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RASSEGNA STAMPA

LUGLIO 2022

 
El Correo, 2.7.2022
Un libro cada semana
'El cocinero del Alcyon' de Andrea Camilleri
Una historia de drogas y mafias que es la penúltima novela de Montalbano

'El cocinero del Alcyon' es una novela digamos que diferente de Andrea Camilleri aunque pertenezca a la serie del comisario Montalbano. No es distinta por el estilo, ni siquiera porque sea la penúltima de su autor y se observe cansancio. Si lo había, dada su avanzada edad cuando la escribió, apenas se percibe. Es diferente porque en realidad el origen de esta historia es un guion cinematográfico para una coproducción italoestadounidense que no llegó a buen término. A partir de ahí, Camilleri retocó el texto pero mantuvo al FBI en la trama, algo que probablemente se entiende solo si se conoce cómo surgió el proyecto.
El punto de partida es el suicidio, que pronto se desvela que no ha sido tal, de un trabajador. A eso se suma la extraña aparición de un yate de lujo modificado para que puedan aterrizar helicópteros en su cubierta y un aún más sorprendente tráfico de bellas 'acompañantes' que acuden a ese buque, que en muchos casos parece no tener más ocupantes que la tripulación.
Montalbano, que piensa cada vez más en la jubilación pese a que no parece estar en baja forma, emplea lo que deberían ser sus vacaciones en indagar qué está ocurriendo y se ve envuelto en una extraña trama de engaños que incluye su despido del cuerpo de Policía. El final es muy distinto de los habituales en la serie, con Montalbano -estupendo gastrónomo al que pocas veces hemos visto en los fogones- haciéndose pasar por cocinero para poder subir al buque.
Los seguidores de la serie temen ya la llegada de la próxima novela porque será la última.
César Coca

Un libro ogni settimana
Il cuoco dell'Alcyon' di Andrea Camilleri
Una storia di droga e mafie che è il penultimo romanzo di Montalbano

'Il cuoco dell'Alcyon' è un romanzo, diciamo, diverso di Andrea Camilleri, anche se appartiene alla serie del commissario Montalbano. Non è diverso per lo stile, nemmeno perché è il penultimo del suo autore e si osserva la stanchezza. Se c'era, data la sua età avanzata quando lo scrisse, è appena percettibile. È diverso perché in realtà l'origine di questa storia è una sceneggiatura cinematografica per una coproduzione italo-americana che non è andata a buon fine. Da lì, Camilleri ha modificato il testo ma ha mantenuto l'FBI nella trama, cosa che probabilmente si comprende solo se si sa come è nato il progetto.
Il punto di partenza è il suicidio, che presto si scopre non essere stato suicidio, di un lavoratore. A ciò si aggiunge la strana apparizione di uno yacht di lusso modificato in modo che gli elicotteri possano atterrare sul suo ponte e un traffico ancora più sorprendente di bellissime 'escort' che giungono a quella nave, che in molti casi sembra non avere più occupanti dell'equipaggio.
Montalbano, che pensa sempre di più alla pensione nonostante non sembri in cattive condizioni, sfrutta quelle che dovrebbero essere le sue vacanze per scoprire cosa sta succedendo ed è coinvolto in uno strano complotto di inganni che include il suo licenziamento dalla Polizia. Il finale è molto diverso dai soliti della serie, con Montalbano -un meraviglioso gastronomo che raramente abbiamo visto in cucina- che finge di essere un cuoco per salire sulla nave.
I seguaci della serie temono già l'arrivo del prossimo romanzo perché sarà l'ultimo.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

AnconaToday, 4.7.2022
Torna il festival del giallo: serata special su Camilleri

Senigallia - Definito il programma completo dell’undicesima edizione del festival ventimilarighesottoimari in giallo che si svolgerà dal 20 al 25 agosto. Molti gli eventi in cartellone a cominciare dalla serata iniziale con il giornalista Goffredo Buccini dedicata ai trenta anni dell’inchiesta Mani Pulite. Attesissimo l’incontro con Maurizio De Giovanni il 23 agosto. Graditi ritorni di Alessandro Robecchi, Giancarlo De Cataldo e Giampaolo Simi. Una mostra curata dalla Fondazione Rosellini per la letteratura popolare celebrerà i 90 anni del giallo italiano. Tra le novità l’evento post festival: una serata Camilleri organizzata in collaborazione con l’archivio Andrea Camilleri.
[…]
Tra le novità da segnalare la serata Camilleri, l’evento speciale post festival in programma l’1 ottobre organizzato in collaborazione con il Fondo Andrea Camilleri.
 
 

Agencia EFE, 4.7.2022
Salamandra publicará en octubre el cierre de la serie Montalbano de Camilleri
La editorial Salamandra publicará el 6 de octubre "Riccardino", el esperado final de la serie de Andrea Camilleri protagonizada por el comisario Salvo Montalbano.

La editorial Salamandra publicará el 6 de octubre "Riccardino", el esperado final de la serie de Andrea Camilleri protagonizada por el comisario Salvo Montalbano.
En este último Montalbano, un joven director de una sucursal bancaria de Vigàta es asesinado a quemarropa por un misterioso motociclista y el comisario, cansado ya de crímenes y homicidios, se encarga de resolver el caso en el menor tiempo posible.
Sin embargo, el destino nunca depara soluciones fáciles: lo que inicialmente parecía un ajuste de cuentas por cuestiones de honor resulta ser una madeja mucho más difícil de desentrañar.
Esbozado entre 2004 y 2005, retomado en 2016 y publicado póstumamente en Italia en 2020, "Riccardino" ha adquirido el valor de testamento literario, "un broche magnífico a una historia de casi treinta años en el que Andrea Camilleri demuestra su genialidad al mezclar realidad y ficción, en un sorprendente guiño del escritor siciliano para despedirse de Montalbano, su inseparable compañero de aventuras", remarca Salamandra.
Andrea Camilleri, uno de los escritores más leídos de Europa, nació en 1925 en Porto Empedocle y murió en Roma en 2019 y de sus obras, traducidas a 36 idiomas, se han vendido más de treinta millones de ejemplares.

Salamandra pubblicherà ad ottobre la chiusura della collana Montalbano di Camilleri

La casa editrice Salamandra pubblicherà il 6 ottobre "Riccardino", l'atteso finale della collana di Andrea Camilleri con protagonista il curatore Salvo Montalbano.
In quest'ultimo Montalbano, un giovane direttore di una filiale di Vigàta viene assassinato a distanza ravvicinata da un misterioso motociclista e l'assessore, già stanco di delitti e omicidi, è incaricato di risolvere il caso nel più breve tempo possibile.
Tuttavia, il destino non offre mai soluzioni facili: quella che inizialmente sembrava un regolamento di conti per ragioni d'onore si rivela una matassa molto più difficile da dipanare.
Delineato tra il 2004 e il 2005, ripreso nel 2016 e pubblicato postumo in Italia nel 2020, "Riccardino" ha acquisito il valore di un testamento letterario, "un magnifico finale di una storia di quasi trent'anni in cui Andrea Camilleri dimostra il suo genio mescolando la realtà e narrativa, in una sorprendente strizzata d'occhio dello scrittore siciliano per salutare Montalbano, suo inseparabile compagno di avventure", rimarca Salamandra.
Andrea Camilleri, uno degli scrittori più letti in Europa, è nato nel 1925 a Porto Empedocle ed è morto a Roma nel 2019 e le sue opere, tradotte in 36 lingue, hanno venduto più di trenta milioni di copie.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

El Punt Avui, 4.7.2022
La sèrie de Montalbano arriba al final

Andrea Camilleri (1925-2019) va ser un dels escriptors més llegits d’Europa, traduït a 36 idiomes i amb unes vendes totals de més de trenta milions d’exemplars. Sobretot gràcies a la llarga sèrie de novel·les policíaques ambientades a Sicília i protagonitzades pel comissari Salvo Montalbano.
Salamandra ha anunciat que el 6 d’octubre d’enguany publicarà Riccardino, el final de la sèrie d’Andrea Camilleri protagonitzada pel comissari Salvo Montalbano. Cal suposar que Edicions 62 també la publicarà en català, traduïda per Pau Vidal, com gairebé totes.
En aquest últim Montalbano, el jove director d’una sucursal bancària de Vigàta –el Macondo sicilià de Camilleri– és assassinat a boca de canó per un misteriós motociclista i el comissari, cansat ja de crims i homicidis, vol resoldre el cas en el menor temps possible. Però el destí mai ofereix solucions fàcils. El que inicialment semblava un passar comptes per qüestions d’honor, resulta ser una troca molt més difícil de desentranyar. Com sempre a les seves trames.
Esbossat entre el 2004 i el 2005, reprès el 2016 i publicat pòstumament a Itàlia el 2020, Riccardino ha adquirit el valor de testament literari, “un fermall magnífic a una història de gairebé trenta anys en el qual Andrea Camilleri demostra la seva genialitat en la manera de barrejar realitat i ficció”, afirmen fonts de l’editorial.

La serie Montalbano volge al termine

Andrea Camilleri (1925-2019) è stato uno degli scrittori più letti in Europa, tradotto in 36 lingue e con vendite complessive di oltre trenta milioni di copie. Soprattutto grazie alla lunga serie di romanzi polizieschi ambientati in Sicilia e con protagonista il commissario Salvo Montalbano.
Salamandra ha annunciato che il 6 ottobre di quest'anno pubblicherà Riccardino, il finale della serie di Andrea Camilleri con protagonista il curatore Salvo Montalbano. Si deve presumere che Edicions 62 lo pubblicherà anche in catalano, tradotto da Pau Vidal, come quasi tutti.
In quest'ultimo Montalbano, il giovane direttore di una filiale di Vigàta - il siciliano Macondo di Camilleri - viene ucciso a colpi di arma da fuoco da un misterioso motociclista e l'assessore, già stanco di delitti e omicidi, vuole risolvere il caso nel minor tempo possibile. Ma il destino non offre mai soluzioni facili. Quella che all'inizio sembrava una questione d'onore è un compito molto più difficile da svelare. Come sempre nelle loro trame.
Abbozzato tra il 2004 e il 2005, ristampato nel 2016 e pubblicato postumo in Italia nel 2020, Riccardino ha acquisito il valore di un testamento letterario, “una magnifica spilla a una storia di quasi trent'anni in cui Andrea Camilleri dimostra il suo genio nel modo di mescolando realtà e finzione”, affermano le fonti dell'editore.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

L'illa dels llibres, 7.7.2022
“Riccardino” d’Andrea Camilleri, l’últim servei del comissari Montalbano
Haurem d’esperar a l’octubre per llegir la darrera novel·la de l’escriptor sicilià amb el final de la sèrie de Salvo Montalbano.

Andrea Camilleri va començar a escriure la novel·la “Riccardino” entre els anys 2004 i 2005. No va ser fins a l’any 2016, quan l’autor va decidir reprendre l’obra que finalment va veure la llum l’any 2020 quan va ser publicada després de la mort de l’escriptor. Aquest era el desig de Camillieri i així li va expressar al seu editor amb qui va pactar que no es publiqués fins que fos, realment el darrer episodi de la sèrie Montalbano.
L’editor va custodiar fins a la mort de l’autor en una caixa forta la novel·la que a principis d’octubre publicaran Edicions 62 i Salamandra en català i castellà respectivament. En català amb la traducció del traductor habitual, Pau Vidal.
Camilleri barreja a “Riccardino”, realitat i ficció, per acomiadar-se del seu personatge on a través de la investigació d’homicidi, la novel·la recull les discrepàncies entre el personatge Montalbano i l’autor, Andrea Camilleri.
L’escriptor ens va deixar el 17 de juliol de 2019 als 93 anys. Andrea Camilleri va començar la trajectòria literària i cultural com a director teatral amb obres de Pirandello i Beckett, durant un temps es va dedicar a fer produccions policíaques per a la televisió italiana com a productor i coguionista de la sèrie del comissari Maigret de Simenon.
Tot i que és conegut principalment per la sèrie Montalbano, Camilleri era autor també de moltes novel·les històriques ambientades a la Sicília del segle XIX. Un exemple és el seu debut literari l’any 1978 amb la novel·la històrica El curs de les coses.
L’any 1994 publicava la primera novel·la protagonitzada per Salvo Montalbano amb el títol de La forma de l’aigua que seguiria fins a l’actualitat amb títols com El gos de terracota, El lladre de pastissets, La veu del violí, L’excursió a Tíndari, Un gir decisiu, La paciència de l’aranya, Sense títol, La lluna de paper, Foguerada d’agost, Les ales de l’esfinx, La pista de sorra, El camp del terrissaire, L’edad del dubte, El joc de pistes o El Somriure d’Angèlica.
FASCINACIÓ PER MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN
L’escriptor sempre s’havia mostrat admirador de l’obra de Manuel Vázquez Montalbán “La fascinació de Montalban va sorgir arran de la lectura de la novel·la ‘El pianista’ i des de llavors no es va cansar de repetir la seva gratitud envers l’escriptor català. “Va ser la lectura d’aquesta novel·la que el que em va ajudar a no escriure novel·les avorrides i com a mostra d’afecte vaig anomenar el meu comissari, Montalbano, en clara referència a Manuel Vázquez Montalbna”. L’any 2014 en la roda de premsa prèvia al lliurament del Pepe Carvalho a la ciutat de Barcelona, afirmava que escrivia cada dia i sobre el futur del comissari Montalbano assegurava ‘que li provocava terror la jubilació’ al mateix temps que afirmava que el seu personatge’ viu envoltat d’imbècils perquè el 99% dels criminals són imbècils i estar envoltat d’aquesta gent no és agradable”.
Ara, el comissari Salvo Montalbano viurà una jubilació forçosa després de la mort del seu creador i de la publicació a l’octubre de la darrera obra on és protagonista.
“RICCARDINO”, PUNT I FINAL A LA SÈRIE SALVO MONTALBANO
A “Riccardino”, un jove director d’una sucursal bancària de Vigàta és assassinat per un misteriós motociclista, i Salvo Montalbano, cansat ja de crims i homicidis, s’encarrega de resoldre el cas en el menor temps possible. Però, el que inicialment semblava una revenja per qüestions d’honor, resulta ser molt més complicat del que creia inicialment.
Les obres de Camilleri han estat editades per Edicions 62 i Bromera en català i Destino i Salamandra en castellà.
S’han traduït a 36 idiomes s’han venut més de 30 milions d’exemplars.

"Riccardino" di Andrea Camilleri, l'ultimo servizio del commissario Montalbano
Bisognerà aspettare ottobre per leggere l'ultimo romanzo dello scrittore siciliano con il finale della serie di Salvo Montalbano.

Andrea Camilleri ha iniziato a scrivere il romanzo "Riccardino" tra il 2004 e il 2005. Solo nel 2016 l'autore ha deciso di riprendere l'opera che ha finalmente visto la luce nel 2020 quando è stata pubblicata dopo la morte dello scrittore. Questo era il desiderio di Camillieri e così espresse al suo editore con il quale acconsentì a non pubblicarlo fino a quando non fosse, in realtà, l'ultima puntata della serie Montalbano.
L'editor va custodir fins a la mort de l'autor en una caixa forta la novel·la que a principis d'octubre publicaran Edicions 62 i Salamandra en català i castellà rispetto. In catalano con la traduzione del solito traduttore, Pau Vidal.
Camilleri mescola in "Riccardino", realtà e finzione, per dire addio al suo personaggio dove attraverso l'indagine per omicidio, il romanzo raccoglie le discrepanze tra il personaggio Montalbano e l'autore, Andrea Camilleri.
Lo scrittore è scomparso il 17 luglio 2019 all'età di 93 anni. Andrea Camilleri inizia la sua carriera letteraria e culturale come regista teatrale con opere di Pirandello e Beckett, per un certo periodo si dedica alla realizzazione di produzioni poliziesche per la televisione italiana come produttore e co-autore della serie del commissario Maigret de Simenon.
Nonostante sia noto soprattutto per la serie Montalbano, Camilleri è stato anche autore di numerosi romanzi storici ambientati nella Sicilia dell'Ottocento. Un esempio è il suo esordio letterario nel 1978 con il romanzo storico Il corso delle cose.
Nel 1994 pubblica il primo romanzo realizzato da Salvo Montalbano con il titolo della forma dell'acqua che seguirà fino ai giorni nostri con titoli come il cane di terracotta, il ladro di tortine, la voce del violino, L'escursione a Tindari, Una svolta decisiva, La pazienza del ragno, Senza titolo, La luna di carta, Il falò d'agosto, Le ali della sfinge, La pista sabbiosa, Il campo del vasaio, L'età del dubbio, Il gioco degli indizi o Il sorriso di Angelica.
IL FASCINO DI MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN
Lo scrittore è sempre stato un ammiratore dell'opera di Manuel Vázquez MontalbÁn “Il fascino di Montalban è nato dalla lettura del romanzo 'El pianista' e da allora non si è stancato di ripetere la sua gratitudine verso lo scrittore catalano. "È stato leggere questo romanzo che mi ha aiutato a non scrivere romanzi noiosi, e come dimostrazione di affetto ho chiamato il mio curatore, Montalbano, in chiaro riferimento a Manuel Vázquez Montalbna". Nel 2014 alla conferenza stampa prima della consegna di Pepe Carvalho nella città di Barcellona, ??ha dichiarato di aver scritto ogni giorno e sul futuro del commissario Montalbano ha detto 'che aveva il terrore di andare in pensione' mentre affermava che il suo carattere ' vive circondati da idioti perché il 99% dei criminali sono idioti ed essere circondati da queste persone non è piacevole.'
Ora, il commissario Salvo Montalbano vivrà un pensionamento forzato dopo la morte del suo ideatore e la pubblicazione ad ottobre dell'ultima opera di cui è protagonista.
"RICCARDINO", FINALE PUNTO I DELLA SERIE SALVO MONTALBANO
In "Riccardino", un giovane direttore di una filiale di Vigàta viene assassinato da un misterioso motociclista, e Salvo Montalbano, già stanco di delitti e omicidi, è incaricato di risolvere il caso nel più breve tempo possibile. Ma quella che inizialmente sembrava una vendetta per questioni d'onore si rivela molto più complicata di quanto pensassi inizialmente.
Les obres de Camilleri han estat editades per Edicions 62 i Bromera en català i Destino i Salamandra en castellà.
Più di 30 milioni di copie sono state tradotte in 36 lingue.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

Fondo Andrea Camilleri, 8-17.7.2022
Il corso delle cose. Andrea Camilleri e il suo archivio

Da venerdì 8 luglio a domenica 17 luglio sarà possibile visitare il Fondo Andrea Camilleri e la mostra documentaria "Il corso delle cose. Andrea Camilleri e il suo archivio".
A tre anni dalla scomparsa di Andrea Camilleri, apre al pubblico lo spazio dedicato alla conservazione e valorizzazione della sua eredità culturale.


 
 

La Repubblica (ed. di Milano), 10.7.2022
Petros Markaris: “I libri compagni per vivere in pace”
Nato a Istanbul nel 1937, racconta Atene alle prese con il lockdown

Il sole sorge di nuovo. Finisce così la conversazione con Petros Markaris, a partire dal suo nuovo giallo La congiura dei suicidi, pubblicato da La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi (traduzione di Andrea Di Gregorio), sulla pandemia, in memoria di Andrea Camilleri. Markaris, nato a Istanbul nel 1937, racconta Atene alle prese con il lockdown: persone anziane si uccidono e lasciano strane lettere su una "congiura dei suicidi", i no vax, come è anche accaduto in Italia, protestano, il commissario Kostas Charitos, in questa nuova indagine, deve capire come stanno davvero le cose e proteggere la collettività, tra fiction e reale, con un epilogo che è un inno alla solidarietà.
[…]
Che rapporto aveva con un altro maestro, Camilleri?
"Siamo stati amici per tanti anni. Lo andavo a trovare ogni volta che ero a Roma. Erano sempre incontri fatti di gioia e di senso dell'umorismo. Ho dedicato questo romanzo a lui non solo per la nostra amicizia ma anche perché appartiene alla generazione che racconto, i nati negli anni Venti del secolo scorso".
[…]
Annarita Briganti
 
 

La Repubblica - Robinson, 11.7.2022
Straparlando
Angelo Guglielmi: "Andrea Camilleri, amico mio un po’ Gadda e un po’ Simenon"
Si incontrarono la prima volta in Rai negli anni Sessanta, Camilleri era produttore teatrale: “Potevi dargli una commedia di Eduardo o un dramma di Ibsen e sapevi che era in buone mani”. L’ultima volta parlarono d’amore. Il ricordo del fondatore del Gruppo 63 sulla morte del papà di Montalbano pubblicato su Robinson il 20 luglio 2019

Chissà cosa avrebbero scritto quelli del “Gruppo ‘63” sul grande e perfino ingombrante fenomeno editoriale che è stato (e probabilmente continuerà ad essere) Andrea Camilleri. Probabilmente Edoardo Sanguineti ne avrebbe apprezzato la militanza comunista ma meno la capacità sperimentale del linguaggio; Alberto Arbasino disturbando Adorno si sarebbe immerso negli effetti perversi dell’industria culturale per lamentare infine l’assenza di casalinghe a Porto Empedocle; e chissà se Alfredo Giuliani, pace all’anima sua, davanti all’imponenza del cantastorie d’Italia non avrebbe rivendicato l’indispensabile marginalità del romanzo; forse solo Umberto Eco, forte del suo clamoroso successo avrebbe visto in Camilleri, o meglio nel commissario Montalbano la prosecuzione felice e localistica del protagonista del Nome della rosa.
Angelo Guglielmi poco più giovane di Camilleri è divertito dal gioco letterario che con una certa faccia tosta abbiamo imbastito.
Tu come ti saresti posto davanti a un personaggio decisamente ingombrante che tutta l’Italia oggi celebra.
Perfino il ministro Salvini, ho appreso, non si è lasciato sfuggire l’occasione.
Pensare che qualche tempo fa Camilleri lanciò proprio sull’infaticabile un certo grido di allarme.
Che allarme?
Scrisse che senza voler fare paragoni avvertiva attorno alle posizioni estremiste di Salvini lo stesso consenso che nel 1937 sentiva intorno a Mussolini.
Non sarà del tutto casuale che M di Antonio Scurati abbia vinto lo Strega. I nuovi tempi sembrano davvero troppo vecchi.
A proposito di premio Strega secondo te è un’ingiustizia che Camilleri non l’abbia mai vinto?
Non mi risulta che abbia mai voluto partecipare. Che bisogno aveva di un premio che non gli avrebbe aggiunto nulla?
Se il Gruppo ’63 esistesse ancora tu cosa scriveresti di Andrea Camilleri?
Io ho scritto di Camilleri.
Lo so, ma cosa avresti scritto allora?
Sarei stato più militante. Erano anni di scontri. Ma Camilleri non è Cassola, per fortuna.
Come Simenon?
Uhm. Non lo so. Prolifici, grandi artigiani della parola. Sprovvisti di quella timidezza che blocca lo scrittore. Hanno dilagato come fiumi in piena. Però Simenon mi pare si muova in altri contesti.
Che pensi del “camillerese”?
Intendi la lingua italo-sicula?
Proprio quell’impasto.
Sicuramente non è dialetto. È un’invenzione con tutta una terminologia simpatica che ha spinto il successo dei suoi libri. Tutti giocati sul gusto della rappresentazione. Del resto proveniva dal teatro.
Teatro fatto soprattutto per la Rai.
Lo conobbi sotto quella veste. Era produttore teatrale rifiniva i testi, li sceneggiava con sveltezza, competenza e intelligenza. Potevi dargli una commedia di Eduardo o un dramma di Ibsen e sapevi che era in buone mani. Allora, parliamo dei primi anni Sessanta non immaginavo che sarebbe diventato uno scrittore.
Quando lo scopristi?
Grazie al suo secondo romanzo: Un filo di fumo che gli pubblicò Garzanti. Camilleri veniva qualche volta a trovarmi e un giorno mi raccontò di quanto avesse penato prima di trovare un editore che credesse in lui.
Che impressione ricavasti da quel libro?
Restai fortemente stupito. Non era un romanzo di fatti e di aneddoti, ma una costruzione astratta nella quale si percepiva il lento svanire della realtà. Ecco, se devo fare un paragone pittorico somigliava a un quadro di Mondrian, meno freddo e geometrico. Si avvertiva ancora sullo sfondo la presenza di una realtà storica; l’ambientazione in una Sicilia di fine Ottocento che stava sparendo. Garzanti pretese che alla fine del romanzo ci fosse una specie di glossario che spiegasse il massiccio ricorso al dialetto siciliano.
Una costante in tutta la sua narrativa.
In quasi tutta, diciamo che è il suo vero motore creativo. È chiaro che uno scrittore non esiste al di fuori della propria lingua. E non può essere la lingua quotidiana.
Perché no?
Nella quotidianità è difficile rintracciare significati ulteriori o nascosti, quel sostrato misterioso che rende inesauribile il romanzo. Lo scrittore può usare la quotidianità, servirsene ma non lasciarsene condizionare. Quindi Camilleri che pure era un maestro delle cose semplici, in realtà era piuttosto complesso.
Si era affezionato al genere giallo.
Ma i suoi erano davvero dei libri gialli?
Che risposta ti sei dato?
Lo sono in apparenza. Anche il Pasticciaccio di Carlo Emilio Gadda ha l’apparenza di un giallo, in realtà è ben altro. È l’invenzione linguistica che guida il romanzo e non viceversa. Non è un caso che la prima volta che il commissario Ingravallo parla lo fa in un misto di abruzzese e romano. Con la sua lingua “inventata” il commissario Montalbano compie qualcosa di analogo.
Davvero Camilleri come Gadda?
Ovviamente si parla di grandezze diverse, ma l’atto linguistico eversivo li accomuna.
Non vedresti Camilleri più simile a Simenon?
Solo per la quantità di cose che hanno scritto, per il resto faccio fatica a paragonarli.
Eppure hanno entrambi creato una figura di commissario che ha sedotto milioni di lettori.
Non lo discuto. Da questo punto di vista sono stati due meravigliosi artigiani della parola di genere. Ma poi ciascuno l’ha calata nel proprio contesto. Il problema non è che le ambientazioni parigine sono differenti da quelle di Vigara, il problema che hanno due lingue diverse. Più classica quella di Simenon, più trasgressiva quella di Camilleri.
Trasgressiva?
Sì, nel solco di quella tradizione che annovera calibri come Joyce e Cèline e perfino Gadda. I quali creavano pastiche letterari e non romanzi di genere. Il genere serve a Camilleri per veicolare qualcosa di più ambizioso: la natura imprendibile della lingua.
Cosa vuoi dire?
Te la metto così: come mai uno scrittore come Camilleri adopera una lingua “incomprensibile” che tutti capiscono? Walter Benjamin disse una cosa secondo me molto acuta, disse che a un certo punto della storia umana l’oralità era diventata il punto più alto della narrazione. Solo quando finisce l’oralità, quando di colpo entra in azione la solitudine dell’individuo, solo in quel momento nasce il romanzo moderno.
Camilleri come entra in questa riflessione?
Quando finisce la parola che vale per tutti, che tutti capiscono, lì si fanno strada le strutture narrative che ancora ci accompagnano. Cosa c’entra Camilleri? Lo scrittore siciliano in un certo senso smentisce l’asserzione di Benjamin. Egli è anche un grande scrittore che si muove sui tempi dell’oralità. È moderno per la spinta innovativa che imprime alla lingua, ma al tempo stesso è antichissimo perché non rinuncia alla parola per tutti.
È una specie di ossimoro.
Riassume in sé le due grandi tensioni del narrare occidentale. Non è facile ritrovarle in altri scrittori e soprattutto in lui non l’ho percepita immediatamente.
Quando ci sei arrivato?
Alla fine degli anni Novanta Elvira Sellerio mi invitò a un convegno dedicato a Camilleri. Elogiai i suoi libri ma di fronte al fatto che ne sfornava uno ogni tre mesi lo invitai a contenersi. Insomma gli rimproverai una certa incontinenza narrativa. Ricordo che alla fine mi sorrise come se la cosa pur riguardandolo non lo toccasse. Ero io a sbagliarmi. Quello che giudicavo in lui come irrefrenabile era in realtà la sua naturale sapienza a saper raccontare il mondo come fosse un’appendice della sua parola orale. Non mi pare secondario che Camilleri abbia continuato a scrivere anche da cieco. Gli bastava dettare, come fosse un antico Omero.
Tanta naturalezza a cosa si deve?
Non lo so, qui parliamo di doni. Da dove arrivano? Boh. Mi viene in mente, anche se siamo su un altro piano, Umberto Eco con Il nome della rosa. Guarda caso anche Eco adotta il genere giallo, ma non sceglie la via linguistica bensì quella strutturale.
Spiegati.
Costruisce un impianto medievale e lo cala nel mondo inimmaginabile di una biblioteca aristotelica dove si favoleggia di un manoscritto inesistente sul comico attribuito ad Aristotele. Ce ne è abbastanza per incuriosire il lettore. Eco non inventa una lingua per raccontare tutto questo, inventa una struttura del tutto nuova, dove i tempi e le epoche si mescolano meravigliosamente. Sia Eco che Camilleri guardano all’antico ma lo fanno con strumenti differenti.
La loro modernità in che cosa consiste?
Nel fatto che ne sono perfettamente consapevoli. Non è un’operazione innocente la loro, ma molto, molto meditata. Uno si è servito della semiologia l’altro del teatro, come grande esperienza dell’oralità. Cosa c’è, tra le forme d’arte, di più antico del teatro? Ma il teatro è costruzione narrata, dialoghi che richiedono una consumata esperienza. Ci fu a un certo punto un dissidio tra Pasolini e Camilleri. Pasolini voleva realizzare un’opera per la televisione e pretendeva, secondo i suoi dettami finto ingenui, l’uso di attori non professionisti. E Camilleri si rifiutò sostenendo che non c’è recitazione più complessa di quella condotta dall’attore teatrale. Non fecero in tempo a chiarirsi perché Pasolini finì nel modo che sappiamo.
Quanto ha influito il mondo siciliano sulla scrittura di Camilleri?
Si può anche azzardare l’affermazione che Vigara sia stata la sua Macondo. Poi ci sono i grandi scrittori siciliani ai quali lui è sempre restato legato.
Ci sono soprattutto Pirandello e Sciascia.
Camilleri ha sempre riconosciuto l’autorità di Pirandello e la sua grande forza innovatrice, non tanto nella lingua quanto, come nel caso di Eco, nella struttura. Pirandello crea quello che non c’è e si serve dell’enigma per giustificare questa presenza assente. Sciascia mi pare un caso diverso. Come Camilleri anche Sciascia non ha disprezzato il genere giallo e i loro romanzi si sono prestati a riduzioni cinematografiche. È segno della facilità con cui sapevano scegliere la trama.
Li definiresti scrittori civili?
Lo sono stati in maniera diversa. Sciascia era un critico del mondo nel quale era calato e col quale non si riconosceva. Era un meraviglioso maldicente. Le storie di Camilleri non prendono quasi mai la distanza dalla realtà. È la lingua che se ne allontana per spiegarla meglio.
Cosa avresti voluto dirgli se lo avessi incontrato ancora una volta?
Nel corso dei miei anni alla rai ci siamo visti spesso. Veniva a volte a trovarmi e quello che mi colpiva di lui era la sommessa, sorniona ironia mista a una palese discrezione. Magari mi capitava di raccontargli di qualche mia disavventura sentimentale e lui ascoltava muovendo il capo dall’alto in basso. E poi che ti devo dire? Sarei andato volentieri, proprio in questo mese, a sentirlo alle Terme di Caracalla recitare il suo “Caino”. Pensa quali sonorità sarebbero venute fuori da quel racconto biblico. Peccato che non abbia fatto in tempo a realizzarlo.
Ti piace il Montalbano televisivo?
So che milioni di persone seguono religiosamente il Montalbano televisivo come fosse Sanremo. Ne sono felice. Ma ti dirò una cosa che ti sorprenderà: non vedo mai la televisione. Mi piaceva farla, non esserne spettatore. Forse è qualcosa che mi resta ancora attaccato dall’esperienza del Gruppo ’63. Dunque non so se Montalbano mi potrebbe piacere. So che vorrò leggere l’ultimo romanzo di Camilleri che mi dicono essere piuttosto straordinario.
Antonio Gnoli
 
 

Alto Adige, 11.7.2022
Libri
Don Chisciotte in Sicilia
di Roberto Mandracchia (minimum fax, 218 pagine, €16)

Lillo Vasile, professore in pensione, ha 78 anni, gli ultimi dei quali passati in casa a leggere romanzi gialli. Si convince di essere il protagonista delle sue amatissime storie: il commissario Salvo Montalbano. In compagnia del fedele Fazio, in realtà Ousmane, venditore ambulante senegalese, si getta a capofitto in un delirante carosello di incontri, risse, evasioni e agguati. Vuole essere degno dell'amore della sua Livia e riportare la giustizia in Sicilia, terra spesso avara di riscatti. Le sue avventure ricalcano quelle di Don Chisciotte e del suo scudiero Sancho Panza, in un romanzo dalla scrittura scintillante e musicale, che è un divertente gioco di rimandi con la letteratura. Il sogno di essere un cavaliere errante che ripari i torti della vita parrebbe un omaggio a Camilleri, è molto, molto di più.
Carlo Martinelli
 
 

El Confidencial, 12.7.2022
Novela negra
Camilleri no se acaba nunca: escribió el final de Montalbano antes de morir y ahora se desvela
En octubre se publicará 'Riccardino', la última novela protagonizada por el ya mítico comisario que el 'bestseller' italiano dejó escrita años antes de morir
Camilleri nunca ocultó que su personaje homenajeaba al Carvalho de las novelas de su querido Vázquez Montalbán
Sus historias son oscuras, pero con tintes cómicos para tratar muchas veces asuntos de actualidad

No hay verano sin Andrea Camilleri aunque haya muerto hace tres años. Es lo que les ocurre a los clásicos, que nos sobreviven a todos. El escritor siciliano volverá a estar presente en las playas, piscinas y montañas con novelas negras póstumas traducidas al español como ‘El método Catalanotti’ —publicada a finales del año pasado— y ‘El cocinero del Alcyon’ —publicada esta primavera— preparándose para el que será uno de los grandes lanzamientos del otoño: ‘Riccardino’, la novela con la que Camilleri quiso cerrar su exitosa serie del comisario Montalbano y que dejó preparada varios años antes de fallecer. Un final pensado y digno para un personaje que ha calado en millones de lectores.
“Él decidió cerrar la historia a su manera hace unos años, por un lado, para hacerlo él mismo y que nadie retomara al personaje después y porque todavía estaba en plenitud de facultades para acabar bien la historia. También pensaría que después no escribiría tanto”, cuenta a El Confidencial Carlos Mayor, el traductor de esta última novela y de las que se han publicado en español en los últimos tiempos. Quiso hacerlo bien, como también hiciera Agatha Christie, quien escribió la última novela sobre Poirot 30 años antes de publicarla. Para que no tuviera que removerse en la tumba después.
Sin desvelar más del argumento de lo que ha hecho su editorial, Salamandra —un joven director de una sucursal bancaria de Vigàta es asesinado a quemarropa por un misterioso motociclista—, Mayor señala que la novela cierra de una forma fiel con los personajes. Desde Montalbano a Mimí Augello, Fazio, el singular Catarella y Livia. Pero también con la ciudad, Vigata, ese trasunto de su natal Agrigento y Porto Empedocle. “Es una gran novela en la que hay una conclusión. Tiene una aventura muy clásica de Montalbano, pero con algunos ingredientes nuevos”, manifiesta.
Fresco con 90 años
Camilleri había nacido en 1925 en Agrigento, la tierra del dramaturgo Luigi Pirandello, se había afiliado al Partido Comunista Italiano en 1944, había sido director de teatro y de series de televisión en la RAI. No le había ido mal, pero la vida le tenía todavía guardada una buena sorpresa pasados los 60 años. En 1994 publicó ‘La forma del agua’, la primera novela de Montalbano, y se convirtió en todo un fenómeno. Nunca ocultó que era un homenaje al Carvalho de las novelas de su querido Manuel Vázquez Montalbán (lo que se nota en el buen comer y vivir de ambos personajes). Desde entonces ha publicado 32 novelas sobre este personaje y otras cuarenta de muy distintos estilos, desde históricas a contemporáneas, relatos, ensayos, obras autobiográficas. En 30 años, hasta los casi 94 que tenía cuando murió, escribió más de 100 libros. No hay muchos en el mundo (que no cuenten con una mano negra) que puedan decir lo mismo.
Lo más interesante, no obstante, es todo lo que gustaba, su capacidad para atraer lectores y para no repetirse. Es cierto, sus novelas negras tienen unas maneras, el lector fiel sabe cómo actúan los personajes, cómo comen, cómo piensan y cómo se produce el desenlace final en la cabeza del comisario. Hasta los chistes se ven venir con esa forma de hablar de Catarella. Pero ese es solo el esqueleto que sostiene todo el andamiaje. El vestido es diferente cada vez. “Es que tenía una mentalidad muy fresca. En los últimos años, estaba ciego y casi sordo, pero estaba muy atento al mundo. Y seguía siendo muy gracioso y muy ocurrente. Cuando él hablaba todo el mundo se callaba y escuchaba, y seguía conectando con la gente”, comenta Mayor.
Y con esa facultad para no hacer siempre la misma novela. Hay autores que tienen tres y no sabes distinguir la tercera de la primera. Lo que ocurre con Camilleri es que lo de Montalbano siempre fue una excusa. El muerto de sus novelas negras siempre es un muerto casi de mentira. Pocas veces la trama resulta inquietante. Hay una cosa casi de teatro de la comedia del arte con los personajes arquetípicos de Pantalón, Arlequín y Polichinela. Una historia oscura, pero con tinte cómico para tratar muchas veces asuntos de actualidad. “Él siempre tenía algo que contar. La intriga era la excusa para hablar de las pasiones humanas, de la vida de la gente de Sicilia y de Italia en general”, señala Mayor.
Solo un ejemplo en ‘ El método Catalanotti ’, que empieza con dos muertos que parecen que se van a levantar en cualquier momento y que se publicó originalmente en 2018: “Mientras hacía una pelota con el papel, el comisario se detuvo. En el faldón, otro titular anunciaba que en el logotipo del partido surgido del Vaffanculo Day iba a dejar de aparecer el nombre del cómico que lo había fundado seguido de su 'punto it' correspondiente y quedaría solo el nombre del movimiento en sí con su 'punto it' correspondiente (...) Seguirían diciendo que NO a todo, con la esperanza de así llegar al poder algún día para luego acabar siendo como los demás”. No es difícil vislumbrar aquí la figura de Beppe Grillo y su Movimiento Cinco Estrellas… Camilleri era también un gran lector de periódicos.
Y conversador. El éxito de sus novelas le llevó a estar muy presente en debates y tertulias, lo que le hizo todavía más conocido en la sociedad italiana. Y se le escuchaba, pese a tener unas ideas políticas muy marcadas. “Sí, tenía mucha relevancia en la vida pública italiana. Se le citaba mucho en los medios, estaba muy presente. Por su obra literaria y porque la serie de televisión de Montalbano es un fenómeno en Italia y él también participaba en ello”, apostilla Mayor.
¿Más novelas?
Con ‘Riccardino’, la serie de Montalbano se acaba. No hay más novelas. Al menos todavía ni siquiera se han publicado en italiano por lo que, visto como funciona el mercado, lo más probable es que no quede nada en el cajón. Sin embargo, su traductor al español cree que, con lo prolífico que era el escritor, sí es muy factible que queden novelas inéditas en italiano que Camilleri escribió, pero que no publicó para no saturar el mercado.
Lo que sí es seguro es que al español todavía quedan libros por llegar. Si no son de Montalbano quizá sean de memorias, autobiográficas, como las hermosas ‘Autodefensa de Caín’, una reflexión sobre la maldad, ‘Mujeres’, sobre las mujeres de su vida o ‘ Háblame de ti. Carta a Matilda ’, una misiva a su bisnieta Matilda sobre aspectos de su vida relacionados con hechos históricos (de casi todo el siglo XX) y que fue el primer libro póstumo que se publicó.
Hace tres años que Camilleri, que no dejó de escribir en su vida (en los últimos tiempos, ya ciego, dictaba las novelas), ya no está. Pero su humor, su mirada con simpatía a la vida todavía van a persistir en las librerías por mucho tiempo. Montalbano tendrá su final, pero Camilleri no se acaba nunca.
Paula Corroto

Camilleri non finisce mai: ha scritto la fine del Montalbano prima di morire e ora si svela
Ad ottobre esce 'Riccardino', l'ultimo romanzo con protagonista il già mitico commissario che il 'bestseller' italiano ha lasciato scritto anni prima di morire
Camilleri non ha mai nascosto che il suo personaggio rendeva omaggio a Carvalho dai romanzi del suo amato Vázquez Montalbán
Le sue storie sono oscure, ma con sfumature comiche per affrontare spesso l'attualità

Non c'è estate senza Andrea Camilleri anche se è morto tre anni fa. Questo è quello che succede ai classici, sopravvivono a tutti noi. Lo scrittore siciliano sarà ancora una volta presente su spiagge, piscine e montagne con romanzi neri postumi tradotti in spagnolo come 'Il metodo Catalanotti' —pubblicato alla fine dello scorso anno— e 'Il cuoco dell'Alcyon' —pubblicato questa primavera- in preparazione alla quale sarà una delle grandi uscite dell'autunno: 'Riccardino', il romanzo con cui Camilleri ha voluto chiudere la sua fortunata serie sul commissario Montalbano e che ha lasciato pronto diversi anni prima della sua morte. Un finale premuroso e degno per un personaggio che ha preso piede con milioni di lettori.
“Ha deciso di chiudere la storia a modo suo qualche anno fa, da un lato, per farlo da solo e che nessuno sarebbe tornato nel personaggio in seguito e perché era ancora pienamente autorizzato a finire bene la storia. Penserei anche che dopo non scriverei così tanto”, racconta Carlos Mayor, il traduttore di questo ultimo romanzo e di quelli che sono stati pubblicati in spagnolo negli ultimi tempi, a El Confidentcial. Voleva farlo bene, così come Agatha Christie, che ha scritto l'ultimo romanzo di Poirot 30 anni prima che fosse pubblicato. Quindi non avrebbe dovuto muoversi nella tomba dopo.
Senza svelare la trama più di quanto ha fatto il suo editore, Salamandra —un giovane direttore di una filiale di una banca a Vigàta viene assassinato a distanza ravvicinata da un misterioso motociclista —, Mayor fa notare che il romanzo si chiude fedelmente con i personaggi. Da Montalbano a Mimí Augello, Fazio, le singolari Catarella e Livia. Ma anche con la città, Vigata, quella trascrizione della natia Agrigento e Porto Empedocle. “È un grande romanzo in cui c'è una conclusione. Ha un'avventura Montalbano molto classica, ma con alcuni nuovi ingredienti”, dice.
Fresco con 90 anni
Camilleri è nato nel 1925 ad Agrigento, terra del drammaturgo Luigi Pirandello, si era iscritto al Partito Comunista Italiano nel 1944, era stato regista teatrale e televisivo della RAI. Non era andata male per lui, ma la vita aveva ancora una bella sorpresa in serbo per lui dopo i 60 anni. Nel 1994 pubblica 'La forma dell'acqua', il primo romanzo di Montalbano, e diventa un fenomeno. Non ha mai nascosto che si trattava di un omaggio a Carvalho dai romanzi del suo amato Manuel Vázquez Montalbán (che è evidente nel buon mangiare e nel vivere di entrambi i personaggi). Da allora ha pubblicato 32 romanzi su questo personaggio e altri quaranta di stili molto diversi, dallo storico al contemporaneo, racconti, saggi, opere autobiografiche. In 30 anni, fino a quasi 94 anni quando morì, scrisse più di 100 libri. Non ci sono molti al mondo (che non hanno la mano nera) che possono dire lo stesso.
La cosa più interessante, però, è tutto ciò che gli è piaciuto, la sua capacità di attrarre lettori e non ripetersi. È vero, i suoi gialli hanno certe maniere, il lettore fedele sa come si comportano i personaggi, come mangiano, come pensano e come si produce nella testa del curatore il risultato finale. Anche le battute si vedono arrivare con quel modo di parlare di Catarella. Ma quello è solo lo scheletro che regge tutte le impalcature. L'abito è diverso ogni volta. "È solo che aveva una mentalità molto fresca. Negli ultimi anni era cieco e quasi sordo, ma era molto attento al mondo. Ed era ancora molto divertente e molto spiritoso. Quando parlava, tutti stavano zitti e ascoltavano e continuavano a entrare in contatto con le persone", afferma il sindaco.
E con quella capacità di non fare sempre lo stesso romanzo. Ci sono autori che ne hanno tre e tu non sai distinguere il terzo dal primo. Quello che succede con Camilleri è che Montalbano è sempre stato una scusa. Il morto nei suoi romanzi neri è sempre un morto, quasi una bugia. Raramente la trama è inquietante. C'è una cosa quasi da commedia dell'arte nei personaggi archetipici di Pantalone, Arlecchino e Pulcinella. Una storia oscura, ma con una sfumatura comica per affrontare spesso l'attualità. “Aveva sempre qualcosa da raccontare. L'intrigo era il pretesto per parlare delle passioni umane, della vita della gente di Sicilia e dell'Italia in genere”, dice il sindaco.
Solo un esempio ne 'Il metodo Catalanotti', che inizia con due morti che sembrano risorgere da un momento all'altro ed è stato pubblicato originariamente nel 2018: "Mentre faceva un pallone con la carta, l'assessore si è fermato. Sul giornale, un altro titolo annunciava che nel logo del partito emerso dal Vaffanculo Day avrebbe smesso di comparire il nome del comico che lo aveva fondato seguito dal suo corrispondente 'dot it' e sarebbe rimasto solo il nome del movimento stesso è il punto 'corrispondente' (...) Continuerebbero a dire NO a tutto, sperando di arrivare un giorno al potere e poi finire per essere come gli altri”. Non è difficile intravedere qui la figura di Beppe Grillo e del suo Movimento Cinque Stelle… Camilleri è stato anche un grande lettore di giornali.
E loquace. Il successo dei suoi romanzi lo ha portato ad essere molto presente nei dibattiti e negli incontri, che lo hanno reso ancora più conosciuto nella società italiana. Ed è stato ascoltato, nonostante avesse idee politiche molto forti. «Sì, ha avuto molta rilevanza nella vita pubblica italiana. È stato citato molto dai media, è stato molto presente. Per la sua opera letteraria e perché le serie televisive di Montalbano sono un fenomeno in Italia e anche lui vi ha partecipato”, aggiunge il sindaco.
Altri romanzi?
Con 'Riccardino' si chiude la serie di Montalbano. Non ci sono più romanzi. Almeno non sono ancora stati pubblicati in italiano, quindi, visto come funziona il mercato, è probabile che non rimanga nulla nel cassetto. Tuttavia, il suo traduttore in spagnolo ritiene che, vista la prolificità dello scrittore, è molto probabile che ci siano romanzi inediti in italiano che Camilleri scrisse, ma non pubblicò per non saturare il mercato.
Quel che è certo è che ci sono ancora libri in arrivo in spagnolo. Se non sono di Montalbano, forse sono memorie autobiografiche, come la bella 'Autodifesa di Caino', una riflessione sul male, 'Donne', sulle donne della sua vita o 'Parlami di te. Lettera a Matilda', una lettera alla pronipote Matilde su aspetti della sua vita legati ad eventi storici (di quasi tutto il XX secolo) e che è stato il primo libro postumo ad essere pubblicato.
Sono passati tre anni da quando Camilleri, che non ha mai smesso di scrivere in vita sua (in tempi recenti, già cieco, dettava i romanzi), non c'è più. Ma il suo umorismo, il suo sguardo comprensivo alla vita persisteranno ancora a lungo nelle librerie. Montalbano avrà la sua fine, ma Camilleri non finisce mai.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

Malgrado tutto, 12.7.2022
Camilleri e la festa azzoppata di Vigata
Sono sicuro che Andrea Camilleri questa storia la sta scrivendo. E poco conta che il fatto vero si sia svolto a Racalmuto – la Regalpetra di Leonardo Sciascia, grande riferimento di Camilleri.

Sono sicuro che Andrea Camilleri questa storia la sta scrivendo. E quando la leggeremo ci sarà da ridere, da sorridere, da piangere. Ci sarà da divertirsi quando con la sua lingua densa di «taliate», di «scruscio» e «di persona pirsonalmenti», Andrea tornerà a raccontarci questa incredibile storia di Vigata. E poco conta che il fatto vero si sia svolto a Racalmuto – la Regalpetra di Leonardo Sciascia, grande riferimento di Camilleri – perché Vigata rappresenta la Sicilia, l’assurdità delle regole senza senso, la vanagloria di ufficiali e funzionari dello Stato. E sembrerà magari una storia dell’Ottocento, con prefetti questori carabinieri e sindaci tutti impennaccchiati, ma in realtà è successa nel mese di luglio del 2022, durante le festa del paese.
Insomma, per farla breve, durante la festa che Vigata dedica ogni anno alla sua Madonna del Monte, una festa antica di cinquecento anni, che vede come sempre convivere la religiosità e il paganesimo, l’apollineo e il dionisiaco (così avrebbe detto la mia professoressa di greco), in tre giorni frenetici tra tamburinai, bande musicali, fuochi d’artificio e profumo di zucchero caramellato, si tengono due appuntamenti importanti. La risalita dei cavalli, che addobbati e lustrati percorrono di gran carriera la scalinata del santuario della Madonna, in segno di devozione per grazie ricevute. Cavalli condotti a mano o cavalcati con foga da giovani cavalieri.
Altro momento “clou”, è la conquista di una bandiera issata su una macchina scenica di legno – detto Cilio – contesa dai giovani “borgesi”, cioè esponenti delle famiglie di contadini e proprietari terrieri. Una rapida, convulsa, affascinante contesa che è stata raccontata con passione da Leonardo Sciascia, e da grandi fotografi come Ferdinando Scianna, Melo Minnella, Shobha Battaglia, Giuseppe Leone.
Ma il prossimo romanzo di Camilleri comincia quando a Montelusa arriva una nuovo questore che, non si sa perché e per come, pensa di “raddrizzare le gambe ai cani” (e qui Camilleri racconterà anche la storia dell’Accademia del Parnaso di Canicattì che dava premi e pergamene a tutti coloro che pensavano si potessero raddrizzare le gambe ai cani o che pensavano che debiti andassero restituiti oppure ritenevano che l’amore è eterno). Insomma, il questore di Montelusa vuole dare finalmente una regolata ai vigatesi che si abbandonano a queste tradizioni tribali, selvagge e pericolosissime.
In un balletto di timbri, ordinanze, carte bollate – un via via frenetico che ricorda il carteggio fitto e insensato che si gonfiava quando Filippo Genuardi chiedeva di poter aver una concessione per una linea telefonica, vicenda narrata da Camilleri in un altro suo libro – finiscono per allinearsi perfettamente miopia burocratica, formalismo vacuo, ambizioni personali. E ciascuno, nella Vigata del prossimo romanzo che Andrea Camilleri sta scrivendo, ci mette un po’ del suo, fino al giorno della festa. Così la regola aurea per cui in democrazia è permesso tutto ciò che non è vietato, si trasforma a Vigata nel suo opposto: è vietato tutto ciò che non è permesso.
Nei giorni della festa, i capitoli del romanzo avranno movenze farsesche, da sbellicarsi dalle risate. Carabinieri in grande uniforme che tentano di fermare asinelli cavalcati da bambini, regolamenti da fare invidia al Coni per stabilire le regole di ingaggio della pugna che si svolgerà attorno alla macchina del Cilio, strade chiuse per impedire il passaggio di mansuete giumente.
Per sovrapprezzo, la fantasia di Andrea Camilleri farà arrivare a Vigata anche l’arcivescovo di Montelusa che andrà a schierarsi dal lato dei vigatesi, mortificati dallo Stato che si presenta con la sua faccia più cupa (la stessa dei carabinieri col pennacchio che arrestano Pinocchio) per impedire una tradizione sentita e antica. Insomma, una atemporale guerra tra Stato e Chiesa da breccia di Porta Pia, come se nel frattempo non ci fossero stati concordati e come se non fossero ormai lontani i tempi di Peppone e Don Camillo.
Il romanzo uscirà presto – me l’ha detto Andrea. E mi ha raccontato anche un episodio personale, quando a Vigata c’era un prefetto che voleva arrestarlo perché aveva riaperto un teatro dell’Ottocento che era stato chiuso e abbandonato per mezzo secolo. Sempre in nome delle regole da far rispettare in una provincia, quella di Montelusa, dove esistono palazzi e case abusive che spuntano come funghi nel giro di una notte. Perché Montelusa è la capitale delle regole inutili, quelle che non servono a niente, se non a riempire i cassetti e a consumare inchiostro.
Per fortuna, l’inchiostro di Camilleri riempie i suoi libri di personaggi, volti e parole che servono a sbeffeggiare il potere vuoto e vanesio. Tra qualche tempo leggeremo e finalmente potremo ridere e riflettere su quella che a Vigata chiamano: la festa azzoppata dal ridicolo.
Gaetano Savatteri
 
 

infoLibre, 13.7.2022
Los Diablos Azules
'Regiones imaginarias': explorando la ficción para hacer reales lugares míticos de la literatura
Este libro recorre zonas literarias tan populares como Macondo, Comala, Vigata o Yoknapatawpha, junto a otras menos conocidas como Malgudi, Umuofia o Babakua
García Márquez, Faulkner, Rulfo, Benet, Onetti, Camilleri, Munif, Narayan, Achebe o Lima-Mendes son los creadores originales de estos parajes quiméricos

Macondo, Comala, Vigata, Yoknapatawpha. Lugares míticos de la literatura que habitan en la imaginación colectiva pero no tienen unas coordenadas geográficas. ¿O acaso sí? Esa es la pregunta de la que parte Regiones imaginarias (Ediciones Menguantes), una exploración por territorios imposibles que han acabado confundiéndose con lo que algunos llaman realidad.
"Pretende ser una búsqueda, no sabemos si con éxito o no", bromea con infoLibre la editora Lía Peinador, quien acto seguido concreta entrando más en detalle: "Es una búsqueda de los lugares míticos de la literatura, esos lugares que se mencionan en libros como Cien años de soledad o en otros un poco menos conocidos como Ciudades de sal de Abderrahman Munif".
Sitios que pertenecen al ámbito de la ficción pero que, indudablemente, existen más allá de lo imaginado. Y que tienen múltiples topografías en función de la mente de cada lector, tal y como concede Peinador: "Estamos proponiendo una de las miles de opciones acerca de una región y todo el mundo tiene derecho a imaginarse la suya propia".
Diez relatos, diez fotografías reales de las zonas en las que se ubican las regiones imaginarias e incluso diez mapas son el resultado de esta aventura que recorre espacios creados originalmente por autores como García Márquez, Faulkner, Rulfo, Benet, Onetti, Camilleri, Munif, Narayan, Achebe o Lima-Mendes.
Todos los textos huelen a excursión llena de ilusión, pero sus estilos y registros son muy diversos: crónica periodística y literaria, relato de viaje, autoficción... Los autores participantes son Chelo Álvarez-Stehle, Álvaro Colomer, Luis Fernández Zaurín, Bernardo Gutiérrez, Use Lahoz, Gabi Martínez, Valentino Necco, Elisa Reche, Chika Unigwe y Enrique Vila-Matas.
Cado uno de los territorios está también representado por una imagen realizada en el propio sitio gracias a la mirada de fotógrafos como Sandra Balsells, Guillermo Barberá, Óscar Bonilla, Marta Calvo, Albert Ferrer, Jaime León, Daniel Loewe, Kim Manresa, Patricia Martisa y Rex Miller. De la cartografía se encarga González Macías.
Precisamente este último explica a infoLibre que el reto era "dibujar un territorio que en realidad no se sabe muy bien si existe o no, ni dónde está". Por lo tanto, el resultado final es como "una especie de superposición de capas" de lo que narran los autores sobre esas regiones que se imaginan, así como de las "pistas" que dan los periodistas que han viajado a ellas. Se mezclan, en definitiva, territorios reales, mapas dibujados por los autores de las regiones, información geográfica mencionada en sus obras y documentación aportada por otros exploradores imaginarios.
"A todo eso se suma mi interpretación subjetiva, porque tengo que reconocer que he tenido que imaginar un montón", admite divertido el diseñador y cartógrafo, quien además apunta que algunos autores, como Faulkner o Benet, dibujaron sus propios mapas, con lo que su tarea en estos casos ha sido interpretarlos y adaptarlos. "Cada uno tendrá su forma de ver las cosas, pero no creo que nadie me tire dardos por hacerlo mal", bromea.
Y destaca como dificultad añadida que hay descripciones "contradictorias" en los propios textos, pues hay ocasiones en las que se dice que "de aquí a aquí tardaron dos días, pero luego desde aquí hasta allí tardaron solo uno". "Es posible, claro, porque al final los autores de literatura tampoco están midiendo las distancias, solo imaginan", apunta jocoso.
Este ambicioso y osado proyecto surge de los periodistas Luis Fernández Zaurín y Bernardo Gutiérrez, quienes han estado macerándolo desde hace ya "unos cuantos años", según destaca a infoLibre el segundo de ellos. "Empezamos un poco medio en broma porque nos interesaban a ambos estas regiones imaginarias de la literatura. Hicimos una lista para afinar un poco las que tienen continuidad en la obra de ciertos autores y otras que se pueden ubicar para que haya este puente de inspiración de la realidad y retroalimentación desde la ficción", señala, destacando a su vez que la intención era hacer un periplo por todo el mundo, razón por la cual hay zonas de América, Europa, África, Asia y también concretamente España.
Gutiérrez, encargado del capítulo sobre Macondo, resalta que cada participante del libro "tiene su historia personal y en general bastante intensa con la región". Él, de hecho, ha viajado a la zona, conoce toda la obra de Gabriel García Márquez e incluso tuvo un encuentro con él en La Habana (Cuba). Y ha vivido en primera persona cómo las historias creadas por el escritor "han acabado modificando la realidad", pues siguen estando muy vivas en la comarca del Caribe colombiano donde se desarrollan, que no tiene más de 60 kilómetros cuadrados.
"Me fui encontrando con que los personajes estaban vivos. Había gente que los encarnaba, que se conocía de memoria la obra de Gabo sin haberla leído", relata Gutiérrez, quien subraya además la "capacidad metafórica" que tiene una región imaginaria como Macondo, que "es Colombia pero también es América Latina, todo un macromundo" que te cuenta la colonización política y el imperialismo económico de Estados Unidos. "Tiene ese poder de evocación, de descripción desde la ficción", apostilla.
Regiones imaginarias es, en última instancia, un juego muy serio que lleva "lo imaginado a algo tan palpable como un mapa" a escala que detalla incluso los kilómetros de cada área. "Es una forma de viajar a un sitio concreto, aunque no real", resume Peinador, quien agrega que cada región tiene su propia ficha explicativa para, de paso, ayudar a conocer a los autores originales. "Es una experiencia de viaje y de descubrimiento", sentencia.
Un viaje que no ha llegado todavía a su destino, ni mucho menos, pues Gutiérrez adelanta que tienen guardado mucho más material gráfico y fotográfico, por lo que están ya negociando exposiciones en Madrid y Barcelona con diferentes museos y agentes culturales. También pretenden poner en marcha un seminario de charlas y debates porque estas Regiones imaginarias, después de todo, se hacen reales en forma de refugio. Como las páginas de este (y cualquier otro) libro que nos sirva de cobijo.
David Gallardo

I diavoli blu
'Regioni immaginarie': esplorare la narrativa per rendere reali i luoghi mitici della letteratura
Questo libro copre aree letterarie famose come Macondo, Comala, Vigata o Yoknapatawpha, insieme ad altre meno conosciute come Malgudi, Umuofia o Babakua.
García Márquez, Faulkner, Rulfo, Benet, Onetti, Camilleri, Munif, Narayan, Achebe o Lima-Mendes sono i creatori originali di questi paesaggi chimerici

Macondo, Comala, Vigata, Yoknapatawpha. Luoghi mitici della letteratura che abitano l'immaginario collettivo ma non hanno coordinate geografiche. O forse sì? Questa è la domanda da cui parte le Regioni Immaginarie (Ediciones Menguantes), un'esplorazione di territori impossibili che hanno finito per confondersi con quella che alcuni chiamano realtà.
"Vuole essere una ricerca, non sappiamo se ha successo o meno", scherza l'editore Lía Peinador con infoLibre, che entra subito più nel dettaglio: "È una ricerca dei luoghi mitici della letteratura, quei luoghi citati in libri come Cent'anni di solitudine o in altri un po' meno conosciuti come Le città di sale di Abderrahman Munif".
Siti che appartengono al campo della narrativa ma che indubbiamente esistono al di là di quanto si immaginava. E che hanno più topografie a seconda della mente di ogni lettore, come ammette Peinador: "Stiamo proponendo una delle migliaia di opzioni su una regione e ognuno ha il diritto di immaginare la propria".
Dieci storie, dieci fotografie reali dei territori in cui si trovano le regioni immaginarie e anche dieci mappe sono il risultato di questa avventura che copre spazi originariamente creati da autori come García Márquez, Faulkner, Rulfo, Benet, Onetti, Camilleri, Munif, Narayan , Achebe o Lima-Mendes.
Tutti i testi odorano come un'escursione piena di illusioni, ma i loro stili e registri sono molto diversi: cronache giornalistiche e letterarie, racconti di viaggio, autofiction... Gli autori partecipanti sono Chelo Álvarez-Stehle, Álvaro Colomer, Luis Fernández Zaurín, Bernardo Gutiérrez , Usa Lahoz, Gabi Martínez, Valentino Necco, Elisa Reche, Chika Unigwe e Enrique Vila-Matas.
Ciascuno dei territori è rappresentato anche da un'immagine realizzata sul sito stesso grazie allo sguardo di fotografi come Sandra Balsells, Guillermo Barberá, Óscar Bonilla, Marta Calvo, Albert Ferrer, Jaime León, Daniel Loewe, Kim Manresa, Patricia Martisa e Rex Miller. González Macías è responsabile della cartografia.
Proprio quest'ultimo spiega a infoLibre che la sfida era “disegnare un territorio che in realtà non è molto noto se esiste o meno, o dove si trova”. Il risultato finale, quindi, è come "una sorta di sovrapposizione di strati" di ciò che gli autori raccontano di quelle regioni che immaginano, nonché degli "indizi" dati dai giornalisti che li hanno percorsi. Insomma, si mescolano territori reali, mappe disegnate dagli autori delle regioni, informazioni geografiche citate nelle loro opere e documentazione fornita da altri immaginari esploratori.
"A tutto questo si aggiunge la mia interpretazione soggettiva, perché devo ammettere che ho dovuto immaginare molto", ammette divertito il designer e cartografo, il quale sottolinea anche che alcuni autori, come Faulkner o Benet, hanno disegnato i propri mappe, con le quali il loro compito in questi casi è stato di interpretarle e adattarle. "Ognuno avrà il suo modo di vedere le cose, ma non credo che nessuno mi lancerà dardi per aver sbagliato", scherza.
E si evidenzia come ulteriore difficoltà il fatto che nei testi stessi vi siano descrizioni "contraddittorie", poiché vi sono occasioni in cui si dice che "da qui a qui ci sono voluti due giorni, ma poi da qui a là ne è bastato uno solo". "È possibile, certo, perché alla fine nemmeno gli autori della letteratura misurano le distanze, stanno solo immaginando", sottolinea scherzosamente.
Questo progetto ambizioso e audace nasce dai giornalisti Luis Fernández Zaurín e Bernardo Gutiérrez, che lo stanno macerando da "qualche anno", secondo quanto sottolinea il secondo di loro a infoLibre. "Abbiamo iniziato un po' a scherzare perché entrambi eravamo interessati a queste regioni immaginarie della letteratura. Abbiamo fatto un elenco per mettere a punto quelle che hanno continuità nel lavoro di alcuni autori e altri che possono essere individuati in modo che ci sia questo ponte di ispirazione dalla realtà e feedback dalla finzione", sottolinea, sottolineando a sua volta che l'intenzione era quella di fare un viaggio intorno al mondo, motivo per cui ci sono aree dell'America, dell'Europa, dell'Africa, dell'Asia e anche, nello specifico, della Spagna.
Gutiérrez, responsabile del capitolo su Macondo, sottolinea che ogni partecipante al libro "ha una sua storia personale e, in generale, abbastanza intensa con la regione". In effetti, ha viaggiato nella zona, conosce tutto il lavoro di Gabriel García Márquez e ha persino avuto un incontro con lui all'Avana (Cuba). E ha sperimentato in prima persona come le storie create dallo scrittore "hanno finito per cambiare la realtà", poiché sono ancora molto vive nella regione caraibica colombiana in cui si svolgono, che non supera i 60 chilometri quadrati.
"Ho scoperto che i personaggi erano vivi. C'erano persone che li incarnavano, che conoscevano l'opera di Gabo a memoria senza averla letta", dice Gutiérrez, che sottolinea anche la "capacità metaforica" ??che ha una regione immaginaria come Macondo, che "si è la Colombia ma è anche l'America Latina, un intero macromondo" che racconta la colonizzazione politica e l'imperialismo economico degli Stati Uniti. "Ha quel potere di evocazione, di descrizione della finzione", aggiunge.
Imaginary Regions è, in definitiva, un gioco molto serio che porta "l'immaginario in qualcosa di palpabile come una mappa" su una scala che dettaglia anche i chilometri di ciascuna area. "È un modo di viaggiare in un luogo specifico, anche se non reale", riassume Peinador, che aggiunge che ogni regione ha la propria scheda esplicativa per, tra l'altro, aiutare a conoscere gli autori originali. "È un'esperienza di viaggio e scoperta", dice.
Un viaggio che non è ancora arrivato a destinazione, tutt'altro, poiché Gutiérrez prevede di aver risparmiato molto più materiale grafico e fotografico, motivo per cui stanno già negoziando mostre a Madrid e Barcellona con diversi musei e agenti culturali. Intendono anche avviare un seminario di colloqui e dibattiti perché queste Regioni immaginarie, in fondo, diventino reali sotto forma di rifugio. Come le pagine di questo (e di qualsiasi altro) libro che funge da rifugio.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.7.2022
Misteri da riaprire tornano le “indagini” sui cold case siciliani

Un dirigente di polizia incontra uno scrittore di gialli e gli spiega perché la vita reale degli investigatori sia molto, molto più complessa di quella descritta nei romanzi: è la premessa da cui prende avvio uno dei gialli più belli che siano mai stati scritti, La promessa di Friedrich Durrenmatt. Il dirigente racconta di un poliziotto che, ancora dopo la pensione, aspetta nel luogo dell'appuntamento un serial killer di bambine sulla cui cattura si è solennemente impegnato con i genitori. Alla trappola l'assassino non si presenterà mai, perché lungo la strada è rimasto ucciso in un incidente d'auto.
Nelle intenzioni di Durrenmatt, La promessa voleva essere il de profundis del romanzo giallo, la dimostrazione che la realtà è sempre più forte — e immaginifica — di qualsiasi investigazione, di qualsiasi opera di fantasia. In realtà Durrenmatt ha creato il giallo perfetto: un caso irrisolvibile perché la vita ha scompigliato le carte, perché la realtà non può che prevalere. Poco importa che la trama sia frutto della creatività dello scrittore svizzero: la morale è bella e servita. E lo sapeva perfettamente il nostro indimenticabile Andrea Camilleri. Lo scrittore confessò in un'intervista che il suo primo lavoro mattutino era la lettura delle pagine di cronaca dei quotidiani, per attingere a storie che poi sarebbero diventate fulcro dei casi di Montalbano.
[…]
Gian Mauro Costa e Roberto Leone
 
 

Rai Ufficio Stampa, 15.7.2022
Rai Storia 17 LUG 2022, 19:45
Italiani
Andrea Camilleri. Vigata nel cuore

A tre anni dalla scomparsa, Rai Storia ricorda Andrea Camilleri con “Andrea Camilleri Vigàta nel cuore” per la regia di Flavia Ruggeri, in onda domenica 17 luglio alle 19.45 su Rai Storia per “Italiani”. Camilleri nasce a Porto Empedocle il 6 settembre 1925 e vive fino al 1943 tra Porto Empedocle ed Agrigento dove frequenta il liceo classico. Ottiene la maturità senza sostenere l’esame, ma solo per scrutinio, a causa dell’incalzare della guerra e dell’imminente sbarco degli Alleati in Sicilia. Successivamente si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo, ma non prosegue gli studi umanistici. Già nell’immediato dopoguerra, tra il 1946 e il 1947, scrive dei racconti pubblicati su L’Italia socialista e L’Ora di Palermo. Sostiene l’esame per entrare all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica diretta da Silvio D’Amico a Roma e frequenta il corso di regia tenuto da Orazio Costa, che Camilleri considererà sempre il suo vero maestro. Negli anni Cinquanta è regista teatrale e inizia a lavorare anche per la Rai, in radiofonia. Negli anni Sessanta è il primo a mettere in scena in Italia il “teatro dell’assurdo” di Beckett, Ionesco, Adamov e cura anche molti sceneggiati di successo come “Le avventure di Laura Storm”, con Lauretta Masiero; la serie del Tenente Sheridan con Ubaldo Lay; ma soprattutto “Le inchieste del commissario Maigret” con Gino Cervi. Ha, inoltre, il merito di far conoscere al grande pubblico televisivo la drammaturgia di Edoardo De Filippo, primo intellettuale di sinistra che sceglie di collaborare con la Rai. Nel 1974 ottiene la cattedra di Regia all’Accademia d’arte drammatica, che manterrà per 20 anni. Dagli anni Ottanta, Camilleri affianca all’attività di regista quella di scrittore con romanzi di ambientazione siciliana, una Sicilia diventata ormai luogo mitico per i suoi lettori. Come l'immaginaria cittadina di Vigàta - scenario delle inchieste del commissario Montalbano - situata tra Porto Empedocle ed Agrigento in una delle zone più solari dell’Isola. Sperimenta un linguaggio nuovo, un mix di dialetto e italiano. Il suo “siciliano”, infatti, come la sua Sicilia, non esiste. E questa sua scrittura originale ed avvincente diventa veramente unica. Nel 1992 pubblica “La stagione della caccia” con Sellerio e grazie soprattutto al passaparola dei lettori inizia a diventare un autore cult. Scrivere diventa la sua unica attività. “La forma dell'acqua” del 1994 è il suo primo romanzo poliziesco dove compare il commissario Salvo Montalbano. Ma solo con “Il cane di terracotta” del 1995 definirà meglio i caratteri del protagonista che gli procurerà un successo strepitoso. Sa di non essere - e d’altronde non vuole esserlo - uno scrittore “impegnato” ma si considera “autore d'intrattenimento alto”, un genere assente in Italia. Il “fenomeno Camilleri” si espande: se nel 1996 sono state vendute 18 mila copie, l'anno successivo si arriva a 170 mila. E nel 1998 a 900 mila copie, fino ai 15 milioni di oggi e alle traduzioni in ventidue lingue. Il successo dei libri con protagonista Montalbano convince anche la Rai a produrre un vero e proprio serial con Luca Zingaretti che ha saputo far crescere il personaggio consacrandolo al grande pubblico. Una serie che ha fatto record d'ascolto toccando anche i 10 milioni di telespettatori a puntata.
 
 

La Sicilia (ed. Sicilia Centrale), 15.7.2022
Un ricco calendario di appuntamenti a cura del Fondo per l'Ambiente Italiano
Tornano le "sere Fai d'Estate" al Giardino della Kolymbethra

Da luglio a settembre tornano le "Sere Fai d'Estate": un ricco calendario di appuntamenti nei Beni del Fai - Fondo per l'Ambiente Italiano - tra cui il Giardino della Kolymbethra nella Valle dei Templi, Agrigento - che resteranno aperti eccezionalmente oltre l'abituale orario per offrire l'esperienza di proseguire la visita fino al tramonto, partecipare a iniziative speciali o fermarsi a godere della particolare atmosfera delle sere estive in luoghi unici.
Tra le tante proposte: aperitivi all'ombra di alberi centenari, cene sotto le stelle o a lume di candela, performance musicali al chiaro di luna, lezioni di astronomia, visite guidate tematiche, incontri, letture, ma anche escursioni negli ipogei e passeggiate guidate serali per scoprire sotto un'altra luce le bellezze che circondano i Beni del Fai (info su www.serefai.it).
[…]
Domenica 21 si parlerà di Andrea Camilleri e se ne leggeranno alcune pagine insieme a Simonetta Agnello Hornby e alla "Strada degli Scrittori".
[…]
 
 

Nuovo Sud, 16.7.2022
Siracusa, omaggio ad Andrea Camilleri: letture ad alta voce curate dal gruppo degli “Amici di casa Costa”

Si rinnoverà puntualmente anche quest’anno nel Dehors della Pasticceria Neri di Siracusa l’appuntamento-tributo ad Andrea Camilleri in occasione dell’anniversario della scomparsa dello scrittore di Porto Empedocle.
Domani, domenica 17 luglio, a partire dalle 18,45, spazio alle letture ad alta voce curate e animate dal gruppo degli “Amici di casa Costa” – Giuseppe Gingolpgh Costa, Simone Giallongo, Francesca Pacca e Manuela Palermo – che condurranno il pubblico lungo i sentieri della immaginaria Vigata alla scoperta e riscoperta non soltanto di Salvo Montalbano ma anche di tutta quella incredibile umanità che anima le pagine di uno dei più prolifici autori della scena più recente della letteratura italiana (e non solo) .
L’iniziativa rientra nell’ambito del programma di appuntamenti estivi promosso da Alfio Neri per la cultura con il supporto di G60 #GENERAZIONESESSANTA – idee, progetti, esperienze - .
Ad introdurre l’appuntamento saranno, come di consueto, l’imprenditore dolciario e “provocatore culturale” per passione Franco Neri e il giornalista Aldo Mantineo.
Nel programma ci sarà spazio anche per una lettura civile, una sorta di conversazione a tre fra Camilleri, Montalbano e un narratore - tratta da un lavoro del giornalista Giovanni Bianconi -, che affronta il tema dei rapporti tra mafia e politica. Un modo per riflettere collettivamente sui tanti coni d’ombra ancora oggi esistenti su troppe vicende della più recente storia repubblicana. Non ultima la strage di via D’Amelio - nella quale con il giudice Paolo Borsellino vennero trucidati gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina – della quale martedì 19 ricorrerà il trentesimo anniversario. Un modo anche questo per coltivare la memoria non come sterile momento celebrativo ma come contributo di analisi.
 
 

Nulla dies sine linea, 16.7.2022
Montalbano e il “Signori e Questori”

Domani, 17 luglio 2022, saranno passati tre anni dalla scomparsa di Andrea Camilleri. In questa occasione vorrei ricordarlo presentando alcune riflessioni, ispirate dai suoi romanzi, sul rapporto fra il commissario Montalbano e il suo diretto superiore, il questore (anzi, come lo definisce pomposamente l’agente Catarella, “il signori e quistori”).
Come è noto ai lettori e ai telespettatori, Montalbano ha un altissimo senso della giustizia e apprezza enormemente l’onestà: «in quel gran cinematografo di corruttori, corrotti, concussori, mazzettisti, tangentari, mentitori, ladri, spergiuri, a cui ogni giorno s’aggiungevano nuove sequenze, il commissario, verso le persone che sapeva inguaribilmente oneste, da qualche tempo principiava a nutrire un senso d’affetto» (Il cane di terracotta, p. 46).
Proprio per questa insofferenza verso l’ingiustizia, il commissario non esita, se necessario, a sfuggire a certe regole; ad es., sua specialità è il “saltafosso”, cioè il bluff nei confronti di un indiziato, basato sull’esibizione di verità tutte da dimostrare, ma così ben presentate da costringere il reo a confessare. Non di rado, poi, Montalbano (in modo decisamente poco ortodosso) si ritiene appagato dalla scoperta della verità e tollera che alcuni colpevoli restino in libertà o in preda ai loro rimorsi.
Inutile ricordare che è un funzionario assolutamente privo di ambizioni: non pensa a fare carriera, non vuole essere promosso a vicequestore, ha terrore di un trasferimento (che sconvolgerebbe la sua vita abitudinaria), preferisce continuare a vivere tranquillo senza allontanarsi da Vigàta.
Non ha, inoltre, alcuna attitudine all’adulazione e al servilismo; anzi, non manca di sottolineare sarcasticamente certi atteggiamenti di chi ricopre ruoli di potere: «sempri, davanti alla prosopopea, all’arroganza, alla supponenza, alla fàvusa cordialità, alla retorica di un politico di quello stampo che pinsava sulo alli ‘ntiressi so facenno finta di fari li ‘ntiressi di tutti, Montalbano non arrisistiva allo sbromo, alla sisiata, alla scòncica» (Riccardino, p. 239).
Tutte queste caratteristiche, come è ovvio, lo rendono poco gradito a certi suoi superiori, che finiscono per considerarlo una “scheggia impazzita” o comunque un “diverso” all’interno delle forze dell’ordine, anche se difficilmente possono metterne in discussione le eccelse qualità investigative e professionali.
Positiva era, nel primo romanzo della serie (La forma dell’acqua, 1994) la figura del primo questore, che aveva casualmente lo stesso cognome di Livia, cioè Burlando. Questi però viene collocato ben presto in pensione; lo scopo di Camilleri era probabilmente quello di accentuare l’isolamento di Montalbano, contrapponendolo ad autorità sempre più “negative”.
Uno scontro “istituzionale” evidente fra Montalbano e le autorità “deviate” si ha già ne Il ladro di merendine (1996): indagando su un traffico di droga internazionale, Montalbano scopre il ruolo svolto dai servizi segreti, che si sono resi complici dell’uccisione della giovane Karima, la madre del piccolo François (il “ladro di merendine”); un potente esponente dei servizi, il colonnello Lohengrin Pera (grottescamente descritto dall’autore nel suo minuscolo aspetto fisico, in contrapposizione al suo nome roboante), cerca di convincere Montalbano a mantenere la massima riservatezza sui fatti; ma la risposta del commissario è perentoria: «Io e lei abbiamo concezioni diametralmente opposte su che cosa significhi essere servitori dello Stato, praticamente serviamo due stati diversi. Quindi lei è pregato di non accomunare il suo lavoro al mio» (Il ladro di merendine, p. 217).
A partire da La voce del violino (1997), il nuovo questore, Luca Bonetti-Alderighi dei Marchesi di Mirabella, diventa il diretto superiore di Montalbano, instaurando con lui un rapporto teso e difficile, alle soglie del mobbing: «Bonetti-Alderighi era notoriamente un imbecille e che lo fosse l’aveva brillantemente confermato definendo il suo commissariato “una cricca di camorristi”» (La gita a Tindari, p. 59).
Il ritratto di Bonetti-Alderighi (visto con gli occhi di Montalbano) è fortemente irriverente: «Montalbano non lo taliava mai negli occhi, ma tanticchia più sopra, rimaneva sempre infatato dalla capigliatura del suo superiore, abbondantissima e con un grosso ciuffo ritorto in alto, come certe cacate d’omo che si trovano abbandonate campagna campagna» (La gita a Tindari, p. 18).
Il “signori e quistori” (come lo chiama Catarella) fa parte a pieno titolo di una diversa e deleteria categoria di (presunti) “servitori dello stato”, che privilegiano l’apparenza rispetto alla sostanza, amano mettersi in mostra e spesso si comportano in modo profondamente immorale.
Non a caso, Bonetti-Alderighi stima poco e gratifica pochissimo Montalbano e i suoi uomini; deve però fare i conti con l’abilità del suo sottoposto, che spesso riesce a beffarlo e a eluderne i diktat.
Ad es. Montalbano, riferendo al questore il suo colloquio col mafioso Balduccio Sinagra, sfodera volutamente una sequela di frasi fatte e luoghi comuni (non rilevati dall’ottuso superiore): «se lei potesse capire come io sia dilaniato tra il mio dovere da una parte e la parola data dall’altra… occorrerà molta cautela, un passo falso manderebbe in aria tutto, la posta in gioco è altissima» (La gita a Tindari, p. 135). Ma la sfilza di banalità ottiene l’effetto di sedurre il vacuo questore, che già medita di appropriarsi del successo di Montalbano nel caso che questi riesca a indurre il mafioso a “pentirsi”: «Con un sorriso perso, gli occhi sognanti, [Bonetti-Alderighi] contemplava se stesso, circondato da giornalisti rissosi e impazienti, sotto la luce dei riflettori, un grappolo di microfoni protesi verso la sua bocca, mentre spiegava con brillante eloquio come avesse fatto a convincere uno dei più sanguinari boss mafiosi a collaborare con la giustizia» (id., p. 137).
Davanti al questore, Montalbano alterna la presa in giro neanche troppo velata alla teatralità più ostentata: «Montalbano si susì addritta, pigliò un’ariata sdignata, portò il vrazzo destro a mezza artizza come facivano a Pontida. “Signor questore! Questa denunzia è mendace! E aggiungo, nel caso che le guardie giurate giurino di dire sempre la verità, che è anche spergiura! […] I miei uomini hanno combattuto con estremo coraggio contro soverchianti forze! Lo sa? In tre contro cinquanta!”» (Il cuoco dell’Alcyon, p. 42).
Il commissario arriva talora a sfottere apertamente il suo superiore, ma per sua fortuna «Bonetti-Alderighi si ritiniva omo troppo superiori per pinsari che qualichiduno osassi pigliarlo per il c***» (Riccardino, p. 39).
A volte il questore sembra meglio disposto, arrivando addirittura a riconoscere al commissario “quella lealtà e quell’onestà che l’hanno sempre contraddistinta” (Una voce di notte, p. 167); ma c’è sempre un secondo fine nascosto, come lucidamente capisce Livia parlando con Salvo al telefono: «Secondo me il signor Bonetti-Alderighi ti ha dato mano libera perché nel caso che le cose vadano male sarai tu a pagarne le spese. Ti coccola per fare di te un ottimo capro espiatorio» (Una voce di notte, p. 169).
Nel romanzo Il cuoco dell’Alcyon (2019), il questore sembra smantellare il commissariato di Vigàta dopo averlo inviato in ferie forzate; in realtà si tratta di una manovra che intende fornire copertura ad un’operazione di controspionaggio in cui saranno pericolosamente coinvolti il commissario e il fedele Fazio. Quando scopre la verità, Montalbano resta interdetto: «Ancora Montalbano non si era fatto pirsuaso di quello che gli aviva contato il questori. ‘N funno ‘n funno non ci cridiva, gli pariva tutta ‘n’americanata, come quelle pillicule di spionaggio accussì ‘ntricate che non ci accapiva nenti» (Il cuoco dell’Alcyon, p. 139); ma qui sembra di veder sorridere il suo autore che svela il suo gioco, dato che – come rivela nella Nota a fine volume – il racconto era nato una decina di anni prima “come soggetto per un film italo-americano”.
Nel romanzo conclusivo della serie, Riccardino (la cui prima redazione risaliva però al 2004-2005), l’Autore (che è in netto contrasto con Montalbano, nell’ambito di una vera “ribellione” del personaggio nei suoi confronti) fa intervenire in suo aiuto proprio il questore Bonetti-Alderighi.
Infatti, mentre tanti personaggi familiari risultano assenti in questo romanzo (mancano Mimì Augello e Beba, Adelina e Ingrid, Jacomuzzi e Zito; Livia è lontana e vacua, Pasquano viene nominato fugacemente), sempre presente è, fino alla fine, l’odioso questore, che chiude l’indagine sulla morte di Riccardino scavalcando Montalbano, riaffidando l’indagine a un altro poliziotto e precisando di attenersi scrupolosamente alle indicazioni contenute nel fax di Camilleri: «Perché si meraviglia tanto? Ha dimenticato che anch’io sono uno dei suoi personaggi?» (id., p. 271).
Sarà questa la goccia che farà traboccare il vaso, conducendo alla rottura definitiva fra Montalbano e il suo Autore («Tu hai condizionato un altro personaggio, il questore, per non farmi risolvere il caso a modo mio», id. p. 273); ne deriverà l’“unica conclusioni possibili”, con la definitiva e amara scomparsa del personaggio: «Pinsò a Livia, a Fazio, a Mimì Augello, a Catarella e gli venni un groppo. Allura si pirmittì il lusso di una lagrima» (id., p. 272).
La “cancellazione” di Montalbano sembra coincidere con il trionfo delle trame oscure del suo questore, con la vittoria dell’apparenza sulla sostanza, del conformismo sull’indipendenza di pensiero. Ma con questo arguto gioco Camilleri, che in tal modo organizza la “sparizione” del suo personaggio, fa sì che – ancora una volta – noi ci schieriamo con Montalbano, “difendendolo” dal suo Autore e facendolo nostro, nonostante lui e dopo di lui.
E se da “Riccardino” qualcuno esce vincitore, non è certo il viscido questore, bensì il suo scomodo sottoposto, disposto a difendere la sua coerenza fino al punto di scomparire per mantenerla.
P.S.: Alcune delle precedenti considerazioni sono tratte da un mio saggio di imminente pubblicazione su Camilleri, scritto in collaborazione con Vito Lo Scrudato e Bernardo Puleio.
Mario Pintacuda
 
 

Premio Bancarella, 17.7.2022
Ore 11,00 - Cortile di Palazzo Dosi Magnavacca, Pontremoli
Nel segno di Andrea Camilleri. Dalla narrazione psicologica alla psicopatologia
Giuseppe Fabiano, (Franco Angeli, 2017)
Presenta Giuseppe Benelli
Cliccare qui per la registrazione video dell'incontro


 
 

in3minuti, 17.7.2022
Andrea Camilleri - Memorie, di Danilo Verruso, 1^parte di 2
Terzo Anniversario della morte di Andrea Camilleri, ascoltiamo Enzo Alessi, attore e regista, amico dello scrittore empedoclino #in3minuti


 
 

ANSA, 17.7.2022
Tre anni senza Camilleri, un'assenza che si sente
Non solo Montalbano, sempre impegnato per diritti e società

Trieste. Nonostante l'allegra confusione delle nostre vite frenetiche e le angosce del vorticare di tragedie inattese come la pandemia e la guerra in Ucraina, l'assenza di una voce come quella di Andrea Camilleri si sente.
Non una voce qualunque, la sua: roca, ma soprattutto paterna e autorevole.
Un grande vecchio, un Maestro, morto tre anni fa dopo un breve periodo di agonia in un letto dell' ospedale Santo Spirito attorniato dall'affetto dei parenti, degli amici, e di tantissimi sconosciuti.
Uno scrittore che aveva scelto la bonaria determinazione di un incallito scapolone come Salvo Montalbano per esprimere il proprio pensiero rivolgendosi a tutti, e opere mai complesse ma molto pregnanti e significative per chi invece desiderava spingersi oltre. Comunque, in entrambi i casi, che si trattasse di cultura "alta" o cultura "bassa" - distinzione che non amava e non riteneva fondata - una voce indipendente. Libera, mai organica. Commuoveva - e si commuoveva lui stesso - l'aneddoto che raccontava di due contadini che parlavano di arte davanti al Duomo di Orvieto a testimonianza che non bisogna essere critici per capire, percepire la bellezza.
Uomo di cultura enciclopedica, regista televisivo e teatrale (indimenticabili alcune sue mise en scène di Pirandello), poeta, ha lasciato un vuoto non fosse altro che per l'impegno sociale.
Un atteggiamento che oggi ha quasi un sapore stantìo, quel veterocomunismo figlio di chi ha vissuto lo strazio della seconda guerra mondiale e la spaccatura tra capitalismo e socialismo che ne era conseguita, con altrettanti drammi e lacerazioni.
Uno scrittore, un poeta, un saggista non si misura dal numero di copie vendute né dal numero di pagine scritte - libelli erti mezzo polpastrello sono stati più incisivi di opere che superano le mille pagine - ma (anche) dalla profondità cui si spinge nel cuore delle persone e nell'influenza del pensiero collettivo.
Andrea Camilleri ha saputo entrare con gentilezza nelle case di tante famiglie, sedersi su una poltrona riservata alla comodità e intrattenersi affabilmente a parlare del più e del meno.
Sono già tre anni che non c'è più, che la sua voce è affidata al ricordo. La pubblicazione dello sbandierato "Riccardino" che da decenni si sapeva aveva scritto per una uscita postuma e l'acuta "Autodifesa di Caino", oltre a varie ripubblicazioni non lo restituiscono al nostro desiderio di orientamento, di una guida imparziale. Almeno, l'istituzione di un Fondo a lui dedicato e destinato ai posteri, ne proietta la figura nel futuro, qualora qualcuno lo dimenticasse. Ci manchi, Maestro.
Francesco De Filippo
 
 

La Voce News, 17.7.2022
In ricordo di un grande maestro: Andrea Camilleri
Non solo Montalbano, sempre impegnato per diritti e società

Dopo gli ultimi frenetici eventi, spesso non belli, è arrivata questa domenica 17 luglio. Una giornata riflessiva, nel ricordo, guardando anche nello spazio vuoto e silenzioso.
Oggi, di molti anni fa, mia mamma Bruna ci lasciava d’improvviso. Non ci fu il tempo per rendercene conto. Una situazione dolorosa!
Tre anni fa, oggi, ci lasciava il grande scrittore Andrea Camilleri.
Con lui ebbi l’onore e il piacere di partecipare al “debutto” di Conversazione su Tiresia (click qui).
Il suo testo e la sua interpretazione ebbe su di me un impatto emozionante e folgorante.
Andrea mi parlò al telefono della sua idea di interpretare, come voce recitante, il suo testo accompagnato dalla mia musica. Mi disse: “Solo con te e il tuo flauto”.
Dopo pochi giorni, l’11 giugno 2018, avvenne l’evento nel mitico Teatro Greco di Siracusa (click qui).
Andrea fu entusiasta e mi chiese di preparare la musica per un’altra sua opera: Autodifesa di Caino.
Provammo. Tutto fu straordinario.
L’esecuzione era stabilita nella stagione estiva di Caracalla il 15 luglio 2019.
L’Autodifesa di Caino (click qui) doveva essere raccontata dall’Autore il lunedì 15 luglio. Andrea Camilleri sarebbe stato, per la prima volta, presente sulla scena delle antiche Terme. Regista dello spettacolo Stefano Vicario, le mie musiche originali da me eseguite.
Andrea Camilleri, il più celebre scrittore italiano, tornava sul palcoscenico per raccontare la storia di Caino, il primo assassino sulla Terra, colui che è diventato il simbolo del Male.
Roberto Fabbriciani
 
 

La Repubblica, 17.7.2022
Andrea Camilleri, tre anni fa moriva il papà del commissario Montalbano
Molti gli omaggi sui social ricordando le parole dell'autore siciliano

Era il 17 luglio di tre anni fa quando se ne andava Andrea Camilleri, e oggi in molti sui social rendono omaggio il papà di Montalbano, il commissario più amato dagli italiani. Lo ricordano citando soprattutto alcune frasi sue o tratte dai suoi romanzi: "Le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa da tutte le altre", poi "È un gioco tinto, quello dei ricordi, nel quale finisci sempre col perdere" dal romanzo L'odore della notte. E ancora: "Da quando io non vedo più, vedo le cose assai più chiaramente", "Le parole? le parole cosa d'aria sono".



"Tre anni fa ci lasciava Andrea Camilleri. Lo ricordiamo e lo ricorderemo sempre, con grandissimo affetto e profonda gratitudine" scrive la casa editrice palermitana Sellerio con una grande foto lo ritrae sornione e sorridente.
"Padre del commissario Moltalbano e autore prolifico, tra i più grandi della letteratura italiana contemporanea. 'Se potessi - diceva - vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie'" scrive su Twitter Rai Radio1.
Lo speciale Il commissario Montalbano
Un nuovo libro, La coscienza di Montalbano, che raccoglie sei racconti inediti, ricorda il consueto appuntamento estivo con il commissario di Vigata. Sei storie scritte in tempi diversi e non incluse nelle antologie che Camilleri ha pubblicato in vita, riunite per la prima volta in un volume edito da Sellerio. Aspettando il ritorno del Commissario Montalbano televisivo, quello con il volto di Luca Zingaretti e la regia di Alberto Sironi che torna sul piccolo schermo con il restauro nella definizione in 4K dei primi quattro titoli tratti dai romanzi di Andrea Camilleri: Il ladro di merendine, La voce del violino, La forma dell'acqua e Il cane di terracotta.
 
 

Collettiva, 17.7.2022
Il ricordo
Andrea Camilleri «di pirsona pirsonalmente»
Il 17 luglio 2019 ci lasciava il grande autore e intellettuale siciliano. Stimato conoscitore della storia d'Italia, ha raccontato il Paese in forme e modi diversi, non soltanto narrativi

Il 17 luglio 2019, dopo giorni pieni di preoccupazione per le sue condizioni di salute sempre più gravi, ci lasciava Andrea Camilleri. Scrittore, intellettuale di fama internazionale, sceneggiatore e regista, era conosciuto al grande pubblico soprattutto per aver creato il personaggio del commissario Salvo Montalbano.
Con la sua penna e la sua intelligente ironia lo scrittore - a partire da quella Vigata, che non ha alcun corrispettivo nella realtà, ma che finisce per essere più vera e familiare che mai - ci ha raccontato l’Italia di oggi e di ieri. Una storia che il maestro conosce perfettamente, della quale si è trovato a essere anche involontario protagonista.
Noto per i suoi romanzi, Camilleri è stato uno stimato conoscitore della storia d’Italia che ha raccontato in forme e modi diversi, non solamente narrativi. Nell’agosto del 2007, ad esempio, il papà di Montalbano scriveva per il prestigioso New York Times un interessantissimo e storicamente circostanziato, poco noto, ritratto di Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.
“Nel caso di Sacco e Vanzetti - scriveva - sembrò subito chiaro a molti, in Europa e negli Stati Uniti, che il loro arresto nel 1920 - inizialmente per possesso di armi e materiale sovversivo, poi con l’accusa di duplice omicidio commesso nel corso di una rapina nel Massachusetts -, i tre processi che seguirono e le successive condanne a morte erano pensati per dare, attraverso di loro, un esempio. E questo nonostante la completa mancanza di prove a loro carico, e a dispetto della testimonianza a loro favore di un uomo che aveva preso parte alla rapina e che disse di non aver mai visto i due italiani”.
Continua Camilleri: “La percezione era che Sacco, un calzolaio, e Vanzetti, un pescivendolo, fossero le vittime di un’ondata repressiva che stava investendo l’America di Woodrow Wilson. In Italia, comitati e organizzazioni contrari alla sentenza spuntarono come funghi non appena essa fu annunciata. Quando la sentenza fu eseguita, nel 1927, il fascismo era al potere in Italia da quasi cinque anni e consolidava brutalmente la propria dittatura, perseguitando e imprigionando chiunque fosse ostile al regime, inclusi naturalmente gli anarchici. Eppure, quando Sacco e Vanzetti furono giustiziati, il più grande quotidiano italiano, il Corriere della sera, non esitò a dedicare alla notizia un titolo a sei colonne. In bella evidenza tra occhielli e sottotitoli campeggiava un’affermazione: Erano innocenti”.
Una storia, quella d’Italia, che il maestro conosce e spesso si trova a vivere “di pirsona pirsonalmente”. Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 le forze alleate britanniche e americane sbarcano sulle spiagge della Sicilia, ancora controllata dalle forze dell’Asse, nell’ambito della cosiddetta “Operazione Husky”. È la seconda più imponente operazione offensiva organizzata dagli Alleati nella seconda guerra mondiale, la più vasta in assoluto nel settore del Mediterraneo, cui prendono parte due grandi unità: la Settima armata statunitense al comando del generale George Smith Patton e l’Ottava armata britannica al comando del generale Bernard Law Montgomery, riunite nel Quindicesimo gruppo d’armata sotto la responsabilità del generale britannico Harold Alexander.
La Sicilia sarà liberata in soli 39 giorni quando, il 17 agosto, le truppe alleate entreranno a Messina dopo aver conquistato tutte le altre importanti città (Palermo il 22 luglio, Catania il 5 agosto), costringendo i tedeschi alla fuga verso la Calabria. La liberazione dell’isola sarà raccontata anche dalle toccanti, bellissime immagini di Robert Capa, la cui strada incrocia, a un certo punto, quella di un giovanissimo Andrea Camilleri.
“Nella luce abbagliante di quella mattina di luglio, il tempio m’apparve intatto”, scrive l’autore siciliano in Una corsa verso la libertà, scritto contenuto nel libro di Gaetano Savatteri La volata di Calò (Sellerio): “Nello spiazzo antistante c’era un soldato americano che stava fotografando il tempio. O almeno tentava. Perché inquadrava, scuoteva la testa, si spostava di qualche passo a sinistra, Scuoteva nuovamente la testa, si spostava a destra. A un tratto si mise a correre, si fermò, cercò un’altra angolazione. Neppure questa volta si mostrò contento. Io lo guardavo meravigliato. Il tempio quello era, bastava fotografarlo e via. Che cercava? Doveva essere un siciliano, lo si capiva dai tratti, forse voleva portare un ricordo ai suoi familiari in America. In quel momento, fummo assordati da un rumore di aerei e di spari. In cielo, ma a bassissima quota, si stava svolgendo un duello tra un aereo tedesco e uno americano. Mi gettai a terra. Anche il soldato si gettò a terra, ma, al contrario di me, a pancia all’aria. Scattava fotografie una appresso all’altra senza la minima indecisione, la macchina tra le sue mani era un’arma, una mitragliatrice. Poi i due aerei scomparvero. Ci rialzammo, gli dissi qualcosa in dialetto. Non capì. Io non parlo inglese, ma qualche parola la capisco. Mi spiegò che era un fotografo di guerra. Mi scrisse su un pezzetto di carta il suo nome: Robert Capa. Per me, allora, un perfetto sconosciuto. Ci salutammo. Ripresi la bicicletta, tanto la strada ora era tutta in discesa”.
Non sarà questo l’unico incontro speciale nella vita dello scrittore. A 90 anni il maestro decide di pubblicare Certi momenti, testimonianze dietro le quinte d'incontri con personaggi noti o sconosciuti che hanno rappresentato per l’autore un momento speciale (“Gli uomini, le donne e i libri che racconto in questo testo - scriverà nell’introduzione - hanno rappresentato per me delle scintille, dei lampi, dei momenti di maggiore nitidezza”).
Da Primo Levi a Gadda, da Vittorini a Benedetto Croce, passando per Pasolini: piccole, grandi pillole di umanità da leggere. Da leggere come i libri che il maestro cita e che inserisce nell’elenco dei sui incontri speciali a partire da quello più importante, La condizione umana di André Malraux, la cui lettura sarà decisiva nel far crollare la fede fascista di Camilleri.
“Me ne stetti per qualche giorno a casa - racconta - senza andare a scuola; ero sicuro di non essere più un fascista, ma non sapevo ancora che cosa ero in realtà. Passavo notti insonni, chiedendomi quale sarebbe stato il mio avvenire in un mondo del quale rifiutavo tutto. In quei giorni mi capitò tra le mani un libro: si trattava di La condizione umana di André Malraux, pubblicato in Francia nel 1933, stampato in Italia l’anno successivo e misteriosamente sfuggito alle maglie della censura. (…) Quella notte lessi il libro tutto d’un fiato. Sono certo che immediatamente dopo quella lettura masse di neuroni del mio cervello si spostarono da una parte all’altra, che una modificazione radicale avvenne nel mio essere (…) Furono tre giorni di autentica malattia: avevo la febbre a trentanove, mi spuntarono come delle pustole sul viso, il medico chiamato di corsa diagnosticò un avvelenamento alimentare. In parte ci aveva indovinato, solo che non si trattava di un avvelenamento, ma dell’immissione di sangue nuovo, diverso, vivo, caldo, palpitante, che il mio organismo stentava a fare entrare dentro di sé. Ecco, quando mi chiedono come mai sei diventato a diciott’anni, ancora sotto il fascismo, un ragazzo con idee comuniste, io rispondo che tutto ciò, per fortuna, è successo grazie all’incontro casuale con La condizione umana di André Malraux”.
Ilaria Romeo
 
 

globalist, 17.7.2022
Le donne emancipate di Andrea Camilleri: la lezione dello scrittore all'università di Cagliari
Lo scrittore all'ateneo di Cagliari, parlando della viceregina Eleonora di Mora incantò studenti e professori. Era il 2013
Ricordiamo una lezione di Andrea Camilleri all’università di Cagliari sul ruolo delle donne. Uno dei tanti aspetti della vita e dell’impegno del grande scrittore scomparso

In un sala gremitissima Andrea Camilleri dà lezione di emancipazione femminile. Nell’aula magna della facoltà di lettere di Cagliari il pubblico ascolta entusiasta il grande scrittore siciliano. Tanti gli applausi, soprattutto quando lo scrittore parla della condizione della donna tra passato e presente.
«Attenzione, attenzione! – avverte Andrea Camilleri quando gli viene rivolta la domanda se esista oggi una donna che abbia le stesse qualità di Eleonora – Che abbia le stesse caratteristiche di Eleonora, di equità, di giustizia e via dicendo, credo che ce ne siano tante, tantissime, moltissime. Che abbiano lo stesso potere di Eleonora credo che ce ne siano pochissime. Cioè sono qualità che non possono esprimersi».
Camilleri è realista, non attribuisce alcuna defaillance per quanto riguarda il comportamento delle donne, esse sono di fatto escluse, dagli uomini, dal potere politico ed amministrativo e chi tenta di cambiare e sovvertire questa situazione viene di fatto punita e allontanata dalle sale del potere, come accaduto più di quattrocento anni fa alla stessa Eleonora di Mora, la protagonista del romanzo “La rivoluzione della luna”. Tutte le azioni e decisioni politiche che sono state attuate in merito all’inclusione della donna nell’amministrazione del paese sono di fatto ridicole e inutili, perché le qualità delle donne, spiega Camilleri : «vengono soffocate da cose ridicole come le quote rosa per esempio, che a me fa impressione. Sono delle cose che a me personalmente mandano in bestia, perdonatemi. Come la cosiddetta festa della donna. Facciamo la festa dell’Aria. Facciamo la festa dell’Altro. Facciamo la festa di Noi. Perché la festa della donna? Dov’è la differenza? Vabbè c’è una differenza se Dio vuole. Però in realtà, in realtà sono sempre discriminazioni, anche nel mito delle quota rosa».
Le donne non conoscono il proprio retaggio storico. Ci sono state figure femminili importanti nel corso della storia, donne che sono riuscite a fare la differenza e che potrebbero essere fonte di ispirazione e di immedesimazione, così come da sempre accade per gli uomini, per tutte le altre donne. È Camilleri a chiarirne il motivo:« Mi spiegate perché, per quale cavolo di motivo i signori storici, ma proprio quelli con la S maiuscola, non si occupano di un fenomeno così incredibile, come quello accaduto alla fine del seicento, di una donna che abbia raggiunto un potere amministrativo assoluto in Europa? Va bene lo fa per 28 giorni, ma lo fa! Il fenomeno succede, avviene. Fa delle cose straordinarie. Com’è che nei libri di storia siciliana non compare neppure? Non compare perché gli storici sono di sesso maschile, mi viene voglia di dire. Perché altrimenti è una figura le cui opere andrebbero studiate in qualche modo. Io ho scritto questo romanzo quando per caso ho scoperto in un libro questo personaggio».
Il problema della condizione femminile è un fenomeno culturale. La donna non riesce ancora ad emanciparsi perché sono tanti i muri contro cui si scontra, tante le forze che ostacolano il suo cammino verso la parità tra i due sessi, tra cui anche il potere della chiesa. «Pensate al fatto che il vicerè era anche legato pontificio, fatto di cui automaticamente si serviranno per farla destituire. Si serviranno di questo espediente perché troppo danno sta facendo Donna Eleonora – ha continuato con grande fervore Andrea Camilleri – con la sua onestà con il suo rigore, con il suo essere una persona per bene.
Una donna che ha una grande passione politica e che capisce gli altri, che va incontro agli altri, che usa il suo potere non per se ma per gli altri. Ecco è questo, sembra un romanzo contemporaneo. Ma a me interessa per questo – e ci tiene a precisare – Quando io scrivo un romanzo storico non mi interessa citare l’episodio o svilupparlo perché è un fatto curioso, ma scrivo in quanto possa spingere sui tempi nostri.
Per esempio tutti i miei romanzi post-unitari non sono mica una critica all’unità d’Italia, che è un processo irreversibile, giusto, sacrosanto, ma ai modi in cui l’unità venne fatta. Perché altrimenti farei dei santini, scriverei delle agiografie. Invece no! Mi interessa trovare nella storia quei momenti, quelle situazioni, quei personaggi, il cui modo di agire, le cui condizioni in cui vissero, possano essere raccontate in qualche modo al presente e il lettore ne possa trarre le sue conclusioni».
Chissà quante grandi figure di donna si sono perse nei vicoli ciechi della storia, dimenticate volontariamente o per semplice disattenzione da quegli storici con la S maiuscola di cui parla Camilleri. Una femminista degli anni ‘70 affermò che «è necessario riscrivere la storia come se le donne contassero». Grazie ad Andrea Camilleri, ai suoi studi e ai suoi libri scopriamo invece che la donna la storia l’ha fatta, che ha fatto la differenza. È quindi necessario riscoprire queste donne e dare loro il posto che meritano nei libri di storia.
 
 

Italiani, 17.7.2022
Andrea Camilleri: tre anni fa ci lasciava il grande autore siciliano

Il 17 luglio di tre anni fa ci lasciava Andrea Camilleri, uno dei più grandi autori della letteratura italiana contemporanea, nonché padre del commissario Montalbano. Nato a Porto Empedocle (Agrigento) nel 1925, nella sua lunga vita il maestro è stato anche attore, regista e autore teatrale, sceneggiatore e molto altro. Al pari di Pirandello, Sciascia e altri letterati siciliani, ha sempre portato la sua Isola nel cuore e, grazie anche alla fortunatissima serie di romanzi (e poi fiction) di Montalbano, ha contribuito ad accrescerne la fama al di là dei confini nazionali. Nel corso della carriera, Camilleri ha venduto più di 10 milioni di copie e le sue opere sono state tradotte in più di 30 lingue.
Camilleri: il commissario Montalbano e non solo
Parlare di Andrea Camilleri soltanto come “l’ideatore del commissario Montalbano” sarebbe alquanto riduttivo. Lo scrittore siciliano è stato un autore prolifico di storie e racconti, ma non solo. Nel secondo Dopoguerra, dopo aver frequentato l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, ha lavorato come regista, autore e sceneggiatore per TV e teatro. È stato regista di molte opere teatrali, tra cui drammi del corregionale Pirandello. Inoltre a Camilleri si deve anche l’aver portato in Italia opere di Beckett, Adamov, Maiakowskij e Ionesco. Per quanto riguarda la sua carriera in RAI, negli anni ‘60, ha collaborato alla produzione di sceneggiati di enorme successo, come il “Tenente Sheridan” e “Le inchieste del Commissario Maigret”. Sempre nel Dopoguerra comincia a scrivere i primi racconti e poesie, che gli faranno vincere il premio Saint Vincent. Nel 1978 pubblica il suo primo romanzo “Il corso delle cose”, accolto tiepidamente da pubblico e critica.
La città di Vigata, che farà da sfondo alle avventure del commissario Montalbano, appare per la prima volta nel romanzo “Un filo di fumo” (1980). Nonostante Camilleri scriva altri romanzi, come “La stagione della caccia” (1992), la grande popolarità arriva nel 1994 con “La forma dell’acqua”, il primo dedicato a Montalbano (interpretato sul piccolo schermo da Luca Zingaretti). Il commissario siciliano è stato protagonista di svariati romanzi e altrettante trasposizioni televisive. Andrea Camilleri, grazie alla sua spiccata fantasia e ad uno stile di scrittura sempre piacevole, è riuscito a “rendere reali” Vigata e i vari personaggi della saga. La creazione del “vigatese” (mix tra italiano e siciliano) è stata poi un’ottima intuizione dell’autore, per rendere al meglio certi concetti tramite all’uso del dialetto. Grazie alla genialità di Camilleri, il commissario Montalbano rimarrà un personaggio immortale, impresso per sempre nel panorama letterario italiano e internazionale.
Il fondo Andrea Camilleri
Camilleri ha avuto un sogno nel cassetto, ovvero quello di raccogliere tutto il materiale realizzato nella sua lunga vita in un unico grande archivio. Nel 2019, pochi mesi prima di morire, con l’aiuto della moglie Rosetta e delle figlie Andreina, Elisabetta e Mariolina, Camilleri ha pensato di realizzare il “Fondo Andrea Camilleri”. Si tratta di un archivio che raccoglie tutta la produzione artistica (letteraria e non) di Camilleri, conservata tra Porto Empedocle e Roma. Nonostante le varie difficoltà, il sogno dello scrittore ha visto la luce il 7 giugno scorso. L’archivio si trova nel quartiere Prati di Roma, a pochi passi dall’abitazione dell’artista. Oltre ai romanzi di Montalbano, poesie e altri racconti, sono presenti manoscritti, appunti, lettere private e materiale televisivo, dagli anni ’50 ad oggi. Questo archivio comprendente il lavoro di una vita di Camilleri, una volta digitalizzato, potrà essere consultato da chiunque online.
Andrea Camilleri è stato un “cuntastorie”, che non ha mai smesso vedere con la mente e sognare a colori, anche dopo aver perso la vista. Nell’ultimo periodo della sua vita, rispondendo a chi chiedeva perché scrivesse ancora all’età di 93 anni, disse: «Se potessi, vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio cunto passare tra il pubblico con la coppola in mano». Anche se non è stato possibile esaudire quest’ultimo desiderio del maestro, il pubblico non dimenticherà mai ciò che Camilleri ha donato al mondo: l’arte e l’estro di un artista geniale, che con le sue storie ha incantato e fatto appassionare intere generazioni di lettori.
Antonello Ciccarello
 
 

La voce del marinaio, 17.7.2022
Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 6.9.1925 – Roma, 17.7.2019)
Quando a Porto Empedocle sognavo una divisa da ammiraglio

Il mio rapporto con il mare non ha tempo, è qualcosa di inciso nel mio DNA. Racconti familiari parlano di antenati navigatori ed io stesso ho trovato un vecchio documento che risale agli inizi del ‘700 nel quale si dichiara che “l’equipaggio maltese di un tre alberi da carico del quale era proprietario e comandante tale Andrea Camilleri non aveva nessun malato a bordo…”
Era noto, sempre per tradizione familiare che questo mio antenato esercitava la nobile arte del contrabbando di seta via mare…
Fin da bambino la mia aspirazione era quella di fare la carriera militare; mi vedevo già con una bella divisa da ammiraglio e fantasticavo storie di mare che sentivo raccontare dagli ufficiali di marina e dai comandanti di navi di guerra che frequentavano la mia casa a Porto Empedocle.
Ricordo che la prima volta che mio padre mi portò in un paese all’interno della Sicilia, potevo avere sei sette anni, la notte non riuscì assolutamente a prendere sonno. Mi mancava qualcosa. Mio padre stette sveglio con me tutta la notte per cercare di capire il mio nervosismo. Solo all’alba scoprii che mi mancava il rumore del mare che ogni notte cullava il mio sonno.
Tutta la mia giovinezza a Porto Empedocle l’ho trascorsa praticamente alla spiaggia…il primo bagno ai primi giorni di maggio, l’ultimo verso la fine di ottobre. Anche e soprattutto la notte. E’ affascinante il bagno notturno perché anche se tu ti sei tuffato e hai nuotato di giorno, lo stesso mare di notte diventa immediatamente un’entità misteriosa e nuova e anche abitata in modo diverso.
Ho sempre subito il fascino del mare in burrasca. Dovendo scegliere tra il mare calmo ed il mare agitato, preferisco quest’ultimo. Mi piace non solo vederlo ma anche starci sopra, perché non soffrendo assolutamente il mal di mare posso godermi lo spettacolo bellissimo di una prua che viene momentaneamente sommersa dalle acque, la stessa che orgogliosamente si rialza. Amo anche il particolare odore del mare mosso diverso da quello calmo, più forte, più pungente, più aggressivo.
Lo stesso vale per il mare d’inverno, non mi ha mai provocato malinconia. Forse perché da parte del mio Dna come un elemento a sé stante, che ha un suo significato ed un suo modo di comunicare tutte le stagioni.
Da quando mi sono trasferito a Roma e da quando non posso più nuotare non guardo più il mare. E’ un po’ come il ricordo di un grande amore, inutile piangere su vecchie foto o vecchie lettere d’amore…
Andrea Camilleri
(a cura di Ezio Vinciguerra)

 
 

Tag43, 17.7.2022
Cosa rimane di Camilleri oltre Camilleri, a tre anni dalla morte
Lo scrittore di Porto Empedocle, scomparso il 17 luglio 2019, ha lasciato un’eredità nella sua Sicilia. Il 58enne Savatteri, la giovane ragusana DiQuattro, i romanzi di Simonetta Agnello Hornby, la trapanese Stefania Auci e tanti altri: quanto c’è del “papà” di Montalbano negli autori della Trinacria di oggi.

«La mia eredità è l’incertezza», disse Andrea Camilleri in una bella intervista del 2015 al quotidiano spagnolo El Pais. E in effetti quale stato d’animo o sentimento si addice di più al tempo che stiamo vivendo? La letteratura siciliana, dal canto suo, ha grande familiarità con il topos dell’incertezza che cancella le prospettive di futuro e uccide la voglia di cambiare, di migliorare, di riscattarsi. È precario il meccanicismo esistenziale dei Malavoglia, quei vinti all’ombra del grande vulcano che genera a sua volta instabilità. È incerta la strada che riporta Silvestro dalla madre in Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini. Nulla è certo nemmeno nella vita del bibliotecario Mattia Pascal. E i riferimenti potrebbero continuare. «Ognuno la Sicilia la vede alla sua maniera», diceva lo stesso Camilleri, che ci lasciava esattamente il 17 luglio di tre anni fa.
Il lascito di una tradizione letteraria regionale smisurata
Lo scrittore di Porto Empedocle aveva raccolto a suo modo il lascito di una tradizione letteraria regionale smisurata. E inevitabilmente ha passato il testimone a una generazione che rilegge fondamenti, miti e feticci della cultura siciliana con le lenti della contemporaneità. In realtà sarebbe meglio parlare di tre generazioni di scrittori isolani, perché si va dai boomer degli Anni 40 e 50 fino ai millennial nati negli Anni 80, passando per la cosiddetta generazione X. Cosa rimane di Camilleri oltre Camilleri? Cosa c’è di lui negli autori che popolano la Trinacria oggi? Nessun elenco potrebbe essere esaustivo, per cui è meglio procedere seguendo alcune tracce, alcune direttrici o filoni che possono trasformarsi in trait d’union tra l’arte del papà di Montalbano e quella di molti dei nomi della letteratura siciliana degli ultimi decenni.
Gaetano Savatteri e le investigazioni per caso del suo Saverio Lamanna
Il primo che salta in mente, per svariati motivi, è Gaetano Savatteri. Non ingannino i natali milanesi: le sue radici sono a Racalmuto, stesso paese di Leonardo Sciascia e stessa provincia di Camilleri, l’agrigentino. Giornalista prima che scrittore, il 58enne Savatteri si leva alcuni sfizi, tra cui, nel lontano 1980, la fondazione del periodico Malgrado tutto, in cui ospita tra le altre le firme proprio di Sciascia e Camilleri. Ma il parallelo che vien da fare in modo quasi automatico è tra le investigazioni per caso del suo Saverio Lamanna (con il fido Peppe Piccionello) e i celebri casi del commissario Salvo Montalbano (come non paragonare lo stesso Piccionello al buon agente Catarella?). Da Vigata a Màkari, siamo di fronte a due personaggi, il giornalista Lamanna e Montalbano, che hanno in comune tratti caratteriali di bonaria scontrosità. E respiriamo scorci paradisiaci che si trovano agli antipodi nella geografia siciliana, ma che hanno saputo entrambi farsi brand televisivi di successo. Certo, inarrivabile il boom auditel di Zingaretti-Montalbano, ma al di là di ciò, sono ben più profondi i legami tra Savatteri e Camilleri: nel romanzo La volata di Calò, ad esempio, il giornalista-scrittore ospita addirittura un appassionante racconto autobiografico del grande maestro che ci riporta agli anni dello sbarco degli americani in Sicilia, alla fine della seconda guerra mondiale.
Costanza DiQuattro, classe 1986, candidata al Premio Strega nel 2022
La giovane ragusana Costanza DiQuattro, classe 1986, candidata al Premio Strega nel 2022 con Giuditta e il Monsù, vanta invece un legame autobiografico con il set televisivo di Montalbano. La celebre villetta con terrazza sul mare in cui vive il più famoso poliziotto televisivo apparteneva nientemeno che ai suoi nonni. Ne La mia casa di Montalbano. La storia da romanzo della villa di Puntasecca, da Bufalino a Camilleri lei stessa ne dà conto, con intimo senso di nostalgia, come del luogo dell’infanzia spensierata e delle vacanze estive. Più in generale, nella letteratura di DiQuattro emerge, tra i tanti, un altro dei temi chiave della produzione di Camilleri: la presenza del cibo e della cucina quali spazi dell’identità e dell’elaborazione culturale. Qui si va oltre il «siamo ciò che mangiamo» di Ludwig Feuerbach, perché delizie e vivande raccontano una lunghissima storia e fissano il geist di una terra.
Simonetta Agnello Hornby e il suo capolavoro, La mennulara
Nei romanzi storici di Camilleri c’è poi la questione sociale che affonda le sue radici nel verismo ottocentesco siciliano: la povertà, l’ignoranza, l’emarginazione, il riscatto realizzato o mancato degli “ultimi”. Magari con una venatura di magico, di grottesco o assurdo come ne Il Re di Girgenti. Pure nei romanzi di Simonetta Agnello Hornby, classe 1945, il gancio al reale è forte, ma spesso si fa leggero e scanzonato, come in quello che è forse il suo capolavoro, La mennulara. Oppure si lega a dimensioni e riti familiari, a riflessioni e ricordi che rimandano al costume di una Sicilia scomparsa (Via XX Settembre o Il veleno dell’oleandro).
Silvana La Spina, ambientazione storica e investigazione giallistica
D’altra parte, invece, c’è chi, un po’ come il Camilleri de La mossa del cavallo, mette insieme il gusto dell’ambientazione storica con la passione per l’investigazione giallistica: Silvana La Spina, anche lei 77enne, veneta di nascita da padre siciliano e poi trapiantata a Catania, ne L’uomo del Viceré incardina un’indagine attorno ai cadaveri di alcune bambine torturate, uccise e lasciate per strada. Ne vien fuori una sorta di lotta settecentesca tra le istanze dell’illuminismo e le forze del male, tra il progresso e l’oscurantismo di una società come quella della nobiltà palermitana, gretta e retrograda.
Il tratto ereditato dalla trapanese Stefania Auci
Nella letteratura siciliana la storia è spesso teatro di passioni attuali e fortissime. Camilleri sa raccontarle con una scrittura vivida e drammaturgicamente ariosa, brillante. Che sembra già pronta per sbarcare in teatro, cinema o tv. Un tratto ereditato dalla trapanese Stefania Auci, nata a metà degli Anni 70, che ha trovato un registro narrativo semplice, scorrevole e incalzante nel ricostruire la saga della famiglia Florio. I Leoni di Sicilia, già tradotto in oltre 30 Paesi, è stato un successo clamoroso, ha generato il sequel L’inverno dei leoni e sta per diventare una serie televisiva con Miriam Leone e Michele Riondino (già volto in tivù del Giovane Montalbano).
Il palermitano Roberto Alajmo, uno degli autori siciliani di maggior successo
Camilleri, però, è stato anche sceneggiatore e regista teatrale, una versatilità che caratterizza il lavoro del palermitano Roberto Alajmo, classe 1959, uno degli autori siciliani di maggior successo degli ultimi decenni. È suo il libretto dell’opera Ellis Island con musiche del geniale Giovanni Sollima e per sei anni Alajmo è stato persino direttore Teatro Biondo di Palermo. Il suo romanzo È stato il figlio è diventato un film nel 2012 per la regia di Daniele Ciprì, con il gigantesco Toni Servillo come protagonista.
La mafia nei noir di Santo Piazzese
La mafia, naturalmente, è presente nella letteratura di Camilleri, ma raramente è centrale nel racconto, quasi mai invade la narrazione con la sua forza opprimente e la capacità di determinare gli eventi. Certo, il commissario Montalbano rappresenta lo Stato che sa riscattarsi dal giogo di Cosa nostra, ma i boss e le famiglie mafiose agiscono quasi sempre a latere o sono demiurghi semi-invisibili nelle trame dello scrittore agrigentino. Un po’ come accade alle storie del 74enne palermitano Santo Piazzese, un biologo prestato alla letteratura. Nei suoi noir la mafia entra in punta di piedi. Il soffio della valanga, terzo romanzo della Trilogia di Palermo, vede però come protagonista il commissario Spotorno, un personaggio cupo e grigio che si riflette in una città altrettanto plumbea, molto lontana dalle solite rappresentazioni stereotipate, ma anche dalle atmosfere intense e luminose di Camilleri.
Piergiorgio Di Cara, un poliziotto che romanza le sue esperienze di vita
Saggisti a parte, sono tanti gli scrittori siciliani che negli ultimi 20-30 anni si sono occupati di mafia con taglio da inchiesta romanzata o da docufiction. Mentre il maestro di Porto Empedocle ricorre a un poliziotto, il 55enne Piergiorgio Di Cara è egli stesso un poliziotto che romanza le sue esperienze di vita e di lavoro, per diventare poi un navigato frequentatore del giallo e del thriller, autore di noir corrosivi con personaggi spesso senza speranza. Con lui spesso collabora il giornalista Salvo Palazzolo, classe 1970, che delle opere-inchiesta dedicate a Cosa nostra ha fatto una ragione di vita. A proposito di investigazioni per caso che divengono serie tv, come non segnalare infine i quattro gialli che si dipanano sul tavolo da cucina della famiglia Mangiaracina? La 63enne autrice palermitana Valentina Gebbia è riuscita a farli sbarcare su Amazon Prime Video e ne è diventata regista dopo 22 anni dal debutto in libreria del primo titolo: A qualcuno piace il caldo.
Daniela Gambino mette in scena con ironia alcuni cliché della sicilianità
Lontani da queste traiettorie viaggiano invece quegli scrittori siciliani cui non interessa rileggere il grande portato storico delle vicende isolane, che non si focalizzano sulle trame da detective al sapore di pasta ‘ncasciata e bianco d’Alcamo. Autori che invece percorrono i sentieri di una contemporaneità pop, corrosiva, cruda, sarcastica, disorientante, che al massimo trattano il poliziesco con una vena hard boiled, molto realistica e violenta. E che pure condividono con Camilleri il gusto per l’artificio onirico e spiazzante. Ad esempio Daniela Gambino, nata nel 1969, mette in scena con ironia tagliente alcuni cliché della sicilianità nel suo Bukowski e Babbaluci. Evelina Santangelo, palermitana e figlia degli Anni 60 pure lei, preferisce la distopia noir nel suo Da un altro mondo che racconta l’incomunicabilità e le sofferenze generate dal fenomeno dell’immigrazione.
Vittorio Bongiorno: suggestioni rock e temi legati all’alienazione
Alla soglia dei 50 anni, invece, Vittorio Bongiorno si segnala per la sua capacità di mescolare simboli, miti e tabù della sicilianità con suggestioni rock e temi legati all’alienazione. Così, per esempio, nel suo bel Il bravo figlio l’emancipazione (morale) di un 13enne dal giogo della cultura mafiosa che opprime Palermo non passa attraverso l’ortodossia dei valori della lotta per la legalità che il padre, magistrato, prova ad imporgli, ma dalla lettura delle poesie (manco a dirlo) di Bukowski, un nume tutelare che ricorre.
Francesco Gambaro, morto dopo aver brillato per la sua arte sperimentale e anarcoide
L’elenco potrebbe continuare: dall’intimità delle storie familiari della messinese Nadia Terranova alla passione per il mare (soprattutto quello di Marettimo) di Mario Genco, fino alle acute dissertazioni sulla sicilianità di Matteo Collura o Gaetano Basile. Ma qui val la pena ricordare soprattutto Francesco Gambaro, lo scrittore palermitano morto nel 2019 a 65 anni dopo aver brillato per la sua arte sperimentale e anarcoide. Aveva lavorato all’ufficio stampa della Regione Siciliana e viveva nella campagna di Tusa, Mecca dell’arte contemporanea site specific tra il Tirreno e i Nebrodi. Si era formato alla scuola del mistrettese Gaetano Testa, uno dei fondatori del leggendario Gruppo ’63: un covo di intellettuali marxisti e strutturalisti che aveva tra le proprie fila anche Umberto Eco, Edoardo Sanguineti e Alberto Arbasino. Gambaro era cultore del disorganico, del disallineato, del marginale: da leggere assolutamente Kleenex. Appunti di deontologia letteraria palermitana, scritto a quattro mani con lo stesso Testa. Insomma, Camilleri non c’è più da tre anni. Ma la sua eredità è ben visibile e feconda dentro lo scrigno trasparente della sua Sicilia.
Ulisse Spinnato Vega
 
 

in3minuti, 18.7.2022
Andrea Camilleri - Memorie, di Danilo Verruso, 2^parte di 2
Terzo Anniversario della morte di Andrea Camilleri, ascoltiamo Enzo Alessi, attore e regista, amico dello scrittore empedoclino, 2^parte di 2


 
 

Avvenire, 19.7.2022
Schermaglie
“Secolare” Prezzolini e l'eterno Camilleri

Prezzolini e Camilleri si assomigliano. Sarà per la pelata o forse per la longevità: cento anni il primo (Perugia, 1882 - Lugano, 1982), novantaquattro il secondo (Porto Empedocle, 1925 - Roma, 2019). In ogni caso erano entrambi scrittori, sia pure con storie e peculiarità diverse. Ha fatto comunque bene la Rai a ricordarli in questo fine settimana nell'anniversario della morte: il 14 luglio quella di Giuseppe Prezzolini, il 17 luglio quella di Andrea Camilleri. Rai 2 lo ha fatto nell'ambito di Tg2Dossier proponendo lo speciale Giuseppe Prezzolini, l'anarchico conservatore, firmato dal direttore Gennaro Sangiuliano, sabato in seconda serata. Rai Storia riproponendo una puntata di “Italiani” dedicata ad Andrea Camilleri - Vigàta nel cuore per la regia di Flavia Ruggeri, domenica alle 19. Sui due programmi c'è poco da dire: hanno ripercorso la vita e l'opera dei due scrittori in modo divulgativo, come si addice alla tv, aneddoti compresi, ricordando ad esempio che il secondo nome di Camilleri, Calogero, si deve al fatto che sia venuto al mondo quando sotto casa passava la statua di San Calogero portata in processione per la festa patronale. E lui, da non credente, è sempre rimasto devoto al santo patrono di Porto Empedocle. Ma il nome di Camilleri resta legato in modo indissolubile alla televisione non tanto per averci lavorato come regista formatosi alla scuola di Orazio Costa (l''unico suo maestro riconosciuto), ma per la serie Il Commissario Montalbano ispirata ai suoi romanzi di successo ambientati nell'immaginaria Vigàta e trasmessa da Rai 1, che, grazie anche all'interpretazione di Luca Zingaretti e di altri comprimari (Bocci, Mazzotta…), ha registrato e registra ancora, persino in replica, ascolti da record toccando anche i dieci milioni di telespettatori a puntata.
Andrea Fagioli
 
 

Il Napolista, 19.7.2022
Camilleri: «Preferisco rappresentare la mia Sicilia con le persone più che con i panorami»
«Con le loro facce, i loro caratteri, la loro lingua». Per la Rai il documentario sul grande scrittore scomparso tre anni fa. Da aiuto regista a scrittore

Abbiamo visto su Rai Storia – ma chi vuole ora può recuperarla su Raiplay – la biografia “Italiani: Andrea Camilleri, Vigata nel cuore” della brava regista Flavia Ruggeri, prodotta per il terzo anniversario dalla morte dell’uomo di Porto Empedocle. L’autrice in omaggio alla serie parte proprio dalla nascita del nostro – 6 settembre 1925 – ma con un il criterio cronologico preciso cerca di delineare anche la formazione di Camilleri, aiutandosi con stralci di filmati-intervista anche inediti. “Io preferisco rappresentare la mia Sicilia più che con i panorami interrogando le facce delle persone, i loro caratteri, la loro lingua” – dice il Maestro Camilleri – “io amo la gente”.
Dopo il periodo in Sicilia fino al 1946 Camilleri approda a Roma e deve ringraziare il suo mentore Orazio Costa che prima lo accoglie alla “Silvio D’Amico” e poi ne fa il suo assistente come aiuto regista nei suoi molteplici lavori teatrali. Poi Camilleri viene preso al terzo programma della Radio Rai e inizia la sua attività di costruttore di programmi e di adattamento di opere che poi – delegato alla produzione del secondo canale televisivo – lo porteranno a fare entrare in tv le commedie di Eduardo De Filippo – “nel pieno della sua maturità artistica” – come intellettuale di sinistra nella Rai democristiana. Belli anche gli aneddoti che Camilleri racconta su Beckett e su Gino Cervi per Maigret. Intanto alterna il suo lavoro alla Rai con quello all’Accademia “D’Amico” dove prende il posto del suo maestro riconosciuto – anche nella scrittura – Orazio Costa. Poi l’avventura meravigliosa cominciata a 42 anni con la scrittura: e dopo 10 anni l’avvento del mondo di Vigata che poi diventerà quello di Salvo Montalbano: “non volevo farne una serie, mi serviva un personaggio per abitare la mia Vigata dalle mura non geometriche”. Camilleri diventerà quindi un libero pensatore ed un testimone critico del tempo che abbiamo appena scollinato e con il suo esperimento di ibridazione lingua-dialetto rinvigorirà la struttura della prima con la linfa della seconda. Oggi in Italia non abbiamo più un personaggio di tal fatta.
Vincenzo Aiello
 
 

StrettoWeb, 19.7.2022
Premio Messina Cinema 2022: il programma delle serate del 29 e 30 luglio
Il 29 e 30 luglio torna il Premio Messina Cinema 2022: il programma delle due serate

Si taglia il nastro della IV^ Edizione del Premio Messina Cinema, che nella struttura e genesi, ripercorre fedelmente il copione delle precedenti annate. Quest’anno è dedicato alla memoria di Andrea Camilleri scrittore, sceneggiatore, regista teatrale, drammaturgo e docente universitario italiano, orgoglio della più bella Sicilia, che ci rende bandiere svettanti nel mondo. Si sottolinea che è la prima volta che il focus di un evento, punta i riflettori sul genio di Camilleri. Durante la serata di Gala del 30 Luglio, l’Associazione “Donare è vita” consegna dei riconoscimenti a coloro che si sono distinti per la “Solidarietà nel sociale sul territorio”.
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Mirko Spadaro
 
 

Onda Cero, 19.7.2022
Con Sergio del Molino
De Camilleri a Montalbán: viaje no sólo mediterráneo por nuestros divinos detectives

Con Sergio del Molino charlamos sobre la popularidad del género policiaco. Comenzamos hablando sobre el novelista italiano Andrea Camilleri, que militó contra el fascismo y se mostraba a favor del comunismo. Camilleri fue el creador del conocidísimo comisario Montalbano, que homenajea a otro gran escritor de novela detectivesca: Manuel Vázquez Montalbán. […]

Da Camilleri a Montalbán: un viaggio non solo mediterraneo dei nostri divini investigatori
Con Sergio del Molino abbiamo parlato della popolarità del genere poliziesco. Iniziamo parlando del romanziere italiano Andrea Camilleri, che ha combattuto contro il fascismo ed era a favore del comunismo. Camilleri è stato l'ideatore del noto commissario Montalbano, che rende omaggio a un altro grande scrittore di romanzi polizieschi: Manuel Vázquez Montalbán.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

La Repubblica (ed. di Bologna), 19.7.2022
"Ispettori e brigadieri quanti svarioni in tv Interroghiamo il sospettato"

Prendete due " cattivi" poliziotti: Rocco Schiavone, il vicequestore di Aosta, e Coliandro, l'ispettore bolognese. Se entrambi possono apparire inverosimili membri delle forze dell'ordine, tra i due corre una differenza sostanziale. Il primo, che si fa le canne sul posto di lavoro, non è credibile. Il secondo, per certi versi, ancora più fuori dalle righe, è quanto di più aderente alla realtà poliziesca si sia mai visto in tv, dall'ambiente ai colleghi, dai rapporti con superiori e magistrati. Insomma Carlo Lucarelli batterebbe Antonio Manzini, 1 a 0. Almeno a leggere " Interroghiamo il sospettato" (ed. Laurana), una guida che lo sceneggiatore e autore bolognese Andrea Cotti ha scritto a quattro mani con l'ex poliziotto Carmelo Pecora, per indicare a "scrittori meticolosi e lettori e spettatori curiosi", come recita il sottotitolo, gli strafalcioni da evitare nelle crime story.
[...]
Colleghi che hanno sbagliato?
«Le cito un maestro del genere. Prendiamo Montalbano: a Vigata difficilmente esisterebbe un commissariato, è troppo piccola. [In realtà a Porto Empedocle il Commissariato c'è, NdCFC] Ma sono gialli magnifici, funzionano così. Se però, come capita, facciamo entrare la realtà procedural, bisogna che sia corretta».
[...]
Emanuela Giampaoli
 
 

Gingolph, 19.7.2022
L’allume di rocca e i giornaletti – Don Chisciotte in Sicilia di Roberto Mandracchia – Minimum Fax
Tu pierde ‘o suonno ‘ncoppe giurnalette,
e mámmeta minaccia,
e páteto s’arraggia…
Te fanno girá ‘a capa sti fumette,
guardánnote ‘into specchio,
vuoi fare il toreador!
Come fanno a Santa fé,
come fanno ad “Ollivud”…
e cu ‘sta scusa, oje ni’,
nun studie cchiù…

Quando ero bambino questa canzoncina di Carosone mi furriava sempre in testa. Avevo imparato a leggere in età prescolare (neanche quattro anni) e passavo tantissimo tempo a leggere i giurnalette, i fumette, che rastrellavo dall’edicola della nonna.
Mio padre mi ammoniva con questa canzoncina, prospettandomi lo smarrimento, la confusione tra realtà e disegni, inseguendo questo “vizio”.
Ed invero io vagavo tra Paperopoli e Topolinia, inseguendo il nero Tiramolla, in compagnia di Pippo e Pluto, o Cucciolo, o la sgangherata banda del Gruppo TNT.
Il mio rifugio restava però Zagor (quanto erano belle le tavole a colori?), anche se sospettavo che non avrei potuto mai essere più di Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales, il suo Sancho Panza.
La sorte non ha dato il tempo a mio padre di insegnarmi a radermi.
Il mio apprendimento autodidatta si basò tutto sulle volte che ne osservavo curioso e temebondo l’armeggiare davanti allo specchio.
In queste sedute di studio a ridotta distanza appresi l’uso di una mattonellina che sembrava di ghiaccio (ed invero passandola sulla guancia rasata rinfrescava) che completava la rasatura lasciando la pelle levigata e voluttuosamente odorosa (secondo me un po’ al profumo di limone, comunque, con quella pietra ghiacciata, la mia guancia profumava del ricordo di mio padre).
Questo strumento antico era l’allume di rocca.
Un portento che i miei compagni non conoscevano, una madeleine di rinforzo paterno per affrontare il mondo.
Il primo luglio per Minimum Fax è uscita il nuovo romanzo di Roberto Mandracchia, Don Chisciotte in Sicilia.
Lillo Vasile, un professore di lettere, vedovo ed in pensione, amante ossessivo dei romanzi di Camilleri che vedono protagonista il commissario Montalbano, scivola dentro questa sua ossessione e si immedesima nel commissario, accompagnandosi ad un venditore ambulante straniero, convinto a forza e a soldi, ad essere il suo ispettore Fazio.
Un amico me ne ha consigliato la lettura, proprio in prossimità del terzo anniversario della morte del Maestro Camilleri, che abbiamo onorato abbondantemente in modo inconsueto, ma risultato efficace.
Da questo pretesto prende il via una storia avventurosa, di amicizia, visionaria, incredibile, con colpi di scena, risvolti polizieschi, e soluzioni ardite.
Un tono costante che accarezza il lettore pagina dopo pagina, avventura dopo avventura, e sfondapiedi dopo sfondapiedi, è rappresentato dalla struggente tenerezza dell’autore verso l’illuso vecchietto, confuso tra la mancanza della Livia di Boccadasse e la Benedetta del suo paese, che lo ha preceduto, lasciandolo solo con la perpetua e la nipote delle due domeniche.
Una stessa tenerezza si adagia su Ousmane, l’ambulante, che, per amore della famiglia, per le ricompense che crede di ricavarne, e per un inatteso, inarrestabile, crescente affetto verso il vecchietto che lo ha coinvolto, si finge Fazio e sostiene il vaneggiare del vecchio.
Un microcosmo fatto di pensionati, di badanti, di paesani, di generazioni a confronto, e di forze dell’ordine incredule, si agita intorno alle manie del prof. Vasile.
Senza perdere la lucidità a sua volta, e senza diminuire la tensione narrativa avventurosa e poliziesca, Roberto Mandracchia orchestra i movimenti di scena di questa vicenda, con piglio e rigore da cineasta.
Unico punto fermo per il nostro sedicente Montalbano l’imprescindibile massaggio con l’allume di rocca. Il segno distintivo degli ultimi barlumi di ragione del prof. Vasile, offerta galante alla sua donna lontana, troppo lontana, irraggiungibile.
Dicono che per misurare la grandezza di un autore, occorra misurarne gli effetti diretti ed indiretti sulla storia della letteratura che lo segue.
Se misuriamo da questo piccolo omaggio rispettoso ed affettuoso alla saga di Montalbano del Maestro Camilleri, possiamo già dedurre quanto fecondo sia stato il suo passaggio, e rallegrarcene per le future evoluzioni letterarie.
Un omaggio indiretto alla felicità narrativa del Maestro di Porto Empedocle.
L’autore di questo romanzo è agrigentino, come della provincia di Agrigento era Leonardo Sciascia che alle pagine di Miguel de Cervantes Saavedra si rivolgeva spesso e con somma deferenza (e quanto gli sarebbe piaciuto questo divertissement di ispirazione al personaggio più noto dello scrittore spagnolo).
Sempre della provincia di Agrigento era il Maestro Camilleri, cui è platealmente offerto quest’omaggio filiale.
Come di Agrigento era lo zio del Maestro, il Nobel Luigi Pirandello, che di un altro vaneggiare, supportato e tollerato per denaro, raccontò nell’Enrico IV.
Forse è giunto il momento di pretendere dalla Regione Siciliana una indagine compiuta ed approfondita sul sottosuolo della provincia di Agrigento. Dovrà trovarsi quale materiale, quale gas, quale pietra preziosa, agita le viscere di quella terra ed insinua nelle menti e nelle penne dei suoi figli questa straordinaria capacità di giocare con le parole, con le storie, con la follia, con la tenerezza, con l’umanità.
La verità è che la vita fuori dai libri spesso è dolorosamente noiosa, senza speranza, senza prospettiva, come per il povero professor Lillo Vasile, vedovo, senza figli, senza altri parenti che una perpetua e una distratta avida nipote.
Quando ci si è immersi nella lettura avventurosa di un romanzo, in cui la vita offre spunti e prospettive meravigliose, come si ritorna dentro la propria vita?
Meglio massaggiarsi la guancia rasata con l’allume di rocca, profumarsi di ricordi e speranze, uscire di casa, cercare il proprio Cico, più o meno riluttante, e addentrarsi nella giungla al grido di “Ayaaaak!”, rituffandosi dintra ‘e giurnalette…
 
 

Sellerio Editore, 20.7.2022
'La prima indagine di Montalbano' e 'La voce del violino' di Andrea Camilleri
Disponibili su Storytel due nuovi audiolibri di Montalbano

Su Storytel disponibili due nuovi audiolibri di Montalbano: La prima indagine di Montalbano e La voce del violino. Potrete ascoltare, letti dalla potente voce di Massimo Venturiello, tre storie in cui il commissario più amato d’Italia muove i primi passi e una delle prime avventure della serie in cui Montalbano si troverà ad un bivio importante.
Chiudete gli occhi immergetevi nella Sicilia letteraria di Andrea Camilleri!
Approfittate dell'offerta ancora valida per la community di Sellerio: 30 giorni di ascolto gratis (anziché 14).
Buon ascolto!
 
 

Quotidiano di Sicilia, 20.7.2022
Tre anni fa ci lasciava Andrea Camilleri, reinventò lo storytelling della Sicilia
Lo scrittore che la vecchiaia ha reso cieco ma di certo non incapace di vedere, resta una pietra miliare della narrazione di questa terra.

Tre anni fa se ne andava in silenzio e con la cortesia a cui ci aveva abituato. Lasciando un vuoto incolmabile nei pensieri dei suoi compaesani e nelle librerie di tanti Italiani che non potranno più attendere l’uscita del nuovo romanzo con Montalbano protagonista.
Tre anni fa ci lasciava Andrea Camilleri, a cui questa terra deve tantissimo. Non solo in termini di rilancio turistico, di promozione e valorizzazione, ma come si direbbe oggi, di storytelling. Camilleri, siciliano doc e grandissimo esponente della letteratura italiana, amante del cinema e della buona tavola, sostenitore dei diritti e del senso di giustizia, ha reso noi siciliani decisamente più adulti e più consapevoli delle nostre potenzialità, dei nostri vizi, delle nostre perversioni. Di siciliani, di isolani. Di chi vive in bilico tra la lotta al malaffare, desiderio di rivalsa e condiscendenza.
C’è tutto nei personaggi di Camilleri. Di ieri e di oggi. C’è la Sicilia e la sua lentezza, c’è la sete di riscatto e la mafiosità latente che sembra pervadere tutto e tutti. Ci sono le istituzioni, amiche o nemiche. E c’è l’uomo, le sue debolezze e le sue ricchezze. Anche i sentimenti positivi, l’amore, la felicità, sono raccontati dallo scrittore di Porto Empedocle sempre in chiaroscuro, quasi questo punto di osservazione sia la misura del tutto.
Un’intera parte dell’isola deve tutto o quasi a Camilleri. Punta secca, Scicli, Ragusa Ibla hanno vissuto un nuovo Rinascimento grazie alla sua penna e grazie alla trasposizione cinematografica delle sue opere. Con le quali è anche riuscito a restituire alla Sicilia, non senza ironia, parte della memoria perduta.
Andrea Camilleri ci manca. Il grandissimo scrittore che la vecchiaia ha reso cieco ma di certo non incapace di vedere, resta un’immancabile icona, una pietra miliare della narrazione di questa Terra e della sua storia, di questo Paese, di questa umanità.
Ciao Andrea ci manchi
Melania Tanteri
 
 

La Sicilia, 22.7.2022
Ricordando Camilleri e Montalbano
La raccolta. A tre anni dalla morte dello scrittore, Sellerio manda in stampa sei brevi racconti con protagonista il commissario più famoso della letteratura e delle fiction
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Casimiro Saporita
 
 

Corriere di Ragusa, 22.7.2022
Ritorna il Commissario Montalbano, per ora solo in libreria

Montalbano rivive. Chiuso definitivamente il ciclo della serie televisiva, a meno di clamorosi ed imprevedibili ripensamenti da parte dello stesso Luca Zingaretti Sellerio pubblica una deliziosa raccolta a quasi tre anni dalla morte di Andrea Camilleri, avvenuta il 17 luglio 2019. “La coscienza di Montalbano” si articola su 6 brevi racconti del grande scrittore empedoclino, con protagonista proprio il più famoso commissario della letteratura italiana e delle fiction televisive. Sono racconti già a suo tempo pubblicati ma ora uniti da un filo conduttore. Sono 4 storie, “Notte di Ferragosto”, “Ventiquattrore di ritardo”, “Una cena speciale”, “Le calze della befana”, tutte ambientate in giorni di “festa”, dove ne succedono di tutti i colori, con Montalbano sempre pronto a risolvere le più intrigate situazioni. Seguono poi due racconti, “La finestra sul cortile” ed “Il figlio del sindaco” In “La finestra sul cortile”, Camilleri ha voluto omaggiare, nel titolo, l’omonimo film del 1954 di Alfred Hitchcock, mantenendone l’idea voyeuristica dell’uomo che guarda dalla finestra, ma seguendo la solita originale libertà e fantasia nel descrivere fatti, luoghi, personaggi ed accadimenti che, comunque, in questo caso, riguardano quel quartiere romano, il Prati, dove lo stesso Camilleri ha vissuto per 50 anni. «Il cortile che ho descritto – affermava lo scrittore – è quello che per anni ho visto dalla finestra di casa mia». Ne è testimone l’amato Montalbano, che per una volta viene strappato dalla quiete della sua villetta siciliana di Marinella, tra spiaggia e mare, e catapultato nel caotico mondo capitolino del suo autore. Ne “Il figlio del sindaco” Camilleri invece racconta di un “picciotto”, Sergio Tasca, figlio del “primo cittadino” di Montelusa, «un ex onorevole, segretario regionale del so’ partito, docente universitario, architetto, aviva maniglie unnieghiè, nella maggioranza, nell’opposizione, nelle televisioni, nei giornali, in Vaticano, in America, nei paesi islamici». Il giovane Tasca rientrando in Sicilia da Milano, dove si recava per affari ogni 25 del mese, un giorno trova la fidanzata, con cui conviveva, ammazzata con un taglierino, finendo così nel taccuino degli indagati di Montalbano, che sfoggia la sua fine intuizione e capacità investigativa per sciogliere il caso.
Duccio Gennaro
 
 

Milenio, 22.7.2022
De Stanislaw Lem a Petros Márkaris: qué estamos leyendo esta semana
Libros de la semana. Una selección curada por los editores del suplemento cultural Laberinto.
Ciudad de México

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La secta de los ángeles
Inspirada en un hecho histórico, esta novela pone en marcha el viejo arte judicial de transformar al denunciante en sospechoso de un crimen. Transcurre en 1901, en una región de Sicilia, azotada por una plaga de cólera y donde un humilde abogado denuncia las prácticas delictivas de un grupo de hombres poderosos. La trama atrae por igual a sacerdotes y puritanos, damas piadosas y tartufos, y se mueve entre las sacristías y los ambientes palaciegos. Irreverencia garantizada.
[...]

La setta degli angeli

Ispirato da un evento storico, questo romanzo mette in moto l'antica arte giudiziaria di trasformare il denunciante in un sospettato di un crimine. Si svolge nel 1901, in una regione della Sicilia colpita da una piaga del colera e dove un umile avvocato denuncia le pratiche criminali di un gruppo di uomini potenti. La trama attira sacerdoti e puritani, pie dame e tartufi allo stesso modo, e si muove tra sagrestie e ambientazioni sontuose. Irriverenza garantita.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

Il Libraio, 23.7.2022
Nuovi gialli e noir per l’estate 2022
Una raccolta di racconti con protagonista il commissario Montalbano, il nuovo thriller di Angela Marsons e un paradossale giallo comico di Francesco Recami: tre consigli di lettura per chi ama gialli e noir

Sotto l’ombrellone tante lettrici e lettori amano leggere gialli e noir. Qui di seguito ne consigliamo tre: una raccolta di racconti con protagonista il commissario Montalbano, il nuovo thriller di Angela Marsons e un originale giallo di Francesco Recami.
La coscienza di Montalbano
Autore: Andrea Camilleri, venuto a mancare nel 2019, è stato uno degli autori più amati (non solo in Italia) degli ultimi anni. Scrittore, sceneggiatore, regista teatrale, drammaturgo e docente universitario siciliano, Camilleri ha inserito questa “sicilianità” – a cominciare dal dialetto – in diverse sue opere. Ha pubblicato oltre sessanta volumi tra romanzi storici e civili e romanzi polizieschi. Tra i suoi bestseller più noti, quelli della serie che ha come protagonista il commissario Montalbano, dalla quale è stata tratta la fiction Rai. Le sue opere sono state tradotte in più di trentacinque lingue.
Editore: Sellerio.
Genere: una raccolta di sei racconti scritti in tempi diversi e non inclusi nelle diverse antologie che Camilleri ha pubblicato in vita.
Pagine: 272.
Trama: sei storie, non legate fra loro, ma con lo stesso protagonista: il commissario Montalbano. Tanti i richiami cinematografici: per esempio, il terzo racconto che nel titolo, La finestra sul cortile, riporta al film di Alfred Hitchcock, ma non ne ricalca la trama. I casi (anche umani; non solo delittuosi) che Montalbano si trova a dover sbrogliare offrono alle indagini indizi minimi, di problematica decifrazione, che impongono approcci di cautela o sottili giochi di contropiede.
Consigliato a… chi non resiste al fascino del commissario Montalbano.
Cosa ci è piaciuto di più: l’inconfondibile intelligenza analitica del protagonista.
[...]
 
 

Sette - Corriere della Sera, 22.7.2022
Le nostre scelte
Veri (e finti) Montalbano e un imperdibile William...
Doppio omaggio alla Sicilia, un manualetto sull'importanza delle gaffe, la cartolina che racconta una saga familiare da Auschwitz a Parigi, la vita opprimente di due sorelle. Poi i grandi autori — Malamud, Roth, Salinger, Mailer — fusi da Updike in un unico protagonista. Dodici titoli da leggere in estate

[...]
9
LA COSCIENZA DI MONTALBANO
ANDREA CAMILLERI
(SELLERIO PAGINE 272, EURO 14)
Non è veramente estate se sotto l'ombrellone non c'è un nuovo Montalbano. Dopo la scomparsa, nel 2017, del suo creatore, del commissario di Vigàta non ci saranno altre avventure, meglio centellinare questi racconti non inediti ma rari, che riescono, come sempre, a sorprendere.
10
DON CHISCIOTTE IN SICILIA
ROBERTO MANDRACCHIA
(MINIMUM FAX PAGINE 218, EURO 161
Un professore in pensione, Lillo Vasile, grande consumatore di gialli, si convince di essere il commissario Montalbano. La cameriera diventa una sospetta da osservare sotto copertura e quando non trova alcuna prova di colpevolezza si mette a suonare ai citofoni chiedendo se per caso c'è stato un taglieggiamento, un accoltellamento fugace o almeno un rapimento con richiesta di riscatto. Con il fedele Fazio (che in realtà è un ambulante africano) Vasile-Montalbano i casi se li va a cercare a bordo di una lapa. L'omaggio metanarrativo a Camilleri si trasforma in inno alla libertà.
[...]
Cristina Taglietti
 
 

iO Donna, 24.7.2022
Letture sotto al sole
Libri gialli da ascoltare: 3 audiolibri per l’estate
I libri gialli da ascoltare sono in testa alle classifiche degli audiolibri. Che si tratti di psico o legal thriller, polizieschi o storie di spionaggio l'adrenalina che generano fa restare con l'orecchio incollato all'altoparlante. Tre per iniziare

[...]
Da Vigata a noi
La prima indagine di Montalbano
di Andrea Camilleri
Durata: 9 ore e 45 minuti
Letto da: Massimo Venturiello
Storytel
Montalbano, libri gialli da ascoltare che non stancano mai.
La storia. sono tre le indagini raccolte in questa proposta, che rispecchia quella del titolo cartaceo. Sono caratterizzate da un che di enigmatico, di sfuggente, ma anche di molto sordido e violento, che solo il procedere razionale di Montalbano riesca a sbrigliare. La prima indagine, naturalmente, è una sorta di prequel che Camilleri foggiò negli stessi mesi in cui, nel 2004 dava forma al titolo finale della saga, Riccardino.
Di Montalbano ce ne è uno
Ma i modi per entrare nel suo mondo non finiscono mai. Dopo i libri e la serie Tv, si può ricominciare da capo con gli audiolibri.
il plus? Massimo Venturiello, attore (anche in Distretto di polizia) regista compagno di Tosca e doppiatore (anche in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban) è la voce guida di tutti i titoli della serie già usciti per Storytel
Luisa Brambilla
 
 

Polityka, 26.7.2022
Recenzja książki: Andrea Camilleri „Głosy nocy”
Komisarz poza prawem
Camilleri w jednym z wywiadów opowiedział o swoim systemie pisania: książka powinna mieć 18 rozdziałów, a każdy z nich – 10 stron. Nie inaczej jest tutaj.

Autor cyklu kryminałów sycylijskich o komisarzu Montalbano nie żyje już od trzech lat, ale wciąż ukazują się polskie przekłady jego nietłumaczonych powieści (pozostało ich jeszcze z 10). I to właśnie jedna z nich. Wydano ją w 2012 r., ale powstała cztery lata wcześniej – jak można wywnioskować z faktu, że rzecz dzieje się w 58. urodziny bohatera, a kiedyś już była mowa, że w 1968 r. miał 18 lat. Camilleri w jednym z wywiadów opowiedział o swoim systemie pisania: książka powinna mieć 18 rozdziałów, a każdy z nich – 10 stron. Nie inaczej jest tutaj.
Andrea Camilleri, Głosy nocy, przeł. Monika Woźniak, Noir sur Blanc, Warszawa 2022, s. 215
Dorota Szwarcman

Recensione libro: Andrea Camilleri "Una voce di notte"
Commissario fuori legge
In un’intervista Camilleri ha parlato del suo sistema di scrittura: un libro dovrebbe avere 18 capitoli, ciascuno di 10 pagine. Non è diverso qui.

L'autore della serie poliziesca siciliana sul commissario Montalbano è morto da tre anni, ma le traduzioni polacche dei suoi romanzi non tradotti sono ancora in corso di pubblicazione (ne restano ancora 10). Questo è uno di loro. È stato pubblicato nel 2012, ma è stato creato quattro anni prima - come si può dedurre dal fatto che la storia si svolge nel giorno del 58° compleanno dell'eroe, e si è già detto che nel 1968 aveva 18 anni. In un’intervista Camilleri ha parlato del suo sistema di scrittura: un libro dovrebbe avere 18 capitoli, ciascuno di 10 pagine. Non è diverso qui.
Andrea Camilleri, Una voci di notte, trad. Monika Woźniak, Noir sur Blanc, Varsavia 2022, p. 215
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

el plural, 26.7.2022
Opinión
¿Un caso para Montalbano?: una Ofrenda Real entre la estulticia y la indignidad
Además de otras iniciativas de memoria histórica, es fundamental eliminar los comportamientos nacional-católicos de las autoridades actuales, empezando por el Rey

El agente Catarella se sorprendió al saber que el rey de España, Felipe VI, acababa de batir un récord al hacer personalmente en persona la “Ofrenda Nacional al Apóstol Santiago” por tercer año consecutivo (y, por segundo año, la familia real al completo); sobre todo, al escucharlo decir “además del agradecimiento al Apóstol por su protección, le pedimos ayuda para que nuestro país dé los pasos correctos en esta etapa del camino…”.
Tras tropezarse ruidosamente con la puerta, dijo:
— ¡Señor comisario, que el rey Felipe de España le ha pedido que haga cosas a un muerto muy fallecido hace dos mil años! ¡Creo que ha batido un récord de estatuicia!
—¡Estulticia, Catarella, estulticia! —replicó el comisario Montalbano, añadiendo despistado “bueno, todos hacemos tonterías en nuestras casas”.
Salvo Montalbano, experto en olfatear anomalías, se topó con una gorda al saber que el Rey no hacía esas “tonterías” en privado, sino al más alto nivel representativo posible, en nombre de todos los españoles. Si le interesara el asunto, podría descubrir todas las conexiones entre la estatuicia y la indignidad, de modo que lo informamos.
—Salvo, resulta que, según la Constitución española, “El Rey es el Jefe del Estado, símbolo de su unidad y permanencia”. Felipe VI, después de saludar más tieso que un garrote a todas las autoridades civiles y militares, fue y dobló la cerviz (y todo el espinazo) ante el arzobispo de Santiago. Suele hacer lo mismo ante cualquier obispo, cardenal o papa, es decir, ante los siervos y el Jefe de la Santa Sede, un Estado antidemocrático y violador de derechos humanos, en especial de las mujeres. Salvo, este símbolo de servilismo, de sumisión ¿no es una ofensa del Jefe del Estado al Estado, y a toda la ciudadanía española? ¿No hay un poquito de falta de vergüenza democrática?
—¡Mamma mía, ¿lo tengo que decir yo?, pues claro que sí! Bueno, sigue.
—Que, además, el Rey como tal presida una misa (el acto litúrgico en el que realizó la ofrenda), contraviene flagrantemente la aconfesionalidad del Estado. Estas acciones —reincidentes, por otra parte— del Jefe del Estado, son, hablando de récords lamentables, difíciles de superar en indignidad, por lo que merecen el mayor de los rechazos, cualesquiera que sean nuestras creencias y convicciones, ¿no te parece? Se trata de actitudes no sólo inasumibles en una democracia, sino, lo que es especialmente doloroso, dada la historia reciente de España, es que son más propias del nacional-catolicismo franquista, un ‘movimiento’ criminal que intentamos superar, en parte, con las iniciativas de “memoria histórica”, sean más o menos acertadas en los detalles. Entre éstas tenemos las de eliminación de nombres del pasado franquista de las calles, pero es fundamental eliminar los comportamientos nacional-católicos de las autoridades actuales, empezando por el Rey.
—¿Ha hecho el Rey otras cosas por el estilo?
—Ay, Salvo, pues sí; Felipe VI no deja de tener actitudes confesionales. Además de la de hacer el Locomotoro —le enseño unas fotos del inclinadísimo chiripitifláutico de los años 60 y Salvo se ríe— ante los obispos, una costumbre heredada de su padre, está lo de las ofrendas, y otras participaciones en misas, procesiones,… Y, para rematar, este Rey católico ha cogido un afán desmedido por ser Hermano Mayor de cofradías (según las malas lenguas, lo de no ser hermano mayor en su familia, accediendo al trono por mor de su pito, le debe de haber dejado un trauma). Hace poco ha llegado a aceptar ser nombrado no ya Hermano, sino “Esclavo Mayor de la Cofradía del Santísimo Cristo de El Caloco de El Espinar”. Que el ciudadano Felipe acceda a algo así no nos incumbe, pero que el Jefe del Estado español, Felipe VI, se proclame como “Esclavo” de una hermandad ¿no resulta un poquito denigrante para el Estado, Salvo?
—Sí. No puedo entender esa esclavitud, incluso como simbólica es porca miseria. Yo sólo soy “esclavo” de Livia, a ratitos, cuando se pone… Ejem… sigue.
—Un asunto añadido es el de la ejemplaridad del Rey. Cuesta más convencer a las autoridades civiles y militares de que tengan un comportamiento aconfesional, respetuoso con toda la ciudadanía, cuando el mismísimo Rey da tan mal ejemplo. En la propia Ofrenda al Apóstol ha habido una nutrida representación de altos cargos civiles y militares (luego te mencionaré a algunos). Y cuesta más acabar con las inicuas prerrogativas (económicas, educativas, y otras) de la Iglesia católica en España, cuando la máxima autoridad del Estado la privilegia hasta el extremo de humillarse (y humillarnos) ante ella.
—Pero bueno, ¡¿es que nadie dice nada?, ¿y el Gobierno?!
—Buena pregunta. Dice la Constitución que “La persona del Rey es inviolable y no está sujeta a responsabilidad”. Y que “Los actos del Rey serán refrendados por el Presidente del Gobierno y, en su caso, por los Ministros competentes”. Por lo que resulta que el “Gobierno más progresista” de nuestra historia refrenda esta afrenta al Estado del Jefe del Estado; no sólo eso, sino que la apoya con la presencia en persona personalmente de dos vicepresidentas, Nadia Calviño y Yolanda Diaz (que, qué curioso, tampoco faltó el año pasado). Especialmente a la última, como figura del ala más izquierdista del Gobierno, no cabría esperarla en una escenificación de la rancia y deplorable conchabanza entre el trono y el altar.
—¡Ay, qué me vas a contar de conchabanzas! Pero cuidado, pues otras equivalentes pueden seguir hasta sin trono. El caso me interesa, pero no es de mi competencia geográfica, y necesitaría algún muerto actual (no ese apóstol) para intervenir. Aquí lo que veo muerto, asesinado diría yo, es el respeto a la inteligencia, la ciudadanía y la dignidad.
Finalmente, Montalbano apuntó, recordando La paciencia de la araña de su padre literario Andrea Camilleri:
—El verdadero problema no es cómo han matado ese respeto, sino el porqué. Pues el quiénes lo tenemos a la vista, aunque no estén todos los que son. ¡Catarella, dejemos a estos amigos con sus cosas y andiamo con la nostra, que conocemos mejor, aunque no sé si es o no peor!
Juan Antonio Aguilera Mochón es profesor de la Universidad de Granada y miembro de la Junta directiva de Europa Laica.

Un caso per Montalbano?: un'offerta reale tra stupidità e oltraggio
Oltre ad altre iniziative di memoria storica, è fondamentale eliminare i comportamenti nazional-cattolici delle attuali autorità, a cominciare dal Re

L'agente Catarella è stato sorpreso nell'apprendere che il re di Spagna, Felipe VI, aveva appena battuto un record facendo personalmente l'"Offerta Nazionale all'Apostolo San Giacomo" per il terzo anno consecutivo (e, per il secondo anno, l'intera famiglia reale); soprattutto, sentendolo dire «oltre a ringraziare l'Apostolo per la sua protezione, gli chiediamo aiuto perché il nostro Paese faccia i passi corretti in questa tappa del cammino...».
Inciampando rumorosamente contro la porta, disse:
- Signor Commissario, quel re Felipe di Spagna le ha chiesto di fare delle cose a un morto morto duemila anni fa! Penso che abbia battuto un record statuario!
"Follia, Catarella, stoltezza!" Il commissario Montalbano ha replicato aggiungendo distrattamente “beh, tutti facciamo cose stupide nelle nostre case”.
Fatta eccezione per Montalbano, esperto nel fiutare anomalie, si imbatté in una donna grassa quando venne a sapere che il re non stava facendo simili "sciocchezze" in privato, ma al massimo livello rappresentativo possibile, a nome di tutti gli spagnoli. Se foste interessati alla questione, potreste scoprire tutte le connessioni tra statura e umiliazione, quindi l'abbiamo segnalato.
— Solo che risulta che, secondo la Costituzione spagnola, "Il Re è il Capo dello Stato, simbolo della sua unità e della sua permanenza". Felipe VI, dopo aver salutato tutte le autorità civili e militari più rigido di una mazza, andò ad inchinare il collo (e tutta la spina dorsale) davanti all'arcivescovo di Santiago. Di solito fa lo stesso davanti a qualsiasi vescovo, cardinale o papa, cioè davanti ai servitori e al Capo della Santa Sede, uno Stato antidemocratico che viola i diritti umani, in particolare i diritti delle donne. Solo che questo simbolo di servilismo, di sottomissione, non è un'offesa del Capo dello Stato allo Stato, e a tutti i cittadini spagnoli? Non c'è un po' di mancanza di vergogna democratica?
"Mamma mia, devo dirlo? Certo che lo faccio!" Bene, vai avanti.
— Che, inoltre, il Re in quanto tale presiede una messa (l'atto liturgico con cui ha fatto l'offerta), contravviene palesemente alla natura aconfessionale dello Stato. Queste azioni —recidive, d'altra parte— del Capo dello Stato, sono, parlando di disgraziati primati, difficili da superare nell'oltraggio, per le quali meritano il massimo rigetto, qualunque siano le nostre convinzioni e convinzioni, non credi? Sono atteggiamenti che non solo sono inaccettabili in una democrazia, ma ciò che è particolarmente doloroso, data la storia recente della Spagna, è che sono più tipici del nazional-cattolicesimo franchista, un 'movimento' criminale che stiamo cercando di superare, in parte, con iniziative di “memoria storica”, hanno più o meno successo nei dettagli. Tra questi abbiamo l'eliminazione dalle strade dei nomi del passato franchista, ma è fondamentale eliminare il comportamento nazional-cattolico delle attuali autorità, a cominciare dal Re.
"Il re ha fatto altre cose del genere?"
—Oh, Salvo, beh sì; Felipe VI non smette di avere atteggiamenti confessionali. Oltre a fare la Locomotiva —gli mostro alcune foto del molto incline chiripitifláutico degli anni '60 e Salvo ride— davanti ai vescovi, un'usanza ereditata dal padre, ci sono le offerte, e altre partecipazioni a messe, processioni,... E , per finire, questo Re cattolico ha assunto un desiderio eccessivo di essere il Grande Fratello delle confraternite (secondo i pettegolezzi, non essere il fratello maggiore della sua famiglia, salire al trono per amore del suo cazzo, deve averlo lasciato un trauma). Recentemente ha accettato di essere nominato non Fratello, ma "Schiavo maggiore della Confraternita del Santo Cristo di El Caloco de El Espinar". Che il cittadino Felipe accetti una cosa del genere non sono affari nostri, ma che il Capo dello Stato spagnolo, Felipe VI, si proclami "Schiavo" di una confraternita, non è un po' umiliante per lo Stato, Salvo?
-Sì. Non riesco a capire che la schiavitù, anche se simbolica, è dovuta alla miseria. Sono solo uno “schiavo” di Livia, per un po', quando lei arriva... Ehm... continua.
— Un'altra questione è quella dell'esemplarità del Re. È più difficile convincere le autorità civili e militari a comportarsi in modo aconfessionale, rispettoso di tutti i cittadini, quando lo stesso Re dà un così cattivo esempio. Nella stessa Offerta all'Apostolo c'è stata un'ampia rappresentanza di alti funzionari civili e militari (più avanti ne citerò alcuni). E costa di più porre fine alle inique prerogative (economiche, educative, e altre) della Chiesa cattolica in Spagna, quando la massima autorità dello Stato la privilegia fino a umiliarsi (e umiliarci) dinanzi a essa.
—Ma ehi, è che nessuno dice niente? E il governo?!
-Buona domanda. La Costituzione dice che “La persona del Re è inviolabile e non soggetta a responsabilità”. E che "Gli atti del Re saranno approvati dal Presidente del Governo e, se del caso, dai ministri competenti". Si scopre così che il "governo più progressista" della nostra storia avalla questo affronto allo Stato del Capo dello Stato; non solo, ma lo sostiene con la presenza in persona di due vicepresidenti, Nadia Calviño e Yolanda Diaz (che, curiosamente, era presente anche l'anno scorso). Soprattutto l'ultima, in quanto figura dell'ala più sinistra del Governo, non ci si poteva aspettare in una messa in scena della rancida e deplorevole collusione tra il trono e l'altare.
—Oh, cosa mi dici delle conchabanzas! Ma attenzione, perché altri equivalenti possono continuare anche senza trono. Il caso mi interessa, ma non è di mia competenza geografica, e avrei bisogno che qualcuno attualmente morto (non quell'apostolo) intervenisse. Qui quello che vedo morto, assassinato direi, è il rispetto dell'intelligenza, della cittadinanza e della dignità.
Infine Montalbano ha preso atto, ricordando La pazienza del ragno del padre letterato Andrea Camilleri:
— Il vero problema non è come hanno ucciso quel rispetto, ma perché. Bene, quello che abbiamo in vista, anche se non tutti quelli che lo sono. Catarella, lasciamo questi amici con le loro cose e andiamo con noi, che conosciamo meglio, anche se non so se è peggio o no!
Juan Antonio Aguilera Mochón è professore all'Università di Granada e membro del Consiglio di amministrazione di Europa Laica.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.7.2022
L’uomo che si credeva Montalbano un Don Chisciotte alla siciliana

Il sogno è a volte migliore della realtà e rifugiarsi in esso, in qualche caso, salva la vita. In altri la rende più complicata ma forse anche più affascinante.
È quello che succede a Lillo Vasile, professore in pensione e vedovo settantottenne, protagonista del nuovo romanzo dell'agrigentino Roberto Mandracchia, Don Chisciotte in Sicilia, uscito con Minimum Fax.
Mandracchia, che già con Vita, morte e miracoli (edito da Baldini & Castoldi nel 2014) aveva dimostrato una predilezione per le atmosfere a metà tra il noir e l'onirico velate di ironia, propone un romanzo originale e maturo, divertente e sorretto da una notevole ricerca linguistica.
Il protagonista, Vasile, che trascorre le giornate chiuso in casa, nutre un'insana passione per i gialli e in particolare per la serie del commissario Montalbano così come Don Chisciotte per le avventure cavalleresche. Tutto andrebbe avanti senza scossoni nella sua routine, rotta soltanto dalle rade visite di una nipote distratta e dalle attenzioni della domestica, se un giorno, costretto a uscire dagli amici (anziani come lui), non assistesse alla posa di una targa che indica il nome di Vigàta proprio sotto quello del paesino della Sicilia in cui lui vive.
La trovata turistica del sindaco, però, cambia la vita dell'uomo. Colpito da una fascinazione onirica, proprio come per il cavaliere spagnolo di Cervantes, il mondo dei libri e quello della realtà entrano in collisione e Vasile pensa di essere Salvo Montalbano.
Novello Don Chisciotte, intercetta in Ousmane (immigrato africano che gira per i litorali isolani a bordo di una "lapa" carica di salvagenti, racchettoni e materassini gonfiabili) il suo Sancho Panza e, vedendo in lui il fido Fazio, lo coinvolge in una serie rutilante di avventure in cui, ad andar bene, rischiano la pelle.
La storia, narrata in flashback dallo stesso Ousmane, inizia con il presunto furto di una busta piena di denaro ai danni della signora Gangarossa ma si alimenta della profonda conoscenza della letteratura europea da parte dell'autore. Infatti, se la vicenda ricalca le avventure dell'antieroe della Mancia — con tanto di duello contro i mulini a vento che, in questo caso, sono le pale eoliche delle campagne siciliane — sul piano letterario, Mandracchia intesse una rete godibilissima di rimandi e citazioni, soprattutto alla produzione di Andrea Camilleri, ovviamente.
Uno dei punti di forza del romanzo è costituito poi dal gioco linguistico. L'impeccabile professor Vasile, infatti, nel momento in cui " diventa" Montalbano usa la lingua creata da Camilleri in maniera mimetica e il fedele Ousmane, che parla un ottimo italiano, adopera un ridicolo idioma degno della Mami di Via col vento solo perché è in quel modo che gli italiani si aspettano che parli un ambulante nero.
Nella sua follia, Vasile incontra gli amici e li scambia per Augello, Galluzzo e Catarella, diventa un'ottima forchetta, nuota nudo e ha nostalgia di Livia. Ousmane un po' gli crede e un po' no ma non riesce a non stargli accanto, tra un guaio e l'altro, perché, alla fine, prova tenerezza per lui. Il romanzo offre anche uno punto di vista sulle diversità e sulla difficoltà ad accoglierle: la vecchiaia, così come la condizione di immigrato, sembrano provocare spesso sospetto o imbarazzo in una società in cui il modello inarrivabile è attestato su una presunta normalità estetizzata dai social. La realtà quotidiana è invece quella della solitudine di chi ha attraversato il secolo scorso ed è rimasto solo nelle mani di una badante più o meno amorevole, e di chi, come ripete sempre Ousmane riferendosi a se stesso, ha «moglie e cinque figli e sempre bisogno di soldi per loro».
Mandracchia inserisce tra le righe del romanzo una garbata ma ferma accusa nei confronti della malapolitica e di una società distratta in cui è possibile che un vecchio possa sentirsi tanto solo da doversi rifugiare nella fantasticheria. Nell'assolato paesaggio siciliano, tra provocazione e divertissement, Don Chisciotte in Sicilia mette a nudo la società, mostrando come sia possibile sfatare qualche luogo comune semplicemente indossando una maschera.
Emanuela E. Abbadessa
 
 

Ragusa Oggi, 27.7.2022
Libri d’aMare: venerdì 29 luglio c’è Totò Cascio, l’attore di Nuovo Cinema Paradiso

“L’azzardo” è riuscito, riportare Peppino Mazzotta a Punta Secca, dopo 3 anni dalla fine delle riprese dell’ultimo episodio del Commissario Montalbano, ha suscitato affetto e curiosità. La curiosità di ascoltare l’attore calabrese con Igor Esposito, drammaturgo napoletano, insieme, sul palco di Libri d’aMare da coautori de “L’azzardo”, romanzo pubblicato da Rizzoli.
L’affetto per la serie tv che ha reso nota Punta Secca, sospesa in un limbo colmo di attesa per gli appassionati che, per parola di Peppino Mazzotta “possono sperare nell’intenzione di chiudere con un ultimo episodio anche se diverse mancanze fondamentali (regista, sceneggiatore e lo stesso Andrea Camilleri) e il tempo che passa, rischiano di far propendere per un nulla di fatto”.
[…]
 
 

SicilyMag, 29.7.2022
Camilleri e la chiusura del cerchio di Rocco Mortelliti: «Forse ho voglia di raccontare ancora Andrea attraverso i suoi romanzi»
SICILIANS Il regista laziale, artista ed intellettuale che spazia dal teatro al cinema, sabato 30 luglio al Premio Messina Cinema ritirerà un premio per sé alla carriera ed uno alla memoria a Andrea Camilleri, negli anni suo maestro, poi amico ed anche suocero e nonno delle sue figlie: «In Accademia sperimentava su di noi nuovi modi di 'raccontare'. Quando penso ad Andrea penso ad un uomo curioso che ha guardato la vita senza paraocchi, era interessato a tutto»

«Sono tre anni che Andrea ci ha lasciati. E’ uscito di scena per recitare il suo ultimo spettacolo ad una platea molto particolare: gli dei dell’Olimpo. Ha, in verità, voluto chiudere il cerchio con una vicenda biblica “Autodifesa di Caino” da lui scritta e messa in scena. Ha voluto chiudere narrando il primo fratricidio della storia dell’uomo, unendo il mito, il sacro,la letteratura, l’uomo appunto. Avrebbe dovuto debuttare al teatro di Caracalla. Lo immagino fra gli dei a raccontare storie di questa terra, quello che sempre ha fatto durante tutta la sua vita, come in un eterno “cunto” siciliano. In questi tre anni ho tenuto i ricordi per me, le persone care come mio padre, sono dentro di me e così Andrea. Non ho partecipato ad alcuna manifestazione pubblica che lo riguardasse».
Il regista Rocco Mortelliti, artista ed intellettuale che spazia dal teatro al cinema, inizia così a raccontare il suo maestro ed amico Andrea Camilleri. Camilleri non è stato solo l’inventore del celebre commissario Salvo Montalvano, l’autore di raffinati romanzi storici, il creatore di libri che hanno spaziato dal genere giallo a quello fantastico, dalla saggistica alle biografie di personaggi, ma anche un uomo di teatro e di televisione, un professore all’Accademia Nazionale di Arte drammatica. In questa ampia conversazione Mortelliti racconta e si racconta, parla delle sue opere da regista teatrale e cinematografico. Mortelliti, che ha portato sul grande schermo un romanzo storico di Camilleri, parla di cultura e dimensione umana. Dalla sua memoria riaffiorano pensiero ed emozioni che condensano ricordi del “maestro”.
Come nacque il suo dialogo con Andrea Camilleri? Come era da “professore”?
«Andrea Camilleri era in commissione di ammissione all’Accademia nazionale d’Arte drammatica ‘Silvio D’Amico‘. Erano anni di contestazione, tra il 1977 e il 78. Durante questo turbolento periodo, Andrea , che era l’insegnante di regia, decise di tenere un laboratorio di drammaturgia con gli allievi del primo anno. Cominciò così un forte rapporto con lui denso di emozioni. Dovevamo essere autori di noi stessi attraverso la creatività e lo strumento ‘voce – corpo‘. Dovevamo costruire micro storie – improvvisando – compiendo un percorso circolare. Inizialmente la cosa per molti sembrava facile, ma era invece molto complicata, all’interno del percorso, bisognava sviluppare una storia che avesse un inizio uno svolgimento e una fine, per chiudere il “cerchio”. Mi appassionai moltissimo a questo stimolante metodo, perché ti permetteva ogni volta di sperimentare sempre nuove situazioni senza quasi rendersi conto di ciò che si riusciva a ottenere, a volte il risultato sorprendeva persino noi. Era quello che Andrea voleva ottenere: riuscire a raccontare storie con linguaggi diversi. Mi resi subito conto che lo stesso Andrea stava sperimentando su di noi e su se stesso nuovi modi di ‘raccontare’».
Vi è un altro aneddoto curioso che vuole svelare ai lettori?
«Una volta, durante una prova, un attore declamò una battuta del testo teatrale secondo canoni stabiliti, Andrea lo fermò subito mettendo in discussione il tono di quella battuta: “Oppure?” esclamò Andrea. L’attore ripeté la battuta con tono diverso, Andrea lo fermò nuovamente: “Oppure?”. A farla breve gli chiese una quantità di “oppure” che mandò in crisi l’attore. Ma era semplicemente un modo per farci capire le possibilità di interpretazione che suggeriva quella specifica battuta».
Dal rapporto maestro-allievo alla dimensione della parentela…
«Ricordo quel periodo con Andrea molto costruttivo. Le nostre storie ce le siamo continuate a raccontare tutti i giorni a casa, è diventato il nonno delle mie figlie, e ogni volta venivano descritte con la figura del “cerchio”».
Può approfondire il passaggio sul “cerchio”?
«In un romanzo Andrea decide di non chiudere il “cerchio”, lascia un finale aperto come per dire al lettore “Ognuno se lo chiuda come preferisce”. Il romanzo è “La scomparsa di Patò”».
Lei è il primo regista in Italia e nel mondo ad aver transcodificato sul piano cinematografico un romanzo storico di Andrea Camilleri. Con il film “La scomparsa di Patò”, tratto dall’omonimo libro, ha portato Camilleri sul grande schermo ed ha avuto molti riconoscimenti in Italia ed all’estero, ed ha fatto conoscere altri aspetti della dimensione culturale camilleriana.
«Andrea Camilleri era sempre in continua sperimentazione. Andrea dipana la storia de “La scomparsa di Patò” solo attraverso articoli di giornali, dispacci e rapporti di polizia e carabinieri. Mi chese di farne un film. Nel romanzo non c’è alcuna descrizione né di personaggi né di ambienti, riuscii facilmente a descrivere ogni singolo personaggio e a caratterizzare tutti gli ambienti, siamo a fine Ottocento, alcuni luoghi della Sicilia sono ancora ben conservati. Andrea mi diede una grossa responsabilità, era il primo film per il cinema che veniva realizzato da un suo romanzo. Il romanzo ha un finale aperto, nella mia sceneggiatura lascio lo stesso finale. Sentivo però dentro di me che volevo chiuderlo, sicuramente come ogni lettore ha fatto, io volevo chiuderlo nel film, stabilire come erano effettivamente andate le cose e che le indagini del carabiniere e del poliziotto erano giuste. Senza dire niente a nessuno, durante le riprese, convoco gli attori coinvolti e giro il finale che avevo in testa, avevo la possibilità così di chiudere il “cerchio”, non sapevo ancora se avrei montato quella scena. Dopo mille dubbi tra me e la produzione e la dirigente Rai, decisi di montarla, vedevo ormai il mio film con quel finale. Appena feci vedere il film ad Andrea mi disse: “Hai chiuso il cerchio”. Ad alcuni personaggi del film, laddove Andrea li faceva parlare ho lasciato le frasi originali del libro, quando il poliziotto e il carabiniere interrogano un probabile assassino di Patò, un contadino più vicino alla bestia che all’uomo, il villico per dimostrare il suo alibi dice testuali parole : ‘Iu lo vuliva ammazzari a Giuda, ma odori di fimminia mi deviò’. Nel romanzo Andrea liquida la testimonianza della “buttana” con una semplice frase, ‘la buttana confermò’. Esposi ad Andrea la mia idea, avrei voluto vedere quella buttana, volevo sentirla parlare, anche una sola frase, chi poteva andare con una bestia del genere! Mi rispose: “Fallo e falla vedere pure a me”. E’ diventata una scena cult del film, Andrea fu entusiasta del personaggio».
Può raccontarci sinteticamente l’esperienza de “La Strategia della maschera”?
«Ci sono troppi ricordi dentro la mia memoria, ci vorrebbero settimane per raccontare. Quando penso ad Andrea penso ad un uomo curioso che ha guardato la vita senza paraocchi, era interessato a tutto, infatti era un uomo coltissimo. Volle provare anche la recitazione, recitò con alcuni registi per la televisione, con me fece un archeologo nel film ‘La strategia della maschera’, il film nacque sempre con una chiacchierata. Volevo raccontare la storia, forse un rapporto tra nonno e nipote, mi è mancata la figura del nonno. Inizialmente lo chiesi a Marcel Marceau, ci incontrammo, purtroppo i suoi impegni di lavoro non coincidevano con le riprese del film. Mi venne naturale chiederlo ad Andrea, senza neanche pensarci mi disse di si».
Può dirsi che già nella sua attività teatrale e da dirigente Rai Camilleri era un intellettuale poliedrico ed eclettico?
«Andrea amava sperimentare, far convivere anche generi diversi. Una volta lo aiutai a realizzare alcuni video che gli servivano per un spettacolo teatrale: “Pena di vivere così” mi pare fosse questo il titolo, si trattava di alcune novelle di Pirandello, Andrea volle avere più contaminazioni in quello spettacolo teatrale. Anche come dirigente Rai e regista era innovativo, oltre a occuparsi del teatro su Rai Due, da Fo a De Filippo, fu il primo a portare in Italia il grande drammaturgo irlandese Samuel Beckett. Andrea mise in scena “Finale di partita” con Renato Rascel e Adolfo Celi, guarda caso realizzò una scenografia circolare, la fece costruire dal suo grande amico scultore Angelo Canevari, era ancora una tv in bianco e nero, lo spettacolo televisivo era molto suggestivo. So che Beckett ringraziò Andrea per quella messa in scena».
Per Camilleri il teatro era cultura e filosofia esistenziale, dimensione ampia e multidisciplinare. Ed era un grande lettore. Può narrare una delle varie letture originali che le consigliò?
«Una volta Andrea mi disse di recarmi alla biblioteca Nazionale di Roma e cercare un autore che poteva interessarmi, un certo Charles Cros. “E chi è?” chiesi. Andrea rispose: “Tu cercalo, fotocopia il testo e leggilo”. Così feci. Mi resi conto che nessun teatrante conosceva Cros: ma dove diavolo lo aveva letto, quando, perché? Neanche glielo chiesi ad Andrea, rimasi folgorato dai monologhi di questo autore surreale. “Mettilo in scena” mi disse Andrea. Vi racconto brevemente la trama. Un uomo rincasando a casa batte la testa. La mattina si sveglia e si trova con la testa girata, quindi non riesce ad andare nella direzione che desidera, il corpo va sempre dalla parte opposta. Ci impiegherà anni a raggiungere il suo ufficio di impiegato, farà semplicemente il giro del mondo, giungerà vecchio e stanco in un luogo che ormai non esiste più, il mondo è cambiato e molti fabbricati sono stati sostituiti da altri. Anche qui Andrea mi propone un messa in scena circolare, mi ricordò subito il nostro laboratorio in accademia. Confesso che feci molta fatica a metterlo in scena nonostante la mia abilità di mimo, non vi sto a spiegare che tecnica usai per girare la testa dalla parte opposta, feci una serie di piazze con quello spettacolo. Insomma Andrea è stato sempre vicino alle mie imprese teatrali, quando vinsi il premio IDI – esisteva un premio sul testo teatrale – il testo “Soltanto un naso rosso” fu pubblicato dalla rivista “Il Sipario”. Andrea volle farmi la prefazione, la intitolò “Un poeta che non fa poesia”».
Dal cinema al teatro ed alla musica, dall’originale storia del pappagallo “Pimpigallo” al cunto musicale “Maruzza Musumeci”. Un itinerario dalla dimensione esistenziale al genere camilleriano del “fantastico”. Può dirsi che lei ha realizzato e continua ad attuare un viaggio multidimensionale e multimediale nell’opera, nel pensiero e nella vita di Andrea Camilleri?
«Gli ho voluto dedicare anche un favola in musica, tratta il suo rapporto con un pappagallino giallo che si era presentato nel suo terrazzo e Andrea lo aveva ospitato in casa sua, ogni mattina prima di andare a lavoro Andrea passava a salutarlo, il pimpigallo (così fu battezzato) lo ascoltava ammirato. Un giorno il pimpigallo iniziò a parlare con la stessa voce di Andrea, così ogni mattina i due si facevano grandi chiacchierate. Peccato che non ho mai registrato la sua voce. Fu il primo a imitare Andrea. Anche Alessandra, la mia primogenita, ha scritto testi teatrali, anche lei come me li ha elaborati con il nonno, li ha messi in scena, uno di questi è diventato un film, Andrea è riuscito a “vedere” l’opera prima -‘Famosa’- di sua nipote. Arianna, la mia secondogenita, come dice lei stessa, ha prestato i suoi occhi per scrivere le sue ultime opere, e lo ha assistito alla messa in scena di “Autodifesa di Caino”. Confesso che mi commuove pensare che un piccolo seme Andrea l’ha lasciato alle mie figlie che vogliono anche loro esercitare la professione di ‘raccontatore di “storie”».
Lei è impegnato nella valorizzazione della memoria di Camilleri, vi sono altre opere cinematografiche e teatrali alle quali sta lavorando?
«Forse ho voglia di raccontare ancora Andrea attraverso i suoi romanzi, anche in teatro, oltre che al cinema. Ci sto pensando con Alessandra. Ma per ora non dico nulla. Ho capito che Andrea ha fatto tesoro di tutte le esperienze per raccontare liberamente le sue storie, sino a recitarle, in fondo lui che è stato un allievo del più grande maestro di teatro del 900, Orazio Costa, aveva già capito che per scrivere avrebbe dovuto seguire un percorso artistico fondamentale: il teatro».


Andrea Camilleri disegnato da Umberto Romaniello

Sabato 30 luglio ritirerà in una manifestazione culturale “Messina Cinema 2022” un premio alla carriera e il premio alla memoria dedicato ad Andrea Camilleri che lei porterà al Fondo Camilleri di Roma. Qual è stata la sua prima sensazione quando le è stato comunicato?
«Il premio che la città di Messina conferisce a me alla carriera e ad Andrea alla memoria mi ha fatto riflettere ancora su questa “circolarità”. L’anno scorso il premio fu dedicato a Nino Manfredi, quest’anno ad Andrea Camilleri. Bene, a sedici anni mia madre mi portò da Nino Manfredi, paesani tutti e due di Castro Dei Volsci (provincia di Frosinone), volevo consigli sull’Accademia, che lui stesso aveva frequentato, Nino mi disse di andare a nome suo da Orazio Costa. Andai con mamma, ero ancora minorenne, Orazio fu gentile mi diede consigli preziosi, entrai dopo due anni in Accademia e conobbi Andrea. Ma se mia madre non mi avesse portato da Nino, avrei mai avuto questa vita? Ma soprattutto avrei mai avuto le mie figlie che amo più di me stesso? Non ho mai creduto nel destino, ma ora la domanda me la faccio: ‘E’ già tutto scritto?’. Alla risposta ci penserò un giorno. Grazie a Roberta Manfredi e Alberto Simone che mi hanno permesso di chiudere anche questo cerchio. Ringrazio la direttrice Helga Corrao del Premio Messina Cinema. Ora tornerò a preparare il mio prossimo film dal titolo “Il lupo e la steppa” prodotto dalla Dioniso film Production. Che strano, Dioniso è un personaggio che io ho interpretato fino allo scorso anno nei teatri greci siciliani in mezzo alla minaccia del virus che ha messo in ginocchio noi teatranti…».
Salvo Fallica
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 29.7.2022
Adriano Giannini. Io straniero a Morgantina nel segno di Camus

[…]
Nella riserva naturale di Torre Salsa, vicino ad Agrigento, è stato ambientato " Il gioco", il suo primo cortometraggio da regista, tratto da un racconto di Andrea Camilleri.
«Cercavo una storia particolare ed ero alla ricerca di libri, racconti, che potessero ispirarmi. Un giorno in libreria trovai "Il gioco della mosca" un brevissimo racconto scritto da Camilleri che mi incuriosì molto. Dopo averlo letto decisi, contro ogni regola cinematografica, di farne un corto».
Cosa le disse Camilleri?
«Fu la prima volta in vita mia che mi presentai come il figlio di Giancarlo Giannini. Lui, incuriosito, mi chiese come avrei fatto a fare un film da dieci righe di racconto e quando, dopo tempo, vide il cortometraggio era contento e sbalordito di come ce l'avessi fatta».
[…]
Paola Pottino
 
 

Notizie dall'Amiata, 29-31.7.2022


 
 

RaiNews, 30.7.2022
Cinema italiano in lutto
Addio a Roberto Nobile, il giornalista Tv nel "Commissario Montalbano"
L'attore interpretava Nicolò Zito, giornalista di Retelibera, nella serie di Camilleri. Tanti ruoli nel cinema e in tv, da Distretto di Polizia ai film di Moretti e Avati

La “squadra” del commissario Montalbano perde un altro componente, un volto molto noto al pubblico televisivo. È morto a Roma, all'età di 74 anni, Roberto Nobile, che nella serie tratta dai romanzi di Andrea Camilleri interpretava il ruolo di Nicolò Zito, il giornalista della televisione locale dell'immaginaria Vigata, Retelibera, amico e prezioso collaboratore del commissario interpretato da Luca Zingaretti.
Nato a Verona l'11 novembre del 1947, ma di origini ragusane, Nobile ha lavorato anche per il grande schermo, diretto da registi del calibro di Gianni Amelio, Giuseppe Tornatore, Michele Placido. Il debutto al cinema risale al 1984 grazie a Pupi Avati, con “Festa di laurea”. Tra i film ai quali ha preso parte spicca “Stanno tutti bene” di Tornatore mentre con Nanni Moretti ha recitato in “Caro Diario”, ne “La stanza del figlio” e in “Habemus Papam”.
Ha lavorato anche in “Caos calmo” di Antonello Grimaldi e "Porte aperte" di Gianni Amelio ed è stato diretto da Daniele Luchetti nel film “La scuola” del 1995. In televisione, oltre al “Commissario Montalbano”, Nobile è stato un volto noto ne “La Piovra7” e “La Piovra 8”, “Distretto di Polizia” mentre la sua ultima apparizione risale al 2020 quando ha lavorato nella serie “Gli orologi del diavolo”. A teatro, è stato in scena con Silvio Orlando nella versione teatrale di “La scuola” e ultimamente nella commedia “Si nota all'imbrunire”.
Nobile era impegnato nella preparazione di un monologo teatrale da Orazio. Di recente aveva portato in scena le Metamorfosi di Ovidio. “Mi sono imposto il compito di accorciare la distanza tra il tempo della creazione dei miti e la loro trascrizione da parte di Ovidio” aveva detto.
 
 

ANSA, 30.7.2022
Tv: dal 14 settembre su Rai1 torna Il commissario Montalbano
Primi 4 episodi in altissima definizione su Rai4K di tivùsat

Roma. In Viale Mazzini preparano proprio un bel regalo per gli appassionati de "Il commissario Montalbano".
Nel palinsesto autunnale, infatti, sono previste su Rai1 - fatte salve modifiche dovute alla campagna elettorale - dal 14 settembre al 26 ottobre sette puntate della storica serie tv tratta dalla penna di Andrea Camilleri e interpretata da Luca Zingaretti.
In particolare, ogni mercoledì andranno in onda le prime puntate che a partire dal 1999 furono trasmesse su Rai2, prima che la fiction - capace di raggiungere punte di ascolto ben oltre i dieci milioni di spettatori e il 40% di share - dalla quarta stagione traslocasse definitivamente sull'ammiraglia. "Il commissario Montalbano", che in totale annovera 37 episodi, è stata la prima serie italiana venduta all'estero e negli anni trasmessa in oltre 60 Paesi tra Europa e resto del mondo. In particolare, le prime quattro puntate, girate da Alberto Sironi, si presenteranno agli spettatori in una nuova veste. I titoli sono "Il ladro di merendine", "La voce del violino", "La forma dell'acqua" e "Il cane di terracotta". E la casa di produzione Palomar di Carlo Degli Esposti le ha fatte restaurare a Bologna dal 35 millimetri al 4K e saranno trasmesse sul canale Rai4K. Un tuffo nel passato, dunque, e in altissima definizione, che si potrà fare solo collegandosi al canale 210 di tivùsat, la pi
attaforma satellitare gratuita. Ma sarà necessario disporre di un televisore 4K e di una Cam 4K certificata tivùsat (o di un decoder 4K). Ma le sorprese dell'autunno su Rai4K non si limitano alla grande fiction. Sarà trasmessa in altissima definizione dal 21 novembre al 18 dicembre 2022 anche la 22/a edizione dei Mondiali di calcio che si disputerà in Qatar. In particolare, la Rai trasmetterà tutte le 64 partite sui canali tradizionali e ben 56 partite in altissima definizione sul canale 210 di tivùsat.
 
 

CilentArtFest, 31.7.2022
Intelletto d'amore (e altre bugie)
violoncello Michele Marco Rossi
voce di Andrea Camilleri

Costruito a partire dai 700 anni dalla morte di Dante (1721-2021), il progetto nasce dalla collaborazione con Andrea Camilleri.
In un incontro avvenuto con Michele Marco Rossi, appena un mese prima della scomparsa dello scrittore, Andrea Camilleri ha registrato sue personali riflessioni e pensieri sull’amore, a partire dalla poetica Dantesca. Durante il concerto verrà fatta ascoltare questa registrazione, che è a tutti gli effetti l’ultima testimonianza artistica e vocale esistente di Andrea Camilleri. La famiglia dello scrittore segue e sostiene attivamente il progetto.
Il progetto è articolato in 4 fasi (Amore-Sacro, Amore-Sesso, Amore- Potere, Amore-Colpa), per ogni fase è prevista una commissione di un nuovo brano a compositori di fama internazionale: Matteo Franceschini, Noriko Baba, Vittorio Montalti, Pasquale Corrado.
Le altre musiche saranno di Prokofiev, Sollima, De André, Marin Marais, Anonimo Medievale, Hildegard von Bingen, Aralla.
DATA E ORARIO 31 luglio – ore 6:00 CONCERTO ALL’ALBA
LUOGO EVENTO Castello di Rocca Cilento | Lustra
INGRESSO A PAGAMENTO € 5,00
 
 

 


 
Last modified Monday, August, 08, 2022