice Sellerio, fondata nel 1969, anche se il primo libro è datato 1970) "benedetta" da Leonardo Sciascia, che fece dell'editoria il prolungamento del suo mestiere di narratore e saggista. Elvira Giorgianni Sellerio, ex funzionario all'Ente per la riforma agraria e moglie di Enzo Sellerio, investì la sua liquidazione di 12 milioni di lire per fondare quella che di lì a poco sarebbe diventata la casa editrice diPalermo artefice di libri raffinati, di colpacci da 100mila copie, come "L'affaire Moro" di Sciascia, e di longseller senza tempo, da Gesualdo Bufalino al fenomeno Camilleri.
«Ero quella dei caffè. Entravo sulla scena e chiedevo: caffè?», ricorda Elvira Sellerio nel capitolo a lei dedicato ne "La memoria di Elvira". La linea era quella di un regionalismo siciliano ispirato dalle idee di Sciascia e dall'antropologo Antonino Buttitta, tra i primi collaboratori, con l'apporto decisivo di Enzo Sellerio, maestro nel taglio dei formati e nella scelta delle copertine. Il primo titolo, ancora senza una collana di riferimento, fu "I veleni di Palermo" di Rosario La Duca, pubblicato il 5 novembre del 1970 con in copertina un'incisione di Bruno Caruso e l'introduzione di Sciascia, che sarà l'autore del secondo titolo delle allora edizioni Esse, il volumetto "Atti relativi alla morte di Raymond Roussel", sulle misteriose circostanze della morte dello scrittore francese a Palermo nel 1933. A due anni dalla fondazione ufficiale nacque la prima collana Sellerio, "La civiltà perfezionata", inaugurata dai "Mimi siciliani" di Francesco Lanza, con introduzione di Italo Calvino e un'incisione di copertina firmata Mino Maccari. Le prime tirature furono relativamente alte, circa tremila copie, cento delle quali destinate ai bibliofili con l'originale dell'incisione di copertina. Ma è il 1978 l'anno della svolta con "L'affaire Moro" di Sciascia: fu il bestseller che portò l'attenzione generale verso le piccole case editrici all'insegna dello slogan nato per l'occasione "piccolo è bello", spingendo Messaggerie italiane, su interessamento personale di Elisabetta Mauri, a rilevare la distribuzione della Sellerio che uscì definitivamente dalla condizione provinciale.
Così, mentre l'occhio al territorio siciliano continuava in collane di volumi fotografici dal grande formato come I Cristalli, nati nel 1972 con un testo di Buttitta "Pittura su vetro in Sicilia", al costo di 20mila lire, la Sellerio era già pronta al lancio, ancora una volta sotto il segno di Sciascia, di quella che resta ancora oggi la sua collana guida con un ritmo di oltre venti novità l'anno: "La Memoria".
«Sembravano degli allegri congiurati — scrive Salvatore Silvano Nigro ne "La sirena e i suoi libri" ricordando il suo primo incontro con Sciascia — si chiamavano fra di loro con nomignoli. Nanà, diceva uno. E l'altro rispondeva Pepè. Interveniva Fefè. E si intrometteva Gegè». Fu in quelle conversazioni tra amici che nacquero i blu Sellerio, libri stampati in piccolo formato (32esimo) per ridurre al minimo lo spreco di carta e modello per molte collane successive di piccoli editori. Copertina blu e scritte dello stesso colore che incornicia la riproduzione d'arte in prima. Sciascia che inaugurò il primo titolo con il suo "Dalle parti degli infedeli" nel 1979, ne fu autore e direttore scegliendo opere letterarie rimaste ai margini, anche nel canone europeo, ma anche testi di letteratura civile e d'inchiesta che sottraessero all'oblio avvenimenti della Storia. La collana vinse la scommessa con i collezionisti e creò un'affezione ai libri blu che finirono per identificare l'intera casa editrice. Il segno del suo ideatore si trova nei numeri della serie: dopo la morte di Sciascia, nel 1989, tutti i numeri tondi saranno simbolicamente saltati fino al numero 1000, nel 2015, dedicato a Elvira Sellerio, quasi fosse un loro rincontro, tra scrittore e fondatrice, come ai vecchi tempi, quando intorno a un tavolo si sceglievano copertine e si leggevano ad alta voce i risvolti.
«Elvira aveva una sua teoria — ricorda ancora Nigro — le copertine dovevano servire il libro ma con libertà e autonomia. Le studiava come fossero quadri. Distendeva le braccia e sollevava i cartoncini. Sembrava che volesse appenderle nell'aria. Le immagini diventavano manichini. Elvira era la sarta».
Così scelse anche quella per il suo primo libro proposto ne "La Memoria", il racconto fantastico "Carmilla" di Joseph Sheridan Le Fanu, pubblicato nel 1980 con una stampa parigina di Edgard Maxence. «Fu la prima volta che pubblicai un libro senza interpellarlo», ricorda Elvira Sellerio riferendosi al marito Enzo, ma anche allo stesso Sciascia dal quale si emancipò dando alla casa editrice una nuova linea rivolta al filone fantasy che poi fu seguito da opere come "Il re delle bambole" di Edmondo De Amicis.
Gesualdo Bufalino con il suo "Diceria dell'untore", Premio Campiello nel 1981, e Andrea Camilleri, che esordisce nel 1984 con "La strage dimenticata", sono gli autori scoperti negli anni Ottanta, in un momento in cui la casa si divide in Sellerio Editore di Elvira Sellerio ed Enzo Sellerio Editore per libri fotografici, dopo la separazione dei due coniugi.
E mentre Elvira intercettava giallisti esordienti come Carlo Lucarelli, pubblicato nel 1990 prima di passare a Einaudi con le sue indagini del commissario De Luca, già si preparava in casa il fenomeno Camilleri, autore che salva Sellerio dal tracollo finanziario degli anni Novanta.
«La faccio prigioniero — disse Elvira a Salvatore Silvano Nigro — scriva lei tutti i risvolti di Andrea Camilleri. Inventiamo insieme una nuova arte del risvolto». Ed è dal 1994, con il primo titolo delle indagini di Montalbano, "La forma dell'acqua", che i volumi di Camilleri si leggono in serie.
La storia recente, portata avanti dai figli Antonio e Olivia Sellerio, parla di collane come "Il divano", simbolo di un'editoria artigianale che resiste con illustrazioni di copertina incollate a mano da trent'anni, il segno di una casa che ormai è grande fra i piccoli.
Una casa editrice che vanta autori-cassaforte come Malvaldi e Manzini, capace di chiudere l'anno con la medaglia d'oro di primo editore italiano per vendite in Italia mantenendo il suo spirito di azienda-famiglia.
Marta Occhipinti
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 15.2.2019
Quando Malvaldi esultò per strada “Macché scherzo era un vero ok”

«Poverini questi siciliani, non hanno i soldi per tagliare la carta». Così nei primi anni '70 una libraia veneta commentò le edizioni Sellerio che arrivavano in libreria con la sovracoperta di carta velina e le pagine ancora da tagliare. Un aneddoto raccontato da Elvira Sellerio a Santo Piazzese, papà dell'investigatore biologo La Marca :«Mi raccontò che agli inizi insistettero, soprattutto quelli della distribuzione, per togliere Palermo dalla copertina, ma lei si rifiutò categoricamente. Palermo era ed è ancora il valore aggiunto», dice lo scrittore e aggiunge un'altra storia che riguarda Andrea Camilleri: «Quando ancora le copie vendute dei libri di Camilleri si potevano contare, non ci si spiegava perché la maggior parte delle vendite fosse nelle zone di confine dell'Italia. Andrea scherzava sul suo essere mitteleuropeo, poi abbiamo scoperto che era letto soprattutto nelle aree bilingue, perché capivano meglio l'alchimia tra l'italiano e il siciliano».
Piazzese è stato a lungo un lettore della collana "La civiltà perfezionata" prima e de "La memoria poi", fino al giugno 1996 quando esordì come autore.
«Quattro o cinque giorni dopo che avevo lasciato il manoscritto in casa editrice, Elvira mi aveva chiamato, non aveva trovato nessuno. Poi richiamò, risposi io "Sono Elvira Sellerio", e iniziò un rapporto che resta un grande privilegio. La sensazione è che loro lavorino come se fossero ancora una famiglia, anche se non è più una casa editrice di nicchia».
Per Alicia Gimenez-Bartlett, la casa editrice si distingue «per il rispetto dell'autore, l'infinita amabilità di tutti i membri della casa editrice, dal direttore editoriale all'ultimo impiegato che impacchetta i libri, e lo stile della pubblicazione». Racconta la Bartlett:« Quando mi sono confrontata per la prima volta con la mia traduzione italiana edita da Sellerio è stata una sorpresa. Tutte le traduzioni internazionali di Petra Delicado avevano nella copertina una strada solitaria con pioggia e un faro che dava una luce tenue e misteriosa. Quando il mio agente mi mise tra le mani "Giorno da cani" chiesi frastornata " Ma cos'è, un libro di poesie?". Sellerio è diverso».
C'è dell'epica, se non altro familiare, anche nella storia che racconta Gian Mauro Costa come autore di casa Sellerio. Nel 1989 era stato proprio lui a curare l'uscita postuma del libro del padre Sarino Armando Costa "La scuola e la grande scala. Vita e costume nella scuola siciliana dal 1860 agli inizi del Novecento..".
Qualche anno dopo Costa consegna una storia autobiografica "impetuosa" come lui stesso la definisce, quasi per prolungare il legame affettivo con il padre. «È l'estate del 2001 quando la signora Elvira mi chiama e mi dice che il libro è già in catalogo. Ebbi giusto il tempo di rivederlo con Antonio che mi fece degli appunti così precisi che li presi tutti in considerazione. Dietro il miracolo di casa Sellerio c'è sicuramente lo slancio di Elvira, ma anche la professionalità di Antonio e la testa creativa e piena di idee di Olivia». Costa continua a scrivere per Sellerio e ora è alle prese con il suo nuovo personaggio seriale, Angela Mazzola già protagonista di "Stella o croce": «Credo che il valore di Sellerio più importante sia quello di essere stato e di continuare a essere un grande laboratorio di talenti. Forse per quanto riguarda il giallo, il più grande. Tutti i più bravi sono passati da qui».
Potrebbe tranquillamente appartenere a uno dei personaggi che frequentano il BarLume, l'aneddoto che lega l'inizio del rapporto tra Sellerio e Marco Malvaldi, una telefonata poco prima di prendere un treno a Firenze: «Risposi prima di salire, avevo appena fatto un colloquio di lavoro (andato male). Quando sentii al telefono ‘"Sono Antonio Sellerio" pensai a uno scherzo: tutti i miei amici sapevano che avevo mandato in giro questo libro e sapevano quanto ci tenessi. Poi guardai il telefono e vidi che il prefisso era 091. Se qualcuno mi stava facendo uno scherzo, era andato fino a Palermo per prendermi per i fondelli: meritava un minimo di attenzione. Antonio mi disse che avevano letto "La briscola in cinque" e mi disse le seguenti, testuali parole: ci è piaciuto abbastanza. Avremmo intenzione di pubblicarlo». Seguì una scena surreale con l'autore pisano che manteneva una voce professionale con Sellerio, mentre con il braccio libero esultava scompostamente. E infine aggiunge: «Ricordo che, nella foga, ero salito sul treno senza timbrare il biglietto, il controllore mi fece la multa, lo ringraziai e gli augurai buona giornata con un sorriso largo come un portone».
Eleonora Lombardo
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 16.2.2019
Palermo, anteprima del "Commissario Montalbano", il regista: "Capimmo subito che era una miniera"
Nell'episodio "Il diario del '43" un commosso omaggio all'attore Marcello Perracchio




Foto Camilleri Fans Club

Fu chiaro subito, al regista Alberto Sironi, che il commissario Montalbano era una miniera appena scoperta. "E siamo stati bravi a non mollare l'osso per questi vent'anni, io, il produttore Carlo degli Esposti, l'attore Luca Zingaretti, tutti. Nessuno di noi ha voluto mollare".
Sul palco del cinema Rouge et Noir, che ha ospitato l'anteprima organizzata dalla Palomar dell'episodio del "Commissario Montalbano" che andrà in onda su Raiuno lunedì, "Il diario del '43", Sironi ha fatto una rapida sintesi di questi 20 anni da fiction numero uno italiana, assieme all'editore Antonio Sellerio e all'assessore al Turismo Sandro Pappalardo e al direttore della Film commission Alessandro Rais, organismo che partecipa al finanziamento della serie.
Sullo schermo un intenso omaggio "extra libro" all'attore Marcello Perracchio, l'interprete del medico legale, dottor Pasquano. Nella sceneggiatura è stato inserita la morte del dottor Pasquano che, in una sovrapposizione tra persona e personaggio, commuove tutta la squadra del commissariato di Vigata. E così al termine del funerale, Montalbano convoca i suoi uomini nel suo ufficio, aspetta che entri il garzone del bar interpretato dal regista Sironi (anche lui ha voluto partecipare al ricordo di Perracchio) e distribuisce agli astanti commossi i cannoli amatissimi da Pasquano come un rito funebre affettuoso.
 
 

Ascolti Tv Blog, 16.2.2019
Tv Talk, gli ospiti del 16 febbraio 2019

Nuova puntata oggi, sabato 16 febbraio 2019, alle 15:00 su Rai 3, per Tv Talk, il programma che analizza la televisione ed i suoi personaggi, condotto da Massimo Bernardini. Come sempre, oltre agli analisti, in studio ci saranno numerosi ospiti, che commenteranno i fatti della settimana.
Per quanto riguarda l’attualità, spazio ai due eventi che hanno monopolizzato l’attenzione televisiva questa settimana, ovvero il Festival di Sanremo ed Il Commissario Montalbano. Si parlerà del vincitore del Festival Mahmood, e di come la tv racconti i “nuovi italiani”; mentre per Montalbano si discuterà di come la fiction abbia portato in prima serata il tema dell’immigrazione.
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Paolo Sutera
 
 

Democratica.com, 16.2.2019
Piccolo tele-immaginario di libertà che cresce. Ma anche no
Finalmente c’è un risveglio, un sommovimento delle coscienze, c’è di che ben sperare? E invece no. Capisci che è tutto un Grande Sonno

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E ti vedi anche il primo nuovo episodio di “Montalbano”: ascolti da capogiro, da finale dei Campionati del mondo di calcio, più di 10 milioni di spettatori. Bellissimo, come sempre, il giallo siculo alla Camilleri, mentre Adrian e Dottoressa Giò ancora non li hanno trovati i cani della Tele-Protezione Civile sotto le macerie della loro accartocciata supponenza pseudoartistica. Anche al fittizio commissariato di Vigata si parla di una nave che attracca piena di disperati, di medici e poliziotti che salgono commossi sul suo ponte per capire l’entità di un dramma infinito che accomuna poveracci ed ex artisti, scafisti violentatori e fantasmi di terroristi che in tanta disumana soggezione manco si intravedono.
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Carmine Castoro
 
 

ItaliaNotizie, 16.2.2019
Al Must ritorna a grande richiesta ‘La creatura del desiderio’

Catania – Dopo il successo di pubblico e di critica dello scorso novembre, ritorna sul palcoscenico del Must Musco Teatro, in una replica straordinaria del 28 febbraio 2019 alle ore 21, La creatura del desiderio, con la regia di Giuseppe Dipasquale.
La travolgente storia di Oskar Kokoschka e Alma Mahler viene portata per la prima volta in scena in Italia per merito della penna di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, ormai consolidati nel loro sodalizio drammaturgico. A vestire i panni dei protagonisti due volti noti al pubblico nazionale David Coco e Valeria Contadino. La regia è firmata dallo stesso Dipasquale, scene e costumi di Erminia Palmieri, Musiche Matteo Musumeci, Movimenti scenici Donatella Capraro. Completano il cast Leonardo Marino e Antonella Scornavacca.
Nel 1912, un anno dopo la morte di Mahler, la sua giovane vedova, considerata la più bella ragazza di Vienna e allora poco più che trentenne, incontra il pittore Oskar Kokoschka. Inizia una storia d’amore fatta di eros e sensualità, che sfocerà ben presto in una passione tanto sfrenata quanto tumultuosa. Viaggi, fughe, lettere, gelosie e possessività scandiscono i successivi due anni, durante i quali l’artsta crea alcune fra le sue opere più importanti, su tutte La sposa del vento. Ma la giovane Alma è irrequieta e interrompe brutalmente la relazione. Kokoschka parte per la guerra con la morte nel cuore. Al suo rientro in patria, traumatizzato dal conflitto e ancora ossessionato dall’amore perduto, decide di farsi confezionare una bambola al naturale con le fattezze dell’amata. Questa è la storia.
La creatura del desiderio è di questa storia una versione in cui Andrea Camilleri nell’omonimo testo pubblicato da Skira, in modo del tutto originale – come sempre – e umanamente sensibile, racconta di Kokoschka e Alma Mahler, cioè delle sensibilità diverse, eppur concorrenti, che hanno temprato il Novecento europeo. Questo racconto rappresenta un’indagine sull’ossessione d’amore costruita sulla finzione umana, e l’occasione teatrale darà certo lo spunto a conversazioni non casuali sulla civiltà che si sta sviluppando in Europa e la cui prima radice non è stata finora tratteggiata con serenità distaccata.
“Il tema – dice il regista Giuseppe Dipasquale – è molto attuale per la vicenda che io e Andrea Camilleri abbiamo voluto raccontare in questa pièce: l’ossessione d’amore per una donna oggetto che si reifica in una bambola fino a portare alla pazzia il personaggio di Oskar Kokoschka, realmente vissuto come quello di Alma Mahler. Questa vicenda emblematica costituisce oggi nella misura del paradosso una delle più raffinate e crudeli violenze sulle donne”.
Lo spettacolo replicherà sabato 2 marzo a Siracusa nel riaperto Teatro Comunale. La programmazione lunga sette mesi dedicata alla prosa del Must proseguirà il 12 marzo con “A tavola da Eduardo”, in scena duegrandi nomi del teatro italiano come Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini; il 13 e 14 aprile “Carta Straccia”, con Pino Strabioli e Sabrina Knaflitz; il 18 e 19 maggio“Aggregazioni” scritto e diretto da Claudio “Greg” Gregori. ConcluderannoMimmo Mignemi e Valeria Contadinosul palco con “Amleto in trattoria”.
Per informazioni sulla campagna abbonamenti: MusT – MUSCO TEATRO Via Umberto 312, Catania – Tel. 0952289426.
Ufficio stampa
Antonella Virginia Guglielmino
Antonella Sturiale
 
 

L'Unione Sarda, 17.2.2019
Studi. Cagliari e Villacidro
I mondi di Camilleri raccontati (anche) da Agnello Hornby
Lo scrittore protagonista di un seminario che vedrà protagonisti alcuni ospiti di prestigio. A cominciare da Simonetta Agnello Hornby

Alla scoperta del fantastico mondo di Andrea Camilleri: da lunedì 25 a giovedì 28 febbraio, Cagliari e Villacidro ospitano il VII Seminario sull'opera dello scrittore siciliano, con ospiti internazionali (fra cui Simonetta Agnello Hornby) e un programma dedicato ai paesaggi naturali e umani nella letteratura.
I lavoro quest'anno si dividono in due sezioni.
La prima (il pomeriggio del 25 e la mattina del 26, all'aula Motzo della Facoltà di Studi Umanistici di Cagliari) è dedicata all'approfondimento dei temi dell'insularità, con particolare riferimento ai racconti e ai romanzi.
In apertura di lavori (il 25 pomeriggio) sarà presentato il video "Isola Sardegna" di Giorgio Dettori, cui farà seguito un documentario, "Honoris causa: conversazione con Andrea Camilleri" (di Antioco Floris e Andrea Lotta) che propone le immagini della visita fatta a Cagliari dallo scrittore, in occasione del conferimento della laurea da parte dell'Università cagliaritana.
La seconda parte dei lavori riprende, invece, il tema generale e si organizza in tre momenti distinti: l'incontro con la scrittrice Simonetta Agnello Hornby (martedì 26, dalle 16.30, all'aula Capitini della Facoltà), un evento dedicato al commissario Montalbano sia nei romanzi sia nei film televisivi (mercoledì 27, dalle 9.30, all'aula 5 di Studi Umanistici) e il duplice appuntamento con la presentazione del libro di Aldous Huxley, "L'albero d'olivo" (il 27, dalle 17, alla Fondazione di Sardegna a Cagliari e il 28, sempre dalle 17, a Casa Dessì a Villacidro). Conclusione (il 28 febbraio a Villacidro) dedicata all'oliveto di Balanotti di cui Giuseppe Dessì parla nel romanzo "Paese d'ombre".
Il simposio è organizzato dal Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni culturali dell'Università degli Studi di Cagliari e il Gruppo di ricerca del progetto Isole in collaborazione con la Fondazione Giuseppe Dessì e la Fondazione di Sardegna.
Francesco Abate
 
 

La Repubblica, 17.2.2019
Montalbano e il passato che torna: ricordi, segreti e un omicidio in 'Un diario del '43'
Secondo e ultimo appuntamento su Rai1 con le indagini del commissario di Vigata. La sabbia restituisce un diario del tempo di guerra, un uomo ricompare dal passato, un altro viene assassinato. Tre vicende che sembrano distanti fra loro ma si riveleranno legate in modo sorprendente. E poi il dottor Pasquano...

Un primo appuntamento da record, lunedì scorso, per Il commissario Montalbano, 11 milioni 108 mila spettatori con il 44,9 per cento di share: L'altro capo del filo si è piazzato al terzo posto nella "classifica" degli episodi più visti di sempre in termini di spettatori e al secondo in termini di share. Il messaggio sull'accoglienza dei migranti contenuto nell'episodio ha animato i social ma non ha diviso il pubblico che come sempre ha dimostrato tutto il proprio affetto e la propria attenzione al personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti, un amore longevo - vent'anni - pronto a rinnovarsi lunedì 18 febbraio con Un diario del '43, il nuovo episodio in prima serata su Rai1, tratto dai racconti di Camilleri Un diario del '43 e Being here (Sellerio editore).
Nel nuovo episodio si intrecciano tre vicende che hanno a che fare con il passato e raccontano di guerra, di emigrazione, di ritorni, di memorie. Ma ci sarà anche un omaggio al dottor Pasquano: un destino che si compie davanti - neanche a dirlo - a un vassoio di cannoli.
La prima vicenda riguarda un ragazzo, convinto sostenitore dell'ideologia fascista, autore di un diario scritto nell'estate del 1943 e scoperto per caso, nascosto per decenni dalla sabbia, in seguito alla demolizione di un vecchio silos. In questo diario il ragazzo confessa di aver compiuto un atto terribile, una strage, all'indomani dell'8 settembre 1943.
Nello stesso giorno della scoperta del diario, si presenta al commissario un vivace e elegante novantenne, un certo John Zuck. L'uomo arriva da Chicago ma è originario di Vigata, il suo vero nome è Giovanni Zuccotti. Racconta al commissario che, durante la guerra, venne fatto prigioniero dagli americani. In seguito alla morte dei genitori in un incidente stradale, decise di restare negli Stati Uniti e di rifarsi una vita. Tornato a Vigata, però, ha scoperto che il suo nome è stato inciso per errore su una lapide dei caduti in guerra e chiede al commissario se può aiutarlo a farlo cancellare dal monumento.
Ma proprio all'indomani dell'incontro con Zuck, un uomo, anch'esso novantenne, viene trovato morto. Si tratta di Angelino Todaro, uno dei più ricchi imprenditori della città. Fra le luminarie della festa di San Calorio, Montalbano capirà che le tre storie, per quanto all'apparenza molto distanti, sono in realtà collegate fra loro. In modo tragico e sorprendente.
Con questo episodio arrivano a 34 i film della serie, una produzione Palomar con la partecipazione di Rai Fiction, prodotta da Carlo Degli Esposti e Nora Barbieri con Max Gusberti, per la regia di Alberto Sironi. Il successo delle storie del commissario di Vigàta, oltre alle prime visioni sempre vincitrici della serata, ha raggiunto, nelle ultime serie, punte di ascolto di ben oltre i 12 milioni di spettatori e il 44% di share, e si è consolidato negli anni anche grazie alle oltre 150 repliche in prima serata che hanno continuato a ottenere ascolti record anche al sesto o settimo passaggio televisivo. Montalbano è stata la prima serie italiana venduta all'estero, trasmessa negli anni in oltre 65 Paesi tra Europa e resto del mondo, anche in Paesi molto diversi per audience come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. È andato in onda in tutti i continenti, dall'Asia al Sudamerica passando per l'Iran.
Alessandra Vitali
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 17.2.2019
"Montalbano" in tv visione collettiva per i fan

Domani alle 20,45 con arancine e birra introduzione di Gianfranco Marrone
Al Museo delle marionette (piazzetta Antonio Pasqualino, 5) domani alle 20.45 il secondo appuntamento con i nuovi episodi de "Il commissario Montalbano". Una "visione collettiva critica" de "Un diario del '43", in onda su RaiUno, introdotta dal semiologo Gianfranco Marrone autore del libro "Storia di Montalbano".
Un'iniziativa nata per festeggiare i vent'anni del commissario televisivo intrepretato da Luca Zingaretti. Ingresso gratuito per un numero massimo di 80 persone. Nel corso dell'incontro anche il cibo sarà a tema e verranno offerte gratuitamente le arancine d'autore KePalle e le birre di Bruno Ribadì.
 
 

CinemaItaliano.Info, 17.2.2019
IL COMMISSARIO MONTALBANO - In edicola la collana della serie in DVD

In occasione del 20° Anniversario della prima messa in onda in TV torna in edicola in esclusiva con Sorrisi la serie completa di tutti gli appassionanti casi del commissario Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri e interpretato da un intenso Luca Zingaretti. 34 DVD con gli ultimi episodi inediti appena trasmessi in tv!
Questo il piano dell'opera:
1 Il commissario Montalbano – DVD 1: L’altro capo del filo In edicola dal 19-02-2019
2 Il commissario Montalbano – DVD 2: Un diario del ‘43 In edicola dal 26-02-2019
3 Montalbano 3 - La giostra degli scambi In edicola dal 05/03/2019
4 Montalbano 4 - Amore In edicola dal 12/03/2019
5 Montalbano 5 - Un covo di vipere In edicola dal 19/03/2019
6 Montalbano 6 - Come voleva la prassi In edicola dal 26/03/2019
7 Montalbano 7 - Una faccenda delicata In edicola dal 02/04/2019
8 Montalbano 8 - La piramide di fango In edicola dal 09/04/2019
9 Montalbano 9 - Il ladro di merendine In edicola dal 16/04/2019
10 Montalbano 10 - La voce del violino In edicola dal 23/04/2019
11 Montalbano 11 - La forma dell'acqua In edicola dal 30/04/2019
12 Montalbano 12 - Il cane di terracotta In edicola dal 07/05/2019
13 Montalbano 13 - La gita a tindari In edicola dal 14/05/2019
14 Montalbano 14 - Tocco d'artista In edicola dal 21/05/2019
15 Montalbano 15 - Il senso del tatto In edicola dal 28/05/2019
16 Montalbano 16 - Gli arancini di Montalbano In edicola dal 04/06/2019
17 Montalbano 17 - L'odore della notte In edicola dal 11/06/2019
18 Montalbano 18 - Gatto e cardellino In edicola dal 18/06/2019
19 Montalbano 19 - Il giro di boa In edicola dal 25/06/2019
20 Montalbano 20 - Parcondicio In edicola dal 02/07/2019
21 Montalbano 21 - La pazienza del ragno In edicola dal 09/07/2019
22 Montalbano 22 - Il gioco delle tre carte In edicola dal 16/07/2019
23 Montalbano 23 - La vampa d'agosto In edicola dal 23/07/2019
24 Montalbano 24 - Le ali della sfinge In edicola dal 30/07/2019
25 Montalbano 25 - La pista di sabbia In edicola dal 06/08/2019
26 Montalbano 26 - La luna di carta In edicola dal 13/08/2019
27 Montalbano 27 - Il campo del vasaio In edicola dal 20/08/2019
28 Montalbano 28 - La danza del gabbiano In edicola dal 27/08/2019
29 Montalbano 29 - La caccia al tesoro In edicola dal 03/09/2019
30 Montalbano 30 - L'età del dubbio In edicola dal 10/09/2019
31 Montalbano 31 - Il sorriso di Angelica In edicola dal 17/09/2019
32 Montalbano 32 - Il gioco degli specchi In edicola dal 24/09/2019
33 Montalbano 33 - Una voce di notte In edicola dal 01/10/2019
34 Montalbano 34 - Una lama di luce In edicola dal 08/10/2019
Simone Pinchiorri
 
 

Mangialibri, 18.2.2019
La stagione della caccia
Autore: Andrea Camilleri
Genere: Romanzo
Editore: Sellerio 1994

Ore due di dopopranzo del capodanno 1880. Il “pacchetto a vapore” che fa navetta postale da Palermo attracca a Vigata spaccando il minuto. Il nome dell’imbarcazione è “Re d’Italia”, ma i siciliani continuano a chiamarlo “Franceschiello”, “per un miscuglio di abitudine, luffarìa e omaggio al re borbonico che aveva istituito il servizio”. Dei quattro passeggeri che ne discendono, tre sono conosciuti in paese, si tratta del titolare dell’Officina Postale, di ritorno da Trapani dove sua figlia si è sgravata per l’ottava volta; di una bella e nota signora affetta da un male misterioso che ogni due mesi la costringe ad andare a curarsi a Castellammare – secondo alcuni presso un vigoroso cugino; del comandante di guarnigione di Vigata e la sua signora. Tenendosi a distanza da questi c’è un altro passeggero, un “giovane forasteri” che anche durante il viaggio si è mostrato cortese all’occorrenza “ma subitamente mutànghero non appena la curiosità altrui manifestava l’intenzione di conoscere nome cognome e professione”. Mentre attraversa la piazza principale del paese, l’uomo si sente osservato da quella che sembra la statua di un anziano seduto su una sedia al lato della porta semichiusa del Circolo dei nobili. Persino un cane di passaggio si ferma per alzare la zampa dritto sulla finanziera lunga fino a terra dell’uomo assolutamente immobile. D’un tratto la presunta statua chiama a sé il giovane con un movimento del braccio, spalanca la bocca e articola per due volte “Madonna biniditta!” e poi “Tu sei… Tu sei un cane da caccia”. Dopo di che il vecchio serra le palpebre e torna alla sua immobilità. Il forestiero fa un inchino e riprende la sua strada; intanto alla locanda della signora Concettina Adamo stanno portando il suo baule, dove giorni prima sono arrivate altre sue quattro valigie. Nessuno sa chi sia questo strano personaggio e persino il geometra Fede, che riesce sempre a sapere tutto dei nuovi arrivati, non cava una parola quando prova ad avvicinarlo dopo averlo cercato “per strade e straduzze”. Anzi, no. Secondo la padrona della locanda il nome dei tizio è Santo Alfonso de’ Liguori, ma a molti suona piuttosto strano. I giorni passano, la curiosità aumenta, e un giorno al Circolo dei nobili giunge voce che il tale ha preso casa e aperto una farmacia, sulla quale l’insegna recita: Farmacia Alfonso La Matina. “Madonna biniditta!” esclama il marchese Peluso, uno dei due membri realmente nobili del circolo. Ma certo, il figlio di Santo La Matina! Qualche anziano si ricorda che da bambino - aveva quattro anni l’ultima volta che lo avevano visto - in città lo conoscevano come Fofò. L’ultima mattina di febbraio il servo del marchese Peluso va da lui per vestirlo e portarlo, come ogni giorni, al circolo, ma trova il letto sfatto e vuoto. Il vecchio non si trova e non si capisce dove possa essere andato da solo, dal momento che da anni le sue condizioni di salute gli impediscono di camminare. L’uomo viene ritrovato in riva al mare, nell’acqua, morto, e tutto fa pensare che abbia voluto uccidersi. Ma questo è soltanto l’inizio. Proprio come in una battuta di caccia, ad uno ad uno cominciano a morire altri membri della nobile famiglia…
Nella nota finale di questo che è uno dei più bei romanzi di Andrea Camilleri, pubblicato per la prima volta nel 1992, l’autore racconta che esiste un film inglese che parla di un nobile, appartenente al ramo cadetto della famiglia, che ad un certo punto decide di diventare il titolare dello stemma e quindi mette in atto un piano per eliminare tutti i familiari che ostacolano questo suo desiderio fino a sfrondare tutto l’albero genealogico. Ecco, avverte Camilleri, se qualcuno pensasse che l’ispirazione per questo romanzo gli sia arrivata da questo film, si sbaglia alla grande. L’idea, dice, nasce ventidue anni prima (rispetto all’anno della pubblicazione), mentre leggeva il saggio in due volumi Inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875 – 1876); per la precisione ad ispirare questa storia – che si sviluppa come un giallo ma arricchendosi di tutte le migliori sfumature che la scrittura del vecchio maestro conosce – sono state due battute che si leggono ad un certo punto tra le 1411 pagine di questa opera. Un tale domanda al responsabile dell’ordine pubblico di un paese: “Recentemente ci sono stati fatti di sangue al suo paese?”. Al che quello risponde: “No. Fatta eccezione di un farmacista che per amore ha ammazzato sette persone”. Come capita spesso nei suoi godibilissimi romanzi “storici”, da una suggestione limitata anche ad una sola battuta Andrea Camilleri è capace di imbastire una storia divertente e intrigante – anche interessante sul versante della realtà politico sociale all’indomani dell’Unificazione -, a partire da quella lingua così originale, elaborata nel tempo ma che qui ha già una sua dimensione unica e personale destinata a diventare un marchio di fabbrica. La stagione della caccia è forse il primo romanzo che ottenne all’epoca un immediato successo di pubblico e critica; sempre valido resta quanto ha scritto Giuseppe Passarello nel 2002: “La godibilità della trama, la novità di un linguaggio ricco di vocaboli dialettali, l’attrazione naturale del poliziesco, incontrarono subito il gradimento di un pubblico vastissimo e divertito, che apprezzava anche la vena di intelligente ironia diffusa in personaggi e ambienti descritti con essenzialità e immediatezza”. In pratica il miglior Camilleri di ieri e oggi in una istantanea, il segreto del successo dei suoi splendidi romanzi storici, riassunto in poche parole. Se questo libro vi è sfuggito fino a questo momento, non aspettate ancora, siate certi che non vi deluderà.
Alessandra Farinola
 
 

Bergamo News, 18.2.2019
Giorgio Marchesi nel cast del nuovo film tv “La stagione della caccia”
Tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri (edito da Sellerio Editore) e diretto da Roan Johnson, verrà proposto lunedì 25 febbraio in prima serata su RaiUno.

Ci sarà anche l’attore bergamasco Giorgio Marchesi nel cast del nuovo film tv “La stagione della caccia”, in onda lunedì 25 febbraio in prima serata su RaiUno.
Tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri (edito da Sellerio Editore), è diretto da Roan Johnson e nel cast annovera anche Francesco Scianna, Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Alessio Vassallo e Gioia Spaziani e con la partecipazione di Donatella Finocchiaro.
La trama è ambientata nel 1880. L’Italia è unita da un pezzo, i Borbone non sono che un ricordo, ma a Vigata il blasone conta ancora molto. E i più nobili fra i nobili sono i Peluso di Torre Venerina. Ma questa ricchissima e potente famiglia comincia all’improvviso a essere decimata dai lutti. I Peluso muoiono uno dopo l’altro, come le prede di una battuta di caccia. E curiosamente l’inizio di questa inquietante e oscura mattanza coincide con l’arrivo a Vigata di un misterioso personaggio: Fofò La Matina, un giovane farmacista, figlio di un contadino che molti anni prima aveva lavorato come campiere proprio per i Peluso.
Una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction. Prodotto da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra con Max Gusberti. Sceneggiatura di Francesco Bruni, Andrea Camilleri e Leonardo Marini.
 
 

InfoVercelli24.it, 18.2.2019
«Ho passato la vita a inventare storie»
Andrea Camilleri l'11 giugno ha interpretato un breve testo autobiografico al Teatro Greco di Siracusa: Tiresia (ora edito da Sellerio)
Conversazioni su Tiresia, Andrea Camilleri
Teatro Sellerio 2019 Pag. 63 euro 8

Grecia antica e Italia moderna. Tiresia è personaggio della mitologia, un indovino cieco di Tebe. Negli ultimi anni il grande straordinario Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, Agrigento, 1925) ha perso progressivamente la vista, continua a narrare dettando con meravigliosa immaginazione, di tutto di più. L’11 giugno 2018 ha interpretato al Teatro Greco di Siracusa un breve testo autobiografico, introdotto da un flautista e alcuni bimbi, parlando su una poltrona al centro della scena con accanto un giovinetto seduto a terra. Racconta in prima persona il proprio mito, le ipotesi sulla cecità, l’evoluzione degli innumerevoli usi letterari classici e recenti, stranieri e italiani. Le “Conversazioni su Tiresia” arrivano all’oggi: “ho trascorso questa vita a inventarmi storie e personaggi, sono stato regista teatrale, televisivo, radiofonico, ho scritto più di cento libri, tradotti in tante lingue e di discreto successo. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario”.
Valerio Calzolaio
 
 

Umbria24.it, 18.2.2019
Dal videomessaggio di Camilleri a Grohmann: parte la campagna elettorale di Giubilei
È partita ufficialmente lunedì pomeriggio al Cral della Perugina la campagna elettorale del candidato del centrosinistra Giuliano Giubilei. Le foto della presentazione.


 
 

PerugiaToday, 18.2.2019
Verso il voto, Giubilei presenta le sue idee per Perugia: "Partecipazione, lavoro e cultura. La sinistra non tema di parlare di rispetto delle leggi"
Al Circolo dipendenti della Perugina il candidato del centrosinistra traccia le linee del programma. Nella sala piena tanti cittadini comuni ed esponenti politici, ma gli interventi sono tutti della società civile

[...]
Andrea Camilleri, "che mi onora della sua amicizia" gli ha inviato un videomessaggio: “Le città oggi devono presentarsi come aperte alle persone e proiettate verso il futuro. E devono essere guidate con il buon senso, l’onestà, il proposito di mettersi al servizio di una città, l’accoglienza e il fatto di non respingere la diversità”. “Il mondo cambia rapidamente, l’occhio e la mente di chi deve amministrare una città devono essere rivolti non al domani, ma al dopodomani. Il mondo del futuro - ha concluso lo scrittore - è aperto e interconnesso e mi auguro che anche Perugia possa essere come il mondo”.
[..]
Luca Fiorucci
 
 

Italia chiama Italia, 18.2.2019
LA CLASSIFICA | Andrea Camilleri l’autore italiano “più ricco”
Quanto guadagnano e chi sono gli scrittori più ricchi? Cresce la vendita dei libri, in particolare degli ebook, ma ciò che genera davvero profitto per l’autore è la capacità di suscitare interesse

L’industria dell’editoria italiana continua a registrare un trend positivo. Nel 2018, le vendite dei libri cartacei sono cresciute del 2,8%, mentre gli ebook del 3,2%. Il mercato del digitale, però, oggi non è più rappresentato solamente dai libri elettronici, ma da tutta una serie di servizi accessori collegati, come servizi web e banche dati, che nel complesso rappresentano il 16,3% del fatturato totale, con una crescita del 3,7% (dati dal rapporto 2018 AIE – Associazione Italiana Editori). I dati dell’indagine quinquennale Istat, aggiornati al 2016, indicano, inoltre, una stabilità della lettura, sia dei libri, sia dei nuovi mix di formati fruibili su più dispositivi, con il 65,4% degli italiani che negli ultimi 12 mesi ha letto almeno un libro, un ebook o ascoltato un audiolibro.
Dunque, quello dell’editoria italiana sembra essere un mercato in continuo fermento e redditizio, come conferma anche Giacomo Bruno, fondatore della casa editrice Bruno Editore, specializzata in ebook per la formazione: “Oggi ciò che decreta il successo dei bestseller è la loro capacità di trasmettere contenuti e informazioni in grado di fare davvero la differenza nella vita delle persone. – spiega Bruno – Per gli autori, però, il reale guadagno non è dato solo dal diritto d’autore, che si aggira intono all’euro o poco più a copia venduta. Un libro può essere un valido strumento per far conoscere e promuovere la propria attività, accrescendo la propria reputazione positiva, e attirando, quindi, nuovi potenziali clienti”.
Per esprimere più concretamente il concetto, Bruno ha analizzato le vendite degli autori italiani, partendo dai dati di autorevoli istituti di ricerca, come Nielsen e Gfk. Sebbene i dati facciano riferimento al 2016, scelto come anno campione, poiché si disponeva di una maggiore mole di informazioni a riguardo, si può affermare che il trend evidenziato rispecchia l’andamento attuale delle vendite.
Tenendo conto solamente delle copie vendute, la classifica degli autori italiani “più ricchi” di quell’anno sarebbe la seguente (tra parentesi la stima degli incassi derivati dal diritto di autore):
1. Andrea Camilleri, L’altro capo del filo (283 mila)
[…]
Paola Venturelli
 
 

Tv Fanpage, 18.2.2019
‘Il Commissario Montalbano 14’ si farà, i nuovi episodi in onda nel 2020
‘Il Commissario Montalbano’ saluta il pubblico di Rai1. Anche la tredicesima stagione, composta come sempre di soli due episodi, è giunta al termine riscontrando un successo straordinario negli ascolti. Ottime notizie per i fan della miniserie televisiva. Carlo Degli Esposti ha già confermato la quattordicesima stagione.

Il 2019 è stato un anno molto importante per ‘Il Commissario Montalbano‘ televisivo. Il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti, infatti, ha compiuto vent'anni. L'amatissima serie è tornata in televisione con due nuovi episodi: ‘L'altro capo del filo‘ e ‘Un diario del '43‘ trasmessi rispettivamente l'11 e il 18 febbraio con il consueto boom negli ascolti. Basti pensare che il primo episodio ha registrato 11.108.000 spettatori pari al 44.9% di share. Al momento non sono ancora noti i dati della puntata conclusiva della tredicesima stagione, ma è facile immaginare lo stesso riscontro. I fan della fiction, dunque, si chiedono se ci sarà la quattordicesima stagione. Come facilmente prevedibile, la risposta è sì.
Quando andrà in onda la quattordicesima stagione
Il produttore e patron di Palomar, Carlo Degli Esposti ha rilasciato in queste settimane un'intervista a ‘Tv, Sorrisi e Canzoni' nella quale ha fatto sapere che la quattordicesima stagione si farà. Ne avrebbe già parlato con Luca Zingaretti. Non solo, starebbero già fervendo i preparativi per tornare sul set: "I prossimi due film li andremo a girare tra qualche mese, li stiamo già preparando". Secondo le prime indiscrezioni, le riprese dovrebbero cominciare a maggio e gli episodi della nuova stagione de ‘Il Commissario Montalbano' dovrebbero andare in onda nella primavera del 2020.
Le parole di Andrea Camilleri
In occasione dell'importante traguardo dei vent'anni de ‘Il Commissario Montalbano', Andrea Camilleri ha scritto una lunga lettera a Luca Zingaretti. Nella missiva, in cui tracciava un bilancio, ha assicurato che ai vent'anni appena trascorsi ne seguiranno tanti altri perché ha ancora un bel po' di romanzi nel cassetto con i quali appassionare lettori e spettatori: "Mi si chiede di fare un bilancio di questi primi vent'anni, perché sappi che ne seguiranno altri. Io ho diversi romanzi di Montalbano nel cassetto". Insomma, l'avventura di Salvo Montalbano è destinata a continuare.
Daniela Seclì
 
 

La Repubblica, 18.2.2019
Torna Camilleri e rende omaggio al dottor Pasquano

Il commissario dei record (lunedì 11 L'altro capo del filo ha fatto registrare il 44,9 per cento di share con oltre 11 milioni di telespettatori) è pronto per tornare sugli schermi con un nuovo episodio.
L'appuntamento con il commissario Montalbano è stasera Rai1 alle 21.25: un nuovo episodio inedito, in cui si intrecciano tre storie legate al passato. Il tema di Un diario del ‘ 43, tratto da due racconti di Andrea Camilleri ( Un diario del ‘ 43 e Being here), è la migrazione degli italiani all'estero. Il commissario (interpretato come sempre da Luca Zingaretti) dovrà affrontare un'indagine su più fronti: un diario del 1943, collegato a una strage avvenuta all'indomani dell'8 settembre; la richiesta di un anziano di cancellare il suo nome dalla lapide dei caduti; la morte di un ricco imprenditore di Vigata.
Ma oltre all'intreccio narrativo, il nuovo episodio offre anche un omaggio all'attore Marcello Perracchio, morto nel luglio 2017 a 79 anni. Nella fiction, Perracchio interpretava il dottor Pasquano, il medico legale che tante volte ha affiancato Montalbano nelle indagini. Nel corso della puntata, Montalbano si recherà nella casa di Pasquano e seguirà il corteo funebre per il medico fino al cimitero monumentale di Scicli, dove il dottore verrà poi seppellito.
 
 

La Repubblica, 18.2.2019
Montalbano e l'omaggio al dottor Pasquano. La vedova dell'attore: "Amava quel personaggio come un figlio"
Nell'episodio 'Un diario del '43' il saluto degli amici di Vigata al medico legale interpretato da Marcello Perracchio, scomparso nel 2017. Parla la signora Franca, per cinquant'anni al fianco dell'attore

L'hanno mandato "in ferie" il burbero dottor Pasquano, il medico legale della serie tv Il commissario Montalbano che, tra un'autopsia e l'altra, divorava guantiere di cannoli e non voleva essere 'rotti i cabassisi', interpretato dall'attore Marcello Perracchio purtroppo scomparso a 79 anni dopo una lunga malattia il 28 luglio del 2017 a Ragusa. Impossibile sostituirlo. E così Pasquano resta irreperibile. Viene solo evocato. "È andato in ferie, forse con la moglie", diceva l'ispettore Fazio a Montalbano in L'altro capo del filo, il primo dei due nuovi episodi, andato in onda lunedì 11 febbraio su Rai1. Ma in 'Un diario de '43' Marcello Perracchio viene celebrato con tutti i crismi. E un "funerale cinematografico" definito da Luca Zingaretti "uno dei momenti più commoventi che abbia mai girato".
"Mesi fa, in televisione, ho visto Luca Zingaretti intervistato da Fabio Fazio che annunciava una grande sorpresa per le nuove puntate del Commissario Montalbano legata a un attore. Ho subito pensato che si trattasse di mio marito". A parlare è Franca Gurrieri, 71 anni, di Ragusa, che per oltre cinquant'anni è stata al fianco di Perracchio. "Vent'anni fa, quando iniziarono le riprese della serie televisiva il regista Alberto Sironi offrendogli il ruolo del medico legale gli disse: 'Purtroppo i personaggi maggiori sono stati assegnati, ma conosco il tuo talento e questo piccolo personaggio ci sarà in ogni puntata'. Un personaggio che Marcello amava come un figlio, si assomigliavano, e che gli aveva regalato la popolarità e, soprattutto, l'affetto della gente".
Perracchio era nato a Modica il 16 gennaio del 1938. La sua scuola "era il cinema del paese" - raccontava - dove da piccolo trascorreva i pomeriggi a guardare film americani con Spencer Tracy, Paul Newman per poi recitare le battute a casa o negli spettacoli in oratorio. Dopo il diploma di geometra apre una scuola guida a Ragusa continuando a recitare con la sua compagnia amatoriale, la Piccola Accademia.
La svolta nella carriera arriva alla fine degli anni 70 quando viene notato, durante una rassegna teatrale, da Turi Ferro, colonna dello stabile di Catania, che l'anno dopo lo chiama per recitare al Piccolo di Milano, per sostituire l'attore Umberto Spadaro morto in scena in seguito a un malore.
"Che fare? Accettare la proposta di Ferro significava allontanarsi da casa, dai figli (Maria Pia, Chiara e Giuseppe, ndr) e da un lavoro sicuro" ricorda la moglie. "'Non ti voglio obbligare a lasciare la tua passione - gli dissi - perché altrimenti me lo rinfacceresti per tutta la vita'. E quando si trovò davanti lo specchio del camerino del piccolo di Milano mi raccontò che gli vennero gli occhi lucidi e in testa mille paure: non sapeva 'se quel suo debutto sarebbe stato l'inizio o la fine di una carriera'".
La sterzata che Perracchio dà alla sua vita lo porta nel giro di pochi anni a essere un componente fisso dello stabile di Catania. Al cinema lavora con Luigi Zampa nel film Gente di rispetto e, tra gli altri, Pizza connection di Damiano Damiani, Il giudice ragazzino di Alessandro Di Robilant, La matassa di Ficarra e Picone e serie televisive come La Piovra, L'onore e il rispetto e Eroi per caso. Ma il grande successo arriva con il personaggio del dottor Pasquano. "Sul set si divertiva tanto, soprattutto, quando poteva improvvisare, lasciandosi andare con Zingaretti in siparietti comici che fortunatamente non venivano mai tagliati da Sironi" dice ancora Franca Gurrieri.
Quello tra Franca e Marcello è stato un grande amore, un "amore sognato". "Ci siamo conosciuti a scuola guida. Mi raccontò che la prima volta che mi vide, indossavo un soprabito bianco allacciato in vita, gli venne in mente un sogno che aveva fatto suo papà in punto di morte: 'Marcello, ho sognato tua moglie, era bellissima ed era tutta vestita di bianco'. E, dopo aver atteso a lungo l'assenso e il ritorno di mio papà emigrato in Venezuela, nel '68 ci sposammo. Pochi mesi prima dalla sua morte - conclude la vedova - vennero a trovarlo a casa Luca Zingaretti, Alberto Sironi e Carlo Degli Esposti. Abbracciandolo gli dissero di guarire in fretta per tornare presto sul set, ricordandogli che nessuno si sarebbe mai dimenticato di lui e del suo personaggio". Oggi, a Ragusa, nella Vigata televisiva del commissario Montalbano, c'è un piccolo teatro comunale che porta il suo nome.
Giorgio Caruso
 
 

Tv Fanpage, 18.2.2019
Il Commissario Montalbano inscena il funerale del dottor Pasquano, l’omaggio a Marcello Perracchio
Nella seconda e ultima puntata della nuova stagione de “Il Commissario Montalbano”, “Un diario del ’43”, va in scena il funerale del dottor Pasquano. È una sorta di omaggio e tributo all’attore che ha interpretato per 20 anni iil personaggio, Marcello Perracchio, morto nel 2017. Luca Zingaretti: “Addio mio dolce amico, girare questa scena è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto in carriera”.

"Un diario del '43", la seconda e ultima puntata della nuova stagione de Il Commissario Montalbano, ha messo in scena il funerale del dottor Pasquano in quella che è una sorta di omaggio e tributo alla scomparsa dell'attore che lo ha interpretato, il caratterista siciliano Marcello Perracchio. La scena della tumulazione, che ha avuto luogo nello storico cimitero di Scicli, ha rappresentato un momento toccante per tutta la troupe perché Vincenzo Perracchio ha fatto parte della grande famiglia della serie tratta dai romanzi di Andrea Camilleri sin dall'inizio.
La sequenza dei cannoli
Molto toccante, nel suo significato, la sequenza in cui il Commissario Montalbano chiama in ufficio tutta la sua squadra per officiare il rito dei cannoli, di cui il dottor Pasquano era ghiotto.
Le parole di Luca Zingaretti
"Girare la scena del funerale del dottor Pasquano è stata una delle cose più difficili che io abbia mai fatto in carriera" ha dichiarato Luca Zingaretti in conferenza stampa. L'attore siciliano, morto il 28 luglio 2017, fu ricordato così da Luca Zingaretti:
Addio mio dolce amico. Nessuno più mi manderà a….. come te! Sei stato un meraviglioso compagno di viaggio, un fenomenale interprete di un ruolo che hai fatto entrare nel cuore della gente e, last but not least, un grande e caro amico. Senza di te sarà tutta un'altra cosa! Riposa in pace
Chi era Marcello Perracchio
Classe 1938, nato a Modica, Marcello Perracchio è stato un attore attivo in teatro e in televisione, esordendo nel 1975 nel film "Gente di rispetto" di Luigi Zampa. Successivamente è nel cast di "Pizza Connection" (1985) e ancora nei film di Ficarra e Picone, "Nati Stanchi" (2002), "La matassa" (2009).
La trama dell'episodio
Tratto da due racconti di Andrea Camilleri inclusi nella raccolta "Un mese con Montalbano", "Un diario del '43" vede il nostro commissario entrare in possesso di un diario su cui è incisa la data del 1943, il cui contenuto risulta difficile da credere: mentre si combatteva la seconda guerra mondiale, qualcuno in Sicilia ordiva un attentato contro gli americani sbarcati in Sicilia.
Gennaro Marco Duello
 
 

Ragusa Oggi, 18.2.2019
Il commovente pianto di Catarella. Intanto questo lunedì sera il secondo episodio di Montalbano con l'omaggio a Marcello Perracchio. VIDEO

L’agente Catarella, con la straordinaria interpretazione dell’attore ragusano caratterista Angelo Russo, ci ha sempre fatto sorridere, anzi ridere. I suoi modi buffi, la porta sbattuta per entrare a conferire col commissario, il suo modo strano di parlare. Nel primo dei nuovi episodi de “ Il commissario Montalbano“, ci ha fatto invece piangere. E tanto. Un pianto commosso, quello di Catarella, col cuore spezzato perché una giovane vita è stata spezzata per sempre.
Quella di un neonato di una donna migrante, appena giunta al porto dopo lo sbarco. La donna è stata portata in ospedale per partorire e proprio a Catarella, che l’ha incontrato sul pontile, ha chiesto di tenerle la mano. Ma in ambulanza non l’hanno fatto salire e a Catarella rimane il rammarico di quel mancato gesto di Umanità. Il suo cuore è in fibrillazione. Chiama l’ospedale per sapere come è andata. Ma il bambino è nato, ma è morto poco dopo. Catarella piange la morte di questo “nipotino” trovato per caso, piange e ci fa piangere tanto. Mettendo da parte le stupide, stupidissime polemiche politiche sui porti chiuso o porti aperti, la vergognosa ricerca del consenso elettorale, la voce grossa di chi si fa forte sui deboli.
Questo lunedì sera il secondo e ultimo dei nuovi episodi de “Il commissario Montalbano” con un nuovo intrigante caso da scoprire e con un particolare omaggio all’attore Marcello Perracchio che è scomparso proprio quando si stavano girando i nuovi episodi. Il regista Sironi hanno deciso di modificare la sceneggiatura e celebrare i funerali del dottor Pasquano, il personaggio interpretato da Marcello Perracchio. Funerali veri e funerali finti per ricordare un grande attore e amico del pubblico televisivo che facilmente si adirava perché Montalbano continuava a rompere i cabbasisi.
 
 

Movieplayer.it, 18.2.2019
Il Commissario Montalbano 2019, Francesco Bruni: "Una provocazione sui migranti? Assurdo pensarlo"
Il Commissario Montalbano 2019: l'intervista a Francesco Bruni, sceneggiatore di uno dei nuovi episodi della serie.

Tra Vigàta e Montelusa, c'è Livorno. È di Livorno l'uomo che, da vent'anni, trasforma le pagine di Camilleri nelle sceneggiature de Il Commissario Montalbano. La prosa, già viva, di Andrea Camilleri si trasforma in dialoghi, azioni, gesti, spostamenti. È lui che - insieme a Salvatore De Mola e Leonardo Marini - taglia le pagine dei romanzi, o lega due racconti in una sola storia. Se da vent'anni Montalbano è la Sanremo della fiction, è anche merito di Francesco Bruni.
Bruni, cinquantotto anni, è lo sceneggiatore de L'altro capo del filo, prima delle due nuove avventure di Montalbano in onda su Rai1 e di tanti film di Paolo Virzì, da Ovosodo a La prima cosa bella, e il regista di Scialla! (Stai sereno), esordio premiato alla Mostra del cinema di Venezia, e di Tutto quello che vuoi, premiato in decine di festival internazionali. Lo raggiungiamo al telefono: è allo stadio, il suo Livorno ha appena vinto, gol all'ultimo minuto di Aniello Salzano.
Ricomincia un avventura che va avanti da più di vent'anni
Bruni, ma in questi vent'anni come è cambiato Montalbano?
Per fortuna, non è cambiato per niente. E forse proprio questo ne ha decretato il successo. Nello scriverlo, siamo aiutati dal fatto che Luca Zingaretti, in questi vent'anni, è rimasto fisicamente uguale.
Cambiano, invece, i temi. Nella puntata in onda stasera Vigata è alle prese con gli sbarchi dei migranti.
Sì: un tema non nuovo, nelle storie di Montalbano, ma mai così centrale. In L'altro capo del filo si tratta di una nave di migranti che viene dall'Africa; nella puntata di lunedì prossimo, Un diario del '43, si parla di una migrazione di ritorno: un italiano emigrato negli Stati Uniti torna a ricercare il suo passato.
Ci sono state già polemiche. Come se fosse una provocazione verso le posizioni dell'attuale governo.
È assurdo pensarlo; abbiamo consegnato l'episodio nel marzo 2018, e Andrea Camilleri aveva scritto il libro addirittura l'anno prima.
A proposito di Camilleri. Quali sono i suoi rapporti con lo scrittore?
Camilleri è sempre stata molto generoso, e molto gentile. Da alcuni anni non vede quasi più: e allora andiamo a casa sua e gli 'recitiamo' i copioni. Suggerisce qua e là tagli o modifiche, ma è sempre molto incoraggiante e affettuoso.
Ricorda gli inizi della serie, vent'anni fa?
Era considerato un prodotto di nicchia, andava su Raidue, e ancora il fenomeno Camilleri non era così travolgente. Ci è letteralmente esploso fra le mani.
Il commissario Montalbano, dal thriller alla commedia
Oggi, nel mondo dei social, di Twitter, di Instagram, come vive Montalbano tutto questo?
Semplice: Montalbano non sa neanche usare lo smartphone! Viene introdotto alla tecnologia da Catarella, pensa te....
Catarella porta nelle inchieste toni da commedia. Ma in generale, la commedia all'italiana sembra molto presente...
Esatto. C'è una parte di noir, di thriller, ma una parte di commedia nelle storie di Montalbano. Per esempio nel rapporto di Montalbano con Mimì Augello, o nelle apparizioni dei testimoni, sempre coloriti. Due registri che sono già nei romanzi.
L'aspetto più affascinante di Montalbano, per lei?
Il suo sguardo molto umano sul crimine. Lo vede come qualcosa che fa parte dell'animo umano; lo guarda con amarezza, ma non giudica. Proprio come uno dei grandi maestri a cui Camilleri si ispira, Georges Simenon e il suo commissario Maigret.
Giovanni Bogani
 
 

Salernonotizie, 18.2.2019
Ventanni di Montalbano, eppure non li dimostra

Ha ventanni, il Montalbano televisivo: ne dimostra di più. Fra repliche e nuovi episodi, il personaggio e la sua corte sono entrati nel nostro patrimonio di immagini in maniera indelebile. La porta sbatte e aspetti che entri Catarella a valanga. Passa una bella donna e Mimì dichiara di conoscerla da vicino. Hai una curiosità e Fazio ti inonda di note. Il Dottore Pasquano lascia la scena per il decesso dell’attore, restano i conti della pasticceria per le guantiere dei cannoli che ingurgitava da solo.
Vai in Sicilia e ti imbatti nella diatriba fra Catania, Messina, Palermo sulla tipologia del cannolo e della cassata. L’Accademia della Crusca sicula, ammesso che esista, dovrebbe dirimere la summa quaestio fra arancino o arancina. Andrea Camilleri propende per il maschile avendo intitolato una raccolta di racconti “Gli arancini di Montalbano”. E Camilleri è artis magister. Tanto di cappello a questo giovane novantenne, praticamente cieco, inossidabile comunista anche ora che il comunismo sopravvive solo in Estremo Oriente.
Camilleri ricorda che il suo esordio alla RAI fu travagliato dall’essere iscritto al PCI. La RAI di allora, dalla democristiana bonomia, lo accolse in omaggio al consociativismo. Bastava non contestare il primato centrista e la tua carriera potevi farla lo stesso. Fortuna per la TV e per il pubblico del più prolifico e celebre scrittore italiano di questo scorcio di secolo. Letta da milioni di persone in decine di traduzioni, seguita sullo schermo da oltre un miliardo di spettatori, la saga di Montalbano è di tale successo che neppure varrebbe la pena parlarne.
Bisogna parlarne perché merita l’inopinata critica di parte della platea sovranista, che avrebbe voluto correggere certi eccessi integrazionisti della prima puntata. Montalbano accoglie i migranti nel Porto di Vigata, ancora non chiuso dalle disposizioni ministeriali. Porta a riva la salma di un maghrebino finito in mare. Smentisce che i terroristi ISIS viaggino a bordo dei barconi. Esonera Catarella dal servizio: si commuove allo spettacolo della sofferenza ed un poliziotto commosso è un cattivo poliziotto.
Undici milioni di spettatori mostrano di gradire lo sceneggiato. O si lavano la coscienza trasferendo su Montalbano la bontà che non sentono più di esprimere in pubblico. O resistono alla vulgata che ci vuole tutti incarogniti davanti allo scempio dei sentimenti. La faccia feroce non si addice al pubblico televisivo mentre guarda le immagini del Commissario. E’ il bello della letteratura: permette di saltare le mediazioni politiche che impongono di affrontare il fenomeno migratorio con determinazione.
Luca Zingaretti offre l’interpretazione autentica di questo moto dell’anima, legge in altra trasmissione la lettera che gli ha scritto Andrea Camilleri. Salvo Montalbano è il padre che tutti vorremmo avere e che forse abbiamo. E’ l’uomo giusto, giustamente carico di difetti come il carattere ombroso, l’incerta fedeltà all’eterna fidanzata, l’insofferenza verso le regole gerarchiche.
L’uomo giusto riconosce le contraddizioni per piegarle a fini etici. L’ethos pubblico prevale sulla morale privata. Il funzionario statale, tale essendo il Commissario di Polizia, giura fedeltà alla Costituzione al momento dell’insediamento. Il giuramento è solenne, se lo porta appresso in tutte le vicissitudini del servizio e anche dopo.
Il servizio della Repubblica – è la lezione di Montalbano – è per sempre o non è. La Repubblica è fatta di istituzioni, cittadini, bandiere tricolore e stellata, inni di Mameli e Beethoven. L’errore ci può stare, e Montalbano ne commette. La slealtà mai.
Cosimo Risi
 
 

RagusaNews, 18.2.2019
Montalbano, l'omaggio di Camilleri a Luigi Pirandello
La borgata sciclitana di Sampieri ha finalmente il giusto riconoscimento

Il Fu Mattia Pascal riletto da Andrea Camilleri. E' andato in onda stasera il nuovo episodio del Commissario Montalbano, "Un diario del 43", con una citazione esplicita della poetica pirandelliana.
Molte scene sono state realizzate a Sampieri di Scicli, borgata che riceve finalmente il giusto riconoscimento. La storia prende abbrivio dalla demolizione di un vecchio silos, durante la quale viene ritrovato un diario scritto nell’estate del 1943 da Carlo Colussi (Lorenzo Adorni), un ragazzo che allora aveva quindici anni: intriso di ideologia fascista, confessa di aver compiuto un atto terribile all’indomani dell’8 settembre '43, una strage attorno alla quale s'intrecciano passato e presente.
Quel giorno in commissariato si presenta un arzillo novantenne, John Zuck (un bravo e convincente Dominic Chianese). L’uomo, vigatese di nascita, durante la guerra fu fatto prigioniero dagli americani e complice la morte di entrambi i genitori in un incidente stradale, decise di restare in America e di rifarsi una vita. Una volta tornato a Vigata, scopre che il suo nome inserito erroneamente sulla lapide dei caduti in guerra. Qui la sua vicenda umana sembra uscita dalla penna di Luigi Pirandello.
Zuck chiede a Montalbano di aiutarlo a far cancellare il suo nome dal monumento. Il giorno dopo l’incontro con Zuck un altro novantenne, Angelino Todaro (Nino Bellomo), uno dei più ricchi imprenditori della città, viene trovato morto: cosa si cela dietro la sua morte?
L'omicidio spiazza tutti e diventa ancora più misterioso quando, tra le luminarie della festa di San Giorgio, Montalbano capisce che le tre storie sono collegate fra loro, in modo del tutto sorprendente e tragico.
 
 

La Repubblica, 19.2.2019
Montalbano, grande successo anche per il secondo episodio: oltre 10 milioni davanti alla tv
Share del 43,5% per 'Un diario del '43'. La troupe del regista Alberto Sironi pronta a girare i prossimi due nuovi episodi. Set in Sicilia a maggio, appuntamento in tv nella primavera 2020

Ancora un grande successo per Il commissario Montalbano: lunedì 18 febbraio l’episodio trasmesso su Rai1, intitolato Un diario del '43, è stato visto da 10 milioni e 150mila spettatori, con il 43,5% di share. La conferma di quanto il pubblico sia legato all’antieroe creato da Andrea Camilleri, interpretato da Luca Zingaretti.
L’episodio precedente, L’altro capo del filo, trasmesso l’11 febbraio, aveva segnato un record conquistando 11 milioni 108 mila spettatori (44,9 % di share), piazzandosi al terzo posto nella classifica degli episodi più visti di sempre in termini di spettatori e al secondo per quel che riguarda lo share. Introducendo in più il tema dell'accoglienza dei migranti, che ha animato i social senza dividere il pubblico.
Quest’anno Montalbano ha festeggiato vent'anni di carriera in tv. Ieri sera, come spesso accade nel mondo di Camilleri, passato e presente si sono intrecciati con la vicenda di un ragazzo, sostenitore dell'ideologia fascista, autore di un diario scritto nell'estate del 1943 e scoperto per caso, durante la demolizione di un vecchio silos. Ma il protagonista della puntata era un elegante novantenne, John Zuck (Dominic Chianese, interprete del Padrino parte II e I Soprano). L'episodio è stato segnato anche dalla morte del dottor Pasquano, il medico legale uscito di scena dopo la scomparsa nel 2017 del suo storico interprete, Marcello Perracchio.
La squadra di Montalbano, con il regista Alberto Sironi in testa, è già pronta per girare i prossimi due nuovi episodi. Set in Sicilia a maggio; appuntamento in tv nella primavera 2020.
Silvia Fumarola
 
 

Prima comunicazione, 19.2.2019
18 febbraio Montalbano meno atomico, Porro sul podio con Berlusconi

Non è arrivato un altro record, ma è stata comunque una buona performance. Il secondo episodio inedito del 2019 de ‘Il Commissario Montalbano’, ‘Un Diario del ’43’, drammaturgicamente più intenso di quello andato in onda sette giorni prima, ha ottenuto meno pubblico, ma conquistando comunque ben 10,150 milioni di spettatori ed il 43,3% di share.
‘Un Diario del ‘43’ entra così per ascolti nella top ten del personaggio di Andrea Camilleri valorizzato dalla Palomar e si colloca al quarto posto per share. Per fare ancora meglio – molto probabilmente – sono mancati un po’ di ‘bacino’ e un po’ di ‘clima’. Sette giorni prima, cioè, nella prima settimana post Sanremo, c’erano oltre 600mila spettatori in più davanti ai teleschermi; ieri c’era meno attesa per l’evento e una controprogrammazione più convinta.
L’introduzione di Andrea Camilleri, ieri, così ha avuto 1 milione di spettatori in meno della volta precedente, conquistando 9,2 milioni di spettatori e il 33,64% di share.
La storia di ieri – con dentro il poetico tributo a Marcello Perracchio, l’attore che interpretava il ruolo del medico legale Pasquano, morto nel 2017 (dopo il funerale del personaggio, Salvo e gli altri poliziotti fidati hanno consumato in suo onore silenziosamente dei cannoli in questura) – ha fatto un picco da 11,5 milioni di spettatori ed ha pure per converso mostrato una tenuta ferrea dei fedeli cultori conquistati.
Nel finale, alle 23.37, c’erano ancora 9,1 milioni di spettatori a guardare Rai1, che in quel momento ha avuto il 50% quasi esatto della platea tv.
[...]
 
 

Corriere di Ragusa, 19.2.2019
Il dottor Pasquano ricordato con il rito del cannolo da Montalbano tra nostalgia, tristezza e folklore

Un cannolo per il dottor Pasquano. Salvo Montalbano e la sua “squadra” salutano così, quasi in modo irriverente, il medico legale che ha accompagnato le inchieste del commissario. Il cannolo, degustato in silenzio e quasi con le lacrime agli occhi, è consumato subito dopo il funerale, e racconta quell’uomo amante della vita e del buon cibo. Gli autori di Montalbano rendono così omaggio alla figura dell’attore Marcello Perracchio, che tanto ha contribuito al successo della serie e che chiude così la sua vicenda televisiva, dopo quella terrena. Il tutto inserito in un episodio complesso, al primo impatto tortuoso e quasi incomprensibile, ma che poi si dipana facendo apparire verità nascoste nel tempo, segreti, amori, gelosie e vendette consumate a freddo. “Un diario del ’43” è tutto questo nel racconto della vicenda di Giovanni Zuccotti, arrivato dall’America, spinto dal segreto istinto di vendicare la morte violenta dei suoi genitori. Montalbano si trova invischiato in un caso, come quello del ritrovamento di un diario di guerra, apparentemente innocuo, ma poi sorprendentemente legato all’omicidio di un anziano imprenditore. Camilleri è all’altezza della sua fama nell’intrecciare il racconto e a far perdere il lettore nella sua trama, la regia di Alberto Sironi coglie tutta la drammaticità del caso, le sue sfaccettature più intime, gli intrecci sottostanti.
Ci sono crisi di identità dal sapore pirandelliano, c’è il senso dell’espiazione nell’autore della strage di alcuni americani che si fa prete e risponde con l’amore per il prossimo alla sua violenza giovanile. Montalbano commette alla fine un errore fatale, forse voluto. Asseconda la richiesta dell’omicida Giovanni Zuccotti, reo confesso, di assistere per l’ultima volta alla festa di S. Giorgio, la cui “ballariata” invade le strade di Ibla. Una festa di vita, di vitalità, di gioia. Quella che non sarà per l’omicida che si fa suicida, che nega la vita e si consegna ad una giustizia che non sarà quella del commissario e di cui Camilleri tace lasciando allo spettatore l’ultimo giudizio.
Duccio Gennaro
 
 

CulturaMente, 19.2.2019
Buon compleanno Montalbano, vent’anni e non sentirli
È andato in onda ieri l’ultimo dei nuovi episodi di Montalbano.

In 10 milioni davanti al piccolo schermo per seguire le avventure del commissario di Vigata. Il 43,5% di share sentenzia come il pubblico sia legato al personaggio creato da Andrea Camilleri, interpretato dal magistrale Luca Zingaretti.
Vent’anni in cui lo spettatore segue le vicende dell’uomo e della divisa. Vent’anni in cui finalmente il set della Sicilia non viene accostato alla mafia ma viene innalzato a nuova definizione; il protagonista con la sua prosa dialettale e la sua flemma combatte il malaffare e sdogana lo stereotipo dei siciliani mafiosi.
L’introduzione di Camilleri alla puntata è una gemma preziosa.
L’autore ha spiegato come le sue opere prendano quasi sempre spunto da fatti realmente accaduti. I suoi ricordi prendono vita e scivolano sull’inchiostro dando vita a storie che rimarranno pietre miliari sia nel mondo della letteratura che nel mondo televisivo.
La puntata è un intreccio di due racconti scritti da Camilleri.
Passato e presente si attorcigliano. La riscoperta, durante la demolizione di un vecchio silos, di un diario del ’43 tenuto da un giovane ragazzo, sostenitore dell’ideologia fascista, riaprirà quello che oggi definiremmo un “cold case”.
Il protagonista della puntata è un elegante novantenne, John Zuck (Dominic Chianese, interprete del Padrino parte II e I Soprano) che diverrà lo strumento di numerosi spunti di riflessione per chi purtroppo deve vivere fuori dalla propria Terra.
Perché ieri come oggi l’italiano è un popolo di immigrati e la memoria storica è fondamentale.
Inoltre, uno dei momenti più alti della puntata è l’omaggio implicito all’attore che interpretava il dottor Pasquano, Marcello Perracchio.
Nel nuovo plot il medico legale risultava essere in ferie. Un escamotage momentaneo poiché il suo ruolo era ormai iconico ed insostituibile. Tra un’autopsia e un’analisi in laboratorio non voleva “rotti i cabassisi” nei suoi momenti di golosità in cui godeva nell’addentare la croccante cialda dei cannoli alla ricotta. Celebri i pungoli tra il dottore e il commissario.
Nell’episodio “Un diario de ’43” Marcello Perracchio viene omaggiat:; è un “funerale cinematografico” definito da Luca Zingaretti “uno dei momenti più commoventi che abbia mai girato”.
E mentre aspettiamo trepidanti la nuova fatica letteraria dell’insuperabile maestro Camilleri, la troupe televisiva avvia il processo organizzativo per girare i prossimi due nuovi episodi. Set in Sicilia a maggio; appuntamento in tv per il 2020.
Alessia Aleo
 
 

Ragusa Oggi, 19.2.2019
Montalbano omaggia la festa di San Giorgio a Ragusa FOTO GALLERY

Un omaggio alla tradizionale e storica festa di San Giorgio a Ragusa. E’ quello che ha fatto la fiction Rai – Palomar “Il commissario Montalbano” con il secondo dei nuovi episodi la cui messa in onda è stata prevista per questo mese di febbraio.
Tra le immagini delle varie location dove si svolgono le intrigate indagini del commissario Salvo Montalbano, come sempre interpretato dall’attore Luca Zingaretti ben diretto dal regista Alberto Sironi, c’è posto per più carrellate che, su Raiuno, raccontano velocemente la festa, la devozione dei fedeli, la grande partecipazione.
 
 

Corriere Tv, 19.2.2019
Da Busto Arsizio a Vigata: ecco come 20 anni fa è nata la fiction del commissario Montalbano
Il regista Alberto Sironi e il produttore Carlo Degli Esposti svelano i segreti della serie tv più amata dagli italiani: «Non avevo una lira ma feci lo stesso un contratto di tre mesi ad Andrea Camilleri»

Elvira Sellerio. Si deve a lei, dirigente Rai, fondatrice dell’omonima casa editrice, la pubblicazione dei romanzi del commissario Montalbano e anche della fiction. Lo svela il produttore Carlo Degli Esposti: «Non avevo una lira ma feci un contratto di tre mesi ad Andrea Camilleri». E poi Alberto Sironi, il regista, spiega il suo amore per la Sicilia: «Sono fortunati i siciliani ad avere me come regista perché io vedo quello che loro non vedono».
Nino Luca
 
 

Affaritaliani.it, 19.2.2019
Ascolti tv, Montalbano da record: ecco perché. AUDITEL, ANALISI MONTALBANO
Ascolti tv lunedì 18 febbraio 2019 Il Commissario Montalbano oltre 10 milioni. AUDITEL, L'ANALISI SULLA FICTION DA RECORD
Ascolti tv, Montalbano oltre 10 milioni su Rai 1. I dati Auditel
Ascolti tv lunedì 18 febbraio 2019: oltre 10 milioni per l'ultima de Il Commissario Montalbano. Nuovo trionfo di Rai 1 per la serie tv dei record. Ecco l'analisi by Publicis Media Italy su Montalbano, fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri.

La serie TV Il commissario Montalbano, tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, compie vent'anni ed è ritornata in TV con la tredicesima edizione formata da due nuovi episodi: L’altro capo del filo e Un diario del ’43. Il team Research & Business Intelligence di Publicis Media Italy ha analizzato i dati di ascolto della fiction che, nonostante l’età, continua a trovare il plauso del pubblico anno dopo anno. Dal 6 maggio 1999 infatti, data della messa in onda della fiction, la serie televisiva incassa successi e gli ascolti mostrano un trend positivo. Le indagini del commissario, nei due episodi appena trasmessi, hanno avuto una media di 10.6 MILIONI di spettatori ed il 44.1% di share, numeri che pongono ogni anno la fiction tra la lista dei programmi più visti in Rai e nella TV italiana, al pari del Festival di Sanremo o dei grandi match di calcio. Nel dettaglio la prima puntata ha conquistato 11.1Mio di telespettatori con il 44% di share ed è stato il secondo episodio più visto di tutta la serie, battuto solamente dall’omologo esordio della dodicesima stagione, trasmessa esattamente un anno fa. Ne L’altro capo del filo il picco di ascolto è stato di oltre 12Mio di spettatori, mentre quello di share è del 51.3%. 10.6Mio sono invece stati gli appassionati che hanno visto la puntata trasmessa ieri, Un diario del ’43, arrivata al 44.1% di share. Il secondo episodio della tredicesima edizione ha aumentato la share di circa mezzo punto rispetto all’omologo del 2018 e con circa 16.5Mio di contatti ha conquistato picchi del 49.9% di share sugli individui e del 63% sui laureati.



Andando a ritroso negli anni gli ascolti della prima puntata trasmessa nel 2002 dall’ammiraglia Rai erano già positivi con oltre 9Mil di spettatori e il 33.5% di share. Anche all’epoca la controprogrammazione delle altre reti era dedicata a film e programmi di intrattenimento, molto simile a quella proposta oggi. Durante i venti anni di programmazione la produzione firmata da Alberto Sironi, registra fin dal primo episodio, ha conquistato ascolti da record mostrando una lieve flessione solo nel 2008 quando ha subito la competizione con L’Isola dei Famosi, trasmissione di punta dell’epoca su Rai2. La fiction è rimasta sempre invariata nella sua struttura e probabilmente è proprio questo il segreto del successo del Commissario Montalbano, del vice di Vigata “Mimì” Augello, dell’ispettore Giuseppe Fazio e dell’agente Catarella.Il pubblico della fiction che accompagna dal 2002 le indagini del commissario è fedele. I dati mostrano infatti che oggi la quota di individui 65+ è pari al 43.8% del totale ascolto, più alta di oltre 20 punti rispetto a 17 anni fa. Il successo della serie TV è dimostrato anche dai numeri ottenuti sulla piattaforma RaiPlay. Il live streaming della prima puntata ha registrato il dato più alto della stagione televisiva per una fiction con 119.300 contatti,1 mentre la seconda ha toccato i 96.900.
 
 

Ragusa News, 19.2.2019
Montalbano, che spettacolo quel ristorante a Sampieri!
A lume di candela

Scicli - E' un vero peccato che quel ristorante sia solo cinematografico. Perchè l'atmosfera romantica in riva al mare, a lume di candela, è un sogno.
Nell'episodio "Un diario del 43", andato in onda in prima assoluta ieri sera su Rai Uno, il commissario Montalbano cena in una trattoria in riva al mare che nella realtà non esiste. E' la casa del "Barone Terremoto", chiusa e disabitata da un quarantennio, nella parte finale del lungomare di Sampieri.
A noi piace tanto. E dire che a Sampieri se ne sente il bisogno.
 
 

ANSA, 19.2.2019
Addio Giulio Brogi, dall'Eneide all'ultimo Montalbano
Ha lavorato con Taviani, Sorrentino, Olmi, Cavani e Bellocchio

Roma. Si è spento oggi nel tardo pomeriggio a Negrar (Verona) l'attore Giulio Brogi. Interprete in decine e decine di film, diretto da grandi autori italiani (da Taviani, a Sorrentino nella Grande Bellezza, da Cavani a Olmi e Bellocchio), è stato anche un grande attore di teatro. Aveva 83 anni, era nato a Verona il 13 maggio 1935. Il pubblico lo ha visto proprio ieri sera nel Il commissario Montalbano. Divenne famoso alla platea televisiva interpretando Enea nella storica Eneide del '71 di Enea di Franco Rossi. In tv si rivedrà in 1994, la serie di Sky.
Un'uscita di scena da grande attore quale è sempre stato: ad apprezzarlo oltre 10 milioni di spettatori, il pubblico di Rai1, del commissario Montalbano, che ieri lo ha visto tra i protagonisti di puntata di "Un diario del '43", tratto dai racconti di Andrea Camilleri. Appare nel finale dell'episodio nel ruolo di Carlo Colussi, l'autore del diario del titolo, ormai invecchiato e diventato prete.
[...]
Nicoletta Tamberlich
 
 

AISE, 19.2.2019
Alberto Sironi su Rai Italia: il regista di Montalbano domani a “L’Italia con voi”

Roma - Nuova puntata domani su Rai Italia de “L’Italia Con Voi”, il nuovo programma ideato e prodotto per gli italiani nel mondo, condotto da Monica Marangoni, affiancata in studio da Stefano Palatresi al pianoforte.
[...]
Monica Marangoni accoglierà Alberto Sironi, il regista della fiction più amata dagli italiani e seguitissima anche all’estero: “Il commissario Montalbano”.
[...]
 
 

LatinaCorriere, 19.2.2019
Il sindacato di Polizia contro il Commissario Montalbano, da Latina la polemica sul personaggio di Catarella

Dieci-undici milioni di telespettatori “regalano” al commissario Montalbano un po’ di polemiche. I nuovi episodi della fiction, tra le più amate dagli italiani, stimolano critiche al personaggio ideato da Andrea Camilleri. Era già accaduto con “L’altro capo del filo” sullo sfondo degli sbarchi dei migranti nella bella Sicilia, andato in onda la scorsa settimana. Ieri in tv su Rai 1 “Un diario del 43”, entrato nel vivo delle indagini per omicidio di un anziano uomo, e riecco la polemica. Questa volta parte proprio da Latina, con Elvio Vulcano, coordinatore nazionale per la stampa e per le comunicazioni del sindacato di polizia LeS (Libertà e Sicurezza Polizia di Stato). Insomma, un poliziotto che contesta un altro poliziotto.
“Contestare uno scrittore come Camilleri e la fiction televisiva di notevole successo come il Commissario Montalbano non è da tutti ma il nostro sindacato vuole spezzare l’incantesimo e gridare ‘il re è nudo!’, come nella fiaba di Andersen – afferma Vulcano in rappresentanza del sindacato Les -. Premetto che personalmente non sono un appassionato del genere e quando sono giunte alle nostre varie segreterie alcune lamentele mi sono dovuto documentare su quanto segnalato. Cosa ha fatto indignare i nostri colleghi? La parodia dell’Assistente Agatino Catarella. Questo scimmiottamento della figura del ruolo degli Assistenti non è accettabile, perché, in particolare negli ultimi episodi, si sta facendo un’opera di denigrazione nei confronti di tutti coloro che rivestono il grado che ricopre Catarella nella serie e cioè quello di Assistente. Sarebbe opportuno che l’opinione pubblica sapesse che nel ruolo Agenti/Assistenti vi è del personale che ha un titolo di studio equivalente o persino superiore a chi accede nel ruolo dei Commissari. Dobbiamo anche dissentire dalle parole del capo della Polizia Franco Gabrielli che, in una festa organizzata in occasione del ventennale della serie presso la scuola superiore di Polizia lo scorso 11 febbraio, ha dichiarato che tale categoria di personale è stata perfettamente e correttamente rappresentata in questa fiction… Se avesse festeggiato presso un istituto di formazione per Agenti, piuttosto che in quello per funzionari, qualcuno che dissentiva lo avrebbe però sicuramente trovato”.
Ma Vulcano non si ferma qui.
“Vi è poi un altro aspetto – aggiunge -, questo più politico, poiché l’attore Luca Zingaretti, che interpreta Montalbano, è il fratello maggiore del politico Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, ente che patrocina lo sceneggiato. Tale criticità già emerse in passato ma ovviamente i sostenitori di quella parte politica obietteranno che la cultura va sempre finanziata e che la concomitanza di un’uscita cinematografica con un periodo elettorale non deve precluderlo”. “Tornando al Re nudo – conclude Vulcano -noi, che appunto il Re ora lo sia davvero, l’abbiamo accertato e dichiarato e, ciononostante, il sovrano continua imperterrito a sfilare come se nulla sia successo”.
 
 

LaNostraTv, 19.2.2019
La stagione della caccia, trama: Francesco Scianna svela un retroscena
La stagione della caccia, film Rai1: Francesco Scianna racconta cos’è successo sul set

Andrà in onda lunedì 25 febbraio in prima serata su Rai1 La stagione della caccia, film giallo nato dalla penna di Andrea Camilleri, già firma prestigiosa de Il commissario Montalbano. E a meno di una settimana dalla messa in onda de La stagione della caccia, l’attore Francesco Scianna si è raccontato sulle pagine di DiPiùTv, dove ha parlato delle riprese del film, svelando cos’è successo sul set:
Un giorno dovevo recitare battute molto lunghe, ma il vento ci stava facendo diventare pazzi […] era la scena più difficile e intensa […] i dialoghi rischiavano di non essere registrati in modo chiaro, con quel rumore. Alla fine ci sono riuscito
ha infatti raccontato Francesco Scianna su La stagione della caccia.
Francesco Scianna parla de La stagione della caccia: “Mi ha aiutato il mio angelo custode”
Oltre all’episodio della scena più difficile, su La stagione della caccia Francesco Scianna ha fatto anche una confessione, rivelando che Charlie Chaplin è per lui una sorta di angelo custode, che sente sempre accanto, dunque anche durante i ciak di questo nuovo film. “Mi dà serenità come un amico che ti resta accanto nei momenti più difficili. Nei momenti più duri ho pensato a lui” ha infatti dichiarato a tal proposito l’attore, prima di fare una rivelazione sul romanzo La stagione della caccia, dal quale è appunto tratto il film.
L’ho letto tutto d’un fiato prima di arrivare sul set. Sono un appassionato della scrittura di Andrea Camilleri, dei suoi personaggi ricci di sfaccettature e della sua Sicilia fatta di profumi, luci e tramonti.
[...]
Emanuele Fiocca
 
 

Pangea, 19.2.2019
“Ho osato dire che Camilleri è un furbo e mi hanno dato dello str***o; d’altronde Oscar Farinetti allinea perle letterarie che neanche Fabrizio Corona”: Francesco Consiglio muove guerra agli Intoccabili della cultura italiana

Secondo il Treccani un intoccabile è, in senso figurato, “colui che si trova in una situazione di privilegio ed è immune da sanzioni, critiche e censure, perché raccomandato o protetto”. Esistono intoccabili che hanno amicizie in alto loco: politici inquisiti per anni che continuano a occupare le stanze del potere, grandi evasori con grandi capitali nascosti, alti prelati in odore di pedofilia che esercitano impunemente il ministero della Chiesa. Tutti li additano come indegni, ma nessuno riesce a cancellarli dalla vita pubblica, costringerli a restituire il maltolto o portarli a giudizio e ottenerne la condanna.
Accanto ai potentoni cui tutto è consentito, esiste un’altra categoria di intoccabili: quelli che godono del favore del popolo, o di una parte consistente di esso. Sarà un caso, o forse no, ma si tratta, per lo più, di uomini feticcio della sinistra.
Adesso vi racconto cosa mi è successo poco fa, dopo avere letto su un popolare quotidiano che gli undici milioni di spettatori incollati alla tv a vedere Montalbano sono tutti a favore dell’accoglienza, come il Commissario. Poiché tale concetto mi è parso risibile e fazioso, ho approfittato del pulpito digitale (l’unico, ahimè, che mi è concesso), obiettando su Facebook che, secondo quel ragionamento, se io guardassi un documentario sul nazismo, sarei un nazista. Osservazione inoppugnabile che ha raccolto solo consensi. Il peggio è accaduto poco dopo, quando ho aggiunto il mio parere sui romanzi polizieschi di Camilleri. Dopo un iniziale entusiasmo dovuto a una parvenza di originalità dello stile, oggi posso dire che la saga letteraria di Montalbano è un’operazione commerciale abilmente costruita da un furbo di tre cotte. Per non metterci del mio ed essere bollato come uno scrittore rosicone, ho citato le parole dello scrittore Fulvio Abbate: “Camilleri è il prodotto perfetto per restituire una Sicilia di genere, lompo in luogo del caviale, un’isola da sarde a beccafico. Perfino la mafia nei suoi libri diventa un souvenir, come il carrettino o la coppola o il grembiule con l’effigie di Brando nei panni del Padrino”.
Un utente, tale Sergio, ha replicato: “Francesco Consiglio, pulisciti la bocca quando parli di una persona come Camilleri e di un attore come Zingaretti, stronzo”. Certo, è strano che qualcuno mi inviti a pulirmi la bocca mentre tiene nella sua uno stronzo, ma non voglio replicare. Guardo e passo. Però, mi chiedo quale bizzarra patologia mentale spinge un uomo a rischiare una querela per correre in soccorso di un personaggio famoso che saprebbe difendersi da solo, con più grazia, ma molto più probabilmente ignorerebbe il post di un semisconosciuto scrittore di provincia. Dev’essere la stessa malattia che porta un ultras disoccupato a fare a botte per l’onore della sua squadra di calciatori milionari.
[...]
Francesco Consiglio
 
 

La Nuova Sardegna, 19.2.2019
Andrea Camilleri
Sardegna e Sicilia, due isole un unico destino
Dal 25 febbraio a Cagliari un seminario internazionale sul creatore di Montalbano: tra gli ospiti Simonetta Agnello Hornby
Paolo Coretti
 
 

Il Giornale, 20.2.2019
Neppure la guerra può fermare Montalbano
Neppure i terribili ricordi della seconda guerra mondiale possono scalfire Montalbano che continua a lavorare nella città più "pericolosa d'Italia"

Non possiamo che ripeterci e fare i complimenti a Luca Zingaretti, a tutta la sua squadra, alla casa di produzione Palomar e a Rai Fiction per l'ennesimo successo del Commissario Montalbano.
Lunedì sera l'episodio Un diario del 43 ha catturato più di dieci milioni di spettatori, per il 43,3 per cento di share. È il quarto miglior risultato nella storia della fiction, l'episodio della settimana scorsa è risultato il terzo. Insomma, nonostante siano passati vent'anni dall'esordio alla televisione, Montalbano non conosce erosione, perdita di appeal, momenti di stanchezza, anzi piace più che mai. Le rughe, l'età, i tanti delitti affrontati, i dolori nella vita, pure i terribili ricordi della seconda guerra mondiale, non hanno scalfito il Commissario che continua a lavorare nella città più «pericolosa d'Italia».
Certo, come nei romanzi di Camilleri, le trame sono così intrecciate che a volte si perde il filo del discorso e ci si innervosisce per alcuni personaggi troppo macchiettistici. Ma, che importa, a Montalbano si perdona tutto, tanto lui è buono e giusto per antonomasia. Stracciati tutti gli altri programmi in concorrenza, anche Realiti Sciò di Raidue, fermo al 3 per cento di share. Unico resistente Nicola Porro, che anche questa settimana riesce a racimolare il 5 per cento di share con 950.000 spettatori che hanno preferito informarsi sulle vicende giudiziarie dei genitori di Renzi piuttosto che su quelle del Commissariato di Vigata.
Laura Rio
 
 

L'Unione Sarda, 20.2.2019
Dal libro alla fiction. Lunedì 10 milioni di spettatori per la puntata di fine stagione
Un Montalbano da record
Il merito del successo? Lo racconterà a Cagliari (mercoledì) il produttore
 
 

Sette - Corriere della Sera, 20.2.2019
Videocrazia
Montalbano ha messo ko anche King Kong
Il successo di Montalbano mi consola e mi rassicura perché mezza Italia, letteralmente, si è fermata per il personaggio d’una serie di romanzi di successo popolare enorme – Camilleri è un po’ il nostro Simenon – e questo ancora una volta conferma come i libri abbiano tanto da dirci

PERCHÉ IL COMMISSARIO MONTALBANOmi fa pensare all’Ottava sinfonia di Mahler? È semplice. Nel 2002 il direttore d’orchestra Simon Rattle ha portato alla Royal Albert Hall di Londra l’Ottava di Mahler, il concerto fu trasmesso in diretta dalla Bbc ed ebbi la fortuna di vederlo. La particolarità dell’esecuzione? Il compositore prevedeva un organico orchestrale e corale gigantesco – è anche detta la “sinfonia dei Mille” – e quella volta Rattle utilizzò quasi 800 persone, 150 ragazzi della National Youth Orchestra e 650 coristi arrivati da Birmingham, Sydney, Toronto in aggiunta ai colleghi londinesi. Al termine del concerto, Sir Simon disse ai ragazzi una cosa molto bella: «Sono tranquillo: il futuro della musica è in buone mani». Perché la musica classica – il suono di un’orchestra e della voce umana non amplificati da strumenti elettrici – è probabilmente in pericolo d’estinzione. Come, forse, lo è la lettura dei libri.
E COME RATTLE era consolato da ottocento persone – ottocento! – che suonavano e cantavano con lui, sulla Bbc, così è per me impossibile non sentirmi rinfrancato quando vedo il Commissario Montalbano, che è la creatura di uno dei nostri più grandi scrittori viventi, Andrea Camilleri, fare una cosa straordinaria come quella di lunedi 11 febbraio. Perché appena l’Italia si è scollata dal Festival di Sanremo, che non era finito neanche da 48 ore, ecco Montalbano. Ecco l’arrivo dei nuovi episodi del Commissario Montalbano su Rai1, Luca Zingaretti che mette ko ancheKing Kong, in onda su Canale 5 (il film Kong: Skull Island). Montalbano con l’episodio L’altro capo del filo ha realizzato, all’Auditel, un dato spaventoso, il 44,9 % di share con oltre 11 milioni di spettatori, mentre Kong: Skull Island che era pure in prima visione televisiva ha totalizzato 1.788.000 spettatori e il 7,9% di share (e su La7 la serie Grey’s Anatomy, inossidabile, giunta al 14esimo anno, ha comunque attirato 590.000 spettatori (share al 2,3%).
IL SUCCESSO DI MONTALBANO mi consola e mi rassicura perché mezza Italia, letteralmente, si è fermata per il personaggio d’una serie di romanzi di successo popolare enorme – Camilleri è un po’ il nostro Simenon – e questo ancora una volta conferma come i libri abbiano tanto da dirci, anche i libri popolari da Harry Potter a quelli di Elena Ferrante. Trovare un pubblico vuol dire raccontare una storia che parla a tutti: Roberto Calasso, quando morì Frank McCourt, l’autore de Le ceneri di Angela (Adelphi) che è stato un romanzo popolarissimo, lo paragonò a Dickens, perché i suoi libri parlavano a tutti. Camilleri è così. E fa ancora più impressione adesso, ha 93 anni ma il suo personaggio è nato quando l’autore ne aveva 69, di anni, quando aveva già vissuto tutta una vita senza il Commissario prima di cominciarne un’altra, da papà di Montalbano. Prima di Natale, Camilleri ha concesso al Corriere, a Roberta Scorranese, una bellissima intervista. L’ultima domanda: “Si è accorto che siamo arrivati alla fine di questa conversazione senza mai nominare Montalbano?” La risposta: «Non ce n’è stato bisogno. Lui ormai vive per conto suo e non ha bisogno di me».
Matteo Persivale
 
 

Siciliafan, 20.2.2019
Ecco chi è la “Pupa del Capo” della quale parla il Commissario Montalbano


La Pupa del Capo

“Commissario, c’è una pupa che vuole parlare con lei!”
“Che pupa, Catarè? La Pupa del Capo?”
Lo scambio di battute che abbiamo appena citato è avvenuto tra il mitico commissario Salvo Montalbano e l’inimitabile Catarella, durante l’episodio “Un diario del ’43“. Quanti di voi hanno capito il riferimento? Forse non tutti lo sanno, ma la Pupa del Capo cui fa accenno Montalbano si trova a Palermo. È un mosaico in stile Liberty che raffigura la dea Demetra, con una corona di spighe dorate.
Il nome deriva dalla sua originaria ubicazione. Per vederla, infatti, bastava andare al mercato del Capo, uno dei mercati storici del capoluogo. Qui la Pupa adornava l’ingresso del panificio Morello, in via Cappuccinelle. Lì è rimasta fino al 2013: in quell’anno il panificio chiuse e il prezioso mosaico rischiava di fare una brutta fine.
Per fortuna così non è stato. Il pannello di mosaico, in due pezzi, è stato smontato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali ed è avvenuto il restauro, a cura di Franco Fazzio.
Adesso è tutto esposto a Palazzo Ajutamicristo e lì rimarrà fino a quando non sarà ultimato il restauro di palazzo Serenario, che comprende l’ex panificio Morello. L’edificio barocco è stato l’abitazione di un pittore del primo Settecento, Gaspare Serenario, cresciuto nella bottega di Borrenmans.
 
 

TVBlog, 21.2.2019
La stagione della caccia: la conferenza stampa del 21 febbraio 2019
La conferenza stampa de La stagione della caccia.

12:45 Inizio conferenza. Eleonora Andreatta: "L'anno scorso, per l'inizio della collana dei romanzi storici, era venuto lo stesso Camilleri ad inaugurare questo filone di adattamenti. All'epoca, lui disse che, per lui, era un'emozione particolare. Con l'ottimo esordio de La mossa del cavallo, questa collana si arricchisce di un nuovo film. Questi racconti del passato hanno grande capacità di attrazione. Sono storie che hanno libertà di immaginazione, di registri e di toni e che traggono spunto dalla realtà. Questa storia mescola diversi generi: c'è un filo giallo, di mistero, un giallo che diventa anche noir ma c'è anche la grande saga familiare. Raccontiamo tutto con un tono tragicomico, ricco di ironia. Il passaggio da un registro all'altro appare assolutamente naturale, sia nel libro di Camilleri che nel film diretto da Roan Johnson che, per la prima volta, lavora con la Rai. Il lavoro che abbiamo fatto con Palomar è stato sulla qualità, lavoro che Palomar sempre garantisce".
12:50 Carlo Degli Esposti: "Il fatto che Andrea ci abbia dato fiducia sui suoi romanzi storici, la cosa più preziosa che lui ha scritto, è stato un grande onore e una grande responsabilità. Abbiamo messo le mani su un romanzo dalla struttura complessa e complicata. Camilleri, nei romanzi storici, ha fatto un lavoro di struttura letteraria che noi non abbiamo alterato. E' una cosa a cui lui tiene e a cui anche noi teniamo. Con dei bravi registi, protagonisti e sceneggiatori, il gioco viene da solo. Vado molto fiero di questo gruppo, perché tutte le volte è la squadra che deve affrontare il campionato. Vedremo se vinceremo".
12:55 Roan Johnson: "La proposta di questo film è arrivata a sorpresa ed è stato un regalo che mi ha fatto la Rai e la Palomar. E' un romanzo originale e profondo che mi ha subito entusiasmato. Capire il mondo di Camilleri e della Sicilia reinventata da lui è stata un'avventura molto bella. Io ho vissuto la Sicilia solo da turista. Con questo lavoro, invece, ho dovuto leggerla e tentare di capirla. Dentro questa terra contraddittoria, c'è una chiave di lettura che riguarda tutta l'Italia, una chiave contemporanea anche se stiamo parlando del 1880. I personaggi di Camilleri non sono tagliati con l'accetta: nessuno è veramente buono, nessuno è veramente cattivo. Nessuno è protagonista, nessuno è antagonista. Questa sorta di narrazione è una risorsa meravigliosa. Questo romanzo mette insieme tanti toni diversi. Abbiamo provato a mettere insieme questa ricchezza, la cosa che mi ha sorpreso di più è il cast incredibile: non c'è un ruolo che avrei affidato a qualcun altro. Abbiamo fatto un grande lavoro di squadra. Quando hai un cast del genere e un territorio così meraviglioso, ad un certo punto, mi sono accorto che mi stavo veramente divertendo. Sono stati mesi tra i più belli della mia vita".
13:00 Tommaso Ragno: "Quando ho saputo che ero stato preso, mi è venuto il terrore perché non sono siciliano e non capivo quello che dovevo fare! Quando lo leggi, Camilleri è immediato, ma quando lo reciti, è estremamente complesso ed è una goduria per un attore. Ho vissuto in uno stato di trance. Temevo sempre che da un momento all'altro mi cacciassero! Ho lasciato ogni speranza a me che entravo! E' stato un mese meraviglioso, ringrazio tutti quanti. Io non credo che ce l'avrei fatta senza Roan Johnson. Non so come sono riuscito a portarlo a termine!".
13:05 Francesco Scianna: "La bellezza del mio personaggio è che si muove in un mondo irrazionale. Lo sforzo che ho fatto è stato quello di non giudicare niente di quello che lui stava facendo. Ho provato a capire i suoi traumi e le sue ferite. All'inizio, è spettatore di quello che la vita gli ha messo davanti, successivamente, inizia a dialogare con il dubbio di poter fare una cosa o non poterla fare e dialogare infine con un vero e proprio senso di onnipotenza. Roan ha suonato in me una nota profonda e abbiamo ascoltato il risultato. Alla fine, il suo è un auto-sabotaggio perché accetta il suo epilogo".
13:10 Donatella Finocchiaro: "Finalmente sono una donna di Camilleri! Questo è un capolavoro di scrittura magistralmente adattato, diretto e anche ben interpretato dai burattini che siamo noi! Questi personaggi erano cesellati già dalla scrittura. E' un film dove c'è tanto, c'è tutto. C'è l'emozione, il dramma, la tragedia, la morte e anche tanta comicità. Con Tommaso, non mi sono trattenuta dalla risate! E' una comicità che veniva già dalla scrittura. Anche noi attori siamo rimasti "vittime" di questa storia. Il mio personaggio è una donna schiacciata nel letto dal marito! Perché doveva fare il figlio masculo!! Poi, questa donna esce fuori di testa ma non diciamo troppo... Questa donna, grazie alla follia, riesce ad essere una donna libera che riesce a dire basta".
13:12 Miriam Dalmazio: "Ho interpretato ruoli intensi, fatto di carne, ossa ed emotività. Quando ho letto la storia, ho detto a Roan che non ci avevo capito niente! Roan mi ha aiutato molto, essendo mezzo "british", mi ha consigliato di raccontare l'ascesa di una quasi Regina Elisabetta! Ho preso ispirazione da una serie nota. Il mio personaggio accetta tutto come se fosse divino, è una donna intelligente, quasi stratega. Lei si ribella alle regole stupide che gli esseri umani si impongono da soli. E' un personaggio folle, troppo intelligente per me, è stato un viaggio quasi spirituale. Ogni volta che recito un personaggio scritto da Camilleri, mi insegna sempre qualcosa".
13:14 Giorgio Marchesi: "Ringrazio Palomar e Rai, abbiamo parlato tanto di Sicilia ma io sono bergamasco! Quindi, ho detto subito sì senza pensarci un attimo. La Sicilia non l'ho vista tanto nella vita quindi ho lavorato di immaginazione, ho immaginato di vedere una terra e un'umanità completamente diverse, molto più calda ma anche venata di follia".
13:16 Alessio Vassallo: "Interpreto un barone che vuole sposare sua cugina ma lei non è d'accordo. Lui accetta i soldi per non sposare la cugina. La scrittura di Andrea Camilleri è caratterizzata dall'importanza dei dettagli. Ad un certo punto, bisogna abbandonare la trama e concentrarsi sui personaggi. Ogni personaggio potrebbe avere un film a parte. Ogni personaggio è un mondo a parte. La scrittura e la sceneggiatura sono state fondamentale. La Sicilia di Camilleri non ha un solo colore. E' la Sicilia vera".
13:18 Alice Canzonieri: "Il mio personaggio vive fuori da Vigata, vive nelle campagne. Io sono di Vigata, vicino Ragusa, è la mia città. Ho creato un rapporto con Tommaso di affetto, tenerezza e simpatia, tutto questo grazie a Roan. Il mio personaggio viene presentato in un modo ma mostrerà un altro lato che vedrete".
13:20 Roan Johnson: "Ormai dicono tutti che sono un regista consumato, ormai vedo già la parabola discendente della mia carriera! Francesco Bruni è stato il mio maestro al Centro Sperimentale ed è stato una specie di padre putativo per me, quando arrivai a Roma. Lo ringrazierò sempre. Io e Bruni abbiamo una filosofia: invece che tenere gli attori nel terrore, noi abbiamo la pretesa di creare un bel clima per tutti. Io non mi arrenderò mai a questa cosa anche se questo film non è una commedia. Anche nei film drammatici, si può essere gentili e non stronzi!".
13:22 Roan Johnson: "La stagione della caccia mi ha veramente conquistato. E' una stata una serie di botte di culo! E' un romanzo che mi calza a pennello. Uno dei temi del romanzo è la follia e io sono un po' pazzo!".
13:25 Francesco Bruni: "Vorrei sottolineare che Camilleri è attento e molto geloso per quanto riguarda i suoi romanzi storici. In questa storia, dove il protagonista è il colpevole, noi abbiamo pensato ad un finale diverso, alla possibilità di un futuro tra lui e sua moglie. Andrea ha detto assolutamente no. Fine".
13:27 Roan Johnson: "Abbiamo parlato con Camilleri e per me è stato un viaggio mitologico. E' stato come andare da un oracolo. Ho visto per la prima volta Carlo Degli Esposti nervoso, nonostante sono 20 anni che ci va. E' stato un dialogo molto bello perché praticamente mi ha detto di no a tutte le proposte! No, non è vero! Da regista, volevo un faro che mi guidasse nelle diverse scelte. La critica al patriarcato pervade tutto il film. Quando Camilleri mi ha dato la chiave del romanzo, ho avuto una sorta di guida durante le riprese".
13:30 Andreatta: "Il film dell'anno scorso è stato il primo seme. E' un percorso che vogliamo continuare. Sono bottiglie d'annata e Camilleri le concede con parsimonia".
13:33 Fine conferenza.
Fabio Morasca
 
 

Marida Caterini, 21.2.2019
La stagione della caccia | 21 febbraio 2019 | Conferenza stampa in diretta
La stagione della caccia | 21 febbraio 2019 | Conferenza stampa in diretta. La presentazione del film di Rai1 tratto dall'omonimo romanzo storico di Andea Camilleri. Francesco Scianna interpreta il protagonista Fofò La Matina, affiancato da Donatella Finocchiaro, Miriam Dalmazio e Ninni Buscetta

La stagione della caccia è il nuovo tv-movie di Rai1, ispirato all’omonimo romanzo storico di Andrea Camilleri. È un nuovo espisodio della serie “C’era una volta Vigata” e andrà in onda lunedì 25 febbraio sulla rete ammiraglia della Rai.
Racconta il giallo intricato, ambientato sul finire dell’Ottocento, che coinvolge come protagonista il farmacista Alfonso “Fofò” La Matina – interpretato da Francesco Scianna – di ritorno a Vigata dopo anni lontano dalla Sicilia.
Tra morti sospette, follia e stranezze, la storia del farmacista si intreccia progressivamente con quella della famiglia del Marchese Peluso e dei personaggi più in vista della cittadina.
A tessere la tela i tratti peculiari della scrittura di Andrea Camilleri, ispirato da un antico documento regio che parlava di una serie di omicidi sul finire del XIX secolo.
Il libro La stagione della caccia è stato pubblicato nel 1992 e questa trasposizione è stata prodotta da Palomar e RaiFiction, con la regia di Roan Johnson.
Seguiamo insieme la conferenza stampa di presentazione.
Apre la presentazione la Direttrice di RaiFiction, Eleonora Andreatta: “Lo scorso anno, per l’inizio della collana dei romanzi storici era venuto – evento straordinario – lo stesso Andrea Camilleri ad inaugurare questo filone di adattamenti. Disse che per lui era un’emozione particolare, perché andava oltre il Commissario Montalbano.
Siamo di fronte ad una sorta di produzione di racconti popolari che hanno una capacità di fascinazione come quei racconti ambientati nel passato con elementi di seduzione quasi favolistica capaci di attrarre, di conquistare il pubblico.
Storie alimentate da una libertà di immaginazione ricca e poliedrica, che traggono spunto dalla realtà. Con il merito di saper tenere insieme gli spunti su che cos’era la Sicilia e quelli con cui guardare come si è sviluppata la realtà di oggi.
La Stagione della Caccia mescola diversi generi e registri. Certamente c’è il giallo, tendente al noir, ma c’è anche la grande saga famigliare, con personaggi che si passano il testimone in generzioni diverse e nel loro percorso noi ripercorriamo il percorso di evoluzione della società anche con ironia. Un passaggio tra linguaggi che Camilleri fa apparire del tutto naturale.
Il regista Roan Johnson è la prima volta che lavora con Rai ed è riuscito a riportare sullo schermo proprio tutto ciò. E il lavoro fatto insieme a Palomar è sttao centrato sulla qualità nel riportare le pagine della storia”.
Ora parla Carlo Degli Esposti, produttore di La stagione della caccia con Palomar: “Il fatto che Andrea Camilleri, dopo averci dato fiducia con Montalbano, ce l’abbia accordata di nuovo, concedendoci anche i suoi romanzi storici – che sono la cosa a cui tiene più di tutto – è un grande onore. Abbiamo messo le mani su un romanzo dalla struttura complessa, intricata. Lui ha fatto un lavoro di struttura letteraria che noi non abbiamo voluto alterare. Ha fatto degli esperimenti di struttura del racconto a cui tiene molto e che noi abbiamo voluto tenere”.
E adesso tocca al regista, Roan Johnson: “La proposta di questo film è arrivata a sorpresa ed è stata un regalo che mi hanno fatto Palomar e Rai. Un romanzo che ha un’originalità e una profondità che mi ha subito entusiasmato.
Riuscire a capire il mondo di Camilleri e della Sicilia reinventata da lui, per me è stata un’avventura. Avevo vissuto la Sicilia solo da turista, mentre con questo lavoro mi sono messo a leggerla, a capirla, studiarla. In quei luoghi c’è una chiave di lettura valida per tutta l’Italia.
I personaggi di Camilleri sono eccezionali perché nessuno è tagliato in maniera netta: nessuno è solo buono, nessuno è solo cattivo, tutti hanno tante sfaccetature. Ne consegue che la narrazione cambia mentre tu la leggi ed è una risorsa meravigliosa, insieme al fatto che mette dentro tanti toni diversi, dalla commedia pura alla tragedia, al mistero. Abbiamo provato a mettere insieme questa ricchezza e la cosa che mi ha sorpreso di più è che siamo riusciti a trovare un cast incredibile come pochi. Non c’è un ruolo che avrei affidato a qualcun altro. Quando hai un cast del genere, luoghi come quelli sicialiani, una troupe come la nostra, hai tutto. Ad un certo punto mi sono accorto che mi stavo divertendo ed è stato uno dei mesi più belli della mia vita”.
Tommaso Ragno, che interpreta il Marchese Peluso: “Quando ho saputo di far parte del cast sono rimasto sorpreso e mi sono preoccupato, perché non essendo siciliano non ero sicuro di cosa avrei potuto fare. Poi, insieme a tutti gli altri attori (di cui molti di origine siciliana) sono entrato in questo mondo, temendo sempre che mi cacciassero (ride,ndr). Roan Johnson, in particolare, ha impresso al set un’atmosfera che mi ha aiutato molto e senza cui forse non ce l’avrei fatta”.
Francesco Scianna, il protagonista nei panni di Alfonso La Matina: “In qualche modo, mi sto ancora chiedendo dove conduceva il percorso piuttosto folle del farmacista La Matina. Lui si muove in un ambiente irrazionale e lo sforzo che ho dovuto fare è stato qeullo di non giudicare niente delle sue scelte, ma capire quali potessero essere i traumi, le ferite in grado fargli capire cosa stesse realmente facendo.
Secondo me, lui è tornato a Vigata per dimostrare chi era diventato fuori dalla Sicilia e che era in grado di raccogliere l’eredità del padre dandogli ancora più lustro, però poi è come se fosse diventato un testimone della sua vita, di quello che la vita gli metteva davanti. Sembra dire ‘Non potete capire, non potete comprendere cosa mi ha mosso, un potere che non appartiene a tutti’.
Lui fa tutte queste cose e poi la sua fine si rende necessaria perché è come se si rendesse conto di non capire nemmeno lui il senso di tutto ciò che ha vissuto”.
Donatella Finocchiaro, che interpreta Donna Matilde: “Finalmente sono una donna di Camilleri, una grande emozione (ride, ndr). La stagione della caccia è un capolavoro di scrittura reso magnificamente da tutta la produzione di questo film. I personaggi sono uno più bello dell’altro, sono cesellati già dalla scrittura. Il clima che si è creato sul set, poi, ha contribuito a renderli nella maniera più completa possibile, soprattutto grazie a Roan Johnson.
Nel film c’è tutto, dalla commedia, alla tragedia, fino alla comicità. Mi sono chiesta più volte ‘Ma com’è questa cosa mi fa ridere, anche se non dovrebbe?’. La cosa più bella del mio perosnaggio è che grazie alla sua follia riesce ad essere una donna ribelle alla fine dell’Ottocento”.
Miriam Dalmazio, nei panno di ‘Ntontò: “Quando ho letto il mimo perssonaggio sono rimasta spiazzata. Poi, grazie al confronto con Roan Johnson, mi sono lasciata ispirare da una nota serie che racconta della Regina Elisabetta e ho trovato il modo di animare questo personaggio.
Ho fatto un viaggio quasi spirituale, mi ha fatto capire che non devi andare contro il divino altrimenti finisci fucilato, metaforicamente”.
Alessio Vasallo: “Quello che mi ha colpito di più è la scrittura di Andrea Camilleri, l’importanza dei dettagli. Ad un certo punto, conta abbandonare la trama e dedicarsi ai dettagli, ciascuno dei queli diventa un mondo aperto in cui immergersi. Anche per questo la scrittura è stata fondamentale ed è questa, secondo me, la forza di Andrea Camilleri, sel suo racconto e della sua rappresentazione della Sicilia”.
Alice Canzonieri: “Sono contenta di aver fatto parte di questo progetto perché sono di Ragusa. Per me rivedere questi luoghi portati indietro nel tempo è molto emozionante. E sono contenta del rapporto con Tommaso Ragno, con cui si è stabilito un affetto che va oltre quello tra i nostri personaggi. Qualcosa che è nato sul set e con tutto il cast”.
Le domade dei giornalisti.
Roan Johnson, non è preoccupante che tutti gli attori siano innamorati di te e raccontino la loro esperienze così emozionati? Prima di questo lavoro, conoscevi Camilleri?
Roan Johnson: “Ormai vedo già l’inizio della parabola discendente della mia carriera (ride, ndr). Vedendo questo film la proccupazione è legata alla speranza di riuscire a fare qulcosa di altrettanto bello.
Prima non ho citato Francesco Bruni che è stato il mio maestro di sceneggiatura, il mio tutor, direi il mio maestro in tutto. Io e Bruni abbiamo la filosofia di non tenere il set, gli attori, sotto lo scacco del terrore. Pensiamo che se si crea un bel clima, viene tutto meglio. E non ci arrenderemo mai al contrario.
Di Camilleri avevo letto e visto ‘Il Commissario Montalbano’, avevo visto ‘La mossa del cavallo’ e letto il romanzo storico ‘La concesssione del telefono”. I qualche modo La stagione della caccia è stata una sorpresa per come mi ha conquistato ed è stata una fortuna per come si è sviluppato tutto”.
Ha parlato con Camilleri, prima di inizare a lavorare?
Roan Johnson: “Fra la sequenza di fortune che mi sono capitate, c’è quella che mi ha portato a parlare con Camilleri. Una sorta di viaggio mitologico (ride, ndr). Ci ha accolto in questo salotto pieno di libri ed è stato come andare da un oracolo. Carlo Degli Esposti era per la prima volta nervoso, impaurito, ed è stato un segno del momento eccezionale che stavo vivendo.
Abbiamo avuto un dialogo molto bello perché mi ha detto di no a tutte le proposte che facevo (quasi a tutte), però sul filo conduttore del patriarcato mi ha in qualche modo appoggiato e quando mi ha detto che era una buona chiave, ovviamente ho avuto una sicurezza che mi ha guidato durante tutto il lavoro”.
Ci sono altri progetti sui romanzi storici? Le vendite all’estero?
Eleonora Andreatta: “Noi abbiamo visto quello dello scorso anno come un primo seme, l’inizio di un percorso che vogliamo continuare. Sono ‘bottiglie d’annata’ e quindi procederemo con parsimonia, scegliendo man mano quale adattare. Vorremmo creare più una collezione, che preoccuparci di vendere subito all’estero”.
A quali luoghi corrispondo nella realtà le location?
Gianfranco Barbagallo, Produttore Esecutivo: “La piazza è quella di Ispica, il porto è quello di Marzamemi, Il Palazzo Peluso è il Palazzo Massaria Scicli, la piazza dove vediamo il marchese anziano è la piazza di Scicli, Piazza Busacca, mentre la Basilica è sempre ad Ispica”.
La conferenza stampa finisce qui.
Alessandro De Benedictis
 
 

La Repubblica, 21.2.2019
'La stagione della caccia', i nobili siciliani di Camilleri come i Soprano del XIX secolo
Il 25 febbraio su Rai1 il secondo film della serie 'C'era una volta Vigata' tratto dai romanzi storici dell'autore di Montalbano. Con Francesco Scianna, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Donatella Finocchiaro, regia di Roan Johnson


Francesco Scianna e Tommaso Ragno

Tra Agatha Christie e suggestioni del Gattopardo, con il racconto della stravagante famiglia aristocratica del marchese Peluso, decimata da morti misteriose. Il secondo film della collana C'era una volta Vigata, La stagione della caccia di Roan Johnson, tratto dal romanzo di Andrea Camilleri, in onda il 25 febbraio su Rai1, è un capolavoro di ironia tutta siciliana.
La storia è ambientata nel 1880, i protagonisti sono i nobili Peluso da Torre Venerina, signori di Vigata. Quando arriva in paese di Alfonso "Fofò" La Matina (Francesco Scianna), fascinoso farmacista (figlio di un esperto di erbe medicamentose che aveva lavorato proprio per la famiglia blasonata, ucciso barbaramente), come in Dieci piccoli indiani, i componenti della famiglia muoiono uno dopo l'altro. Prima il vecchio marchese - paralizzato da anni viene trovato in mare - poi il primo figlio maschio Rico, forse avvelenato da funghi. Quindi muore la marchesa Matilde e lo stesso capofamiglia. Una strage.
"Finalmente sono una donna di Camilleri" esulta Donatella Finocchiaro. "Questo libro è un capolavoro di scrittura magistralmente adattato, diretto e anche ben interpretato dai burattini che siamo noi, ma i personaggi erano cesellati alla perfezione. Nel film c'è l'emozione, il dramma, la morte e anche tanta comicità. Con Tommaso Ragno non mi sono trattenuta dalla risate, anche noi attori siamo rimasti 'vittime' di questa storia. Il mio personaggio è una donna schiacciata nel letto dal marito perché doveva fare il figlio masculo. Poi va fuori di testa ma solo che grazie alla follia riesce a essere una donna libera che può dire basta". Un filo di follia lega tutti i protagonisti. Anche per Francesco Scianna, che interpreta il farmacista Fofò, "la bellezza del personaggio è che si muove in un mondo irrazionale. Lo sforzo è stato quello di non giudicare quello che stava facendo. Ho provato a capire i suoi traumi e le sue ferite. All'inizio è spettatore di quello che la vita gli mette davanti, poi prova quasi un senso di onnipotenza". Scritto da Francesco Bruni, lo stesso Camilleri e Leonardo Marini, il film (prodotto da Palomar con RaiFiction) è interpretato, tra gli altri, da Miriam Dalmazio, Ninni Bruschetta, Giorgio Marchesi, Alice Canzonieri e Alessio Vassallo.
"Quando ho letto la storia" confessa Miriam Dalmazio, che ha il ruolo della marchesina Ntontò "ho detto a Roan che non ci avevo capito niente. Essendo mezzo british, mi ha consigliato di raccontare l'ascesa di questa donna come fosse una quasi la regina Elisabetta. Così ho preso ispirazione da una celebre serie. Il mio personaggio accetta tutto come se fosse divino, è una donna intelligente, quasi una stratega. Si ribella alle regole stupide che gli esseri umani si impongono. È folle e intelligente, per me è stato quasi un viaggio spirituale. Ogni volta che recito un personaggio scritto da Camilleri, mi insegna qualcosa".
"Parlare con Camilleri è un viaggio mitologico, incontrarlo è stato come andare da un oracolo" racconta il regista Roan Johnson. "Ho visto per la prima volta il produttore Carlo Degli Esposti nervoso, nonostante siano vent'anni che lo conosce e che va a trovarlo. Il nostro è stato un dialogo molto bello perché praticamente mi ha detto di no a tutte le proposte. No, non è vero. Da regista, volevo un faro che mi guidasse nelle diverse scelte. La critica al patriarcato pervade tutto il film. Quando Camilleri mi ha dato la chiave del romanzo, ho avuto una sorta di guida durante le riprese. I nobili Peluso" continua Johnson, "sono ancora legati alla terra, al possesso, alla roba. Infatti, oltre all'eredità del Gattopardo, nel libro ho sentito anche tanto Verga e i racconti di una Sicilia primitiva, dove la forza e la violenza giocano un ruolo importante. Quando ho parlato con Tommaso Ragno del personaggio di Federico, il miglior paragone che sono riuscito a fare è stato: 'Pensa come se i Peluso fossero i Soprano del diciannovesimo secolo, come se tu fossi il James Gandolfini di Vigata'. Camilleri racconta l'inizio della fine di questa nobiltà che, riproducendosi sempre fra i suoi componenti, introietta il seme della pazzia. Infatti uno dei tanti temi di questo film è la follia".
Il racconto storico della Sicilia camilleriana ha conquistato anche il pubblico televisivo, lo scorso anno La mossa del cavallo superò il 30 per cento di share. "È stato il primo seme" spiega la direttrice di RaiFiction, Tinni Andreatta "è un percorso che vogliamo continuare. Sono bottiglie d'annata, Camilleri le concede con parsimonia". "Il fatto che Andrea ci abbia dato fiducia sui suoi romanzi storici, la cosa più preziosa che ha scritto", aggiunge Carlo Degli Esposti, "è stato un onore e una grande responsabilità. Abbiamo messo le mani su un romanzo dalla struttura complessa e complicata. Camilleri, nei romanzi storici, costruisce una struttura letteraria che non va alterata. Ci tiene molto e lo abbiamo rispettato: con bravi registi, sceneggiatori e interpreti, il gioco viene da solo".
Silvia Fumarola
 
 

Repubblica Tv, 21.2.2019
'La stagione della caccia' in tv il romanzo storico di Camilleri - clip: "Voglio un figlio"

Un tuffo nella Sicilia di Andrea Camilleri. Lunedì 25 febbraio per la collana 'C’era una volta Vigata', va in onda La stagione della caccia, film tv diretto da Roan Johnson tratto dai romanzi storici dello scrittore. Dopo il successo del primo tv movie, La mossa del cavallo (trasmesso nel marzo 2018 ha superato il 32 per cento di share), l’immaginifico mondo di Vigata torna in tv. Prodotto da Palomar con RaiFiction, il film racconta il ritorno in paese di Fofò La Matina (Francesco Scianna), farmacista e figlio del defunto Santo La Matina, geloso custode dei segreti di piante miracolose, campiere del marchese Peluso, che sembra colpito da una maledizione. La famiglia viene decimata, sconvolta da una serie di morti misteriose. Nel cast Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Giorgio Marchesi, Donatella Finocchiaro.
Video: Rai
 
 

La Repubblica, 21.2.2019
'La stagione della caccia', il nuovo film dai romanzi storici di Camilleri
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Su Rai1 lunedì 25 febbraio una nuova avventura tratta dai romanzi storici di Andrea Camilleri: 'La stagione della caccia', una storia ambientata in Sicilia a fine 800, secondo capitolo della collana 'C'era una volta Vigata'. Prodotto da Palomar con Rai Fiction, è diretto da Roan Johnson. Nel cast Francesco Scianna, Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Giorgio Marchesi, Alessio Vassallo e Donatella Finocchiaro. Il film racconta il ritorno in paese di Fofò La Matina (Francesco Scianna), farmacista e figlio del defunto Santo La Matina, geloso custode dei segreti di piante miracolose, campiere del marchese Peluso, che sembra colpito da una maledizione. La famiglia viene decimata, sconvolta da una serie di morti misteriose. Nel cast Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Giorgio Marchesi, Donatella Finocchiaro
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.2.2019
Scianna e Vassallo, “La stagione della caccia” parla siciliano

La Sicilia fin de siècle di Andrea Camilleri, tra famiglie blasonate, amori nobiliari e antiche leggi d'onore, torna in tv con la fiction Rai "La stagione della caccia", tratta dall'omonimo romanzo pubblicato oltre vent'anni fa da Sellerio.
Dopo "La mossa del cavallo", ecco, dunque, un altro romanzo storico di Camilleri trasformato in fiction che restituisce l'affresco di una Vigata rurale e aristocratica al tempo stesso, dove la morte, quasi fosse la protagonista di una commedia nera, colpisce uno dopo l'altro i membri della ricca e potente famiglia Peluso di Torre Venerina.
Diretta dal regista italo-londinese Roan Johnson, per una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction, la serie in onda lunedì su RaiUno, è stata girata nel Ragusano, tra gli scenari barocchi di Scicli e i paesaggi mediterranei di Marina di Ragusa. Un cast quasi tutto siciliano, da Francesco Scianna nei panni del giovane farmacista Fofò La Matina, a Ninni Bruschetta, il prete di Vigata, e poi Donatella Finocchiaro, Lollo Franco, che interpreta il vecchio marchese Peluso, e un giovane Alessio Vassallo, già volto Rai nel ruolo di Mimì Augello nel "Giovane Montalbano" e qui nei panni del ricco Nenè Impiduglia di ritorno a Vigata per chiedere la mano della cugina. «È un Camilleri doc, dove si ritrovano tutti i temi a lui cari, dalla morte come sviluppo narrativo alla descrizione di una Sicilia che rimane fedele a sé stessa – dice Vassallo – Se c'è una scena che ricordo col sorriso è quando chiedo a Miriam Dalmazio di sposarmi: abbiamo riso per ore sulla sua faccia. Il nostro sarà un amore mai nato, ma con risvolti imprevisti. Il bello del Camilleri storico è che non si distanzia poi tanto dal Camilleri giallista: noi personaggi in costume dell'Ottocento potremmo essere protagonisti di una serie di Montalbano, senza troppe differenze».
La Sicilia gattopardesca si ritrova nella figura del vecchio marchese dagli occhi allucinati: «Uno dei ruoli più difficili della mia carriera – dice Lollo Franco –Dalla fiction esce fuori un senso di famiglia e di tradizione, e una Sicilia chiusa in una tradizione che non guarda il tempo».
Marta Occhipinti
 
 

Il Messaggero, 21.2.2019
Camilleri e “C'era una volta Vigata” in onda su Ra1 senza Montalbano

L’Andrea Camilleri “storico”, autore di romanzi ambientati nel passato della “favolosa” Vigata, torna su Rai1 con “La stagione della caccia”, in onda in prima serata il 25 febbraio, tratto dall’omonimo romanzo, con la regia di Roan Johnson, alla sua prima esperienza con la traduzione in immagini della prosa di Camilleri. Il titolo rientra sotto il marchio “C’era una volta Vigata” che esordì nel marzo 2018 con la messa in onda su Rai1 di “La mossa del cavallo”, capace allora di superare il 32% di share.
Una scelta, questa della trasposizione dei romanzi in costume di Camilleri, ovviamente senza il commissario Montalbano, «nella quale sicuramente vogliamo continuare», afferma Eleonora Andreatta, direttrice di Rai Fiction, sottolineando che «l’attenzione all’estero per questo prodotto è già forte e se il numero dei film tv cresce si creerà ancora più interesse». Per Carlo Degli Esposti che, insieme a Nicola Serra e con Max Gusberti firma una produzione targata Palomar in collaborazione con Rai Fiction, l’obiettivo è di «almeno un titolo all’anno, potendo anche due». Fra il dire e il fare c’è di mezzo l’autorizzazione di Camilleri che è molto attento a dare il “via libera” alla trasposizione dei suoi titoli storici. Il plot de “La stagione della caccia” intreccia, nella Sicilia immaginaria ma non troppo di Camilleri, a fine 800, la decadenza della nobiltà all’emergere di figure borghesi; oppure, su un altro piano, l’ossessione per il patriarcato con la fuga, anche nella morte, o il riscatto, anche nella solitudine, della condizione femminile; o ancora, un piccolo torto con una grande vendetta. Il tutto con una pioggia di morti ammazzati, o forse no, un impianto da tragedia con toni e coloriture da commedia e uno strizzar d’occhi al feuilleton, fatti salvi finale e complessità dei personaggi.
 
 

ANSA, 21.2.2019
La Stagione della caccia, Camilleri storico su Rai1 / VIDEO
Il 25 febbraio con Francesco Scianna, regia di Roan Johnson

Roma. Francesco Scianna ben si adatta a Fofò La Matina, il personaggio uscito dalla penna di Andrea Camilleri protagonista di uno dei suoi romanzi storici, La stagione della caccia - C'era una volta Vigata, film in prima visione assoluta in onda il 25 febbraio in prime time dopo gli straordinari ascolti dei due nuovi episodi del commissario Montalbano, dopo il film tv del 2018 La Mossa del Cavallo. Ma qui l'ironia la fa da padrona, anche se i morti si susseguono come in una sorta di effetto domino ( dovrà arrivare uno da Saint Vincent fino in Sicilia a fare quadrare i conti). Siamo sempre a Vigata, ma alla fine del 1800. Qui Fofò, farmacista di umili origini, si muove seguito da una scia di di sangue e di passioni.
Dietro la macchina da presa Roan Johnson, per una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction, realizzata da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra con Max Gusberti.
Nel cast Miriam Dalmazio (la marchesina 'Ntontò), Tommaso Ragno (Don Totò Peluso), Ninni Bruschetta (padre Macaluso), Giorgio Marchesi (il gendarme Emiliano Saint Vincent), Alessio Vassallo (Nenè Impiduglia) e con la partecipazione di Donatella Finocchiaro (Donna Matilde). Il tv movie, tratto dall'omonimo romanzo storico edito da Sellerio, riporta alla ribalta l'immaginaria cittadina siciliana, resa unica dalla fantasia di Camilleri, in un'appassionante saga familiare tra brama di potere, omicidi, follia e amori impossibili, tutti paradossi di un mondo nobiliare che comincia a sgretolarsi e che volge inesorabile al declino. La direttrice di Rai Fiction Eleonora Andreatta sottolinea: "E' una storia cadenzata da morti misteriose con un intreccio ininterrotto di generi. Camilleri con i suoi romanzi e con le traduzioni televisive è diventato un autore-Paese, sinonimo di un racconto popolare che scava nella realtà e entra in sintonia con lo spettatore". Francesco Scianna, che interpreta il farmacista Fofò, spiega: "La bellezza del personaggio è che si muove in un mondo irrazionale. E' un uomo che torna dopo un viaggio completamnte trasformato, istruito si è fatto una posizione, e ci tiene che la gente non lo riconosca, ha lottato tanto per diventare quello che è. Ha una sorta di complesso di onnipotenza, come dicesse: guardate chi sono diventato, proprio io...".
"Finalmente sono una donna di Camilleri - sottolinea la siciliana Donatella Finocchiaro - Questo libro è un capolavoro di scrittura magistralmente adattato, diretto e anche ben interpretato dai burattini che siamo noi, ma i personaggi erano cesellati alla perfezione. Nel film non solo dramma, giallo ma anche tanta comicità. Con Tommaso Ragno non mi sono trattenuta dalla risate, anche noi attori siamo rimasti 'vittime' di questa storia. Il mio personaggio è una donna schiacciata nel letto dal marito perché doveva fare il figlio masculo. Poi va fuori di testa ma solo che grazie alla follia riesce a essere una donna moderna che può dire basta". Tommaso Ragno confessa di essersi molto divertito: "Non essendo siciliano, ho temuto per un momento di essere cacciato dal set, invece è andato tutto bene". Il regista Johnson spiega: "Quando ho parlato con Tommaso Ragno del personaggio di Federico, il miglior paragone che sono riuscito a fare è stato: 'Pensa come se i Peluso fossero i Sopranos del XIX secolo, come se tu fossi il James Gandolfini di Vigata'".
E Camilleri racconta l'inizio della fine di questa nobiltà.
Una nobiltà che riproducendosi sempre fra i suoi componenti aveva introiettato il seme della pazzia. Infatti uno dei tanti temi di questo film è anche la follia. Il vecchio marchese non si lava, la marchesa impazzisce alla morte del figlio, un figlio che è tonto e ha come fidanzata una capretta. Si potrebbe parlare per ore dei personaggi di Camilleri, perché sono così complessi, così poco semplificati che sfuggono perfino alle categorie di protagonista o antagonista.
Poco tempo dopo il ritorno in paese di Fofò La Matina, farmacista e figlio del defunto Santo La Matina, geloso custode dei segreti di piante miracolose, "camperi" del marchese Peluso, la famiglia Peluso viene sconvolta da una serie di morti che sembrano dovute a cause naturali o a accidentali disgrazie: muore il vecchio Peluso che, pur essendo ormai completamente svanito e quasi paralizzato, se ne va carponi ad affogare in mare; muore avvelenato dai funghi il tanto desiderato figlio maschio Rico, che il marchese era riuscito a procreare grazie all'arte farmaceutica del padre di Fofò; muore, fuori di senno, la marchesa Matilde; muore anche lo stesso marchese Peluso che era riuscito a divenire padre per la seconda volta, sia pure per vie "traverse", di un figlio maschio; muore, insieme alla moglie americana, lo zio Totò, che aveva fatto fortuna in America ed era ritornato a Vigata dopo lunga assenza; muore anche Nenè un cugino che aveva invano cercato di accasarsi con 'Ntontò, figlia del marchese. Che ne sarà di lei, sempre più sola in quel palazzo in cui non vi sono ormai che lutto e desolazione? Il film trae origine dal romanzo del 1992: Camilleri si ispirò a una battuta dell'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876)
Nicoletta Tamberlich
 
 

Cinecittà News, 22.2.2019
Nastro speciale ad Andrea Camilleri

Un Nastro d’Argento speciale verrà consegnato ad Andrea Camilleri, autore e interprete della Conversazione su Tiresia diretta da Roberto Andò che ha conquistato il pubblico teatrale e, proprio in questi giorni è annunciato anche in tv, presto in onda su Raiuno. Lo riceverà a Roma con i vincitori dei premi dei Giornalisti Cinematografici per il documentario, scelti tra i titoli finalisti dei film selezionati dalla Giuria del Sngci sia nella sezione dedicata al ‘Cinema del reale’ che tra i documentari su Cinema e Spettacolo.
Martedì prossimo, alla vigilia della cerimonia di consegna, l’annuncio delle ‘cinquine’ e di alcuni premi speciali anche nella sezione dedicata, per la prima volta, quest’anno, ai film-evento sull’Arte che hanno conquistato con particolare successo anche il pubblico delle sale.
Di seguito la lista dei titoli – con i 3 eventi d’Arte finalisti, 25 titoli di ‘cinema del reale’ e 12 dedicati a Cinema e Spettacolo- "che i Giornalisti Cinematografici rendono noti - si legge in una nota - ricordando che la preselezione (riguarda per regolamento film proposti nell’anno solare (2018) da Festival e rassegne, e/o diffusi poi in sala o su un canale tv o in dvd. Si tratta di opere che riguardano anche la memoria dello Spettacolo in cui è sempre più incisivo il ruolo del documentario nella documentazione storica sul cinema. Il Sngci ricorda che è stata invece per quest’anno esclusa come una vera e propria sezione l’esperienza della docufiction d’autore, una declinazione del racconto cinematografico che, a giudizio del Sindacato, appare in quest’edizione solo nell’ambito della cinquina sugli eventi d’Arte, tra i film sui grandi artisti, che hanno sorpreso per l’accoglienza del pubblico, oltre la forte capacità divulgativa attraverso il linguaggio del cinema. Delegato Sngci per la selezione dell’anno è Maurizio di Rienzo,la selezione finalista e la scelta dei premi sono a cura dal Direttivo del Sindacato. L’annuncio delle ‘cinquine’ martedì 26 alla vigilia della premiazione - mercoledì 27 Febbraio prossimo a Roma".
 
 

Libreria Feltrinelli Palermo, 22.2.2019
Olivia Sellerio presenta Zara Zabara. 12 canzoni per Montalbano


 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.2.2019
Olivia Sellerio, cantautrice per Montalbano: “ Camilleri è una sfida”

«Le mie canzoni sono piccole gocce nel mare di Camilleri, voce tra le più libere, forti e autentiche della nostra Italia». Le canzoni che Olivia Sellerio scrive e canta per "Il commissario Montalbano" sembrano boccioli ritrosi a schiudersi, quasi esitassero ad intromettersi nel consolidato rapporto di complicità instauratosi tra la vasta platea televisiva e storie e personaggi di Camilleri. Poi, però, quelle canzoni offerte quasi in penombra si insinuano intriganti all'ascolto, reclamano attenzione e all'improvviso, da brevi sigle poste a commento dei titoli di testa e di coda, sbocciano rigogliose rivelandosi fuoco e sintesi dell'intera storia. Alcune di quelle canzoni (sei della serie "Il giovane Montalbano II" ed altrettante del commissario-Zingaretti) sono state raccolte in un album, "Zara Zabàra", proprio oggi pubblicato dalla Warner e presentato dal vivo alle 18 in anteprima nazionale alla Feltrinelli. Con la cantante palermitana ci sono le chitarre di Lino Costa e Giancarlo Bianchetti, il contrabbasso di Nicola Negrini ed il violoncello di Paolo Pellegrino ma è probabile intervenga anche qualcun altro dei numerosi musicisti che hanno partecipato alle registrazioni.
«Finora mi ero sempre rifiutata di mescolare l'attività di cantante con quella editoriale — dice Sellerio — meno che mai con i racconti di Camilleri, autentico vessillo della nostra produzione».
Alla fine, però, circostanze fortuite, pregressi rapporti di collaborazione (ad esempio quelli nati con la fortunata soap-opera "Agrodolce") e qualche insistente pressione hanno vinto la sua idiosincrasia. «In realtà, a convincermi del tutto — spiega l'artista — è stato l'essermi accorta che questi brani, messi in sequenza, mostrano forte coerenza interna e omogeneità di temperatura emotiva, non so se per intenzione o per caso. Mi sono accorta, insomma, che il disco era un "concept a posteriori"». Oltre alle musiche, un affascinante e policromo gramelot di melos siciliano, folk americano, venti africani, umori jazzistici e seduzioni capoverdiane (Sellerio è cresciuta tra morna e batuko), sono suoi anche i testi, tutti in siciliano. «Finora preferivo essere interprete di brani altrui — dice la cantante — ma sono stata indotta a dedicarmi anche ai testi ed ho scoperto che scrivere è un meraviglioso "riciclaggio dei sentimenti" che aiuta a tirar fuori tutto ciò che hai dentro». Non era facile cantare storie che si infilassero in altre storie avvincenti come quelle di Camilleri ma Olivia Sellerio con la sua voce scura e ancestrale intona canti di spartenza, di denuncia, di accoglienza, di ribellione a soprusi e d'amore che non solo stabiliscono una sorprendente sintonia con le vicende di Montalbano ma sanno anche vivere di vita propria e autonoma.
Gigi Razete
 
 

ANSA, 22.2.2019
Olivia Sellerio, canzoni per Montalbano
Esce il 22 febbraio il nuovo album

Roma - Storie d'amore, di resistenza, di denuncia, di accoglienza cantate da Olivia Sellerio. Esce il 22 febbraio, l'album 'Zara Zabara - 12 Canzoni per Montalbano', prodotto da Palomar/Rai Com e pubblicato da Warner Music Italia, con due nuovi inediti, ''U curaggiu di li pedi', che commenta la scena dei migranti ne 'L'altro capo del filo', e 'Comu aceddu finici', che chiude l'episodio 'Un diario del '43'. Sono state scritte, interpretate e cantate da Olivia Sellerio per 'Il commissario Montalbano' e 'Il giovane Montalbano II'.
La cantautrice palermitana, nata e cresciuta fra i libri, viene da un'isola in cui ancora risuona il richiamo lasciato all'umanità dalla tragedia greca e in questo posto incantato ha deciso di vivere. Ancora una volta è capace di trasformare racconto e sentimento in musica, tra atmosfere mediterranee, sonorità dell'Atlantico, polvere d'Africa e folk americano, con una voce piena di reminiscenze e di parole attente a intrecciare storie al melos siciliano e a mille radici di altri mondi.
 
 

CinemaItaliano.Info, 22.2.2019
Note di regia di "La Stagione della Caccia"

Quando ho finito di leggere il romanzo di Camilleri da cui è tratto questo film, sono rimasto sbalordito e confuso. Sbalordito perché è un romanzo ricco di personaggi straordinari, toni diversi, aneddoti esilaranti, idee brillanti, e sono rimasto confuso per le stesse ragioni. “La stagione della caccia” infatti è una sorta di saga familiare dei nobili Peluso che racconta così tante persone e vicende che mi trovavo in difficoltà a trovare il tema centrale, una chiave di lettura che mi facesse da faro per interagire con gli sceneggiatori, con gli attori, con la mia troupe e con Camilleri stesso. Dopo aver letto e riletto il romanzo e la prima versione del copione scritta dallo stesso Camilleri, dal mio maestro del Centro Sperimentale Francesco Bruni e da Leonardo Marini, e parlando con loro, ho capito che il filo conduttore principale era la critica al patriarcato del tempo, che poi, se si vuole, è la radice di un patriarcato che ancora noi italiani facciamo fatica a metterci alle spalle. Perché il Marchese Peluso si intestardisce a fare il figlio masculo in giovane età nonostante abbia già una femmina, e si intestardisce in vecchiaia a fare un altro figlio masculo quando il primo muore? Deve mantenere il nome, il suo casato, la sua eredità. Perché Nenè, il truffatore, prova a diventare marito della marchesina Peluso per i soldi? Perché Fofò torna a Vigata? E soprattutto perché la marchesina ‘Ntontò prende in mano le redini della casata? Tutto rientra in quel tema centrale. Sono dei nobili, i Peluso, ancora legati alla terra, al possesso, alla roba. Infatti, oltre all’eredità del “Gattopardo” ci ho sentito anche tanto Verga e i racconti di una Sicilia ancora primitiva dove la forza e la violenza giocano un ruolo importante. Quando ho parlato con Tommaso Ragno del personaggio di Federico, il miglior paragone che sono riuscito a fare è stato: “Pensa come se i Peluso fossero i Sopranos del diciannovesimo secolo, come se tu fossi il James Gandolfini di Vigata”. E Camilleri racconta l’inizio della fine di questa nobiltà. Una nobiltà che riproducendosi sempre fra i suoi componenti aveva introiettato il seme della pazzia. Infatti, uno dei tanti temi di questo film è anche la follia. Il Vecchio Marchese non si lava, la Marchesa impazzisce alla morte del figlio, un figlio che è tonto e ha come fidanzata una capretta. Si potrebbe parlare per ore dei personaggi di Camilleri, perché sono così complessi, così poco semplificati che sfuggono perfino alle categorie di protagonista o antagonista. Il protagonista è Filippo Peluso che incontra il suo nemico Fofò la Matina che vuole sedurre la figlia, o forse è Fofò che torna a prendersi la rivincita dal despota Peluso?
O forse la vera protagonista è la marchesina ‘Ntontò che nonostante tutto diventa la nuova regina della casa tenendo le redini di quello che è rimasto della sua famiglia?
Abbiamo girato il film, quindi, tentando di lasciare intatti i paradossi del mondo di Camilleri, di modulare i cambi di tono in maniera organica ed elegante. Ma anche di seguire i temi del romanzo come la follia da un punto di vista dell’interpretazione degli attori e quello della terra da un punto di vista iconografico, lasciando il tutto il più sporco e polveroso, e tenendo in mente la terra come tema simbolico. Una terra che ti dà i frutti, che ti dà il potere e che tu devi possedere. E così sono rimasto fino alla fine sbalordito: sia dalla scoperta della Sicilia, dei suoi luoghi meravigliosi dove abbiamo girato, sia dalla lingua e dal racconto di Camilleri che riesce a tenere insieme tutte le contraddizioni che questa terra partorisce. E sono anche rimasto sbalordito dal cast che ne è venuto fuori. Ogni volta per contingenze e opportunità si finisce con il fare dei compromessi più o meno giusti... questa volta grazie alla fortuna, alla Palomar a Carlo Degli Esposti e alla squadra della Rai, ho avuto in mano il cast più giusto che potessi mai sperare per onorare il romanzo di Camilleri. Spero di aver reso merito a questi bellissimi regali che mi sono stati fatti.
Roan Johnson
 
 

Cinematographe.it, 22.2.2019
La Stagione della Caccia: recensione del film in onda su Rai 1
In onda su Rai 1 il 25 febbraio 2019, La Stagione della Caccia è un film mai banale o prevedibile che racconta bellezza e crudeltà della Sicilia servendosi di un cast artistico e tecnico incredibile.

Torna Andrea Camilleri e la sua inesauribile vena creativa sui nostri schermi, torna un suo romanzo storico riadattato dalla Rai per la prima serata, quella del 25 febbraio 2019 per esser più precisi. Torna la Sicilia di fine ‘800, misteriosa, bellissima, mortale e animata da ironia, drammi, misteri e vendette.
Dopo il grande successo de La Mossa del Cavallo, un altro racconto ambientato nella Vigata descritta con maestria del 93enne scrittore, drammaturgo e regista di Porto Empedocle. La Stagione della Caccia vede alla regia Roan Johnson, quello di Fin Qui Tutto Bene e Piuma. Film fiume sceneggiato oltre che da Camilleri, anche da Francesco Bruni e Leonardo Marini, con un cast di primissimo ordine che annovera Francesco Scianna, Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Giorgio Marchesi, Alessio Vassallo, Alice Canzonieri, Orio Scaduto, Gioia Spazani, Bruno Torrisi, Michele Ragno, Lollo Franco, Alessandro Schiavo, Roland Litrico e Donatella Finocchiaro.
La Stagione della Caccia: un viaggio nella Sicilia di fine ‘800 grazie a impeccabili costumi, scenografie e trucco
Il film di Johnson ci guida nella Vigata di fine ‘800, perfettamente ricreata grazie alla scenografia di Mauro Vanzati, ai bellissimi costumi di Chiara Ferrantini e al trucco di Diego Prestopino.
Protagonista è il giovane farmacista Fofò La Matina (Scianna) che torna nella natia Vigata per portare avanti la sua professione, attirando subito su di sé le attenzioni di tutti gli abitanti di quel piccolo universo dove segreti e intimità sono un miraggio.
Farà la conoscenza del vizioso e insaziabile Marchese Filippo Peluso (Tommaso Ragno), sorta di Re senza corona sposato alla triste e infelice Donna Matilde (Finocchiaro), padre della bella e timida ‘Ntontò (Dalmazio) e del debole Rico (Michele Ragno).
In breve tempo però, una serie di misteriosi delitti scuoterà la piccola comunità ferma nel tempo, creando un vortice di eventi tale da rivoluzionare le vite del Marchese, della sua famiglia e di chi gli sta attorno. Ma chi si nasconde dietro? Qual è il suo movente? E a cosa mira? A questa e molte altre domande non vi è risposta se non nel finale de La Stagione della Caccia, sicuramente uno dei migliori prodotti fatti ultimamente dalla RAI.
La Stagione della Caccia: mille anime e nessuna verità
Ottimo in ogni singola maestranza, girato con ottimo mestiere da un Johnson che cattura in ogni momento l’attenzione dello spettatore e con un montaggio di Paolo Landolfi che valorizza al massimo la bella fotografia di Claudio Cofrancesco, La Stagione della Caccia si rivela un film dalle mille facce, mille anime, in cui la verità unica e universale sembra sempre sfuggire dalle dita.
Ma questo è da sempre un pilastro della narrativa di Camilleri, uno di quelle penne che sa sempre quando guidare e quando far perdere il lettore.
E la stessa cosa avviene in questo meraviglioso labirinto pieno di flashback, deviazioni, misteri, di eventi apparentemente senza significato o legame che invece alla fine, nella grande tradizione dei gialli in terra di Sicilia, trovano la spiegazione, la soluzione, il centro del caleidoscopico moto narrativo.
Attraversato da personaggi in eterno divenire eppure sempre uguali a sé stessi, il film di Johnson è una tenebrosa, ilare e amara favola piena di un eros nel quale risuonano gli echi della visione peccaminosa, oscura e viscerale legata ad una cristianità punitiva e severa, il tutto accompagnato dalle belle musiche di Ralf Hildenbeutel.
Si può ridere di tutto e tutti nella Vigata di Camilleri, ma sono risate che coprono la paura di un fato mortale, inesorabile, guidato da una volontà ed una mano invisibili e per questo ancora più inquietanti.
In mezzo, l’accorata opera di condanna della società maschilista, classista e ottusa di una Sicilia (che non è poi così dissimile a ben pensarci dall’Italia odierna) che ha la donna come oggetto di carne e piacere, soggiogata al voler di questo o quell’uomo, privata del diritto ad una felicità propria.
Lo strepitoso cast de La Stagione della Caccia, con un Tommaso Ragno in stato di grazia
Volutamente irregolare nel ritmo e nell’atmosfera, La Stagione della Caccia vive soprattutto della straordinaria interpretazione di un Tommaso Ragno in stato di grazia, capace di portare sullo schermo il ritratto di una canaglia come se ne son viste poche sui nostri schermi.
Odioso, lussurioso, avido, volgare, egoista e permaloso, il suo Filippo Peluso è però anche il miglior ritratto del vitellone italiano che ancora oggi ammorba la nostra società, dell’uomo possessivo, immaturo, eterno Peter Pan in volo verso il suo ego.
A fargli da contraltare le donne, la trinità della moglie mal sopportata, dell’amante e della figlia, tre facce di una femminilità complessa, articolata, sovente sfuggente ma mai banale grazie alla bravura della Dalmazio, Canzonieri e Finocchiaro.
Forse un film anti-siciliano? Si certo. Lo è quando ne sottolinea l’eterno schiavismo delle apparenze, del bigottismo, del “voce di popolo, voce di Dio”, delle tradizioni feudali che uccidono la vita e la libertà. Ma non lo è quando ne mostra la bellezza della natura e dei suoi frutti, l’energia delle sue donne, il perdurare del valore delle azioni dell’uomo e delle sue conseguenze.
Unico difetto, forse, il mettere il Fofò di Scianna quasi in disparte, caratterizzarlo poco, come quasi tutti gli uomini di questo racconto, o forse il renderli quasi tutti uguali, pronti allo sdegno come al ghigno, all’umiliazione come all’arroganza.
La Stagione della Caccia forse non è al livello de La Mossa del Cavallo, non ne ha l’intensità e la galoppante energia, ma rimane un racconto affascinante e pure molto inquietante sul rapporto tra menzogna e realtà, società ed individuo, sogni e il prezzo che siamo disposti a pagare per realizzarli.
Un’opera mai banale, commerciale o prevedibile. Lunga vita a Camilleri.
Giulio Zoppello
 
 

Giornale di Sicilia, 22.2.2019
Lunedì su Raiuno torna l'immaginifico mondo di Vigata nato dalla penna di Camilleri
C'è «La stagione della caccia»
Scianna: affascinato dal mio Fofò

Il film ambientato nel 1800. L'attore palermitano veste i panni di un farmacista di umili origini che si muove seguito da una scia di sangue
Location nel Ragusano. Alcune scene girate a Scìcli, nel labirinto di Donnafugata e al porto di Marzamemi

Roma. Francesco Scianna porta tutta la sua solare fisicità palermitana. Un fascino antico che gli ha permesso di interpretare in teatro, sul piccolo e grande schermo personaggi dalle tante sfaccettature e, molto spesso, seduttivi: dal passionale Peppino Torrenuova in «Baaria» di Giuseppe Tornatore, all'egocentrico Saverio, attore del cinema in bianco e nero conteso dalle donne, in «Latin Lover» di Cristina Comencini, a Massimo, ex sciupafemmine redento, nella serie tv «La mafia uccide solo d'estate». Ora il suo charme e il suo grande talento sono al servizio del film «La stagione della caccia» con la regia di Roan Johnson, che Raiuno manda in onda lunedì prossimo alle 21.25. Ancora una volta l'immaginifico mondo di Vigata creato dalla formidabile penna di Andrea Camilleri, ritorna sulla rete ammiraglia della Rai con un nuovo racconto ambientato nella cittadina di Salvo Montalbano, ma alla fine del 1800, dove sembra dominare la follia. Le location del Ragusano sono da favola - le scene sono state girate nel labirinto di Donnafugata, davanti al loggione del Sinagra e alla chiesa di Ispica, a Scicli in piazza Busacca, al porto di Marzamemi, dove è stato fatto un intervento di effetti visivi per cancellare tutto ciò che è moderno - fanno da sfondo a una lunga serie di morti in apparenza accidentali che sconvolgono la famiglia Peluso, una nobile casata di proprietari terrieri legati al possesso della roba, in una Sicilia ancora primitiva dove la forza e la violenza sono predominanti. La famiglia viene via via misteriosamente decimata da una successione di morti che ricorda quella delle prede in una battuta di caccia, che si verificano, curiosamente, con il ritorno a Vigata di Fofò La Matina, farmacista di umili origini, figlio del «camperi» del marchese Peluso, al quale presta il volto Francesco Scianna. Nel cast, tanti bravi attori siciliani, tra questi, il grande Ninni Bruschetta e l'intensa Donatella Finocchiaro.
Cosa cerca il suo personaggio tornando a Vigata? Le proprie radici? La vendetta per essere stato preso a calci sul sedere da piccino dal marchese Peluso?
«In qualche modo mi sto ancora chiedendo cosa cerchi il "mio" Fofò. La cosa che mi ha affascinato è stato il suo percorso folle in questo viaggio. Ne ho parlato lungamente con il regista per cercare di inquadrarlo. E poi, ero attratto dall'ambiente irrazionale».
Qual è stato lo sforzo che ha dovuto fare per capirlo?
«Non ho giudicato niente delle sue azioni, delle sue scelte ma capire quali potevano essere i traumi, le ferite che potevano portarlo a comprendere lentamente quello che stava facendo».
Quindi?
«C'era la curiosità di capire il suo ritorno a Vigata: un po' per mostrare agli altri quello che era diventato. Per Fofò era una sorta di riscatto sociale perché le radici del padre erano contadine e visto il trauma che aveva subito alla morte di suo papà e il calcio in cu.. da parte del marchese, voleva a tutti i costi andare avanti nello stato sociale».
Essendo un giallo non può rivelare più di tanto, ma a un certo punto il suo Fofò comprende le azioni che compie?
«Lentamente gli partono nella mente delle sensazioni forti, irrazionali, e dialoga con se stesso con un senso di onnipotenza, di follia, arrivando a dire che è nel giusto. Per questo alla fine le ragioni che 1o muovono non me le spiego ancora adesso».
Uno Scianna enigmatico. Ma cosa l'ha divertita?
«Scoprire sul set che il regista suonava come una nota dentro di me e insieme riuscivamo a vedere il risultato: come se fosse una pietra lanciata in mare e tu eri spettatore di quelle onde».
Emanuela Castellini
 
 

La Stampa, 22.2.2019
Tempi moderni
Scianna: “Ritorno all’800 per scoprire Camilleri e il suo animo western”
Colloquio. L’attore protagonista di “La stagione della caccia” in onda lunedì su Rai 1

Roma. Forse Francesco Scianna quella Sicilia ambigua e misteriosa capace di nascondere antichi veleni, non la sente molto sua. E neanche si riconosce in Fofò La Matina che torna per sete di vendetta, o di giustizia o per rimarcare un upgrade sociale che in un paese del 1880 conta. E così Scianna si trasforma nella creatura mirabilmente scritta dalla penna di Andrea Camilleri (riadattata per la tv da Francesco Bruni, Camilleri e Leonardo Marini) che lo vuole protagonista di uno dei suoi romanzi storici, La stagione della caccia - C’era una volta Vigata, produzione Palomar e Raifiction, regia di Roan Johnson con Donatella Finocchiaro, Tommaso Ragno e Giorgio Marchesi.
La storia, neanche a dirlo, è infarcita di morti. Ma è ricca d’ironia, l’importante non è sapere chi è stato piuttosto seguire le mosse dei personaggi, tutti degni di una storia autonoma. Qui si racconta di una saga familiare, di una dinastia nobile in decadenza, di una staffetta generazionale. E, in controluce, si vede un mondo in disfacimento. Il tutto tra registri tragicomici. La struttura letteraria è salva un po’ gattopardesca e un po’ western con molte trovate sperimentali.
Ma che cosa cerca Fofò che torna da farmacista e non più da figlio di un lavorante dei marchesi Peluso, signori del posto? «Fofò - racconta Scianna - si avvia per un percorso totalmente irrazionale, inutile tentare di capirlo o di inquadrarlo. Invece di giudicare le sue scelte, l’autore vuole che vengano seguite. Lui torna al paese natale per curiosità e per riscatto sociale. Vive l’urgenza d’essere riconosciuto per quello che è diventato perché ha molto lottato per raggiungere quell’obiettivo. Un senso di onnipotenza lo pervade. Infatti le ragioni del suo operato lui non le spiega in quanto è incomprensibile ciò che lo muove. Lancia un sasso per vedere le onde che produce, un auto-sabotaggio verso la fine che lo vede protagonista e spettatore».
Per capire il romanzo bisogna abbandonare la trama ed entrare nei dettagli, allora ecco la Sicilia non più di un solo colore. Scianna, rivelato dal film Baarìa di Tornatore e poi scoperto nelle sue cifre brillanti in La mafia uccide solo d’estate di Pif, ora si lascia andare a un personaggio inafferrabile: «Quello che si muove nell’ambito dell’inconscio è proprio ciò che spiazza il pubblico. Le sue azioni scaturiscono dall’inconsapevolezza degli accadimenti».
Nato vicino Palermo, a Bagheria, siciliano nell’animo anche se torna poco dalle sue parti, Scianna si sente però distante dal personaggio che interpreta se considerato solo come appartenente a un ceppo regionale: «Non ci vedo la sicilianità in Fofò, piuttosto un modo di essere che può definirsi universale. Pensi che per costruire il personaggio mi sono ispirato a un caso inglese. Lo volevo lontano il più possibile dalla terra d’origine, guardavo alle pulsioni umane che non hanno connotazioni di luogo. Personalmente, cerco di studiare, di leggere il più possibile romanzi dell’autore in questione, in questo caso, Camilleri, per poi esercitare un distacco e guardare il personaggio». Non ha conosciuto personalmente Camilleri, «ma l’ho capito attraverso il suo romanzo che conserva una freschezza e una giovinezza senza uguali e che riesce a dare sfaccettature e complessità che raramente si trovano altrove. Chiamiamole regole della scrittura che Camilleri maneggia come pochi altri al mondo».
Michela Tamburrino
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 22.2.2019
“Il commissario Montalbano”: tutti gli episodi (e le trame) in onda ad aprile e maggio 2019
Dopo i 2 film inediti, fino al 20 maggio in onda altri 8 episodi scelti tra i più amati del passato. Un ciclo di repliche della amatissima serie tv tratta dai romanzi e dai racconti di Andrea Camilleri

I due nuovi episodi di "Il commissario Montalbano", "L'altro capo del filo" e "Un diario del '43", hanno avuto ascolti da capogiro. Ora, come è ormai tradizione, segue un ciclo di repliche della amatissima serie tv tratta dai romanzi e dai racconti di Andrea Camilleri. E Luca Zingaretti, insieme con la sua irresistibile squadra del commissariato di Vigata, torna a tenere compagnia ai telespettatori di Raiuno.
Si comincia il 1° aprile con "La giostra degli scambi". A seguire l'8 aprile "Amore" e poi, ogni lunedì fino al 20 maggio, altri sei episodi scelti tra i migliori degli anni passati. I titoli devono ancora essere comunicati ufficialmente.
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Che tempo che fa, 22.2.2019


 
 

Spettacolo.eu, 23.2.2019
La stagione della caccia, recensione: un raffinato ritorno a Vigata

La stagione della caccia, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri pubblicato da Sellerio editore, racconta la storia della famiglia Peluso: i membri di questa nobile stirpe muoiono ad uno ad uno dopo l’arrivo a Vigata di un nuovo giovane farmacista. Resta da capire se i due fatti siano collegati e cosa possa rappresentare un movente tale da giustificare la mattanza.
Lo sterminio della famiglia Peluso
La famiglia Peluso è una ricca stirpe di proprietari terrieri. I più nobili tra i nobili, a Vigata. Un giorno arriva in paese un nuovo farmacista, Fofó La Matina (Francesco Scianna). Da quel momento, i Peluso iniziano a morire ad uno ad uno. Come in una stagione della caccia, appunto. Tra i protagonisti della storia il capofamiglia Don Totò (Tommaso Ragno), sua moglie Donna Matilde (Donatella Finocchiaro, qui nella nostra video intervista), la figlia ‘Ntontò (Miriam Dalmazio), il cugino Nenè Impiduglia (Alessio Vassallo) e il parroco di Vigata (Ninni Bruschetta). Tra patriarcato, giudizi (e pregiudizi) della gente, interessi economici e vendetta, la storia lascia intravedere le migliori caratteristiche dello stile letterario di Andrea Camilleri.
Coralità di attori e personaggi
La stagione della caccia è un film corale in senso stretto. Come sottolineato dal regista Roan Johnson nel corso di un’intervista rilasciata a Spettacolo.eu, è difficile identificare un vero protagonista. Ad un primo sguardo il protagonista potrebbe sembrare Don Totò Peluso, in seguito si potrebbe pensare lo stesso anche del farmacista Fofó La Matina e sul finale la scelta potrebbe cadere anche sulla giovane marchesina ‘Ntontò. La verità, semmai, è che tutti personaggi hanno un ruolo chiave a prescindere dalla permanenza di fronte alla camera. I loro complessi rapporti rappresentano la vera ricchezza della storia e si può intuire facilmente che i loro contorni provengono dalla penna di un esperto romanziere. Il cast è adeguato e giusto, vario per età ed esperienza. Si tratta di pezzi diversi di un unico puzzle, pronti a raccontare uno spaccato dell’Italia che fu (e dalla quale, semmai, è difficile emanciparsi).
La ricchezza del dialetto
Che Andrea Camilleri abbia una particolare predilezione per l’ambientazione e per il linguaggio siciliano non è certo una novità. La stagione della caccia si inserisce nel più ampio progetto C’era una volta Vigata e segue il successo del primo film per la tv, La mossa del cavallo. Nulla da eccepire ai bellissimi scenari di Vigata, che danno una marcia in più ai fatti. Per quanto riguarda il parlato, alcuni tratti potranno sembrare un po’ appesantiti o leggermente tirati. Nel complesso tuttavia la pellicola riesce a conservare un certo fascino e mostra un’era che di fatto richiama a tutti gli effetti la fine dell’800 con i suoi usi e costumi, sia sociali che linguistici.
Tra giallo e sentimentale
Se è difficile identificare un unico personaggio, non è così semplice nemmeno ricondurre tutto ad un solo genere cinematografico. La stagione della caccia si posiziona a metà tra il giallo, lo storico e il sentimentale. Ci sono degli omicidi, ci sono gli amori e c’è l’Italia del 1880. Alcuni passaggi centrali lasciano interrogativi scoperti che potrebbero confondere lo spettatore. Alla fine però ogni nodo viene sciolto con naturalezza: nulla è stato lasciato al caso, è evidente. L’attenta sceneggiatura di Francesco Bruni, Andrea Camilleri e Leonardo Marini e l’altrettanto accorta regia di Johnson portano brillantemente a termine il compito con mestiere, facendo intuire che la saga è destinata ad avere un prosperoso prosieguo.
La stagione della caccia va in onda su Rai 1 il 25 febbraio 2019 prodotto da Palomar in collaborazione con Rai Fiction.
Voto 3,5/5
Raffaella Mazzei
 
 

Io Donna, 23.2.2019
“Il commissario Montalbano” è la trasmissione da seguire per Aldo Grasso
Le nuove puntate su Rai1, le repliche e le riproposte su Rai Play continuano a mietere successi di pubblico. Come se il commissario creato da Andrea Camilleri fosse un classico senza tempo
IL COMMISSARIO MONTALBANO
Regia di Alberto Sironi, con Luca Zingaretti, Angelo Russo, Sonia Bergamasco, Peppino Mazzotta, Cesare Bocci. Su Rai 1
Genere: poliziesco

L’umanità di Montalbano, l’intelligenza, di Montalbano, la lungimiranza di Montalbano, la sensibilità di Montalbano, la sicurezza di Montalbano, la filosofia di Montalbano… Ma quante doti ha questo commissario di polizia, che sa risolvere casi intricatissimi, ma che alla fine, con stoica saggezza, preferisce lasciare che il destino segua il suo corso!
Le nuove puntate di Montalbano (Rai1), le repliche, le riproposte su Rai Play continuano a mietere successi di pubblico. Come se il commissario creato da Andrea Camilleri fosse un classico senza tempo, la Sicilia una regione impassibile, come un quadro metafisico: il tempo è statico, tutto ritorna, il dialetto resta un’invenzione rétro curiosa. Vero è che Salvo Montalbano è uno dei pochi, riusciti personaggi della fiction italiana, in perfetta fusione con il suo interprete Luca Zingaretti. Il suo metodo d’indagine è abitato da visioni e assomiglia molto a una sorta di evangelizzazione. Montalbano non conversa, converte. Moltiplica pani e share. Montalbano è ormai un marchio consolidato, un raro caso di “brand name”, a garanzia di una serialità d’autore di alto artigianato.
Per chi ama le rassicurazioni, l’isola che non c’è e desidera dare un senso morale alle indagini di polizia.
Aldo Grasso
 
 

La Nuova Sardegna, 23.2.2019
Camilleri unisce le isole degli ulivi "attortati"
Da lunedì a Cagliari seminario internazionale sul creatore di Montalbano. Marci: «Quel filo che lo collega a Giuseppe Dessì»
Giacomo Mameli
 
 

AGI, 24.2.2019
Roan Johnson racconta come sarà la Stagione della caccia
Il regista 'anglomateranopisano' si misura con la sicilianità di Andrea Camilleri e il magnifivo mondo di Vigata: "Andare a casa dello scrittore è stato come entrare nell’antro della Sibilla". Lunedì 25 febbraio su Raiuno

È nato a Londra da padre inglese e mamma materana, è cresciuto a Pisa e poi a Roma, dirige la serie tv Sky I delitti del BarLume, girata all’isola d’Elba e adesso, il 25 febbraio in prima serata, sbarca in Rai con la sua prima regia intrisa di sicilianità. Il cittadino del mondo Roan Johnson (i genitori, docenti universitari l’hanno chiamato così unendo le iniziali dei loro nomi, Rosanna e Antony) , 43 anni, mette la sua firma su La stagione della caccia, il secondo film della serie “C’era una volta Vigata” tratta dai romanzi storici di Andrea Camilleri (“bottiglie d’annata dello scrittore” le ha definite la direttrice di Raifiction Eleonora Andreatta) che Raiuno manda in onda a un anno da La mossa del cavallo, campione di share con 32,3% e dopo i nuovi episodi di Montalbano.
Prodotto da Palomar con Raifiction La stagione della caccia è ambientato nel 1880 e mixa felicemente commedia e tragedia, con un cast dove spiccano Francesco Scianna, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta e Donatella Finocchiaro.
I protagonisti sono i nobili Peluso da Torre Venerina, signori di Vigata, capeggiati dal patriarca, il marchese Filippo Peluso, nei cui panni si è magistralmente calato Ragno, visto anche ne Il Miracolo di Niccolò Ammaniti. Quando, interpretato da Scianna, arriva in paese il fascinoso farmacista Alfonso "Fofò" La Matina, figlio di un contadino esperto in erbe medicamentose, i componenti della famiglia Peluso cominciano misteriosamente a morire, uno dopo l’altro, come ne I dieci piccoli indiani di Agatha Christie.
Chi morso da una vipera, chi di crepacuore, chi avvelenato. E visto che il filo conduttore su cui Johnson ha scelto di lavorare, spiega “è la critica al patriarcato di quei tempi”, per mettere nel suo meeting pot pure un po’ di sapore italoamericano mafioso parlando con Tommaso Ragno del personaggio del marchese Filippo Peluso, legato alla terra, al possesso e al “figlio masculo”, gli ha consigliato: “Pensa come se i Peluso fossero i Sopranos del diciannovesimo secolo e tu fossi il James Gandolfini di Vigata”.
Johnson, che ha studiato al centro sperimentale di cinematografia dove come docente di sceneggiatura ha avuto Francesco Bruni, che firma quella della Stagione della caccia con Camilleri e Leonardo Marini, ha cominciato la sua carriera come proprio come sceneggiatore. Nel 2011 al cinema è uscito il suo primo film da regista, I primi della lista, con Claudio Santamaria, seguito da Fino a qui tutto bene e Piuma. È pure scrittore che ha cominciato con la poesia (“mio padre mi ha insegnato a usarle come forma di espressione autoterapeutica, quando stavo male mi spingeva a scrivere”) e dopo i suoi primi due romanzi ora sta per pubblicare con Mondadori “La Naneide” , dove racconta i difficili giorni del suo primogenito, che oggi ha 5 anni e sta bene, in neonatologia.
Ma esistono dei punti di contatto tra l’esilarante I delitti del Barlume con Filippo Timi, tratta dai romanzi di Marco Malvaldi (Johnson sta girando la sesta serie, annunciata per il prossimo Natale) e La stagione della caccia, realizzato su un testo di un mostro sacro come Camilleri? “Si ride anche ne La stagione della caccia, ma in modo diverso”, chiarisce. “Nel Barlume ci sono punte di comicità surreale, grottesca, qui invece domina un’ironia più raffinata”. Se con Malvaldi, pisano come lui e suo coetaneo, racconta “tutto mi viene facile”, con Camilleri si è “messo al suo servizio”.
E anche il racconto del suo incontro con lo scrittore è un po’ tragicomico come il film tv: “Per me è stato come andare da un veggente, varcando la soglia del suo salotto traboccante di libri mi è sembrato di entrare nell’antro della Sibilla. Sembrava un rituale pagano, ognuno sulla sedia assegnata dallo scrittore, che mi sembrava uno sciamano. Per la prima volta ho visto Carlo Degli Esposti impaurito”, scherza, spiegando che il produttore di Palomar temeva che le sue proposte sul testo del regista non piacessero a Camilleri. “Era preoccupato e invece alla fine gli sono stato simpatico. Mi ha detto pure “bravo” quando gli ho chiesto se era giusto individuare come fil rouge la critica al patriarcato di quei tempi, con tutti i protagonisti tesi a diventare i padroni di Vigata”.
Qualche semplificazione sul testo, ricco di intrecci e personaggi, lo scrittore lo ha accettato. Ma non c’è stato niente da fare invece per il finale diverso, con la speranza di un nuovo amore e quindi più a lieto fine di quello scritto da Camilleri, che Johnson e Bruni avevano proposto. Lo scrittore non ha voluto saperne. Johnson ha girato in Sicilia per cinque settimane un raffinato film tv che avrebbe dovuto anche sbarcare, al cinema come evento di tre giorni: “Ma poi non c’è stato il tempo necessario, mi resta questo rammarico”. Si rifarà, perché si sta già parlando di un nuovo film tv su un altro romanzo storico di Camilleri.
Antonella Piperno
 
 

Il Fatto Quotidiano, 24.2.2019
L'intervista. Alberto Sironi - Da 20 anni regista della serie dei gialli di Vigata: “Scoperti per caso in libreria”
“I raccomandati all’assalto di Montalbano. Camilleri? La lettera non l’ho spedita”

Da dietro la macchina da presa, Alberto Sironi non si sposta quasi mai: “In un viaggio aereo ho ascoltato il dialogo di una famiglia statunitense: imparavano l’italiano grazie alle puntate del Commissario Montalbano. Sapevano tutto. Entusiasti. E il loro obiettivo era visitare la Sicilia per ritrovare i luoghi delle riprese”. Ha rivelato loro il suo ruolo centrale nella fiction? “No, assolutamente, sono rimasto zitto e in ascolto, mi sembrava brutto dirgli: ‘Sapete, sono il regista della serie’. Non bisogna mai esagerare”.
Alberto Sironi è una di quelle persone diventate adulte con il coraggio di conservare intatti i propri sogni di ragazzo, quando parla mantiene sempre un tono lieve, spesso definisce i contorni delle frasi, gli dà colore, e con lui la sfera temporale non risente dei grigiori del tempo, nessuna malinconia, solo piacevole consapevolezza. Ieri come oggi. “Da sempre la mia passione è la regia, già da piccolo quando potevo andavo al cinema; però all’inizio ho studiato architettura al Politecnico di Milano, lo desiderava tanto mia madre, e per quattordici volte ho affrontato gli esami; poi ho ceduto alla passione e sono entrato al Piccolo diretto da Giorgio Strehler”.
[...]
Ha mai provato a recitare?
Microscopici cammei come per l’omaggio a Marcello Perracchio.
Quando è morto.
In quel caso abbiamo chiesto ad Andrea Camilleri una piccola variazione rispetto al testo, lui ha accettato, e appaio nella scena del commissariato, quando gli diciamo addio davanti a quei cannoli siciliani che lui tanto amava. Non è proprio il mio mestiere...
[...]
Come è arrivato a Montalbano?
Dopo “Coppi” sono rimasto fermo due anni, e senza capirne il motivo, poi nel 1997 vado a Palermo per girare Una sola debole voce e durante uno dei sopralluoghi entro in libreria, vedo la copertina del libro di Camilleri, La forma dell’acqua, lo acquisto, leggo, e ne capisco le potenzialità. A quel punto decido di convincere la fortuna ad aiutarmi.
Male non fa.
In una delle scene del film piazzo il libro edito da Sellerio in mano a un ragazzo.
Ha funzionato.
Non lo so, certo poco dopo è arrivata la telefonata; e non è la prima volta: ne Il commissario Corso ho chiamato Fausto, il figlio del protagonista, ed ecco il lavoro su Coppi.
[...]
Montalbano all’inizio.
Ci lasciarono lavorare in totale tranquillità, in Rai erano convinti fosse un prodotto di nicchia, nessuno ipotizzava un successo del genere, quindi liberi di operare e di scegliere.
Anche rispetto agli attori.
Sì, nessuna delle classiche raccomandazioni del caso, non ci puntavano un granché, poi quando la fiction è diventata importante, le telefonate interessate sono iniziate ad arrivare di continuo.
Un classico.
In questi casi la salvezza sono i provini, e da quel passaggio non sottraggo nessuno: se non funzioni, sono cacchi tuoi, anche a costo di scontri duri.
Capitati, quindi.
Flaiano è stato uno dei primi, se non il primo a teorizzare l’attitudine a salire sul carro dei vincitori (improvvisamente un piccolo sorriso). Che soddisfazioni...
In particolare?
Penso ai complimenti ricevuti da Spinotti, o quello di Rosi: “Bravo, Montalbano è realizzato benissimo”. È importante sapere che il tuo mestiere funziona, e l’amplificatore è la consapevolezza di aver trovato un linguaggio capace di varcare i confini della Sicilia prima, dell’Italia poi.
Trasmesso nel mondo.
Tre anni fa vado a Expo insieme ad Angelo Russo (Catarella nella fiction), siamo stati fermati da una famiglia di Haiti: non solo lo hanno riconosciuto, ma sapevano il suo vero nome.
[...]
Vent’anni di Montalbano, oramai siete una famiglia.
Per girare passiamo insieme circa quattro mesi l’anno e da tempo siamo amici pure delle persone del luogo.
Vi ringraziano.
È reciproco, mi fa solo piacere che grazie a Montalbano abbiamo liberato dalle macchine delle meravigliose piazze barocche, e per fortuna poi ci hanno copiato tutti, il sindaco di Ragusa Ibla in testa; non solo: la Fornace Penna, una fabbrica di mattoni abbandonata a Sampieri, e più volte usata per le riprese, rischiava di scomparire sotto una speculazione edilizia...
Invece?
Il sindaco ha piazzato un cartello: “Luogo di interesse cinematografico”. Per ora è salva.
Le polemiche sui migranti.
Il tema non è una novità per Montalbano: ce ne siamo già occupati in uno dei primi episodi, e non ci si è persi in tutto questo vociare.
Il suo primo incontro con Camilleri.
Ricordo quando siamo andati a parlare del volto del protagonista, e al nome di Luca Zingaretti rimase leggermente perplesso: “Montalbano lo immaginavo più vecchio, panciuto e con i capelli ricci, alla Germi in Un maledetto imbroglio”. È andata bene...
La scelta?
Sì, ma in questo caso mi riferivo all’età dei protagonisti: ringiovanirli ci ha permesso di arrivare fino a oggi.
Si stupisce sempre del successo?
È incredibile, anche perché gli ultimi film sono più scuri e malinconici dei primi, dove abbiamo affrontato il tema della solitudine degli anziani; eppure il pubblico è innamorato e aspetta.
Anche le repliche...
Altra chiave del successo: non sono film immediati, specialmente all’inizio, quando lo spettatore doveva entrare nella storia, nel linguaggio e legarsi ai personaggi; trasmetterli più volte ha permesso alle persone di assorbire la novità.
Camilleri per lei.
Sono in imbarazzo.
Cosa è successo?
Recentemente, in una puntata da Fabio Fazio, ha inviato una lettera nella quale ci ha ringraziato. Capito? Lui dice grazie a noi! È un atteggiamento che non ho mai riscontrato in nessuno scrittore...
E la imbarazza?
Il problema è che vorrei rispondere per iscritto e ci provo da giorni, ma non riesco a trovare le parole giuste per spiegargli cosa penso di lui: ogni volta mi sembra troppo poco, non esaustivo rispetto alla sua grandezza umana e professionale. (Guarda l’orologio).
È tardi?
No, mi scusi, è che devo andare ad Assisi da mia moglie: sono impegnato nella scrittura della sceneggiatura per i prossimi episodi...
Alessandro Ferrucci
 
 

Gazzettinonline, 24.2.2019
Tremestieri Etneo: l’attore Dario Giarrizzo domani sera in onda su Raiuno
Fa parte del cast del film per la tv “La stagione della caccia”, tratto da un intrigante romanzo di Andrea Camilleri ambientato in Sicilia nell’Ottocento. Ennesima gratificazione per l’artista professionista siciliano, non nuovo a partecipazioni a popolari fiction prodotte e trasmesse in questi anni dalle emittenti televisive nazionali

Domani sera, lunedì 25 febbraio, andrà in onda in prima visione su Raiuno il film in costume “La stagione della caccia”, ambientato nel 1800 ed ispirato all’omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Tra i suoi interpreti figura Dario Giarrizzo, attore di Tremestieri Etneo, nel ruolo di “addetto al porto”.
[...]
Riguardo alla sua partecipazione al film che verrà trasmesso domani sera dalla rete “ammiraglia” della Rai, Dario Giarrizzo dichiara di essere «onorato di far parte del cast di questa produzione della “Palomar” di Carlo Degli Esposti ed avente come regista Roan Johnson e come protagonista il noto attore Francesco Scianna. Questo telefilm, tratto da uno dei romanzi storici dell’autore del commissario Montalbano, è incentrato sulle vicende di una stravagante famiglia aristocratica siciliana decimata da morti misteriose. Ritengo, pertanto, che possa interessare ed “intrigare” milioni di telespettatori».
Rodolfo Amodeo
 
 

La Repubblica - Robinson, 24.2.2019
8 mln

Per gli appassionati di gialli, difficile immaginare qualcosa di più italiano del Commissario Montalbano (Sellerio) inventato da Andrea Camilleri in La forma dell'acqua, nel 1994. Però, anche grazie alla serie televisiva che ha fatto sognare la Sicilia nel mondo, il Montalbano letterario vende tanto anche all'estero (35 paesi).
Con vari grattacapi per i traduttori. Come dite arancini a Paris?
 
 

La Repubblica - Robinson, 24.2.2019
Zingaretti: "Basta nostalgie, il PD non sarà più il partito delle guerre"

[...]
C'è almeno uno Zingaretti che fa paura a Salvini. Si racconta che nella Rai sovranista ci fosse grande agitazione per Montalbano che aiuta i migranti.
«Non trasporterei la grandezza intellettuale di Camilleri accanto alla pochezza delle vicende politiche italiane».
Per rimediare, Salvini si è fatto un selfie davanti alla tv che trasmetteva Montalbano.
«Goffo rimedio. Non dobbiamo farci ingannare dal sorriso di chi tira il sasso e nasconde la mano».
[...]
 
 

SuperGuidaTV, 24.2.2019
Il Commissario Montalbano nuovi episodi 2020: si girano 3 nuove puntate | ANTEPRIMA

Di cosa parliamo? De Il Commissario Montalbano. Nuovi episodi arriveranno nel 2020 per la gioia di tutti i fan. Sì, avete proprio letto bene. Smentite le voci che volevano che gli ultimi episodi dell’amatissima fiction Rai fossero andati in onda nelle scorse settimane. Visti gli ottimi dati Auditel, visto l’enorme affetto del pubblico, sono tutti già al lavoro. Montalbano tornerà. Ci saranno tre nuove puntate e presto Luca Zingaretti tornerà sul set.
Il Commissario Montalbano nuovi episodi: le anticipazioni
Aprite bene gli occhi per leggere con attenzione il tutto. Vi annunciamo in anteprima che de Il Commissario Montalbano vi saranno presto ben tre nuovi episodi. Il cast dell’amatissima fiction Rai è già stato convocato. Ancor prima di quanto possiate immaginare torneranno tutti sul set.
Quando? Ebbene dal prossimo maggio, fino al mese di luglio 2019, Luca Zingaretti tornerà nella meravigliosa Sicilia. Nelle zone dove la troupe girerà i tre nuovi episodi tratti dagli ultimi libri del maestro Camilleri sono tutti già in fermento. Secondo i ben informati, oltretutto, ci sarebbe già stati alcuni sopralluoghi in giro per la Sicilia per girare, in posti da sogno, piccoli dettagli dei vari casi da risolvere.
Quando andranno in onda i nuovi episodi? E’ troppo presto per saperlo. Vi terremo comunque aggiornati non appena usciranno le prime indiscrezioni. E’ sicuro, però, che prima del 2020 nessuna nuova puntata andrà in onda. I fan, pertanto, dovranno mettersi il cuore in pace.
Il Commissario Montalbano nuovi episodi: i titoli
Su cosa saranno incentrati i nuovi episodi de Il Commissario Montalbano? Ebbene pare proprio che il primo verterà su un doppio mistero. Il Commissario dovrà fare i conti con il passato, ma occuparsi anche del presente e del futuro attraverso i social. Proprio così Salvo si ritroverà alle prese con Facebook, Twitter e Instagram. Come ne uscirà? Come gli amanti dei libri di Camilleri, quindi, avranno già immaginato, il primo dei tre nuovi episodi sarà tratto dal libro intitolato La rete di protezione.
Nel secondo, invece, Montalbano dovrà aiutare un amico e collega, ovvero Mimì Augello. Il personaggio, nella serie, è interpretato da Cesare Bocci. Il povero Mimì, sempre pronto a passare da una femmina all’altra, senza mai accasarsi, si ritroverà, però, in guai grossi. Il motivo? Scappando dalla donna di turno, infatti, dopo una notte indimenticabile, Mimì si ritroverà davanti il cadavere di una vicina di casa. Il mistero si infittirà quando verrà trovato un altro cadavere, quello di Carmelo Catalanotti. Riuscirà Montalbano a risolvere il caso? Come finirà?
Ultimo episodio? I più romantici potranno gioire nel vedere i momenti migliori di Salvio e Livia grazie all’episodio intitolato: “Salvo amato Livia mia”. Qui, come è facile immaginare, i protagonisti saranno Luca Zingaretti e Sonia Bergamasco. Dovremo preparare i fazzoletti? Mai dire mai. Dopo tanti misteri, però, serviva proprio un episodio incentrato sulla coppia che permettesse ai telespettatori di conoscere l’amatissimo Montalbano a trecentosessanta gradi vedendolo così, un po’ di più, alle prese con la vita reale piuttosto che con quella professionale.
Alessandra Solmi
 
 

Che tempo che fa, 24.2.2019
Andrea Camilleri


 
 

RagusaNews, 24.2.2019
Camilleri: farò uno spettacolo in teatro, Autodifesa di Caino
Intervistato da Fabio Fazio

Roma - Ospite in collegamento dalla sua casa di via Asiago di Roma con lo studio di Che Tempo che Fa, in onda stasera su Rai Uno, Andrea Camilleri ha annunciato di voler tornare in teatro.
"Ci ho preso gusto -ha annunciato Camilleri, intervistato da Fabio Fazio- dopo l'esperienza di giugno al Teatro Greco di Siracusa, tornerò in teatro a Roma. Farò un monologo sull'Autodifesa di Caino. Mi sto preparando".
 
 

Tv Fanpage, 24.2.2019
Andrea Camilleri e la polemica sui migranti: “Prima avevamo più cuore”, e ringrazia Roberto Saviano
Dopo gli straordinari ascolti tv de Il Commissario Montalbano e prima de La stagione della caccia, Andrea Camilleri interviene a Che tempo che fa offrendo una grande lezione di vita. Lo scrittore offre sostegno al collega Saviano e commenta le polemiche sull’episodio di Montalbano sui migranti: “Ho solo raccontato la cronaca, la Storia”.

In collegamento video da Roma, Andrea Camilleri è intervenuto nella puntata di Che tempo che fa del 24 febbraio. All'indomani degli straordinari ascolti tv raccolti da Il Commissario Montalbano e prima della messa in onda de La stagione della caccia, lo scrittore siciliano ha rilasciato un'intervista breve ma già storica. Da ricordare le sue parole a commento delle polemiche sull'episodio di Montalbano incentrato sul tema migranti.
Le riflessioni su Montalbano e i migranti le ho accolte con stupore. Non c'è nulla che possa suscitare sdegni nel mio romanzo. Ho semplicemente raccontato quello che succedeva qualche anno fa nella mia Porto Empedocle, quando la Guardia Costiera portava lì centinaia di migranti raccolti in mare. Se questa è polemica non so che fare, questa è cronaca, è Storia. Forse una volta avevamo più cuore. Porto Empedocle è un porto aperto, accogliente.
L'appoggio per Roberto Saviano
Camilleri ha inoltre rivolto un messaggi di sostegno Roberto Saviano, che poco prima è intervenuto nello stesso programma con un messaggio sul tema dei migranti: "Nessun italiano ha la vita migliorata se viene resa la vita impossibile ai migranti. Togliere i diritti ai migranti significa cominciare a toglierli a se stessi. La priorità deve essere prima i diritti". "Volevo unirmi all’applauso fragoroso per Roberto Saviano", ha dichiarato l'autore siciliano, che si è poi rivolto al collega napoletano, tornato brevemente in studio: "Roberto, queste parole mi vengono dal cuore. Ti ammiro e ti voglio bene". Quindi, una riflessione sull'andamento negativo dell'età contemporanea e un inno all'importanza della cultura:
Non solo l'Italia. Mi preoccupa il mondo. Forse qualche studioso può dirci perché il mondo sta ruotando al rovescio. Ancora qualche anno e si rischia di tornare all'età della pietra. Ma ho una sfiducia sconfinata nell'uomo e nella donna. Credo che l'umanità riuscirà a uscire bene da qualsiasi situazione. Il sapere, chi ce l'ha lo deve seminare come si semina il grano. Il sapere non è un'élite, ma l'uso quotidiano. Quando avverrà saremo veramente uomini sulla terra.
Camilleri colonna portante della televisione
Fabio Fazio ha definito Camilleri una "colonna portante della televisione", ma lui ha rigettato ironicamente ogni etichetta: "Lei mi atterrisce. Io non me lo so spiegare, posso solo dire qual è il mio approccio". Straordinario il racconto delle due lezioni di vita che ricevuto, "una diretta e una indiretta":
Io? Ho avuto due lezioni. Una diretta nel 1949, quando diedi l'esame come allievo regista all'accademia d'arte drammatica. Il maestro di regia Orazio Costa mi disse: "Sappia che non condivido nulla di ciò che ha scritto e detto in queste due ore. Arrivederci". Sicuro di non essere stato ammesso, passai dieci giorni meravigliosi girando per Roma.Poi scoprii di essere stato ammesso all'Accademia e che le lezioni erano iniziate da sei giorni. Costa mi disse: "Non condividere non significa che le opinioni degli altri siano sciocche". Questa è stata la prima lezione: ascoltare fino in fondo le ragioni degli altri. La seconda lezione, indiretta, fu quando assistetti a una discussione tra Leonardo Sciascia e un suo amico, che continuava a dire: "Io penso…". Sciascia gli disse: "Tu devi riflettere prima di pensare".
La stagione della caccia e Conversazione su Tiresia
Se Il Commissario Montalbano è terminato, i fan di Camilleri possono gioire, dal momento che sono previsti ben due appuntamenti da non perdere. Lunedì 25 febbraio va in onda su Rai1 "La stagione della caccia" con Francesco Scianna, tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore siciliano. Il 5 marzo, invece, sempre Rai Uno proporrà in prima serata "Conversazione su Tiresia", lo spettacolo di e con Camilleri registrato lo scorso giugno al teatro greco di Siracusa, senza interruzioni pubblicitarie. Lo scrittore ha infine annunciato un nuovo lavoro a teatro:
Sto preparando un altro spettacolo. Si chiamerà Autodifesa di Caino.
Valeria Morini
 
 

ilmediano.it, 24.2.2019
Perché Andrea Camilleri ha deciso che Salvo Montalbano vada “pazzo” per la “pasta ‘ncasciata”…

G.Simenon, Vàzquez Montalbàn e Camilleri hanno inventato personaggi che amano la buona tavola e, attraverso le forme e i tempi di questa passione, rivelano tratti importanti delle loro relazioni con il mondo e con sé stessi. La “pasta ‘ncasciata” è, per Salvo Montalbano, metafora del mondo complicato in cui si svolgono le sue indagini: un mondo in cui nemmeno un assassinio riesce a separare nettamente lo spazio del male da quello del bene, “gli uomini” dagli “ ominicchi” e dai “quaquaraquà”.
[...]
Forse è superfluo ricordare che quando consumiamo un “piatto”, il nostro confronto con il cibo è un’operazione realistica, e, nello stesso tempo, simbolica: perché i sensi innescano il gioco della memoria e associano immagini, ricordi e suggestioni: e perfino la postura e il modo di manovrare le posate possono avere un significato che va oltre le apparenze. “Me mangio ‘e maccarune comme si me mangiass’’o munno” diceva un vecchio “solachianiello” di Ottaviano. E poi basta osservare come certi soggetti addentano panini, frutta e crostate, per capire che una “psicologia del mangiare” non sarebbe solo una rumorosa minestra di chiacchiere. Quasi tutti i Maestri del giallo hanno ancorato i loro investigatori a una precisa cultura del cibo: lo fa Camilleri con Montalbano, lo hanno fatto Simenon con Maigret e, con una ben programmata assiduità, Vàzquez Montalbàn con Pepe Carvalho. L’amore per la cucina serve, prima di tutto, a legare il personaggio al territorio, e alla sua civiltà, a inserirlo in un preciso “luogo” temporale, spaziale, linguistico; poi serve, quell’amore, a dirci, con immagini saporose e loquaci, come egli intende il mondo, e il suo mestiere, e i casi della vita.
Per quasi tutti gli studiosi del genere – fanno eccezione solo Piero Dorfless e Giovanni Capecchi – Montalbano è un Maigret siculo e mediterraneo. Il personaggio di Simenon è, come dice Corrado Augias, un solido borghese che va a caccia degli autori dei delitti non perché lo sollecitino lo spirito dell’avventura e la voglia di dimostrare che nessuno può sfuggire all’ acutezza della sua intelligenza: egli combatte il crimine per dovere di ufficio e per il desiderio di approfondire la conoscenza della natura umana in tutti i suoi aspetti: homo sum et nihil humani alienum a me puto “sono un uomo e credo che nessun aspetto dell’umanità mi sia estraneo”. E’ stato notato che in alcuni “gialli” Simenon non descrive la scena della consegna del colpevole alle patrie galere: la cosa non gli interessa, e anche Vàzquez Montalbàn e Camilleri spesso “saltano” il momento. Ma tutti e tre dedicano pagine significative alle riflessioni sugli uomini e sulla società che i loro personaggi fanno durante la caccia agli assassini: Pepe Carvalho e Montalbano trasformano quelle riflessioni in uno strumento di indagine della loro interiorità, dei loro dubbi, delle loro incertezze, mentre, secondo Capecchi, Maigret resta un personaggio definitivamente sicuro di sé, e dunque psicologicamente “immobile”. Non sono d’accordo, e in un altro articolo spiegherò perché. Salvo Montalbano e Pepe Carvalho vivono il mare, sanno che non c’è onda uguale ad un’altra, e che ognuna di esse contribuisce a definire il volto dell’immensa distesa. I due sono destinati a cercare, negli altri e in sé stessi, un approdo definitivo, un senso ultimo, ma la costa e l’orizzonte restano lontani: entrambi forse hanno intuito, come Ulisse, che il significato dell’esistere sta proprio in quel cercare.
E perciò Montalbano ama liberare i suoi sensi lungo i complessi sentieri della “pasta ‘ncasciata”, tra i solchi delle “magliette di maccheroncino”, sui riposanti sapori della tuma, della carne tritata, del salame e delle uova soda, e non li sottrae, i suoi sensi, al confronto pungente con le melanzane, con il pecorino grattugiato, con la salsa di pomodoro e con il vino bianco. La pasta ‘ncasciata apre spazi al piacere, porta su dalle grotte marine tutte le Sirene del gusto, e Montalbano ne ascolta le voci con curiosità, legato, come Ulisse, all’albero maestro della nave per non farsi trascinare nei gorghi dall’incantamento. Quel “piatto” è complicato come il nostro mondo, in cui può capitare che un assassinio non segni necessariamente il confine tra il bene e il male. Salvo Montalbano è figlio di due “sentimenti” di Camilleri, la voluttà di capire, e la sfiducia verso questo nostro tempo. E perciò la pasta “ncasciata è un omaggio alla Sicilia, è un concreto “piatto”, è una metafora della storia di oggi, della storia alta e di quella bassa.
Carmine Cimmino
 
 

Taxidrivers.it, 25.2.2019
Roan Johnson incontra Andrea Camilleri: conversazione con il regista di La stagione della caccia
Roan Johnson incontra Andrea Camilleri portando sullo schermo una sceneggiatura realizzata dallo scrittore siciliano insieme a Francesco Bruni e Leonardo Marini. Il risultato è un giallo storico in cui l'universo di Camilleri è filtrato dalla contagiosa sensibilità e dalla caratterizzazione dei personaggi tipiche dell'autore di Piuma e I delitti del BarLume. In onda il 25 febbraio in prima serata su Rai 1, di La stagione della caccia abbiamo parlato con il regista toscano

Tu nasci come sceneggiatore, mentre ne La stagione della caccia vieni arruolato per le tue qualità di regista. Rispetto alle tue origini si tratta di una vera e propria rivoluzione, per cui ti chiedo intanto in che maniera è nata la tua passione per la direzione dei film e come si è trasformata nel corso degli anni.
Allora, guarda, io nasco come sceneggiatore e la prima volta che provo a fare la regia è perché Paolo Virzì, che peraltro nasce anche lui come sceneggiatore, frequentando prima di me il Centro Sperimentale, mi dice di girare uno degli episodi che stava producendo sul calcio, 4-4-2 Il gioco più bello del mondo. Io lo giro e finisco quell’esperienza un po’ traumatizzato perché capivo che il set è una sorta di macchina elefantiaca di cui fondamentalmente non hai il controllo. Quindi questa ansia mi ha ha fatto scappare per rifugiarmi nel punto dove avevo più controllo possibile e cioè nella scrittura di un romanzo. Dopodiché è venuto I primi della lista e il mio rapporto con la regia è migliorato un pochino, e anche se non è stato idilliaco, probabilmente, è il momento in cui ho capito che non potevo più prendermi in giro e che la mia natura era più da regista che da scrittore, come mi ha confermato la direzione di Fin qui tutto bene.
Il fatto che tu sia diventato innanzitutto un regista lo si vede anche dal cosiddetto Roan Johnson’s Touch presente nei tuoi film, caratterizzato dal racconto dei riti di passaggio, grazie a questa maniera pop ironica e divertente che riesce ad alleggerire aspetti che di per sé sarebbero drammatici. Ti riconosci in questo filo conduttore che fa di te un regista-autore?
Come autore non lo so. Mi riconosco nel fatto che, come hai detto, è il primo film che non scrivo – tra l’altro tratto da un romanzo già cosi profondo e complesso di un autore molto più grande di me – e in relazione al quale mi sono trovato, diciamo così, abbastanza d’istinto, dopo che avevo cercato di razionalizzare nel realizzarlo. Certo, delle cose me le son dette: per esempio, quella di trovarmi di fronte a un film che necessitava di una sua eleganza ed elasticità, un film dove non devo prendere macchine a mano e steady e fare solo carrelli, tanto per capirsi. A parte questo, mi sono detto di non prendermi in giro, perché in fondo sapevo già cosa dovevo fare. Quindi sono arrivato lì, ho capito che anche se stavo facendo una cosa molto diversa, in una terra che non conoscevo e da un autore che non ero io, l’avrei girato comunque alla mia maniera. È vero che Piuma l’abbiamo girato tutto con la macchina a mano, però, comunque, alla fine ho raggiunto una sorta di calma interiore, nel senso che non ho più un ego che deve mettersi davanti – spero di averne sempre avuto poco.
L’ansia da prestazione registica…
Per fortuna nascendo come sceneggiatore mi sono sempre messo dalla parte della storia e non della regia. Comunque, c’era un po’ di ego che avrebbe potuto sgomitare in un progetto come questo, che non avevo scritto. In realtà, questa cosa qui non ha preso il sopravvento, e quando sei sereno pensi alla storia e vuoi fare le cose a favore del film, dei personaggi e della narrazione. Poi, se hai buoni attori viene tutto naturale e in qualche modo infondi il tuo stile in tutte le cose, dalle più piccole alle più grandi, e a quel punto diventa facile.
Non capita tutti i giorni di trovarsi a trasporre da regista una sceneggiatura scritta da Andrea Camilleri e Francesco Bruni, oltre che da Leonardo Marini, quindi ti volevo chiedere: com’è andata e qual è stato il rapporto tra scrittura e immagini?
Guarda, dopo aver letto molte volte il romanzo e poi il copione, ne ho parlato con Marini e con Bruni che, oltre a conoscerlo, mi ha insegnato l’arte della sceneggiatura e dei rapporti umani. Quindi sono andato facendo delle proposte di cambiamento, dettate dalla mia paura di dover affrontare dal punto di vista produttivo un film composto da 130 scene che, per i miei standard, sono tantissime, considerato che, per esempio, per I delitti del BarLume ne ho fatte 50. Produttivamente, cioè, sentivo il rischio di trovarmi in difficoltà, quindi volevo, da una parte, semplificare; dall’altra, proporre delle mie idee. Bruni e Leonardo mi hanno rimandato il loro feedback e insieme siamo andati da Camilleri, il quale ci ha detto no su tante proposte e sì su tante altre. Dunque, un po’ per deformazione professionale, un po’ perché da scrittore avevo bisogno di fare più mia la sceneggiatura, ho iniziato prima di andare sul set a fare sì che il copione iniziasse a entrarmi dentro per poterlo mettere in immagini. Poi, quando siamo arrivati lì e ho iniziato a fare i sopralluoghi, a conoscere gli attori e, in generale la gente siciliana, ho iniziato a capire meglio quella cultura che, mano mano mi è entrata nel sangue. Ho capito che scontavo una sorta di stereotipo – non gravissimo – ma comunque presente, costituito da due fattori: il primo era ovviamente la questione della Sicilia, la mafia, la corruzione; l’altro, invece, era più subdolo quanto più comune, rappresentato dal fatto di essere cresciuto conoscendo il meridione attraverso Matera: il meridione della Lucania, della Puglia e anche della Calabria, molto povero, al contrario della Sicilia, ricca – non intendo solo nel senso di una Storia importante, tipo per i tanti palazzi nobiliari ma, in generale, per una terra ricca di cultura. Quando ho capito questo, ho iniziato a rivedere il mio rapporto con la Sicilia e da qui è iniziata una sorta di storia d’amore con questa regione.
In parte me lo hai già detto, ma immagino che una parte importante del processo creativo sia stato quello di fare tuo l’universo di Camilleri cogliendone l’essenza, per cui ti chiedo: qual era quella che stava dietro alla stagione della caccia?
Guarda, per me è stato un momento importante, per cui ho cercato la chiave che mi facesse da faro e mi guidasse nel corso delle riprese. Questo è successo leggendo la sceneggiatura e il romanzo. Mi chiedevo cosa unisse i diversi personaggi e le loro singole storie: rischiavo di trovarmi confuso e disorientato. Poi, a un certo punto, mi è parso che la cosa che potesse unire tutto fosse una critica al patriarcato perché, se ci si pensa, tutti i personaggi hanno a che fare con questo tema. Il Marchese Peluso vuole il masculo e quando questo gli muore ne vuole un altro, ossessionato dall’eredità e dall’idea che il suo nome continui ad andare avanti. Anche Don Totò è altrettanto ossessionato che il nome del casato rimanga in alto: Totò Lametina arriva per prendere il posto del Marchese e tutte le figure femminili sono viste come strumento degli uomini per procreare, come vuole la chiesa, o per i soldi e per il nome, come la marchesina o, ancora, per essere posseduta e procreare, come Serafina. Per cui, quando sono andato da Camilleri, dicendogli di aver bisogno di una sorta di filo per muovermi in questo labirinto, gli ho detto cosa avevo pensato e lui mi ha risposto che era esattamente quello che ci voleva, e con tale benedizione sono andato a girare il film.
La costante dei romanzi di Camilleri è quella di presentare dei mondi in bilico tra tradizione e modernità, come succede anche in quelli di Montalbano, e la morte non diventa mai una riflessione filosofica ma sembra più l’espediente per presentarci un abbecedario di varia umanità. Non a caso il tuo film è un trionfo di caratteristi di alto livello, che sono sempre il segno della bontà di qualunque film. A tal proposito ti chiedo se ci sono state da parte tua considerazioni simili nel mettere in scena La stagione della caccia.
Io credo che anche questa storia – che non è proprio un giallo classico ma ha una struttura narrativa molto originale – mette la trama in secondo piano rispetto alla vita dei personaggi. I protagonisti vivono di vita propria con le loro contraddizioni, non sono sottomessi al bieco sviluppo di un plot ed è questo la bellezza di Camilleri. Penso che lui abbia una forza enorme, come dicevi tu, nel descrivere l’umanità, poiché ne comprende anche i lati oscuri, i paradossi, e questo è una delle cose più belle.
Ovviamente, in un progetto del genere, la complessità era data dalla ricostruzione d’epoca. A parte i costumi e le scenografie, per quanto riguarda la direzione degli attori, che suggerimenti hai dato in termini linguaggio del corpo, del tratto e della voce per far sembrare gli interpreti uomini e donne di altri tempi?
Allora, premesso che ho avuto un cast di attori non solo bravi ma anche molto intelligenti, il grande lavoro è stato fatto innanzitutto da loro, quindi per me è stato facile fare il resto. Penso in particolare a Francesco Scianna, che si è immerso completamente nel lavoro, o a Donatella Finocchiaro, che è un’attrice verso la quale devi fare solo delle limature senza romperle troppo le scatole. Forse i suggerimenti in relazione ai quali mi è sembrato di dire qualcosa di giusto sono quelli che ho speso per Miriam Dalmazzo con cui – mentre se ne parlava – mi sono accorto che la storia della Marchesina Nontò era quasi in parallelo con quella della Regina Elisabetta, perché anche lei era una ragazza non destinata a diventare regina, come succede alla stessa Marchesina che si ritrova lì senza gli strumenti né la cultura, che non gli è stata insegnata, essendo per l’appunto donna ma con una grande personalità. Ho quindi pensato di studiare la figura della Regina Elisabetta a cui è dedicata anche una serie molto bella come The Crown. Invece per Tommaso Ragno mi è parso calzante un parallelo con I Soprano e con James Gandolfini: quello è un patriarca-gangster che deve tenere in mano un territorio in maniera spesso cruenta. Quindi per distinguere bene i personaggi dei due fratelli interpretati dallo stesso Ragno, ecco che abbiamo dato al primo una ferinità decisa, uno che mangia con le mani e vuole possedere tutto. L’altro, invece, è altezzoso, più nobile, più civile, più di testa, meno di pancia: abbiamo cioè lavorato su questa doppia dimensione del corpo.
Da spettatore, il tuo film sembra quasi Bastardi senza gloria, perché da ognuno dei personaggi si potrebbe estrapolare uno spin off, visto che non basta una sola storia a esaurire le sfaccettature dei protagonisti.
Certo. Si vorrebbe vedere com’era Don Peluso da giovane, di sapere cosa aveva combinato Nenè (Alessio Vassalo, ndr) a Palermo. Questa è una ricchezza tipica del mondo di Camilleri, che con pochi tratti crea personaggi indimenticabili perché molto veri, lontani dagli stereotipi. Personaggi in carne ed ossa, motivo per cui uno li ama.
In generale, nei film che hai diretto la giovinezza è protagonista nella sua funzione salvifica. Qui, invece, senza rivelare la fine de La stagione de la caccia la stessa perde questa funzione per cui ti chiedo: come hai affrontato questa novità tematica?
Il primo film, che non è un romanzo di formazione, lavora su uomini e donne adulte. È stata una sorpresa per me vedere come nella sfida con un film più serio e drammatico ci fosse anche la sfida di raccontare un mondo già maturo. Mi sono sorpreso, perché mi sono trovato molto bene. Quindi mi verrà ancora voglia di raccontare storie di personaggi più grandi.
La stagione della caccia è la rappresentazione di un mondo chiuso e statico, messo in subbuglio dall’arrivo di uno straniero. Mi pare che la tua regia di questo conflitto metta insieme sequenze statiche, in cui gli elementi sembrano quasi messi in posa, con altre che, invece, sono caratterizzate dal movimento con carrellate e riprese a piombo.
La forma registica nasce sempre dall’interpretazione della scena. Io tento di capire scena per scena e mi do un iniziale paletto. Penso che lo stile di questo film deve essere il più fluido e raffinato, il più fluido nel senso che non deve essere nervoso ma classico. Quindi, analizzo la scena, cercando di capire quali sono i fuochi, chiedendomi se stiamo andando incontro al personaggio oppure ce ne stiamo allontanando, come dobbiamo raccontare un dettaglio importante per la narrazione, qual è il personaggio che ha il fuoco, e da lì tento di raccontare, seguendo i personaggi e la storia. In questo caso, non ho più avuto un preciso approccio. Cioè, premessa un’analisi razionale – perché questo è nella mia natura – ho capito che tale componente non deve prendere il sopravvento sulla realtà da raccontare, che è la ciccia del film e insieme la sua pancia. Voglio dire che devi sempre riuscire a lavorare su entrambi i binari, per cui tendo a non forzare troppo la parte di me che tenta di prendere il sopravvento sul resto. Mi devo concentrare più sull’istinto e l’amore che provo rispetto ai personaggi.
Parlavi di un modo di riprendere diverso dal solito, così mi viene in mente che anche per Claudio Cofrancesco si tratta di una novità, almeno rispetto al suo lavoro in Cuori puri, in cui la macchina da presa adottava un linguaggio molto più immediato e realistico.
Con Claudio avevo fatto due stagioni del Barlume per cui ti dico che, oltre ad essere un direttore della fotografia eccelso, con lui ho un dialogo proficuo che produce la cosa giusta senza forzare. Non c’è mai un litigio tra di noi e questa è una grande dote. Claudio è una gran persona, e io amo circondarmi di belle persone, visto che fare un film è sempre un piccolo viaggio ma molto intenso.
Carlo Cerofolini
 
 

Il Fatto Quotidiano, 25.2.2019
Andrea Camilleri, dopo l’implacabile successo di Montalbano stasera torna in scena su RaiUno un suo romanzo, La stagione della Caccia
Non resta poi che aspettare che Camilleri torni in tv (a metà marzo) con Conversazioni su Tiresia, l'indovino della mitologia greca che lo scrittore porta a teatro. Camilleri e Tiresia, entrambi ciechi: "Da quando io non vedo più, vedo meglio. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità"

Camilleri Andrea, Porto Empedocle, 1925. Lo scrittore siciliano appare in tv e incanta il pubblico dei social. Suona come una dicotomia, eppure basta andare su Twitter e digitare il suo nome capire quanta ammirazione e tenerezza viaggino su 140, 0 280 caratteri. “Non condividere non significa che il pensiero e le idee dell’altro siano sciocche. Bisogna ascoltare sempre e fino alla fine”, “Il mondo sta tornando indietro, ancora qualche anno è torneremo all’età della pietra. Ma io ho grande fiducia nell’uomo e nell’umanità”. Si citano le sue parole, le frasi che in un suo discorso diventano aforismi senza fatica. Scrittore sopraffino, Camilleri è anche Re della fiction di RaiUno. Inutile ricordare Montalbano e il suo successo gargantuesco (aggettivo che spesso si associa alla tavola ma che in questo caso sembra incastonarsi bene tra uno spaghetto alla vongole e una ‘passiata’ sul molo).
Stasera, la rete ammiraglia propone un’altra fiction tratta da un romanzo storico dello scrittore siciliano, La Stagione della Caccia, c’era una volta Vigata, con Francesco Scianna e per la regia di Roan Johnson. Protagonista, una Vigata che non esiste anche se in molti potrebbero giurare di esserci stati (i set su cui si muove Zingaretti in Montalbano sono tutti nel Ragusano, da Ibla a Scicli, fino a Sampieri, Donnalucata, Monte Crasto e al Castello di Donnafugata).
Ospite di Fabio Fazio, ieri sera, Camilleri ha raccontato di questo romanzo e di molto altro, e non sono stati in pochi a chiedere che la brillantezza, l’eleganza, la memoria dello scrittore, vengano regalate come meno parsimonia al pubblico Rai. Resta nella testa di chi l’ha ascoltato, uno dei tanti aneddoti raccontati da Andrea durante una puntata di Meraviglie, il programma di Alberto Angela (che torna su RaiUno a marzo 2019 con quattro nove puntate). Lo scrittore, in quel caso, aveva raccontato il suo incontro con Robert Capa.Una storia di quelle che si vorrebbero ascoltare cento volte. “Quando nel luglio 1943 gli alleati sbarcarono in Sicilia io mi trovavo con mia madre e alcuni familiari al centro dell’Isola. Mio padre, per ragioni di servizio, era rimasto a Porto Empedocle e noi non sapevamo nulla di lui…”. Memoria e occhi puntati verso il futuro, un episodio che rende conto di come certe vite siano destinate ad incontrarsi, anche per pochi secondi.
Più di novantanni, Camilleri, sfoggiati quasi sa supereroe. “Ho pochissimi amici o conoscenti della mia età – scrive Henry Miller in On Turning 80, saggio composto poco dopo il suo ottantesimo compleanno – E anche se di solito sono a disagio in compagnia di persone anziane, ho la massima ammirazione per due uomini che sembrano rimanere eternamente giovani e creativi. Intendo dire Pablo Casals (violoncellista e compositore catalano) e Pablo Picasso, entrambi più di 90, ora… Se a ottant’anni suonati non sei storpio o invalido, puoi ancora goderti una bella camminata, mangiare di gusto, dormire senza prima aver preso qualche pillola, se gli uccelli e i fiori e le montagne e il mare ti ispirano ancora, dovresti metterti in ginocchio ogni mattina e ringraziare Dio o chi ti dà ancora questa forza”. “I veri decrepiti – continua Miller – i cadaveri viventi, sono semmai quegli uomini e quelle donne di mezza età che sono bloccati nei loro solchi confortevoli, ritirati nei loro rifugi antiaerei mentali, disposti a tutto per mantenere uno status quo aspettando non si sa cosa”.
C’è da scommettere che Henry avrebbe apprezzato molto anche Andrea. Tra l’altro, una cosa in comune i due scrittori l’hanno, eccome (condivisa per la verità con tanti altri da Federico Fellini a Pablo Picasso, da Paul Auster a Charles Baudelaire): amano i conigli dal cilindro, la magia, i funamboli, i domatori che infilano senza paura la testa nelle fauci del leoni, i clown, i giocolieri, gli acrobati, figure antichissime le cui origini si confondono con il mito. Non resta che aspettare che Camilleri torni in tv (a metà marzo) proprio con il mito, Conversazioni su Tiresia, l’indovino della mitologia greca che lo scrittore porta a teatro. Camilleri e Tiresia, entrambi ciechi: “Da quando io non vedo più, vedo meglio. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità“.
Claudia Rossi
 
 

TVBlog.it, 25.2.2019
La stagione della caccia, Francesco Scianna a Blogo: "Fofò La Matina, personaggio folle e ambiguo. Spero che il pubblico rimanga affascinato" (Video)
L'intervista di TvBlog a Francesco Scianna.

Francesco Scianna è il protagonista de La stagione della caccia, il film tv che andrà in onda su Rai 1 questa sera, lunedì 25 febbraio 2019, tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri e secondo capitolo della saga C'era una volta Vigata dopo La mossa del cavallo, andato in onda un anno fa.
Francesco Scianna interpreterà il ruolo di Fofò La Matina, farmacista e figlio del defunto Santo La Matina, custode dei segreti di piante miracolose e "camperi" della famiglia nobile dei Peluso, sconvolta da una serie di morti dopo il suo ritorno a Vigata.
Noi di TvBlog abbiamo intervistato l'attore siciliano a margine della conferenza stampa di presentazione del film tv. Queste sono state le sue dichiarazioni riguardanti il personaggio nato dalla penna di Camilleri:
Fofò si muove, in maniera in molto affascinante, nell'ambito della follia. Vedremo questo farmacista che torna a Vigata dopo diversi anni di assenza con la volontà di rivedere i luoghi e le figure che l'hanno affascinato da piccolo. Piano piano, capisce che la ragione più forte del suo ritorno era la possibilità di un riscatto sociale. Ma la vita lo mette davanti ad alcuni accadimenti che lo portano ad agire in una certa maniera. Da qui, si sviluppa l'ambiguità di questo personaggio. Lui, solo alla fine, capisce ciò che l'ha mosso e ciò che è veramente. Era un viaggio necessario per lui.
Francesco Scianna non ha avuto l'opportunità e l'onore di conoscere Andrea Camilleri:
Il romanzo di Camilleri mi ha impressionato per l'altezza, la scrittura, la profondità dei personaggi. Camilleri gioca con queste figure, iceberg profondissimi. Il romanzo mi ha dato tantissimi elementi per comprendere il tappeto sul quale si costruisce Fofò. Aver letto il romanzo è stato come se fossi andato da Camilleri a dirgli: "Spiegami tu...". Il resto è venuto fuori sul set. Se ho conosciuto Camilleri? Purtroppo no...
L'attore, infine, non avverte troppa ansia per quanto riguarda l'Auditel, soprattutto in questo periodo durante il quale Rai 1 ha ottenuto ottimi ascolti per quanto riguarda la fiction:
Gli ascolti? Onestamente, tutti noi ci teniamo che il pubblico ami questo nostro lavoro, che si diverta e che rimanga affascinato. Non ci sto pensando molto, la nostra parte l'abbiamo fatta. Mi auguro che il pubblico rimanga appassionato e ci segua con interesse.
Nel video, ci sono le dichiarazioni integrali di Francesco Scianna.
Fabio Morasca
 
 

TVBlog.it, 25.2.2019
La stagione della caccia, Miriam Dalmazio a Blogo: "Sono una vecchia fiamma di Camilleri! Mi sento rappresentata da lui" (Video)
L'intervista di TvBlog a Miriam Dalmazio.

Miriam Dalmazio è la protagonista de La stagione della caccia, il film tv che andrà in onda su Rai 1 questa sera, lunedì 25 febbraio 2019, tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri e secondo capitolo della saga C'era una volta Vigata dopo La mossa del cavallo, andato in onda nel 2018.
Miriam Dalmazio interpreta il ruolo della marchesina 'Ntontò. Noi di TvBlog, in occasione della conferenza stampa di presentazione del film tv, abbiamo intervistato l'attrice siciliana a cui abbiamo subito chiesto le caratteristiche principali del suo personaggio:
Il mio personaggio è la marchesina 'Ntontò, detta anche Antonietta, la figlia del marchese Peluso che rimane l'unica erede di tutto dopo la decimazione della sua famiglia, vittima di misteriosi omicidi avvenuti in seguito all'arrivo di Fofò La Matina, misterioso farmacista proveniente da Palermo.
Dopo I Medici, ritroviamo Miriam Dalmazio in un film in costume. Per l'attrice palermitana, è un piacere e un sogno realizzato, avere l'opportunità di recitare per questo genere di film:
Sì, decisamente. Ho delle fattezze che ricordano l'antichità, non sono moderna! Mi piace calarmi in questi panni... L'abito ti dà un tono e cambi veramente. Il costume ti dà anche un carattere e puoi fare veramente uno studio diverso attraverso l'abito, il trucco, l'acconciatura... E così è stato anche per 'Ntontò perché dovevo muovermi in un certo modo, avere una certa raffinatezza, eleganza... E' il sogno di ogni attrice, sì.
Per Miriam Dalmazio, è un onore poter interpretare personaggi nati dalla penna di Andrea Camilleri da cui si sente rappresentata in quanto siciliana. Con quest'ultime dichiarazioni, l'attrice ha parlato anche di Francesco Scianna:
Io sono una vecchia fiamma di Camilleri, proprio letteralmente! E' un onore per noi siciliani. Forse, chi non è siciliano ama Camilleri ma non lo coglie al 100% perché non è siciliano. Essendo lui uno che intensifica i colori dei siciliani, mi sento particolarmente rappresentata. Lui vuole intensificare anche i chiaroscuri. Francesco Scianna? Essendo il nostro, un amore proibito, ci siamo incrociati poco sul set! E' un grandissimo professionista, ha avuto un approccio educato, gentile, molto dell'epoca!
Nel video, trovate altre dichiarazioni di Miriam Dalmazio.
Fabio Morasca
 
 

Tu News 24, 25.2.2019
Da Mia Martini a Camilleri: vederla recitare è sempre una… Gioia

Appena qualche settimana fa ha vestito i panni della madre delle sorelle Bertè, nella fiction dedicata a Mia Martini. Questa sera tornerà su Rai Uno in un film per la tv diretto da Roan Johnson e tratto da un romanzo di Andrea Camilleri pubblicato nel 1992: ‘La stagione della caccia’.
Lei è la bella, ma soprattutto brava, Gioia Spaziani, l’attrice frusinate che interpreterà Clelia Tumminello in una storia ambientata nella Vigata di Montalbano ma con un altro protagonista: Francesco Scianna, nei panni del figlio di un personaggio già noto ai residenti, Fofò La Matina, e che sembra nascondere un segreto. La storia si svolge nel lontano 1880 in un’Italia che, nonostante l’unificazione, si trova ancora imbrigliata in dinamiche locali di potere.
Set del film l’antica farmacia Cartia di via Mormina Penna, già nota per essere diventata la farmacia del commissario con il volto di Luca Zingaretti. Accanto a Scianna, dunque, la quarantatreenne Spaziani, già fidanzata di Placido Rizzotto nell’omonimo film di Pasquale Scimeca.
[...]
Giulia Abbruzzese
 
 

RagusaNews, 25.2.2019
Che fascino la Vigata dell'800 della Stagione della Caccia
Buona prova del regista Roan Johnson

Scicli - Un lavoro di taglio e cucito, registico e scenografico, di grande efficacia. La Stagione della Caccia, in onda stasera, in prima assoluta su Rai Uno, ha restituito una Sicilia di fine 800 affascinante e solare.
Merito del regista Roan Johnson e dello scenografo Luciano Ricceri, che hanno ricostruito la Vigata del 1880 inanellando scene girate a Marzamemi, Ispica (il loggiato del Sinatra), al Castello di Donnafugata e a Scicli, dove la fa da padrona il convento del Carmine, palazzo Massari, palazzo Bonelli Patanè e l'antica farmacia Cartia.
Riconoscibili l'attore sciclitano (del teatro stabile di Catania) Riccardo Maria Tarci, la ragusana Alice Canzonieri, già protagonosta di un episodio del Commissario Montalbano.
Lo sceneggiato racconta l'ossessione di un marchese siciliano per il figlio maschio, cui lasciare in eredità la "robba" e il nome.
Grande interpretazione di Tommaso Ragno, protagonista principale insieme a Francesco Scianna del film, nel triplo ruolo di Don Totò Peluso -giovane e vecchio-, e del fratello italoamericano di questi. Convincente l'interpretazione di Orio Scaduto, Lollo Franco e di Roland Litrico.
 
 

AgenSIR, 25.2.2019
Non solo Montalbano. Da Camilleri arriva “La stagione della caccia”
Il film, in onda in prima serata su Rai Uno lunedì 25 febbraio, è il secondo titolo dal ciclo “C’era una volta Vigata” dai racconti storici di Camilleri, dopo il successo nel 2018 de “La mossa del cavallo” con Michele Riondino. Prodotto sempre da Carlo Degli Esposti con la sua Palomar, è stato adattato per lo schermo dallo stesso Camilleri con Francesco Bruni e Leonardo Marini

È una storia di vendetta, folle e dispersiva, nella Sicilia di fine Ottocento al centro del film tv “La stagione della caccia” diretto da Roan Johnson e tratto dal romanzo di Andrea Camilleri. Il film, in onda in prima serata su Rai Uno lunedì 25 febbraio, è il secondo titolo dal ciclo “C’era una volta Vigata” dai racconti storici di Camilleri, dopo il successo nel 2018 de “La mossa del cavallo” con Michele Riondino. Prodotto sempre da Carlo Degli Esposti con la sua Palomar, è stato adattato per lo schermo dallo stesso Camilleri con Francesco Bruni e Leonardo Marini. Il Sir, con la Commissione nazionale valutazione film Cei, ha visto il film in anteprima.
La storia tragica dei marchesi Peluso. Nel paese di Vigata di fine Ottocento fa ritorno Fofò La Matina (Francesco Scianna), che apre una farmacia in città. Fofò ritrova dopo molti anni i suoi compaesani, in particolare la famiglia dei marchesi Peluso: don Totò (Tommaso Ragno), la moglie Matilde (Donatella Finocchiaro) e i due figli ‘Ntontò (Miriam Dalmazio), per la quale Fofò aveva sempre provato un’attrazione, e Rico (Michele Ragno). Ben presto però la tranquillità di Fofò e la vita di Vigata viene colpita da una serie eventi sconvolgenti e inspiegabili: annegamenti, morti accidentali, avvelenamenti e perdita di senno. Un groviglio di casualità oppure un disegno disperato?
Tra machismo e umorismo grottesco. Nella cornice storica della Sicilia del tempo, il film racconta una vicenda fosca, nerissima, coniugando passaggi drammatici e raccordi umoristici esilaranti. C’è una comicità a tratti grottesca che emerge tanto dai personaggi quanto dalle situazioni, frutto del genio letterario di Andrea Camilleri. Nel film televisivo vengono valorizzate tutte le sfumature del racconto, sottolineando manie dei personaggi, brama di potere, passioni, follia e un certo machismo. Come ha sottolineato il regista Johnson: “Camilleri racconta l’inizio della fine di questa nobiltà. Una nobiltà che riproducendosi sempre fra i suoi componenti aveva introiettato il seme della pazzia”.
È una società dove a dominare è la figura maschile, un protagonismo di un ceto sociale elevato e insieme un po’ decadente, che guarda a possedimenti economici e alla soddisfazione delle pulsioni, incurante di regole e valori.
Spassoso su questo punto il richiamo di padre Macaluso (Ninni Bruschetta) al marchese don Totò, disinvolto nell’adulterio pur di avere l’agognato figlio maschio. Un machismo dilagante dove alla donna è concesso uno spazio marginale di decisione e azione; una donna chiamata solo a mettere al mondo figli, che trova il coraggio di affermare se stessa soltanto opponendosi a un matrimonio di convenienza oppure abbracciando la follia. Come infatti ha dichiarato Donatella Finocchiaro: “A quel tempo le donne erano schiacciate dagli uomini. La mia Donna Matilde si fa ribelle quando diventa folle; una pazzia che in un certo modo conferisce modernità al personaggio”.
Una vendetta vuota. E poi c’è il tema della vendetta, asse portante del racconto. Una vendetta che si mantiene mimetizzata nel corso della narrazione, ma che serpeggia e vizia i cuori, li acceca fino alla perdizione. Una vendetta che manipola e poi si mostra in tutta la sua vacuità, priva di senso. Camilleri come sempre regala agli spettatori scenari umani intriganti e spiazzanti insieme; personaggi che non hanno una connotazione chiara, né buoni né cattivi, ma rivelano tutta la complessità della vita umana. “Si potrebbe parlare per ore dei personaggi di Camilleri” – ha indicato il regista Johnson – “perché sono così complessi, così poco semplificati che sfuggono perfino alle categorie di protagonista o antagonista”.
Il punto Sir-Cnvf. La confezione formale del film tv è inappuntabile. Un’opera dalla regia solida, quella di Roan Johnson, autore di formazione cinematografica e con una riuscita esperienza televisiva (“I delitti del BarLume”), capace di cogliere e valorizzare le sfumature umoristiche di una vicenda che lascerebbe poco spazio alla comicità.
Una narrazione che scorre agile su una sceneggiatura ben puntellata, senza raccordi deboli; poi gli interpreti giocano un ruolo decisivo, tutti in parte, così generosi nel caratterizzare i personaggi, scritti ottimamente in partenza.
Un film che funziona ancora meglio del già valido “La mossa del cavallo”, proprio per questo dosare drammaticità e leggerezza. A livello tematico il racconto però è nerissimo: non c’è una luce di speranza. La comunità deraglia senza senso, attirata in un vortice di pulsioni e vendetta. Lo scenario umano dunque è sconfortante. Nel complesso lo sguardo è problematico, duro ma niente affatto banale. Un po’ come denuncia e un po’ come sberleffo di un’umanità a volte piccola, Andrea Camilleri conferma la sua genialità.
Sergio Perugini
 
 

Il Fatto Quotidiano, 25.2.2019
Il Marmidone. Nel Commissario Montalbano (su Rai1) Marcello Perracchio, colonna del teatro Stabile di Catania scomparso nel 2017
Il funerale di Camilleri: la morte di Pasquano tra requiem e cannoli

Venivano seppelliti in terra sconsacrata gli attori e invece, Marcello Perracchio – colonna del Teatro Stabile di Catania, scomparso nel 2017 – lunedì scorso ha avuto consacrata la sua assenza da questa terra con un frammento del Montalbano televisivo su Rai1 di toccante solennità. Ha avuto tributato, infatti, il consolo: il perfettissimo rito di transito e ristoro che i popoli civili riservano ai propri cari accompagnandoli al sepolcro con un banchetto di viatico.
Amatissimo nel ruolo dello scorbutico dottor Pasquano, il medico legale delle inchieste del Commissario di Vigata, Perracchio che non compariva nel primo episodio – dice che era in ferie – si svelava la settimana scorsa annodando un groppo in gola a tutti.
Un botto di ascolti, con un picco di audience alto come il cielo blu di Ibla con la scena che s’apparecchia nell’incredulità: l’espressione di Luca Zingaretti – nel ruolo del protagonista, Salvo Montalbano – quando non trova nessuno nel proprio commissariato.
Chiama tutti, il Commissario, e davvero, per dirla con Vitti ‘na Crozza, morte gli risponde.
Tra le stanze vuote spunta un Catarella piangente per poi sciogliere, nelle sequenze, il dispiacere, il vivo dolore, le condoglianze, la commozione e il commiato.
Il personaggio dell’eternità di letteratura va incontro al proprio funerale perché il suo interprete – nella fuggevolezza della vita – è morto. E siccome quell’impasto di arte e vita porta il marchio della vera letteratura – Andrea Camilleri – un fotogramma, uno, riavvolge il filo di millenni di civiltà per farne guantiera, trionfo di acquolina, ricotta e requiem.
Una scena consumata nello schermo televisivo di Rai1 che risulta da subito – nell’immediatezza della messa in onda – e poi dopo, nella fotografia, come l’esatta celebrazione del Teatro Greco antico di Siracusa.
Il commissario e i suoi uomini addentano la scorza dei cannoli – i dolci di cui era ghiotto il dottore Pasquano – ed è il coro dei lirici tragici che computa le parole del rito funebre: il consolo, appunto. Parole masticate nell’impasto di refrigerio con cui ciascuno destina per sé e negli altri, la luce e il lutto.
Un elegante fuori scena nel fuori testo dello sciorinare televisivo – questo del fare il funerale al personaggio – attraverso cui il richiamo ancestrale della terra di cui la poesia si fa tramite trasfigura il sangue in fabula. Una rappresentazione dove chi è omaggiato, Marcello Perracchio, è parte attiva ancorché morto.
Se si fosse trattato di un altro professionista e non di Perracchio, gli Dei dell’Ade – e con loro gli angeli del lutto – non avrebbero fatto degli attori, degli sceneggiatori, di Carlo Degli Esposti e dei singoli cannoli, dei posseduti per indurli al rito di consolo.
Morto un Papa se ne fa sempre un altro ma ciò non vale per chi è caro agli Dei cui spetta di decidere chi è inimitabile, insostituibile e unico. Morto Perracchio, infatti, non ce ne sono stati altri. Altri che come lui, lasciando un’avviata scuola guida a Modica, trovavano l’arte in un camerino al Piccolo, a Milano, o nelle scuole di Ragusa dove lui, accendendo di bellezza i ragazzi, leggeva i Cantos di Ezra Pound.
Morto Perracchio, però, a Modica – proprio nel suo paese – tolgano l’intestazione “Garibaldi” al teatro. Si chiama “Perracchio”, quel palcoscenico: sbrigatevi.
Pietrangelo Buttafuoco
 
 

La Stampa, 25.2.2019
Cose di tele - Delude Montalbano, da vedere Il collegio
Perché “Montalbano” non è da lode, nel “Collegio” si recita ma è riuscito

Montalbano è una certezza per Rai 1 e nell’ultima puntata mandata in onda raccoglie 10.150.000 spettatori con uno share 43,3% ma non convince del tutto, dovrebbe rinnovarsi un po’ nei personaggi e nel loro stile.
Interessante invece l’esperimento del “Collegio”, reality in cui un gruppo di ragazzi viene “trasportato” in un’epoca diversa e deve seguire le regole dell’epoca senza telefonini e contatti con il mondo esterno.
Alessandra Comazzi
 
 

Casteddu On Line, 25.2.2019
Cagliari, si apre oggi all’Università il seminario camilleriano
Un Seminario camilleriano che fin dal titolo (“Isole e olivi”) evoca il fascino delle isole non poteva non avere una marcata caratterizzazione femminile

Un Seminario camilleriano che fin dal titolo (“Isole e olivi”) evoca il fascino delle isole non poteva non avere una marcata caratterizzazione femminile. Così quello che si apre oggi a Cagliari (via Is Mirrionis 1, Aula “Motzo”, dalle 16) – con un intervento di Morena Deriu che parla delle donne e delle Sirene capaci di affascinare il poeta Omero e, a distanza di millenni, Andrea Camilleri – dedicherà uno specifico omaggio a Simonetta Agnello Hornby.
Domani, martedì 26 (Facoltà di Studi Umanistici, via Is Mirrionis 1, Aula “Capitini”) a partire dalle 16 con la scrittrice dialogheranno sei lettrici (Manuela Arca, Morena Deriu, Eleonora Lusci, Simona Pilia, Paola Piras, Veronka Szoke), diverse per interessi professionali, età ed esperienze di vita: tutte appassionate della lettura e curiose di scoprire come, dopo l’infanzia e la giovinezza trascorse in Sicilia, Simonetta sia partita alla scoperta del mondo, si sia affermata come avvocato a Londra, abbia sviluppato un forte impegno in difesa dell’infanzia, sia divenuta autrice di libri apprezzati e premiati. E perché abbia candidato Camilleri per il Premio Nobel, ritenendolo meritevole di un tale riconoscimento. Per queste sette donne, un’aula universitaria si trasformerà in un salotto dove, di fronte a una tazza di tè, potranno conversare di letteratura e di vita; delle straordinarie esperienze che possono essere fatte partendo da un’isola, per approdare, come Simonetta Agnello Hornby ha fatto in un’altra isola non meno ricca di storia e di conoscenza.
Che cosa unisce Andrea Camilleri e Aldous Huxley sarà invece il tema dell’incontro in programma mercoledì 27 febbraio, nella Sala della Fondazione di Sardegna, in via S. Salvatore da Horta 2, a partire dalle 17, con la partecipazione di Maria Del Zompo, Giuseppe Barbera, Vincenzo Campo, Gianluigi Bacchetta, Stefano Salis e Giuseppe Marci): al centro dell’evento la presentazione del volume “L’albero dell’olivo”, che lo scrittore inglese pubblicò nel 1936 e oggi è riproposto in un bel volume delle Edizioni Henry Beyle.
Il solido legame tra i due autori è rappresentato proprio dall’olivo, che campeggia in tante pagine di Camilleri, di Pirandello, di Sciascia, di altri autori siciliani, e ha affascinato l’intellettuale inglese, convinto che l’albero, emblema della classicità greca e latina, possa essere accostato alla nordica quercia: a simboleggiare uno degli aspetti vitali della cultura europea.
Interessi letterari e visioni politiche che saranno riproposte all’attenzione del pubblico il giorno dopo (giovedì 28 febbraio) a Villacidro (Casa Dessì, via Roma 65, ore 17) quando il VII Seminario sull’opera di Andrea Camilleri si concluderà con un evento dedicato a Huxley, a Camilleri e a Giuseppe Dessì, l’autore di Paese d’ombre, romanzo nel quale l’oliveto di Balanotti si eleva al ruolo di protagonista. Partecipano all’evento Paolo Lusci, Giuseppe Barbera, Vincenzo Campo e Giuseppe Marci.
Da segnalare infine l’incontro (che si svolgerà mercoledì 27, ore 9,30, in via Is Mirrionis 1, aula 5 della Facoltà di Studi Umanistici), coordinato dal giornalista Stefano Salis, con Ignazio Macchiarella e Antioco Floris che dicuteranno con Alberto Sironi, regista dei film di cui è protagonista Montalbano, del successo televisivo: “Quando, qualche anno fa, il Direttore della Rai comunicò ad Andrea Camilleri che, sommando tutti gli spettatori del Montalbano televisivo, delle prime e delle repliche trasmesse nel corso degli anni, si raggiungeva la cifra di un miliardo – racconta il prof. Giuseppe Marci, ideatore del Seminario camilleriano – si narra che lo scrittore, stupito, abbia esclamato: «Madonna santa! E che siamo, in Cina?». La cifra oggi, ventesimo anno di programmazione delle inchieste condotte dal celebre commissario, è ulteriormente cresciuta, e ogni programmazione (anche le ultime due delle scorse settimane) ottiene indici di ascolto che solo la Nazionale di calcio o il Festival di Sanremo possono raggiungere”.
 
 

Radio1 giorno per giorno, 25.2.2019
Giustizia Lumaca - Olimpiadi giovanili economia - World press photo
Con Eleonora Belviso, Francesca Ceci e Savino Zaba - Regia di Ludovico Suppa

[...]
Pillola sui libri
Giuseppe Fabiano, docente di metodologia clinica Università Marconi di Roma e autore di "Nel segno di Andrea Camilleri"
[...]
 
 

Corriere della Sera, 25.2.2019
Intervista
Il canone della leggibilità da Liala e Guareschi a Camilleri
In «Dieci nel Novecento» (Carocci) Bruno Pischedda esamina un secolo di bestseller italiani: Guido da Verona, il fantasy & C. Vacilla il confine tra letteratura alta e di svago
Bruno Pischedda, «Dieci nel Novecento. Il romanzo italiano di largo pubblico dal Liberty alla fine del secolo» (Carocci, pp. 266, euro 24)

Il proposito, riuscito, è quello di accostarsi alla letteratura di intrattenimento con gli stessi criteri con cui si affronta la letteratura tout court. E così Bruno Pischedda, che al rapporto tra letterati e società moderna ha sempre dedicato un’attenzione acuminata, ora si concentra su alcuni casi di best seller italiani del secolo scorso.
Lo fa, senza pregiudizi di sorta, in Dieci nel Novecento (Carocci), individuando un «canone della leggibilità» da Guido Da Verona (Colei che non si deve amare, 1910) ad Andrea Camilleri (La forma dell’acqua, 1994).
Lo fa, senza pregiudizi di sorta, in Dieci nel Novecento (Carocci), individuando un «canone della leggibilità» da Guido Da Verona (Colei che non si deve amare, 1910) ad Andrea Camilleri (La forma dell’acqua, 1994). Dal romanzo erotico-melodrammatico alla «fiaba nera» di Annie Vivanti, dal sentimentale di Liala alle seduzioni misogine di Pitigrilli, dal piccolo mondo di Guareschi al fantasy satirico di Benni, dal poliziesco di Scerbanenco alle peripezie eroiche di Oriana Fallaci eccetera, Pischedda fa insieme un’analisi testuale per evidenziare debiti, epigonismi, sciatterie e pregi delle trame e degli stili, ma anche storia della cultura: in qualche modo anche del rapporto (tanto discusso oggi) tra le élite critiche «custodi del bello scrivere» e l’ampia e variegata platea del lettore.
«Onestamente — precisa Pischedda — devo dire che alcuni romanzi erano da tempo nel mio carnet di lavoro: Naja Tripudians della Vivanti, Terra! di Benni. Altri si sono aggiunti strada facendo, come Un uomo della Fallaci o Venere privata di Scerbanenco. Il progetto era in ogni caso molto chiaro. Volevo un campione rappresentativo del nostro Novecento, e lo volevo sgranato lungo il secolo, in modo che ogni decennio o quasi prevedesse un esemplare».
Al di là delle costanti e delle uniformità tipiche dei generi, il libro dà l’impressione di un panorama molto variegato. Che elementi contiene questo «canone della leggibilità»?
«Il libertinismo trasgressivo di Da Verona o Pitigrilli non è lo stesso di Liala; lo stile parlato di Guareschi nulla ha da fare con il dialetto manieristico di Camilleri o con il “gridato” mazziniano-guareschiano della Fallaci. Ogni romanzo sta per sé, mentre l’insieme vorrebbe rendere una stratigrafia dei gusti prevalenti, dalla belle époque al fascismo, dagli anni del boom a un generico e accogliente postmoderno. Ma il canone della leggibilità è molto più ampio, potrebbe includere, che so, Ricordi di scuola di Giovanni Mosca, Disperatamente Giulia di Sveva Casati Modignani, Va’ dove ti porta il cuore della Tamaro. Tutti romanzi venduti a centinaia di migliaia di copie, a milioni di copie, e non sprovvisti di fascino».
L’idea che nella letteratura di genere l’alto tasso di prevedibilità annulli ogni slancio originale è un luogo comune?
«Premesso che anche la restante letteratura fa i conti con i tipi e gli schemi trasmessi, la narrativa di genere mi interessa nel suo interno dinamismo, nell’espandersi, nell’ibridare o nel tornare a sinusoide sulle basi di partenza».
Per esempio?
«Prendiamo il romanzo poliziesco, con la triade De Angelis, Scerbanenco, Camilleri. Il primo imbastisce la classica inchiesta nella “camera chiusa”; il secondo, sulla scia dell’hard boiled story, sfonda la parete del rischio metropolitano; il terzo riconduce l’enigma negli spazi fantasiosi ma circoscritti di un paesotto di provincia. C’è evoluzione e andirivieni. E con il romanzo rosa le cose sarebbero anche più complesse . Ma il discorso non si può certo esaurire con questo tipo di romanzi.
Infatti, non le pare che l’equivalenza quantità uguale qualità stia guadagnando troppo terreno? E che la letteratura di genere abbia stravinto su tutta la linea?
«Certo, non si può rilasciare un uguale certificato di circolazione a qualunque testo letterario, anche se incontra un significativo successo. Il sabato mattina ascoltando alla radio certe trasmissioni librarie inorridisco. Tuttavia non spengo l’apparecchio, non volto l’orecchio: anche qui sta un’idea di letteratura che attende di essere valutata. La Qualità può stare da sola, secondo un’ipotesi tutta da verificare; ma pure la Quantità è una sottocategoria della Qualità, se si considera il sistema letterario nella sua interezza. Nel mio libro cerco una strada stretta, che coniughi un argomento ad alto voltaggio, il bestseller, il romanzo di intrattenimento, con il rigore della critica disposta come sempre a distinguere. Una critica non supponente o schifiltosa, però agguerrita».
Un’opinione ingenua e abbastanza diffusa considera il libro di successo in modo spregiativo come «opera pensata a tavolino». Che ne dice?
«Il tavolino è il mobile dinnanzi al quale sono concepite tutte le opere di ingegno. Il punto, se mai, è stabilire il grado di originalità oppure di derivazione che l’opera testimonia (alla casualità non credo, mai; come non credo alla pianificazione aprioristica di un successo). E per dire il vero neppure l’originalità, l’originalità assoluta, esaurisce la questione. Con eccessi di originalità si finisce a parlare da soli per strada».
E con eccessi di appiattimento sul già detto si rischia la banalità di successo…
«È evidente che nei romanzi di cui stiamo ragionando l’accento batte più sul lato imitazione che sul lato divinazione o ispirazione singolare. Nondimeno sono romanzi unici e niente affatto sovrapponibili. Ogni autore di largo pubblico ha una sua, personalissima, maniera. Ricorre a modelli e soluzioni già date: le sue sono più spesso repliche che prototipi; lavora con serie e formule (Liala, Guareschi e Camilleri convergono, sotto questo profilo). Ma si tratta di “standardizzazioni individualizzate”, come spiegava Edgar Morin, uno dei più limpidi e precoci esploratori della cultura di massa. Sono testi, opere: dopo di che c’è campo libero per ogni disputa meritocratica».
L’editoria italiana è stata influenzata dalla schifiltosità della critica?
«No, direi di no. Non almeno negli ultimi trent’anni. Il critico supercilioso, convinto di dover preservare un patrimonio messo a rischio dalle moltitudini piccoloborghesi e plebee, incide poco nelle scelte del pubblico e ancor meno nelle strategie editoriali, che tentano legittimamente di intercettare quelle medesime moltitudini. Il critico schifiltoso si sforza di essere selettivo, autorevole, di chiudersi nelle riviste sovvenzionate e nelle università. Ma con il bel risultato di sguarnire una postazione decisiva, dove alloggiano i romanzi più letti».
Sulla base dei suoi esempi, si possono individuare delle vistose oscillazioni o variazioni del gusto popolare?
«Più che di gusto popolare, parlerei di gusto interclassista plebiscitario. Un gusto difficilissimo da ricomprendere in ogni sua manifestazione. Certo in periodo mussoliniano abbondava nel narrato la figura dell’eroe ardito e passionale, aristocratico, circonfuso di gesta e di blasone (penso agli aviatori di Liala); mentre nel dopoguerra dilaga l’eroe popolare, sulla falsariga di Peppone e don Camillo. Però poi si torna a salire, e il Panagulis della Fallaci reinterpreta nei modi l’eroe tragico, antiautoriario ma insieme ostile alla “piovra” democratica. C’è qui un nodo decisivo: bisogna percepirsi fuori dai flussi prevalenti, per costituire un vero e sia pure momentaneo mainstream».
Venendo al linguaggio. Come si sviluppa il rapporto con il parlato? La lingua, in una letteratura tradizionalmente iperletteraria come la nostra, che ruolo gioca?
«Esiste una linea di faglia, nel complesso dei best seller novecenteschi. C’è un prima e un dopo D’Annunzio. Prima, un’immagine magari molto addomesticata di sublime dominava la scena: vedi Da Verona e Liala. Poi, alla svolta degli anni Quaranta-Sessanta, subentra una prosa media e talora colloquiale: i giovanilismi rosacei della Gasperini consuonano in questo senso con la sbrigatività violenta e comunicativa di Scerbanenco. Camilleri, e magari Niffoi, Fois, fanno un’altra cosa ancora: prendono il dialetto-lingua, cioè il siciliano e il sardo, e se ne fanno un’arma contro l’involgarimento neostandard. Come dire, anche a proposito dello stile ci sono tappe e variabili infinite».
Non trova che, a partire più o meno dagli anni Novanta, la distinzione tra letteratura di consumo e letteratura diciamo «alta» sia diventata sempre meno netta?
«La sovversione o rimescolamento delle gerarchie è un fenomeno di lungo corso, risale quantomeno alle avanguardie storiche e alla susseguente civiltà di massa. Qualcosa di più preciso si può dire però riguardo al sistema letterario nel suo insieme, utilizzando le categorie messeci a disposizione magistralmente da Vittorio Spinazzola. Nelle ultime decadi, è caduta la fascia alta del sistema o letteratura sperimentale. Sul versante basso si mantiene una certa quota di letteratura marginale, dai romanzetti Harmony ai conati scritturali sul web».
E nelle fasce intermedie?
«È lì, tra letteratura istituzionale e letteratura di intrattenimento, che la riduzione delle distanze si è fatta più vistosa. In un tempo non lontano distinguere era facile, tutto sommato: Sciascia o la Morante rappresentavano il prestigio, Chiara o Bevilacqua lo svago disimpegnato. Oggi i due livelli si avvicinano, si compenetrano: accolgono a un medesimo titolo Michele Mari, Paolo Cognetti, Elena Ferrante, Roberto Saviano e Donato Carrisi. Distinguere, a queste condizioni, sembrerebbe un azzardo. Camilleri, per dirne soltanto uno: dove lo mettiamo, nella letteratura istituzionale o in quella di intrattenimento? Io con la serie dedicata a Montalbano l’ho messo nel romanzo di intrattenimento (e così ho fatto con la Fallaci). Non credo che siano tutti d’accordo».
Paolo Di Stefano
 
 

Il Secolo d'Italia, 25.2.2019
Fazio & Saviano alla frutta: i due “compari” tentano di strumentalizzare anche Camilleri

[...]
Fazio strumentalizza Camilleri
Ma la “sceneggiatura” di che Tempo che Fa proseguiva con un’altra trovata. A parlare, in collegamento con Fazio, è apparso Andrea Camilleri. Il “papà” del Commissario Montalbano non è stato invitato per motivi letterari, ovviamente. Lo scrittore 93enne è stato interpellato e coivolto nella querelle sull’immigrazione, “ricicciando” le polemiche suscitate da una recente puntata della serie tv Rai, che si apriva con uno salvataggio di migranti, episodio tratto dal libro “Dall’altra parte del filo” di alcuni anni fa. Le polemiche si erano sopite da settimane, pertanto il tentativo di strumentalizzare Camilleri non è riuscito, perché non è riuscito a strappare allo scrittore nessuna polemica. Camilleri ha potuto solo affermare, come aveva già fatto, che: «Allora era possibile. Se questa è polemica, non so che farci. È cronaca, è storia. Allora forse avevamo più cuore di quanto ne abbiamo oggi…».
Alberto Consoli
 
 

Uffico Stampa Rai, 26.2.2019
"Finalmente, dopo secoli, persona e personaggio si sono ricongiunti"


 
 

ANSA, 26.2.2019
Nanni Moretti nastro d'argento doc
Camilleri nastro speciale, Agosti a carriera. 27/2 premiazione

Roma - Nastro d'Argento dell'anno a Nanni Moretti per Santiago, Italia. "È un riconoscimento che premia la qualità del film riconoscendone anche il valore civile e, per dirla con Moretti, per niente imparziale di un 'viaggio' importante che ha attraversato sugli schermi e nelle sale l'incontro col pubblico in tutt'Italia" dice il Sindacato nazionale giornalisti cinematografici. "Un Nastro importante, anche per l'attualità che esprime, dunque. Si aggiunge al Nastro speciale ad Andrea Camilleri", mentre il Sindacato annuncia anche il riconoscimento alla carriera ad un inguaribile cinefilo, oltreché regista e operatore culturale tra i più ostinatamente indipendenti di almeno mezzo secolo di cinema: l'autore quest'anno di "Ora e sempre, Riprendiamoci la vita" Silvano Agosti. Cinque sono i documentari finalisti - con i 3 eventi d'Arte 'cinema del reale' e Cinema e Spettacolo- i cui vincitori saranno annunciati il 27 febbraio a Roma
 
 

La Repubblica, 26.2.2019
I "Sopranos" alla siciliana con il noir di Camilleri

Andrea Camilleri, miniera ancora inesplorata la sua parte, nella piena stagione di Rai 1: prima i due Montalbano e poi, ieri sera, questo La stagione della caccia, tratto da uno dei molti romanzi no-Commissario, nel ciclo C'era una volta Vigata. Fine Ottocento, nel paese torna il giovane farmacista Fofò La Matina (Francesco Scianna), nato come contadino al servizio dei nobili di zona, i Peluso. Che il regista Roan Johnson sostiene di aver tratteggiato come dei Sopranos d'epoca in Sicilia. La storia è scura e lineare — al suo arrivo il vecchio patriarca dice: prima di essere ucciso mi uccido io. E poi la mattanza nobiliare mentre su squarci di Sicilia vitale la follia del protagonista dispiega la sua ala di morte. Intreccio che non dimentica le basi del racconto noir — il Maestro non lo consentirebbe — ma pieno di volti e caratterizzazioni che restano, il parroco mediatore (Ninni Bruschetta), i parassiti, i cinici e crudeli, le vittime. La presenza camilleriana si distende balsamica su questo tempo, televisivo e no, sta arrivando anche la sua Conversazione con Tiresia, e lui compare da Fazio e dà pennellate civili, storiche, aneddotiche di taglio superiore, sempre.
Antonio Dipollina
 
 

Corriere di Ragusa, 26.2.2019
I delitti del bel farmacista nella Sicilia patriarcale dell’800, tra vendetta e morte secondo Camilleri

Una Sicilia patriarcale, legata alla terra, alla “roba”, con una aristocrazia che deve conservare i suoi privilegi. Un farmacista, arrivato nella Vigata del 1880, rimette tutto in discussione, cerca il suo riscatto sociale ma alla fine paga per i suoi delitti con la morte. “La stagione della caccia” non delude e soprattutto esalta ancora una volta il senso narrativo di Andrea Camilleri, al cui racconto attinge a piene mani l’anglo-siculo Roan Johnson. Fofò La Matina, giovane farmacista tenebroso, arriva nella piazza di Vigata, nella magnifica ricostruzione della Loggia del Sinatra di S. Maria Maggiore ad Ispica, che farà da sfondo a tutto il racconto, e da qui comincia la sua silenziosa ma scientifica vendetta. Una storia di riscatto perché il farmacista nell’ottima interpretazione di Francesco Scianna, ha un piano preciso e comincia ad attuarlo liquidando capostipite e discendenti dei Peluso di Torre Venerina, famiglia aristocratica, proprietari terrieri e vittime inconsapevoli della loro stessa condizione sociale. Camilleri sembra tradire un debito con il Mastro Don Gesualdo di Giovanni Verga anche se il suo racconto ha una tragicità diversa. E’ fatta di vendetta e di morte che alla fine estinguerà di fatto tutta la famiglia Peluso per consentire al farmacista di sposare quella ragazzina che ammirava da garzone sul balcone del palazzo nobiliare e che al tempo sembrava irraggiungibile.
Nell’intreccio Camilleri, che a ragione parla di romanzo storico e non poliziesco, inserisce i tanti motivi che hanno reso la storia siciliana complicata ed unica. Un’aristocrazia che ama riprodursi al suo interno e non si apre e che ha bisogno del “figlio masculu” per darsi una continuità, il mito della terra e comunque di quella “roba”, fatta di palazzi e possedimenti, che alla fine sono la vera essenza della vita. Fofò La Matina scardina un ordine consolidato, sconvolge la vita di Vigata, e raggiunge il suo obiettivo ma, come accade nella migliore narrativa di Camilleri, il protagonista mostra il suo volto umano, la sua compassione, il suo turbamento e confessa i suoi delitti pur non dovendolo. E’ il riscatto del vinto che paga, tuttavia, con la fucilazione.
Duccio Gennaro
 
 

DavideMaggio.it, 26.2.2019
Ascolti TV | Lunedì 25 febbraio 2019. La Stagione della Caccia – C’era una volta Vigata al 30.8% con oltre 7 mln di telespettatori

Su Rai1 La Stagione della Caccia – C’era una volta Vigata ha conquistato 7.115.000 spettatori pari al 30.8% di share; l’intro Camilleri Racconta è stato visto da 7.140.000 spettatori pari al 26.2% di share. [...]
Stefania Stefanelli
 
 

La Repubblica, 26.2.2019
Andrea Camilleri, successo anche senza Montalbano: 'La stagione della caccia' fa oltre 7 milioni di spettatori
Il film della serie 'C'era una volta Vigata' su Rai1 vince la prima serata con il 30% di share. Prossimo appuntamento con l'autore siciliano martedì 5 marzo su Rai1 con lo spettacolo 'Conversazione su Tiresia'

Anche senza le indagini del commissario Montalbano, le storie di Vigata continuano a vincere in tv. Sette milioni e 115mila spettatori hanno visto su Rai1 La stagione della caccia. Il film tratto da un romanzo storico di Andrea Camilleri ha vinto la prima serata con il 30,8 per cento di share. Su Canale 5 la replica di Cado dalle nubi con Checco Zalone ha totalizzato 3 milioni 155mila e il 13,78 per cento di share. Un buon risultato per la fiction interpretata da Francesco Scianna ma in calo rispetto a La mossa del cavallo con Michele Riondino, primo film della serie C'era una volta Vigata che un anno fa, sempre su Rai1, arrivò a quasi otto milioni con il 32,3 per cento di share.
Prodotto da Palomar con Raifiction e diretto da Roan Johnson (regista dei Delitti del BarLume), alla sua prima prova Rai, è l'adattamento dell'omonimo romanzo del 1992 che Andrea Camilleri ha ambientato nell'immaginaria Vigata alla fine dell'Ottocento. I protagonisti sono i nobili Peluso da Torre Venerina, signori di Vigata, capeggiati dal patriarca, il marchese Filippo Peluso, interpretato da Tommaso Ragno (già protagonista nella serie tv Il miracolo di Niccolò Ammaniti per cui è stato premiato in Francia).
A scombinare la quiete in paese è l'arrivo del farmacista Alfonso 'Fofò' La Matina, che ha il volto di Francesco Scianna, figlio di un contadino esperto in erbe medicamentose, i componenti della famiglia Peluso cominciano misteriosamente a morire, uno dopo l'altro. Chi avvelenato dai funghi, chi di crepacuore, come la marchese Matilde impazzita per la morte del figlio. Nel cast anche Donatella Finocchiaro, Ninni Bruschetta, Miriam Dalmazio, Giorgio Marchesi.
Il prossimo appuntamento con il maestro siciliano è per martedì 5 marzo con Conversazione su Tiresia, lo spettacolo con Andrea Camilleri andato in scena lo scorso giugno al Teatro Greco di Siracusa. La versione cinematografica diretta da Roberto Andò andrà in onda in prima serata su Rai1 "senza interruzioni pubblicitarie" come ha sottolineato Fabio Fazio nell'ultima puntata di Che tempo che fa quando ha avuto ospite l'autore di Montalbano.
Rita Celi
 
 

Il Sole 24 Ore, 26.2.2019
Non solo Montalbano. Camilleri sfonda anche con il romanzo storico

Non solo Montalbano. Se c'è una cifra letteraria che va riscoperta in Camilleri, ancora migliore del celeberrimo commissario che ha stregato gli italiani (sia i lettori che i telespettatori), è quella dei romanzi storici, ambientati soprattutto nella Sicilia di fine Ottocento, quando l'Italia si era appena unita e una delle regioni che più accusò il colpo era proprio l'isola.
Senza bisogno di scomodare Gattopardi o verghiani romanzi “della roba”, il Camilleri storico ha fornito, durante la sua carriera, prove eccezionali di qualità narratorie nel mettere in scena quegli anni decisivi nella sua Sicilia, creando personaggi altrettanto memorabili dei corrispondenti verghiani.
Lunedì 25 febbraio sera gli spettatori di Raiuno ne hanno avuto la riprova: è andato in onda il film tratto da La stagione della caccia, la cui scrittura per il piccolo schermo è stata in parte rivista dallo stesso Camilleri. Storia tragica e comica, a un tempo, con un farmacista, Fofò La Matina che apre una farmacia a Vigata. I Borbone sono un ricordo, ma il blasone conta ancora molto. E i più nobili fra i nobili sono i Peluso di Torre Venerina. Ma questa ricchissima e potente famiglia comincia all'improvviso a essere decimata dai lutti. I Peluso muoiono uno dopo l'altro, come le prede di una battuta di caccia. Fin quando si scopre che La Matina è figlio di un contadino che molti anni prima aveva lavorato come campiere proprio per i Peluso.
L'adattamento per la tv, con la regia di Roan Johnson, restituisce felicemente le atmosfere e le capacità affabulatorie del grande scrittore siciliano. Più profondo di quanto possa apparire in prima battuta. Come ribadiscono le note di regia dello stesso Johnson. “Quando ho finito di leggere il romanzo di Camilleri da cui è tratto questo film, sono rimasto sbalordito e confuso. Sbalordito perché è un romanzo ricco di personaggi straordinari, toni diversi, aneddoti esilaranti, idee brillanti, e sono rimasto confuso per le stesse ragioni. “La stagione della caccia” infatti è una sorta di saga familiare dei nobili Peluso che racconta così tante persone e vicende che mi trovavo in difficoltà a trovare il tema centrale, una chiave di lettura che mi facesse da faro per interagire con gli sceneggiatori, con gli attori, con la mia troupe e con Camilleri stesso. Dopo aver letto e riletto il romanzo e la prima versione del copione scritta dallo stesso Camilleri, dal mio maestro del Centro Sperimentale Francesco Bruni e da Leonardo Marini, e parlando con loro, ho capito che il filo conduttore principale era la critica al patriarcato del tempo, che poi, se si vuole, è la radice di un patriarcato che ancora noi italiani facciamo fatica a metterci alle spalle”.
Critica sociologica, osservazione della realtà, tempi e spirito giusto, attori azzeccati: per tutto questo il Camilleri storico funziona, in tv, bene almeno quanto il Montalbano, come già aveva fatto indovinare il precedente film tratto da un romanzo storico, “La mossa del cavallo”.
Il successo di pubblico lo conferma: lunedì 25 il film è stato visto da 7 milioni 115 mila spettatori e ha avuto il 30,81% di share, risultando così anche il programma più visto dell'intera giornata. E stasera, martedì 26 febbraio, Camilleri fa il bis in un’altra veste: Rai 1 ripropone infatti in prima serata lo spettacolo “Conversazioni su Tiresia” di e con Andrea Camilleri, registrazione dell'11 giugno 2018 dal teatro greco di Siracusa, con la regia di Roberto Andò e Stefano Vicario.
Stefano Salis
 
 

La Sicilia, 26.2.2019
"La stagione della caccia", il cast e la colonna sonora
Ieri in prima visione assoluta su Rai1 in prime time il tv movie tratto dall’omonimo romanzo storico di Andrea Camilleri

Roma - Francesco Scianna si è ben calato nei panni di Fofò La Matina, il personaggio uscito dalla penna di Andrea Camilleri protagonista di uno dei suoi romanzi storici, "La stagione della caccia - C'era una volta Vigata", il film in prima visione assoluta in onda ieri sera su Rai1 in prime time dopo gli straordinari ascolti dei due nuovi episodi del commissario Montalbano e seguito, a un anno di distanza, della serie evento "C'era una volta Vigata". Ma adesso è stata l’ironia a farla da padrona, anche se i morti si sono susseguiti come in una sorta di effetto domino, ed è dovuto arrivare uno dal nord perché tutto avesse fine.
Dietro la macchina da presa Roan Johnson, per una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction, realizzata da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra con Max Gusberti. Nel cast Miriam Dalmazio (la marchesina "Ntontò"), Tommaso Ragno (don Totò Peluso), Ninni Bruschetta (padre Macaluso), Giorgio Marchesi (il gendarme Emiliano Saint Vincent), Alessio Vassallo (Nenè Impiduglia) e con la partecipazione di Donatella Finocchiaro (Donna Matilde). Di Ralf Hildenbeutel, invece, l'apprezzata colonna sonora. Il tv movie, tratto dall’omonimo romanzo storico edito da Sellerio, ha riportato alla ribalta l'immaginaria cittadina siciliana, resa unica dalla fantasia di Camilleri, in un’appassionante saga familiare tra brama di potere, omicidi, follia e amori impossibili, tutti paradossi di un mondo nobiliare che comincia a sgretolarsi e che volge inesorabile al declino. Il film trae origine dal romanzo del 1992: Camilleri si ispirò a una battuta dell’inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia.
 
 

Cinque Quotidiano, 26.2.2019
Rai, Montalbano contro Camilleri: oltre lo share c’è molto altro

Tanto ci era parso noioso, manierato e turistico il Montalbano delle due precedenti e trionfali puntate (11 e 18 febbraio) tanto ci siamo invece divertiti ieri sera con la Stagione della caccia dove il suddetto Montalbano era assente (essendo la vicenda ambientata nel 1880 o giù di lì), ma di Camilleri invece ce n’era moltissimo (a partire dalle massicce dosi di ironia e paradossalità).
Non che mancasse il delitto (i morti assommavano a sei o sette, non ricordiamo esattamente), ma noi sul divano ne conoscevamo dal principio il colpevole – il bel farmacista, come anticipato dal Camilleri medesimo – e ci restava solo da venire a scoprire che le motivazioni risiedevano nella voglia di vendicare un’umiliazione subita da fanciullo. La vendetta in effetti va felicemente in porto, ma come tutte le vendette lascia l’amaro in bocca, e viene sostituita dalla noia fino al punto che per liberarsene il colpevole si autodenuncia.
Una vicenda lineare entro un affresco di tipi umani incastonati in una sceneggiatura assai serrata e benissimo recitata.
Quel che a noi è piaciuto – e cioè il venir meno dell’abbrivio da telenovela – molti lo hanno scartato al primo sguardo e così Camilleri rispetto a Montalbano ha visto allontanarsi 3 milioni di spettatori. Chi e dove? Un po’ chiunque e un po’ dovunque con due punti di parziale resistenza: 1) in Sicilia, e possiamo immaginare il perché; 2) tra i maschi dai 25 ai 44 anni, e qui il perché è difficile rintracciarlo. A meno di non dare un peso rilevante alla astuzia di avere infilato un paio di scene di sesso esplicito, degne del Trono di Spade atte a tirare su il morale dell’audience più marginale.
Ma anche, e qui sta il bello, a riposizionare il confine erotico dell’ammiraglia Rai. Il che, venendo al pratico, influirebbe in prospettiva e non poco sull’equilibrio del mercato pubblicitario della tv generalista, dove da decenni lo strutturale gioco delle parti è che Rai1 sia pudica quanto Canale 5 è scollacciato.
Colpiti da tanta novità abbiamo fantasticato che quelle scene, magari riservate al solo mercato estero, fossero, sì e comunque, previste dalla sceneggiatura (del resto erano tutt’altro che gratuite ai fini della caratterizzazione dei personaggi) e dalla commessa di produzione (diciamo prima della fine della precedente legislatura). Per cui l’elemento di rottura sarebbe costituito non dall’averne prevista la realizzazione ma dalla decisione più recentemente intervenuta di tenerle anche nella edizione italiana.
Vuoi vedere, ci siamo detti, che per ragione o per istinto qualcuno in Rai ha preso a muoversi come se il Duopolio stesse davvero per terminare. E come se ci fosse un nesso con la propensione della nuova Lega (Destra di sempre) a starsene alla larga da Berlusconi (come Salvini ha esplicitato anche oggi a Repubblica) a cominciare intanto dall’usare la Rai per sé anziché per reggere il moccolo alla rendita di posizione commerciale di Mediaset.
Del tutto, ovviamente, non abbiamo ovviamente alcuna prova. Ma a volte a pensar bene ci si indovina
Stefano Balassone
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 28.2.2019 (in edicola 26.2.2019)
“Il commissario Montalbano”: a maggio si girano tre nuovi episodi
La serie di Raiuno si conferma un successo senza precedenti. E tra poco si torna sul set

Gli ultimi due episodi di “Il commissario Montalbano” (“L’altro capo del filo” e “Un diario del ’43”) hanno fatto il pieno di ascolti. Con una media di 10,6 milioni di telespettatori e il 44.1% di share, risultano tra i programmi più visti in Rai, al pari del Festival di Sanremo o di una finale di Champions. Numeri da record, che dimostrano quanto il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri sia entrato nel cuore degli italiani.
Se già vi mancano le indagini del commissario di Vigata, vi diamo tre buone notizie. La prima è che in edicola con Sorrisi esce la collezione completa, con tutti, ma proprio tutti, gli episodi (vedi sotto). La seconda è che ad aprile Raiuno manderà in onda altre repliche di Montalbano (ma ancora non sono stati decisi i titoli). La terza ce la dà direttamente il produttore della Palomar, Carlo Degli Esposti: da maggio a luglio Luca Zingaretti e colleghi torneranno in Sicilia per girare tre nuovi episodi (e non due, come in precedenza), tratti dagli ultimi romanzi dello scrittore siciliano. Vediamo quali.
Il primo episodio sarà intitolato “La rete di protezione”. Nel romanzo omonimo, pubblicato da Sellerio, Salvo è alle prese con un doppio mistero: uno che affiora dal passato e l’altro che lo porta a immergersi nel mondo per lui nuovo dei social, fra profili Facebook e Twitter. Intanto Vigata è in subbuglio per le riprese di una fiction ambientata nel 1950 e prodotta da una televisione svedese.
Il secondo episodio è tratto dal romanzo “Il metodo Catalanotti”. L’indagine s’innesca per “colpa” di Mimì Augello (interpretato da Cesare Bocci), che per scappare dal letto dell’amante di turno si imbatte nel cadavere di una sua vicina di casa. Ma c’è un altro morto: Carmelo Catalanotti. Un uomo misterioso, uno strozzino, responsabile di una piccola compagnia di teatro amatoriale.
Il terzo episodio, invece, s’intitolerà “Salvo amato Livia mia” e si tratta di un collage di racconti che molto probabilmente metterà al centro della vicenda la relazione tra Salvo e l’eterna fidanzata Livia (Sonia Bergamasco). Per saperne di più, non ci resta che aspettare l’inizio del 2020. Nel frattempo, guardatevi i nostri dvd…
Con Sorrisi arriva la collezione completa
Siete tra i pochi italiani che si sono persi qualcuna delle avventure di Montalbano? Oppure, pur avendole viste, volete fare un ripasso? In edicola con Sorrisi trovate la collezione completa con tutti gli episodi del commissario più amato. Questa settimana troverete la seconda uscita, “Un diario del ‘43” e a seguire la collana completa, per un totale di 34 episodi. Tra questi c’è anche quello che ha dato il via alla serie tv: “Il ladro di merendine”, andato in onda la prima volta il 6 maggio 1999. Anche se in realtà è il terzo romanzo che Andrea Camilleri dedica a Salvo Montalbano (il primo è “La forma dell’acqua”). Ogni dvd sarà in vendita a 9,90 euro (rivista esclusa).
L’omaggio della serie a Marcello Perracchio, morto nel 2017. Noi lo avevamo intervistato pochi mesi prima che ci lasciasse
Nel marzo del 2017 siamo andati a Ragusa, a casa di Marcello Perracchio. Stava già molto male, respirava a fatica. Ma ci teneva tanto a parlare con Sorrisi. Ci siamo lasciati con la promessa di mangiare assieme la prossima volta che ci saremmo visti. Invece l’attore, che per 18 anni ha interpretato il dottor Pasquano, è morto pochi mesi dopo, il 28 luglio.
Nell’ultima puntata della fiction lo hanno ricordato mettendo in scena il suo funerale. Anche noi vogliamo rendergli omaggio pubblicando un estratto di quella intervista.
Lo amavano tutti: «Sono molto critico con me stesso. Cerco di vedere quello che avrei potuto fare in maniera diversa, migliore. Noto le esagerazioni, le note stonate. Mi studio. Però sarei un cretino a dire che non mi piaccio. Il mio è un personaggio molto amato».
L’uomo dei cannoli: «Li mangio sul serio quando sono in scena. Sono così buoni! Ma me li preparano senza zucchero perché soffro di diabete. Quando giriamo sono tutti gentili, mi vogliono bene e mi facilitano in tutti i modi viste le difficoltà che ho nel muovermi».
Pasquano e Salvo: «Pasquano tratta sempre male Montalbano, ma in realtà si vogliono bene. Si è instaurato questo gioco tra loro, si fanno i dispetti, ma penso che di base ci sia grande rispetto».
La prima volta: «Ricordo che ero emozionatissimo, anche se avevo già lavorato in altre fiction e film. Ma mi sono trovato subito a mio agio. Con Luca Zingaretti c’è stata immediatamente simpatia. Ancora oggi prima di girare mi danno uno stralcio della scena, ma poi improvvisiamo e ogni volta ci inventiamo qualcosa di divertente per rendere questo medico legale più simpatico».
Senza di lui: «Quando non lavoro la mia vita è monotona. Cerco di recitare per sentirmi vivo. Non è un luogo comune, ma il teatro è linfa vitale. Altrimenti cosa fai? Passi il tempo davanti alla tv, a criticare tutto. Non fa bene».
Solange Savagnone
 
 

SicilyMag, 26.2.2019
Non c’è dubbio che Andrea Camilleri, il Tiresia siciliano che vede più lontano di ogni normodotato, meriterebbe di essere nominato senatore a vita. Tecnicamente, però, non si può, perché la consuetudine costituzionale vuole che i senatori a vita di nomina presidenziale non siano più di cinque ed oggi già ci sono. Ora toccherebbe alla Regione Siciliana potergli accordare almeno la Medaglia d’oro di benemerenza. In cuor nostro Camilleri resta comunque il nostro “presidente” ad honorem
Camilleri for president!

Con slancio, oserei dire, giovanilista, mi scappa dalla bocca un “Camilleri for president!”. E non per l’ennesimo successo televisivo – la riduzione per la tv de “La stagione della caccia” ha fatto più di 7 milioni di spettatori vincendo lo share della serata -, non per gli straordinari successi dei due nuovi episodi del Commissario Montalbano delle ultime settimane – non meno di 10 milioni a episodio -, e, certamente non per il tris servito sul piatto con la trasmissione su piccolo schermo, martedì 5 marzo, della “Conversazione su Tiresia” che ci ammaliò – chi scrive può dire “io c’ero” – lo scorso 11 giugno al Teatro greco di Siracusa, degno epilogo dello scintillante biennio di Roberto Andò alla guida artistica dell’Istituto nazionale del dramma antico.
No, non per tutte queste ragioni. La ragione principale è una: a quasi 93 anni e mezzo, Andrea Camilleri è l’intellettuale italiano più “diversamente giovane” e desideroso di futuro che questa martoriata Penisola si permette. E quando dico “diversamente giovane” intendo la rara capacità di eliminare ogni soluzione di continuità tra la storia e il futuro. La “Conversazione su Tiresia” che Roberto Andò ha captato nella fervida creatività dello scrittore empedoclino, non era altro che la materializzazione contemporanea di un personaggio del Mito, l’indovino cieco Tiresia appunto, amato e disprezzato nei secoli, emblema esso stesso dell’identità indefinita, visto e rivisto da Camilleri con la sua ormai collaudata sagacia e forza del racconto. Un “conta-storie” si definisce Camilleri e al pari del suo “gemello” storico, si definisce un uomo “fortunato” nel suo essere “menomato”, in quanto ipovedente, perché finalmente dispensato dal vedere tante brutture di oggi. Fortunato, comunque, perché la sua mente sempre in movimento gli permette di stare al passo con i tempi, di raccontare la cronaca di ieri, di oggi e di domani, perché come il Mito ci insegna, l’uomo, in fondo, è sempre lo stesso.
Oggi sono cambiati i “tool”, gli strumenti, come ci ricorda Alessandro Baricco nel suo entusiasta endorsement della rivoluzione digitale riepilogato in “The Game”, ma le logiche umane sono le stesse da migliaia di anni, da quando l’uomo è stato in grado di potersi dare un’organizzazione sociale.
Camilleri, nel suo saper descrivere con arguzia e ironia l’animo umano – e, non nascondiamocelo, con una certa “spocchia” sicilianista, che risveglia un po’ di sano campanilismo sudista che alberga in tutti noi -, non solo piace a molti perché viene letto e amato in tutta Italia ma anche all’estero (e non parliamo dei film su Montalbano che hanno addirittura creato dal nulla, grazie all’abile regia di Alberto Sironi, un luogo turistico internazionale, i cosiddetti “luoghi di Montalbano” nel Sud est dell’Isola), ma è un vero elemento di unità, e non di divisione, aspetto fondamentale oggi in cui l’errore politico più grosso è proprio quella della demolizione di quel poco che resta della nazione italiana.
La comunità nazionale, che in Italia ha sempre stentato ad esistere, oggi è stata seppellita dalla antistorica campagna sovranista del “prima gli italiani” che non ha capito nulla della Costituzione sulla quale in teoria giurano i nostri politici, dove la parola d’ordine dovrebbe essere “prima l’Italia”, e dove la nazione, che è il fondamento del buon funzionamento di uno Stato, è materia viva in continua evoluzione e non roba da impolverate antologie abbandonate alla loro storia. Quindi quando Camilleri ci ricorda che il razzismo è una brutta bestia oggi, lui che il fascismo lo conobbe bene essendo nato nel 1925, che i porti devono restare aperti perché da bravo uomo nato in una città di mare storicamente i porti sono stati sempre aperti, dà lezioni di educazione civica che sono valide sempre. Qualcuno lo rimprovererà di essere il capo di tutti i buonisti, ma se buonismo vuol dire essere persona intelligente, accorta, e, soprattutto, dotata di civili sentimenti, non può che essere un complimento. Quando ricorda Camilleri che fondamentale per tutti è “ascoltare, sempre, le ragioni degli altri”, pone al centro dell’attenzione la costruzione di una comunità e non di schieramenti opposti. Quando ride di cuore Camilleri nel ricordare l’amico Leonardo Sciascia ed il suo monito di “riflettere, prima di pensare”, ci ricorda che il pensiero siciliano vero è sinonimo di progresso. Quando Camilleri ci ricorda che il “sapere si deve seminare come si semina il grano, il sapere non deve essere un élite” tutto questo è humus per una nazione. Quando a 93 anni e mezzo, Camilleri ci annuncia che tornerà a teatro con una “Autodifesa di Caino” rovesciando ancora una volta ogni presupposto codificato, vuol dire che il tempo che passa aggiunge, e non sottrae, contemporaneità, anzi la esalta.
Non c’è dubbio che Andrea Camilleri, il Tiresia siciliano che vede più lontano di ogni normodotato, meriterebbe di essere nominato senatore a vita. Recita l’art. 59, comma 2 della Costituzione che il capo dello Stato può nominare chi abbia «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». Chi meglio di lui? Tecnicamente, però, non si può, perché la consuetudine costituzionale vuole che i senatori a vita di nomina presidenziale non siano più di cinque ed oggi già ci sono Liliana Segre, Carlo Rubbia, Renzo Piano, Mario Monti, Elena Cattaneo cui si aggiunge l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il 23 gennaio 2003 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo nominò Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Lo Stato ha quindi fatto il suo. Ora toccherebbe alla Regione Siciliana potergli accordare almeno la Medaglia d’oro di benemerenza. In cuor nostro Camilleri resta comunque il nostro “presidente” ad honorem.
Gianni Nicola Caracoglia
 
 

L'Unione Sarda, 26.2.2019
La presentazione
"L'albero dell'olivo", in un libro il rapporto fra Andrea Camilleri e Aldous Huxley
Una riflessione su un emblema della classicità greca e latina al centro delle pagine di molti autori di ieri e di oggi

Che cosa unisce Andrea Camilleri e Aldous Huxley? È il tema al centro dell'incontro in programma domani a Cagliari (Sala della Fondazione di Sardegna, via S. Salvatore da Horta 2, dalle 17), volto a presentare il volume "L'albero dell'olivo", che lo scrittore inglese pubblicò nel 1936 e oggi è riproposto in un volume delle Edizioni Henry Beyle.
Il solido legame tra i due autori è rappresentato proprio dall'olivo, che campeggia in tante pagine di Camilleri, di Pirandello, di Sciascia e di altri autori siciliani, e ha affascinato l'intellettuale inglese, convinto che l'albero, emblema della classicità greca e latina, possa essere accostato alla nordica quercia, simbolo della vitalità della cultura europea.
L'evento, organizzato nell'ambito del Seminario camilleriano dell'Università di Cagliari, vedrà la partecipazione del rettore Maria Del Zompo, e ancora di Giuseppe Barbera, Vincenzo Campo, Gianluigi Bacchetta, Stefano Salis e Giuseppe Marci.
Questo pomeriggio, dalle 16 in Aula Capitini (Polo universitario di Sa Duchessa, via Is Mirrionis 1) altro appuntamento con la scrittice Simonetta Agnello Hornby, a colloquio con Manuela Arca, Morena Deriu, Eleonora Lusci, Simona Pilia, Paola Piras e Veronka Szoke in un ideale caffè letterario allestito per l'occasione nello spazio affrescato di recente dallo street artist Manu Invisible.
 
 

La Sicilia, 26.2.2019
Scritti di ieri
Fabio Fazio superpagato e Amadeus occupano tutto lo spazio a disposizione. Inflazionato persino Camilleri
In Rai poche idee e brutti presentatori

[...]
Forse c'è in Rai mancanza di idee. Ad esempio, ieri c'è stato uno sceneggiato di Camilleri ambientato nella Sicilia antica, oggi [in realtà la trasmissione è prevista per il 5 marzo, NdCFC] c'è in programma Camilleri di persona personalmente nei panni di Tiresia, l'indovino cieco dei tempi di Omero. Andrea Camilleri è sempre un grande, ma perché inflazionarlo?
[...]
Tony Zermo
 
 

Fahrenheit, 27.2.2019
La fine della storia#2
Cliccare qui per l'audio della puntata
Cliccare qui per il video della puntata

Tra divulgazione e insegnamento
[...]
Alle 16.20 Andrea Camilleri, Conversazioni su Tiresia, Sellerio
[dal minuto 1:16:05]
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 27.2.2019
Il fascino vincente dell'antica Vigata
Boom di ascolti. Oltre 7 milioni per "La stagione della caccia" ambientato nel Ragusano

La provincia di Ragusa set cinematografico vincente. Ancora una volta su Raiuno. Dopo Montalbano il successo è arrivato lunedì in primi serata con la ficiton 'La stagione della caccia', adattamento dell'omonimo romanzo del 1992 di Andrea Camilleri: gli spettatori sono stati 7 milioni 11mila e lo share ha sfiorato il 31% (30,8%). La fiction è ambientata anche stavolta nell'immaginaria Vigata di Camilleri, ma alla fine dell'Ottocento. e racconta una saga familiare dove non mancano passioni e delitti, e dove un ruolo lo gioca anche l'ironia.
È una Sicilia storica quella che appare nel film per la tv. Non la Vigata di Montalbano, ma una città d'altri tempi, una città che continua ad affascinare i telespettatori che ammirano quei luoghi affascinanti, quei sontuosi palazzi barocchi, quegli scorci pittoreschi. Per creare l'am-bientazione perfetta in realtà sono state scelte location un po' in tutta la zona della provincia di Ragusa. Si intravede la loggia di S. Maria Maggiore a Ispica meglio conosciuta come il Loggiato del Sinatra perché fu proprio l'architetto Vincenzo Sinatra a realizzatrlo a metà del '700.
Un'opera mastodontica, di forma semiellittica, sul modello del colonnato del Bernini a San Pietro. Insieme alle chiese di Noto. Ragusa e Modica anche questa chiesa è entrata a far parte del Patrimonio dell'Unesco. E poi ancora ambientazioni a Scicli e Modica ed in altri borghi siciliani come la vicina Marzamemi. Bravo e convincente l'attore Francesco Scianna protagonista di questo racconto storico insieme ad altri attori tra cui Ninni Bruschetta.
Nel cast anche alcune attrici ragusane come Alice Canzonieri e Giuseppina Vivera. Alcune scene sono state realizzate all'interno del Comune di Ragusa. In particolare la stanza della Sala Giunta è divenuta la delegazione di polizia mentre la sala del Consiglio comunale è nel film l'aula del tribunale. All'epoca di registrazione delle riprese fu il sindaco Peppe Cassì a porgere i saluti al regista Roan Johnson, al responsabile della produzione Gianfranco Barbagallo e alcuni protagonisti della pellicola accompagnati in quell'occasione dall'attore ragusano Pasquale Spadola che ha interpretato il ruolo di presidente del tribunale.
Intanto ad aprile torneranno in onda i vecchi episodi de "Il commissario Montalbano" che hanno ottenuto già tanto successo tra il pubblico televisivo. E più o meno in contemporanea cominceranno le riprese dei nuovi episodi.
Michele Barbagallo
 
 

Il Giornale, 27.2.2019
Teledico

E Camilleri stravince anche quando non racconta le operazioni investigative di Montalbano. Su Raiuno C'era una volta Vigata - La stagione della caccia ha registrato ben 7.115.000 telespettatori, share del 30,82%. Tantissimi per una fiction in costume ambientata nell'800, anche se con gli stessi ingredienti e la stessa mano (nella scrittura e nella produzione) che hanno reso insuperabile la serie del Commissario di Vigata. Insomma, la fiction Rai ha messo a segno un altro punto. [...]
Laura Rio
 
 

Panorama, 27.2.2019
Se il sud va oltre Camilleri

Benvenuto al Sud. Sembra un film surreale e invece la storia si sta avverando. Matteo Salvini verrà incoronato Re del Sud fin dalle Europee di primavera? Finora raccoglieva simpatie, pacche sulle spalle, folle di curiosi, promesse di consensi. Ora, con la conquista dell’Abruzzo, la passione meridionale per la Lega non è più una diceria ma una realtà certificata.
[...]
A Sud, a parte le «guapperie» di alcuni sindaci come Leoluca Orlando, de Magistris e Mimmo Lucano, l’opposizione più forte alla Lega arriva da due campi opposti: la fiction sulla malavita organizzata e la malavita stessa. La prima, con Roberto Saviano ma anche con Andrea Camilleri-Montalbano, allestisce «paranze» per sbarcare i migranti (più il vate radicale Erri de Luca).
[...]
Marcello Veneziani
 
 

Teatro Musco, 28.2.2019
La creatura del desiderio


 
 

Balarm, 28.2.2019
"La Creatura del Desiderio": lo spettacolo di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale a Siracusa
Teatro Comunale di Siracusa - Siracusa
2 marzo 2019
20.30
A partire da 17.50 euro
I biglietti sono acquistabili al botteghino del Teatro Comunale oppure tramite gli abituali circuiti di prevendita online

Il Teatro Comunale di Siracusa ospita "La Creatura del Desiderio", spettacolo di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale per la regia di Giuseppe Dipasquale, in programma sabato 2 marzo alle 20.30.
Il Teatro Comunale riapre il suo palcoscenico con il suo primo cartellone ufficiale “Variazioni sul Mito”. Si riparte da Andrea Camilleri con “La Creatura del Desiderio”. Scene e costumidi Ermina Palmieri, musiche di Matteo Musimei. In scena gli attori Leonardo Marino e Antonella Scornavacca.
Teatro Comunale di Siracusa
Via del Teatro 1 - 96100 Siracusa (Sr)
 
 

Libero, 28.2.2019
Complimenti per la trasmissione
"La stagione della caccia" ricca di ascolti di Camilleri (senza Montalbano)
Il successo delle fiction di raiuno

”Suo padre la vita se la sarebbe sudata fino all’ultima goccia, magari con le braccia e le gambe tagliate”.
Così i notabili del paese, dignitosamente infrattati nel corteo funebre, commentano la morte per presunto avvelenamento da funghi del figlio del marchese, picciotto taciturno, con l’unico vizio di avere come “zita”, come fidanzata, una capretta. E, così inizia la fiction La stagione della caccia(Raiuno, martedì prime time): con il decesso dell’erede del Marchese Peluso discendente da Federico II°, nobile sporcaccione -il padre, non il figlio- che se la fa, come nelle migliori tradizioni, con la moglie del fattore. E’ nobilastro di portamento sciatto, dal passo e viscere affaticate e dal forte appetito sessuale, il marchese. Ma pure, nel cercare a tutti i costi un altro erede, e fottendosene dei benpensanti, l’uomo mostra una spudoratezza che solletica simpatia. Quella stessa spudoratezza lo porterà nell’ordine: a vedere morire il figlio e impazzire la moglie; a scontrarsi col parroco del paese, che ricorda Don Camillo; a costringere la figlia vivere nel lutto vita natural durante per nove anni; a stimare eppure disprezzare il farmacista Fofò La Matina, uno che se ne tornò al paesello con lo scopo di impalmare la figlia femmina del marchese; il quale marchese, a sua volta, prima di ammuriri ammazzato, avrà un altro figlio masculo dall’amante jovine. Ad un tratto, colpo di scena: compare un cugino col vizio del gioco che si butta a pesce sulla proprietà e sulla virginità di'Ntontò, unica erede del marchese Peluso. E poi, altro colpo di scena: tutti i nuovi parenti muoiono accisi da una cena a base di belladonna, veleno potentissimo. Si salva solo Fofò La Matina, ma solo perché è l’assassino.
In questo girandola vorticosa di passioni, omicidi, corna, follia e onore posticcio, la fanno da padrone le location picchiate dal sole e, soprattutto, la scrittura affabulante di Camilleri. Buona regia, ottimi attori, sceneggiatura teatrale. Certo, alle volte il racconto è un po’ lento, altre troppo barocco, altre volte ancora vive di una suspence scontata. Ma la storia attraversa il tempo. Dice Camilleri: “Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità”. Appunto…
Francesco Specchia
 
 

Linkiesta.it, 28.2.2019
L’ultimo libro di Camilleri? Misoginia da brontosauro. Scoprite le donne inseguendo le gambe di Dora Markus
In “Conversazione su Tiresia” fa impallidire la cretineria narrativa dell'autore siciliano quando simula d’immedesimarsi nella psiche di una donna. Andasse uno come Fabrizio Coscia in Rai, piuttosto, a leggere brani dal suo leggiadro "I sentieri delle Ninfe"

Il bastone. E chi lo sapeva: la prova della rotondità della Terra ce l’ha data, irrevocabilmente, il culo ben tornito di una diva. Parola di Andrea Camilleri, brandito ovunque come una specie di Garibaldi, il fondatore di una nuova religione patria di cui Montalbano è profeta, che nell’ultima ‘fatica’, Conversazione su Tiresia, fa dire all’indovino riesumato dai sepolcri: «non riuscii a staccare gli occhi dal corpo di Atena… fu guardando il suo lato B che ebbi la certezza che il mondo fosse rotondo e non piatto». Minchionerie da cabaret di terza categoria. Stendendo un sudario funereo sulle battute ‘politiche’, davvero indecenti – i consigli della Pizia, «Un po’ rimbambita», si focalizzano su «cose umanamente impossibili da realizzare, come ad esempio riuscire a distinguere oggi in Italia un politico di sinistra da uno di destra» – fa impallidire la cretineria narrativa di Camilleri quando simula d’immedesimarsi nella psiche di una donna. Come narra il mito, a Tiresia viene stravolto il sesso, diventa donna, perché ha osato separare due serpenti in estro, uccidendo uno dei due. «Diventare una donna non significa solo perdere gli attributi maschili e ricevere in cambio quelli femminili, è qualcosa di più sconvolgente. Vale a dire ricevere un cervello di donna. E questo mi atterrì». In bilico sull’orrido di una smunta misoginia da brontosauro, Camilleri fa scempio di ogni anamnesi psichica, inizia a balbettare scempiaggini («Meglio non conoscere a fondo i pensieri che possono agitare la mente di una donna. Un cervello affollatissimo: piccole esigenze quotidiane convivono accanto a grandi quesiti universali»), per poi ridurre l’aureo concetto in svaccata arte masturbatoria («…la curiosità di trovarmi in un corpo che mi era estraneo fu fortissima. Devo ammetterlo, non ho resistito a sperimentarne tutti i possibili piaceri»). Le lotte erotico-olimpiche tra Zeus e Era si risolvono nel “proverbio vecchio di secoli: «tra moglie e marito non mettere il dito’»; la tragedia multipla di Edipo – uccide il padre e si tromba la madre – è davvero tragica perché «un giorno sarebbe nato un tale di nome Sigmund Freud e lui sì, con la sua teoria del complesso di Edipo, avrebbe rovinato la vostra esistenza»; il repertorio che ripercorre la ricorrenza di Tiresia in certi testi della letteratura recente – da Guillaume Apollinaire a Thomas S. Eliot a Ezra Pound, che son felice sia riconosciuto come un “maestro” – pare tirato giù dal menù di Wikipedia, altro che Camilleri guru dei teleutenti, gourmet dell’editoria, e ha svariate carenze (dimenticarsi di Robert Graves è baronia da stolti, ad esempio). Insomma, questa Conversazione su Tiresia è una pasta con le sarde ammuffite, un cannolo con la ricotta rancida, è scritta male, negli interstizi della colazione e del ‘canone Camilleri’, è un modo un poco torbido e balordo per farsi autopromozione – quando parla di Sofocle, Camilleri/Tiresia cita “un Montalbano qualsiasi”, a pagina 28; a pagina 55, si strimpella l’autoinzuccamento con violini bene accordati: «…sono stato regista teatrale, televisivo, radiofonico, ho scritto più di cento libri, tradotti in tante lingue e di discreto successo. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario». Perché questo acuto di vanagloria nella gloriosa vecchiaia? Perché questa triviale tracotanza? Al confronto con questo Camilleri, chessò, Paolo Villaggio, il Falstaff genovese, è un Picasso della comicità, e Mariano Laurenti un cineasta omerico. Prossimamente in visione Rai – perché va in tivù l’opera minore di un rinoceronte rimbambito dalla fama piuttosto che una delle tante, belle, vigorose drammaturgie di un giovane autore? – questa Conversazione su Tiresia è già stata al Teatro Greco di Siracusa, lo scorso 11 giugno. Per fortuna le pietre non sanno frignare. Se pensiamo, a proposito di resurrezione dei ‘classici’, che nel 1960 Pier Paolo Pasolini (che aveva 38 anni mica plurinovanta) ha tradotto l’Orestiade di Eschilo per l’esercizio scenico, in atto proprio a Siracusa, di Vittorio Gassman, viene da urlare alla blasfemia – o per lo meno, da fare una pernacchia.
Andrea Camilleri, Conversazione su Tiresia, Sellerio 2019, pp.60, euro 8,00
La carota. Le gambe più belle della poesia italiana recente sono quelle di Dora Markus. Le “gambe magnifiche”, inviate in fotografia da Bobi Bazlen all’amico Eugenio Montale con satiro invito – “falle una poesia” – hanno fatto sgambare il poeta a dovere, concedendoci la poesia che sappiamo, Dora Markus, tra le grandi del canone novecentesco, d’austerità liturgica («Non so come stremata tu resisti/ in questo lago d’indifferenza ch’è il/ tuo cuore; forse/ ti salva un amuleto che tu tieni/ vicino alla matita delle labbra»). «Di questa donna il poeta non conobbe mai nulla al di fuori di quel paio di gambe nude, ma accettò la s?da e da quel dettaglio anonimo seppe creare un personaggio indimenticabile. Il potere alchemico della poesia trasformò così un’immagine senza volto nella singolarità irripetibile e de?nitiva di un essere umano», scrive Fabrizio Coscia, che intorno all’evanescenza da Ninfa di Dora Markus, inseguendo altre Ninfe, arcaiche, arcane – quella del Ghirlandaio nella Nascita di Giovanni Battista, «un remoto altrove nella tranquillità di un interno borghese»– letterarie – la ‘ninfetta’ di Nabokov, ad esempio – pittoriche – le figure intrigate e diafane di Bonnard – costruisce un libro d’inevitabile fascino, I sentieri delle Ninfe, che solo per puro esercizio accosto alla vigliaccata di Camilleri, accoltellatore di Tiresia – andasse Coscia in Rai, piuttosto, a leggere brani dal suo leggiadro vespaio di ninfe, un ninfaio. [...]
Davide Brullo
 
 

il Napolista, 28.2.2019
La corda civile di Andrea Camilleri
Sciascia alternava le sue “cronachette” storiche a gialli senza tempo come “Il giorno della civetta”. L’uomo di Porto Empedocle fa la spola tra il Commissario Montalbano e la Sicilia storica di Vigata

Sulle orme di Sciascia
La recente messa in onda de “La stagione della caccia”, una fiction storica che riporta la Vigata di Camilleri al 1880 – senza Montalbano – ci spinge a fare il punto sulla produzione letteraria e televisiva di uno dei grandi geni della nostra cultura civile. Anche Leonardo Sciascia alternava le sue ‘cronachette’ storiche a gialli senza tempo come “Il giorno della civetta”. Così fa anche l’uomo di Porto Empedocle che pur sposando la definizione di giallo di Sciascia – “una gabbia” – fa la spola tra il mondo del Commissario Montalbano e quella Sicilia storica di Vigata – che qui sembra molto più chiaramente Porto Empedocle – che lunedì si è concretata nella “laida faccenna” che ha visto ne “La stagione della caccia” contrapporsi l’impostura di Fofò La Matina con la gens del Marchese Peluso.
In realtà Camilleri pur inventando la sua Sicilia storica e letteraria e la sua lingua perfetta, misto tra le radici verbali dialettali ed una sua reinvenzione poetica – al Grande genio di Recalbuto [Racalmuto, NdCFC], Sciascia – si riconnette. Sì, perché è la corda civile di cui Leonardo parlava in “Nero su nero” – e Pirandello faceva dire ad un suo personaggio -, la vera cifra di Andrea, che dopo una vita nell’Accademia di Silvio D’Amico e come produttore Rai è diventato il vero fenomeno nazional popolare del nostro tempo, ma soprattutto in un momento come il nostro privo di leader politici, una delle poche voci civili autentiche che il nostro Paese possa vantare.
Per capire quest’approdo che a noi sembra lampante consigliamo ai nostri lettori di collegarsi su Raiplay dove la Rai pescando nelle sue teche infinite propone – oltre che il replay dei Montalbano, de “La stagione della caccia”, etc… – anche una serie di interviste fatte al Nostro intitolate “Camilleri sono”. Stralci e pillole d’interviste che disegnano un Camilleri letterato, autore, produttore, regista teatrale, uomo, nonno, etc…, che immagina la sua Sicilia e la sua Italia alla luce del Diritto e della Ragione. Del resto anche Sciascia amava andare a Parigi a trovare la sua parte lunare offuscata da quella “terra pazza dove il sole batte 8 mesi l’anno.
Vincenzo Aiello
 
 

ANSA, 28.2.2019
Rosselli e Patten tra sogni e favole
Esce il nuovo libro di Emanuele Trevi

Roma - EMANUELE TREVI, SOGNI E FAVOLE (PONTE ALLE GRAZIE, PP 218, EURO 16).
E' un libro che percorre le strade della grande poesia, che ha la "capacità di passare da un piano all'altro dell'esistenza, dal questo al quello per così dire, dall'aspetto personale e particolare a quello universale della vita", 'Sogni e favole' di Emanuele Trevi, pubblicato da Ponte alle Grazie.
Un "libro strano", come è stato definito, dove si intrecciano il romanzo autobiografico e la divagazione saggistica, primo nella classifica dei "libri di qualità" usciti dall'inizio del 2019. Sicuramente una narrazione che commuove e trascina facendoti entrare in un mondo di "sogni e favole" tutt'altro che scontato, abitato da poeti in pena e da quegli "svitati" dei veri artisti. Partendo dalla Roma degli anni Ottanta, quando Emanuele, non ancora ventenne, frequentava e lavorava in quei luoghi speciali che sono stati i cineclub, incontriamo personaggi come Arturo Patten, il grande fotografo di ritratti, tra cui quello di Andrea Camilleri.
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Per Patten, trapiantato dalla California a Roma, ogni ritratto era un'avventura umana, così quando ritrasse Camilleri "prima di iniziare volle conoscere i luoghi della sua infanzia, e poi decisero di andare in una vecchia casa di campagna, disabitata e in rovina" racconta Trevi.
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Mauretta Capuano
 
 

 


 
Last modified Sunday, June, 13, 2021