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RASSEGNA STAMPA

MARZO 2020

 
Ouest-France, 1.3.2020
Plourivo. Coup d’envoi pour le Festival du livre ce week-end

Le Festival du livre édition 2020 à démarrer hier, à 11 h, au bar le Mod Kozh Kafé. Des amateurs de littérature sont venus présenter et lire à voix haute des extraits de leurs livres préférés, en se pliant à la règle qui veut que les lectures soient en rapport avec le thème choisi chaque année. Pour l’édition 2020, c’est l’Italie qui est l’invitée d’honneur.
L’après-midi, deux conférences étaient organisées, sur un roman italien, Le Christ s’est arrêté à Eboli, de Carlo Lévi, présenté par Nicole Leuranguer, et l’œuvre de Andrea Camilleri et Dino Buzzati, par Nicole Marcade et Canzia Gross.
[...]
 
 

La Repubblica, 1.3.2020
Calvino battuto da Tabucchi Testa a testa tra Moravia e Morante
Il torneo letterario di Robinson è in corso, potete ancora partecipare

[...] Sabato prossimo verremo a capo di altri quattro incontri: Camilleri contro Sciascia (per ora stanno 0 a 3) [...].
Giorgio Dell'Arti
 
 

Thesocialpost, 1.3.2020
Domenica In omaggia Vincenzo Mollica dopo il suo addio alla televisione

È stato per 40 anni apprezzato giornalista del Tg1, con i suoi servizi di cultura, musica e spettacolo e con il suo memorabile balconcino dell’Ariston durante il Festival di Sanremo. Oggi a Domenica In, ospite nello studio di Mara Venier è Vincenzo Mollica, che ha raggiunto il traguardo della pensione nella giornata di ieri dopo anni al servizio dell’informazione e del giornalismo.
[...]
Il rapporto d’affetto con Andrea Camilleri
Fortissimo è stato anche il legame con un altro grande esponente della cultura italiana: Andrea Camilleri. Il grande Mollica lo ricorda con affetto e commozione: “Fellini mi ha insegnato molto l’arte del vedere, Camilleri quella del non vedere, perché avevamo la stessa malattia. Camilleri era una persona speciale. Avevamo la stessa malattia, il glaucoma, un “ladro silente di vista”. In 24 ore avevamo luce piena e in altre 24 ore avevamo l’ombra: eravamo sincronizzati. Era un grande intellettuale e scrittore, uno dei più importanti del ‘900 e con Montalbano ha fatto una cosa straordinaria perché ha riunito l’Italia“.
[...]
Ruben Scalambra
 
 

Che tempo che fa, 1.3.2020
Luca Zingaretti
Cliccare qui o sull'immagine sotto per vedere la puntata


 
 

TVBlog.it, 2.3.2020
Il commissario Montalbano, Luca Zingaretti: "E' stato un annus horribilis"
Luca Zingaretti a Che Tempo Che Fa parla degli ultimi episodi de Il Commissario Montalbano e della scomparsa di Camilleri e Sironi.

"Ero sempre curioso di sapere come il mio personaggio si sarebbe evoluto. Ma il vero padre di Montalbano non c'è più. Io non credo che si sia mai convinto del fatto che io potessi essere il suo Montalbano, visto che non ci somigliavo, ma se l'è sempre tenuto per sé".
Così Luca Zingaretti, ospite di Che Tempo Che Fa di domenica 1 marzo, ha ricordato il maestro e l'amico Andrea Camilleri a pochi giorni dal debutto tv dei due nuovi episodi de Il Commissario Montalbano, in onda lunedì 9 e lunedì 16 marzo. Due episodi di cui Zingaretti è stato anche regista, vista la scomparsa dello storico regista della serie, Alberto Sironi:
"Ho preso in mano la regia perché è stato un annus horribilis: anche Sironi non è stato bene e se n'è andato. D'accordo con il produttore Carlo degli Esposti della Palomar e con la Rai ho raccolto io il testimone. Non ho fatto la mia regia, ma ho fatto quello che avrebbe fatto Alberto, perché abbiamo sempre pensato e sperato che potesse tornare. Alberto ha impostato fin dall'inizio un certo tipo di racconto, ha scelto certe ottiche, prediligeva certe inquadrature, teneva ferma la macchina da presa. Ho cercato di rispettarlo. Nel realizzare le nuove puntate ci ho messo una malinconica dolcezza, quella che ho provato nel girare questi episodi. E' stata una bellissima esperienza sentire che la famiglia del set si stringeva a me e mi aiutava in un ruolo che non mi apparteneva"
racconta Zingaretti, ribadendo alcuni degli aneddoti e delle riflessioni offerte nella conferenza stampa di presentazione degli episodi.
In realtà ne sono stati girati tre di nuovi episodi, ma uno è stato programmato per la Rai nella primavera 2021:
"La messa in onda il prossimo anno va vista come una testa di ponte verso il futuro. Bisogna vedere cosa succederà. Dobbiamo decidere tutti insieme che cosa fare ora che Camilleri e Sironi non ci sono più. Intanto festeggiamo chi se n'è andato con questi due film".
I 20 anni di Montalbano sembrano non essere mai passati: Fazio nota come la Tipo sia sempre la stessa ("Ormai non ce la fa più!" confessa Zingaretti), così come le stoviglie o l'accappatoio. Una cura del dettaglio che è nel contempo caratterizzazione del personaggio.
"Per portare in scena un racconto di Camilleri, che non è un tipo di racconto realistico, abbiamo cercato un modo di recitare che non fosse naturalistico. Un personaggio come quello di Catarella in un altro lavoro sarebbe fuori contesto. Nella costruzione di questi personaggi c'è una ricerca di dettagli sul personaggio che li facciano entrare nel cuore di chi guarda".
E direi che ci si è riusciti. L'addio a Montalbano è, ahinoi, sempre più vicino. Nel frattempo Luca Zingaretti si prepara a vedere le due nuove puntate in tv con la moglie Luisa Ranieri e le loro due bambine. Intanto Fazio ha strappato una promessa: se ci dovesse essere una nuova puntata, il ruolo del cadavere è suo.
Giorgia Iovane
 
 

Gazzetta del Sud, 2.3.2020
L'attrice
Cinema, la messinese Katia Greco nel nuovo film del commissario Montalbano

Il commissario più amato della tv è arrivato in anteprima cinematografica per Nexo Digital, prima del debutto su Rai1 il 9 marzo prossimo (ore 21.25). Già dal 24 febbraio scorso nelle sale, ove rimarrà fino a mercoledì, “Salvo amato, Livia mia”, nuovo episodio della serie “Il Commissario Montalbano” (Rai Fiction-Palomar), darà il suo apporto alla battaglia contro il Coronavirus, poiché gli incassi saranno devoluti all'Ospedale Spallanzani di Roma e all'Ape, l'Associazione Pazienti Ematologici dell'Ospedale Sant'Andrea.
In questa nuova avventura, tratta sia dal romanzo omonimo che dal libro “Il vecchio ladro” (entrambi di Andrea Camilleri), il commissario (Luca Zingaretti) indagherà sulla morte della giovane Agata Cosentino (Federica De Benedittis), impiegata all'archivio comunale di Vigata, apparentemente vittima di una violenza sessuale degenerata in omicidio. L'ipotesi però non convince Montalbano, che inizierà la sua indagine partendo dalla vita privata della donna. Scoprirà così che Agata, vissuta a Genova per diversi anni e cara amica di Livia (Sonia Bergamasco), era una persona schiva che concedeva amore e amicizia a pochi intimi; gli stessi da cui il commissario partirà per far luce sulle dinamiche del delitto. Tra questi, la collega Caterina Giunta, interpretata dall'attrice messinese Katia Greco.
«Il mio personaggio in un primo momento verrà sospettato del delitto - ci svela la Greco - , ma poi si scoprirà la vera natura del suo rapporto con Agata, e questa rivelazione sarà fondamentale alle indagini. Dalle trame della storia emergono anche tematiche importanti come l'omosessualità e la pedofilia».
L'attrice aveva sostenuto il provino con Alberto Sironi, che ha poi lasciato le redini della regia a Luca Zingaretti a causa della malattia che l'ha colpito sul set durante la seconda settimana di lavorazione (il regista è scomparso il 5 agosto 2019, nove giorni dopo la fine delle riprese): «Lo avevo conosciuto agli inizi della mia carriera e l'ho ritrovato per il casting di questo film. Era una persona affidabile e sicura di sé, e mi aveva tranquillizzata sulla possibilità di avere il ruolo, dicendo apertamente di aver apprezzato le mie qualità attoriali».
Per la Greco Zingaretti si è rivelato un degno successore: «Luca è un bravissimo attore ed è stato un regista capace di guidare e sostenere i suoi attori costantemente: dava sempre le giuste indicazioni, e se talvolta cambiava le scene anche un giorno prima o addirittura sul momento, non era mai despota o invadente. Mi sono sentita valorizzata quando, alla fine di una scena, ha detto all'aiuto regista: “Ma questa ragazza la scopriamo solo adesso? Dov'era?”».
[...]
Marco Bonardelli
 
 

Drustrups Bogblog, 2.3.2020
Andrea Camilleri: Sporet i sandet
Andrea Camilleri
Sporet i sandet
En Montalbano-krimi
Forlaget Arvids, 2019
239 sider
Bogen er modtaget som anmeldereksemplar fra forlaget.

Min anmeldelse:
Mon ikke jeg har læst de fleste bøger i denne hyggelige serie fra Sicilien? Jeg har også tidligere anmeldt et par af bøger både som lektør og som blogger. Senest var det det seriens bind 10 “Hedebølge i august” HER
I dette bind 12 i serien bliver kommissær Montalbano ufrivilligt involveret i en sag med tyveri af og drab på væddeløbsheste og svindel i samme branche. Han finder nemlig en død hest på stranden foran sit hus, men pludselig er den forsvundet, og der er kun spor efter den i sandet. Derfor titlen.
Mod sine chefers vilje forsker han i sagen, fordi han finder tråde til en af sine verserende sager, der involverer mafiaen, og det hele bliver en lidt dramatisk sag med groteske og morsomme elementer. Som vanligt er der masser af italiensk stemning og siciliansk lokalkolorit i bogen, og igen viser Montalbano sig som en mand med god appetit på livet. Det gælder såvel den italienske mad som de for ham uimodståelige italienske kvinder.
Undervejs bryder han flere regler for god opførsel og for hvordan politiet normalt arbejder. Han er en uforbederlig modstander af chefers autoritet og går derfor sine egen veje. Den side af ham er klassisk for en del efterforskere i krimilitteraturen, men hans rolle er mere charmerende og underholdende end de fleste andres. Det bliver lidt farligt undervejs, men aldrig grusomt voldeligt og blodigt. Spænding og krimihistorie er der nok af, og jeg følger gerne Montalbanos videre færd.
Jeg skrev bl.a. dette i en tidligere anmeldelse: Hele serien minder mht. den italienske stemning især om Michael Dibdins bøger med Aurelio Zen, Donna Leons med Guido Brunetti og Gianrico Carofiglios med Guido Guerrieri samt Malvadis endnu mere fredelige serie med stamgæsterne på Bar Lume et hyggeligt sted i Toscana. Samtidig er stemningen den samme finurlige og hyggelige som i f.eks. McCall Smiths krimiserie om Damernes Detektivbureau i Botswana.
Fra bogens bagside:
Fundet af et skamferet hestekadaver på stranden ud for Montalbanos hus udvikler sig til en sag, der udsætter ham for prøvelser, både kulinariske og af den intime slags, og afslører en for ham ukendt verden: hestevæddeløb.
Jeg giver bogen 8 sikre point på min skydeskive og 4 krimihjerter på Krimifan.dk
Per Drustrup
 
 

Città di Perugia - Turismo e Cultura, 4.3.2020
Nel segno di Andrea Camilleri
Mercoledì 4 marzo, ore 17.00 Biblioteca Villa Urbani
Presentazione del libro di Giuseppe Fabiano

È Giuseppe Fabiano che, alla Biblioteca Villa Urbani, incontra i lettori e presenta «Nel segno di Andrea Camilleri. Dalla narrazione psicologica alla psicopatologia», edito nel 2017 da Francoangeli nella collana 'Serie di psicologia' e alla 2a ristampa nel 2019.
Il volume sottolinea la forza del pensiero narrativo come componente essenziale della vita e dell'evoluzione dell'uomo, valorizzandone l'importanza anche nella professione psicologica. Soffermandosi sulle opere di Andrea Camilleri mostra come il commissario Montalbano, l'agente Catarella o altri personaggi di Camilleri disegnino percorsi di vita dove traumi, emozioni, espressioni psicopatologiche e capacità resilienziali si attualizzano, sostituendo lo spazio della teoria con il respiro della realtà.
Giuseppe Fabiano, psicologo psicoterapeuta, è direttore di una Unità Operativa Complessa Centro Salute Mentale dell'ASL Roma 6.
Giornalista pubblicista, è autore di numerosi articoli scientifici.
Nel 2006 ha pubblicato il romanzo 'Il caso e la clessidra' e il racconto breve 'Un limoncello, un arancino un po' di sabbia' dedicato ad Andrea Camilleri.
Ingresso libero
Info: Biblioteca Villa Urbani, via Pennacchi 19 tel. 0755772960/2961
email: biblio.villaurbani@comune.perugia.it
 
 

Ufficio Stampa Rai, 4.3.2020
Movie Mag

[…]
L’intervista a Luca Zingaretti, il ricordo di Ennio Flaiano e i film in sala, nell’appuntamento di mercoledì 4 marzo alle 23.15 su Rai Movie e nella programmazione notturna di Rai1. Arriva per la prima volta sul grande schermo Il Commissario Montalbano con Salvo amato, Livia mia. Il film racchiude due racconti che vedono protagonista il celebre personaggio, nato dalla penna di Andrea Camilleri. Dietro la macchina da presa Alberto Sironi, regista storico della trasposizione televisiva, scomparso ad agosto del 2019 e Luca Zingaretti che da sempre presta il volto al commissario. Luca Zingaretti nel faccia a faccia con Federico Pontiggia ha raccontato il suo rapporto con il famoso commissario. L’attore romano ha ricordato l’amico Andrea Camilleri confidando di aver imparato da lui “l’idea che il mondo vada scoperto giorno dopo giorno anche nelle cose più semplici, più piccole, e che il proprio tempo merita di essere speso bene”.
[…]
 
 

La Voce d'Italia, 4.3.2020
Peppino Mazzotta: “Camilleri lascia un’eredità potentissima”

Torna “Il Commissario Montalbano” e con lo straordinario Luca Zingaretti torna il collaudatissimo cast. Peppino Mazzotta ormai da più di un ventennio, dalla prima puntata, interpreta con successo l’ispettore Fazio, il fedele collaboratore del poliziotto più amato d’Italia.
Ma cosa dobbiamo aspettarci nei due nuovi episodi della fiction?
“Saranno delle storie sempre molto ricche e appassionanti – ha spiegato Peppino al nostro giornale – in cui si mette insieme la commedia pura con il dramma legato al caso che di volta in volta andremo a risolvere”.
Qual è l’insegnamento o il messaggio del maestro Andrea Camilleri che Peppino Mazzotta porterà sempre dentro?
“Lui è stato per me come per molti altri una figura che offriva un punto di vista sulle cose che accadevano intorno ad ognuno. Credo lasci un’eredità potentissima come tutti i grandi scrittori, cioè il messaggio legato alla necessità di assumersi la responsabilità della propria esistenza rispetto a quella degli altri”.
“Il Commissario Montalbano” è seguito in più di 65 Paesi nel mondo e trova spazio anche nei palinsesti di Rai Italia.
Emilio Buttaro
 
 

San Marino Rtv, 4.3.2020
Prima cine Rai Tv
Camilleri "telefona" ancora da Vigata
Presto al cinema e su Rai1 prima di Pasqua LA CONCESSIONE DEL TELEFONO terzo capitolo della collection C'ERA UNA VOLTA VIGATA tratto dal romanzo di Andrea Camilleri

Adattamento televisivo trasposto al cinema prodotto da Rai Fiction e Palomar per la regia di Roan Johnson che la Tv di Stato italiana trasmetterà dopo il recente ritorno di MONTALBANO. Alessio Vassallo è il protagonista Filippo detto Pippo Genuardi (nato a Vigata il 3 settembre 1856) con la sua richiesta al prefetto (Corrado Guzzanti con barbone d'epoca) per la sua linea telefonica dedicata ai commerci, al magazzino delle merci e al suocero affarista. A Pippo piacciono le donne ancor più della tecnologia telefonica, quindi!? Subentrano l'uomo di rispetto e commendatore (Fabrizio Bentivoglio) e il questore Monterchi spedito dal nord a controllare... tutti. Commedia e dramma colorati nello 'spartito' scritto come una melodia siciliana dal noto romanziere morto a luglio 2019. Un meccanismo a orologeria sulla stupidità umana fino all'idiozia ironica. Complotto e paura attuali di questi giorni, al tempo del virus, come una malattia strisciante e sconosciuta che ti ammazza prima di colpirti, per paura... Una Palermo fine Ottocento fedelmente ricostruita in una Vigata fine secolo purtroppo, per la prima volta, senza CAMILLERI che “ la vita se l'è sucata...” bene, fino in fondo, alla grande.
Francesco Zingrillo
 
 

Istituto Italiano di Cultura di San Pietroburgo, 4.3.2020
Concorso annuale “San Pietroburgo legge”

Nel 2020 continua il progetto “San Pietroburgo legge” concepito nel 2009, nell’ambito del quale, con il patrocinio del Comitato per la Cultura di San Pietroburgo e con la partecipazione dei centri culturali dei vari paesi accreditati a San Pietroburgo, vengono selezionati
- il miglior libro straniero non tradotto in lingua russa;
- il miglior libro straniero tradotto in lingua russa.
L’Istituto Italiano di Cultura di San Pietroburgo quest’anno presenta due libri
Andrea Camilleri “L'età del dubbio”, tradotto in russo da I. Bocenkova e pubblicato dalla Casa editrice Mescheryakov;
Tonino Guerra "Il Polverone. Storie di una notte quieta". Maggioli Editore, 2006
[…]
 
 

La Settimana Enigmistica, n.4589, 5.3.2020


Cliccare sull'immagine per scaricare il cruciverba dedicato al Commissario Montalbano
 
 

Università degli Studi di Cagliari, 5.3.2020
Comunicato

Comunichiamo, con vero dispiacere, che a causa delle attuali condizioni sanitarie e delle conseguenti disposizioni ministeriali, il Seminario sull’opera di Andrea Camilleri previsto per lunedì 9 e martedì 10 marzo è stato sospeso e rinviato a data da stabilirsi.
Un sentito ringraziamento a quanti hanno generosamente lavorato per la migliore realizzazione dell’evento, a quanti ci hanno seguito e avevano deciso di partecipare agli incontri.
I mezzi di informazione e le agenzie di rating stanno in questi giorni calcolando il danno che il virus determina sul piano economico. Più difficile da quantificare – e far comprendere all’opinione pubblica – è il danno che deriva alla cultura, con il blocco dell’attività didattica nelle scuole e nelle università. In quel bilancio negativo rientra anche il rinvio del nostro Seminario, costretto a tenere in sospeso il lavoro degli illustri studiosi e dei giovani ricercatori ai quali, come da abituale prassi dei Seminari camilleriani, era stato chiesto di compiere uno sforzo che cercheremo di fare comunque andare a buon fine.
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 5.3.2020
Montalbano, Angelo Russo (Catarella) si racconta

Per prepararci con il sorriso ai due nuovi episodi di "Il commissario Montalbano" in onda su Raiuno il 9 e il 16 marzo, abbiamo fatto due chiacchiere con l’irresistibile Angelo Russo, l’attore ragusano che interpreta l’agente Catarella. Non ci siamo potuti vedere “di pirsona pirsonalmente”, come direbbe lui, ma abbiamo parlato al telefono perché c’è l’allarme coronavirus...
Il suo Agatino Catarella come definirebbe quest’emergenza?
«Catarella lo ha già arrestato: qui a Ragusa ha già preso il “coroni virus” e i “super virus”, il problema è risolto».
Di quali casi si occuperà nei nuovi episodi?
«Si alzerà dalla sua postazione di centralinista e andrà da Montalbano a storpiare i nomi. Nel primo episodio, in commissariato arriva una “guardia giurante”, mentre nell’archivio comunale viene uccisa una ragazza. Ma è sempre Catarella a dare le notizie».
L’uomo giusto al posto giusto?
«“Eccerto”. Un po’ mi rispecchia: pure io, nella vita, anche se non indosso la divisa sono uno “priciso”. Tutti nel cast sono fedeli al commissario, mai io di più».
Dopo tanti anni di onorato servizio televisivo, Catarella non meriterebbe una promozione almeno a sovrintendente o a ispettore?
«Ora ora, ma solo per anzianità, lo hanno promosso assistente capo... Ma lui non fa mai concorsi, a parte quello di “informaticcia”, che ha vinto. L’unico».
Lei nella vita se la cava con l’informatica?
«Scusi, “dottori”, si dice informatica, vero è (ride). In realtà io di Internet non ci capisco molto. I social come Instagram, infatti, me li cura mia figlia Leandra, che è una bravissima fotografa».
Sua figlia è grande. La chiama ancora Lillina?
«Ha 27 anni, ma è sempre Lillina, la piccolina mia. I figli restano “picciriddi” tutta la vita».
Della vita privata di Catarella non si sa nulla. Lei come la immagina?
«Con una moglie spiritosa, come la mia Laura. E un cagnolino, come Heidi, la nostra dolce Cavalier King. Ma niente figli: sennò che facciamo, Catarella 2 - La vendetta?».
Altri segni paricolari?
«Goloso, come me».
Il suo piatto preferito?
«Qui a Ragusa fanno una pasta con i legumi e le cotiche di maiale unica. Ne potrei mangiare all’infinito».
Non mi dica che ha già ripreso i 13 chili persi a "Ballando con le stelle"...
«Un paio sì. Mi trattengo a fatica: faccio tre diete perché con una sola si mangia troppo poco».
Dopo un talent, farebbe anche un reality show?
«Un cosa?».
Un programma come "Pechino Express"?
«Sarebbe bella la coppia Catarella-Maresciallo Cecchini di "Don Matteo", uno della Polizia e uno dell’Arma. Nino Frassica è un uomo splendido e un comico “frecciante”: come mette a bersaglio lui le battute non c’è nessuno».
E "L’isola dei famosi"?
«No, perché lì si fa la fame! Entrerei per curiosità nella Casa del "Grande Fratello", per capire perché ’ste vip sono vamp e fanno bibì, bibò... Vorrei un incontro ravvicinato del terzo tipo e direi: “Andate a farivi tutte na passiata!”».
Giusy Cascio
 
 

NewSicilia, 5.3.2020
L’attore catanese Cosimo Coltraro tra i volti del Cacciatore e Il Commissario Montalbano

Catania – Nella seconda serie de “Il Cacciatore” in onda su RAI 2, ispirata al libro del magistrato Alfonso Sabella, c’è l’attore catanese Cosimo Coltraro, volto noto del nostro teatro e apprezzato interprete tra cinema e televisione. Lo incontriamo durante una pausa dalle prove dell’Avaro di Moliere, cercando di scoprire qualcosa delle riprese del Commissario Montalbano e Il Cacciatore senza dimenticare i numerosi impegni teatrali.
[...]
Cosimo Coltraro è tra i protagonisti degli ultimi due nuovi episodi del Commissario Montalbano dove si assiste ad un passaggio epocale per la fiction…
“Mi pregio di essere presente in tutte e due le ultime puntate della serie più amata di tutti i tempi. Ho lavorato anche nell’ultimo periodo di Sironi prima della sua scomparsa assistendo al passaggio di consegne alla regia di Zingaretti. Ricordo che alla fine di una mia scena mi ha elogiato dicendomi: “Cosimo tu sei un violino”. È stato uno dei complimenti più belli, perché detto in un momento difficile con delle grosse responsabilità per tutta la serie”.
[...]
Elisa Guccione
 
 

Donna Moderna, 6.3.2020
Montalbano, perché non ci stancheremo mai di lui
Su Rai1 arrivano i nuovi episodi del commissario Montalbano, attesi in modo particolare quest’anno dopo la scomparsa di Andrea Camilleri. Ecco i motivi per cui quelli con Montalbano sono tra gli appuntamenti più amati dagli italiani

Il 9 marzo arriva sugli schermi televisivi (preceduto per la prima volta da una proiezione al cinema) Salvo amato, Livia mia, il 35° episodio della fiction che, dal 1999, ha affascinato oltre un miliardo e 200 milioni di spettatori. A seguire, la settimana successiva (il 16 marzo), La rete di protezione. I due episodi vedono entrambi la firma alla regia di Luca Zingaretti dopo che Alberto Sironi, lo storico regista della serie, ci ha lasciato la scorsa estate, un paio di settimane dopo il maestro Andrea Camilleri. In attesa dell’inevitabile picco di share, analizziamo qui, ancora una volta, le ragioni del successo di un personaggio che, come un eroe senza tempo, piace a tutti, giovani e meno giovani, dal nord al sud, isole comprese.
Montalbano è un punto di riferimento
In un momento storico in cui non siamo più sicuri di nulla, dove la politica tentenna, la paura del coronavirus ci immobilizza, i cambiamenti climatici ci destabilizzano e le stagioni non sono più quelle di una volta, lui, Salvo Montalbano, rimane sempre fedele a se stesso e, come un faro nella notte, ci illumina il cammino. Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. È ormai un simbolo italiano al pari della pizza, della pastasciutta, della bandiera nazionale, di Azzurro di Paolo Conte. «Un monumento», come lo definì lo stesso Camilleri, profetizzando che «terminerà quando finirò io». Ci scuserà il maestro se osiamo contraddirlo, ma il commissario e il suo inventore resteranno eterni per sempre, come i grandi miti che, per definizione, non tramontano mai.
Il fascino di un classico senza tempo
Lo respiriamo nei vicoli delle stradine siciliane, lo vediamo dagli abiti degli abitanti di Vigàta, lo percepiamo dalla lingua inventata dal grande maestro Camilleri: ogni cosa, nel fantastico mondo di Montalbano, ha il sapore antico e nostalgico di un luogo onirico fermo nella memoria, immaginario eppure reale allo stesso tempo, dove assaporare il calore di una cultura intrisa di metafore e leggenda. È il posto delle fragole dove restiamo incantati come bambini quando gli adulti raccontano storie di un passato che non esiste più. Secondo Peppino Mazzotta, il fedele ispettore Fazio, «negli ultimi anni non si guarda più il film, ma si entra in contatto con persone con cui si ha empatizzato: la gente ha piacere a stare dentro quel mondo, così come succede per i classici che si leggono e si rileggono anche quando uno sa benissimo come va a finire la storia».
Montalbano, un duro dal cuore tenero
Ad uno sguardo frettoloso e superficiale, Montalbano appare come l’uomo delle pubblicità degli anni 80, quello che non deve chiedere mai. È vero in parte, nel senso che il commissario è animato da alti valori di rettitudine e onestà e la ricerca della giustizia l’ha portato più di una volta a mettere in pericolo la sua vita. È un uomo coerente con se stesso che non scende a compromessi: come spiegava il suo autore, «talvolta Montalbano è riuscito a fare giustizia, altre - e forse sono le più numerose - si è dovuto arrendere, davanti all’incapacità sua e della stessa Italia, di poter dire la verità». Tuttavia, anche nelle situazioni più dure e controverse, uno sguardo di umana comprensione e pietas l’ha sempre accompagnato, ricordandogli di non giudicare le debolezze che dirottano i destini verso strade spesso a senso unico.
I piccoli grandi tesori della vita
Lontano dalla nostra quotidianità, il commissario ci sembra abbia colto gli aspetti fondamentali dell’esistenza umana. Ama – riamato – Livia, la stessa donna da oltre 20 anni e sebbene non condivida con lei un vincolo matrimoniale, la loro è una relazione che, tra alti e bassi, si consolida con il passare del tempo, a conferma di un legame che non ha bisogno di attestazioni burocratiche per essere legittimato. Si circonda di colleghi che stima e che sono pronti a seguirlo ad occhi chiusi anche nelle situazioni più delicate: alcuni, come il vicecommissario Mimì Augello e l’ispettore Giuseppe Fazio, sono amici oltre che colleghi e con lui condividono gli stessi ideali personali. Infine, il commissario ha un debole per la cucina, peculiarità che ce lo rende vicino e ci porta anche a invidiarlo, non avendo la possibilità di condividere con lui le prelibatezze che sia Adelina che il ristoratore Calogero provvedono a preparargli, prima fra tutte la pasta ‘ncasciata.
Il ricordo di chi non c’è più
Oltre a Camilleri e Sironi, ci ha lasciato anche il terzo papà di Montalbano: lo scenografo Luciano Ricceri, mancato il 1° febbraio, creatore di quell’atmosfera sospesa nel tempo e di quelle suggestive ambientazioni che tanto hanno contribuito al successo della serie. A loro Zingaretti ha dedicato i nuovi episodi, ricordandoli come tre uomini chiave, colonne portanti della fiction. Nella precedenti stagioni abbiamo perso anche il burbero – ma solo all’apparenza - dottor Pasquano, medico legale della serie tv, mancato nel 2017 e non sostituito nel suo ruolo, a riprova che alcuni personaggi entrano a far parte della nostra vita e, come succede nella realtà, sarebbe impensabile dare loro un nuovo volto.
Insomma, come nella vita, dramma e commedia si intrecciano, malinconia e leggerezza ci accompagnano, ricordandoci che spesso dietro una risata si cela un velo di malinconia e che anche nelle situazioni più drammatiche si può insinuare un sorriso (basti pensare al goffo agente Catarella). In merito a Camilleri, ci piace immaginarlo nell’Olimpo degli scrittori, pronto, insieme a milioni di spettatori, a seguire le vicende del suo eroe. Lo salutiamo riportando la sua idea di paradiso: «il paesaggio rasenterebbe la sicilianità visiva, che pace! Montalbano me lo immagino disoccupato, circondato da un placido volteggiare di anatre. E una tazzina di caffè fumante». Non ci resta che augurare buona visione al grande Maestro!
Nadia Santese
 
 

Il Giornale, 6.3.2020
"Montalbano ritorna ma ha perso i suoi due padri"
Arrivano i nuovi episodi. Il «vice» Mimì: «Dopo l'addio a Camilleri e a Sironi è finita un'epoca»

Da lunedì su Raiuno rimette i panni di Mimì Augello, il vice commissario di Montalbano, fascinoso «sciupafemmine», caro amico di Salvo, un po' lavativo, fuori dagli schemi, un passo indietro rispetto al suo capo, spesso in concorrenza con il super efficiente ispettore Fazio.
Quel ruolo gli ha portato fortuna e successo: da oltre vent'anni ogni nuovo episodio è una grande festa oltre a battere tutti i record d'ascolto. Ma, questa volta, per Cesare Bocci, tornare in onda non è piacevole come negli anni passati. Perché la serie ha perso in poco tempo i suoi capisaldi: lo scrittore Andrea Camilleri, il regista Alberto Sironi, lo scenografo Luciano Ricceri.
Bocci, lunedì la rivedremo nel primo dei due nuovi episodi Salvo Amato, Livia mia, come vive questo ritorno?
«Ovviamente spero che la puntata abbia lo stesso successo delle precedenti. Però non nascondo la mia tristezza: abbiamo perso le colonne portanti della serie. Sono stati decenni meravigliosi, straordinari, ma penso che quest'anno Montalbano sia volato in cielo. È finita un'epoca. Pochi giorni fa ci ha lasciato anche Luciano: era lui che aveva scelto tutti i luoghi del set, che ce li ha fatti conoscere e amare».
Luca Zingaretti è dovuto subentrare come regista quando Sironi si è ammalato...
«È stato un grande professionista, del resto lui si è già sperimentato in regie teatrali. E ha rispettato il lavoro di Alberto».
Quale sarà il futuro del Commissario, si gireranno gli ultimi romanzi lasciati da Camilleri?
«Non spetta a me dirlo. Sarà molto difficile continuare, ma se si vuole farlo bisognerà trovare una nuova formula. Non so se si avrà la forza e la voglia, ma ovviamente se si farà, io non mi tirerò indietro».
Che rapporto aveva con Sironi?
«Per me era un papà e un fratello maggiore. Lui mi ha scelto: lo conosco dall'inizio delle riprese, dal '98, vent'anni di amicizia, di lavoro, di successi. È stato l'uomo del Nord che ha saputo descrivere la Sicilia meglio dei siciliani, riuscendo a coglierne odori e sapori, certo guidato da una penna come quella di Camilleri: le strade vuote, il dilatare dei tempi, hanno reso immortale la serie. Mai nessuno potrà girare Montalbano come lui».
E con Camilleri?
«Prima di essere il nostro sceneggiatore, era il grande scrittore, perciò io non ero molto rilassato con lui. Ma lui ci metteva a nostro agio. Un giorno eravamo a pranzo, la sera prima era andata in onda una puntata molto forte sul commercio di organi. Gli dissi: Buongiorno maestro, mi rispose: Tu ieri sera hai fatto piangere a mia e a mia moglie... Uno dei più grandi complimenti mai ricevuti».
Non le ha mai pesato, in tanti anni di Montalbano, essere alle prese con le vicende parallele o meno importanti?
«È il destino dei sottoposti, ma se non ci fossero i sottoposti le indagini non andrebbero avanti, servono tutti i ruoli in polizia. Con Montalbano Mimì conserva un rapporto di amicizia solidissimo che presuppone anche che si possa litigare...».
E non si è stancato di essere nell'immaginario collettivo il donnaiolo?
«È il personaggio, figuriamoci. Mia moglie ci ride sopra. Noi siamo felicemente uniti da 26 anni. Lei prima era molto gelosa, poi tra le altre cose che le ha portato via l'ictus post parto che le è capitato nel 2000, c'è stato anche questo sentimento. Non c'è stato più spazio o tempo per disperdere energie...»
Voi avete raccontato la vostra storia nel libro Pesce d'aprile, diventato anche opera teatrale: la malattia di Daniela, i segni rimasti sul corpo, la ripresa, le difficoltà a crescere la bambina...
«Certo, abbiamo voluto condividere la nostra esperienza, far sentire meno soli chi affronta le nostre stesse difficoltà. Mostrare che si può avere una bella vita nonostante tutto: Daniela non si è arresa, ha adattato il suo corpo, le cose che può fare sono ancora tante, tra cui una scuola di cucina. Anche io sono cambiato molto, per esempio sul set ero sempre stressato, dopo la guerra che abbiamo passato mi sono rilassato, figuriamoci se mi poteva fare ancora impressione una macchina da presa».
Lei non è solo Mimì, oltre ai moltissimi ruoli che ha interpretato, ora è anche presentatore-documentarista: in questi giorni è ad Assisi per girare una seconda puntata dei documentari Viaggio nella grande bellezza, una bella proposta di Canale 5...
«Sì, lo speciale sul Vaticano andato in onda a dicembre ha avuto un buon riscontro. E Mediaset ha deciso di realizzare altre puntate di questo importante progetto. Poi su Canale 5 andrà in onda prossimamente anche la fiction Fratelli Caputo, una commedia incentrata su due fratellastri, io e Nino Frassica, molto divertente, da non perdere...»
Laura Rio
 
 

La Repubblica - Robinson, 7.3.2020
Sciascia e Gadda mettono le ali

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SCIASCIA-CAMILLERI
Pensavamo che Sciascia avrebbe avuto vita difficile con Camilleri, visto il peana sciolto per Camilleri quando è morto. Invece non c'è stata partita, sei giurati su sette lo hanno bocciato. Per esempio: «La scrittura di Camilleri è infarcita da un eccesso pletorico di termini dialettali, troppo ruffiana, compiaciuta, ridondante » (Giuseppe Mandarano, 62 anni, napoletano, psichiatra, separato, un figlio). Non si parla così della mafia, «quello di Camilleri è un romanzo troppo allusivo» aggiunge Camilla Maffezzini, 30 anni, milanese, ricercatrice, appena tornata a casa dalla Svezia. Sembra che Sciascia abbia persuaso i lettori indecisi soprattutto con le pagine finali «quando un gruppo di "continentali" rende la mafia un argomento da salotto» (Marzia Rombi, 29 anni, romana, sedotta dalla scuola Holden e impiegata infatti adesso in una casa editrice). «Nelle ultime, splendide pagine, questo romanzo vince» conferma Ilaria Serati, di anni 28, milanese che si sta laureando a Roma, un tempo criticona, scettica, introversa, ma ora, avendo sposato Enea e messo al mondo con lui una piccola Anita di nove mesi, a un tratto fiduciosa. Proprio quelle pagine finali invece non sono piaciute a Luciano Perrone, 72 anni, ortopedico, leccese che sta ad Ancona, sposato con due figlie. Perrone è l'unico che ha scelto Camilleri: «La Civetta ha un epilogo precostituito che non ammette nessuna possibilità evolutiva, cristallizzando i rapporti di forza esistenziali nel reciproco riconoscimento dell'onore delle armi fra il rappresentante indagatore dell'Arma e il Capomafia, come Uomini di rispetto, che disprezzano tutti gli altri». Per Sciascia anche Carlo Pollaci (67 anni, palermitano, ex sessantottino, architetto e urbanista, ha ridisegnato il centro storico di Caltavuturo) e Edoardo Iacolucci (30 anni, vita raminga tra Europa e Sudamerica, adesso a casa col fratello e col gatto). Età media di questa giuria (notevole perché una volta tanto a maggioranza maschi-le): 45 anni.
[...]
Giorgio Dell'Arti
 
 

La Repubblica - Robinson, 7.3.2020
Il giovane Montalbano RaiPlay
VOTO
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In attesa dei nuovi episodi del commissario Montalbano (Rai 1, 9 e il 16 marzo) vale la pena ripassare le origini del tutto. Su Amazon Prime e RaiPlay c'è Il giovane Montalbano (2012-2015) serie firmata da Andrea Camilleri e Francesco Bruni, regia di Gianluca Maria Tavarelli. Anni '90, Michele Riondino è il commissario, stenti a credere che, maturando, acquisterà le fattezze di Luca Zingaretti ma ti fidi. Tutti gli altri, Catarella, Fazio, Mimì, sono attori freschi e bravi la cui fisionomia gioca di specchio con la serie madre. Qui si cementa la squadra, nasce l'amore con Livia, scopri i contrasti con il padre. Un album di famiglia tra luce, bellezza, intrecci e umanità.
Alessandra Vitali
 
 

La Repubblica, 8.3.2020
La letteratura in gioco su Robinson

Continua il torneo letterario di Robinson. Sul nostro supplemento culturale, in edicola tutta la settimana a cinquanta centesimi, prosegue la gara tra gli scrittori del Novecento. Passano l'ultimo turno Sciascia, Berto, Gadda e Carlo Levi. Escono a sorpresa Pasolini e Camilleri (per partecipare da giurati torneoletterariodirobinson.repubblica.it). [...]
 
 

La Repubblica, 9.3.2020
Torna Montalbano, Zingaretti per la prima volta anche regista: "Il Commissario ha i valori dei nostri nonni"
Questa sera su Rai1 il primo dei due nuovi episodi del 'Commissario Montalbano', 'Salvo amato, Livia mia' girati dall'attore dopo la scomparsa del regista Alberto Sironi

Tutti a casa per seguire la nuova indagine del Commissario Montalbano. Rai 1 presenta stasera Salvo amato, Livia mia interpretato da Luca Zingaretti che firma anche la regia con Alberto Sironi, storico regista della serie scomparso questa estate. “In questa regia di mio c'è solo una melanconia dolce o una melanconica dolcezza” dice l’attore. “Subentrando a Sironi ho pensato essenzialmente al suo stile e non c'è giornata in cui non abbia riflettuto su cosa avrebbero detto lui o Camilleri".
Nel tv movie - tratto dai racconti Salvo amato… Livia mia e Il vecchio ladro - il commissario indaga sulla morte di Agata Cosentino (Federica De Benedittis): il corpo viene ritrovato nell’archivio comunale. L’inchiesta si rivela subito complessa, era una ragazza che faceva volontariato, molto riservata. A sorpresa, Montalbano scopre che era amica di Livia (Sonia Bergamasco). Dal racconto della sua fidanzata capisce che a uccidere Agata è stato qualcuno che le era molto vicino; la verità è sconvolgente. Mentre Montalbano indaga c'è un'altra questione che deve risolvere, e lo riguarda direttamente: il figlio di Adelina (Ketty Governali), la governante che gli prepara i manicaretti, viene fermato da una guardia giurata davanti a una villa, di cui è stata forzata la serratura.
Il 16 marzo andrà in onda un altro nuovo film, La rete di protezione, mentre la terza storia già girata, Il metodo Catalanotti, sarà trasmessa nel 2021 e si spera che non sia l’ultima. Si addensano infatti nubi sul futuro di Montalbano in tv, Zingaretti ha detto che vuole riflettere dopo la scomparsa dei tre pilastri della serie: Andrea Camilleri, il regista Alberto Sironi e lo scenografo Luciano Ricceri che ha costruito l’immaginario camilleriano in tv. “Ho bisogno di tempo per riflettere” ha spiegato “per sedimentare il dolore e elaborare il lutto, poi deciderò se tornare sul set senza questi amici o finire questa avventura fantastica”.
La serie – prodotta da Palomar con RaiFiction – che ha festeggiato i vent’anni ed è ormai un classico, è uno dei titoli più amati dal pubblico. Oltre un miliardo di spettatori calcolando anche le repliche, numeri da record. “L'appuntamento con i nuovi episodi ogni volta è un evento, una festa popolare che si celebra. Montalbano è il testimonial principe non solo della fiction della Rai, ma anche della Rai come tale” osserva la direttrice di Rai Fiction, Tinny Andreatta “Da quando Montalbano è andato in onda la prima volta nel maggio 1999, ha segnato uno spartiacque nella produzione della Rai. E’ un modello di qualità. Con il suo senso di giustizia e la sua pietà umana, questo commissario si immerge nel dolore, rimette ordine nelle cose senza accettare comode verità. E senza nascondersi". Firmano la sceneggiatura Camilleri, Francesco Bruni (che ha raccontato il metodo di lavoro: una volta finita, la recitavano allo scrittore) Salvatore De Mola e Leonardo Marini. Per milioni di italiani questo commissario che non ha mai cambiato la macchina, è un modello: “Montalbano ha i valori dei nostri nonni” dice Zingaretti “è profondamente perbene e crede nell’amicizia. E’ un uomo che può guardarsi allo specchio tutte le mattine”. Lui ma anche la sua squadra di fedelissimi formata da Peppino Mazzotta (Fazio), Cesare Bocci (Mimì Augello), Galluzzo (Davide Lo Verde) e l’ineffabile Catarella (Angelo Russo).
Silvia Fumarola
 
 

SuperGuidaTV, 9.3.2020
Intervista esclusiva a Cesare Bocci: “Dopo la vittoria a Ballando con le stelle ho appeso le scarpe al chiodo”

[…]
1) Cesare, sta per tornare in onda “Il Commissario Montalbano” con due nuove episodi. Come evolverà il tuo personaggio?
Mimì Augello è sempre stato un poliziotto dotato di grande intuito. Certo, a volte capita anche a lui di sbagliare. Persevera nell’essere attratto dalle donne tanto che a Salvo vorrebbe dire di concedersela qualche scappatella. Con l’età però devo dire che si è calmato. Spero che queste nuove puntate possano avere lo stesso successo delle precedenti.
2) E’ stato difficile tornare sul set dopo la scomparsa del Maestro Camilleri.
E’ stato un anno particolarmente difficile perché abbiamo girato con la tristezza nel cuore. Sono stati anni straordinari ma penso che quest’anno sia finita un’epoca. Per andare avanti con la serie bisognerebbe inventarsi qualcosa di diverso. Se si avrà la forza e la voglia di farlo ovviamente non sarò io a tirarmi indietro. Luca è dovuto subentrare ad Alberto Sironi, scomparso anche lui da poco, ed è riuscito a fare un grande lavoro. A questa serie devo tutto perché mi ha fatto crescere come attore e come individuo.
3) Qual è il segreto del successo di questa serie che continua ad appassionare milioni di telespettatori?
Camilleri ha scritto delle storie che rappresentano i tempi che viviamo. Nelle occasioni in cui ci siamo visti, magari anche in quelle ufficiali durante le quali gli venivano poste delle domande, all’inizio c’era sempre una lunga pausa, in cui ti chiedevi “Ma risponde o no?”. E invece poi ti rendevi conto che è quello che dovrebbero fare tutti: prima pensare e poi parlare. Il gruppo di colleghi è stata un’altra chiave del successo.
[…]
Giulia Bertollini
 
 

LaNostraTv, 9.3.2020
Il commissario Montalbano, attrice fidanzata Livia: “Grande sconvolgimento”

Grande attesa per le nuove puntate de Il commissario Montalbano, con Luca Zingaretti, in onda da oggi alle 21.25 su Rai1. Due episodi in prima visione per Montalbano, che faranno compagnia ai telespettatori della prima rete stasera, come già detto, e lunedì prossimo. E a raccontarsi sulle pagine dell’ultimo numero del settimanale TeleSette nei giorni scorsi è stata l’attrice che interpreta Livia, la fidanzata di Salvo Montalbano, ossia Sonia Bergamasco, protagonista dell’episodio “Salvo amato, Livia mia”. Parlando delle riprese della puntata in onda questa sera, l’attrice nella rivista succitata ha dichiarato:
Ho girato con Alberto Sironi nella prima settimana di set. Poi sono partita per un altro impegno, sicura che al mio ritorno lui sarebbe stato al suo posto dietro la macchina da presa… invece non l’ho più trovato perchè era stato male.
“Il regista e Andrea Camilleri se ne sono andati uno dopo l’altro. E’ stato un momento di grande sconvolgimento, che sul set abbiamo vissuto con molta intensità” ha sottolineato inoltre.
Continuando a parlare della nuova puntata de Il commissario Montalbano in onda questa sera su Rai1, l’attrice che interpreta la fidanzata Livia Burlando (Sonia Bergamasco) ha poi affermato:
Queste nuove puntate saranno l’omaggio migliore a Sironi e Camilleri, perchè abbiamo fatto il nostro lavoro come loro avrebbero voluto.
Parlando invece del rapporto tra Livia e Salvo Montalbano, ha asserito: “E’ un legame intenso, fatto di grandi lontananze. Entrambi non rinunciano alla loro indipendenza, ma sanno di essere fondamentali l’uno per l’altra”.
Parlando, infine, della direzione della serie, passata a Luca Zingaretti stesso quando Alberto Sironi si è ammalato, Sonia Bergamasco (Livia fidanzata del commissario Montalbano) ha affermato invece: “Luca si è messo subito al lavoro per portare avanti le riprese con generosità”.
 
 

Sellerio editore su Twitter, 9.3.2020
#Camilleri racconta #Montalbano: il ricordo nell’intervista fatta da Vincenzo Mollica


 
 

NEG Zone, 10.3.2020
Il commissario Montalbano, un bacio tra due donne nell'ultimo episodio

Nell’episodio de Il Commissario Montalbano di stasera, 9 marzo, intitolato “Salvo amato, Livia mia” è andata in onda la scena di un lungo e dolce bacio tra due donne.
Il fulcro dell’episodio è il rapporto di Montalbano con l’eterna fidanzata Livia, la quale subisce un lutto. Agata, figlia della parrucchiera della psicologa genovese, viene uccisa in quella che sembra la tragica conclusione di uno stupro, pista che però non convince il commissario. La vittima aveva nascosto dei “pizzini” in un archivio, dai quali emerge il bacio lesbico con l’amica Caterina.
Un’utente su Twitter ha commentato l’insolita scena per la prima serata di RaiUno: «La scena del bacio tra due bellissime donne mi è arrivato come un pugno allo stomaco per la grande, immensa, unica bellezza del grande Camilleri che mai lascia intentato lo sforzo di aprirci lo sguardo e il cuore». Ma c’è chi è più critico e scrive: «Bacio a letto fra due donne in TV in Montalbano ma ovviamente finale tragico perché in Italia siamo ancora a bury your gays (seppellisci i tuoi gay, ndr)».
 
 

Corriere di Ragusa, 10.3.2020
Montalbano vince in una Vigata da “Vizi privati e pubbliche virtù”

Una Sicilia perbenista, di impiegati modello e di coppie formalmente inappuntabili con storie private inconfessabili. Salvo Montalbano mette a nudo vizi e virtù e risolve l’ennesimo caso che la tranquilla Vigata gli riserva. La 14ma serie della fortunata fiction ruota intorno all’efferato omicidio di un’impiegata modello, Agata, colpevole di essere per un banale motivo al posto sbagliato nel momento sbagliato. “Salvo Amato, Livia Mia”, questo il titolo dell’episodio, racconta due storie (l’altra è “Il vecchio ladro”) che apparentemente lontane, condividono uno sfondo segreto, molto intimo e trasgressivo, che porta attraverso percorsi diversi al disvelamento di verità poco innocenti se non turpi. Il dipanarsi dell’indagine di Salvo Montalbano è così un viaggio che si muove in parallelo nella introspezione dei personaggi cui fa da puntuale contrappunto la bellezza del paesaggio ibleo, dei suoi palazzi e degli scorci delle sue città esaltati dalla luce.
Montalbano si muove a suo agio con i suoi sempre fedeli collaboratori, il racconto risulta a volte lento, qualche volta anche banale e forse anche appesantito ma riacquista vigore ed interesse ad ogni intuizione del commissario quando riesce ad inchiodare il solerte ed inappuntabile direttore dell’archivio comunale o a scagionare i presunti autori del delitto. Bonario, intuitivo, goloso per le ormai famose arancine, Salvo Montalbano domina la scena più che mai. E’ il primo episodio cofirmato in regia con Alberto Sironi che nel corso delle riprese morì lasciando la responsabilità della conduzione registica proprio a Luca Zingaretti. Un vero esordio nella continuità, una eredità che promette bene, che non tradisce la filosofia ed il tratto autentico della prosa di Andrea Camilleri che proprio nell’estate scorsa venne a mancare ma il cui ricordo è stato rivissuto al meglio nell’intervista introduttiva alla puntata.
Duccio Gennaro
 
 

Il Fatto Quotidiano, 10.3.2020
Televisione
Coronavirus, l’Italia si è fermata davanti alla tv: dalle 20:30 alle 23, riuniti 29 milioni di telespettatori
Numeri favoriti inevitabilmente dalla conferenza stampa, per molti aspetti storica, del premier Giuseppe Conte e dalla messa in onda su Rai1 delle serie evento Il Commissario Montalbano

L'Italia si ferma davanti alla tv, restano a casa i cittadini come dimostrano gli ascolti rilasciati dall’auditel: dalle 20.30 alle 23 del 9 marzo sono stati 29,2 milioni i telespettatori. Numeri favoriti inevitabilmente dalla conferenza stampa, per molti aspetti storica, del premier Giuseppe Conte e dalla messa in onda su Rai1 delle serie evento Il Commissario Montalbano.
[...]
In prima serata, dopo l’informazione, ha spopolato Il Commissario Montalbano in onda su Rai1 con l’episodio inedito “Salvo amato, Livia mia”. La serie con Luca Zingaretti ha incollato allo schermo ben 9.377.000 spettatori con il 39% di share, numeri importanti considerando la particolarità della serata e lo slittamento della messa in onda, la serie è stata infatti trasmessa dalle 22.02 alle 00.09.
Giuseppe Candela
 
 

Carlo Degli Esposti su Twitter, 10.3.2020
Un grande ritorno de IL COMMISSARIO MONTALBANO!!Il 39,04% di share e 9 milioni 377 mila spettatori davanti alla TV!
GRAZIE!
Ci vediamo lunedì prossimo con una nuova puntata "La rete di protezione"

 
 

ANSA, 10.3.2020
Ascolti, 9,4 milioni e il 39% per Montalbano
Il ritorno del commissario con l'episodio Salvo amato, Livia mia

Roma - Sono stati 9 milioni 377mila, pari al 39% di share, i telespettatori che hanno seguito il 9 marzo su Rai1 il ritorno del commissario Montalbano, con l'episodio Salvo amato, Livia mia, interpretato ma anche diretto da Luca Zingaretti insieme con il compianto Alberto Sironi, morto a poche settimane di distanza dalla scomparsa del papà del personaggio, Andrea Camilleri.
La fiction è andata in onda dalle 22.02 alle 24.09, dopo l'edizione straordinaria del Tg1 per le comunicazioni del premier Giuseppe Conte. In una serata segnata dall'ansia per l'emergenza coronavirus, Montalbano ha ritrovato il suo pubblico di affezionati, ma non supera il record storico di due anni fa, quando l'episodio La giostra degli scambi, trasmesso su Rai1 il 12 febbraio, raccolse 11 milioni 386mila spettatori e il 45.1% di share.
 
 

La Repubblica, 10.3.2020
Montalbano, 9,4 milioni e il 39% per il ritorno di Camilleri in tv
L'episodio 'Salvo amato, Livia mia' su Rai 1 interpretato e diretto da Luca Zingaretti dopo l'edizione straordinaria del Tg1

Il ritorno di Montalbano su Rai 1 fa il pieno di ascolti, anche se in partenza ritardata per l'edizione straordinaria del Tg1 dedicata alla conferenza stampa del premier Giuseppe Conte seguita da 10 milioni 780 mila spettatori (con uno share del 34.4 per cento). L'episodio Salvo amato, Livia mia è stato visto da 9 milioni 377mila spettatori, pari al 39 per cento di share. La nuova indagine segna il ritorno in tv del commissario di Vigata interpretato da Luca Zingaretti che firma anche la regia insieme ad Alberto Sironi, morto l'estate scorsa poche settimane dopo la scomparsa di Andrea Camilleri.
La fiction è stata preceduta da una vecchia intervista di Vincenzo Mollica a Camilleri che ha ottenuto 9.034mila spettatori e il 29.6 per cento di share. In una serata segnata dall'ansia per l'emergenza coronavirus e dalle comunicazioni del premier sull'allargamento dell'area protetta a tutto il Paese, il commissario Montalbano ritrova il suo pubblico di affezionati, ma non supera il record storico di due anni fa, quando l'episodio La giostra degli scambi, trasmesso su Rai 1 il 12 febbraio, raccolse 11 milioni 386mila spettatori e il 45.1 per cento di share.
I fan sui social esultano per il ritorno di Montalbano, commentando ogni dettaglio del nuovo episodio. L'emozione per le parole di Camilleri ("Montalbano riunisce l'Italia"), le lodi per gli arancini di Adelina, "rubati" per gola dal commissario. E ancora l'operaio egiziano che parla in perfetto vigatese, la meraviglia della "stanza delle memorie inutili" (che a molti fa venire in mente la "stanza delle necessità" di Harry Potter), il piacere di ritrovare luoghi e volti familiari in una serata difficile, ma anche l'ironia sull'auto di Montalbano ("Ma la macchina di Montalbano può ancora circolare?") e sul talento di Fazio: "Potrebbe trovare anche il paziente zero".
"L'Italia si è riunita ancora davanti ai televisori per Andrea Camilleri. Sembrava che Vincenzo Mollica avesse registrato l'intervista un'ora prima, lui e Camilleri parlavano di unire l'Italia, sembrava che avessero sentito il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte" commenta il produttore Carlo Degli Esposti. "Sono contento di continuare a proporre Montalbano per i valori che rappresenta, sono convinto che Montalbano continuerà. Le nubi sul futuro si toglieranno. Questo ascolto ha avuto una piccola flessione, noi siamo abituati ai dieci, undici milioni, ma abbiamo apprezzato che Conte abbia scelto i pochi minuti prima di Montalbano per trovare tutta l'Italia unita davanti alla tv e poter parlare più pacatamente possibile. Quando veniamo usati per cose importanti ci fa dire che è un grande mestiere quello che facciamo".
 
 

TyN Panamá, 10.3.2020
Montalbano, de 9,4 millones de dólares y el 39% a la devolución de Camilleri en la tv
El regreso de Montalbano en Rai 1 es el total de calificaciones, a pesar de la demora en el inicio de la edición especial de la Tg1 dedicado a la conferencia de

El regreso de Montalbano en Rai 1 es el total de calificaciones, a pesar de la demora en el inicio de la edición especial de la Tg1 dedicado a la conferencia de prensa de la premier Giuseppe Conte. El episodio Excepto amado, Livia mi , transmitido por Rai 1 y que fue visto por 9 millones de 377mila espectadores, lo que representa el 39 por ciento de la cuota. La nueva investigación marca el regreso a la televisión de la comisaria de Vigata jugado por Luca Zingaretti , que también dirigió, junto con Alberto Sironi , que falleció el pasado verano un par de semanas después de la desaparición de Andrea Camilleri .
La serie de televisión fue precedido por una vieja entrevista de Vincenzo Mollica a Camilleri que consiguió 9.034.000 espectadores y un 29,6% de cuota de mercado. En una noche marcada por la ansiedad por la situación de emergencia, coronavirus, y por la comunicación de la premier en la ampliación de la zona protegida de todo el País, el comisario Montalbano se encuentra a su audiencia de la fiel, pero no va a superar el récord histórico de hace dos años, cuando el episodio El carrusel de el comercio , transmitido por Rai 1 en 12 de febrero, reunió a 11 millones de 386mila espectadores y el 45,1 por ciento de participación.
 
 

Corriere della Sera, 10.3.2020
A fil di rete
Montalbano, la serialità d’autore di un marchio consolidato
La serie ha successo perché mostra uno dei pochi personaggi della fiction italiana ad avere un carattere ben definito e che rappresenta un piccolo sistema valoriale

Salvo Montalbano, l’eterna e monacale fidanzata Livia, Vigata, la vecchia Fiat Tipo, Catarella, gli arancini, il cattivo di turno che non la farà franca… Mai come in questo momento, il mondo atemporale di Camilleri aiuta non poco ad allentare la tensione che ci stringe. Accettato il paradosso iniziale (nei piccoli mondi antichi di Don Matteo o di Montalbano la media degli omicidi è di gran lunga superiore alla media nazionale), il resto è pura narrazione, gioco di scrittura, sospesa tra dramma e commedia, il congegno poliziesco diventa secondario (Rai1, lunedì). L’abbiamo ripetuto tante volte: Montalbano è uno dei pochi personaggi riusciti della fiction italiana, in perfetta fusione con il suo interprete Luca Zingaretti (che ora firma anche la regia, dopo la scomparsa di Alberto Sironi). Il suo metodo d’indagine è abitato da visioni e da missioni: sa che le sue sono sempre vittorie mutilate. Montalbano è ormai un marchio consolidato, un raro caso di «brand name», a garanzia di una serialità d’autore di alto artigianato.
Nel primo dei due nuovi episodi (ma ormai non c’è quasi più distinzione fra novità e replica), Montalbano deve fare luce sulla misteriosa morte di Agata Cosentino, il cui corpo viene ritrovato in un corridoio dell’archivio comunale. La prima scoperta è che Agata è una cara amica di Livia (Sonia Bergamasco), conosciuta a Genova dove la ragazza aveva lavorato per due anni, prima di ritrasferirsi di nuovo a Vigata, assunta all’archivio comunale. Prodotta da Palomar, sceneggiata da Andrea Camilleri, Francesco Bruni, Salvatore De Mola e Leonardo Marini, la serie ha successo perché Montalbano è uno dei pochi personaggi della fiction italiana ad avere un carattere ben definito e a rappresentare un piccolo sistema valoriale (anche di fronte a «rotture» rubate all’attualità: scene di adulterio, di lesbismo molto patinato, di pedofilia). Anche per questo è rassicurante.
Aldo Grasso
 
 

Corriere della Sera, 10.3.2020
TV
Montalbano sempre in alto: oltre 9 milioni di spettatori (share al 39%)
Nuovo successo per il ritorno del commissario interpretato da Luca Zingaretti, ma non è record. Effetti del coronavirus: davanti alla tv una platea complessiva di 29,2 milioni

Il «solito» Montalbano. Il ritorno del commissario interpretato da Luca Zingaretti ha catalizzato l’attenzione del pubblico televisivo: sono stati 9.377.000 (39% di share) i telespettatori che hanno seguito su Rai1 il nuovo episodio (Salvo amato, Livia mia) della fiction tratta dai libri di Camilleri. Un risultato al solito mostruoso ma non il record per Montalbano che due anni fa con La giostra degli scambi toccò gli 11.386.000 (share al 45,1%). La serata — complice l’invito a divanarsi a casa — ha visto un incremento notevole del pubblico davanti al televisore: la platea complessiva tra le 20.30 e le 23 ha raggiunto i 29,2 milioni di spettatori.
La formula del successo
La ricetta sembra sempre semplice — un eroe positivo, i paesaggi da cartolina, il the end consolatorio — con l’aggiunta della qualità letteraria della scrittura che nasce dai romanzi di Camilleri che fanno da canovaccio portante alla sceneggiatura. Fosse così però basterebbe trasportare qualunque libro ben scritto sul foglio digitale dello schermo tv per avere un prodotto di qualità. Invece no. Il commissario Montalbano — e il suo successo ventennale — rientra nell’insondabile e impalpabile, in quell’inspiegabile e indefinito che è nella sostanza aleatoria e volatile di molti bestseller televisivi (vedi alla voce Don Matteo). è tornato il commissario Montalbano ma la domanda è se tornerà ancora. Orfano del suo creatore letterario e del suo storico regista (Alberto Sironi), ora tutto è sulle spalle di Luca Zingaretti. Il futuro si muove fra le certezze della messa in onda dei due nuovi episodi (il prossimo, La rete di protezione, va il 6 marzo), e un terzo tratto da Il metodo Catalanotti (in lavorazione, sarà in onda l’anno prossimo). In mezzo, almeno per quanto riguarda Zingaretti, c’è prima la necessità di «elaborare questo lutto», quindi la volontà di «riflettere, vedere se è il caso di finirla qui oppure di andare avanti».
Zingaretti, attore e regista
L’attore in questi episodi non è solo protagonista, ma anche regista: «Di mio, in questa regia, c’è una malinconia dolce. La drammaticità e la leggerezza tipica dei migliori racconti di Camilleri si intrecciano, secondo un codice conosciuto ma ogni volta diverso. E lo sforzo maggiore dietro la macchina da presa è stato quello di rispettare lo stile di Sironi che ha dettato le regole 20 anni fa». Ritiro, fuga o morte? Quale sarà il destino di Montalbano? Il futuro è da scoprire (anche se Camilleri l’ha già scritto, l’ultimo inedito è in cassaforte alla Sellerio).
Renato Franco
 
 

RagusaNews, 10.3.2020
Il Commissario Montalbano fa 9 mln e 400 spettatori. Brava Katia Greco
Con il 39 per cento di share

Roma - Su Rai1 l’Edizione Straordinaria de TG1 ha informato 10.780.000 spettatori (34.4%); Il Commissario Montalbano – Salvo amato, Livia mia, in onda dalle 22.02 alle 24.09, ha conquistato 9.377.000 spettatori pari al 39% di share (Camilleri racconta 9.034.000 – 29.6%).
[...]
Ottima la prova attoriale della protagonista femminile dell'episodio, l'attrice Katia Greco, messinese, classe 1985.
 
 

Variety, 10.3.2020
Italy’s Film and TV Industry Forges Onwards Amid Coronavirus Lockdown

Italy late on Monday became the first European country to go into lockdown mode to counter the spread of a coronavirus outbreak that has caused cinemas to be shuttered and production to stop. But the country’s film and TV industry has not hit the pause button.
Right after Italian prime minister Giuseppe Conte in a prime time nightly news conference announced nationwide travel limits affecting the nation’s roughly 60 million citizens – in an attempt to stem the virus that in Italy has killed more than 460 people, the highest death count outside China – more than 9 million Italians tuned in to watch the first episode of the new season of “Inspector Montalbano” on pubcaster RAI.
The new “Montalbano,” starring (and also co-directed by) Luca Zingaretti as the titular Sicilian sleuth who is a Mafia fighting foodie, scored a whopping 39% share on RAI 1, becoming a collective anti-coronavirus rite of sorts even though Zingaretti’s brother Nicola Zingaretti, who is governor of the Lazio region comprising Rome, has been infected.
Pierre-Anton Capton, co-chief of French content company Mediawan that controls “Montalbano” producer Palomar, in a Tweet called the shows ratings result a “historic” record and praised Palomar chief Carlo Degli Esposti for his efforts in this “difficult situation.”
[...]
Nick Vivarelli
 
 

Vanity Fair, 10.3.2020
«Il Commissario Montalbano»: l'eroe giusto al momento giusto
La fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri e diretta eccezionalmente da Luca Zingaretti torna su Raiuno la sera stessa dell'annuncio del presidente Conte sull'estensione dei provvedimenti anti-coronavirus per tutta l'Italia. E, forse, il pubblico aveva proprio bisogno di essere «rassicurato» dal suo eroe in un momento così delicato

Nello studio di Andrea Camilleri, la poltrona con il sedile verde e la libreria impiallacciata sullo sfondo, tutto è come è sempre stato. Pochi istanti prima un’edizione straordinaria del Tg1 ha annunciato che il presidente Conte ha deciso di estendere i provvedimenti per il contenimento del coronavirus a tutta Italia, dichiarandola «zona protetta» come quelle aree del WWF che rischiano di essere spazzate via dall’incuria e dalle alte temperature, ma lui resta lì, a conversare con Vincenzo Mollica come se il tempo si fosse fermato.
Il contributo, naturalmente, è registrato, ma vederlo dopo una decisione così importante che, di fatto, segna un precedente della nostra storia nazionale, ha qualcosa di rassicurante. Nei minuti che precedono la messa in onda del nuovo episodio del Commissario Montalbano, Salvo amato, Livia mia, il primo diretto da Luca Zingaretti che ha dovuto, infatti, sopperire alla scomparsa improvvisa del regista Alberto Sironi, Camilleri parla di coesione e di un’Italia che sembra unirsi tutta intorno a Montalbano, aggregatore sociale, eroe del Nord e del Sud, dei posti di blocco e delle frontiere.
Il fatto che il Commissario Montalbano, re delle grandi intese, l’unico capace di mettere tutti d’accordo radunando ascolti bulgari alle repliche, figuriamoci con un episodio nuovo di zecca, vada in onda in un momento così importante, la sera del 9 marzo 2020, il giorno del «prima» e del «dopo», è singolare per due motivi. Il primo è che, forse, così tanti italiani radunati alla tv non si vedevano da quando l’orchestra del teatro Ariston lanciò gli spartiti in segno di protesta per la candidatura di Emanuele Filiberto come probabile vincitore del Festival di Sanremo. Il secondo è che, in un momento in cui si chiede al Paese di restare a casa rinunciando a cene e ad aperitivi, a cinema e a teatri, probabilmente Montalbano rappresenta il titolo più appetibile che ci invoglia non solo ad abbandonarci sul divano, ma anche a prepararci un buon tè caldo mangiucchiando biscottini al burro. Perché Montalbano, come ha sottolineato lo stesso Camilleri, è l’eroe giusto al momento giusto, il garante che compare nel momento del bisogno e che ci consiglia di seguire le direttive e di non fare un passo fuori dal portone tanto in televisione c’è lui a intrattenerci e a farci dimenticare di essere nel bel mezzo di un’emergenza nazionale.
Qualcuno su Twitter critica la scelta di Raiuno di aver interrotto repentinamente il collegamento con Palazzo Chigi proprio per permettere a Montalbano di andare in onda ma, forse, quella di Raiuno era l’unica strategia possibile per permettere al pubblico di affrontare la situazione con lo spirito giusto. Chi si lamenta che di informazione non ce ne sia abbastanza (e non è vero: Rai News 24, per esempio, è sintonizzata 24 ore su 24 per fornire tutti gli aggiornamenti possibili, insieme con le altre reti all news in chiaro) si dimentica il diritto sacrosanto alla distrazione, alla possibilità di cambiare canale e scegliere in che maniera spendere la propria serata. La squadra di Montalbano ci ha provato davvero. Soprattutto Luca Zingaretti che, dall’oggi al domani, si è trovato dietro alla macchina da presa schiacciato dalla pressione di perpetuare un prodotto che, nel giro di un mese, ha perso il suo papà sullo schermo e il suo papà sulla pagina. L’aspettativa era tanta, così come il desiderio di mollare tutto e di aspettare che a mettere le mani su Montalbano fosse qualcun altro. Zingaretti, però, non si è negato: con coraggio e con impegno, ha messo tutto sé stesso per far sì che questi due nuovi episodi riuscissero bene e, forse, al pubblico va bene così. Forse rivedere il Commissario adesso era la terapia più efficace di tutte. Perché di lui non ci stancheremo mai e perché, mai come stavolta, il Paese aveva un disperato bisogno di un volto che lo rassicurasse e gli dicesse che andrà tutto bene, passerà anche questa.
Mario Manca
 
 

ScrivoLibero, 10.3.2020
Cesare Bocci: “La Sicilia mi ha visto crescere come artista e come uomo”

Successo ieri sera su Rai1 per il primo dei due nuovi attesissimi gialli de Il Commissario Montalbano.
Accanto a Salvo Montalbano ritroviamo ancora Mimì Augello, interpretato da un convincente Cesare Bocci.
Classe ’57, il noto attore ha interpretato molti ruoli tra cinema, teatro e televisione, approdando anche al programma Ballando con le Stelle.
Marchigiano di nascita, ma “siciliano d’adozione”, come tiene a precisare, Cesare Bocci ha raggiunto la popolarità caratterizzando la figura del maschio siculo nella fiction più amata dagli italiani ed ambientata nei luoghi più belli dell’Isola.
L’attore, inoltre, è stato recentemente in tournée in Sicilia, al Teatro Pirandello di Agrigento, con lo spettacolo “Pesce d’aprile”.
In quell’occasione Cesare Bocci ci ha rilasciato un’intervista nella quale svela tutto il suo amore per la Sicilia, una terra, afferma, che: “Mi ha visto crescere come artista e come uomo”.
Al noto personaggio televisivo, che continua ad incantare il pubblico femminile, abbiamo chiesto:
Cosa si prova a recitare nella “patria” del creatore di Montalbano?
“Tanta emozione! E’da diversi anni che frequento la Sicilia; da figlio adottivo di questa terra vedere un teatro così pieno mi rende orgoglioso. Anche come italiano mi rende tanto orgoglioso. Dobbiamo essere tutti orgogliosi di vedere un teatro così pieno, perché, checchè se ne dica, a noi italiani la cultura ci piace.”
Qual è l’eredita culturale che ha lasciato Andrea Camilleri?
“Andrea ha lasciato una grandissima eredità di onestà culturale, intellettuale e morale. Questo già sarebbe sufficiente (si sofferma). Poi, lascia la sua eredità letteraria. Un patrimonio immenso per cui dovremmo tutti ringraziare il nostro Andrea.”
Che ricordo ha del maestro?
“Di una persona straordinaria ed impegnata. Andrea l’ho incontrato in diverse occasioni. Ma le voglio raccontare un episodio: era andata in onda una puntata di Montalbano; si trattava di una storia intimamente molto forte. Il giorno dopo, in occasione di un pranzo, arrivò Andrea Camilleri. Andai a salutare il maestro e lui, appena mi vide, mi diede un buffetto sulla guancia, dicendomi: “Tu ieri sera hai fatto piangere me e mia moglie” (cerca di imitare l’accento di Camilleri). Questo è stato il complimento più bello che io abbia mai ricevuto.”
Nella fiction lei caratterizza bene il maschio siciliano
“Mimì Augello è un uomo che si impegna molto, ma è distratto (sorride). È la sua natura! Lui vuole fare, ma è distratto.”
Che rapporto ha con la Sicilia ed i siciliani?
“La Sicilia è diventata la mia seconda casa. Credo di aver trascorso più tempo in Sicilia che nel mio paese d’origine. In questo momento mi sono fermato in un’area di servizio e gusto un cannolo al pistacchio; mi riappacifico con il mondo. In Sicilia ho tantissimi amici e tanti ricordi. Posso affermare che l’Isola mi ha visto crescere artisticamente e come uomo. È una terra meravigliosa, ricca di cultura, di storia e di architettura. Il cibo, poi, è straordinario. Ritengo che sia una delle Regioni più belle d’Italia e dovrebbero essere valutata per quello che è! Non per alcuni fatti che l’hanno, purtroppo, rappresentata nel tempo”.
In Sicilia ha un luogo del cuore?
“È una domanda che mi mette un po’ in imbarazzo”.
Riformulo! Ha un momento che ricorda con particolare affetto?
“Le racconto un aneddoto. Il mio rapporto con la Sicilia inizia con il mio esordio da attore; era il 1982. In quell’anno ho fatto la mia prima tournée teatrale in Sicilia. Il rapporto con l’Isola negli anni si è sempre più consolidato. Ho anche lavorato per la musica ( Bocci è stato anche tecnico delle luci) con Ron e Mietta. Abbiamo fatto tanti concerti in Sicilia. Durante una tournée capitò di avere due giorni liberi; stavamo in Sicilia da più di un mese. Era fine agosto e me ne tornai a Roma. Ripresi l’aereo per tornare in Sicilia e giunti sullo Stretto guardai giù. Ero felice e sereno e mi scesero le lacrime. Mi chiesi del perché stessi piangendo. Capii che era l’emozione di ritornare in Sicilia: appena vidi la costa mi emozionai. E Montalbano doveva ancora nascere”.
Luigi Mula
 
 

La Repubblica, 10.3.2020
Fiamma Satta, a passeggio nei luoghi siciliani cari a Camilleri: per le 'vie' di Montalbano l'accompagna Sonia Bergamasco

Martedì 10 marzo è Sonia Bergamasco la protagonista della rubrica di Geo, il programma pomeridiano di Rai 3 condotto da Sveva Sagramola ed Emanuele Biggi. L’attrice, fidanzata del Commissario Montalbano nella serie Rai, spinge la sedia a rotelle di Fiamma Satta per le vie di Ragusa e dintorni, dentro e fuori il set delle nuove puntate: una passeggiata tra la magnifica realtà dei luoghi siciliani cari a Camilleri e la finzione creata della sua fantasia: Vigata e Marinella. Tutto comincia alla fermata degli autobus (in realtà Ragusa Ibla) dove il commissario attende la sua Livia e Fiamma la sua amica Sonia, per visitare insieme il Giardino Ibleo, la piazza barocca con il Duomo di San Giorgio, e poi Scicli, con la piazza del municipio trasformato nel celebre commissariato. Tappa quindi a Punta Secca, nel ristorante preferito da Montalbano e infine, al tramonto, davanti alla sua casa, con la famosa terrazza sul mare. La regia è di Isabella De Felici e Luigi Felicetti
 
 

La Repubblica, 10.3.2020
Consigli di lettura, da Malraux all'Ecclesiaste
Tre suggerimenti di opere degli autori che ci mancano di più. Anche perché sembrano scritte due ore fa

I libri ti cambiano la vita? Tempo fa il libraio Romano Montroni ha raccolto cento capolavori scelti da altrettanti scrittori, testi “rivoluzionari” che potrebbero distrarci dal coronavirus come in un Decameron moltiplicato per dieci. Al momento converrà fermarsi a tre consigli di lettura, degli autori che più ci mancano, anche perché sembrano scritti due ore fa.
Nei giorni di guerra, Andrea Camilleri trovò un senso per la sua esistenza ne La condizione umana di André Malraux: «Costrinse il mio cervello a ragionare in modo diverso. E soprattutto mi insegnò cosa significava la libertà, con la responsabilità dell’azione».
[...]
Simonetta Fiori
 
 

Internazionale, 10.3.2020
Italia
Il turismo sta cambiando la Sicilia di Camilleri e Montalbano


La statua dedicata ad Andrea Camilleri a Punta Secca, 2018. (Ian Berry, Magnum/Contrasto)

“Benvenuti nel sancta sanctorum di Scicli. Benvenuti nella nostra Medjugorje”, dice la guida. E finalmente introduce i turisti nello studio del commissario Montalbano, sul set della serie tv. Pronuncia quella parola – Medjugorje – con sguardo divertito, ma molti visitatori sembrano davvero essere qui in pellegrinaggio, come se questa città fosse improvvisamente diventata solo una scenografia cinematografica, una quinta che incornicia ciò che soprattutto conta: la scrivania di Montalbano. “La nostra Medjugorje”, appunto. Il resto, semmai, arriverà.
D’altra parte, si viene qui anche per gettarsi a capofitto in una fantasia costruita dalla tv che ha divorato la realtà e l’ha sostituita, ignorando l’altra fantasia, quella letteraria costruita da Andrea Camilleri. Vigàta adesso è qui, in questo ritaglio di Sicilia orientale, e non nella Sicilia sudoccidentale – tra Agrigento e Mazara del Vallo – dove Camilleri l’aveva immaginata. È qui dove ha stabilito la tv.
Il set che rappresenta il commissariato di Vigàta è ormai stabilmente allestito al piano terra del palazzo comunale di Scicli. E anche il sindaco ha lasciato la sua stanza al piano alto – la vera stanza del vero sindaco di Scicli – al questore immaginario della immaginaria Montelusa della finzione televisiva. Ma che importa? A chi viene qui non interessa la realtà: a questa vacanza si chiede altro.
L’isolamento è rotto
Quella onda dal 9 marzo 2020 è la prima stagione di Montalbano senza Andrea Camilleri e il regista Alberto Sironi. L’inventore del commissario letterario e l’artefice di quello televisivo sono morti entrambi l’estate scorsa. E adesso, d’improvviso, pare mancare il fiato in questa terra che su quel commissario si stava costruendo una nuova identità. Ed ecco emergere fatalmente la domanda: cosa accadrà adesso a questo pezzo di Sicilia che guarda il mare e sta più a sud di Tunisi?
“Il fenomeno Montalbano durerà ancora un po’, l’effetto del riconoscimento dell’Unesco come patrimonio dell’umanità durerà molto più a lungo”, dice Vincenzo Burragato, giovane presidente di Tanit, associazione culturale che, come altre, si prende cura di alcuni beni storici e architettonici di Scicli. Tuttavia, Burragato racconta che in città, “quando è morto Camilleri, si respirava effettivamente una strana atmosfera, come a dire: ‘E adesso?’, come se dal giorno dopo non sarebbe arrivato più neppure un turista. E invece no, non è andata così”. E aggiunge: “Montalbano è stata una fortuna e ha fatto conoscere la nostra storia. Il turismo che deriva dalla fiction tv e quello dovuto all’Unesco sono due flussi partiti negli stessi anni e che adesso si incrociano e si nutrono a vicenda”.
Del peso avuto dal personaggio inventato da Andrea Camilleri pare convinto, tutto sommato, anche Giuseppe Roccasalvo, da una vita guida turistica da queste parti. “Questa zona”, dice, “era quasi un’isola nell’isola: le rotte del grand tour si fermavano a Siracusa”. E, a dire il vero, ancora oggi non si capita qui per caso perché la strada porterebbe altrove: da Noto scende a Ispica e poi risale verso Modica e Ragusa. “Certo, non abbiamo ancora l’autostrada”, prosegue Roccasalvo, “però la città, da agricola è diventata anche turistica. L’isolamento è rotto, e va bene. Senza Montalbano forse non sarebbe successo”.
Ed è vero, hanno tutti ragione, eppure “siamo qui da millenni ma le persone vengono per questo”, aveva osservato con asciutto realismo la guida al set televisivo, abbracciando con un ampio gesto la stanza di Montalbano, le scrivanie di Catarella, Fazio e Galluzzo, e la porta della stanza di Mimì Augello.
Scicli
Quasi come una conferma, ecco una signora – l’accento chiaramente padano – attraversare via Francesco Mormino Penna, la bellissima strada-salotto della città ed essa stessa set della serie tv: eccola questa signora chiedere trafelata alla guida che l’accompagna: “Ma come ha fatto l’Unesco ad arrivare fin qui? Come hanno fatto a scoprire questa città?”. E le sue parole stralunate sbigottiscono chiunque le ascolti. C’è, in quella sua domanda, un sincero e assurdo stupore per l’aver trovato proprio qui tutta questa bellezza evidentemente inattesa, come se Scicli fosse sul bordo del mondo conosciuto, come se davvero fosse solo la Vigàta della finzione televisiva, come se non fosse anche in questa Sicilia splendidamente barocca la radice profonda della nostra cultura. E, anzi, forse qui più che altrove.
Montalbano ha portato economia. Sia dunque benedetto Montalbano, e amen. Ma Scicli non è Vigàta. Scicli è una città reale, fatta di barocco e di persone, e non di comparse. Ed è una città dove s’incontra la storia ovunque, quella fatta dalle mani di uomini e donne che nel settecento hanno inventato una bellezza folle come folli di visi stravolti, di mascheroni e teste di moro sono le due strepitose facciate di palazzo Beneventano e il famoso angolo che le collega. Eppure, nella Vigàta che era una fantasia e che oramai pare più reale della stessa Scicli, perfino il barocco è nulla più che un abbellimento di Montalbano, mentre palazzo Beneventano diventa un episodio del tutto incidentale nel percorso che i visitatori assemblano quando arrivano da queste parti.
“Sono venuta qui esclusivamente per visitare il comune del ‘commissariato di Vigata’”, si legge tra le recensioni su Tripadvisor, “perché sono una fan della serie tv Il commissario Montalbano. A parte questo non c’è alcun che da vedere a parte gli edifici storici del centro. Con una passeggiata si vede tutto e si può andar via”. E capita perfino che certi turisti, rapiti dalla serie tv, sembrino non avere idea di dove si trovino davvero, confondendo il reale e la fantasia.
“La prima cosa che molti ci chiedono”, racconta Roberto Assenza da dietro il bancone dell’Antico Caffè Gritti in piazza Busacca, “è dove sia la casa di Montalbano. Il fatto è che non si trova qui a Sicli”. Quella casa infatti è a Punta Secca, la Marinella della tv.
Punta Secca
A Punta Secca si va per vedere il faro, il molo, la spiaggia, che sono proprio quelli della serie tv, e soprattutto la casa con la veranda affacciata sul mare. Ci vorrebbe un Martin Parr per raccontare con i colori giusti le schiere di turisti in posa con sullo sfondo quella casa e poi quel mare che è lo stesso nel quale il commissario fa il bagno appena sveglio e dove, per questo, anche i turisti vogliono fare il bagno. C’è perfino chi, rivolto verso quella casa, ad alta voce chiama: “Salvo! Salvo!”, e naturalmente non c’è nessuno che possa rispondere.
Vincenzo Gulino è, per così dire, un vicino di casa di Montalbano. Abita qui da sempre. La zona, racconta, era già richiesta da molti anni dal turismo estivo ma con l’avvento del Montalbano televisivo tutto è cambiato. È arrivato un turismo diverso, si è sviluppato il fenomeno delle gite organizzate e del mordi e fuggi. Negli ultimi sei o sette anni, infine, in questo piccolo agglomerato di case dislocate tra il faro e torre Scalambri, sono arrivati anche gli stranieri. Montalbano, insomma, “ha cambiato la fisionomia di Punta Secca”, spiega Gulino, “e ha spinto tanti imprenditori a investire sul territorio”, tanto che, “oramai, ci saranno almeno una quindicina tra ristoranti e bar in un luogo che d’inverno ospita, forse, 300 persone”.
Al centro di ogni cosa, naturalmente, resta saldamente la casa con la veranda. “Mi ricordo l’avvocato DiQuattro”, racconta ancora Gulino, “che fino a pochi anni fa d’estate, al tramonto, si metteva al pianoforte nel salone principale. Il sole entrava dalla finestra e illuminava tutto. Noi ci godevamo lo spettacolo dalla piazzetta sul mare”. DiQuattro è il cognome della famiglia che possiede quella casa da decenni. Di recente, la sua storia è stata raccontata in un libro da Costanza DiQuattro, nipote dell’avvocato.
Ibla si modifica attorno ai desideri dei visitatori, e s’è fatta quasi astratta, come una scenografia senza più vita
Neppure loro, racconta DiQuattro, immaginavano “che effetto avrebbe avuto quell’evento apparentemente innocuo”, ossia la scelta di quella casa come set televisivo. “Lo percepimmo l’anno successivo”, scrive Costanza DiQuattro, “quando, dopo la messa in onda dei primi due episodi, frotte di fan sfegatati si riversarono sotto casa nella speranza di sbirciarvi dentro, di trovare qualcosa che potesse legare la finzione televisiva alla vita vera”. E poi si è andati perfino oltre.
Quella casa adesso è un b&b e permette di realizzare la fantasia che da queste parti si sovrappone così facilmente alla realtà. A Punta Secca infatti oramai si può venire non più solo per vedere dove il commissario Montalbano nuota, mangia, vive, dorme: si può venire anche per essere Montalbano. Si può dormire dove lui dorme, mangiare dove lui mangia, vivere dove lui vive. Si può guardare il mondo con i suoi stessi occhi, almeno per qualche ora. A Punta Secca “ho accompagnato alcuni gruppi”, racconta ancora Roccasalvo, “e vedevo che si emozionavano ma non trovavo una spiegazione. Di spiagge così ne abbiamo in tutta la Sicilia ma nessuna è quella della tv. È una cosa che mi ha sconvolto. Vedevano il niente”. O, appunto, forse realizzavano un sogno.
Ce lo suggerisce ancora una volta la lettura delle recensioni su Tripadvisor. “Soggiornare presso la casa di Montalbano è stato un sogno che si è realizzato e che è stato al di sopra di ogni più rosea aspettativa”. E si potrebbe andare avanti.
Punta Secca naturalmente ha risposto alle aspettative degli appassionati di Montalbano. Si è avviata, insomma, anche qui la costruzione di un’identità nuova. Tuttavia, sembra un gioco senza troppe conseguenze. La storia e l’identità di queste case, del faro, della torre e del poco che qui c’era fino agli anni ottanta del novecento non sembrano minacciate come invece accade altrove: forse a Scicli, certamente a Ibla, anch’essa ricca di luoghi televisivi.
Ibla
Proprio a Ibla c’è, per esempio, il bel circolo di conversazione nel quale il dottor Pasquano gioca a carte e spesso viene raggiunto da Montalbano che lo interrompe facendolo arrabbiare. Sempre qui, per qualche tempo, era stato installato anche il commissariato. Ma sono tanti i luoghi della serie, e sono così riconoscibili e consolidati che la città stessa sembra ormai confondersi con un unico, grande set. Ciò attrae fatalmente un turismo che tende all’omologazione, perché cerca soprattutto Montalbano, e forse solo Montalbano. Così, quel flusso turistico diventa a propria volta motore omologante, visto che la città si modifica attorno ai desideri dei visitatori.
Le conseguenze sono evidenti anche a una prima occhiata, molto più di quanto non accada a Scicli dove, forse, il problema sta più nelle aspettative dei turisti che nella risposta della città. A Ibla è diverso. Ibla è splendida ma in questi ultimi vent’anni, mentre si scrollava di dosso certe sue inevitabili incrostazioni di vecchio per offrirsi al mondo, è diventata progressivamente sempre più fredda. E oggi pare quasi più viva se vista attraverso il filtro della tv di quanto non sia nella realtà.
È come se la città avesse deciso di cristallizzare se stessa in certi stereotipi, quegli stessi che, in nome del turismo, hanno travolto anche una parte dell’identità dell’intero Mediterraneo. Così che, alla fine, ogni cosa sembra ormai indistinguibile, qui, in Spagna, in Grecia, in Marocco, ovunque. Ogni luogo è diventato uguale agli altri, ogni luogo è letteralmente come ci si aspetta che debba essere, ogni luogo si conforma a uno stesso modello che rimbalza dalla tv alle pagine delle riviste. E tutto ciò invece di sconcertare sembra rassicurare.
Perfino i colori ci raccontano questo processo di trasformazione. Ovunque – nei bagli siciliani e nelle masserie pugliesi trasformati in resort, nelle pagine delle riviste che li raccontano, nelle foto sparse ovunque sul web, e forse perfino nei ricordi di chi ci trascorre le vacanze – prevale in modo quasi ossessivo il bianco. Ma non è più quello delle case inondate di calce per difendersi da un “sole ferocemente antico”, né quello dei muretti a secco che tagliano le campagne. È un bianco asettico, incongruo e piatto. È uno spazio vuoto sulla cui superficie scivola la storia senza lasciar traccia e senza provocare turbamento alcuno. Di questo vuoto si nutre infine la fantasia di un Mezzogiorno astratto, come un idillio arcaico nel quale si viene in cerca di redenzione dagli affanni della modernità.
Vuota d’esistenza
Anche Ibla sembra aver imboccato questa strada. È bella come poche città in Italia. E però nel ricostruirsi un’identità da offrire ai turisti, e nel farlo quasi esclusivamente attorno a Montalbano e a un’idea di turismo di “charme”, s’è fatta quasi astratta, come una scenografia senza più vita. Piazza del Duomo è strepitosa ma sembra assente. Ci sono, in Sicilia, piazze che sono più siciliane di altre, come la piazza bellissima di Palazzolo Acreide o quella di Monterosso Almo, entrambe non lontane da Ragusa, ma non altrettanto battute dal turismo. E si dovrebbe dire anche di Palazzo Adriano o Grammichele, ma quella in fondo è un’altra Sicilia. Tuttavia, chi in queste piazze abbia trascorso almeno qualche ora ricorderà certamente la vita che lì scorre e la chiacchiera quotidiana nei bar e nel passeggio. E vedrà che quelle piazze sono insieme platea e palcoscenico, che l’ospite attraversa come spettatore di un’esistenza quotidiana. A Ibla, invece, il turista è protagonista di ogni cosa, proprio come su un set dove la vita si finge e non si vive. Ibla, insomma, pare vuota d’esistenza.
Marco Lo Monaco è libraio e osserva la vita accadere attraverso le vetrine affacciate sul corso della città. “Si va da Pasqua ai morti”, dice, e per il resto dell’anno Ibla è quasi ferma, vuota appunto, un po’ come le cittadine di mare quando arriva l’inverno. “Ragusa ha due centri storici, una grande periferia e la marina che sta diventando sempre più importante. La parte della città che soffre di più è proprio Ibla”, spiega Lo Monaco. Ossia dove s’è incarnata Vigàta, e dove accorrono i turisti.
Camilleri ha raccontato ai lettori qualcosa sul rapporto tra realtà e finzione, e ha provato a metterli sull’avviso
Dopo la sua morte, le vendite dei libri di Camilleri da queste parti sono aumentate. Da tempo, molti turisti entrano in libreria per il piacere di avere un romanzo di Montalbano comprato proprio a Vigàta. C’è anche chi chiede di segnarli con il timbro della libreria. Tutto bene. Ma, fa notare Lo Monaco, “in città forse si è fatto il passo più lungo della gamba. Sono nati molti locali ma quasi tutto è rivolto al turista. Servizi per i residenti non ce ne sono. Quando abbiamo aperto la libreria c’erano ancora tanti residenti. Oggi sono diminuiti e non si fa molto per riportare in città chi è andato via”. E questo è un problema poiché, conclude, “gli anticorpi contro l’omologazione sono proprio i residenti”.
In un suo romanzo – La rete di protezione – Andrea Camilleri si è divertito a immaginare una troupe cinematografica impegnata a girare una serie tv proprio a Vigàta, creando un certo scompiglio in città. “Il paisaggio di Vigàta”, scrive Camilleri, “era cangiato: via le antenne televisive, scomparuti i cassonetti della munnizza e le ’nsegne al neon, non era sopravvissuto manco uno dei negozi che Montalbano accanosciva”.
Con questa storia, Camilleri ha raccontato ai lettori qualcosa sul rapporto tra realtà e finzione, e ha provato a metterli sull’avviso. Infatti, alla notizia che forse la troupe sarebbe stata impegnata più a lungo del previsto dalla lavorazione della fiction, “Montalbano si sintì morire il cori (…) sarebbi ’mpazzutu a campari chiossà dintra a ’na Vigàta che non era cchiù il sò paìsi, ma ’na Vigàta ’nvintata dalla tilevisioni. No, abbisognava assoluto che si livavano dai cabasisi il prima possibili”. E forse non aveva torto.
Alessandro Calvi
 
 

Avvenire, 11.3.2020
Schermaglie
"Montalbano" secondo tradizione

Preceduto dall’edizione straordinaria del Tg1, che annunciava tutta Italia zona protetta, è andato in onda lunedì sera su Rai 1 il primo dei due nuovi episodi di Montalbano facendo registrato come al solito ascolti notevoli, sia pure non da record, sbarazzandosi comunque della concorrenza con uno share vicino al 40%. Nessuno, dunque, tocchi Montalbano e Luca Zingaretti, tornato a vestire i panni del popolare commissario, ma anche quelli del regista, firmando questa serie all’indomani della morte di Alberto Sironi, avvenuta nell’agosto scorso durante le riprese, e a quella poco precedente dello scrittore Andrea Camilleri dai cui racconti è tratta la fiction. Ma la mano diversa non si nota. Almeno questo episodio rispetta i canoni tradizionali seguendo le consuete vicende parallele: la principale che riguarda un omicidio (vittima questa volta una giovane archivista); la seconda un fatto illecito minore (in questo caso un ladruncolo di paese); la terza Montalbano e l’eterna fidanzata Livia (Sonia Bergamasco). La prima è la storia trainante con il giallo, le indagini e i numerosi indiziati, che di volta in volta sembrano avere un alibi dubbio e un motivo per l’insano gesto, salvo poi scoprire che se il sospettato era quello giusto, il movente era molto meno prevedibile. La seconda storia serve per alleggerire il clima di tensione, tenendo conto che Montalbano mischia sempre drammaticità e leggerezza. La terza è quella sentimentale. Non a caso il titolo dell’episodio (Salvo amato, Livia mia) non dice nulla sull’omicidio, ma si riferisce alla lettera che alla fine Livia lascia al fidanzato. In tutto questo una componente importante è rappresentata dallo scenario (uno stupendo angolo di Sicilia), ma soprattutto dal personaggio Montalbano (eroe vecchio stampo, scorbutico e ironico, forte con i forti e debole con i deboli, che a detta del suo creatore rappresenta l’italiano medio) e dai compagni d’avventura: Mimì Augello (Cesare Bocci), Fazio (Peppino Mazzotta) e lo squinternato Catarella (Angelo Russo). Da sottolineare che anche in questo episodio l’intreccio si sviluppa sullo sfondo di storie particolarmente forti e torbide che tirano in ballo tra l’altro pedofilia e omosessualità.
Andrea Fagioli
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 11.3.2020
Se Montalbano s'arrende all'emergenza

Vero è che questo dannatissimo virus ha già stravolto le nostre abitudini quotidiane, e che, in definitiva – anche se è tutt’altro che finita – ha pure abbondantemente rotto i cabbasisi, ma che sia una cosa serissima è dimostrata dai numeri. Che sono quelli, sì, dei contagiati, del disastro economico in corso, dei fondi che si sta cercando di recuperare nei bilanci nazionale ed europeo. Ma sono anche quelli, se vogliamo piccolissimi ma significativi, dei dati d’ascolto.
L’altra sera è andata in onda la prima delle due nuove puntate del Commissario Montalbano e con gli appelli a restare a casa ripetuti e moltiplicati dal primo ministro all’ultimo dei conduttori tv, la fiction più longeva e più seguita d’Italia sembrava destinata a infrangere l’ennesimo record. Invece no; quella sera la trasmissione più seguita è risultata l’edizione straordinaria del Tg1 per il nuovo decreto del presidente del Consiglio, illustrato in diretta dal medesimo con alcune disastrose conseguenze. Montalbano, comunque il secondo programma più seguito, è stato mollato per correre ai supermercati o alla stazione per allontanarsi dalla Lombardia. Fobie inutili, quanto sciocche, visto che i rifornimenti alimentari non si sono mai interrotti né lo saranno, e visto che si scappava dalla zona rossa per rifugiarsi in un’altra, molto più grande, zona rossa. Il commissario intanto indagava su un torbido delitto e propagandava, ancora una volta, i magnifici scenari tra Ragusa, Scicli e Punta Secca.
A cosa servirà, quest’anno, non è ancora dato sapere; anche gli assessori al Turismo dell’intera provincia, convocati ieri a Ragusa per decidere una strategia anticrisi, sono rimasti a casa. Non ci resta che sperare, e pensare negativo. Ora come ora, positivo non conviene davvero.
Michele Nania
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 11.3.2020
Oltre nove milioni di telespettatori e share del 39% per il primo dei due nuovi episodi.
Ma l’edizione del Tg1 straordinaria fa di più
Il ritorno di Montalbano: boom stavolta attutito dall'emergenza

Un nuovo grande successo per la serie tv "Il commissario Montalbano" che lunedì sera è tornato su Raiuno con il primo dei due attesissimi episodi per il 2020. È andato in onda l'episodio “Salvo amato, Livia mia” che precede “La rete di protezione" che andrà in onda lunedì prossimo 16 marzo. Ha ottenutoli il 39% di share con 9 milioni 377mila spettatori. Uno straordinario risultato, lunedì sera superato solo dall’edizione straordinaria del Tg1 (10.780 000 spettatori, share 34,4%), che suggella non solo il successo della produzione ventennale Palomar-Rai ma anche il debutto alla regia di Luca Zingaretti, cioè l'attore protagonista, che ha affiancato lo storico regista Alberto Sironi venuto a mancare poco dopo la conclusione delle riprese.
Sironi si è sentito male già mentre era in corso il set in provincia di Ragusa, lo scorso anno, e dunque Zingaretti ha accettato di prendere in mano le redini. La puntata rappresenta una novità nella storia del commissario di Andrea Camilleri perché è il primo girato da Luca Zingaretti, il volto di Montalbano, dopo la scomparsa del regista e anche il primo in onda dopo la morte del suo creatore. Di recente è scomparso anche lo scenografo Luciano Ricceri e prima ancora un altro degli attori storici, l'ibleo Marcello Perracchio.
Il giallo televisivo continua comunque a piacere, forte anche delle bellissime location, la maggior parte delle quali sono dell'area iblea. Tratti dai lavori letterari di Camilleri ed editi da Sellerio, i due film tv sono una produzione Palomar con la partecipazione di Rai Fiction, prodotti da Carlo Degli Esposti e Nora Barbieri con Max Gusberti.
Ad affiancare Luca Zingaretti c'è l’affiatatissimo gruppo di attori che ha reso negli anni 'Montalbano" un veto e proprio mito, con in testa Cesare Bocci, nei panni di Mimì Augello, Peppino Mazzotta in quelli di Fazio, Angelo Russo nelle vesti dello squinternato Catarella e la partecipazione di Sonia Bergamasco nel ruolo di Livia, l'eterna fidanzata di Salvo Montalbano. Tutti alle prese, a vario titolo, con le dinamiche complicate e sempre serrate delle indagini in commissariato e quelle della vita privata, difficili da tenere al riparo dalle brutte situazioni nell’assolata e piccola Vigàta.
È così che prima, in “Salvo amato, Livia mia", Montalbano si ritrova a indagare sulla morte di una cara e vecchia amica di Livia e poi, in “La rete di protezione”, il commissario dovrà fare chiarezza su uno strano caso partito con un attentato nella scuola del figlio di Augello. Nelle note di regia Zingaretti torna a fare riferimento sia a Camilleri che a Sironi, entrambi appunto scomparsi prima della nuova messa in onda: “La drammaticità e la leggerezza tipica dei migliori racconti di Camilleri si intrecciano, secondo un codice conosciuto ma ogni volta diverso - spiega il celebre attore - e lo sforzo maggiore del mio lavoro di regia è stato quello, nel rispetto dello stile di Alberto Sironi che ha dettato le regole 20 anni fa, di assecondare l’estetica del mondo di Camilleri e della sua capacità di raccontarci il mondo".
Dal 1999, anno di messa in onda del primo episodio, “Il ladro di merendine", il personaggio inventato dalla magica penna di Camilleri, è diventato amico imprescindibile del pubblico di Raiuno, conquistando a ogni film nuovi spettatori e consensi unanimi. Le storie del commissario di Vigàta, record dopo record, hanno raggiunto nelle ultime stagioni punte superiori ai 12 milioni di spettatori con il 44% di share. La collection, inoltre, ha consolidato il suo successo negli anni anche grazie alle repliche che hanno allietato le serate degli italiani con oltre 210 emissioni in prima serata, continuando a ottenere ascolti record anche dopo ripetuti passaggi televisivi.
Un successo che non si ferma all’Italia: “Il commissario Montalbano* infatti, è stata la prima serie italiana venduta all'estero e negli anni è stata trasmessa in oltre 65 Paesi tra Europa e resto del mondo, ottenendo un ottimo successo di pubblico anche in territori molto diversi per audience, come per esempio Gran Bretagna e Stati Uniti.
Montalbano è andato in onda dall'Asia al Sudamerica passando anche per l’Iran, facendo conoscere a tutto il mondo una vera e propria eccellenza audiovisiva Italiana E per la provincia di Ragusa ha rappresentato tantissimo in termini di visibilità e di attrattiva per i turisti. In milioni, in tutto il mondo, hanno collegato la Vigàta letteraria a quella televisiva, comprendendo bene che i luoghi in cui la fiction è stata girata non sono altro che gli ambienti più suggestivi e le città e piazze barocche della provincia iblea. Una straordinaria ed enorme opportunità per il settore turistico, una pubblicità indiretta enorme che ha permesso anche a questo settore di poter crescere e svilupparsi profondamente, facendo business e riuscendo a carpire l'attenzione del pubblico attento e scopritore dei posti, dei luoghi, dell’enogastronomia. Sono nati anche nuovi posti di lavoro, come accaduto ad esempio a Scicli dove una cooperativa di giovani fa le visite guidate negli ambienti del Comune che sono il set cinematografico. Ecco perché resta oggi il rammarico più assoluto per la situazione attuale che si sta vivendo con l’emergenza coronavirus con il turismo in crisi, i viaggi stoppati e una promozione che, almeno al momento, si disperde via etere. E chissà che il commissario Montalbano non indaghi trovando magari la soluzione insieme a chi lavora ai vaccini
Michele Barbagallo
 
 

La Repubblica, 11.3.2020
Il ritorno
Salvo amato, Livia mia , è il primo dei due nuovi episodi di Montalbano, andato in onda lunedì su Rai 1
La tv in bilico tra attendibilità e favola

Il Commissario Montalbano ha celebrato, col primo dei nuovi episodi, i trionfi usuali, forse anche maggiori stante la cifra di 9,5 milioni di spettatori medi. Ed è facile supporre che i prossimi episodi non saranno da meno perché quando infuriano il morbo o la guerra gli spettatori non amano i mezzi toni.
[...]
ondasuonda@repubblica.it
 
 

Il Giornale, 11.3.2020
Da Montalbano agli inediti "Bandidos", ecco le scorpacciate da fare in tv
Serie, documentari per bambini, film e il nuovo show "Celebrity Hunted"

Intanto, per fortuna, l'altra sera è riapparso il Commissario Montalbano. Certo, informarsi sul contagio è fondamentale. Ma distrarre un po' la mente in questi tristi giorni di clausura per tutti gli italiani, è altrettanto importante.
Non per nulla il poliziotto più amato d'Italia, alle prese con l'assassinio di una giovane donna, lunedì ha superato il 39 per cento di share e conquistato quasi 9.400.000 spettatori. Il bisogno di sentirsi in compagnia, di sentire che siamo un solo Paese, oltre alla forza intrinseca della serie, ha convogliato in massa il pubblico sul primo canale. E, questo, nonostante il velo di tristezza che attraversava la puntata, contagiata dalla morte dello scrittore Camilleri e del regista Sironi, in linea con la desolazione del momento.
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Laura Rio
 
 

Alganews, 11.3.2020
Montalbano e la pastasciutta

Naturalmente è stato un successo straordinario di ascolti, come sempre: 9.377.000 spettatori pari al 39% di share. Per il potere aggregante sperimentato negli anni dalla popolare serie e fors’anche per la condizione d’emergenza che s’è venuta a creare in Italia. Tuttavia mi auguro che il secondo dei due nuovi episodi di “Montalbano” sia migliore di quello andato in onda ieri sera su Raiuno. “Salvo amato… Livia mia”, frutto dell’innesto di due racconti dello scomparso Camilleri, ha segnato anche il passaggio alla regia di Luca Zingaretti dopo la morte del regista storico Alberto Sironi. Ho avuto la sensazione, mi sbaglierò, che l’attore romano abbia faticato a stare al di qua e al di là della macchina da presa: sbiadita e svogliata la sua interpretazione, poco efficace la tenuta drammaturgica e soprattutto la direzione degli altri interpreti. Speriamo che sia venuto meglio l’episodio di lunedì prossimo, intitolato “La rete di protezione” (in questo caso c’è un romanzo del 2017). Quanto agli spot pubblicitari per la pasta Garofalo che vedono Zingaretti e la moglie Luisa Ranieri recitare in coppia, per la regia di Matteo Rovere, be’ piazzarli per due o tre volte all’interno della medesima puntata di “Montalbano” risponderà di sicuro a una proficua logica commerciale ma insomma…
Michele Anselmi
 
 

Il Foglio, 12.3.2020
Piccola posta
Caro Camilleri, non sai cosa ti sei perso
Lunedì sera Montalbano è andato in onda in forte ritardo perché prima il presidente del Consiglio doveva avvertire a reti unificate che in tutta Italia si sarebbero chiuse le scuole, i teatri, posti tuoi

Caro Andrea C., non sai che cosa ti sei perso. Forse saresti stato contento di non vederlo. Ma no, la frase “avrei preferito morire piuttosto che vedere…” non va presa alla lettera, tanto meno per uno come te. Avresti visto. Lunedì sera una nuova puntata di Montalbano è andata in onda in forte ritardo, perché prima il presidente del Consiglio doveva avvertire a reti unificate che in tutta l’Italia, anche a Vigata, era obbligatorio restare chiusi in casa, chiuse le scuole, chiusi i teatri, posti tuoi, giorno e notte, fino a data da definire. Non è cosa di babbiare, ha detto un fruttivendolo in un telegiornale di ieri, davanti alle fragole che gli andavano a male. Gli armatori offrono le grandi navi per farne ospedali per malattie infettive, tanto non riescono più a farle attraccare in nessun porto. Si chiamano galere per quello. A Venezia le grandi navi passano ancora, per il momento, ma nessuno può sbarcare, e del resto Venezia è chiusa e vuota. Quomodo sedet sola civitas […] quasi vidua domina gentium.
Le persone si abituano piano piano a non darsi la mano, a stare a distanza. Ci mettono di più a smettere le parole corrispondenti: “Stiamo vicini”, dicono, mentre esortano a tenersi alla larga, “è il momento di stringerci”. “Bisogna che ciascuno dia una mano”, dicono. Le messe sono sospese, il Papa benedice da lontano, ieri ha detto che “dobbiamo stare vicini ai malati, a chi cura le persone che soffrono”, e anche, specialmente, ai nostri fratelli e alle nostre sorelle carcerati, ha detto. Ieri anche uno che fa il ministro della Giustizia ha parlato in Parlamento delle galere. A un certo punto ha nominato anche i dodici detenuti morti. Ti avrebbe colpito: “Per lo più di overdose”, ha detto. Nient’altro. Sono tempi così, si muore per lo più. E per lo meno? Ha detto, con quella faccia e piglio caporalesco: “Non indietreggeremo di un centimetro”. Il carcere, le sue celle (“camere di pernottamento”, le chiama, benché le persone ci stiano ammucchiate anche 20 ore al giorno) è esattamente questione di centimetri. E’ tutto scombussolato. Una nostra amica cura un programma radiofonico intitolato “L’isola deserta”: e ora? Stare in casa non è male, per chi ce l’ha, del resto tu l’avresti saputo meglio di altri. Però le cose, i libri, i quadri, i personaggi del teatro dei pupi, i portacenere, hanno preso un’aria desolata, come se si fossero svalutate di colpo, come se sentissero di appartenere al mondo di ieri, e che non tornerà. In Cina hanno una app che traccia ogni movimento di ognuno del miliardo e mezzo di cinesi.
Adriano Sofri
 
 

Il Fatto Quotidiano, 12.3.2020
Il peggio della diretta
Montalbano, meglio dei soliti supercommissari da virus

Che ci fa Salvo Montalbano sotto il sole a picco di Vigata, appoggiato alla balaustra accanto a Livia, nel suo ufficio a ricevere i convocati? Indaga. Indaga come nulla fosse in piena emergenza coronavirus, come un poliziotto qualsiasi, ma quale supercommissario. Con tutto il rispetto per il commissario Bertolaso (o chi per lui), noi ci accontentiamo del Commissario Montalbano e pensiamo sia tornato al momento opportuno.
La buona narrativa è un universo parallelo, coerente e immaginario come Vigata, in cui trovare riparo quando la cosiddetta realtà fa acqua, non c’eravamo mai accorti quanto di Boccaccio ci fosse in Camilleri, oltre a Simenon. Montalbano è tornato senza il suo primo spettatore, Andrea Camilleri (“Conosco l’assassino, ma non conosco la fine”), senza il regista capace di stupirlo, Alberto Sironi.
Ma il connubio di Raifiction, così riuscito perché ognuno va per la sua strada, prosegue. Montalbano è più solo, la regia ne prende atto ed è centrata più su di lui. Come sempre in Camilleri, l’inchiesta segue strane volute, barocche come il duomo di Vigata, tocca molti personaggi scoprendo per ciascuno almeno un altarino.
Chi è senza movente scagli la prima pietra. Ognuno di noi, se si entra nelle pieghe della vita, potrebbe scoprirsi un assassino. Il sospetto è necessario, ma quasi mai sufficiente; tante volte si uccide per caso, o per sfortuna. E c’è più verità nei silenzi che nelle parole. Montalbano lo sa; è questo a renderlo così siciliano, e così universale.
Nanni Delbecchi
 
 

La Settimana Enigmistica, 12.3.2020


 
 

La Repubblica - Robinson, 13.3.2020
Su Robinson, ritorno a Troia. Il sogno di Schliemann e l'Iliade di oggi
Il visionario archeologo 150 anni fa cominciava i suoi scavi per trovare la città cantata da Omero. Oggi, in quelle stesse terre, si raccontano altri sbarchi e altre guerre. Ecco cosa troverete sul nostro supplemento in edicola sabato 14 marzo con Repubblica e tutta la settimana a 0,50 centesimi

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In questo numero, inoltre, troverete un'intervista inedita e profetica ad Andrea Camilleri, realizzata poco prima della sua scomparsa da un saggista e una sociologa (Francesco De Filippo e Maria Frega). Il Maestro racconta come “la filosofia salverà il nostro mondo”. E spiega perché, in un futuro dominato dalla tecnologia, non si potrà fare a meno della cultura e del pensiero, per poter guidare le macchine sulla giusta strada.
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La Sicilia (ed. di Catania), 13.3.2020
Il fenomeno di Andrea Camilleri
“Il commissario Montalbano” una fiction che parla il catanese
Figli dell’Etna. Anche in questi nuovi episodi numerosi gli attori orgoglio della nostra città

Vengono tutti, o quasi, dal teatro. Sul palcoscenico si sono formati e sono cresciuti professionalmente spiccando poi il volo verso l’attraente mondo di cinema e fiction. Sono gli attori catanesi che fanno parte del cast del “Commissario Montalbano”, fortunata serie televisiva tratta dalle short story e dai romanzi d’indagine nati dalla fertile penna di Andrea Camilleri. In passato molti altri artisti “figli dell’Etna” erano stati scelti dal compianto regista Andrea Sironi per interpretare personaggi degli sceneggiati polizieschi tanto amati anche in settentrione: da Guja Jelo a Fulvio D’Angelo, da Salvo ed Eduardo Saitta ad Angelo Tosto, da Pietro Montandon all’indimenticabile Nellina Laganà, da Enrico Pappalardo a Santi Consoli.
Negli episodi inediti si rivedono altri ottimi attori, nello specifico Fabio Costanzo (nel ruolo di Pasquale Cirinciò, delinquentello confidente di Zingaretti-Montalbano), Vitalba Andrea, Ketty Governale (la cammarera Adelina, regina dei fornelli), Cosimo Coltraro (il capo carriola) e Saro Minardi (la guardia giurata Bufardeci). Da segnalare anche la presenza di due beniamini del pubblico: il mitico Tuccio Musumeci che torna nei panni do’ prufissuri filosofo ed Ernico Guarneri (il popolare Litterio) il quale dà volto e voce al Questore.
Dice Costanzo: «Luca Zingaretti è un maestro, come attore e come regista, perché capisce quali sono le esigenze di chi sta davanti alla macchina da presa e si prodiga per non deludere. È un director straordinario, attento, rispettoso che è riuscito a fare della troupe una grande famiglia dove tutti sono trattati con riguardo. Abbiamo sofferto molto per la perdita di Camilleri, Sironi e Peracchio, non è stato facile lavorare mentre tre amici, pilastri del progetto, erano ricoverati in fin di vita in ospedale. Alla fine la professionalità ha battuto il dolore».
Vitalba Andrea ha recitato nel cinema sotto la direzione di Gianni Amelio, Silvio Soldini, Marco Turco e del premio Oscar Giuseppe Tornatore (in Malèna).
Anche per Saro Minardi (comisano di nascita, catanese di adozione) si tratta di una rentrée. Nella prima delle due puntate nuove di zecca impersona una guardia giurata un po’ caricaturale ma, lo sappiamo bene, Camilleri (ben assecondato da Sironi e Zingaretti) ha sempre amato i personaggi piuttosto buffi e beceri, tra il felliniano e il pasoliniano. Figure non di rado esageratamente macchiettistiche, le quali mostrano una Sicilia ricca di bellezze naturali ma piena pure di individui rozzi, imbranati, villani e “provinciali”, che non rendono di fatto giustizia alla nostra Terra nobile e ferita dal crimine, generosa e forte, ma al contempo fragile per le batoste, gli sfregi e gli oltraggi subiti nel tempo.
Mario Bruno
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 13.3.2020
Angelo Russo (Catarella): «Sono io il più fedele a Montalbano!»
«Quando il commissario chiama, scatto subito sull’attenti. Dopo 21 anni di carriera in tv l’agente Agatino si meritato una promozione!» dice l’attore
[Viene riproposta l'intervista del 5.3.2020, con pochi aggiornamenti, NdCFC]

Nel primo dei due nuovi episodi di Montalbano andato in onda il 9 marzo, come di consueto uno strafalcione di Catarella ci ha fatto sorridere: l’irresistibile agente Agatino, centralinista e tuttofare del Commissariato di Vigata, annuncia sulla soglia della porta che è in arrivo una «guardia giurante». Ovvero una guardia giurata, un metronotte per essere più precisi, che ha a che fare con il furto avvenuto in una villetta disabitata... Ma questo è solo l’ultimo dei tanti “azzardi linguistici” (vedi box nella pagina accanto) che rendono il personaggio interpretato dall’attore ragusano Angelo Russo così popolare e così simpatico.
[...]
Di cosa si occuperà in “La rete di protezione”, il prossimo episodio del 16 marzo? «Catarella collabora: quando Montalbano si troverà a dover affrontare un caso di cyberbullismo, lui scatterà subito sull’attenti e, come sempre, si alzerà dalla sua postazione di centralinista ed entrerà nella stanza di Montalbano sbattendo inavvertitamente la porta. E dopo le scuse e i convenevoli di rito, storpierà i nomi... Ma è sempre lui a dare le notizie».
[...]
Come si è trovato con Luca Zingaretti nel doppio ruolo di protagonista e regista?
«Quando Alberto Sironi (lo storico regista di Montalbano, ndr) ci ha lasciati, è stata la cosa più naturale affidare a Luca la regia. E lui ci ha saputo guidare. A me o a Cesare (Bocci, nei panni di Mimì Augello, ndr) non ha mai detto: “Fai così, fai colì”. Ormai andiamo a braccio, sappiamo come fare».
Con gli altri ragusani del cast, come Giovanni Guardiano che interpreta Jacomuzzi della Scientifica, parla in dialetto?
«Non serve: ci capiamo anche in silenzio, basta una “taliata” (uno sguardo, ndr)».
[...]
Giusy Cascio
 
 

La Repubblica - Robinson, 14.3.2020
L’avvento dei robot cambierà le nostre vite? E avremo sempre bisogno di pensare? Un saggista e una sociologa hanno rivolto queste domande al maestro siciliano, poco prima della sua scomparsa. Ecco il risultato
Intervista inedita
Andrea Camilleri
“La filosofia salverà il nostro mondo”

In un futuro dominato dalla tecnologia non si potrà fare a meno della cultura e del pensiero che continueranno a guidare le macchine sulla strada giusta. “Il progresso non è mai sbagliato il problema è come lo si utilizza”. Colloquio, profetico, con uno scrittore che ci manca moltissimo

Maestro, il mondo sta cambiando radicalmente e a una velocità inaspettata. Come si immagina la vita sulla Terra tra quindici, venti anni?
«Marx, Engels e un altro autore, forse Ferdinand Lassalle, pubblicarono un libro per spiegare come la civiltà greca abbia conosciuto un grandissimo balzo in avanti non solo nell’espressione artistica ma anche nel pensiero filosofico grazie al fatto che i cittadini di quelle società avevano una grande cultura e non erano costretti a lavorare, ad affrontare la fatica del lavoro materiale. Per questo, gli uomini di cultura dell’epoca potevano dedicarsi a qualcosa di assai semplice: a riflettere, a ragionare sulle cose. Avevano il tempo di cadere in contraddizione e di risolvere le contraddizioni stesse».
Pensa che qualcosa del genere stia avvenendo anche oggi?
«Dunque, alcuni giorni fa mi è capitato di sentire un intervento alla radio di un grande chirurgo torinese il quale annunciava che nel futuro prossimo i chirurghi non entreranno più in una sala operatoria ma si limiteranno a stare in una stanzetta accanto a comandare un robot in camice bianco che opererà con maggiore sicurezza e maggiore precisione del miglior chirurgo al mondo».
La presenza dell’uomo sarà comunque indispensabile?
«Certo, la presenza dell’uomo è indispensabile perché da solo il robot non saprebbe fare un tubo. È il chirurgo che gli suggerisce quello che deve fare, ma ciò che farà il robot dopo il suggerimento è superiore a quello che può fare l’uomo».
Eravamo partiti dal mondo come lei lo immagina da qui a venti anni...
«Infatti. Secondo me ci troviamo in presenza di un evento analogo a quella che fu la rivoluzione industriale inglese. Mi sembra proprio un momento storico analogo, però stavolta con orizzonti più vasti e più complessi».
Questo comporterebbe delle ripercussioni sociali ancora più devastanti di quelle che causò la rivoluzione industriale inglese.
«In un primo periodo rappresenterà un problema sociale gravissimo, perché già da ora si avvertono i primi segnali. Nelle industrie, nelle fabbriche, dove vengono impiegate le macchine robotizzate, la macchina fa per dieci. Nove se ne vanno a spasso e uno resta a controllare la macchina. Quindi bisogna riorganizzare la società per tempo».
Anche perché speriamo tutti che non ci sia la schiavitù come nell’antica Grecia.
«Certo, credo sarà una vicenda diversa. Tuttavia, devo riconoscere che questa prospettiva del futuro non mi spaventa. Perché ritengo che domani uno Stato, lo dico ipotizzando, che abbia saputo prepararsi a un evento come quello di cui stiamo parlando, potrebbe non avere ripercussioni sociali così violente. Faccio un esempio: se uno Stato prevedesse di installare venticinque robot nelle proprie industrie, immaginerà anche che questo causerà la perdita del lavoro per - diciamo - 15mila occupati. Bene, il robot non percepisce uno stipendio, ovviamente, dunque si può stabilire che i 15mila disoccupati se ne vadano a spasso ma vengano pagati lo stesso, come quando lavoravano; una cifra equivalente. Qualcosa però dovranno fare per il bene di tutti: queste persone avranno un compito di pensiero. Dal più semplice al più complesso: da come si potranno piantare meglio i chiodi fino a sviluppare nuove tecnologie per far viaggiare le astronavi più velocemente e lontano».
Praticamente si ripeterebbe il miracolo dell’antica Grecia.
«Esattamente. Quello è il modello».
Viviamo, al contrario, in una società in cui si ha l’impressione che le forze produttive abbiano fatto e continuino a fare di tutto perché la gente sia quanto più omologata possibile e non abbia tempo, appunto, di pensare, di riflettere. Secondo lei questa facoltà potrebbe invece trovare nuovo spazio nella società futura che immagina?
«Diventa inevitabile. Non verrà imposta, diventerà inevitabile. Oggi le persone sono costrette a pensare soltanto il sabato pomeriggio a ciò che faranno la domenica, non hai spazio, tempo per riflettere. Come diceva Leonardo Sciascia: “Riflettere prima di pensare”. Nonostante questo, qualcuno riesce a fare una riflessione, a partorire una idea... ma deve proprio avere un grande desiderio di farlo, e non essere troppo distrutto dal lavoro. La macchina ha anche un altro punto positivo, oltre a quello di lavorare al nostro posto e meglio di quanto non siamo in grado di fare noi umani: non c’è pericolo di sfruttamento, proprio perché è una macchina. Dunque non ci si fa scrupoli a utilizzarla sempre, la si sfrutta fin quando non si rompe l’ultimo bullone... anche perché quella macchina sarà costata un’ira di Dio. Una volta ammortizzata, però, è tutto guadagno».
Con lo sviluppo delle neuroscienze oggi, si schiuderanno domani nuovi scenari personali e collettivi. Un esempio per tutti: è già praticamente possibile osservare come si forma il pensiero e in futuro gli sviluppi di queste ricerche saranno ancora più approfonditi; sarà dunque necessario riflettere, con più estesa cognizione di causa, sull’eventuale esistenza del libero arbitrio, sulla presunta differenza tra mente e cervello, tra cervello e coscienza. Concetti che nei secoli sono stati avvolti da misticismo, religiosità e hanno affascinato i filosofi, i letterati. Il fatto di riuscire a capire tutto o quasi dell’uomo, a decifrarne i meccanismi come se fosse una macchina, ritiene che ci renderà o ci percepiremo, appunto, più simili proprio a una macchina?
«Io questo concetto lo contesto. Sono persuaso - però non ho le cosiddette “pezze d’appoggio”, non saprei come dimostrarlo - che l’uomo, nell’800 soprattutto, con l’avvento del Positivismo, abbia volontariamente rifiutato una certa cultura orientale; abbia “chiuso” alcuni “sportelli” del cervello, impedendo che entrasse, appunto, una certa forma di cultura orientale. Non escludo, però, che una volta lasciato libero dal pensiero immediato della produzione, il cervello umano riapra quelle porte chiuse a una certa forma di conoscenza. Credo che ne guadagneremmo tutti dalle filosofie e dalle pratiche orientali».
Secondo lei, domani ci sarà ancora bisogno di filosofia?
«Certo, certo che ci sarà ancora bisogno. Altrimenti cadi o nella depressione o nella paura perché sei circondato da fenomeni inspiegabili. Se invece la filosofia, la cultura sono in grado di spiegarteli, tu naturalmente ti adegui piuttosto che richiuderti, sfuggire o tremare di paura. Io non credo che l’avvento di una società diciamo così meccanizzata, digitalizzata, sia come alcuni predicano, una sorta di disastro. Bisogna vedere come viene impiegata. Perché, siccome l’uomo è volto al male, inevitabilmente, sono sicuro che fra cento anni avremo un esercito spaventoso formato da robot, che per definizione non hanno alcuna pietà, non hanno nemmeno paura di morire».
Abbiamo l'impressione che quei sistemi di trasmissione del sapere che c’erano all’epoca siano stati progressivamente chiusi. Forse per ragioni diverse, ma di filosofia non si parla mai in Tv ad esempio, tantomeno sui social. Oggi, domani, queste discipline attraverso quali canali, quali strade potrebbero permeare la società?
«Questa domanda è difficile, non saprei bene cosa rispondere. Però, se penso al messaggio politico, che diventa sempre più semplice, banale, più simile a uno slogan che non a un pensiero politico, mi viene in mente il fatto che proprio il messaggio politico rispecchia la cultura di un Paese. Se in quel Paese c’è un certo livello di cultura, credo che il messaggio politico si adegui. Oggi nel discorso politico non c’è dialettica, al posto di questo si ricorre all’insulto, che non è un’arma dialettica. In una società in cui tu sei totalmente libero di pensare e ne hai il tempo, credo che il messaggio politico non possa essere lo stesso di quello dei nostri giorni».
Pensa che lo sviluppo ulteriore delle grandi techno-corporation come Facebook, Google - che ormai controllano o comunque sanno tutto della nostra vita - e dunque un loro strapotere, come tutti si attendono, possa rivelarsi positivo in futuro?
«No. No. Io non temo le invenzioni, la tecnologia e l’avanzare della scienza, perché è sempre un punto di partenza, un dato positivo. La scienza inventa l’aereo, che è una meraviglia, però inventa anche l’aereo bombardiere, contestualmente. Si è inventato Internet, c’è cosa più bella della comunicazione? Eppure guarda cosa sono riusciti a fare della rete: una fogna, o poco meno. Dunque il problema è la gestione dell’invenzione».
Lei crede in una crescita della civiltà umana?
«Certo. Non è possibile che si sia fermato l’avanzamento della civiltà. Lo dimostra lo stesso progresso scientifico. Allora, forse c’è troppo progresso scientifico rispetto alla base sulla quale questo progresso dovrebbe fondarsi. Cioè base di cultura, di filosofia ad esempio. Io credo che la famosa divisione tra le due culture, tecnologia e filosofia, via via che procediamo avrà sempre meno senso».
Però è diventata talmente forte la specializzazione... la conoscenza dovrebbe essere vastissima e, qualora ci fossero le capacità, non ci sarebbe comunque tempo per imparare tutto.
«Credo che arriveremo a una riunificazione. Ci arriveremo per necessità. Nel momento in cui aboliremo la scrittura e comunicheremo chissà come, bisognerà che chi vuole comunicare - poeta, filosofo, quel che è - impari una nuova tecnologia, e questo farà sì che il filosofo a un certo punto si accorgerà di un dato tecnologico che non funziona. E lo migliorerà e da quel momento la divisione, finta, tra tecnologi e scienziati finirà».
Francesco De Filippo e Maria Frega
 
Il libro
Immaginare il futuro
Questo testo è un estratto dell’intervista ad Andrea Camilleri contenuta nel volume Filosofia per prossimi umani (Giunti, pagg. 264, euro 18), in uscita dal 18 marzo. Una raccolta in cui i due autori - lui scrittore, saggista e giornalista, lei sociologa e scrittrice - intervistano personaggi celebri di discipline diverse, sul futuro che ci attende da qui ai prossimi decenni. Oltre a Camilleri, scomparso lo scorso luglio e sempre rimpianto, ci sono tra gli altri Telmo Pievani, Luciano Canfora, Giulio Giorello, Marino Sinibaldi.
 
 

Libri Come, 14.3.2020
Sab 14 mar | 12:30 | Teatro Studio Borgna
Per Andrea Camilleri

L'evento è sospeso. Seguiranno informazioni sull'eventuale riprogrammazione.

Libri come renderà omaggio ad Andrea Camilleri con un incontro a cui parteciperanno tra gli altri, Simonetta Agnello Hornby e Luca Zingaretti.
A cura di Sellerio
ingresso libero fino a esaurimento posti
 
 

BlogSicilia, 14.3.2020
“La testa ci fa dire – Dialogo con Andrea Camilleri”, torna in libreria il volume di Marcello Sorgi
La recensione

Morto un re se ne fa un altro. Morto un patriarca della letteratura, popolare e innovativo, capace di battere tutti i record di numero di libri pubblicati e venduti come Camilleri, occorrono anni e anni perché nasca il successore.
In considerazione di ciò, alcuni testi dello scrittore di Porto Empedocle (o, se preferite, di Vigata…) escono postumi e alcuni libri vengono ristampati. Col plauso dei lettori, naturalmente, che continuano ad acquistarli e a regalare al padre di Montalbano un posto d’onore nell’hit parade dei successi editoriali.
Ciò vale anche per “La testa ci fa dire” – “Dialogo con Andrea Camilleri” di Marcello Sorgi, edito da Sellerio nel 2000 e, dopo vent’anni, di nuovo pubblicato dallo stesso editore.
Si potrebbe obiettare che l’autore del libro in questo caso non sia Camilleri ma Marcello Sorgi, che peraltro dedica queste pagine alla memoria del padre, il noto avvocato palermitano Nino Sorgi. Ma si tratterebbe più che di una sottigliezza di un “artificio” meramente formale: il protagonista del libro è Camilleri, l’intervistato, senza nulla togliere all’intervistatore, un giornalista e scrittore del calibro di Sorgi, bravissimo a condurre la conversazione e a stimolarla.
D’altra parte lo stesso Sorgi, nell’introduzione alla nuova edizione, mette in rilievo quanto fosse facile confezionare un libro-conversazione con un conversatore d’eccezione come Camilleri: sia per il suo gusto di raccontare che per il suo eloquio cristallino, privo di punti da rivedere nella trascrizione scritta. “Adorava raccontare: – osserva Sorgi – se allora ci fosse stata quell’applicazione dei telefonini che trasforma in testo il parlato, il libro sarebbe stato scritto da solo”.
“La testa ci fa dire” è un libro-conversazione a 360 gradi. Camilleri si sofferma su tutto e su tutti, intrattenendo i lettori spesso col racconto di aneddoti e vicende della sua vita curiosi e accattivanti, ravvivati dalla sua verve affabulatoria.
Leggendolo, conosceremo meglio la vita di Camilleri: la sua passione per il teatro, dove a lungo ha militato come regista e aiuto-regista, la sua esperienza di allievo e docente all’Accademia, i suoi trascorsi alla Rai, dove tra l’altro è stato sceneggiatore della fortunatissima serie del commissario Maigret, la sua carriera nel mondo dello spettacolo, null’affatto breve e significativa seppure sempre da “precario” e vissuta in seconda linea.
E scopriremo quando nasce in Camilleri, da giovane attratto dai versi, la voglia di scrivere un romanzo. Apprenderemo così che la sua prima prova narrativa, “Il corso delle cose”, risale, nella stesura, al 1968, e che venne pubblicata anni dopo da un piccolo editore in cambio della spendita del suo nome tra i titoli di cosa di uno sceneggiato tratto da quel romanzo.
Ne “La testa ci fa dire” sono tanti gli argomenti affrontati e tutti evitando luoghi comuni e facendo leva sulle esperienze offerte dalla vita. La sicilianità, innanzitutto, nelle sue tante sfaccettature; dal senso dell’amicizia, così spiccato tra gli isolani, allo spirito d’orgoglio, dalla sicilitudine – espressione attribuita a Sciascia ma in realtà coniata da Crescenzio Cane, poeta e artista palermitano protagonista dell’”Antigruppo” soprattutto negli anni ’70 e ‘80- alla gelosia, da i siciliani di scoglio a quelli di mare.
Ma ad animare la conversazione tra due siciliani doc, orgogliosi della loro identità isolana, non sono solo temi legati alla loro terra ma anche altri, quali le donne, la politica, la famiglia, lo Stato. Né l’intervista trascura gli aspetti più attinenti al Camilleri scrittore: il suo rapporto con la lingua italiana e il dialetto, come nascono le sue storie, come sono costruiti i personaggi.
Il libro si chiude con una gustosissima nota di Fruttero-Lucentini, perla del loro elegante e arguto umorismo.
Antonio Cangemi
 
 

Imperoland, 14.3.2020
5 libri Disney per passare il tempo durante l'isolamento

In questi giorni di isolamento obbligatorio per tutta Italia a causa dell’emergenza coronavirus, per trascorrere il tempo non può mancare un bel libro. Ecco quindi 5 libri Disney che potete acquistare online (o richiedere alla vostra libreria di fiducia, se effettua spedizioni o consegne a domicilio). Dal Manuale di Nonna Papera per cimentarvi in simpatiche ricette disneyane fino al retelling alternativo della storia di Mulan della serie A Twisted Tale, passando per il saggio sul doppiaggio italiano dei film Disney e uno dei nostri graphic novel preferiti degli ultimi anni, The Moneyman, la vera storia di Roy, il fratello di Walt.
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Il commissario Topalbano
Questo volume speciale celebra il grande maestro Andrea Camilleri, autore dei romanzi che hanno come protagonista il Commissario Montalbano, che in questa occasione diventa Topalbano. Le storie a fumetti mantengono il linguaggio e le classiche atmosfere che caratterizzano l’opera di Camilleri, regalando nuove emozioni e arricchendo la personalità del Commissario di inedite sfaccettature e sottile umorismo.
Editore: Giunti Editore
Età di lettura: da 6 anni
Prezzo: € 9,90
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Irene Rosignoli
 
 

LaNostraTv, 14.3.2020
Il commissario Montalbano, Luca Zingaretti: “Mi tremavano le gambe”

Andrà in onda dopodomani, lunedì 16 marzo 2020, la seconda delle nuove puntate de Il commissario Montalbano, con Luca Zingaretti, dal titolo “La rete di protezione”, prima della quale proprio l’attore protagonista ha rotto il silenzio con una lunga intervista pubblicata sulle pagine dell’ultimo numero del settimanale Diva e Donna, uscito in edicola qualche giorno fa.
Questa volta sul set c’era troppa tristezza, ma siamo andati avanti ugualmente. Mi tremavano le gambe, ma non c’è stato il tempo di pensare ha dichiarato, riferendosi alla sua decisione di dirigere la serie, dopo la morte dello storico regista, ma anche dello scenografo e dello scrittore siciliano Andrea Camilleri, autore dei romanzi dai quali la fiction è tratta.
Sempre nell’intervista in questione, Luca Zingaretti su Il commissario Montalbano, dove ancora una volta recita accanto ad Angelo Russo, interprete di Catarella (che ha fatto una rivelazione con una recente intervista) ha poi ammesso:
Questa stagione è stata la più dolorosa, perchè sul set non c’erano le colonne portanti della serie, che erano anche grandi amici con i quali abbiamo lavorato insieme per ventuno anni.
“Sono rimasti un senso di solitudine e dolore insopportabili” ha sottolineato subito dopo.
Tornando, invece, alla realizzazione dei due episodi in prima visione de Il commissario Montalbano (QUI la trama della puntata dal titolo “La rete di protezione”), Luca Zingaretti nell’intervista ha dichiarato infine:
Ho lavorato venti ore al giorno per dodici settimane. Alla fine delle riprese ero esausto, ma felice della fatica, perchè ero sicuro che Sironi (il regista scomparso mesi fa, ndr.) avrebbe apprezzato tutto il lavoro svolto.
E un terzo episodio inedito de Il commissario Montalbano, già girato, andrà in onda, si sa da tempo, nella prossima stagione televisiva.
Emanuele Fiocca
 
 

Ufficio Stampa Rai, 15.3.2020
RAI 1
Il Commissario Montalbano
La rete di protezione

Secondo attesissimo episodio della nuova serie del Commissario Montalbano, lunedì 16 marzo in prima tv e in prima serata su Rai1. Si intitola “La rete di protezione” ed è tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri edito da Sellerio. Luca Zingaretti nei panni del commissario più amato d'Italia si ritrova a dover risolvere un nuovo e strano enigma. L’ingegner Sabatello porta a Montalbano alcuni filmini super8 girati per decenni dall’ormai defunto padre che raffigurano sempre la stessa cosa: l’inquadratura fissa di un muro. Il commissario intuisce che non si tratta solo di un fatterello bizzarro, ma che dietro quelle strambe pellicole si nasconda una remota vicenda dalle tinte tragiche e fosche. Non sarà però solo questo cold case a impegnare il commissario perché, proprio in quei giorni, nella scuola frequentata dal figlio di Augello viene compiuto uno spaventoso quanto incomprensibile attentato. Due individui a volto coperto fanno irruzione nell’istituto, sparano seminando il terrore fra insegnanti e ragazzi e lanciano un loro minaccioso e oscuro proclama. Un nuovo mistero su cui fare luce… e giustizia.
Per ulteriori approfondimenti consultare il NewsRai dedicato
 
 

La Sicilia, 15.3.2020
Assistente di Rota, autore per i film di Moretti, Olmi, Amelio, Lizzani, Crialese, firma le musiche del Commissario tv
Il mio Montalbano dalle note isolane
Franco Piersanti: «Il brano d’apertura ha memoria del teatro dei pupi
La serie travalica il giallo in sé, guarda a circostanze più “filosofiche”»

A vedere (ed ascoltare, si badi!) la cornucopia delle creazioni musicali di Franco Piersanti, compositore e direttore d’orchestra oltre che contrabbassista in proprio, ci si sente in colpa. Perché è presto detto. In un percorso sterminato che dei suoi freschi settant’anni ne “musica” almeno 44 vivono mille palpiti e mille affabulazioni: gli studi con l’autorevole Franco Ferrara, l’assistenza all’impareggiabile Nino Rota, un centinaio di film (Moretti, Amelio, Lizzani, Olmi, Comencini e poi Luchetti, Crialese, Von Trotta, Giordana, Virzì, l’amatissimo, rimpianto Bernardo Bertolucci), una ventina di sceneggiati tv, musica per teatro e danza.
Ebbene, di fronte a questo benefico tsunami di note che parlano molte lingue, sembra una colpa celebrare Piersanti “solo” per le musiche del “Commissario Montalbano” di Camilleri e Sironi. Eppure, quel “Montalbano noir”, sferzante e insinuante, racconto prima del racconto, è la vera, folgorante, incontrastata punta d’eccellenza del commissario di Vigàta. Non conosce tempo o confronti, non è mai “sigla”, da 21 anni invoca ed evoca le stesse vibrazioni di novità.
La partitura proviene dalla scrittura letteraria ma la musica è essa stessa “letteratura”. Montalbano e i “montalbanesi”, ruvidi, scomodi, aguzzi, quanto e come l’hanno influenzata, maestro Piersanti?
«Non vorrei cadere nell’ovvio ma credo che quando si scrive per “agghindare” di suoni una storia per immagini, al cinema o in tv, i personaggi, i caratteri, i sentimenti esercitino molta influenza sullo spessore e la qualità della musica. Per “Montalbano” non avevamo ancora l’esperienza dei 34, 35 episodi a cui siamo arrivati ma c’è stata subito una grande intesa con Sironi, in sceneggiatura e realizzazione, pertanto le prime due puntate hanno generato tutto, contenevano già ciò che sarebbe stato. In effetti ciò che proviamo, ogni volta, di fronte a Montalbano di Camilleri travalica i fatti nudi e crudi del “giallo” in sé, in realtà guarda a circostanze più “filosofiche” che toccano la concezione del vivere. E la musica, per fortuna, è come gravata da questo. Trattandosi di serialità, poi, ho abbandonato l’idea di fare piccoli pezzi a favore di brani grandi e lunghi che, in un secondo momento, “applicavo” all’immagine. E il metodo si è rivelato vincente, godeva di grande respiro e dignità musicale: ho trovato un’autentica cassa di risonanza nella bellissima interpretazione di Zingaretti e del cast. Tutti sentimentalmente “risuonavano” e persino i dialoghi s’illuminavano, la musica dava loro la luce giusta».
A distanza dal folk d’accatto, le etnie siciliane e mediterranee dettate dalla musica hanno fatto la differenza?
«Certamente. Le note d’apertura sono una specie di vecchia carcassa che ha a che fare con memorie di teatro di pupi, vere e proprie connotazioni isolane. La cantabilità non è certo da genere poliziesco ma ha una dimensione italiana nel senso più bello del termine. E senza strafare dal punto di vista pirotecnico!».
Uno degli episodi “pilota” fu “La voce del violino”. Neanche a farlo apposta o forse sì, il violino è (pre)potente nella partitura, gli archi ne sono autentici primi attori...
«Sì, non foss’altro che ho avuto la fortuna di disporre d’un paio d’interpreti particolari, capaci di piegare bene quel timbro declinandolo in modo istintivo. Mi serviva questo e non il suono classico da concerto».
Lei è stato interlocutore speciale di registi diversi per storia e sintassi artistica. Qui ed ora, però, mi viene in mente lo spazio minimale destinato alla musica in “Io e te” di Bertolucci in cui i suoni riuscivano comunque ad andare oltre la parola, anzi, più della parola sapevano dare e dire del ragazzino nevrotico (a tratti, chissà, la giovanissima proiezione del regista). Come andò sul set?
«Con Bertolucci ci frequentavamo da tempo ma quando, già malato, mi chiese di scrivere la musica di un suo film mi si aprì un mondo. Benché legati da lunga amicizia, varcare quel gradino con chi aveva fatto “Novecento”, “Il conformista”, “L’ultimo imperatore” mi procurò un’emozione incontenibile. Accanto a Bernardo, grande poeta, l’ispirazione fu immensa ed essere stato con lui nella sua ultima creazione fu un privilegio senza pari».
La partitura è evoluzione narrativa in musica. Ma poi il regista toglie e taglia. Come la prende il compositore?
«Nel tempo, non dico che mi sono rassegnato ma ho capito che nel cinema anche il non detto ha una sua fisionomia. E, al di là delle possibili affinità con la musica, il regista deve operare una scelta definitiva, insistendo su una sua dialettica. Si discute, certo, ma mai in termini del tipo “Stai tagliando il mio lavoro”».
Diventate co-sceneggiatori, insomma...
«Si rimodella, si ragiona su compromessi che possono salvare o metabolizzare. A me, tutto sommato, la richiesta di tagliare o modificare ha sempre portato una sorta di allegria perché a misure non rispondenti a ciò che volevo è seguito un istinto che io non avevo. E talvolta vengono fuori sorprese stupende che arricchiscono ciò che ho fatto. Ne sono contento perché, da solo, non potrei giungere a conclusioni di quel tipo. Il lavoro del cinema è questo».
Chissà quanti prelibati “avanzi” di “Montalbano”, allora.
«Al cofanetto di 2 cd pubblicato l’anno scorso, infatti, se n’è aggiunto un terzo d’inediti e soluzioni diverse degli stessi temi. Ore di musica che neanche ricordo, una biblioteca infinita».
Elsa Morante, a suo tempo, sdoganò la musica dall’appellativo “colta” ma certa musica contemporanea (Stockhausen, Nono, Petrassi, eccetera) pare aver perso la sua scommessa con il pubblico. Perché?
«Mi permetta di dirle che da studente, negli anni 70, i miei compagni ed io eravamo attentissimi e sconcertati da ciò che stava accadendo ma, per quanto fossimo sconvolti e non riuscissimo a penetrare quella roba lì, mi resi conto, dopo, del suo grande valore. Erano incursioni non da poco ma c’era più libertà d’espressione, allora, ed il pubblico se ne accorse seppure in ritardo. Oggi c’è molta meno drammaticità nella musica contemporanea, c’è la noia, direi».
Un progetto fuori da ogni prevedibilità?
«Sto provando a costruire la vita immaginaria di George Meliès: curo io stesso le animazioni e la musica, ovviamente, eseguita dal vivo a teatro. Lavoro con un’amica scrittrice, Maria Sebregondi, eclettica quanto basta per mettere insieme più linguaggi. Il titolo dovrebbe essere “Destino di una cometa”».
E sì che di nomen omen come questo abbiamo un disperato, fiducioso bisogno. Come prima e più di prima.
Carmelita Celi
 
 

La Vanguardia, 15.3.2020
Novela negra
Diez recientes novelas negras para olvidarse del coronavirus

Madrid, 15 mar (EFE).- Más allá de libros como "La Peste" o "Ensayo sobre la ceguera", muy recurrentes en las actuales circunstancias, hay otros que permiten, en estos días en los que no hay que salir de casa, sumergirnos y dejarnos arrastrar por sus tramas: las novelas negras.
Aparte de los clásicos imprescindibles del género, las siguientes diez propuestas se encuentran entre las novelas negras publicadas más recientemente.
.-"Km 123", de Andrea Camilleri (Destino).- La última novela del fallecido maestro italiano del género negro, creador del comisario Montalbano, es un rompecabezas de múltiples voces en el que hace un homenaje a los policías clásicos del "noir". La edición en español incluye además un epílogo de Camilleri en el que reflexiona sobre la novela policíaca.
[...]
Carmen Naranjo
 
 

La Repubblica, 16.3.2020
Il commissario Montalbano torna in tv con un imperdibile, giallo 'anomalo': 'La rete di protezione'
Luca Zingaretti veste di nuovo i panni del personaggio creato da Andrea Camilleri: l'appuntamento è lunedì 16 marzo su Rai 1

A Vigata piazze e strade non sono più deserte. C’è una discreta confusione che fa innervosire il commissario Montalbano. Hanno risposto tutti all’appello di una produzione italo-svedese che deve girare una fiction e cerca vecchi filmini, per poter ricostruire com’era il paese negli anni Cinquanta. L’arrivo della troupe ha sconvolto i ritmi, c’è grande agitazione anche per la presenza delle attrici svedesi. Pure l’ingegner Ernesto Sabatello si è messo a cercare a casa i Super 8 e ne trova sei, del padre, girati dal 1958 al 1963, tutti nello stesso giorno e alla stessa ora; nelle immagini si vede solo il muro di una casa di campagna. Sabatello spera nell’aiuto di Montalbano per risolvere il mistero. Comincia così La rete di protezione, la nuova avventura del commissario più amato della tv, in onda su Rai 1 lunedì 16 marzo.
Ci sono tante ragioni per non perdere questo episodio; perché è un giallo anomalo, si scopre subito la soluzione, ma è un grande affresco camilleriano. Un romanzo in cui si sviluppano due casi paralleli, perché Montalbano-Zingaretti indaga anche sullo strano agguato nella scuola media frequentata da Salvuzzo, il figlio di Mimì Augello (Cesare Bocci). Mentre il braccio destro del commissario parla col professore di matematica, entrano delle persone con la maschera di Anonymous, armate. Urlano che vogliono giustizia e dopo uno scontro con Augello, spariscono. Nella scuola non era mai successo niente, a parte un episodio di bullismo. Partono le indagini, e per Montalbano non è facile confrontarsi coi più giovani e col web.
Luca Zingaretti firma con Alberto Sironi (scomparso ad agosto) anche la regia di questo episodio: "Non mi sono sentito solo, ho riunito i ragazzi: ‘Se non mi aiutate, non ce la faccio’. Alberto era una grande presenza sul set. Era un ‘capoccione’, ogni tanto mi faceva pure arrabbiare ma ci faceva ridere. Scherzava, gli piaceva il lavoro di squadra. Grazie a Sironi e allo scenografo Luciano Ricceri, anche lui scomparso, purtroppo, abbiamo vissuto per vent’anni una meravigliosa avventura. È stato Luciano a trovare i luoghi magici di Camilleri, grazie a lui Vigata è diventata un luogo dell’anima. Ma anche reale per milioni di spettatori".
La rete di protezione è il primo libro che Camilleri, per i gravi problemi di vista, ha dettato interamente a Valentina Alferj, la sua storica assistente a cui ha riservato i ringraziamenti più affettuosi. Prodotto da Palomar e RaiFiction, (la sceneggiatura è di Francesco Bruni, Salvatore De Mola e Leonardo Marini), è l’ultimo dei nuovi episodi di Montalbano che la Rai trasmetterà quest’anno. Per Il caso Catalanotti, già girato, bisognerà aspettare l’anno prossimo.
Il 9 marzo Salvo amato, Livia mia - andato in onda dopo l’edizione straordinaria del Tg 1 con le comunicazioni del premier Giuseppe Conte sull’emergenza coronavirus - è stato seguito da 9 milioni 377mila di spettatori (39% di share). Montalbano ha ritrovato il suo pubblico, ma non è riuscito a eguagliare il record storico di due anni fa, quando La giostra degli scambi, trasmesso su Rai 1 il 12 febbraio, raccolse 11 milioni 386 mila spettatori (45.1% di share).
Silvia Fumarola
 
 

TyN Panamá, 16.3.2020
Il commissario Montalbano está de vuelta en la televisión con un perdidas amarillo 'anormal': 'la protección de la red'

A Vigata plazas y las calles no están desiertas. Hay una buena confusión que se enfurece el comisario Montalbano. Todos ellos respondieron a la llamada de una producción, el italo-sueco que usted debe girar a la ficción y en busca de las viejas películas, para ser capaz de reconstruir la manera en que el pueblo fue en los años Cincuenta. La llegada de la compañía ha disgustado a los ritmos, hay una gran agitación por la presencia de las actrices en sueco. Así, el ingeniero Ernesto Sabatello ha comenzado a buscar una casa en Super-8 y seis, y del padre, filmado desde 1958 a 1963, todo en el mismo día y a la misma hora; en las fotos solo se ve el muro de una casa en el campo. Sabatello esperanzas en la ayuda de Montalbano, para resolver el misterio. Así comienza La seguridad de la red, la nueva aventura del comisario de los más queridos de la televisión, en la onda su Rai 1, el lunes 16 de marzo.
Hay muchas razones para no perderse este episodio; ¿por qué es de color amarillo accidente, resulta que la solución de inmediato, pero es un gran fresco camilleriano. Una novela en la que se desarrollan dos casos paralelos, debido a que Montalbano-Zingaretti también investiga el extraño y al acecho en el medio de la escuela a la que asistieron Salvuzzo, el hijo de Mimi'augello ( Cesare Bocci ). Mientras que el brazo derecho del comisionado habla con el profesor de matemáticas, llegar a la gente con la máscara de Anonymous, armados. Gritan que quieren justicia, y después de un enfrentamiento con'augello, desaparecen. En la escuela nunca pasó nada, aparte de un incidente de acoso escolar. Inicio de las investigaciones, y Montalbano no es fácil de tratar con los jóvenes y con la web.
Luca Zingaretti de firmar con Alberto Sironi (murió en el mes de agosto también es el director de este episodio: "me sentía sola, conocí a los chicos: 'Si usted no me ayuda, no puedo hacerlo'. Alberto fue una gran presencia en el set. Fue un 'capoccione", que cada ahora y entonces, yo también estaba enojado, pero se nos hizo reír. Bromeando, le gustaba el trabajo en equipo. Gracias a Sironi, y el diseñador de Luciano Ricceri , incluso él falleció, lamentablemente, hemos vivido durante veinte años en una maravillosa aventura. Fue Luciano para encontrar los lugares mágicos de Camilleri, gracias a él, Vigata se ha convertido en un lugar del alma. Pero también es real para millones de espectadores".
La seguridad de la red es el primer libro que Camilleri, por los graves problemas de la vista, ha dictado enteramente por Valentina Alferj, su histórico de la asistente que reservó el gracias más afectuoso. Producido por Palomar y RaiFiction, (el guión es Francesco Bruni, Salvatore De Mola y Leonardo Marini ), es el último de los nuevos episodios de Montalbano, que el Rai de la difusión de este año. Para El caso Catalanotti, ya filmado, tendrá que esperar para el próximo año.
El 9 de marzo, a Excepción de la amada, Livia, mia - transmitido después de la edición especial de la Tg-1, con la comunicación de la premier Giuseppe Conte en la emergencia coronavirus fue seguido por 9 millones de 377mila de espectadores (39% de share). Montalbano se ha encontrado su público, pero no pudo igualar el récord histórico de hace dos años, cuando El carrusel de el comercio, transmitido por Rai 1 en 12 de febrero, reunió a 11 millones 386 mil espectadores (45.1% share).
 
 

La Repubblica, 16.3.2020
La collana
I venti anni di Montalbano
Tutte le avventure del commissario più amato d'Italia in 36 dvd da domani in edicola con Repubblica

«Non ho avuto io l’intuizione di portare i romanzi di Andrea Camilleri in televisione» racconta il produttore Carlo Degli Esposti, che con Palomar realizza la serie. «fu Elvira Sellerio a impormi di leggere i primi libri, come solo lei sapeva fare con gli amici. Ho obbedito a un suo ordine perentorio. Era una donna straordinaria, intelligentissima. Mi disse: "Vai a casa e leggi questi romanzi, sarebbero perfetti in tv"». È un lungo cammino quello che ha portato a diventare Il commissario Montalbano una delle serie più amate dal pubblico, la più vista (oltre un miliardo di persone, calcolando le repliche), la più venduta all'estero, la più replicata.
Repubblica propone da domani 36 dvd con tutti gli episodi della fiction, a partire dai primi due inediti trasmessi quest'anno (l'ultimo, Rete di protezione, andrà in onda stasera su Rai 1) fino alla prima puntata della primissima serie. La collezione uscirà ogni martedì con Repubblica e con tutte le testate del gruppo, 9.90 Euro in più.
I libri di Camilleri - oltre 20 milioni di copie nel mondo - sono arrivati in tv nel 1999 su Rai2, che ha trasmesso le prime tre stagioni. Il pubblico resta incantato da questo servitore dello Stato che crede nella giustizia ma ama le piccole grandi cose della vita, a cominciare dal cibo. E milioni di spettatori s'innamorano della Sicilia magica di Camilleri, piazze come scenografie teatrali, scorci segreti. Dal 2002 Montalbano approda su Rai 1 ed è record di ascolti. Degli Esposti, 66 anni, racconta come la saga del commissario di Vigata, interpretata da Luca Zingaretti, sia diventata un fenomeno. «I libri mi piacquero subito e li mandai a Sergio Silva, allora direttore della fiction Rai, grande testa. Gli feci avere i tre romanzi spiegandogli che volevo farne una collezione di film televisivi. Per un po' non si fece vivo. Lo richiamai. Mi spiegò: "Ho avuto giudizi non entusiasmanti dai miei lettori (le persone addette a selezionare i progetti, ndr.)". Così gli portai i libri: con il pennarello avevo scritto "uno", "due", "tre", l'ordine che avrebbe dovuto seguire. Lunedì mattina mi squillò il telefono: "Me li sono letti, sono bellissimi. I miei lettori non hanno capito niente". È iniziata una galoppata che vorrei non si fermasse mai».
La Sicilia di Camilleri arriva sullo schermo grazie allo scenografo Luciano Ricceri, scomparso di recente, che trova nel ragusano il luogo ideale. Il regista Alberto Sironi fa un lavoro incredibile per il cast. «Alberto» ricorda Degli Esposti «girò la Sicilia, tutti i teatrini, ma anche le case di riposo per trovare vecchi attori per i piccoli ruoli, ma grandissimi. La scelta di Zingaretti è stata fondamentale, vinse un provino. Ci convinse lutti. Allora non era famoso, ma aveva grande talento. Anche se il Montalbano di Camilleri era più vecchio, diverso fisicamente, Luca continua a interpretarlo in maniera perfetta».
«La mia sensazione», continua il produttore «è quella di aver raccontato storie che hanno unito il Paese, grazie ad Andrea Camilleri, straordinario nel saper descrivere le nostre debolezze e il nostro orgoglio, il pregio dell'essere italiani ma anche le bassezze. Lo ha sempre fatto con affetto e in alcuni momenti con durezza».
In questo lo scrittore somiglia a Montalbano. «Sì, è una sorta di sublimazione. Montalbano fa giustizia al posto nostro. Sono fiero di tante cose, ma mi do solo una medaglia per aver tenuto insieme il cast, una grande squadra».
Silvia Fumarola
 
 

La Stampa, 16.3.2020
Portatevi a casa con La Stampa Montalbano, il commissario d’Italia
I dvd in edicola con il quotidiano ogni martedì: si parte con «Salvo amato, Livia mia», che lunedì scorso su Rai1 è stato seguito da 11 milioni di spettatori

Collezione ghiotta, ed esclusiva, quella proposta con «La Stampa» e con le altre testate Gedi: da domani, ogni martedì, per la prima volta, va in edicola la serie completa dedicata al commissario Montalbano, 36 DVD a 9,90 euro l’uno. Si comincia con «Salvo amato, Livia mia», che lunedì scorso su Rai1 è stato seguito come il Festival di Sanremo, quasi undici milioni di spettatori [in realtà 9.377.000, NdCFC] e il 39 % di share, la percentuale di ascolto. Martedì prossimo sarà la volta della «Rete di protezione», in onda ieri sera, simile strepitoso successo [Sic! NdCFC]. In questi giorni siamo tutti a casa ad aspettare i nuovi racconti da Camilleri, ma anche senza il coronavirus le avventure di Montalbano rappresentano il successo più grande di tutti i tempi per la televisione italiana, pure le repliche garantiscono per tradizione consolidata ascolti sopra la media.
Era il 1999, inizi di maggio, il commissario Montalbano interpretato da Luca Zingaretti, produzione Palomar, regista Alberto Sironi, scomparso lo scorso luglio, una ventina di giorni dopo Andrea Camilleri, faceva la sua apparizione su Rai2, con «Il ladro di merendine». Dalla quarta stagione ci sarebbe stato il trasferimento su Rai1. Camilleri era stato tardivamente scoperto, e negli Stati Uniti prima che da noi. Poi da noi esplose, dirompente caso letterario. Quando passò in tv, piacque tantissimo, e subito: con la sua Vigata, la cittadina immaginaria e astratta, vuota di persone e di auto, simbolo della Sicilia dove si svolgono tutte le avventure; con la fidanzata Livia di Boccadasse, Genova, il vice Mimì Augello, il medico dottor Pasquano, i subalterni, Fazio Gallo Galluzzo e Catarella diventato nel frattempo maschera da commedia dell’arte, di pirsona pirsonalmente, il catafero, il signori e guistori.
Quel linguaggio siculo-italiano, che rappresenta una delle caratteristiche più evidenti della scrittura di Camilleri. Primo quesito: come risolvere, con gli attori, la questione della lingua? Secondo quesito: come trasferire in una persona vera le caratteristiche di una creatura immaginariae familiare? Ogni lettore avrà pensato il «suo» Montalbano, forse grasso causa propensione per la buona cucina, forse di mezza età (ha fatto il '68), forse sornione fino a quando non si desta per dare zampate ai cattivi.
Luca Zingaretti è senz'altro più giovane del Montalbano letterario, il '68 non l'ha fatto essendo nato nel 1961, negli ultimi episodi è diventato anche regista: interpreta con aderenza e passione il personaggio, lo rende vero, umano, vivido, vitale, carnale. Aiutato dagli altri attori, tutti scelti con estrema proprietà. Il problema della lingua di solito viene risolto dagli sceneggiati in modo approssimativo: qualcuno parla con accento regionale, quasi sempre sbagliato, gli altri rispondono a pera, tanto vale parlare tutti in italiano. Qui no, qui l'italo-siculo è meraviglioso. Quello di Zingaretti-Montalbano, e anche degli altri, Cesare Bocci, Angelo Russo, Peppino Mazzotta, Roberto Nobile, Marcello Perracchio, non è più un accento, ma la trasposizione orale della forma scritta. Una delle poche fiction italiane vendute all’estero.
Dice Eleonora Andreatta, direttrice di RaiFiction: «In questi anni con Montalbano abbiamo raccontato l’Italia, e lui ha combattuto per la giustizia, perdendo, vincendo, ma con coerenza». E dice Zingaretti: «Montalbano è sempre lo stesso, è il mondo che gli è cambiato intorno. Lui non ha il cartellino con il prezzo attaccato alla giacca, il baricentro della propria esistenza è dentro di sé. Ha bisogno della sua terra, della sua casa, delle sue nuotate, della sua donna ogni tanto. Fedele a se stesso, ecco. E questo nel cuore del Mediterraneo, crocevia di tante culture».
Titoli e date di uscita
1 - SALVO AMATO, LIVIA MIA - 17 marzo
2 - LA RETE DI PROTEZIONE - 24 marzo
[...]
Alessandra Comazzi
 
 

RagusaNews, 16.3.2020
Camilleri: io e la pasta ncaciata
"Litigo spesso con Montalbano"

"Litigo spesso con Montalbano". Intervista introduttiva di Vincenzo Mollica, registrata con Andrea Camilleri nella casa di via Asiago, prima della morte dello scrittore [Sic! NdCFC].
Stasera, prima della messa in onda del nuovo episodio del Commissario Montalbano, Rai Uno ha mandato in onda un inedito in cui Camilleri torna a parlare della pasta ncaciata, di cui Ragusanews ha più volte parlato.
 
Enrico Guarneri è il nuovo Questore nel Commissario Montalbano
Il personaggio era stato omesso nelle ultime puntate, dopo la morte di Giacinto Ferro

E' Enrico Guarneri, conosciuto anche come "Litterio", per via del personaggio comico che interpreta da qualche decennio, il nuovo Questore ne Il Commissario Montalbano.
Dopo la morte dell'attore siciliano Giacinto Ferro, la figura del Questore, nelle ultime puntate, era stata omessa. Ora il ritorno del personaggio, affidato a un attore di teatro di lunga esperienza.
 
Riccardo Maria Tarci nel Commissario Montalbano
E' di Scicli

Scicli - C'è anche l'attore di origine sciclitana Riccardo Maria Tarci nell'episodio "La rete di protezione" in onda stasera su Rai Uno.
Attore del teatro stabile di Catania, aveva già avuto un ruolo nel Giovane Montalbano.
 
 

Corriere di Ragusa, 17.3.2020
Montalbano si affievolisce in un “non giallo” intriso di malinconia

Il secondo e ultimo appuntamento con Montalbano della stagione 2020 è intriso di malinconia ed introspezione. Non ci sono delitti, non ci sono indagini serrate, ma solo la ricerca della verità. Camilleri sembra voler dire che solo la verità, seppur lontana, distante dal nostro vissuto va ricercata ed indagata per essere in pace con noi stessi. Nella “Rete di protezione”, racconto pubblicato nel 2017 sul quale si basa la fiction televisiva, c’è un commissario Montalbano pensoso, riflessivo, dotato di grande umanità. Un “protettore” a suo modo, piuttosto che un uomo di polizia. Salvo Montalbano protegge in una prima fase il suo fedele vice Mimì Augello, ammaliato dal fascino di una attrice svedese, poi uno studente vittima di bullismo e dei pirati del web, ed infine un giardiniere, che, suo malgrado, ha assistito ad un omicidio anni fa e non vuole portarsi questo segreto nella tomba prima di spirare.
“La rete di protezione” non è quindi un vero giallo ed anzi Camilleri sembra offrire le soluzioni degli intrighi, subito chiare, come in un giallo non accade mai. Il suo interesse è altro, è il capire i moti e le passioni dell’animo umano. La malinconia che pervade rallenta il dipanarsi della storia, la rende a tratti noiosa, anche se non mancano i siparietti classici con Catarella, nonchè lo sfondo dei paesaggi siciliani che la ingentiliscono e la rendono elegante. E’ il racconto con il quale Andrea Camilleri, per il suo tramite Salvo Montalbano, conosce un mondo inesplorato come quello del web ed il fenomeno bullismo a scuola. Montalbano è uomo del suo tempo, a disagio sì, ma sempre molto umano, e questo lo nobilita fino alla fine.
Duccio Gennaro
 
 

La Repubblica, 17.3.2020
Ancora ottimi ascolti per Montalbano, 9 milioni e mezzo di spettatori
'La rete di protezione', il secondo capitolo della saga del Commissario girato da Luca Zingaretti, fa di nuovo centro con il 33,2% di share. Lunedì prossimo il film tv 'La concessione del telefono' sempre da Camilleri

Il Commissario fa sempre centro, in questo periodo poi che siamo tutti chiusi in casa gli ascolti di Montalbano si confermano alti. Dopo il successo di Salvo amato, Livia mia - andato in onda dopo l’edizione straordinaria del Tg 1 con le comunicazioni del premier Giuseppe Conte sull'emergenza coronavirus seguito da 9 milioni 377mila di spettatori (39% di share), anche il secondo episodio La rete di protezione conquista la prima serata con 9.497.000 spettatori pari al 33.15% di share [...].
Dopo questo "giallo anomalo", sempre girato da Luca Zingaretti dopo la morte del regista storico della serie Alberto Sironi, c'è un terzo capitolo Il caso Catalanotti, già girato, per il quale bisognerà aspettare l’anno prossimo. Per chi è però già in astinenza da Camilleri può consolarsi con un'altra storia, il film per la televisione tratto da uno dei suoi romanzi storici. Si tratta de La concessione del telefono diretto da Roan Johnson (che aveva già firmato La stagione della caccia lo scorso anno), un giallo storico ambientato nella Vigata della seconda metà dell'Ottocento in cui Pippo, un commerciante di legnami, chiede l'istallazione del telefono. Questo e la spedizione di tre lettere darà il via ad un meccanismo che lo metterà al centro di fuochi incrociati. Nel cast Alessio Vassallo, Thomas Trabacchi, Federica de Cola, Corrado Fortuna, Dajana Roncione.
 
 

TyN Panamá, 17.3.2020
Todavía grandes para escuchar Montalbano, 9 millones y medio de espectadores
El Comisario está siempre en el centro, en esta época del año en la que estamos todos encerrados en la casa para escuchar a Montalbano confirmado a ser alta.

El Comisario está siempre en el centro, en esta época del año en la que estamos todos encerrados en la casa para escuchar a Montalbano confirmado a ser alta. Tras el éxito de Salva amato, Livia, mia - transmitido después de la edición especial de la Tg-1 con las comunicaciones de la oficina del primer ministro, José, Conde de la emergencia coronavirus seguido por 9 millones de 377mila de espectadores (39% de participación), el segundo episodio de la seguridad de la red ganó la primera noche con 9.497.000 espectadores igual a 33.2% de participación [...].
 
 

Affaritaliani.it, 17.3.2020
Mediatech
Ascolti Tv: Montalbano va ancora forte ma il Coronavirus fa calare l'audience
Auditel: Il Commissario Montalbano resta un grande successo di Rai1 ma, malgrado il confinamento degli italiani in casa, perde spettatori e share

Gli ascolti Tv e i dati Auditel del Commissario Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, sono sempre trionfali e motivo di orgoglio di Rai1. Da qualche anno a questa parte, le puntate inedite della fiction tratta dai romanzi del compianto Andrea Camilleri, superavano spesso gli undici milioni di spettatori e il 40% di share e ci si aspettava che, in tempi di isolamento in casa per l'emergenza Coronavirus, l'audience potesse addirittura crescere.
Non è accduto così, tuttavia, per i due ultimi episodi inediti andati in onda ieri sera, lunedì 16 marzo, e la settimana precedente. Pur raggiungendo cifre invidiabili, non si sono toccati i dieci milioni di spettatori e lo share è sceso sotto il 40% nella puntata dal titolo Salvo amato, Livia mia e nell'episodio dal titolo Rete di Protezione andato in onda ieri sera lo share è arrivato "solo" a 33.2%.
Ribadiamo: i numeri sono altissimi e avercene di questi risultati, ma - viste la situazione generale e la peculiare assenza di controprogrammazione - l'interrogativo resta comunque. Probabile che la depressione da isolamento in casa intacchi anche l'entusiasmo per la fiction più amata dagli italiani, forse troppo "vitale" e "conviviale" e quindi del tutto "anacronistica" suo malgrado viste le condizioni in cui versa il Paese. Oppure, e quindi non c'entrerebbe nulla il Coronavirus, le troppe e inflazionatissime repliche mandate in onda su Rai1 nei mesi scorsi per supplire all'assenza di programmi forti in prima serata e arginare la morìa di ascolti del Daytime hanno finito per indebolire il prodotto, al punto da farne calare l'audience anche in una situazione di confinamento di massa.
Marco Zonetti
 
 

Cinematographe.it, 17.3.2020
Il Commissario Montalbano: recensione dell’episodio La rete di protezione
La recensione del secondo nuovo episodio della storica fiction Rai, La rete di protezione, tratta dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Stavolta Montalbano dovrà vedersela con due misteriosi casi di suicidio e terrorismo.

Qual è stato il programma più visto in tv della prima serata di lunedì 16 marzo 2020? I dati Auditel, come ogni mattina, ci restituiscono i risultati e lo share delle trasmissioni televisive più seguite. Ovviamente a salire sul gradino più alto del podio non poteva che essere Il Commissario Montalbano che, con il secondo nuovo episodio della collection intitolato La rete di protezione, ha interessato 9.497.000 spettatori pari al 33.2% di share, sbaragliando la concorrenza di turno che ha potuto fare davvero poco per contrastarne l’egemonia. Del resto, Coronavirus o no con il #restiamoacasa al seguito, la storica fiction targata Rai ha sempre fatto registrare numeri da record, anche se la puntata in oggetto non è riuscita a raggiungere le cifre della precedente (Salvo amato, Livia mia), ossia il 39%. Ciononostante La rete di protezione, trasposizione per il piccolo schermo dell’omonimo romanzo firmato dal compianto Andrea Camilleri e pubblicato nel 2017 da Sellerio, ha comunque portato a casa un discreto risultato, frutto di una fidelizzazione e di un feeling ormai ventennali con il telespettatore nostrano che ne ha consegnato alla serie in questione un posto tra quelle più longeve nella storia di Mamma Rai.
La rete di protezione è il primo dei trentasei dell’intera saga che l’autore – scomparso nel 2019 – non ha potuto scrivere di proprio pugno, ma con l’aiuto di un assistente, per via dei problemi agli occhi che lo hanno poi portato alla perdita della vista. Lo script della trasposizione televisiva è stato realizzato da Francesco Bruni, Salvatore De Mola e Leonardo Marini, poi affidato come il precedente alla regia di Luca Zingaretti che ha raccolto il testimone dopo la morte del regista Alberto Sironi. L’attore romano si è così dovuto dividere nuovamente tra il davanti e il dietro la macchina da presa, ma stavolta con una sicurezza inferiore rispetto a quella dimostrata in Salvo amato, Livia mia.
La messa in quadro e la versatilità delle soluzioni visive sono ridotte al minimo indispensabile, ossia a una successione di campi e controcampi sufficienti a cucire le scene sulla timeline. C’è da dire per onestà di cronaca che il secondo nuovo episodio non ha dimostrato di avere la stessa solidità strutturale del primo, tantomeno il medesimo livello di coinvolgimento per quanto concerne il meccanismo thrilling che alimenta la componente investigativa. Le dinamiche tra i personaggi coinvolti di fatto si basano soprattutto sull’impianto dialogico e meno sull’azione (qui ridotta a una sola scena d’azione, ossia all’irruzione armata nella scuola). Ciò determina una staticità nella regia e una concentrazione sul fattore orale. Dove, al contrario, la scrittura mantiene intatta la sua carica è nei momenti di humour che la penna di Camilleri ha sempre saputo iniettare nell’architettura gialla. I siparietti tra Montalbano e l’agente Agatino Catarella, in tal senso, lasciano sempre il segno, su tutti quello che li vede alle prese con l’invio di una mail e la creazione di un falso profilo su internet.
Ma facciamo un passo indietro per andare a scoprire di quali casi si è dovuto occupare Montalbano, come al solito impegnato su più fronti investigativi e che stavolta chiamano in causa un misterioso suicidio che riavvolge le lancette sino agli anni Settanta e un presunto caso di terrorismo. L’ingegner Sabatello consegna al commissario alcuni filmini super8 girati per decenni dall’ormai defunto padre che raffigurano sempre la stessa cosa: l’inquadratura fissa di un muro. Montalbano intuisce che non si tratta solo di un fatterello bizzarro, ma che dietro quelle strambe pellicole si nasconde una remota vicenda dalle tinte tragiche e fosche. Non sarà però solo questo cold case a tenere occupato il protagonista perché, proprio in quei giorni, nella scuola frequentata dal figlio di Augello viene compiuto uno spaventoso quanto incomprensibile attentato. Due individui a volto coperto fanno irruzione nell’istituto, sparano seminando il terrore fra insegnanti e ragazzi e lanciano un loro minaccioso e oscuro proclama.
Il tutto mentre in quel Vigàta è arrivata una troupe cinematografica svedese per le riprese di un film che racconta di una nave del loro paese approdata in Sicilia nel secolo scorso. Evento che crea nella cittadina immaginaria tanta euforia e moltissima curiosità. Insomma, tanta carne al fuoco e un divertente gioco di metalinguaggio (le riprese della pellicola svedese e i filmini del primo caso), ciononostante la linea mistery non è particolarmente intricata come in tantissimi altri capitoli della saga. Di fatto quella del presunto attacco terroristico è davvero di facilissima lettura, così come il mistero dei super8 è una ragnatela non particolarmente complessa di sbrogliare. Questo per dire che Camilleri nei suoi romanzi e la squadra di sceneggiatori al servizio della serie ci hanno abituato a ben altro, ma per fortuna quello de La rete di protezione non è l’ultima tappa di questo indimenticabile viaggio.
Ora non ci resta che attendere il terzo nuovo episodio, battezzato Il metodo Catalanotti, già girato ma di cui la l’azienda di Piazza Mazzini ha deciso di posticipare la messa in onda al 2021. Poi sarà il turno di altri due romanzi (uno pubblicato e uno inedito) che non sono ancora stati trasposti nella serie tv e dei quali Zingaretti non ha voluto al momento confermare la regia. Quindi non siamo ancora ai titoli di coda. Mancano infatti all’appello due volumi: uno è Il cuoco dell’Alcyon pubblicato mentre stavano girando questi nuovi episodi e l’altro è un inedito, dal titolo Riccardino, chiuso per il momento nella cassaforte della casa editrice Sellerio. Il pensiero però va oltre, quel tanto che basta per gettare sugli appassionati un velo di tristezza. Con la morte del drammaturgo e dello scrittore siculo la saga è destinata giocoforza a chiudere i battenti e di questo bisognerà farsene una ragione, perché tutto, anche le cose più belle, prima o poi finiscono.
Francesco Del Grosso
 
 

Movieplayer.it, 17.3.2020
Il Commissario Montalbano 14, la recensione del secondo episodio La rete di protezione
La recensione del secondo episodio de Il commissario Montalbano 14, La rete di protezione: Luca Zingaretti assoluto protagonista in un episodio meno riuscito del precedente.

Piacevole, rassicurante, disequilibrato. Sono queste le prime parole che ci vengono in mente per iniziare la nostra recensione del secondo episodio de Il commissario Montalbano 14, ultimo appuntamento dell'anno con la fiction dei record targata Rai1. La rete di protezione è un episodio più leggero, strano, zoppicante e purtroppo meno memorabile rispetto al precedente. Intersecando, non sempre perfettamente, ben tre casi di durate e tono diversi, l'episodio non riesce a trovare un giusto equilibrio per tutta la sua durata. In tutto questo, però, si erge la figura di Salvo Montalbano, l'unico capace di districarsi in questa rete di trame.
La trama dell'episodio ruota intorno a tre casi. Il primo è anche il più affascinante: Montalbano deve risolvere un mistero legato a delle bobine girate nel corso degli anni dal defunto padre di un ingegnere che riprendono solamente un pezzo di muro. Il secondo caso riguarda l'irruzione di due individui armati e mascherati nella classe scolastica del figlio di Mimì Augello. Il terzo, infine, ha ancora una volta protagonista Mimì Augello e l'attrice protagonista, sposata col regista, di una troupe svedese che sta girando un film a Vigata, forse persi nell'avventura amorosa lunga una notte che nasconde altre verità. Al centro di queste vicende lui, il commissario Montalbano, capace di destreggiarsi tra i vari personaggi, i vari indizi, le varie storie con un aplomb invidiabile. Serio quando deve esserlo e capace di rompere la tensione, amichevole e vendicativo, caritatevole e leggermente bugiardo: Montalbano è un collega, uno zio, un solitario, un aiuto. Se non ci fosse lui, Vigata perderebbe la sua figura di riferimento. Questa è una delle poche certezze che ci lascia la visione dell'episodio, quasi l'opposto rispetto a Salvo amato, Livia mia della settimana scorsa.
UN ADATTAMENTO POCO BILANCIATO
L'impressione è che il lavoro di adattamento tra romanzo e televisione non sia riuscito come nell'episodio precedente. Le tre storie sono già presenti nel romanzo omonimo di Andrea Camilleri del 2017, anche se la sensazione è che si sia tralasciato un aspetto cruciale nel creare un collante tra queste. La storia relativa alla troupe svedese, nonostante sembri un'aggiunta poco essenziale utile solo ad aggiungere minutaggio, funziona quando inserisce toni da commedia per alternare la serietà che caratterizza invece il caso delle bobine del padre.
Peccato che finisca troppo presto per lasciare spazio al caso degli attentatori mascherati che fagociterà sia il ritmo dell'episodio che l'alternanza di toni. A cavallo tra comico e poliziesco, il secondo caso metterà in secondo piano quello che sembrava il caso principale che verrà sbrigativamente risolto negli ultimi minuti della puntata. Il risultato non è dei migliori. Si alleggerisce di molto il tono (con un abuso del personaggio di Catarella) togliendo il pepe che serve a ogni buona storia di mistero: il brivido del segreto da svelare dando così la sensazione di guardare personaggi e storie senza una precisa direzione, persi tra caffè e conversazioni senza bussola.
UN COMMISSARIO PER TUTTE LE STAGIONI
Chi non ha bisogno di ulteriori commenti è Luca Zingaretti in questo caso vero e proprio fulcrum che riesce con maestria a reggere sulle spalle tutti i 100 minuti dell'episodio. Se rimaniamo coinvolti anche in episodi meno riusciti come La rete di protezione è grazie al modo in cui fa suo completamente il personaggio di Montalbano. A volte bastano leggeri movimenti della testa, un cambio di sguardo, un modo di ricevere o dare notizie: Zingaretti riesce a rimanere in un invidiabile equilibrio che non lo trasforma mai in macchietta o in un personaggio sopra le righe. Anche quando la scrittura cede su un momento comico poco riuscito che vede alle prese uomini di mezza età con la tecnologia inspiegabile e impronunciabile "dei giovani" riusciamo a percepire la sincerità di Montalbano e a credere che, sì, sente una sinfonia quando mangia la pasta al forno ma il mondo digitale non fa proprio per lui.
Su quest'ultimo elemento ci permettiamo di lanciare una provocazione: anche se i personaggi della serie sembrano fuori dal nostro tempo e "analogici", una fiction di successo come Il commissario Montalbano, vista anche da un pubblico giovane, ha davvero bisogno dell'ennesima gag dove si storpiano i nomi dei social network più in voga, che fanno parte della nostra quotidianità da anni, facendo passare un'immagine antiquata, fuori da quella che è la normalità del reale, e con il rischio di lanciare un messaggio passatista dove Facebook e le mail sono "diavolerie dei giovani"? Se Montalbano può funzionare per tutte le stagioni (dai giovani che lo guardano su RaiPlay agli affezionati del "primo canale") questi esempi di comicità risultano veramente fuori tempo massimo.
UN FINALE CON LO SGUARDO VERSO IL FUTURO
Nonostante l'andamento zoppicante, possiamo ritenerci soddisfatti dal finale dell'episodio, dedicato giustamente al caso più affascinante e serio del lotto. Nonostante giunga alla conclusione troppo in fretta non raggiungendo la forza emotiva necessaria, La rete di protezione riesce in un bel colpo ad effetto chiudendo attraverso toni malinconici una storia che, fino a quel momento, sembrava leggera. Si chiude così l'anno 2020 per Il commissario Montalbano con un'incognita per il futuro. Un nuovo episodio è già programmato per il 2021, ma potrebbe essere l'ultimo. Pur non essendo indimenticabile, La rete di protezione ci lascia con un Montalbano pensieroso, in controluce, sulla spiaggia al tramonto, guardando il mare. Un modo perfetto e malinconico per chiudere un'annata particolare che ha visto perdere i due padri della serie: sommesso, poetico, intimo.
CONCLUSIONI
A conclusione della nostra recensione de La rete di protezione ci rammarichiamo di non aver ritrovato quell’equilibrio perfetto tra storie, scrittura, toni e interpretazioni della scorsa settimana. non tutto funziona per il verso giusto prediligendo toni da commedia e sfilacciando i tre casi che non si incastrano al meglio. L’interpretazione di Luca Zingaretti riesce a nascondere gran parte dei difetti dell’episodio che, tuttavia, regala un finale tutto sommato soddisfacente.
VOTO
3.0/5
PERCHÉ CI PIACE
Luca Zingaretti è un assoluto mattatore, capace di reggere il peso dell’episodio.
Il finale sommesso, dopo un episodio dai toni spesso grotteschi, è un tocco di classe e raffinatezza.
COSA NON VA
I tre casi non si amalgamano bene lasciando trasparire più di qualche problema di scrittura.
La comicità un po’ troppo insistita e “poco moderna” non rende alta l’attenzione dello spettatore lungo tutta la durata.
Matteo Maino
 
 

News Rai, 18.3.2020
La concessione del telefono
C'era una volta Vigàta
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CinemaItaliano.Info, 18.3.2020
Note di regia de "La concessione del telefono"

La concessione del telefono è la storia di tre piccole palle di neve (che nel film hanno la forma di tre lettere inviate da Pippo Genuardi al prefetto Marascianno) che, rotolando piano piano, diventeranno una valanga che travolgerà il nostro povero protagonista. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Camilleri che è un gioiello di ingegneria narrativa. Non solo per la struttura del libro così originale che alterna le “cose scritte” (lettere, documenti, articoli di giornale) con le “cose dette” (dialoghi secchi senza descrizioni). Ma anche perché la storia de La concessione del telefono è una sorta di bomba ad orologeria nascosta sotto un tavolo, di cui il lettore e lo spettatore possono solo intuire la presenza. E anche gli stessi personaggi e prima di tutto Pippo Genuardi non ne sentono il ticchettio, che aumenta di scena in scena. Pensano di essere più ‘sperti di molti, ma quando capiranno di essere più scemi di altri sarà troppo tardi. Con il film abbiamo provato a rendere onore a questa originalità del libro di Camilleri, dividendo lo schermo in modo naturale per lasciare uno spazio in cui poter scrivere i vari documenti, e cercando con voci over e altre idee visive di mantenere la forza di come le parole sulle lettere e nei documenti raccontino cose diverse da quello che si vede o si sente. Così abbiamo provato a raccontare come la formalità della burocrazia diventi un gorgo in cui il nostro protagonista, e forse con lui il “senso” stesso della terra senza tempo in cui vive, verrà risucchiato. E la beffa è che dentro quella voragine dello Stato e in quelle spire della Mafia, il Genuardi ci si è cacciato da solo. Ma perché si è “amminchiato” così tanto con questa diavoleria del telefono? Lo scopriremo solo nel finale a sorpresa, come lo ha costruito il maestro siciliano, anche se nel film sono seminati indizi della verità al tempo stesso assurda e ovvia che sta sotto tutta questa vicenda. Un libro e un film che nonostante il tono brillante ed esilarante, sono un vero e proprio j’accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell’Italia intera. Una commedia sulla stupidità umana (da quella istituzionale e burocratica, fino a quella sentimentale) e, al tempo stesso, una satira sociale e politica di incredibile attualità.
Roan Johnson
 
 

ANSA, 18.3.2020
Vassallo, con il Camilleri storico un sarcastico j'accuse
La Concessione del telefono, regia Roan Johnson su Rai1 il 23/3

Roma - Le lettere del maldestro Filippo Genuardi, commerciante di legnami, sono "pompose, ricche di aggettivi e come di piaggeria, inviate in numero spropositato al prefetto Vittorio Marascianno per ottenere la linea telefonica". A raccontarlo in una conversazione telefonica all'ANSA è l'attore siciliano Alessio Vassallo protagonista de 'La Concessione del Telefono' in onda su Rai1 lunedì 23 in prima serata. Dopo il successo di La mossa del cavallo e La stagione della caccia, l'immaginifico mondo dei romanzi storici ambientati a Vigàta nato dalla magica penna di Andrea Camilleri (autore di tutti i libri sul commissario Montalbano) torna in tv, arena di una nuova avventura. Dietro la macchina da presa il regista anglo-pisano Roan Johnson (già regista de La Stagione della Caccia). Il film tv, tratto dall'omonimo romanzo del grande scrittore siciliano scomparso a luglio, è ambientato in Sicilia nella seconda metà dell'800, una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction, prodotto da Carlo degli Esposti, Nicola Serra, Max Gusberti.
"Una storia che - prosegue Vassallo - nonostante il tono brillante ed esilarante, è un vero e proprio j'accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell'Italia intera. E' stato interessante passare nella recitazione continuamente dai toni della commedia a quelli del dramma, della tragedia. Intreccia infatti insieme rappresentazione dei meandri della burocrazia e della rete del potere. Ogni volta che torno a girare a Vigata, (la seconda con un film tratto da un libro storico di Camilleri, le altre due con Il giovane Montalbano), è un'emozione indescrivibile, è come recarmi nell'isola che non c'è di Peter Pan. Anche se confesso a chi me lo chiede rispondo sempre che esiste davvero. Per me immergermi in queste storie, negli odori nei sapori che amo di questa regione. Poi ho avuto il privilegio di conoscerlo anni fa questo gigante, un uomo per il quale ogni definizione è riduttiva. Ogni sua storia è una lezione di vita, ogni parola pronunciata, qualcosa da non disperdere, ha sempre calato l'asso di poker, quanto ci manca".
Ne La Concessione del Telefono Alessio Vassallo indossa i panni di Pippo Genuardi specializzato nel mettersi nei guai. Genuardi - spiega Vassallo - pur non essendo di nobili origini, riesce a conquistare il cuore di Taninè Schilirò (Federica De Cola), la figlia dell'uomo più in vista del paese, che le viene promessa in sposa. Genuardi ha un problema ama le donne (quasi quanto la tecnologia) e non si accontenta mai. Chiede al Prefetto Parascianno (Corrado Guzzanti), una linea telefonica nuova, che possa collegare la casa del suocero con il suo magazzino. Partono così una serie di lettere, che incardinano una serie di malintesi e fraintendimenti, che fanno sì che il Prefetto arrivi a considerare l'autore un pericoloso agitatore delle masse, mentre Don Lollò (Fabrizio Bentivoglio), il mafioso locale, lo crede una spia delle forze dell'ordine, incaricato di tenerlo sotto controllo ci si mette anche il questore (Thomas Trabacchi). "Io sono siciliano - dice - e la parola è un virus, una volta pronunciata di bocca in bocca anche se si tratta di pura menzogna diventa verità inappellabile".
A proposito di virus come sta vivendo l'emergenza sanitaria del covid-19? "Restando a casa a Roma, e attenendomi rigorosamente alle norme di sicurezza. E' l'unico modo se vogliamo che la situazioni migliori. Io ho i miei genitori in Sicilia non li vedo da tanto ma è giusto stare distanti, lo devono capire tutti, è per il bene dei nostri cari, non solo anziani. Esco per fare il giro del palazzo con il cane e torno su dopo 10 minuti. E' saltato l'inizio delle riprese di un film con Claudia Gerini, come me centinaia di attori sono fermi. Cosa ne sarà dopo non posso saperlo, cambieranno sicuramente le regole comportamentali a Roma come al sud ci si abbraccia, ci salutiamo con baci sulla guancia ci tocchiamo spesso. Oggi se vai a fare la spesa la gente che incontri si allontana, o abbassa lo sguardo, vedo quasi tutti con maschere o sciarpe. Mi spiace per i giovani ma sono i primi che mi sembra si stiano dando delle regole, e poi c'è più solidarietà a distanza, fra i vicini di casa. Se restiamo a casa, ce la possiamo fare". Il regista Roan Johnson della Concessione del Telefono spiega: "abbiamo provato a raccontare come la formalità della burocrazia diventi un gorgo in cui il nostro protagonista, e forse con lui il "senso" stesso della terra senza tempo in cui vive, verrà risucchiato. La beffa è che dentro quella voragine dello Stato e in quelle spire della Mafia, il Genuardi ci si è cacciato da solo. Ma perché si è "amminchiato" così tanto con questa diavoleria del telefono? Lo scopriremo solo nel finale a sorpresa".
Nicoletta Tamberlich
 
 

Corriere della Sera, 18.3.2020
Fiction
L’Ottocento di Andrea Camilleri nel tv-movie in onda su Rai1
Alessio Vassallo è il protagonista de «La concessione del telefono» tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore siciliano, con la regia di Roan Johnson

«Sono un perseguitato dalla burocrazia e vittima di quella che si potrebbe definire una fake news dell’800». Alessio Vassallo è protagonista del tv-movie «La concessione del telefono», tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, in onda su Rai1 il 23 marzo in prima serata con la regia di Roan Johnson.
«Il mio personaggio, Pippo Genuardi - racconta l’attore palermitano - fa il commerciante di legnami e, in verità, vive alle spalle del suocero, molto ricco, e della moglie. La sua unica ambizione è di poter avere la concessione di una linea telefonica, e alla fine si scoprirà il motivo: ha un’amante con cui vuole comunicare direttamente. Purtroppo entra in un vortice che lo condurrà a un esito drammatico. Questa storia è una lente d’ingrandimento sulla stupidità umana e sulle storture delle istituzioni burocratiche della Sicilia di quel tempo, e forse dell’Italia intera, dove era difficile persino spedire una raccomandata».
E la fake news in che consiste? «Per la mia insistenza nel voler ottenere la benedetta linea telefonica, vengo scambiato per un pericoloso sovversivo socialista, che sta tramando un colpo di Stato. E invece Pippo è uno che non muove eventi, è succube degli eventi: vengo incarcerato, poi assolto, poi devo fare i conti con la mafia e alla fine vengo pure ammazzato dal suocero quando questi viene a scoprire che la mia amante è la sua giovane moglie». Insomma una tragedia? «Apparentemente sì - ribatte Vassallo - ma con i toni esilaranti della commedia camilleriana. Anche il suocero, subito dopo l’omicidio del genero, si suicida, ma siccome l’omicidio passionale non può essere rivelato, la stampa ufficiale affermerà che siamo morti per l’esplosione di una bomba da me congegnata per compiere un atto rivoluzionario».
La concessione del telefono fa parte della trilogia C’era una volta Vigàta, aggiungendosi a La mossa del cavallo e La stagione della caccia. Prodotto da Rai Fiction e Palomar, il tv-movie vede nel cast anche Corrado Guzzanti (Prefetto Marascianno), Fabrizio Bentivoglio (il mafioso Don Lollò) e Federica De Cola nel ruolo della consorte di Genuardi, la dolce e risoluta Taniné. «È una moglie sicula atipica per l’epoca - afferma l’attrice - Da un lato è devota al marito, di cui è innamoratissima, dall’altro con grande spontaneità dichiara apertamente di provare piacere quando fa sesso con lui, anche tre, quattro volte al giorno. E lo dice spudoratamente al confessore (Padre Macaluso, interpretato da Ninni Bruschetta, ndr), che non le concede l’assoluzione». Anche la moglie adultera Lillina (Dajana Roncione) è una donna piuttosto risoluta. «Sì - conferma De Cola - da questa vicenda gli uomini ne escono molto male: sono corrotti, mafiosi, intriganti... Alla fine sono le figure femminili a uscirne vincenti».
E continua a essere vincente soprattutto Camilleri, costantemente presente in tv anche con il Commissario Montalbano. «Il grande scrittore è scomparso poco dopo aver firmato l’ultima stesura della sceneggiatura di questo film - racconta Vassallo - L’avevo già incontrato nel 2016 quando ebbe la cittadinanza onoraria di Agrigento, avendo l’onore di leggerne la motivazione. Prima ancora l’ho conosciuto per il Giovane Montalbano, dove interpretavo Mimì Augello, vicino a Michele Riondino: venne a trovarci sul set e ci disse: “Adesso fatemi vedere una bella scena”. Ricordo l’emozione che provai, recitando di fronte all’autore: era un po’ come recitare l’Amleto davanti a Shakespeare. Camilleri non è stato solo un romanziere importante. Nel momento attuale dove siamo invasi da stupide parole, lo considero un portatore sano di pensieri. Ci ha affidato il compito di custodirli».
Emilia Costantini
 
 

Cinecittà News, 18.3.2020
Nella Vigàta dell'800 con Camilleri e Roan Johnson

La collection C’era una volta Vigàta si arricchisce di un nuovo capitolo con La concessione del telefono per la regia di Roan Johnson. Dopo il successo di La mossa del cavallo e La stagione della caccia, che hanno entrambi superato il 30% di share, l’immaginifico mondo di Vigàta nato dalla penna di Andrea Camilleri torna in tv lunedì 23 marzo in prima serata su Rai1 il tv movie tratto dall’omonimo romanzo storico.
"Una storia che nonostante il tono brillante ed esilarante, è un vero e proprio j'accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell'Italia intera. Intreccia insieme rappresentazione dei meandri della burocrazia e della rete sfuggente del potere, un tema sempre attuale che parlando della situazione della Vigata postunitaria si riverbera sul paese e sull'oggi", spiega il protagonista Alessio Vassallo. "Ogni volta che torno a Vigàta, (la seconda volta con un film tratto da un romanzo storico di Camilleri, le altre due con Il giovane Montalbano), è un'emozione indescrivibile", dice l'attore. Vassallo veste i panni del maldestro Pippo Genuardi, piccolo ma ambizioso commerciante di legname, specializzato nel mettersi nei guai.
Ambientato in Sicilia nella seconda metà dell'800, il tv movie è targato Palomar in collaborazione con Rai Fiction, prodotto da Carlo degli Esposti, Nicola Serra, Max Gusberti. Nel cast Federica De Cola, Corrado Guzzanti, Fabrizio Bentivoglio.
Pippo Genuardi, nato a Vigàta il 3 settembre 1856, è un commerciante di legnami. Ma sia chiaro: quella non è la sua occupazione maggiore, anzi, potremmo dire che il suo vero talento è quello di cacciarsi nei guai. Spiantato, ironico, amante delle donne e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto sposando Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigàta, ma il nostro protagonista è appunto un uomo che in realtà non si accontenta mai. E così, spedendo tre lettere al Prefetto Marascianno (un napoletano paranoico e complottista), mette in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo "di rispetto" Don Lollò, che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso. Per ottenere l’agognata "concessione del telefono", infatti, Genuardi sarà disposto a tutto: cercare l’appoggio di suo suocero, ma anche della mafia; corrompere funzionari pubblici e tradire il suo vecchio amico Sasà. Il tutto sotto gli occhi del Questore Monterchi, venuto dal Nord, che osserverà sgomento e impotente il concatenarsi folle degli eventi.
"La concessione del telefono - spiega Roan Johnson - è la storia di tre piccole palle di neve (che nel film hanno la forma di tre lettere inviate da Pippo Genuardi al prefetto Marascianno) che, rotolando piano piano, diventeranno una valanga che travolgerà il nostro povero protagonista. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Camilleri che è un gioiello di ingegneria narrativa. Non solo per la struttura del libro così originale che alterna le 'cose scritte' (lettere, documenti, articoli di giornale) con le 'cose dette' (dialoghi secchi senza descrizioni). Ma anche perché la storia de La concessione del telefono è una sorta di bomba ad orologeria nascosta sotto un tavolo, di cui il lettore e lo spettatore possono solo intuire la presenza. E anche gli stessi personaggi e prima di tutto Pippo Genuardi non ne sentono il ticchettio, che aumenta di scena in scena. Pensano di essere più 'sperti di molti, ma quando capiranno di essere più scemi di altri sarà troppo tardi. Con il film abbiamo provato a rendere onore a questa originalità del libro di Camilleri, dividendo lo schermo in modo naturale per lasciare uno spazio in cui poter scrivere i vari documenti, e cercando con voci over e altre idee visive di mantenere la forza di come le parole sulle lettere e nei documenti raccontino cose diverse da quello che si vede o si sente. Così abbiamo provato a raccontare come la formalità della burocrazia diventi un gorgo in cui il nostro protagonista, e forse con lui il 'senso' stesso della terra senza tempo in cui vive, verrà risucchiato. E la beffa è che dentro quella voragine dello Stato e in quelle spire della Mafia, il Genuardi ci si è cacciato da solo. Ma perché si è 'amminchiato' così tanto con questa diavoleria del telefono? Lo scopriremo solo nel finale a sorpresa, come lo ha costruito il maestro siciliano, anche se nel film sono seminati indizi della verità al tempo stesso assurda e ovvia che sta sotto tutta questa vicenda. Un libro e un film che nonostante il tono brillante ed esilarante, sono un vero e proprio j’accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell’Italia intera. Una commedia sulla stupidità umana (da quella istituzionale e burocratica, fino a quella sentimentale) e, al tempo stesso, una satira sociale e politica di incredibile attualità".
"Un gioiello di racconto che brilla tra i titoli dell'offerta di Rai Fiction tenendo insieme l'intrigo, la ricchezza dei caratteri con l'importanza di temi sempre attuali, attraverso la chiave dell'ironia", sottolinea il direttore di Rai Fiction Tinni Andreatta. "Un film che offre al grande pubblico un felice incontro tra letteratura e televisione, un altro dono che ci ha lasciato Andrea Camilleri, uno dei romanzi in cui più si diverte a costruire paradossali congegni narrativi e a disegnare personaggi a partire dalla realtà storica della Sicilia dell'Ottocento. Rai Fiction con Carlo degli Esposti è orgogliosa di lavorare su questa produzione letteraria dei romanzi storici che rappresenta un fiore all'occhiello della nostra offerta, con la scrittura di Francesco Bruni, di Andrea Camilleri e di Roan Johnson che firma anche la regia che con eleganza di tocco intreccia i piani sfuggenti della storia e tratteggia una galleria di indimenticabili e irresistibili ritratti".
Il produttore Carlo Degli Esposti ha tenuto a sottolineare: "La concessione del telefono è uno dei più importanti tra i romanzi storici di Andrea Camilleri, che teneva tantissimo alla struttura letteraria del romanzo. Per Roan Johnson e Francesco Bruni è stato un lavoro lungo ed entusiasmante gomito a gomito con Camilleri fino a quando, soddisfatto, Andrea mi ha chiamato e mi ha comunicato che la sceneggiatura gli piaceva moltissimo".
Cristiana Paternò
 
 

La Repubblica, 18.3.2020
Alessio Vassallo in 'La concessione del telefono'. "Così Camilleri ride del potere"
L'attore, già Mimì Augello ne 'Il giovane Montalbano', è il protagonista del film in onda su Rai 1 tratto dal romanzo dello scrittore

«Per me il film è soprattutto un omaggio a Camilleri» dice Alessio Vassallo, «oggi siamo invasi da troppe parole, per me Andrea è stato un portatore sano di pensieri. E tutti abbiamo il compito di custodirli e tramandarli: ogni sua storia è una lezione di vita». L’attore palermitano, 36 anni, che ne Il giovane Montalbano era Mimì Augello ragazzo, interpreta La concessione del telefono, il film di Roan Johnson, lunedì su Rai 1, tratto dal libro a cui Camilleri era più legato. Ambientato nella Sicilia di fine Ottocento, racconta la tragedia di un uomo ridicolo, il povero Filippo Genuardi, commerciante di legnami, che chiede una linea telefonica e finisce vittima della burocrazia e del potere ottuso. Maestro di piaggeria, tradisce la moglie Taninè (Federica De Cola) scrive lettere imploranti al prefetto Marascianno (Corrado Guzzanti), dietrologo da ridere che lo crede un agitatore di masse, mentre il mafioso Don Lollò (Fabrizio Bentivoglio), lo considera una spia delle forze dell’ordine. Il questore (Thomas Trabacchi) prova a fare ordine, i guai sono appena cominciati. Nel cast anche Corrado Fortuna, Giugiù Gramaglia, Emmanuele Aita. «Gli attori sono straordinari, è la prima storia girata senza Camilleri» racconta Carlo Degli Esposti che con Palomar produce il film insieme a Rai Fiction, «Andrea lavorò a lungo alla sceneggiatura perché teneva tanto al romanzo. Voleva che la trasposizione televisiva, curata con Francesco Bruni e Johnson, non tradisse la struttura epistolare».
Vassallo, come vede Genuardi? Alla fine è anche lui una vittima.
«È totalmente vittima dagli eventi che non riesce a governare. Il suo è come il viaggio di Ulisse: incontra Polifemo, le sirene di turno, viene sbattuto da una parte all’altra, è perseguitato dallo Stato e dalla mafia. C’è una battuta molto bella, il delegato dice: “Non si preoccupi, tanto tre quarti dei siciliani si trovano tra la mafia e lo Stato”. E purtroppo è così».
Cosa l’ha colpita del romanzo?
«La costruzione: è una lente di ingrandimento sulla stupidità umana. Genuardi, perseguitato su due fronti, cerca di sfruttare qualunque occasione; è tragico e ridicolo. Traditore, vive alle spalle del suocero che gli compra tutto, anche il quadriciclo a motore: è venuto un signore da Londra per spiegarmi come guidarlo. Il libro ha un meccanismo perfetto, come nei film dei Coen: la palla di neve diventa valanga».
Una commedia degli equivoci con conseguenze tragiche. La trova attuale?
«Attualissima, spiega bene quanto la parola possa fare male. Una volta pronunciata, passa di bocca in bocca e anche se è menzogna diventa verità».
Sa che è il libro a cui Camilleri era più legato?
«Sì ed è tra i dieci libri più amati dai lettori. Ho sentito una grande responsabilità. È la quarta volta che vado a Vigàta: due per Il giovane Montalbano, poi per La stagione della caccia e ora con La concessione del telefono. È l’isola che non c’è, come quella di Peter Pan. Ma io dico sempre che esiste».
In che senso?
«È l’isola della mente e del cuore, dove riesco a non pensare. Il compito che abbiamo in questo momento è far volare gli spettatori con la fantasia. La concessione del telefono per me non è un film qualunque, ci ho messo tutta l’anima. Spesso la nostra categoria, quella degli artisti, viene relegata come minore. Invece anche noi abbiamo un compito importante: alleviare la solitudine delle persone che sono a casa. Le porteremo due ore a Vigàta».
Com’è stato l’incontro con Camilleri?
«Venne a trovarci sul set quando giravamo Il giovane Montalbano. Ero paralizzato: da siciliano ero a due passi dal mio mito. Si siede nel commissariato e ci guarda: “Ora mi fate vedere una bella scena”, un po’ come recitare l’Amleto davanti a Shakespeare. Poi l’ho incontrato quando gli hanno dato la cittadinanza di Agrigento, ho letto io la motivazione. Lui non vedeva già bene, si avvicina: “Sono Alessio, il giovane Mimì Augello”. Mi prende il viso tra le mani: “Mimi, stai diventando grande”. Quella carezza per me è stata una benedizione».
Cosa fa adesso?
«Resto a casa, come tutti. Dovevo girare un film con Claudia Gerini, è tutto fermo. Però cerco di fare lo stesso il mio mestiere. Propongo letture per il Teatro Biondo di Palermo che offre spettacoli in streaming. La tecnologia è importantissima ma sono convinto che dopo l’emergenza avremo voglia di guardarci negli occhi, di riempire le piazze e di stare insieme abbandonando gli aggeggi infernali che usiamo adesso».
Silvia Fumarola
 
 

Askanews, 18.3.2020
Video
"La concessione del telefono", Camilleri in prima tv
Il 23 marzo su Rai1 il film tratto dal romanzo storico

Roma – Cinema chiusi ma tv sempre accese in tempi di coronavirus, e dopo il successo delle due nuove puntate di Montalbano appena andate in onda, la Rai il 23 marzo trasmetterà in prima visione sul primo canale il film “La concessione del telefono”, tratto dall omonimo romanzo di Andrea Camilleri, scritto dallo stesso autore insieme allo sceneggiatore Francesco Bruni e al regista Roan Johnson.
L’immaginifico mondo di Vigata torna dunque in tv con nuovi interpreti: Alessio Vassallo, Thomas Trabacchi, Federica De Cola, Dajana Roncione, Corrado Fortuna, Ninni Bruschetta e con le partecipazioni di Corrado Guzzanti e Fabrizio Bentivoglio. La storia è quella del commerciante di legnami Pippo Genuardi, nato a Vigàta il 3 settembre 1856, che ha una particolare propensione a cacciarsi nei guai.
Spiantato, ironico, amante delle donne e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto dopo aver sposato la figlia dell uomo più ricco di Vigàta, ma non si accontenta mai e mette in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo “di rispetto” Don Lollò, che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso.
 
 

SiciliaFan, 18.3.2020
‘U scrusciu d’u mari, ascolta la splendida canzone di Montalbano

‘U scrusciu d’u mari è la canzone di Olivia Sellerio che avete sicuramente sentito durante l’episodio del Commissario Montalbano intitolato “La rete di protezione“.
In tanti sono rimasti affascinati dalla melodia e dalle parole che raccontano la nostra Isola in modo toccante. Nella voce di Olivia Sellerio c’è tutto il sentimento di un’intera isola, una malinconia di fondo che viene dolcemente cullata dalle onde.
Il titolo prende spunto da una celebre citazione di Andrea Camilleri. A un giornalista che, un giorno, gli chiese cosa gli mancasse della Sicilia, lui rispose: ‘U scrusciu d’u mari. Dopo la messa in onda di “La rete di protezione”, tanti si sono messi alla ricerca della canzone ascoltata, ed eccola qui.
Olivia Sellerio ha già scritto in passato i testi per la colonna sonora della serie tv Il Commissario Montalbano.


 
 

Il Giornale, 18.3.2020
Teledico

Intendiamoci: grazie a Dio la Rai (e la Palomar) ci regala ancora sceneggiati preziosi come l'ultima puntata del Commissario Montalbano.
In questo momento in cui abbiamo bisogno di distrarci dalle notizie e della paura del Coronavirus, e in cui viviamo quasi in uno Stato di Polizia, affidarci per qualche ora a un poliziotto onesto, scrupoloso e attento al fine più che al rispetto preciso delle regole, non ci fa che bene. Infatti lunedì sera La rete di protezione ha catturato quasi nove milioni e mezzo di spettatori per il 33% di share. Però si può dissentire senza recare offesa rispetto all'elogio universale che accompagna sempre la serie tratta dai libri di Camilleri? Ecco: la puntata dell'altra sera ci ha lasciati un po' perplessi. Certo, nell'atmosfera di Vigata bisogna lasciarsi immergere, accettare le contraddizioni, gli ingarbugli di sceneggiatura, le parti incongruenti, le ingenuità delle indagini, le assurdità delle richieste che arrivano al Commissariato: fanno parte della scrittura di Camilleri. Però, forse, nella trasposizione della Rete di protezione erano fin troppo esagerate. Intanto pare troppo forte lo stacco tra la prima parte in cui si indaga su vecchio omicidio e la seconda in cui si passa repentinamente al giallo di banditi armati in una scuola con Mimì (Cesare Bocci) che nel giro di pochi minuti si trasforma da incallito «tombeur de femmes» a protagonista di una sparatoria nella classe del figlio. In mezzo, per alleggerire, il set di un film svedese a Vigata. Ma le tre parti non sono per nulla ben amalgamate né equilibrate. Certo, tutto da perdonare perché, si sa, durante le riprese è scomparso il pilastro della serie, il regista Alberto Sironi. E Zingaretti è subentrato cercando di rispettarne il lavoro, ma il passo non può che essere diverso. Detto questo, aspettiamo il terzo episodio il prossimo anno e speriamo che tutta la squadra vada avanti e ci regali anche i capitoli finali.
Laura Rio
 
 

Alganews, 18.3.2020
Sì, un po' meglio il secondo Montalbano

“Speriamo che sia venuto meglio l’episodio di lunedì prossimo” scrivevo martedì scorso qui su Facebook dopo aver visto l.a prima puntata del nuovo dittico televisivo di Montalbano. “Salvo amato… Livia mia” mi era sembrato davvero mal girato, diretto e interpretato, beninteso nella certezza che gli ascolti sarebbero stati straordinari (e così è stato: quasi 10 milioni di spettatori). In effetti la puntata di ieri sera, “La rete di protezione”, la seconda diretta alla regia dallo stesso Luca Zingaretti dopo la morte dello “storico” regista Alberto Sironi, m’è parsa più piacevole, diciamo meno abborracciata. Certo le tre vicende risultano intrecciate così così, nel romanzo è più facile tenerle insieme, ma da sempre i gialli di Camilleri lavorano non sulla “detection” in senso stretto ma sulla qualità umana dei retroscena, sulla scoperta di ciò che c’è dietro all’atto criminale in senso stretto.
Puntata un po’ all’insegna del cinema nel cinema: una folcloristica troupe svedese gira un film in costume nei paraggi di Vigàta e Mimì non sa resistere alla bellezza dell’attrice protagonista in vena d’avventure galanti; un filmino di famiglia ripetuto nel tempo e ritrovato per caso in soffitta nasconde invece una lontana storia di gemelli finita malissimo con un colpo di pistola. Infine un po’ di bullismo in classe, a spiegare in parte il titolo, con una strana irruzione di due uomini mascherati, armati di pistole.
Zingaretti m’è sembrato più concentrato dell’altra volta, sia sulla regia sia sulla recitazione; e in ogni caso la forza della serie consiste ormai nelle non cruciali variazioni poliziesche rispetto alla struttura di fondo, fatta di tormentoni comici, appuntamenti culinari, affondi dialettali, presenze femminili eccentriche (qui la bella traduttrice svedese). Gli ascolti anche oggi saranno eccezionali, vedrete, in attesa del terzo episodio girato da Zingaretti e rinviato alla stagione prossima. La cronaca registra molti abbracci, baci e strette di mano nel corso dell’episodio. Quasi reperti di un mondo lontano, non ancora fiaccato dal quel maledetto virus che ha messo molta distanza tra tutti.
PS. Ho sperato che lo spot sulla pasta Garofalo con Zingaretti e sua moglie Luisa Ranieri stavolta non sarebbe andato in onda all’interno della puntata. Niente da fare.
Michele Anselmi
 
 

YouMovies, 18.3.2020
Andrea Camilleri sul coronavirus: il messaggio che arriva dal passato
Andrea Camilleri è stato uno degli scrittori più amati di tutta Italia che, in un suo vecchio libro, ha scritto di una peste simile al coronavirus.

Andrea Camilleri è stato uno dei più grandi scrittori in Italia e nel mondo, creatore di tantissimi personaggi passati alla storia della letteratura come ad esempio il Commissario Montalbano.
Inconsapevolmente, però, il noto scrittore scomparso circa un anno fa ha mandato un “messaggio”, per così dire, a tutti all’interno di uno dei suoi libri più amati e che, sicuramente, oggi più che mai è moderno ed attuale vista l’epidemia di coronavirus.
Ecco di cosa si tratta: i suoi fan non se lo dimenticheranno mai.
Camilleri nel suo libro “La setta degli angeli” aveva parlato di una colera che, nel 1901, aveva colpito l’Italia. In realtà, però, questa vera e propria epidemia, in quel caso, non era reale ma tutti lo hanno creduto e, per questo motivo, si crearono quelle che oggi vengono definite “fake news”, ossia notizia false che rimbombano da una parte e dall’altra.
Si teme una vera e propria “invasione” del Maligno ed iniziano ad infamare colui che viene visto come il capro espiatorio di tutto questo, Teresi, che sembra essere quasi in combutta con il diavolo.
Sicuramente questo libro, che consigliamo caldamente, ha senz’altro degli agganci con il nostro presente: purtroppo per noi, però, l’epidemia da Covid-19 è assolutamente reale anche se, purtroppo, sul web e non solo continuano a circolare tantissime notizie false, vere e proprie bufale, che contribuiscono a creare un “nemico” da combattere.
Dapprima era stato individuato il popolo cinese, ora siamo noi italiani: insomma, l’importante è dare sempre la colpa a qualcuno. Camilleri, anche in questo caso di aveva vista davvero lunga ed il suo messaggio ci fa capire quanto la storia, ancora una volta, si ripeta sempre. I Promessi Sposi, in tal senso, ne sono un chiaro esempio.
Francesco Bergamaschi
 
 

Moondo, 18.3.2020
Diario di una quarantena
Il libro sul comò

Nel mezzo del cammin di questa quarantena, mi ritrovai a citare alcuni pensieri di Camilleri. Ero con un mio vecchio amico, un tipo molto curioso, nel senso di strano! Voleva calcolare e calcolava tutto nella vita: come prendere un bicchiere dal tavolo e che forza avesse quel corpo, in che istante cadeva il fermaglio della sorella a terra; ma in quella forza, in quell’istante non ci aveva mai inserito la poesia, l’amore, il pathos. Non si era mai affacciato al mondo della letteratura, della poesia, delle emozioni.
Fa lo scienziato, dice, e vi dirò una cosa, ha un cuore freddo come il ghiaccio: decisi che lo avrei sciolto tutto e avrei potuto farlo solo avvicinandolo alla letteratura. Siamo vicini di casa, ci separano due balconi distanti, ma non troppo.
Dal mio balcone comincio a leggere Camilleri: “Bisognerebbe far capire che andare a teatro o leggere un libro non è un passatempo: in realtà è anche un passatempo se vogliamo, ma è anche qualcosa di più, cioè a dire, un crescere da uomini, da cittadini, un capire il mondo, un conoscere l’infinita quantità di cose che ignoriamo, cioè un continuo arricchimento“.
Il silenzio della quarantena fece arrivare facilmente la mia voce per cui lui sbuffa e borbotta: «questo è pazzo» Per rincarare la dose , mi son servita del grande Umberto Eco:
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro’.
Con disinvoltura, ribatte: «s’eran messi d’accordo questi due!»
Allora risposi: «okay, ti faccio ascoltare una citazione di Cicerone che visse nel I secolo a.C : ‘Se presso alla biblioteca ci sarà un giardino, nulla mancherà…’»
Lui un po’ irritato mi chiede «Forse non ci avevo mai riflettuto a lungo e… cos’era per me la letteratura?
Pensandoci un po’ ho risposto «Lui mi guardò meravigliato e mi rispose «passami il libro che hai sul comò, lo inizierò a leggere!».
Ho vinto!
#iorestoacasaeleggo
Aurelia Merola
 
 

Il Napolista, 19.3.2020
L'altro Napolista
La regia di Zingaretti accende le polemiche: non è più lo stesso Montalbano
C’è dibattito sull’episodio “La rete di protezione”. Molti sono nostalgici dello stile dello scomparso Sironi e avvertono la mancanza di alcuni personaggi

Mentre nella relazione illustrativa all’ultimo Decreto economico si scrive che le misure messe in opera servono anche al non “disperdimento del capitale umano (sigh)”, gli italiani ignari del Diritto e delle Pandette si sperticano sul web accapigliandosi sulla lite sanitaria Nord-Sud: GallivsAscierto. La nostra vocazione italica ai Guelfi ed ai Ghibellini però ha un topic inaspettato: sulla Rete e sui social è in corso l’ennesima faida tra seguaci della regia di Montalbano vecchio stile – il defunto Alberto Sironi – e quella nuova fatta da Luca Zingaretti – allenatore e giocatore – per completare i due episodi visti gli ultimi lunedì; ma soprattutto ci si accende su quello proposto per ultimo “La rete di protezione”.
Forse chi legge non sa che sui social – soprattutto Facebook – ci sono più gruppi di Montalbano e di Andrea Camilleri che tribù calcistiche. Senza citare profili posso dirvi che si va per l‘ultima regia dal “pasticicciata” al a contrario “viva la Sicilia, viva Montalbano”. “La rete di protezione” è un libro di Camilleri in cui si fondono tanti lacerti investigativi senza un episodio centrale che possa fungere da storia mainstream: se nella lettura questo si vede poco data la grande maestria di Camilleri, sul video – al di là della comprovata bravura degli sceneggiatori Francesco Bruni, Leonardo Marini e Salvatore De Mola -, chiaramente un’eventuale regia si smozzica. C’è poi da dire che Zingaretti (Luca) è un cinquantenne tonico e scattante come attore ed anche nella regia si nota un ritmo che un Sironi per età e per vicinanza ai dettami di Camilleri non poteva avere.
Ma apriti cielo c’è chi si dice deluso profondamente perché “mi manca Pasquano”, il vecchio medico legale interpretato dal defunto bravo attore siciliano Marcello Perracchio, mentre altri si lamentano che nel libro c’era la svedese Ingrid – interpretata dalla solare attrice svedese Isabell Sollman -, mentre nella fiction no. È incredibile come l’attaccamento a questa fiction crei tribù sul vecchio e il nuovo che necessariamente dovranno aumentare perché – se la serie andrà avanti; è previsto un episodio tratto “Il metodo Catalanotti” che andrà in onda nel 2021 – la regia Zingaretti produrrà cambiamenti anche importanti sul carattere del personaggio più amato dal popolo dei teleutenti italiano. E lunedì prossimo ci sarà una replica delle polemiche sulla trasposizione de “La concessione del telefono” cronachetta storica alla Sciascia del maestro di Racalmuto? “Sissi… “.
Vincenzo Aiello
 
 

La Nuova Ferrara, 20.3.2020
Il personaggio
«Il già fatto è alle spalle, cerco l’inaspettato come parlare il siciliano di Camilleri»
Bentivoglio interprete nel film “La concessione del telefono” in onda lunedì su Rai 1 per la regia di Roan Johnson

Anche se i toni vogliono comunicare altezzosa supremazia, il mafioso in doppiopetto, interpretato da Fabrizio Bentivoglio nella Concessione del telefono, è solo un contadino arricchito che, a fatica, pratica le buone maniere. Simbolo di una mafia agli albori, ancora strettamente legata al possesso della terra, don Lollò Longhitano è un classico archetipo del mondo di Andrea Camilleri, una di quelle figure in cui ignoranza e senso del grottesco si mescolano al meglio, lasciando un segno indelebile in chi ha il piacere di incontrarle: «Purtroppo non ho mai conosciuto Camilleri di persona – dice l’attore –, so che questa è l’ultima sceneggiatura che ha licenziato e che ci teneva tantissimo. Mi sarebbe molto piaciuto avere il suo parere sul film che ne è stato tratto, chi lo ha conosciuto mi dice che l’avrebbe gradito». Diretta da Roan Johnson, tratta dal romanzo omonimo (Sellerio Editore), in onda su Raiuno lunedì prossimo, La concessione del telefono è, secondo il regista, «una commedia sulla stupidità umana, da quella istituzionale e burocratica, fino a quella sentimentale e, al tempo stesso, una satira sociale e politica di incredibile attualità». Una cornice in cui Bentivoglio, stavolta alle prese con il siciliano arcaico e fantasioso dell’autore, si è trovato a suo agio: «Di Camilleri ammiro la capacità di mettere in luce, anche in una storia di fine 800, prerogative nostre, contemporanee. Qui si racconta la storia di uno sciocco che si fa del male credendo di farsi del bene, che si va a mettere nei pasticci con le sue mani, chiedendo intercessioni a suo favore che gli provocano solo guai».
IL FUTURO
Cappello nero sopra la chioma bianca, completo scuro e panciotto, Bentivoglio cittadino di Vigata è anche interprete divertito dalla sfida di un personaggio nuovo, diverso da tutti quelli fatti finora: «Per un attore la possibilità di scegliere è sempre relativa, legata alle offerte che riceve, però è vero che io cerchi sempre di indirizzare l’andatura verso qualcosa di differente, di inaspettato, qualcosa che crei sorpresa, per chi vedrà e anche per me stesso. Il già fatto è fatto, non ci voglio nemmeno pensare, penso al resto, a quello che non avevo nemmeno previsto di poter fare».
[...]
Fulvia Caprara
 
 

GQ Italia, 20.3.2020
«La concessione del telefono», Alessio Vassallo nella pazza Sicilia dell '800 di Camilleri
L'attore recita per la seconda volta in un film tratto da un romanzo storico di Andrea Camilleri. La prima (e purtroppo l'ultima) esibendosi davanti a lui («è stato come fare Amleto davanti a Shakespeare»)

Fa il baciamano. Ha una fede calcistica inattaccabile. Il suo cuore batte soprattutto per una regione italiana del sud. Tre attitudini fanno un uomo, ed emergono subito. Anche se si ragiona sul momento straordinario che stiamo vivendo, ed è chiaro che non c’è un modo di evitare l’argomento: l’emergenza Covid-19 li batte tutti. «Quando non lavoro sono un tipo che si ritira in quarantena di suo», racconta. «Sto a casa a leggere, suono la chitarra, scrivo. Ma in questi giorni è diverso, quando esco a fare la spesa e mi ritrovo in coda con altre persone l’atmosfera è pesante. Ma occorre stare in casa, continuo a ripetere anche a mio padre di fare la spesa on line». Alessio Vassallo è interprete di spot pubblicitari e di molte serie tv di successo. Sul piccolo schermo si è fatto i muscoli dopo essere arrivato a Roma dalla Sicilia, nel 2007, poco più che ventenne, e aver studiato all’Accademia d’Arte drammatica Silvio d’Amico. Poi è approdato sul grande schermo, dove lo abbiamo visto in film come Viola di mare e L'ultimo re.
Ma la popolarità l’ha raggiunta con il personaggio di Mimì Augello, “lo sciupafemmine” interpretato in Il giovane Montalbano di Gianluca Maria Tavarelli, senza smettere mai di frequentare il teatro, meglio ancora se impegnato come quello prodotto da Giulia Minoli, che combatte la mafia a colpi di cultura.
Il 23 marzo su Rai 1 Vassallo sarà il protagonista di La concessione del telefono, terzo romanzo storico di Camilleri a diventare film, diretto dal regista toscano Roan Johnson e da lui sceneggiato insieme a Camilleri stesso. Una storia ben articolata e ben interpretata (ci sono anche Fabrizio Bentivoglio, Thomas Trabacchi e Corrado Guzzanti), che racconta di Pippo Genuardi (Vassallo stesso), un commerciante di legnami dell’Ottocento che vuole mettere una linea telefonica privata in casa, e per questo scrive tre lettere a un prefetto. Il motivo di questa fissazione si scoprirà solo alla fine del film, quando si capirà perché ha fatto di tutto per ottenerla, incluso cercare l’appoggio della mafia e tradire il suo migliore amico. Gli chiedo quale sia la battuta più importante del film, «la dice il delegato delle Polizia quando parla con mio suocero», racconta. «“povero Pippo”, dice parlando di me, “è totalmente perseguitato schiacciato dalla mafia”, e il suocero risponde “succede ai tre quarti dei siciliani, di essere schiacciati fra la mafia e i poteri dello Stato”»
La concessione del telefono è stato definito dal regista un film sulla stupidità umana.
«Con tanto di lente di ingrandimento, anche sulla stupidità della burocrazia. Siamo nell’800, ma il rapporto fra cittadino e burocrazia è rimasto lo stesso. Ogni sua azione crea una serie di equivoci assurdi, verrà addirittura perseguitato dalla mafia. È un film alla Coen, penso a Fargo: entri in una macelleria, compri un pezzo di pollo e da lì in avanti succede il finimondo».
Cristiana Allievi
 
 

RomaDailyNews, 20.3.2020
Gli appuntamenti digital della Casa del Cinema dal 23 al 30 marzo

Campidoglio, #laculturaincasa su web e social.
Roma Capitale della cultura, aderendo alla campagna #iorestoacasa, prosegue le attività su web e social con il programma #laculturaincasa. Sono tantissimi gli appuntamenti, gli approfondimenti e i video che le istituzioni culturali di Roma Capitale mettono a disposizione online per tutti, per tutta Italia, in questo periodo. Il canale social @culturaroma darà aggiornamenti quotidiani con hashtag #laculturaincasa.
Di seguito gli appuntamenti digital a cura della Casa del Cinema
Lunedì 29 sarà inaugurato un nuovo spazio, in cui verrà riproposto, in collaborazione con CSC-Cineteca Nazionale, il meglio de “I lunedì della Cineteca” (si potrà rivedere l’incontro “Camilleri secondo Camilleri”, con Andrea Camilleri, Marco Bellocchio, Giancarlo Giannini, Carlo Verdone, Alfredo Baldi, Pif e Felice Laudadio).
[...]
 
 

Ufficio Stampa Rai, 21.3.2020
RAI 1 23 MAR 2020, 21:25
La concessione del telefono
Per la collection "C'era una volta Vigàta", in onda in prima visione in prima serata lunedì 23 marzo

La collection "C’era una volta Vigàta" si arricchisce di un nuovo capitolo con La concessione del telefono per la regia di Roan Johnson. Dopo il successo di "La mossa del cavallo" e "La stagione della caccia", che hanno entrambi superato il 30% di share, l’immaginifico mondo di Vigàta nato dalla magica penna di Andrea Camilleri torna in tv, arena di una nuova avventura, in prima visione e in prima serata su Rai1 lunedì 23 marzo. La concessione del telefono, tratto dall’omonimo romanzo storico di Camilleri edito da Sellerio editore, una produzione PALOMAR in collaborazione con RAI FICTION, riporta alla ribalta l’immaginaria cittadina, resa unica dalla fantasia del grande scrittore siciliano.
Pippo Genuardi, nato a Vigàta il 3 settembre 1856, è un commerciante di legnami. Ma sia chiaro: quella non è la sua occupazione maggiore, anzi, potremmo dire che il suo vero talento è quello di cacciarsi nei guai. Spiantato, ironico, amante delle donne e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto sposando Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigàta, ma il nostro protagonista è appunto un uomo che in realtà non si accontenta mai. E così, spedendo tre lettere al Prefetto Marascianno (un napoletano paranoico e complottista), mette in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo “di rispetto” Don Lollò, che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso. Per ottenere l’agognata “concessione del telefono”, infatti, Genuardi sarà disposto a tutto: cercare l’appoggio di suo suocero, ma anche della mafia; corrompere funzionari pubblici e tradire il suo vecchio amico Sasà. Il tutto sotto gli occhi del Questore Monterchi, venuto dal Nord, che osserverà sgomento e impotente il concatenarsi folle degli eventi.
Per ulteriori approfondimenti, NewsRai dedicato.
 
 

SicilyMag, 21.3.2020
Alessio Vassallo: «Quando hai a che fare con uno scrittore come Camilleri ti affidi alle sue parole»
SUGNU SICILIANU Parla l'attore palermitano che interpreta Filippo Genuardi il personaggio centrale del film per la tv "La concessione del telefono", in onda su Rai Uno il 23 marzo, e tratto dal celebre romanzo dello scrittore empedoclino: «Il lavoro sulla lingua è stato davvero molto importante anche se io, venendo da due stagioni de "Il giovane Montalbano" e da "La stagione della caccia", sono stato sicuramente più agevolato»

In data 12 giugno 1891 il vigàtese Filippo Genuardi, commerciante di legnami, scrive al Prefetto di Montelusa, Vittorio Parascianno, per ottenere la concessione di una linea telefonica a uso privato. Inizia così il romanzo di Andrea Camilleri “La concessione del telefono” (edito da Sellerio), per arrivare attraverso un’escalation di eventi, che interesseranno principalmente il giovane Genuardi, verso un finale inaspettato. Per una linea telefonica vi chiederete voi? Ebbene sì, perché Andrea Camilleri non è scrittore che babbìa e nelle sue opere riesce sempre a trovare l’equilibrio perfetto tra ironia, beffa e dramma. Dal romanzo, pubblicato nel 1998, nasce l’omonimo film, prodotto dalla Palomar in collaborazione con Rai Fiction, che Rai1 trasmetterà lunedì 23 marzo alle ore 21.25 in prima assoluta, per poi restare on demand sulla piattaforma web Raiplay.
Un evento imperdibile perché a firmare la sceneggiatura, insieme al regista Roan Johnson e a Francesco Bruni, è stato lo stesso Camilleri. Nei panni di Filippo “Pippo” Genuardi troveremo il palermitano Alessio Vassallo, volto noto di molte serie televisive come Squadra antimafia-Palermo oggi 2, I Borgia, Romanzo siciliano, Passeggeri notturni, protagonista anche di molti film e spettacoli teatrali. Lo abbiamo intervistato per farci rivelare tutti i segreti dell’ultimo capitolo della trilogia “C’era una volta Vigàta” (dopo La mossa del cavallo andato in onda il 26 febbraio 2018 e La stagione della caccia andato in onda il 25 febbraio 2019), per parlare di Mimì Augello, da lui interpretato nella serie tv Il giovane Montalbano, e del legame con lo scrittore empedoclino.
Ci racconta di quella volta che bloccato in un letto d’ospedale per n’appendicectomia ha scoperto la recitazione?
«Avevo diciassette anni e mi ricoverarono in ospedale a Palermo per un’appendicite. Nel letto accanto al mio c’era un insegnante di recitazione, anche lui operato da poco, che un giorno mi disse “quando ci dimettono perché non vieni a fare un corso di teatro da me?”. Mi sembrò una cosa assurda, come se ti dicessi “domani facciamo paracadutismo insieme?” e invece sono andato e da lì mi si è aperto un mondo. Ho scoperto di avere anch’io un canale d’espressione nonostante la timidezza. Così dopo il diploma sono andato a Roma dove, dopo tre mesi di selezioni, sono entrato all’Accademia d’Arte Drammatica. Ogni volta che guardo la mia cicatrice mi ricordo che da lì è iniziato tutto».
Lavorare con Roan Johnson sembra portarle particolarmente fortuna. Con “Fino a qui tutto bene” vi siete aggiudicati il premio del pubblico al Festival internazionale del Film di Roma e ora con “La concessione del telefono” arriva anche il suo primo ruolo da protagonista.
«Con Roan siamo rodati, abbiamo fatto Fino a qui tutto bene, l’anno scorso La stagione della caccia e adesso La concessione del telefono. In questo film ho avuto una grande responsabilità, non solo per il ruolo da protagonista, quindi il motore di tutta la storia, ma anche perché è il libro più amato da Camilleri e da tantissimi italiani. Inoltre con Roan ci lega un’amicizia che dura da molti anni, per cui mi bastava davvero poco per capire quello di cui aveva bisogna. Il libro poi è un romanzo epistolare quindi riuscire a fare una trasposizione in immagine delle lettere di Camilleri, non è stata un’impresa facile ma lui c’è riuscito. Siamo giunti al terzo film, mi auguro che a breve riusciremo a fare anche il quarto».
Come ha costruito il personaggio di Filippo Genuardi? In particolare qual è stato il lavoro che ha fatto sulla lingua camilleriana?
«È stata una grande sfida perché da una scena all’altra si passava dalla commedia più spinta al dramma più profondo. Era come salire sulle montagne russe, con un continuo cambio di registro interpretativo. In più quando hai a che fare con uno scrittore come Camilleri ti affidi totalmente alle sue parole, quindi ho rispettato pedissequamente la sua partizione mantenendo anche il siciliano, che in alcuni momenti è volutamente stretto. Il lavoro sulla lingua è stato davvero molto importante anche se io, venendo da due stagioni de Il giovane Montalbano e da La stagione della caccia, sono stato sicuramente più agevolato. Diciamo che essendo un cittadino di Vigàta e frequentando quel linguaggio da tempo per me è stato indubbiamente più semplice (ride)».
A proposito di Andrea Camilleri, sembra che la prima volta l’abbia incontrato proprio durante le riprese de Il giovane Montalbano.
«Ricordo che venne a trovarci sul set e a un certo punto ci chiese con la sua voce roboante “ora mi fate vedere una bella scena”. Si sedette sulla poltrona del famigerato Commissariato e, a macchina da ripresa spenta, cominciammo a recitare davanti a lui come in uno spettacolo privato. Fu un’emozione incredibile, come se Pirandello ti chiedesse di fargli un pezzo tratto dai Sei personaggi in cerca d’autore. È stata un’esperienza davvero unica perché ogni volta c’è l’onore di dare voce e corpo a personaggi scritti da uno degli autori più grandi del Novecento».
Ne “Il giovane Montalbano” ha vestito i panni di Mimì Augello, particolarmente incline al fascino femminile, e sembra che anche Filippo Genuardi non sia da meno. Alessio Vassallo invece che valore dà alla fedeltà?
«Per me è fondamentale e va di pari passo con la fiducia. Ogni rapporto, anche l’amicizia, va costruito attraverso la fedeltà perché solo così si possono mettere le fondamenta per una relazione solida. I grandi amori o le grandi amicizie, che durano da molti anni sono quelle in cui ti fidi e ti affidi totalmente all’altra persona».
A proposito d’amicizia, con chi ha legato di più sul set?
«Diciamo che, a questo giro, oltre che con Roan, c’erano anche Dajana Roncione (nel film Lillina Lo Re ndr) che è stata per tre anni mia compagna d’Accademia e Federica De Cola che qui interpreta mia moglie (Taninè Schilirò ndr), con la quale feci La vita rubata con Beppe Fiorello. Quindi tutte persone con le quali avevo già un’amicizia stretta».
Invece con gli attori di Montalbano che rapporto ha?
«Con Cesare Bocci, il mio alter ego, ci siamo incontrati qualche volta in occasione di eventi legati a Camilleri e a mezzo stampa ci siamo scambiati sempre manifestazioni di affetto reciproco. Luca Zingaretti, invece, l’ho incontrato solo una volta, per una partita di calcio per beneficenza e posso dire che è molto forte».
Tornando a La concessione del telefono, Filippo Genuardi è anche un appassionato di tecnologia. Nella sua vita invece che ruolo ricopre?
«Nel film è stato molto divertente guidare il quadriciclo a motore. Credo fosse di proprietà di un collezionista siciliano, per metterlo in moto hanno fatto venire addirittura un esperto da Londra. Sembra una barca ma ricorda anche una macchina, silenziosissimo. Guidarlo è stato un momento incredibile, d’altra parte è uno dei tanti vezzi che Filippo Genuardi si può permettere grazie ai soldi del suocero, che lo accontenta in tutto. Io invece ho un rapporto abbastanza buono con la tecnologia la uso, in particolare i social, per promuovere dei contenuti o per comunicare, come in questo periodo, quello che faccio. Mai per timbrare il cartellino, come accade spesso alle nuove generazioni che puntano più a esserci che all’essere».
Per #Biondostreaming, i contenuti da vedere on line a causa della chiusura del teatro causa Coronavirus, ha letto Una storia d’amore e di tenebra di Amos Oz ed è stato fra i protagonisti dello spettacolo Dieci storie proprio così. Cosa pensa di questa modalità di fruizione?
«Me l’hanno chiesto e sono stato d’accordo visto il momento, ma è qualcosa che può durare giusto un mese. Il teatro non si può fare in streaming, il teatro è contatto, condivisione, è sentire le persone accanto a te che guardano lo spettacolo o le scarpe degli attori che battono sul palcoscenico. Certo in un momento come questo permette di divulgare cultura e intrattenere il pubblico a casa ma il teatro è vivo e qualcosa che avviene in quel momento. Non è il live filtrato da uno schermo o da una telecamera, semplicemente è realtà».
Laura Cavallaro
 
 

Bif&st, 21-28.3.2020

L'evento è stato rinviato al 22-30 agosto 2020, il programma è in fase di revisione

Il Bif&st 2020 renderà omaggio a due grandi personalità della cultura, grandi amici del festival, scomparsi nel 2019: Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti. Verranno presentati:

Ugo e Andrea
Regia Rocco Mortelliti
Cast Andrea Camilleri, Ugo Gregoretti
Anno di produzione 2005
Paese di produzione Italia
Durata 60'
Scherzi, battute, ricordi, note biografiche e autobiografiche, pensieri profondi narrati con divertito distacco, molta ironia e consapevole condivisione: sono gli ingredienti di questo affettuoso dialogo a due voci e in “falso movimento” – filmato dalle loro rispettive figlie, Andreina e Orsetta – fra un gigante della narrativa, Andrea Camilleri, e un titano della rivoluzione del linguaggio televisivo e audiovisivo, Ugo Gregoretti. Due persone uniche e ineguagliabili, che hanno donato tanto in termini di cultura e nel modo di vedere il mondo.

La Lezione di cinema di Andrea Camilleri al Bif&st 2014



A cavallo di un cavillo
Regia Orsetta Gregoretti
Cast Andrea Camilleri, Felice Laudadio
Anno di produzione 2003
Paese di produzione Italia
Durata 40'
Camilleri racconta il suo lungo e (solo) inizialmente contrastato rapporto col suo Maestro all’Accademia Nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma: Orazio Costa, che è stato anche il maestro di recitazione di Gian Maria Volonté e dei più grandi attori italiani del XX secolo.

Camilleri secondo Camilleri, una lunga intervista videoregistrata di Felice Laudadio a Andrea Camilleri.
 
 

Rai News 24, 22.3.2020
"La concessione del telefono" di Andrea Camilleri lunedì su Rai1
Cliccare qui per vedere il servizio video

Dopo il successo di "La mossa del cavallo" e "La stagione della caccia", l'immaginifico mondo di Vigàta di Andrea Camilleri torna su Rai Uno lunedì 23 marzo in prima serata con "La concessione del telefono", per la regia di Roan Johnson. RaiNews24 ha intervistato il protagonista, l'attore siciliano Alessio Vassallo.
Paola Marinozzi
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.3.2020
Alessio Vassallo conquista Vigàta “Ricorda un po’ la mia Palermo”

Il ragazzo di Mondello ha realizzato il sogno di recitare in una Vigàta, che per la prima volta diventa Palermo. È stata girata in città, infatti, una parte della fiction "La concessione del telefono" dal libro di Andrea Camilleri. Domani sera, su RaiUno, l'attore palermitano Alessio Vassallo, 36 anni, sarà Filippo Genuardi, il commerciante di legname che voleva una linea telefonica privata e rimane imprigionato in una Sicilia senza tempo, tra burocrazia, Stato e mafia. «Sono tornato a Palermo in un appartamento di via Maqueda racconta Vassallo - la città è cambiata e per la prima volta è diventa Vigata, un'isola che non c'è ma che esiste»
Come si è preparato per interpretare Filippo Genuardi?
«È stata una delle prove più difficili della mia carriera. Il romanzo corre sul doppio binario delle "cose scritte" e delle "cose dette", e il regista Roan Johnson ha avuto la grande capacità di trasformare le cose scritte, le lettere, in immagini. A me il compito di interpretarle, in un film che spazia dal tono di commedia al dramma più profondo, come una giostra».
Un'innocua richiesta di attivare una linea telefonica si trasforma in un pasticcio burocratico, tra Stato corrotto e mafia...
«Una pallina di neve che diventa una valanga e una storia siciliana di mala burocrazia, vera a fine Ottocento come oggi. C'è una parte in cui il suocero di Genuardi, mentre lo consola delle sue sventure, gli dice di stare tranquillo, perché tre quarti dei siciliani si trovano schiacciato tra i poteri forti dello Stato e la mafia. Alcune storture e contraddizioni non sono cambiate».
Sullo sfondo resta l'eterna Vigàta, che lei ha conosciuto recitando ne "Il giovane Montalbano".
«Per me esiste. È la mia isola che non c'è. Vigàta è l'immagine della Sicilia e della mia terra. È il simbolo di cosa noi siamo, oltre lo stereotipo delle fiction sulla mafia. È un insieme di odori, di sapori e di persone che anche sbagliano. La forza dei personaggi di Camilleri è che commettono errori come tutti noi».
Vigata è sbarcata anche nella sua Palermo.
«Per la prima volta un film tv da Camilleri non è stato girato solo nella Sicilia orientale [In realtà già dai primi episodi di Montalbano diverse scene sono state girate in varie zona della Sicilia, fuori dalla Sicilia orientale, NdCFC]. Con questo film Palermo diventa Vigàta. Per me è stata l'occasione di lavorare a casa mia, con mio padre che mi veniva a trovare sul set. Ho affittato un appartamento in via Maqueda e mi spostavo a piedi. È stato come rivivere nella mia città da turista. Io che prima di partire per Roma, sedici anni fa, sono cresciuto in una città cupa, la città delle stragi, dei militari per strada. Io vivevo a Mondello, ho frequento il Gonzaga e la città era divisa in zone. Oltre il teatro Massimo non si andava, oggi invece il centro storico è cuore pulsante di una Palermo cambiata, più moderna».
Alcuni suoi colleghi siciliani sono tornati.
«Ne parlavo con i miei genitori. Sono a Roma da 16 anni, una città dove ho dato tanto. La voglia di tornare in Sicilia c'è, soprattutto per me che vivevo a Mondello, in riva al mare. Ci sto pensando seriamente, ma certamente è difficile per il lavoro, l'amore. Non escludo però che possa tornare qui».
Ha conosciuto Camilleri?
«Quando iniziarono le riprese de "Il giovane Montalbano", il maestro disse: "Adesso fatemi vedere una bella scena". È stato come se Pirandello mi avesse chiesto di recitare davanti a lui "Sei personaggi in cerca d'autore". Sono fiero di aver interpretato i personaggi di un maestro del Novecento che manca a tutti. Oggi, forse, direbbe che questo virus ci ha "scassato i cabbasisi"».
Tullio Filippone
 
 

Gazetta del Sud (ed. Sicilia), 22.3.2020
Il film
“La concessione del telefono”, in tv la storia secondo Andrea Camilleri

La rara capacità di narrare chiaroscuri e contraddizioni dell’animo umano di Andrea Camilleri rivive in una storia tutta siciliana di fine Ottocento, tramite personaggi rappresentativi di azioni e sentimenti senza tempo, caratterizzato ciascuno da una propria impensabile complessità . “La concessione del telefono”, nuovo appuntamento di Rai1 con “C’era una volta Vigata” – dal ciclo di romanzi storici firmati da Camilleri – in onda domani sera (ore 21.25), oltre ad essere l’ultima sceneggiatura del grande autore siciliano, è un testo che ne ingloba le specifiche peculiarità narrative, tra cui la capacità di far emergere i risvolti più sorprendenti di una storia, partendo da fatti apparentemente banali.
Tra complicati intrecci e situazioni tragicomiche, il film tv – prodotto da Rai Fiction e Palomar con la regia di Roan Johnson (che ha adattato il testo originale con Francesco Bruni e l’autore) – sembra infatti mettere in evidenza le tragiche conseguenze dell’umana stupidità, non meno pericolosa della cattiveria. Il testo segue la vicenda di Pippo Genuardi (Alessio Vassallo), commerciante di legnami spiantato e irresponsabile, sposato con Taninè Schillirò (Federica De Cola), figlia di Nenè (Antonio Alveario), l’uomo più ricco della città. Per ottenere la concessione della linea telefonica ad uso privato, Genuardi invia tre lettere al prefetto napoletano Marascianno (Corrado Guzzanti), uomo paranoico e complottista, diventando così vittima della complicata burocrazia dell’epoca e bersaglio del mafioso Don Lollò Longhitano (Fabrizio Bentivoglio).
Deciso a raggiungere il suo scopo (i motivi della richiesta si scopriranno nel colpo di scena finale), il protagonista metterà in piedi situazioni discutibili dal punto di vista morale e legale, cercando però di ottenere sempre l’approvazione del suocero. Un personaggio con molti punti oscuri, nonostante il suo fare banale, come sottolinea l’attore Alessio Vassallo, suo interprete: «Pippo è un sempliciotto abituato a fare la bella vita grazie al suocero, che lo accontenta in tutto. La vicenda del film è una storia alla fratelli Coen, in cui un evento apparentemente banale come una palla di neve diventa una vera e propria valanga col procedere della narrazione. Pippo non governa gli eventi, ma ne viene completamente sopraffatto e, pur essendo egli stesso un parassita, si troverà a confrontarsi con la pochezza dei mafiosi e la sterile burocrazia di quel periodo».
Vassallo, già interprete del vicecommissario Mimì Augello ne “Il giovane Montalbano”, conserva un ricordo affettuoso del grande Camilleri e della prima esperienza sul set: «A cineprese spente, Andrea ci chiese di recitare una scena davanti a lui, seduto nel commissariato di Vigata, e ci diede alcuni suggerimenti. È un’immagine che porterò sempre nel cuore, e questa volta mi è mancato non potermi confrontare con lui sul ruolo (le riprese si sono svolte tre mesi dopo la scomparsa dell’autore, ndr). È stata la mia quarta volta a Vigata, che per me esiste davvero; la considero una sorta di “Isola che non c’è”».
Molto vicini al protagonista e coinvolti inconsapevolmente nei suoi piani la moglie Taninè Schillirò e il suocero Nenè, interpretati rispettivamente dagli attori messinesi Federica De Cola e Antonio Alveario. «Taninè è una donna con le caratteristiche tipiche della moglie siciliana – ci racconta la De Cola – e si prende cura del marito in tutto; ama fare sesso e non se ne vergogna, vivendo la cosa in maniera spontanea e ingenua, al punto da parlarne con Padre Macaluso (il messinese Ninni Bruschetta in un divertente cameo) senza pudore. Maternità e passionalità sono due aspetti che non sempre si trovavano entrambi in una donna siciliana di quell’epoca». L’attrice, che nel 2006 aveva preso parte a “La pazienza del ragno”, celebre episodio de “Il Commissario Montalbano”, ricorda l’incontro con Camilleri a Roma, sotto l’abitazione dello scrittore in Via Asiago, nel giorno del suo novantesimo compleanno: «Mi colpì la sua pacatezza e la capacità di dare un peso ad ogni parola, scelta con cura e pregna di tutto quello in cui credeva. Il suo modo di raccontare ti catturava e rimanevi ad ascoltarlo ammaliato».
Padre di Taninè e suocero di Pippo Genuardi è Don Schillirò, interpretato da Antonio Alveario .«È un uomo facoltoso che possiede una miniera di zolfo a Vigata – ci svela l’attore – . Ha una moglie molto giovane, Lillina (Dajana Roncione), e non vede di buon occhio il genero, per le sue continue richieste. È un tipo tutto d’un pezzo ma in fondo mite, anche ironico e molto protettivo. Per amore della figlia ha acconsentito al matrimonio con Genuardi e porta avanti il rapporto con lui in maniera formale. Un tipico atteggiamento da padre siciliano affettuoso che vuole accontentare la figlia in tutto».
Le atmosfere e i caratteri tipici della Sicilia si ritrovano anche sul set, grazie all’abilità di Roan Johnson, adattatore di un testo originale stilisticamente complesso: «È un regista che riesce a creare un clima di grande armonia – continua Alveario – ma è anche preciso, meticoloso, capace di dirigere gli attori entrando nello spirito siciliano. Da parte sua c’è stata una grande maestria nel realizzare il copione. Il libro contiene per metà “cose dette” (dialoghi senza descrizioni) e per l’altra “cose scritte” (lettere, documenti e articoli di giornale); e Roan e Francesco Bruni sono riusciti a trarne una sceneggiatura molto efficace».
“La concessione del telefono” era il romanzo storico preferito da Camilleri, alla cui memoria è dedicato il film, che annovera nel cast anche altri grandi attori, tra cui Thomas Trabacchi, Alessandro Schiavo, Corrado Fortuna, Emmanuele Aita, Sergio Vespertino e Michele Di Mauro.
Marco Bonardelli
 
 

La Nazione (ed. di Pisa), 22.3.2020
Cosa fare
Roan Johnson in prima serata con il film tratto da Camilleri
Lunedì sera va in onda su Rai Uno "La concessione del telefono"


Il regista Roan Johnson durante le riprese

Pisa - Dobbiamo stare tutti a casa. E cosa c'è di meglio di un film targato Pisa ispirato alla sapente penna di Andrea Camilleri?
In prima serata sy Rai uno lunedì 23 andrà in onda il film del regista pisano Roan Johnson: «La concessione del telefono». Dopo «La mossa del cavallo» e «La stagione della caccia», la serie «C’era una volta Vigata» propone un nuovo divertente capitolo.
Un film per il quale l’uscita ha subito numerosi cambiamenti proprio per l’emergenza Coronavirus: data la qualità cinematografica, ne era stata programmato l’arrivo in sala per il 17 marzo, poi la programmazione è saltata con la chiusura dei cinema e il film ha ‘traslocato’ direttamente in tv, anticipando la messa in onda, inizialmente prevista il 6 aprile.
Il film è un vero e proprio j’accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell’Italia intera. Una commedia sull’ottusità umana, da quella istituzionale e burocratica, fino a quella sentimentale, e, al tempo stesso, una satira sociale e politica di incredibile attualità. Ambientato a fine ‘800, vede come protagonista Pippo Genuardi, commerciante in legnami, specializzato nel mettersi nei guai. Sposa Taninè Schillirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigata e sembra mettere la testa a posto. Non contento, spedisce infatti tre lettere al Prefetto Marascianno che, per una serie di malintesi e fraintendimenti, lo metteranno al centro di due fuochi incrociati: lo Stato, che lo considera un sovversivo, e l’uomo «d’onore» Don Lollò, che pensa che Genuardi lo stia prendendo per fesso. Tutto per ottenere l’agognata concessione di una nuova linea telefonica.
Sul piccolo schermo ci saranno Alessio Vassallo con la partecipazione di Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di Don Lollò Longhitano. E ancora: Thomas Trabacchi, Federica De Cola, Corrado Fortuna, Dajana Roncione, Corrado Guzzanti, Ninni Bruschetta, Michele Di Mauro, Antonio Alveario, Sergio Vespertino, Emmanuele Aita, Alessandro Schiavo, Francesco Brandi, Giuseppe Provinzano. La sceneggiatura è di Andrea Camilleri, di Francesco Bruni e dello stesso Roan Johnson.
Francesca Bianch
 
 

Velvet Mag, 22.3.2020
Ninni Bruschetta: «Camilleri è come Shakespeare e Hitchcock» [INTERVISTA ESCLUSIVA]

Dal cinema come attore e sceneggiatore, al teatro come interprete e regista (oltre che come ex direttore di un teatro stabile). Dalla televisione come attore, alla radio, passando per la letteratura (ha scritto due libri sul mestiere dell’attore). Ninni Bruschetta non riesce a stare fermo, se non in periodi di lockdown come quelli che stiamo vivendo. Facciamo una conversazione al telefono in occasione della messa in onda del film tv “La concessione del telefono” in onda lunedì 23 marzo in prima serata su RaiUno.
Si tratta dell’ultimo episodio del trittico “C’era una volta Vigata”, iniziato con “La mossa del cavallo” e proseguito con “La stagione della caccia”. La storia de “La concessione del telefono” (nel cui cast figurano Alessio Vicario, Thomas Trabacchi, Fabrizio Bentivoglio, Corrado Guzzanti, Corrado Fortuna) è ambientata alla fine dell’Ottocento nel paesino immaginario di Vigata.
Intervista a Ninni Bruschetta, che interpreta Padre Macaluso nel film tv “La concessione del telefono”
Filippo Genuardi (Vassallo) è un ricco commerciante di legna che, per ottenere una seconda linea telefonica a casa, scrive delle lettere al prefetto e a tutti coloro che potrebbero aiutarlo a raggiungere il suo scopo. Da questa corrispondenza, si crea però una serie di equivoci e malintesi che portano i potenti del paese a pensare che Genuardi potrebbe fare addirittura un colpo di stato. In questo film per la tv l’attore messinese interpreta l’impertinente sacerdote Padre Macaluso.
Per lei è la seconda volta che si cimenta con un’opera di Andrea Camilleri: già ne “La stagione della caccia” aveva interpretato il ruolo di Padre Macaluso che ritorna in questo film. Nel romanzo originario però questo personaggio non c’era…
In questo film tv ho una parte più piccola, ma sono onorato di far parte di un progetto preparato quando ancora Camilleri era vivo e attivo. La verità è che ho una lunga storia con il Commissario Montalbano: Luca Zingaretti era un mio amico già quando ebbe inizio questa fortunata serie, e lui non era ancora così famoso. Feci un provino per una parte importante, ma non venni preso.
Da allora non ci ho più pensato, e la mia carriera è andata avanti tra cinema, televisione e teatro. A un certo punto le produzioni televisive hanno pensato di realizzare trasposizioni cinematografiche tratte da altre opere di Camilleri e di far lavorare nuovi registi: Roan Johnson (un cineasta giovane, appassionato e grande fan della serie “Boris” in cui interpretavo Duccio) ha letto il copione de “La stagione della caccia” e ha pensato subito a me per la parte di Padre Macaluso.
Ninni Bruschetta: “È stato Roan Johnson a chiedere a Camilleri di includere il mio personaggio nel film”
Poi è successo che sempre Roan è stato chiamato a dirigere la trasposizione di quest’altro romanzo “La concessione del telefono”, e ha chiesto allo stesso Camilleri se era d’accordo che io facessi il prete presente nella storia e se quel prete potesse essere di nuovo Padre Macaluso, per dare continuità alla storia. Camilleri ha accettato e io sono stato felice, per me è stato bellissimo lavorare ad un progetto del genere anche perché ho scoperto lo straordinario lavoro che l’autore ha fatto sul dialetto siciliano, che non avevo capito fino in fondo.
Mi sono reso conto che, recitando le battute, non avevo bisogno di portarle al siciliano, mi piaceva dirle come le scriveva lui: in quanto uomo di teatro, modificava le parole in favore dell’assonanza siciliana, una delicatezza e sottigliezza propria solo dei grandi geni.
Ninni Bruschetta: “Andrea Camilleri è come William Shakespeare”
Anche lei è siciliano come Camilleri: ho letto che lo conobbe in una libreria di Roma durante la presentazione di un libro…
Sì, è vero, lo incontrai una volta sola durante la presentazione del libro di un suo allievo e mio amico, Giovanni Greco. Fu molto carino perché mi riconobbe, e quando venne da me io gli dissi “Guardi che è lei quello famoso!”. Non avemmo tempo di chiacchierare in quella circostanza, poi lui era una persona di una generazione molto diversa dalla mia quindi non ebbi altre occasioni di incrociarlo.
Tutte le trasposizioni che sono state fatte dai romanzi, dalle novelle, dagli scritti di Andrea Camilleri hanno degli ascolti incredibili. Lei come spiega un successo così grande e continuo?
Nel nostro mestiere a volte ci si dimentica che ci sono degli strumenti e c’è una tecnica. Ho visto Montalbano molto in ritardo rispetto a quando è uscito, anche per questo distacco siciliano che abbiamo nei confronti di noi stessi. Quando l’ho visto ho capito perché piace così tanto: perché Camilleri è come Shakespeare, questi geni hanno due cose in comune: innanzitutto lo spessore dei dialoghi. Molte volte, chi non è uno sceneggiatore ma viene chiamato a scrivere una fiction tv, crede che per dare ritmo ai dialoghi bisogna scrivere battute brevi, mentre il ritmo al dialogo lo dà il contenuto della battuta.
Inoltre, le conversazioni tra persone sono piccoli monologhi che diventano dialoghi, esattamente come scrivono sia Shakespeare che Camilleri. Quando ho visto Montalbano mi sono detto “Questa è l’unica serie italiana che, seguendo una narrazione accademica perfetta, racconta delle storie diverse e non si concentra sulla tematica, ma sul racconto colto”.
Ninni Bruschetta: “Camilleri entusiasma e colpisce per l’universalità dei temi che tratta”
Camilleri ti entusiasma non per la sua sicilianità, ma per i temi universali che affronta: i contenuti che ci sono in quei testi sono vincenti perché forti, liberi, non commissionati. Per quanto riguarda poi l’aspetto “giallo” dei suoi testi, Camilleri è un po’ come Hitchcock: ti fa capire subito chi è l’assassino ma poi si diverte a portarti nei rivoli del suo racconto, facendoti addirittura sorgere il dubbio su ciò che lui stesso ti ha esplicitamente svelato all’inizio della narrazione.
[...]
Martina Riva
 
 

La Repubblica, 23.3.2020
Prima scelta
Non solo Montalbano Camilleri super
La concessione del telefono
Rai 1 - ore 21.25

Il miglior Camilleri extra-Montalbano, uno splendido racconto narrato via lettere epistolari, Vigata a fine 800 e la commedia-farsa umana al meglio della sua descrizione. Alessio Vassallo sciupafemmine ma accanito soprattutto nel chiedere la linea telefonica, il boss d'epoca Fabrizio Bentivoglio e un racconto via via irresistibile.
Antonio Dipollina
 
 

TG1, 23.3.2020
Raiuno "La concessione del telefono"
Cliccare qui per vedere il servizio video

Su RaiUno "La concessione del telefono", dal romanzo di Andrea Camilleri. Un film che ci trasporta nell'immaginaria vigata di fine Ottocento.
Gianni Maritati
 
 

Io Donna, 23.3.2020
Alessio Vassallo: «Nell’800 di Andrea Camilleri i mali dell’Italia di oggi»
Dopo il trionfo dei nuovi episodi di Il commissario Montalbano, il piccolo mondo antico di Camilleri torna in tv con la trasposizione di La concessione del telefono, intricata vicenda di amore e sospetti che vede protagonista l'attore Alessio Vassallo

Dopo il successo di La mossa del cavallo e La stagione della caccia – che hanno entrambi superato il 30 per cento di share – l’immaginifico mondo di Vigata, nato dalla penna di Andrea Camilleri, torna stasera in tv su Rai1. Grazie al ciclo di film per la tv denominato C’era una volta Vigata. Diretto da Roan Johnson, La concessione del telefono vede protagonista questa volta il commerciante di legnami Pippo Genuardi, interpretato dall’attore palermitano Alessio Vassallo, amante delle donne e della tecnologia.
Smanioso di ottenere una linea telefonica privata, il giovane si infilerà in un pasticcio più grande di lui, mettendo in moto un meccanismo perverso. Che lo porterà a fare i conti con la Mafia locale e le beghe di Stato. Una commedia farsesca ed esilarante dunque, ma anche un vero e proprio j’accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell’Italia intera. Abbiamo incontrato Alessio Vassallo per saperne qualcosa di più.
Alessio Vassallo, cosa ci può raccontare in più sul suo personaggio?
Pippo Genuardi è un commerciante di legnami che, a causa del suo dongiovannismo impenitente, si caccerà in una serie di guai seri. La sua colpa? Aver chiesto l’installazione di una linea telefonica per parlare con la sua amante. E da lì inizierà quasi un viaggio omerico, una sorta di Odissea siciliana di fine ‘800. E’ un personaggio tragico e ridicolo al tempo stesso e questo grazie alla scrittura potente di Camilleri.
Condivide qualcosa con un personaggio come quello di Pippo Genuardi?
Anche a me capita spesso di trovarmi in qualche pasticcio. Soprattutto sentimentale. Però solitamente, in amore come in amicizia, cerco sempre di fare un passo indietro, a differenza sua. Prendendomi a volte delle colpe non mie.
La concessione del telefono era il libro preferito del suo autore Andrea Camilleri. Oltre ad essere anche uno dei suoi romanzi più acclamati da pubblico e critica. È riuscito a incontrarlo prima della sua scomparsa lo scorso anno?
Camilleri è morto poco dopo aver dato l’ok definitivo alla sceneggiatura ma ho avuto la fortuna di incontrarlo qualche volta in passato. La prima volta nel 2012, quando facevo parte del cast della serie Il giovane Montalbano nella quale interpretavo Mimì Augello. Ma la più emozionante è stata nel 2016 quando in Campidoglio ricevette la cittadinanza onoraria della città di Agrigento. Mi chiesero di leggere qualche pagina di Pirandello durante la cerimonia. La sua cecità era già avanzata così mi avvicinai dicendogli “Andrea, sono il giovane Mimì” e lui, toccandomi il viso, mi rispose “Sei diventato grande”.
L’episodio è una commistione perfetta di commedia grottesca, satira e dramma. E la cosa più sorprendente è la sua attualità, pur essendo una storia ambientata a fine 800, nel denunciare i mali inestirpabili della società italiana…
È una montagna russa di generi sì e il regista Roan Johnson è riuscito a rendere molto bene la complessità del romanzo. Che dipinge alla perfezioni alcuni mali della nostra società come la stupidità umana, le istituzioni e la burocrazia. Qualcosa che, a distanza di quasi due secoli, ancora rovina e blocca il nostro Paese.
Questa è la terza collaborazione fra lei e Roan Johnson. Iniziata nel 2013 con il film Fino a qui tutto bene, piccolo cult che vinse il premio del pubblico alla Festival internazionale del film di Roma…
Ai tempi di Il giovane Montalbano, conoscevo già Roan. Avevo visto il suo film d’esordio I primi della lista e lo ammiravo molto. Poi nel 2013 mi chiamò per raccontarmi del film che aveva appena finito di scrivere: Fino a qui tutto bene. Roan mi disse che non c’era budget ma che sperava di portarmi in questa avventura. Non esitai un attimo. La storia di quel gruppo di studenti fuori sede mi colpì moltissimo perché descriveva perfettamente quella sorta di linea d’ombra fra la fine dell’adolescenza e la vita adulta.
Il cast di La concessione del telefono è ricchissimo. Da Fabrizio Bentivoglio a Corrado Guzzanti. Come si è trovato a lavorare con due mostri sacri del loro calibro?
Sono due professionisti straordinari e umilissimi allo stesso tempo. Con Guzzanti ci siamo solo sfiorati fra un set e l’altro perché, purtroppo, non compariamo mai nella stessa scena. Fabrizio invece è il co-protagonista e pur essendo un milanese “doc” è riuscito a interpretare magnificamente la parte del mafioso Don Lollò Longhitano. Credo che sia riuscito a creare addirittura un nuovo personaggio, quello del “cumenda” siculo. Con lui c’era un rapporto magico. Anche perché, a differenza di molti, è un attore che ascolta gli altri e che fa tesoro delle idee altrui.
Lei ha già dimestichezza con il mondo di Camilleri, avendo interpretato la serie Il giovane Montalbano. Qual’è il suo rapporto con il Montalbano adulto?
Ti confido qualcosa che non ho mai detto in un’intervista. Quando feci il provino per Il giovane Montalbano, nel 2012, non avevo mai visto un episodio de Il Commissario Montalbano con Luca Zingaretti. La serie era nel pieno del suo trionfo di pubblico ma io mi sono sempre rifiutato di vederlo. Perché rosicavo. Da attore siciliano mi faceva soffrire il fatto che non mi avessero mai chiamato, anche per un piccolo ruolo. Sono convinto però che questa mia “ignoranza” sia stata la mia carta vincente. Andai al provino ignaro, ero come una pagina bianca e credo che fu questa mia “verginità” a conquistare il regista Gianluca Maria Tavarelli. Poi ho recuperato tutti gli episodi.
Come e quando ha mosso i primi passi nel mondo della recitazione?
Per caso. Da ragazzino volevo fare il carabiniere. Poi da adolescente fui operato di appendicite e nella mia stessa camera c’era un insegnante di teatro di Palermo. Così, durante i giorni post-operatori, deliziandomi con i suoi racconti, mi ha aperto un mondo. Da lì è nato tutto. Prima l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, poi un laboratorio con Luca Ronconi. E ora eccomi qui.
Cosa le riserva il futuro?
Ero in procinto di girare un film con Claudia Gerini dal titolo Mancino naturale. Ovviamente è tutto bloccato. L’importante ora è stare a casa e seguire le direttive. Ma se ci sforziamo forse un risvolto positivo a questa tragedia c’è. Ed è quello che quando usciremo da questa crisi, forse riscopriremo il contatto umano dopo anni di ubriacature social. Siamo animali da condivisione e questa cosa farà sempre parte di noi.
Cecilia Ermini
 
 

FS News, 23.3.2020
La Sicilia dei sentimenti
L’attore Alessio Vassallo racconta La concessione del telefono, film tv di Rai1 dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri

«Sono felice di ritornare a Vigata dopo Il giovane Montalbano e La stagione della caccia. Da grande appassionato di Andrea Camilleri sento un grandissimo orgoglio e una responsabilità, perché La concessione del telefono è il libro che amava di più». L’attore palermitano Alessio Vassallo parla dell’omonimo film tv, diretto da Roan Johnson, in onda il 23 marzo su Rai1 e poi disponibile su RaiPlay. Prodotto che si trasforma in un modo per trascorrere tempo a casa, ai tempi del coronavirus.
Al centro della storia c’è proprio lui, il commerciante di legnami Pippo Genuardi che, per ottenere una linea telefonica, viene travolto da una valanga di guai ed equivoci. Di più non si può svelare. Anche perché è l’ultima sceneggiatura firmata dallo scrittore prima della sua scomparsa: «Il set ha avuto un sapore particolare, purtroppo non ci siamo potuti confrontare con lui».
Cosa ricordi maggiormente di Camilleri?
Quando gli diedero la cittadinanza onoraria di Agrigento e la casa di produzione Palomar mi chiamò in Campidoglio per leggere la motivazione dell’onorificenza. Lui già non vedeva bene, mi avvicinai e gli dissi che ero il Mimì Augello della serie Il giovane Montalbano. Mi mise le mani sul volto e disse: «Mimì, stai diventando grande».
Cosa ha rappresentato per te?
Un portatore sano di pensieri, mentre oggi siamo invasi dalle parole. Ci ha regalato concetti da custodire per noi e le generazioni a venire. Il film è un omaggio a lui.
Come valuti questo film?
È una commedia degli equivoci con un personaggio governato dagli eventi. Come una sorta di Ulisse, incontra i suoi Penelope e Polifemo. È il viaggio della conoscenza di un uomo mosso da sentimenti sinceri, ma scisso tra due amori. Situazione che, nella letteratura come nella vita, fa andare completamente in tilt.
Hai parlato di viaggio. Che dimensione assume per un attore?
Fondamentale, sono sempre in viaggio. Un viaggio della mente, del cuore, ma anche da un personaggio all’altro, per poi arrivare in stazione, in attesa del prossimo ruolo. Noi attori siamo in continuo movimento e ci nutriamo dei posti dove lavoriamo, che influenzano il nostro modo di recitare.
E questo che viaggio è stato?
Un tuffo nell’infanzia. Mio padre veniva a vedermi sul set perché abbiamo girato anche a Palermo. Per me è stato molto più di un film.
Tornerai nell’immaginaria Vigata?
Dopo l’ultimo ciak, guardo sempre il mare pensando che ritornerò. Vigata è un’isola che non c’è, un luogo dell’anima che racconta una Sicilia fuori dalla visione stereotipata delle mafie. La Sicilia vera, fatta di colori, anime e odori, elementi molto presenti nella scrittura di Camilleri. Raccontiamo la Sicilia dei sentimenti.
Gaspare Baglio
 
 

Leggo, 23.3.2020
Trabacchi a Vigata: «Il mio Camilleri prima di Montalbano»


foto di Paolo Ciriello

La collana C’era una volta Vigata, che porta sul piccolo schermo i romanzi storici di Andrea Camilleri, si arricchisce di un nuovo capitolo: La concessione del telefono, in onda stasera in prima serata su Rai1. Prodotto da Palomar e diretto da Roan Johnson, il film-tv ruota attorno all’apparentemente folle pretesa di un commerciante di legnami, Pippo Genuardi (Alessio Vassallo), che, sul finire dell’Ottocento, chiede di avere una linea telefonica privata, dando il via a un concatenarsi folle di eventi. Tra i protagonisti c’è anche Thomas Trabacchi.
Il suo personaggio?
«Sono un questore, uomo del Nord che si distacca dall’accanimento delle istituzioni nei confronti di Genuardi, che per lui è solo un visionario e non un sobillatore, ma viene sconfitto dalla follia al potere. Ad uscirne vincitore è infatti il prefetto interpretato da Guzzanti, instabile dal punto di vista psichico, che alla fine viene promosso. La realtà si prende gioco degli uomini, c’è lo sberleffo, l’ingegno, l’ironia di Camilleri».
È la prima volta che recita in un’opera di Camilleri
«Sì, anche se lo conoscevo già molto prima di Montalbano, quando insegnava all’Accademia Silvio D’Amico, perché ho collaborato con Antonio Manzini, che è stato suo allievo e mi raccontava che aveva un grande carisma e grande cultura».
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Donatella Aragozzini
 
 

Monreale News, 23.3.2020
Stasera su Raiuno la fiction ''La concessione del telefono'': c’è anche l’attrice monrealese Dajana Roncione
È il terzo film del ciclo "C’era una volta Vigata", tratto dal romanzo storico di Andrea Camilleri

Monreale – Ci sarà anche l’attrice monrealese Dajana Roncione fra i protagonisti della fiction “La concessione del telefono” che andrà in onda stasera, in prima visione assoluta, in prima serata su Raiuno. Il lavoro costituisce il e co-prodotto da Rai Fiction e Palomar.
Il film, attraverso la regia di Roan Johnson, racconta la storia di Pippo Genuardi, un piccolo commerciante di legnami che vive nella Sicilia di fine Ottocento. Pippo è un uomo squattrinato, dal carattere sarcastico e ironico. Il suo matrimonio con Taninè Schilirò (Federica De Cola), la figlia dell’uomo più ricco di Vigata, gli permette di vivere una vita comoda e agiata. Pippo però non si accontenta mai: vuole a tutti i costi una seconda linea telefonica tra il suo magazzino e l’abitazione in cui vive, così inizia a scrivere al prefetto Vittorio Marascianno (Corrado Guzzanti) per richiedere l’installazione.
Non ottenendo risposta a nessuna delle tre lettere inviate, Pippo si rivolge a tutti quelli che pensa lo possano aiutare (tra cui il mafioso don Lollò Longhitano), dando vita a serie di malintesi che lo metteranno in una situazione molto pericolosa. Da un lato il prefetto, a causa di alcune inesattezze contenute nelle lettere, si convince che il nostro protagonista stia complottando un colpo di Stato, dall’altro Don Lollò inizia a pensare che potrebbe essere una talpa dei carabinieri per incastrarlo e farlo arrestare.
Protagonista è l'attore palermitano Alessio Vassallo, 36 anni, trapiantato a Roma, felice di aver girato a Palermo dove è stata ricreata l'immaginaria Vigata di Camilleri. Accanto a lui, a parte Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di don Lollò, un cast di siciliani, da Corrado Fortuna a Dajana Roncione e Giuseppe Provinzano.
 
 

YouMovies, 23.3.2020
La concessione del telefono, ESCLUSIVA: Federica De Cola: “Per me un grande onore”
Federica De Cola è una delle protagonista de ‘La Concessione del Telefono’, tratto dal romanzo di Camilleri. L’attrice ne ha parlato ai nostri microfoni.

Andrà oggi in onda su Rai Uno ‘La Concessione del telefono’, un film tratto dall’omonimo romanzo storico scritto da Andrea Camilleri. La pellicola è il terzo appuntamento della saga ‘C’era una volta Vigata’. Il tutto è ambientato proprio a Vigata, una città immaginaria creata dallo stesso scrittore. Le riprese si sono svolte in Sicilia, più precisamente a Ragusa, a Palermo e in altre zone della Sicilia orientale. Tra le protagoniste c’è Federica De Cola, che interpreta il ruolo di Taniné. L’attrice ne ha parlato ai nostri microfoni.
Com’è stato per te lavorare in questo film?
“Per me è stato un grande onore partecipare al film su un romanzo tanto amato da Camilleri, anche perché lui è scomparso da poco. Io ho saputo ad agosto che avrei preso parto a questo lavoro. Ho un ruolo molto divertente di una donna siciliana. Lei ama il marito, si occupa di lui, gli prepara le cose che ama mangiare, interpretando e rappresentando un aspetto molto materno. Dall’altra parte però Taniné adora fare sesso con suo marito e non se ne vergogna a parlarne, nemmeno con il suo padre confessore. E lo fa, tra l’altro, in un modo del tutto spontaneo e naturale. Questa è senza alcun dubbio una cosa molto insolita per una donna“.
Qual è il tuo pensiero su ‘La Concessione del telefono’ e sul fatto che il film sia tratto, come hai già detto, da un romanzo di Camilleri?
“Penso che Camilleri abbia creato una vera e propria macchina di equivoci che intrappolano il protagonista, Genuardi. Nonostante sia ambientato nell’Ottocento, viene rispecchiato alla perfezione il marciume della Sicilia di oggi. Senza alcun dubbio è molto attuale. Il film ha tirato fuori tutta la forza e le potenzialità del romanzo. Non era semplice, vista la struttura narrativa. Ci sono infatti moltissime parti di lettere ed epistolari. Non era semplice trovare un escamotage di sceneggiatura per farlo rendere al massimo, ma Francesco Bruni e Roan Johnson sono riusciti in maniera pressoché perfetta a trovare il modo più simpatico e magistrale per raccontare il tutto. Poi c’è davvero un grandissimo cast, con attori eccezionali e azzeccati per ogni singolo ruolo, dai più grandi ai più piccolo. Per esempio Alessio Vassallo è perfetto per la sua parte. Ma ci sono anche Antonio Alveario, che interpreta mio padre e tra l’altro è messinese come me, Ninni Bruschetta, Emmanuele Aita, che è un giovane attore palermitano molto bravo, Dajana Roncione, Alessandro Schiavo e Corrado Fortuna. Insomma, penso che ci siano stati tutti i tasselli giusti per un’ottima riuscita del film”.
Gianpiero Farina
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 23.3.2020
Gli Iblei tornano in tv con le storie di Camilleri

Comiso. E io resto a casa con la Vigàta storica di Andrea Camilleri, film tv girato a Palermo e nel Ragusano. Un modo anche piacevole per consolarsi dalle costrizioni riferite alla pandemia del coronavirus. Questa sera, infatti, sarà trasmesso “La concessione del telefono”, una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction prodotto da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra con Max Gusberti, tratta dall’omonimo romanzo di Camilleri, pubblicato da Sellerio Editore nel 1998. Le riprese del film, regista Roan Johnson, sono state girate, lo scorso ottobre, a Scicli, a Ispica nel Loggiato del Sinatra, a Comiso, al Castello di Donnafugata e nelle campagne iblee. A Comiso, il Municipio e la storica piazza Fonte Diana sono tornate ad essere un set cinematografico, dopo i precedenti di alcuni episodi del “Commissario Montalbano” e del “Giovane Montalbano”.
Ne “La concessione del telefono”, il Municipio è stato trasformato nel regio Palazzo Poste e Telegrafi di Palermo e una sala del primo piano riconvertita nell’ufficio del direttore con arredi e addobbi dell’epoca. “La concessione del telefono”, è il terzo romanzo storico di Camilleri che conosce una trasposizione cinematografica dopo “La mossa del cavallo” e “La stagione della caccia” e fa parte del ciclo “C’era una volta Vigàta”.
La vicenda si snoda tra Palermo, Montelusa e Vigàta tra il 1891 e il 1892. Protagonista della storia è Filippo Genuardi, commerciante di legnami, che chiede al prefetto l'installazione di una linea telefonica tra il suo magazzino e l'abitazione del suocero, ricco uomo d'affari. Ne verranno fuori equivoci e guai. Il cast è composto da Alessio Vassallo, Thomas Trabacchi, Federica de Cola, Corrado Fortuna, Dajana Roncione, Corrado Guzzanti, Fabrizio Bentivoglio, Ninni Bruschetta, Michele Di Mauro, Antonio Alveario, Sergio Vespertino, Emmanuele Aita, Alessandro Schiavo, Francesco Brandi, Giuseppe Provinzano, Giugiù Gramaglia.
Antonello Lauretta
 
 

La Stampa (ed. di Cuneo), 23.3.2020
Le macchine per scrivere del museo di Bra stasera nella fiction Rai tratta da Camilleri
Lunedì sera va in onda su Rai Uno "La concessione del telefono"


Un frame tratto dalla fiction

Stasera (lunedì 23 marzo), alle 21,25 su Raiuno, nella fiction «La concessione del telefono - C'era una volta Vigata» tratta da un romanzo di Andrea Camilleri, ci sarà anche un po’ di Bra. Le macchine per scrivere utilizzate durante le riprese fanno parte della raccolta del collezionista, e direttore del museo della scrittura meccanica, Domenico Scarzello, e di Cristiano Riciputi di Cesena. «Siamo stati contattati dalla produzione a settembre - spiega Scarzello -. Le scene sono ambientate nel 1891 e quindi servivano macchine per scrivere entro quel periodo, in particolare di marca Remington. Ma non solo: dovevano essere perfettamente funzionanti e in ottimo stato».
La produzione aveva «setacciato» molti collezionisti senza trovare però la soddisfazione di tutte le condizioni necessarie.
«Quando siamo stati contattati - aggiunge il collezionista - e abbiamo comunicato di avere queste macchine antiche, la produzione ha tirato un sospiro di sollievo. Abbiamo fornito loro una Remington 2 del 1880, e due Smith Premier 1 del 1889. Abbiamo anche realizzato dei video tutorial perché non è semplice utilizzare queste macchine dato che hanno scrittura invisibile». Come spiegano anche dall'Ufficio stampa del Comune di Bra fino al 1897 la maggior parte di quelle macchine aveva scrittura invisibile, vale a dire il dattilografo non vedeva quello che scriveva in quanto i martelletti colpivano la carta dal basso verso l’alto e solo alzando il rullo, e quindi interrompendo la digitazione, si poteva capire se fossero stati fatti errori oppure no. «Oltre a queste macchine ne abbiamo fornite altre – spiegano i due collezionisti -: una Remington 5 del 1886 e una Remington 10 dei primi del ‘900, utili per certi tipi di riprese. Abbiamo ricevuto molti complimenti per la perfetta funzionalità delle macchine e lo stato di conservazione pressoché perfetto».
Le macchine sono state imballate una ad una, con tutte le protezioni del caso, e spedite a Roma a fine settembre. Poi da qui a Palermo per le riprese e sono state rispedite ai proprietari nel mese di dicembre. Non è la prima volta che le macchine della collezione di Scarzello e Riciputi vengono usate per film: in novembre era andata in onda la fiction su Enrico Piaggio e anche in quel caso gli attrezzi di scrittura, degli anni ’30, facevano parte delle loro raccolte.
Nella fiction in onda stasera fanno parte del cast fra gli altri Alessio Vassallo, Fabrizio Bentivoglio e Corrado Guzzanti. La regia è di Roan Johnson.
 
 

SiViaggia, 23.3.2020
Vigàta e la Sicilia immaginaria del film “La concessione del telefono”
In un angolo di Sicilia barocca, il tempo sembra essersi fermato al XIX secolo

Non è molto diversa dalla Vigàta del Commissario Montalbano quella del film Tv “La concessione del telefono”, tratto, come gli episodi della celebre serie televisiva, da un racconto pubblicato nel 1998 da Andrea Camilleri, l’autore siciliano scomparso nel 2019.
Qui, in un angolo di Sicilia barocca, il tempo sembra essersi fermato. Ecco perché alcuni luoghi visti nella moderna fiction sono gli stessi, immutati, di quella Vigàta ottocentesca in cui è ambientato il film.
Vigàta, però, è un Comune siciliano che non esiste nella realtà. È un insieme di location prese un po’ qua e un po’ là tra la provincia di Ragusa e di Agrigento, nella Sicilia Sud orientale, dove sono ambientate anche le indagini del Commissario Salvo Montalbano oltre ad altri romanzi storici dell’autore, nell’altrettanto immaginaria provincia di Montelusa. “C’è Licata vicino, e così ho pensato: Vigàta”, aveva spiegato Camilleri in un’intervista.
La località corrisponde, nella realtà, a Porto Empedocle, paese natale di Camilleri. Ma ben riconoscibile, nelle immagini del film, è il bellissimo loggiato del Sinatra di Ispica, dalla forma semiellittica, che ricorda in qualche modo la Plaza de España di Siviglia, ma in miniatura. Stessa location, davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore, usata anche nel film ” La mossa del cavallo”, tratto anch’esso da un libro di Camilleri.
E poi, la stupenda via Francesco Mormino Penna a Scicli, la bellezza di Ragusa Ibla e gli stupendi panorami di Modica.
Altre scene sono state girate in piazza Fonte Diana di Comiso, nello splendido Castello di Donnafugata, nel borgo di Marzamemi e nei dintorni.
Alcune scene di ”La Concessione del telefono” sono state ambientate a Palermo in piazza Pretoria, nella chiesa di Santa Caterina e a palazzo Bonocore.
Ci sono alcuni luoghi che, per loro stessa natura o per il carattere dei propri abitanti, inducono facilmente uno stato di rilassamento. La costa sud-orientale della Sicilia, affacciata sul Mar Mediterraneo e sull’Africa, è esattamente uno di questi luoghi dove il tempo sembra essersi fermato.
Ed è molto probabilmente questo il motivo per cui molti di questi luoghi sono stati scelti come location sia per le riprese della serie dedicata a Montalbano sia dei film tratti dai romanzi di Camilleri. Nonostante richiamino ormai un gran numero di turisti, che vengono da soli o con tour organizzati, i paesi rimangono molto tranquilli e mantengono la propria personalità. Quella di un tempo.
 
 

Corriere della Sera, 24.3.2020
A fil di rete
Un Camilleri che regala risate ma con un fondo di amarezza
«La concessione del telefono» completa la trilogia di «C’era una volta Vigata»: il film scorre con brio, con acutezza pungente e anche con ironia

Un Camilleri divertente, un Camilleri farsesco, un Camilleri che schernisce mafia e burocrazia colpendole alle spalle per uno sgambetto, volutamente, teatralmente, come se fossero poco più che intrighi domestici. Sicilia 1891, a trent’anni dal compimento dell’unità nazionale. Pippo Genuardi è un piccolo commerciante di Vigàta che traffica in legnami. Ma questa non è la sua occupazione maggiore: il suo vero talento è quello di cacciarsi nei guai. Spiantato, ironico, amante delle «fimmine» e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto sposando Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigàta. Irrequieto e sempre nei pasticci, Pippo richiede al Prefetto Marascianno una linea telefonica che colleghi la casa del suocero con il suo magazzino.
Ma le sue missive genereranno una serie di incomprensioni, una sorta di grande commedia degli equivoci che alla fine lascia l’amaro in bocca (e mafia e burocrazia e carrierismo ritrovano la loro vera dimensione). La concessione del telefono completa la trilogia di C’era una volta Vigata, dopo il successo de La mossa del cavallo (2018) e La stagione della caccia (2019). Diretto da Roan Johnson, il film scorre con brio, con acutezza pungente come se Pippo Genuardi (Alessio Vassallo) fosse un «pupo» nelle mani ora di don Lollò (Fabrizio Bentivoglio), l’uomo di rispetto di Vigàta, ora di uno scatenato prefetto Marascianno (Corrado Guzzanti) che governa con i numeri del lotto. Così Genuardi, nella sua gaudente vanità, subisce vessazioni sia da parte dello Stato che, nel clima di rivolta del movimento operaio e contadino, vuole un capro espiatorio, sia dall’Antistato, pronto a sfruttare ogni occasione pur di realizzare i propri affari illeciti. Si ride ma si ride con amarezza, come se al fondo di questa storia ci fosse un mondo, al tempo stesso, ilare e spaventoso.
Aldo Grasso
 
 

TvZap, 24.3.2020
Ascolti tv, dati Auditel lunedì 23 marzo: Harry Potter batte La concessione del telefono
Il terzo film della saga del maghetto vince il prime time con 4.412.000 telespettatori pari al 16,25% su Italia 1. Il film in onda su Rai 1 segue a breve distanza con 4.118.000 telespettatori e il 15,03%

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Su Rai 1 il film tv ‘La concessione del telefono‘, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, ha ottenuto 4.118.000 telespettatori e il 15,03%.
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The Washington Post, 24.3.2020
Inspector Montalbano is back in 'The Safety Net' and as entertaining as ever

Sicilian author Andrea Camilleri, who died last year at age 93, published “The Shape of Water,” the first of his internationally best-selling Inspector Montalbano novels in 1994, when he was 69. “The Safety Net,” Camilleri’s 26th Inspector Montalbano mystery novel, proves to be every bit as droll, as delicious, and as darkly tough as the first 25. It’s also the second he wrote, or rather dictated, after becoming blind in 2015.
“The Safety Net” opens like this:
“The alarm clock started ringing wildly. Eyes still closed, Montalbano reached out toward the nightstand with one hand and, feeling around, tried to turn it off, worried that the noise would wake up Livia, who was sleeping beside him.”
So, the blind author’s Sicilian hero reaches out blindly to find that his longtime — and long-distance — innamorata, Livia, is not sleeping beside him. Except, a minute later the real alarm clock starts ringing, waking up the real Montalbano, who realizes that Livia is not only not beside him but way up north in the Ligurian region of Italy and he’d “dreamt the whole thing, including Livia’s dream.”
That’s the beauty of the Inspector Montalbano novels. In addition to the baffling crimes he solves, there’s a sense of absurdity that has the reader chuckling by page one. It’s a particularly good thing in this case since, story-wise, it’s one of Camilleri’s slighter mystery novels.
In “The Safety Net” the fictional town of Vigàta is hosting an Italian-Swedish crew shooting a TV movie set in the 1950s. The Swede in charge of production asks the natives to help by digging up old home movies and photos so the crew can approximate what the town looked like back then. Local engineer Ernesto Sabatello discovers six films his late father Francesco made from 1958 to 1963 before he died, always shot on March 27, always starting at 10:25 a.m., and always the same three-and-a-half minute stationary shot of the outer wall of a country home — nothing more. It sounds like some weird student art project. Hearing the story, Montalbano decides to investigate to help Ernesto figure out what his dad was up to.
The novel’s second plot line involves two men who break into a middle school classroom just when Mimi Augello, one of Montalbano’s right-hand men, is there speaking to his son’s teacher. The two fire a few gunshots, aiming so as not to hurt anyone, then take off. Augello, who wouldn’t endanger students by confronting the two in the classroom, gives chase, exchanging gunfire with them before they jump in a getaway car.
Besides Augello, the novel includes the usual cast of Montalbano’s assistants: Inspector Fazio, whose attention to microscopic detail occasionally drives Montalbano batty; and the office switchboard operator, the linguistically challenged Catarella, master of mispronunciation and strange misinformation.
Montalbano’s boundless appetite, as always, allows us to sniff and savor numerous gastronomic helpings of Italian meals, whether it’s “a plate of spaghetti with sea urchin sauce,” or “the first aroma of [roasted brochettes] of liver scented with bay leaves and onions.” That said, the Swedish presence in Vigàta also allows him the rare opportunity to express some disdain at a Palermo caterer’s attempt to re-create some Swedish offerings for the TV set locations: “He felt like spitting it back out, but this seemed unbecoming to him, and so he closed his eyes and swallowed.”
“The Safety Net”, like most of the Inspector Montalbano novels, is set in the fictional town of Vigàta, modeled on Camilleri’s Sicilian hometown of Porto Empedocle. In 2003, the town officially changed — expanded — its name to Porto Empedocle Vigàta. Perhaps only Sicilians would want to rename their town after a place that has become the reigning capital of Italian crime fiction. Then again, it was probably a smart business move. Let’s hope the City Hall also informs tourists which restaurant Montalbano’s favorite, Enzo’s trattoria, is modeled upon.
Michael F. Covino

Il commissario Montalbano torna con "La rete di protezione" ed è più divertente che mai
Andrea Camilleri, lo scrittore siciliano scomparso l'anno scorso all'età di 93 anni, ha pubblicato "La forma dell’acqua", il primo dei suoi romanzi di successo internazionale con protagonista il Commissario Montalbano, nel 1994 quando aveva 69 anni. "La rete di protezione", il ventiseiesimo giallo di Camilleri con Montalbano come protagonista, mostra d’essere altrettanto divertente, delizioso e a tinte fosche come i 25 romanzi precedenti. È anche il secondo che ha scritto, anzi dettato, dopo essere diventato cieco nel 2015.
"La rete di protezione" si apre in questo modo:
«La sveglia iniziò a suonare all'impazzata. Con gli occhi ancora chiusi, Montalbano allungò la mano verso il comodino con una mano e tastando intorno, cercò di spegnerla, preoccupato che il rumore avrebbe svegliato Livia, che dormiva accanto a lui.»
Quindi, l'eroe siciliano dell'autore cieco allunga la mano alla cieca e poi scopre che la sua eterna e distante fidanzata Livia, non dorme accanto a lui. Solo un minuto dopo, la vera sveglia inizia a suonare e desta Montalbano, il quale si rende conto che Livia non è accanto a lui ma si trova molto più a nord, in Liguria, e lui "ha sognato tutto, incluso il sogno di Livia."
Questa è la bellezza dei romanzi del commissario Montalbano. Oltre ai crimini sconcertanti che risolve, c'è un senso di assurdità che fa ridere il lettore sin dalla prima pagina. Questo è certamente un aspetto positivo poiché, per quanto riguarda la trama, è uno dei romanzi gialli più delicati di Camilleri.
Ne “La rete di protezione” la città immaginaria di Vigàta ospita una troupe italo-svedese che gira un film televisivo ambientato negli anni '50. Per rendere lo scenario quanto più verosimile la produzione italo-svedese ha sollecitato gli abitanti a cercare vecchie foto e filmini. L'ingegnere Ernesto Sabatello scopre sei pellicole che il suo defunto padre Francesco aveva girato dal 1958 al 1963 prima della sua morte. Tutti realizzate nello stesso giorno, il 27 marzo, sempre a partire dalle 10:25 del mattino e sempre con la durata fissa di tre minuti e mezzo. In tutte si vede il muro esterno di una casa di campagna, niente di più. Sembra uno strano progetto artistico per studenti. Ascoltando la storia, Montalbano decide di indagare per aiutare Ernesto a capire cosa stava facendo suo padre.
La seconda trama del romanzo coinvolge due uomini che entrano in un'aula della scuola media proprio quando Mimì Augello, il vice di Montalbano, sta parlando con l'insegnante di suo figlio. I due sparano alcuni colpi di pistola, mirando a non ferire nessuno. Augello, che non metterebbe in pericolo gli studenti affrontando i due in classe, dà loro la caccia, sparando colpi di arma da fuoco prima che gli uomini saltino su un'auto si diano alla fuga.
Oltre ad Augello, il romanzo include il solito cast degli assistenti del Montalbano: l'ispettore Fazio, la cui attenzione ai dettagli microscopici spesso fa impazzire Montalbano e il centralinista Catarella, sempre in difficoltà con la lingua, maestro di errori di pronuncia e di informazioni distorte.
L'appetito sconfinato del Montalbano, come sempre, ci consente di annusare e assaporare numerose specialità gastronomiche italiane, che si tratti di "un piatto di spaghetti con salsa di riccio di mare" o "l’aroma di [spiedini arrostiti di] fegato profumato con foglie di alloro e cipolle." Detto questo, la presenza svedese a Vigàta gli consente anche la rara opportunità di esprimere un certo disprezzo per il tentativo di un ristoratore palermitano di ricreare alcune offerte svedesi per le location dei set televisivi: “Ebbe voglia di sputarlo, ma questo gli sembrò sconveniente e così chiuse gli occhi e deglutì."
"La rete di protezione", come la maggior parte dei romanzi del Commissario Montalbano, è ambientata nella immaginaria Vigàta, modellata su Porto Empedocle, dove nacque Camilleri. Nel 2003, la città decise di cambiare ufficialmente - ampliandolo - il suo nome in Porto Empedocle Vigàta. Forse solo i siciliani potevano rinominare la loro città resosi conto di vivere in posto che è diventato la capitale della fiction italiana. Poi, ovviamente, è stata una mossa pubblicitaria molto intelligente. La speranza è che il Municipio possa anche indicare ai turisti su quale ristorante è modellato la trattoria di Enzo, la preferita di Montalbano.
Traduzione a cura di Giuliano Albrizio - Camilleri Fans Club
 
 

La Repubblica, 24.3.2020
Alberto Angela tra i misteri e i segreti di Venezia di notte
Rai 1 ripropone un ciclo di documentari con il divulgatore scientifico. Mercoledì 25 marzo la puntata monografica dedicata alla città lagunare fra calli e campielli

Rai 1 punta sui suoi cavalli di battaglia in questo periodo di serate casalinghe obbligate dall'emergenza coronavirus. Oltre a rilanciare da lunedì 30 marzo le repliche del commissario Montalbano (dopo le anteprime dei due nuovi episodi e il film La concessione del telefono dal romanzo storico di Andrea Camilleri) [...].
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 25.3.2020
Buoni ascolti per il film «La concessione del telefono» ambientato in buona parte nell’area iblea
Un tuffo nella Vigàta del passato
Audience. La nuova proposta non ha però vinto la gara degli ascolti. La trasposizione tv del romanzo di Camilleri battuta da Harry Potter

«La concessione del telefono», il romanzo storico preferito di Andrea Camilleri, andato in onda lunedì sera su Raiuno e in buona parte girato in provincia di Ragusa, ha dovuto cedere alla magia di Harry Potter che ha portato nuovamente Italia1 sul gradino più alto del podio. Il terzo episodio della saga del maghetto nato dalla penna di J.K. Rowling, diretto da Alfonso Cuarón e dal titolo “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, ha infatti raccolto 4.412.000 telespettatori pari al 16,25% di share vincendo la gara degli ascolti. Su Raiuno il film tv “La concessione del telefono”, tratto dall’omonimo romanzo di Camilleri, ha ottenuto 4.118.000 telespettatori e il 15,03%, Canale5 con il film di Carlo Vanzina, “La vita è una cosa meravigliosa” ha totalizzato 2.617.000 telespettatori pari al 10,01%.
Il terzo appuntamento con i romanzi storici di Andrea Camilleri, dopo il successo de «La mossa del cavallo» e «La stagione della caccia», ha comunque suscitato un buon interesse sia per la storia che per le location utilizzate, che naturalmente per la bravura dei suoi attori interpreti, a partire da Alessio Vassallo.
E così il mondo letterario di Andrea Camilleri, si è riaffacciato in tv dopo l’ennesimo exploit de Il Commissario Montalbano. Il regista Roan Johnson, dopo il buon risultato ottenuto lo scorso anno con il film tv La stagione della caccia – C’era una volta Vigàta (oltre il 30% di share), ha cercato di operare al massimo. E come ha avuto modo di dichiarare, ha detto: «È una grande commedia sulla stupidità umana che piacerebbe ai fratelli Coen, Camilleri attraverso la commedia e la satira sociale prende in giro i piccoli uomini e le grandi istituzioni come lo Stato burocratico e paranoico, e la mafia, incarnata in “un uomo di panza” come Don Lollò che lo scrittore non rende mai buono o cattivo fino in fondo».
Naturalmente quando si parla di Camilleri non si può non parlare di Montalbano. Nelle scorse settimane sono andati in onda due nuovi episodi che tra l’altro hanno visto l’attore principale, Luca Zingaretti, co-firmare la regia visto che Alberto Sironi, quando si stava girando lo scorso anno sempre fra le città del ragusano, ha iniziato a sentirsi male e ad allontanarsi dal set. È poi scomparso qualche mese dopo. E Zingaretti, che sta valutando di non andare avanti in questa fiction, cerca di analizzarne la popolarità: «Montalbano rappresenta l’italiano medio con qualche difetto e virtù, a questo si deve il suo successo», dice l’attore-regista, riferendosi anche al pensiero di Camilleri. A questo punto ci si chiede quale sarà il futuro di Montalbano. «Ho sospeso il giudizio. Ho tempo per riflettere».
Intanto dopo queste fiction sono numerosi i siti specializzati nel campo turistico e dell’ecoturismo che suggeriscono la provincia di Ragusa e la Sicilia per le prossime vacanze, con la speranza naturalmente che rientri l’emergenza coronavirus. Winery Tasting Sicily nella sezione “Degustazioni” descrive ed evidenzia le diverse realtà vitivinicole presenti nell’isola, consigliando anche dei percorsi da poter realizzare. Ad esempio, è possibile ricercare una degustazione di vini sull’Etna, magari dopo una escursione del vulcano oppure una degustazione di vini a Marsala al tramonto delle Saline, oppure visitare i luoghi del commissario Montalbano e fare una degustazione di vini a Ragusa o scoprire la Malvasia delle Isole Eolie.
Michele Barbagallo
 
 

DavideMaggio.it, 25.3.2020
Pagelle TV della Settimana (16-22/03/2020). Promossi Montalbano e Volpe. Bocciati Viva Raiplay e Palombelli

Promossi 9 a Il Commissario Montalbano. Nell’anno più duro per la produzione, caratterizzato dalle morti di Andrea Camilleri e Alberto Sironi, e in tempi di incertezza per la Nazione, la fiction ormai storica assolve anche stavolta ai suoi doveri regalando al pubblico un prodotto curato, di qualità e rassicurante.
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Mattia Buonocore
 
 

La Repubblica, 27.3.2020
Commissario Montalbano, la ricetta televisiva perfetta per questi tempi amari
La serie con Luca Zingaretti, che interpreta il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri, torna con le repliche degli episodi più belli diretti da Alberto Sironi. Ogni lunedì, a partire dal 30 marzo: si comincia con 'L’altro capo del filo'

Non delude mai, è una sicurezza. Due mesi in tv con Il commissario Montalbano, otto repliche degli episodi più belli diretti da Alberto Sironi, con Luca Zingaretti e la sua squadra. In questo periodo in cui la televisione sta reinventando il palinsesto per l’emergenza coronavirus, le repliche dei gialli di Andrea Camilleri sono sempre una buona compagnia. Andando avanti e indietro nel tempo, infatti appare Katharina Bohm nei panni della storica fidanzata Livia poi interpretata da Sonia Bergamasco.
Si parte il 30 marzo su Rai 1, poi via via ogni lunedì. Le repliche della serie (prodotta da Palomar e RaiFiction) hanno coperto 190 serate di Rai 1. Se si calcolano tutti gli spettatori che l'hanno seguito, si arriva a un miliardo e 200mila spettatori solo italiani. Si comincia con L’altro capo del filo sulla tragedia dei migranti che sbarcano in Sicilia, con momenti commoventi in cui si capisce bene come la pensa Montalbano. Il film racconta i migranti e l'integrazione attraverso il personaggio del dottor Osman (Ahmed Hafiene) che aiuta la polizia, e la giovane Meriam (Eurydice El-Etr) che lavora nella sartoria di Elena (Elena Radonicich), protagonista del giallo che si intreccia con il tema degli sbarchi. Lo stesso Montalbano si accorge di un uomo in mare e nuota disperatamente per portarlo a riva. Con Livia (Sonia Bergamasco) non può che coprirlo pietosamente con un asciugamani.
Il 6 aprile è la volta di Un diario del '43, tratto dai racconti Un Diario del '43 e Being here, presenti nella raccolta Un mese con Montalbano; Olivia Sellerio canta il brano originale Comu aceddu finici, che parla di memoria, verità e inganno. In questo episodio infatti si intrecciano tre storie. Dopo la demolizione di un vecchio silos, si trova un diario scritto nell’estate del 1943 da un ragazzo che allora aveva quindici anni, un certo Carlo Colussi: il ragazzo, intriso di ideologia fascista, confessa di aver compiuto un atto terribile all’indomani dell’8 settembre 1943, una strage. Il giorno stesso si presenta da Montalbano un novantenne elegante, John Zuck (Dominic Chianese). Vigatese di nascita, durante la guerra fu fatto prigioniero dagli americani e, dopo la morte dei genitori in un incidente stradale, decise di restare in America. Tornato a Vigata scopre il suo nome inserito erroneamente sulla lapide dei caduti in guerra. Il mistero è tutto da approfondire.
Il 13 aprile nell’episodio Il gatto e il cardellino, del 2002, Montalbano indaga sul misterioso motociclista che spara (a salve) a tre vecchiette solo per creare dei precedenti e uccidere poi veramente una ricca signora che teneva moltissimo al suo gatto e al cardellino. Grazie a loro il commissario scopre come sono andate le cose. Nel frattempo Augello è in licenza matrimoniale e al suo posto arriva Barbara Bellini (Mariacristina Marocco), amica di infanzia del protagonista.
Un caso complicato quello del 20 aprile, Il gioco delle tre carte. Girolamo Cascio, costruttore edile di Vigata, legato alla famiglia mafiosa dei Riolo, viene trovato morto. Il suo ragioniere è convinto che l'uomo non sia vittima di un pirata della strada ma che sia stato ucciso. Il 27 aprile l’indagine è legata a un giro di prostituzione. Nel giallo La ali della sfinge Montalbano cerca disperatamente indizi quando la spiaggia restituisce il corpo nudo di una donna dell'est con una farfalla tatuata sulla spalla e il volto devastato da un proiettile di grosso calibro. Quella farfalla è un segno particolare con cui sono marchiate tante altre giovani.
Il 4 maggio viene riproposto Il campo del vasaio con il commissario che indaga su due casi: il ritrovamento di un cadavere, fatto a pezzi e seppellito nel campo di creta di un vasaio, e la scomparsa di un ufficiale marittimo, segnalata dalla bellissima moglie Dolores Gutierrez (Belén Rodriguez). Una lama di luce, in calendario l’11 maggio, vede Montalbano in preda ai dubbi. Il ricco proprietario del supermercato più grande di Vigata, si presenta al commissariato con la moglie per denunciare la rapina di cui è rimasta vittima la donna la notte precedente. Ma il resoconto non lo convince.
Chiude questa collana di repliche, il 18 maggio, Come voleva la prassi, una delle storie più dark. Il commissario indaga sul delitto di una giovane donna. Il cadavere viene ritrovato nell’androne di un palazzo; la ragazza si è trascinata fin lì, nuda, porta i segni di una violenza indicibile, è coperta di sangue. Stringe tra le mani un asciugamano. Perché ha scelto proprio quel palazzo? Montalbano sospetta che sia una prostituta dell’Est Europa. E spera che il clan dei Cuffaro, che gestiscono il mercato della prostituzione, isolino i responsabili. Ma niente è come appare, il diavolo diventa protagonista e lo stesso commissario subisce un attentato. Durante l'indagine, Montalbano conosce un giudice in pensione, Leonardo Attard (Nuccio Vassallo), che sta revisionando tutti i processi che ha celebrato, per essere sicuro di non essere mai stato condizionato nel giudizio dai problemi personali. Un incontro inquietante, che lo lascerà con molti interrogativi, una riflessione sul senso della giustizia, sul confine tra bene e male.
Silvia Fumarola
 
 

Cinematographe.it, 27.3.2020
La concessione del telefono – C’era una volta Vigàta: viaggio tra le location del film
Un excursus tra le location sicule dove Roan Johnson ha ricostruito l’immaginifico mondo di Vigàta nella trasposizione dell’omonimo romanzo storico di Camilleri.

A chi non piacerebbe fare un salto nel magico mondo dei film del grande e piccolo schermo? Presto detto, ci sono pellicole girate in splendide città e ambientazioni extraurbane disseminate alle varie latitudini, ma anche una miriade di luoghi che si possono raggiungere solo attraverso il potere dell’immaginazione, creati per servire la narrazione in ogni minimo dettaglio. Luoghi quest’ultimi che hanno e continuano a vivere e popolarsi in città inesistenti (dalla Gotham City di Batman alla cittadina provinciale di Hill Valley di Ritorno al futuro, dalla Cloud City di Star Wars – Episodio V alla Città di Smeraldo de Il mago di Oz, passando per il villaggio di Hogsmeade della saga di Harry Potter e la Toontown di Chi ha incastrato Roger Rabbit) nate in più di un caso dalle pagine di libri o dalla fantasia dello sceneggiatore di turno con il fine di rispecchiare e assecondare la natura del racconto, evidenziandone lo stile attraverso i dettagli, i colori, le architetture e i quartieri. Alcuni di questi luoghi, ricreati grazie alla forza del cinema e della televisione, sono così reali e assomigliano così tanto a quelli reali che quasi non riusciamo a credere siano inventati.
Dove si trova Vigàta, la città in cui è stato girato La concessione del telefono?
E poi c’è Vigàta, il comune immaginifico situato in terra sicula resa celebre dai romanzi di Andrea Camilleri, entrata da decenni nei cuori dei lettori prima e del pubblico televisivo, che non si trova sulla carta geografica ma che geograficamente si colloca in un’area compresa tra la collina di Girgenti (Agrigento) e il mare africano. Ed è proprio in questo territorio letterario e universale, ma caratterizzato e facilmente riconoscibile, che si muovono e si alimentano le (dis)avventure dei personaggi storici e moderni partoriti dalla penna inesauribile del compianto scrittore e drammaturgo. Lo stesso autore li ha definiti luoghi semifantastici che “esistono come struttura toponomastica di base” per tenere in qualche modo sotto controllo le figure chiamate in causa ma i cui confini sono a geometria variabile per soddisfare al meglio le esigenze della narrazione. Luoghi che esistono veramente ma che si allargano e dilatano fino a inglobare vicende e fatti di altri paesi siciliani e quindi finiscono col diventare paradigmatici della Sicilia stessa. Per modus operandi, infatti, Camilleri sceglie di non adoperare i toponimi reali delle città siciliane, ma trasforma ogni nome con suoni simili. Ad esempio Fiacca è Sciacca, Fela è Gela, la stessa Vigàta, anche se elevata a capoluogo di provincia, richiama nel suono Licata.
Nello specifico la località corrisponde nella realtà a Porto Empedocle, paese natale di Camilleri, in provincia di Agrigento. In un’intervista, infatti, ha dichiarato che Vigàta altro non è che il cortile della scuola da lui frequentata da giovane. In questo luogo, nelle pause di metà mattinata e all’uscita da scuola in attesa della corriera, i ragazzi della scuola provenienti dal territorio vicino raccontavano le storie dei propri paesi ed è dall’unione di tutte queste storie che prende corpo un paese immaginario che in seguito lo stesso Camilleri battezzerà appunto Vigata ispirandosi alla vicina Licata:
Vigàta in realtà è Porto Empedocle. Ora, Porto Empedocle è un posto di diciottomila abitanti che non può sostenere un numero eccessivo di delitti, manco fosse Chicago ai tempi del proibizionismo: non è che siano santi, ma neanche sono a questi livelli. Allora, tanto valeva mettere un nome di fantasia: c’è Licata vicino, e così ho pensato: Vigàta. Ma Vigàta non è neanche lontanamente Licata. È un luogo ideale, questo lo vorrei chiarire una volta per tutte.
La concessione del telefono: un’odissea fisica ed epistolare si muove sull’asse Palermo, Montelusa e Vigàta
Chiarito l’arcano (per moltissimi il cosiddetto “segreto di Pulcinella”) e geolocalizzata la macro-area d’interesse laddove sorgono le topografie della cittadina in questione, possiamo ora avventuraci alla scoperta delle location che hanno fatto da cornice a La concessione del telefono, terzo romanzo della serie antologica C’era una volta Vigàta, la cui trasposizione televisiva firmata da Roan Johnson (scritta a sei mani dal regista con Camilleri e Francesco Bruni) è andata in onda nella prima serata di Rai 1 lo scorso 23 marzo. Si tratta di un’opera di matrice storica di stampo satirico che unisce fantasia ad eventi reali al fine di riprodurre quella che era la Sicilia di fine Ottocento. Di conseguenza è di un period-movie e di un film in costume che si sta parlando e in quanto tale la società di produzione che si è fatta carico dell’adattamento (la Palomar di Carlo Degli Esposti) ha dovuto riavvolgere le lancette dell’orologio, per la precisione sino al 1891, per ricostruire l’immaginaria Vigàta dell’epoca nella quale è ambientata l’odissea giudiziaria, amorosa ed epistolare del giovane commerciante di legnami Pippo Genuardi. Un’odissea, quella per ottenere la concessione di una linea telefonica, che porterà il protagonista fino alle estreme conseguenze e che sul versante geografico si muove sull’asse Palermo, Montelusa e la già citata cittadina.
Il loggiato del Sinatra di Ispica si trasforma per l’occasione in un’agorà e luogo di ritrovo dei personaggi principali
L’attento lavoro di assemblaggio di diverse location iblee per dare un senso di unità urbanistica operato dal location manager, dal comparto scenografico e da quello fotografico, al quale ha dato continuità la regia del cineasta anglo-italiano, ha fatto in modo che il meccanismo a orologeria drammaturgico, ma soprattutto la cornice pensata da Camilleri per ospitarlo, prendessero forma e sostanza dalla carta allo schermo. Per ricrearlo i responsabili hanno mescolato senza soluzione di continuità luoghi reali siti in varie località della Sicilia orientale, tra la provincia di Ragusa e quella di Agrigento. Le riprese de La concessione del telefono hanno così toccato differenti location. Tra quella più affascinanti c’è senza ombra di dubbio il loggiato del Sinatra di Ispica, laddove sono ambientate molte scene in esterno, con la suggestiva piazza trasformata per l’occasione in agorà e luogo di ritrovo della cittadinanza. Insomma, un vero e proprio crocevia determinante per l’evolversi del giro di vite che coinvolge i personaggi principali e secondari. È qui che in svariate circostanze Genuardi si intrattiene con il malavitoso don Lollò Longhitano tra un bicchiere di vino e l’altro in una delle locande, ed è sempre qui che sotto il porticato Lilliana Lo Re e Taniné Schilirò passeggiano scambiandosi segreti inconfessabili, confidenze intime e dettagli peccaminosi.
Interni importanti allestiti in prestigiose dimore storiche tra Scicli e Palermo: da Palazzo Spadaro a Palazzo Montevago e Palazzo Comitini
In quel di Scicli, invece, la troupe è stata ospite di alcune strade, ma soprattutto di Palazzo Spadaro, dimora storica costruita a più riprese durante il 1700, caratterizzata da un prospetto in lunghezza di stile tardo-barocco. Nelle sontuose stanze, tra le scalinate e i corridoi dell’edificio, Johnson ha ambientato le scene in interni, così come in quelle di Palazzo Montevago e Palazzo Comitini nel momento in cui le riprese si sono spostate in quel di Palermo. Tutte queste prestigiose e affascinanti topografie hanno fatto da sfondo alle sequenze degli alloggi privati delle famiglie protagoniste, ma anche le cosiddette stanze dei bottoni dove i rappresentanti delle istituzioni provano a dare il meglio, ma finiscono con il dare il peggio di loro. È qui che si consumano tradimenti e sotterfugi casalinghi, ma anche gli accesi dibattiti tra questori e prefetti, oltre che il processo.
Piazza Pretoria a Palermo trasformata in un set a cielo aperto di una delle scene chiave de La concessione del telefono, quella dell’attentato a Sasà La Ferlita
Il capoluogo siciliano si è poi prestato ulteriormente come set dove la troupe ed il cast hanno lavorato in particolare in Piazza Pretoria, tra la chiesa di Santa Caterina e Palazzo Bonocore, ma anche in via Maqueda. Un set a cielo aperto quello della storica piazza palermitana che ha fatto da cornice a una delle scene chiave del film, ossia la sparatoria ai danni di Sasà La Ferlita e per il quale il Genuardi verrà processato con l’accusa di tentato omicidio.
Per chiudere con Comiso, la città casmenea che ha visto il suo ombelico Piazza Fonte Diana piombare per un giorno nell’ottocento visionario di Camilleri, ospitando carrozze e cavalli, banchi ambulanti e comparse vestite da passanti occasionali.
Francesco Del Grosso
 
 

Il Sole 24 Ore, 27.3.2020
Consigli di stile
L’uniforme per il lavoro da casa? Il pigiama, da togliere di notte
Le persone costrette alla nuova dimensione del lavoro da remoto si chiedono come dovrebbero vestirsi. Il pigiama, di giorno, è una valida opzione

Dislocazione connessa: è questa oggi la condizione di molti. Definizione migliore di smart (intelligente) working, un anglicismo tutto sommato odioso, che prevede ipso facto un dumb (stupido) working in ufficio, quasi che il posto fisso in un luogo ad esso preposto fosse per tonti.
L’uniforme più adatta per lo smart working
I primi a interrogarsi su quale sia l’uniforme giusta da indossare lavorando da casa sono i freelance, oggi dobbiamo farlo quasi tutti. Perché la routine del lavoro dalle stanze domestiche ha bisogno di rituali precisi che la scandiscano al fine di evitare sciatteria e abbrutimento. Vestirsi è uno di questi.
Andrea Camilleri, ad esempio, era solito vestirsi di tutto punto, ovvero in giacca e cravatta, o magari in cardigan, pur andando a scrivere nello studio, che era la stanza accanto.
[...]
Il pigiama è il perfetto antidoto alla durezza del momento; ha anche quel tanto di appropriatezza d’antan che rinfranca gli spiriti perché è segno di attenzione e dignità. Basta sognare, ad occhi aperti. come consiglia Vascellari. O vestirsi di tutto punto, come Camilleri e i nostri nonni.
[...]
Angelo Flaccavento
 
 

ANSA, 28.3.2020
Premio Camilleri a siciliana Pantano
Festival dedicato alla cinematografia 'breve' italiana

Catania - La siciliana Ester Pantano ha vinto il premio Camilleri a Cortinametraggio il festival ideato e diretto da Maddalena Mayneri dedicato al meglio della cinematografia 'breve' italiana. La 15esina edizione in versione 2.0 è andata online dal 23 al 28 marzo, aderendo alla campagna #iorestoacasa lanciata dal mondo della cultura per contrastare la diffusione del Covid-19, con l'hashtag #CortinametraggioLive.
Il Premio Camilleri è stato istituito quest'anno dal Festival per ricordare il celebre scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e regista e dedicato al talento di una giovane attrice o attore under 30 che si è particolarmente distinto nelle ultime stagioni nella serialità italiana. La catanese Ester Pantano è interprete e co-protagonista della serie tv 'Imma Tataranni: sostituto procuratore' e protagonista femminile del film tv 'La Mossa del Cavallo - C'era una volta Vigata' tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri.
 
 

Ufficio Stampa Rai, 29.3.2020
RAI 1 30 MAR 2020, 21:25
Il Commissario Montalbano
L'altro capo del filo

Quella di lunedì 30 marzo su Rai1 sarà una prima serata in compagnia del Commissario più amato della televisione: Salvo Montalbano, il personaggio interpretato da Luca Zingaretti, nato dalla penna di Andrea Camilleri, protagonista della serie “Il Commissario Montalbano” , la tv movie collection tra le più acclamate da pubblico e critica. Alle 21.25 sarà riproposto “L’altro capo del filo”, il film tratto dall’ omonimo romanzo di Camilleri (edito da Sellerio), diretto da Alberto Sironi che vedrà Salvo e i suoi storici amici e collaboratori alle prese con un efferato caso di cronaca. Una giovane e bellissima ragazza, amica di Livia, viene ritrovata cadavere nella sua sartoria. I colpi rinvenuti sul corpo denotano una particolare ferocia ell’assassino.
Con luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Elena Radonicich, Angelo Russo, Ahmed, Hafiene, Eurydice El-ETr, Giorgia Salari, Carlo Calderone, Anna Ferruzzo, David Cannavò, Davide Lo Verde, Aglaia Mora, Giovanni Guardiano, Nour Zarafi, Safa Derguala, Hossein Taheri e con la partecipazione di Sonia Bergamasco. Una produzione Rai Fiction – Palomar.
 
 

Sábado, 29.3.2020
Portugal
O egoísmo como arma de destruição maciça
A ideia de que em Estado de Emergência é possível ir comer peixe assado a Setúbal, umas amêijoas à Comporta ou uma feijoada de búzios à Tasca do Celso é uma dupla manifestação de estupidez e arrogância.

[...]
3 - Andrea Camilleri: O homem que viveu entre Sciascia e Montalbán.
Poderia ter sido um epitáfio para a morte de Andrea Camilleri, que aconteceu em Julho do ano passado: o adeus do escritor, que viveu entre Leonardo Sciascia e Manuel Vázquez Montalbán. Que viveu entre a Itália e a Catalunha. Entre as muitas influências que a vasta cultura de Camilleri recolhia na literatura italiana, siciliana e mediterrânica, desde logo o mestre Leonardo Sciascia, pelo que representa do carácter e identidade próprios dos sicilianos, e no grande Montalbán, pela criatividade narrativa e visão do mundo das ideologias. Estas eram as suas âncoras essenciais. Todavia, Andrea Camilleri era muito mais do que esses dois mundos criados pelas vastas obras de Sciascia e Montalbán. Camilleri acompanhou-os também aí, na vastidão da obra, mas igualmente na qualidade, nas referências, acabando por ir muito além disso. Conquistou o seu lugar entre os grandes da literatura universal criando um universo próprio, uma linguagem própria, um estilo e uma capacidade de misturar a racionalidade e o humor que são inimitáveis. Aproveitem a quarentena para ler Camilleri e viajar, de forma segura, sem contaminar ninguém, para o sul, para a Sicília e para o Mediterrâneo. Já agora, espreitem a série televisiva que está a passar na RTP 2, com o excelente Luca Zingaretti a fazer de inspector Montalbano.
[...]
Eduardo Dâmaso
 
 

Taxidrivers, 30.3.2020
La concessione del telefono, diretto da Roan Johnson, regista de La stagione della caccia
Attenzione psicologica per i personaggi: tutti un po’ colpevoli e senza riscatto

Camilleri senza Montalbano, come Simenon senza Maigret
La concessione del telefono di Roan Johson è il terzo film tratto dai libri di Camilleri che non seguono il filone del commissario, forse i suoi più belli. Un po’ come accadeva a Simenon, le cui storie senza Maigret, che lui chiamava romanzi-romanzi, sono sicuramente più coinvolgenti dal punto di vista letterario. Trame che non inseguono intrecci particolari, ma svolte dell’anima: “Mi fa male vedere la vita di un uomo prendere all’improvviso una svolta pericolosa, come se un sasso lo facesse inciampare quando meno se lo aspetta!”. Il personaggio è l’uomo nudo, verso il quale provare compassione, identica a quella che sente lo stesso Maigret. Però, quando si sospendono i meccanismi narrativi del giallo, l’attenzione si fa puramente psicologica e i romanzi ne guadagnano in spessore.
Anche per Camilleri è un po’ così, con in più la critica sociale feroce resa tra sarcasmo e paradosso, gag, fraintendimenti, equivoci, ripicche e paranoie. Un quadro umano sconfortante, soprattutto ne La concessione del telefono (1998), romanzo lieve, solo in superficie.
Il protagonista, un uomo senza qualità, vittima e colpevole nello stesso tempo
Al centro della vicenda, come per Simenon, un uomo nudo; ma qui proprio un uomo del tutto privo di qualità. Pippo Genuardi (Alessio Vassallo) è un piccolo commerciante di legname che vive alle spalle del suocero, Nenè Schilirò (Antonio Alveario). Fimminaro, per usare un termine cui la serie di Montalbano ci ha abituati con Mimì Augello, ruolo che Vassallo ha fatto suo quando era, ne Il giovane Montalbano, il giovane Augello. E che, con quella faccia un po’ così, tra l’altro, gli è venuto davvero bene.
Film e romanzo iniziano con le tre lettere che Genuardi invia al prefetto, Marascianno (Corrado Guzzanti, al meglio delle sue divertite interpretazioni), chiedendo appunto la concessione del telefono. Su questa richiesta s’intestardisce oltre misura (anche noi, lettori e spettatori, solo alla fine capiremo il perché). Per la moglie Taninè trattasi di diavoleria, tanto più che mal gliene incolse, al povero marito, il quale tanto innocente non è. Gioca sempre un doppio ruolo nei confronti del potere: furbastro e sprovveduto nello stesso tempo, vittima e delatore. Svenevole verso il mafioso locale, Don Lollò (Fabrizio Bentivoglio, già visto nella sua perfetta versione siciliana, in un episodio di Montalbano), a cui svende senza ritegno il suo migliore amico, Sasà (Corrado Fortuna). E insieme, oppresso dalla burocrazia, che lo trasforma addirittura in un sovversivo. Proprio lui, che idee politiche zero, impegno sociale men che meno. C’era una volta Vigata nasce da fatti realmente accaduti
“Quale onesto cittadino potrebbe mai volere una linea telefonica!”, sostiene il prefetto, completamente fuori di testa già di suo. Da questa incontrovertibile certezza, inizia la persecuzione di Pippo Genuardi. L’unico personaggio pacato è il questore venuto dal Nord, Monterchi (Tomas Trabacchi), estraneo e incredulo davanti agli assurdi maneggi locali; quasi un testimone, ma interno alla storia, a dirci che l’incubo rappresentato non è pura immaginazione. D’altra parte le storie di C’era una volta Vigata, che insieme a questa comprendono anche La mossa del cavallo (di Gianluca Tavarelli, 2018) e La stagione della caccia (di Roan Johnson, 2019), nascono sempre da fatti realmente accaduti, e poi amplificati dalla fantasia e dall’umorismo di Camilleri.
Toni e ritmo brillanti, location affascinanti
Il film per la tv La concessione del telefono ha ritmo e toni brillanti, impegnativi all’inizio, perché dobbiamo orientarci in un esordio che vuole, in una lingua siciliana rétro, essere fedele al libro, mentre le missive si susseguono e i personaggi ci si presentano. Ma quando li conosciamo meglio, via via che la trama si dipana, il coinvolgimento è assicurato.
Affascina fin da subito il contesto delle scene, quella bellissima piazza di Ispica, con il loggiato del Sinatra, già ampiamente sfruttata tra i luoghi di Montalbano. Ispica è la location che Pietro Germi scelse per il suo Divorzio all’italiana (1961), ma vide anche una scena di De Sica nel suo film Il viaggio (1974) e anche dei fratelli Taviani per Kaos (1984). La luminosa piazza di Santa Maria Maggiore, con il suo loggiato, diventa luogo della vivace vita cittadina ottocentesca. Dal passeggio, ai pettegolezzi, agli incontri tra uno spaventato Pippo Genuardi e l’imperturbabile Don Lollò.
Personaggi privi di riscatto
Gli interni sono invece sempre un po’ bui, soprattutto quelli degli uffici, in cui si consumano le tresche ai danni del malcapitato Genuardi, la tragedia ridicola di un uomo ridicolo, senza riscatto, né suo né degli altri personaggi. Tanto che mentre sorridiamo, non possiamo non avvertire che tutti sono, chi più, chi meno, colpevoli. I drammi sono alleggeriti dalla farsa, e pensiamo che Camilleri si sia divertito durante l’adattamento del suo libro, insieme al regista Johnson e a Francesco Bruni.
Bruni è lo sceneggiatore degli episodi di Montalbano, de Il Giovane Montalbano e di C’era una volta a Vigata. Come regista, ha esordito con Scialla e ora, insieme ad altri autori, aspettava l’uscita a marzo del suo ultimo film. Ironia del destino è intitolato proprio Andrà tutto bene. Niente a che vedere con il virus: una storia comunque di speranza, alla quale facciamo i nostri auguri, che seguiremo volentieri quando uscirà il film e quando noi usciremo da questo brutto, bruttissimo sogno.
Margherita Fratantonio
 
 

Il Foglio, 30.3.2020
L’ultimo Montalbano
Per anni è stato il commissario più amato e più seguito dai telespettatori. Ma ora, dalla scrittura alla regia, si avverte la mancanza di Camilleri

Secondo la vulgata – anche quella di Vigàta probabilmente – così come non ci sono più le mezze stagioni, non c’è più il Commissario Montalbano. Quello della tv, almeno. Poiché quello dei libri, nelle eleganti copertine blu di Sellerio, quello che ha fatto la fortuna di un intellettuale già vegliardo e fino ad allora piuttosto schivo e di una casa editrice di belle scelte e buone vendite ma comunque considerata fino a quell’esplosivo successo commerciale un po’ esclusiva, quello no, non si tocca. Quel Montalbano di carta stampata vive e lotta insieme a noi. E continuerà a vivere e lottare per chissà quanto, nonostante il suo burattinaio sia passato a miglior vita l’estate scorsa. No, quello che ci ha traditi, per così dire, è il Montalbano icona del piccolo schermo, quello che ha regalato fortune aggiuntive al suo autore e al suo editore e creato quella di Palomar di Carlo Degli Esposti che ha creduto nel progetto vent’anni fa e lo ha tradotto in fiction televisiva.
Stavolta il Salvo Montalbano trasfigurato nelle carni brunite di Luca Zingaretti ha deluso perfino gli aficionados più accaniti, gli onnipresenti davanti alla tv per ogni debutto ma anche per ogni replica, le groupies zingarettiane (d'accordo solo sulla buona tenuta del fisico del Nostro durante le nuotate dell'alba e del tramonto), i feticisti accalappiati dall’astuto grand tour sui luoghi del set, hanno abbozzato mezze smorfie. Non proprio un'abiura, per carità, ma una disillusione amara, da mezza crisi di coscienza. A dispetto anche dei numeri che sono stati altisonanti, come sempre, e che hanno fatto gongolare gli inserzionisti e la Rai: lunedì 9 marzo, sera del debutto del primo dei due nuovi episodi, solo Giuseppe Conte ha saputo fare meglio del commissario – 10,7 milioni del premier contro i 9,4 del poliziotto – e probabilmente da quei quasi 11 milioni che “Giuseppi” ha consegnato brevi manu a Salvo si è scivolati ai quasi 9 e mezzo perché in molti erano già scappati a svuotare gli scaffali dei supermercati dopo il “tutti a casa”; il lunedì successivo, 16 marzo, altre fanfare in viale Mazzini con 9 milioni e mezzo stavolta tondi e comunque, in tutti e due i casi, uno share tra il 33 e il 39 per cento che, con i tempi che corrono, ha del miracoloso. E comunque, cos'è che non ha funzionato in questo doppio addio alle scene? L'impresa, questa volta, non era affatto facile in partenza poiché su tutto aleggiava il peso del “post mortem”: passati a miglior vita in breve tempo il creatore Andrea Camilleri, il metteur en scene Alberto Sironi e lo scenografo Luciano Ricceri.
Non era facile insomma: un po’ perché Camilleri, pur con grandissima discrezione, era stato una presenza vigile su quel suo personaggio affidato dai produttori a un attore che lui vent’anni fa non s’era nemmeno immaginato potesse incarnarlo ma che era stato suo allievo in Accademia; un po’ perché Sironi aveva creato un linguaggio filmico che era una citazione più letteraria che cinematografica, più metaforica che realista dove tutto era sul limite, sulla soglia, la tragedia non era mai tragedia tout court, il grottesco non era mai sovraccarico, la macchietta non diventava mai macchietta, la pasta al forno, pur passando dalla teglia al piatto, restava una categoria dello spirito e così il fritto di pesce o gli arancini (per dirla alla Camilleri, nella dizione giurgintana); un po’ perché Ricceri, quegli interni, li aveva ispirati sì a una provincia che evocava un tempo antico ma senza troppo uso di nostalgia, vecchie madie riadattate, copriletti di fiandra, maioliche, tende ricamate e mantovane austere, ma anche in quel caso era tutto “citato”, mica c’era solo il gusto d’arredare stanze o far spostare trumeau su cui piazzare un paio di soprammobili da marchès aux puces. Stavolta, invece è come se tutto si fosse slargato già a partire dalla scrittura, amplificato nella caratterizzazione, esasperato nei personaggi ma appiattito nelle loro psicologie, sottolineato negli stessi arredi. Già la scelta degli originali non era felicissima: “Salvo amato, Livia mia” ha un impianto epistolare, vai un po’ a renderlo televisione; “La rete di protezione” non è poi tra le invenzioni più felici del ciclo montalbaniano, c’è un ingorgo di temi e personaggi, c’è quasi una difficoltà a rintracciare la storia principale e a metterla al centro di quelle satelliti, c’è un gioco di matrioske difficilmente incastrabile in un copione. Troppa gente, troppe storie, troppi temi a latere: che fosse la sempre gettonata omosessualità, pur in un non dichiarato rapporto omofilo tra la vittima e la sua collega d’ufficio, oppure il bullismo scolastico con una strana appendice di terrorismo via web, o ancora la parentesi boccaccesca del vicecommissario e della avvenente attrice straniera sul set arrivato in paese. Parentesi su parentesi, aperte e chiuse, riaperte e poi richiuse spesso con un unico escamotage televisivo, lo squillo di un cellulare e una voce che riconduceva alla storia principale e poi ancora un altro squillo, un’altra voce e si ripassava alla storia secondaria, ma non necessariamente accessoria, spesso malamente collegata.
Insomma, primo errore, un errore di scrittura. Perché Camilleri non arzigogolava, non girava intorno, non allungava il caffè con l’acqua calda. Qui invece Francesco Bruni, Salvatore De Mola, Leonardo Marini e la fedelissima Valentina Alferj era come se giocassero d’accumulo, a una superfetazione narrativa, un ciofecamento di situazioni, di personaggi, di dialoghi di cui non si capiva il motivo tanto che della matassa spesso si perdeva il bandolo. Per fare un esempio, il più semplice, di sceneggiatura: in “Salvo amato, Livia mia” la meritoria attività sociale della vittima – l’assistenza a bambini immigrati – veniva lodata da una collega della vittima stessa davanti al commissario e poi nuovamente acclamata dalla fidanzata del commissario stesso ma nella scena appena successiva, una ripetizione, insomma, che alle orecchie risuonava con un certo clangore.
Altro esempio, più difficile da decrittare, altro errore sempre di (ri)scrittura ma questa volta di impianto, di soggetto. Ne “La rete di protezione” i temi (già troppi sulle pagine Sellerio) si rimescolano, non si capisce più quale tra questi sia il principale, il più interessante: se il “cold case”, una storia degli anni Sessanta, sullo strano suicidio del fratello gemello di un ricco possidente; la bullizzazione di un ragazzino, compagno di scuola del figlio del vicecommissario Mimì Augello, con la poco credibile irruzione armata paraterroristica nella classe durante una lezione; l’erotica gita in barca dello stesso Mimì con un’attrice svedese capitata in paese sul set di un film che scatena gelosie che manco in un film di Pietro Germi (proprio quel set, allestito per un film d’epoca, è invece quello da cui Camilleri fa partire tutto). In Sicilia si direbbe un “tràsi e nièsci” che ci vuol testa a stargli dietro. Camilleri risolve tutto, o quasi, in letteratura. La tv lo complica.
Lo stesso discorso vale per la regia che Luca Zingaretti ha voluto firmare in coppia con Alberto Sironi che ha frequentato il set già malato e poi è stato costretto ad abbandonarlo. Laddove Sironi giocava per ironica, ammiccante citazione della provincia siciliana, come a volersi sottrarre alle facili lusinghe di retorica, luogo comune, folclore che quell’universo ha offerto per decenni, qui c'era invece come la preoccupazione di evidenziare, sottolineare, circostanziare, attraverso una folla di personaggi principali e minori, una vocazione a far coro senza che un solista venisse fuori. Idem per le scene e l’arredamento che Simona Garotta ha creato sul vecchio impianto di Ricceri ma pure in questo caso si sentiva una tensione più all’arricchire che allo sbozzare. Il problema del Montalbano “post” è stato quello di spremere da Camilleri e dal suo commissario oltre quanto fosse già stato spremuto dal 1999 in poi. Come se da quella polpa si potesse ricavare ancora succo. Ma Camilleri e Montalbano ci hanno già regalato tutto quello che potevano, un mondo che è stato un po’ una “magarìa”, un palcoscenico di fascino autocelebrativo dell’isola, uno specchio in cui anche i siciliani si sono riconosciuti spesso assolvendosi di certi loro inguaribili, inestirpabili difetti. Invece stavolta è come se al mondo del commissario qualcuno avesse voluto dare gli estrogeni, lo avesse, per richiamo di Auditel, fatto ingrassare fino alla bulimia, all’obesità. Un po’ banalizzandolo.
Bisognava semplicemente essere onesti, coltivare la stessa onestà intellettuale che fu dell’autore: Montalbano gli piaceva ancora, ancora lo intenerivano le quotidiane mollezze di quell’uomo di forte apparenza sociale, insomma il commissario era come un figlio per Camilleri ma si ebbe l’impressione che su quel farsi tramonto definitivo degli anni e degli occhi, altre cose attirassero l’Empedoclino, altri orizzonti intrigassero Nené, ’u Marinisi: quella saggezza da avo che trasmette brevi riflessioni ora etiche ora morali alle future generazioni domestiche che non potranno più abbeverarsi della sua parola diretta, alla testimonianza della sua voce nicotinica, un po’ nonno e un po’ demagogo, quel farsi oracolo contemporaneo, ruolo che gli appiopparono ma che a lui comunque anche per una certa vanità non dispiaceva (vanità innocente, come ogni senile debolezza), quell’incarnarsi in Tiresia (fu la sua ultima, clamorosa apparizione pubblica al teatro greco di Siracusa di fronte a cinquemila persone d’attonita dipendenza). Altro, insomma. Anche per questo, intestardirsi ancora col commissario in tv sarebbe forse un accanimento ingiusto, da far torto a quello che s’è accreditato nel corso di decenni come un classico in letteratura e nell’intrattenimento popolare della fiction. Sarebbe meglio salutarlo così, Montalbano, senza più scomodarlo se non dagli scaffali delle nostre librerie, non aggiungere altro al già letto e al già visto soprattutto se quest’altro ha la vacua superbia dell’orpello. Salvate il soldato Montalbano che amava (e ama) solo cannoli di ricotta freschissima e di scorza croccante.
Totò Rizzo
 
 

Telefilm Central, 30.3.2020
Montalbano, Vigata e il ruolo della televisione al tempo del coronavirus

La telecamera si allontana e velocemente l’inquadratura si allarga, lasciando il protagonista diventare sempre più insignificante rispetto al suo contorno. Vediamo il mare azzurro di Marinella inghiottire Montalbano, l’architettura bianca di Vigata far sparire il questore Monterchi. Così si concludono da sempre le trasposizioni delle opere di Andrea Camilleri, incluso questo capitolo del Commissario Montalbano 2020. Con un ritrarsi dello strumento filmico dalla scema, che, quasi come un sipario che scende, pone fine all’azione. E il protagonista resta un puntino nella vastità del reale, solo, con i suoi pensieri, con in mano i pezzi, molto spesso amari, di un’indagine che lo ha cambiato per sempre.
Stiamo vivendo un momento di estrema solitudine, anche se siamo costretti a casa con i nostri cari, la mente è da sola e in tale stato viaggia. Come i personaggi dei racconti del Maestro, ci siamo di colpo ritrovati a contatto con uno squarcio di spietata realtà e, per quanto siamo a conoscenza delle cause, delle procedure da tenere, restiamo attoniti. Attoniti, guardando il nuovo evolversi del Commissario Montalbano in questo terribile 2020.
MONTALBANO E UNA NUOVA STAGIONE DA EREDITARE
La nuova stagione del Commissario Montalbano 2020, composta da due episodi (Salvo Amato, Livia Mia; La rete di protezione) è la prima trasmessa dopo la morte del suo Autore (permettetemi la A maiuscola) e del suo storico Regista (Alberto Sironi, venuto a mancare l’agosto scorso). Eppure, grazie alla bravura del cast e di Zingaretti alla regia del secondo episodio, niente appare mutato. La camera continua ad amare i campi lunghi, la fotografia dai toni caldi risalta la bellezza delle locations sicule, e le storie si intrecciano lentamente ma mai seguendo la strada dell’ovvio.
Ritroviamo un Montalbano arguto, vivace e meno depresso degli ultimi racconti. In un certo senso torniamo alle origini, eppure andiamo avanti: ritornano i racconti uniti dagli sceneggiatori, il crimine passionale, gli indovinelli, il problematico figlio di Adelina e le scappatelle di Mimì. Livia ritorna sullo sfondo anche quando è a Vigata, ritorna voce e non pensiero. Eppure manca la Mafia, alla quale non si accenna mai in nessuno dei due episodi, Montalbano si ritrova a dover fare i conti con la tecnologia nonostante guidi la stessa macchina del 1999 e vediamo per la prima volta nella serie un accenno di meta tv ( la città blindata dalle riprese di un film in costume che si ambienta delle stesse location di C’era una volta Vigata).
LA CONCESSIONE DEL TELEFONO: C’ERA UNA VOLTA VIGATA E LA MODERNITÀ DELL TEMPO PASSATO
Se il segreto di Montalbano è il suo essere congelato e sospeso in un tempo indefinito, la forza dei racconti storici di Camilleri sta nel rendere il passato drammaticamente contemporaneo. La concessione del telefono, ne è in questo l’esempio migliore. La divertente storia di Genuardi, che si ritrova schiacciato tra la Mafia e la burocrazia, era difficile da metter in scena, perché nel romanzo viene narrata solo sotto forma di lettere.
Roan Johnson decide di seguire il genio del Maestro e utilizzare il sistema epistolare al massimo del suo potenziale, riuscendo a ricreare l’acutezza e l’ironia del romanzo. Grazie all’uso delle voci fuori campo, di font diversi che rispecchiamo la personalità del personaggio e di un montaggio veloce e moderno, La Concessione del Telefono è uno dei racconti tv in costume più interessante degli ultimi anni.
Magistrale il cast, su tutti Vassallo, che grazie ai dialetti diversi rende benissimo la situazione post unificazione in Sicilia, tra lo Stato volontariamente inerme e gli “uomini d’onore” che continuano indisturbati a fare quello che vogliono nella scia dei migliori gattopardi. Una storia che intrattiene, diverte, e si chiude in modo inaspettato e amaro.
COMMISSARIO MONTALBANO 2020 E LA TV AL TEMPO DEL VIRUS
La prima puntata del Commissario Montalbano 2020 è andata in onda dopo la notizia del lockdown nazionale, ed è stato difficile seguire la storia e l’indagine con un pesante nodo alla gola. Ma questo la televisione deve fare. Mai come adesso è un mezzo necessario e primario per la salute mentale dello spettatore, e per questo non può e non deve rinunciare all’intrattenimento. Ben vengano le repliche, le nuove serie, i contenuti culturali e anche quelli meno seri, perché è soprattutto tempo di ridere. Non possiamo e non dobbiamo affondare nell’infodemia, nella nausea da informazioni, da numeri, statistiche, modi di lavarsi le mani, marche di detergenti migliori per lavare a terra etc. Il piccolo schermo deve intrattenere in modo intelligente e arguto, ha il dovere di smuovere il cervello per farlo distrarre e muovere il cuore facendoci ridere.
Montalbano sopravviverà al suo autore, perché è letteratura vera; la serie sopravviverà al suo regista perché è cinema puro fattosi piccolo solo per stare in uno schermo più maneggevole, ne verremo fuori anche noi, cambiati, e come Salvo alla fine di ogni indagine, con una grandissima voglia di sciacquare nel mare tutte le paure passate.
Stay Home and Good Luck!
La_Seria_
 
 

tekk.tv, 30.3.2020
Der italienische Bestsellerautor Camilleri stirbt – Top-News

Andrea Camilleri war nicht der einzige, der Italien liebte: Er war der Schöpfer von Kommissar Salvo Montalbano. Mit den Montalbano-Thrillern erzielte Camilleri einen weltweiten Erfolg. Der Bestsellerautor ist inzwischen im Alter von 93 Jahren verstorben.
Mit ihm wird auch seine berühmteste und wichtigste Romanfigur verschwinden. Die italienische Autorin Andrea Camilleri hatte lange das Ende des liebenswerten, etwas spröden Kommissars Salvo Montalbano vorbereitet.
Der Verlag würde das Manuskript nach seinem Tod veröffentlichen, hatte der gebürtige Sizilianer vor einigen Jahren berichtet. Jetzt starb Camilleri am Mittwoch im Alter von 93 Jahren in Rom. Dies sollte auch Montalbano ein Ende setzen – aber er sollte nicht sterben, Camilleri hatte bereits so viel enthüllt: "Er wird gehen, verschwinden, aber ohne zu sterben."
Mit dem Kommissar hat Camilleri ein Denkmal für sich geschaffen. Die Figur des Romans hat ihn auf der ganzen Welt bekannt gemacht und ihn zu einem der beliebtesten Schriftsteller Italiens gemacht. Es gibt 27 Bücher mit dem Commissario, die Camilleri erst im Alter von etwa 70 Jahren weltweit bekannt und beliebt gemacht haben, sowie „Montalbano“ -Kurzgeschichten. Zuvor war Camilleri hauptsächlich als Regisseur, Drehbuchautor und Professor tätig und hatte wenig Erfolg mit historischen Romanen.
Seine Werke dominierten die Bestsellerlisten
Camilleri galt auch in Italien als kritische Stimme – er kritisierte kürzlich Innenminister Matteo Salvini: Als er ihn mit einem Rosenkranz in der Hand sah, wurde ihm übel, hatte er gesagt.
In seinen Romanen bemerkte er eine entfernte Sicht auf die Probleme der Gesellschaft des Landes. Mit seinen Geschichten hielt Camilleri gekonnt den Spiegel seines Heimatlandes hoch und hatte keine Angst, sensible Themen anzusprechen.
Typisch für seine Bücher waren auch die literarischen Zitate und tiefgreifenden Dialoge im sizilianischen Dialekt. Mehr als 30 Millionen Exemplare …
 
 

TV Sorrisi e Canzoni, 31.3.2020
Ascolti del 30 marzo: 6,3 milioni per la replica di Montalbano
Il commissario di Raiuno domina la prima serata, continua il boom di Harry Potter: 4,7 milioni su Italia 1 per il quinto capitolo

Raiuno, Il commissario Montalbano: 6.360.000 spettatori, share 21,53%.
[...]
 
 

Corriere della Sera, 31.3.2020
A fil di rete
Le critiche a Montalbano e la forza suadente della ripetizione
C’è chi se la prende con Zingaretti, ma gli slargamenti della scrittura, le amplificazioni delle caratterizzazioni, l’appiattimento delle psicologie sono made in Camilleri.

Prima o poi doveva succedere, che qualcuno stroncasse Montalbano. L’ultimo Montalbano (diretto da Luca Zingaretti), sia chiaro. Una stroncatura garbata, quasi affettuosa, ma intanto una crepa si è aperta nel monumento. Qualcosa però non torna. Domenica, sul Foglioè apparso un lungo articolo in cui si sostiene che «stavolta Montalbano… ha deluso perfino gli aficionados più accaniti, gli onnipresenti davanti alla tv per ogni debutto ma anche per ogni replica, le groupies zingarettiane…, i feticisti accalappiati dall’astuto grand tour sui luoghi siciliani del set: tutti hanno abbozzato mezze smorfie. Non proprio un’abiura, per carità, ma una disillusione amara, da mezza crisi di coscienza». E, più in dettaglio, Totò Rizzo nota che «stavolta è come se tutto si fosse slargato già a partire dalla scrittura, amplificato nella caratterizzazione, esasperato nei personaggi ma appiattito nelle loro psicologie, sottolineato negli stessi arredi».
Colpa di Zingaretti, «forse preoccupato dal riprendere e dal riprendersi», che ha diretto «un po’ in automatico». Critiche legittime, a parte la difficoltà statistica di rilevare la delusione delle groupies zingarettiane (Rizzo le conosce tutte?), visto che Auditel ha decretato l’ennesimo successo. Lunedì, Rai1 ha trasmesso L’altro capo del filo, un Montalbano diretto da Sironi del 2018 (visto che i tv movie sono 34, si va ad annate, come per i vini). Ebbene, le critiche che Rizzo rivolge all’ultimo Montalbano funzionano benissimo anche per precedenti episodi, nonostante le groupies zingarettiane non se ne siano accorte. Verrebbe da dire, ma non lo diciamo, che gli slargamenti della scrittura, le amplificazioni delle caratterizzazioni, l’appiattimento delle psicologie sono made in Camilleri. Non è che quelle iterazioni continue, il riconoscimento del già noto lusinghino molto il lettore e permettano all’autore di giocare sulla forza suadente della ripetizione?
Aldo Grasso
 
 

AgrigentoOGGI, 31.3.2020
Preside agrigentino intitola la prima scuola in Italia allo scrittore Andrea Camilleri

A Novara la prima scuola intitolata al noto scrittore empedoclino Andrea Camilleri. L’idea è nata da un preside agrigentino Giuseppe Amato, di ruolo presso l’istituto Varallo Pombia di Novara.
“Ho il piacere – annuncia in una nota stampa il dirigente scolastico – di comunicare che con Decreto n.12449 del 27/3/2020, firmato dal dott. Giuseppe Bordonaro, Dirigente dell’Ufficio scolastico Ambito di Novara , l’istituto che ho l’onore di dirigere è stato intitolato allo scrittore agrigentino Andrea Camilleri.
La scelta – dice – è stata condivisa all’unanimità dagli organi collegiali della scuola, dalla Giunta Comunale di Varallo Pombia presieduta dal sindaco Alberto Pilone, dalla Prefettura di Novara e quindi dall’Ufficio Scolastico che ha emesso il decreto.
Per la prima volta in Italia, e in deroga alle procedure ordinarie in quanto il decesso è recente, un istituto scolastico statale viene intitolato allo scrittore, regista e sceneggiatore Camilleri. Questo rappresenta il primo passo di una serie di iniziative che il mio istituto intende promuovere per diffonderne le opere e la memoria.
 
 

 


 
Last modified Wednesday, May, 18, 2022